Oltre il muro d`ombra

Transcript

Oltre il muro d`ombra
Oltre il muro d’ombra
“Gesù disse: Verrà giorno in cui, di
tutto quello che ammirate, non resterà
pietra su pietra. Ma nemmeno un
capello del vostro capo perirà”.
(Luca, 21,5-19
E gli uomini costruiscono, accumulano, sgomitano per una poltrona che guardano vogliosi
come trono di sognata onnipotenza. Non è stata ancora trovata, ma credo che nel codice
genetico della vita ci sia la molecola della “libidine regale”. Un trono non dispiace a
nessuno. Ma passa la scena di questo mondo. Uomini geneticamente modificati dalla
Babele dove la comunicabilità è avvelenata di conflitto isterico, continuiamo a raccattare
mattoni per costruirci la torre, il podio o almeno il piedistallo per stare comunque al di
sopra degli altri. Idolatrico operare delle mani dell’uomo quando il tuo costruire è
innalzarti il monumento per l’applauso dei servi e clientes dell’ora della fortuna. Povero
“Regnum carnis”, anche tu un giorno passerai e di te non resterà pietra su pietra. Regno
del potere, che trionfa paludato di scienza economica nelle Banche internazionali mentre i
popoli muoiono di fame , regno del potere che si pavoneggia di responsabilità per la pace
mondiale e pace non c’è se non quella dei morti di guerra, regno del potere nei summit dei
politici dell’ “I can” che sopravvivono senza saper governare, regno del potere che si
riveste di azzimata apologia di servizio tra clericali che sgomitano sulla scala di carriere per
cortigiani. Che bella e quanto attesa l’Apocalisse. Cosa più desiderabile della fine di
“questo mondo”? E’ di questo che parla Gesù nella pagina del Vangelo di Luca. Niente
paura: qui non si tratta di patologica sete di catastrofismo. Non è cupio dissolvi. E’ solo
passione di luce, e in essa di verità. Che, Apocalisse, dice proprio rimozione del velo della
non conoscenza e, caduto il muro d’ombra oltre il crollo delle pietre del nostro maldestro
edificare la storia, apocalisse è vedere la città dalle stabili fondamenta il cui architetto e
costruttore è Dio stesso. Due sono le città, diceva S. Agostino: la città dell’uomo e la città di
Dio. Perché due sono gli amori: amore di se stesso e amore di Dio. L’uno genera la città
degli egoismi, l’altro la città della solidarietà fraterna. Bel colpo l’Apocalisse, che manda in
frantumi la “città dell’uomo”. Ma, avvertiva sant’Agostino, “Non abbiate paura. Non è la
fine, ma la nascita di un mondo nuovo”. Si riparte dal Grande Giudizio. “Frema il mare, il
mondo e i suoi abitanti, Esultino davanti al Signore che viene, Giudicherà il mondo con
giustizia e i popoli con rettitudine”. E’ finalmente tempo di cantare melodie al suono
dell’arpa e della tromba perché alfine ecco l’atteso Giudizio, quello del mio Dio. Questa
vita, che rettilinea non vedo, itinerario di pellegrino ora in gole profonde di paura, ora in
sorprendenti spazi di larga bellezza, io giudicarla non so. Né voglio, perché facile è
ingannarmi nell’umore altalenante. Né il giudizio degli altri è tale da pacificarmi nella
verità: la calunnia mi ferisce, l’applauso mi illude. Ho bisogno del Giudizio di Colui che
conosce quello che c’è nel cuore dell’uomo, perché è della Verità che cerco il volto: solo in
esso mi riconoscerò. Felice dono essere chiamato al Giudizio di Dio. Il tuo Giudizio è la
giustizia del padre che riabbraccia il figlio prodigo: Tu sei giusto perché sei amante della
vita, poni al mio dito l’anello del perdono e mi rivesti dell’alba della festa.
Gesù Cristo è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci
ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita; Egli è l’uomo del dolore e della
speranza; è Colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, noi
speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più
di parlare di Lui: Egli è la luce, è la verità, anzi: Egli è «la via, la verità e la vita» ; Egli è
il Pane, la fonte d’acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete; Egli è il Pastore, la
nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di
noi, Egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, disgraziato e paziente. Per noi,
Egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono
beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore ed i piangenti sono
esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i
peccatori possono essere perdonati.
Paolo VI