3. componenti della resistenza

Transcript

3. componenti della resistenza
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
3. COMPONENTI DELLA RESISTENZA
Si definisce resistenza al moto, o resistenza totale, RX di una carena ad una data
velocità V la forza che sarebbe necessaria per rimorchiare, in acqua tranquilla ed indisturbata, quella nave a quella velocità. Questa definizione si riferisce ad una condizione
teorica in quanto in pratica, supponendo anche di poter disporre di un rimorchiatore di potenza sufficiente, la nave rimorchiata avanzerebbe nella scia del rimorchiatore, e quindi in
acqua disturbata.
Utilizzando la notazione adimensionale si può definire il coefficiente di resistenza
totale CX nella maniera seguente:
CX œ
"
#
RX
3 WZ #
ove con S e V sono indicate la superficie bagnata e la velocità della nave rispettivamente,
mentre con 3 si individua la densità del fluido.
La potenza necessaria a vincere questa resistenza prende il nome di potenza
effettiva o potenza di rimorchio e si indica con il simbolo PI (nella bibliografia meno
recente è possibile incontrare anche il simbolo ehp, dall'inglese effective horse power); essa
è data dal prodotto della resistenza totale per la velocità:
P I œ RX V
La resistenza totale è composta da un certo numero di componenti che sono dovute
ad una molteplicità di cause e che interagiscono tra loro in modo molto complicato. In prima
approssimazione si può ritenere che la resistenza totale sia dovuta a quattro componenti
principali:
1) resistenza d'attrito (frictional resistance), dovuta al moto dello scafo in un
fluido viscoso;
2) resistenza d'onda (wave-making resistance), dovuta all'energia che la nave
deve spendere per generare le onde che si formano al suo passaggio;
3) resistenza viscosa di pressione (viscous pressure resistance o VPR), dovuta
all'energia che la nave perde per la formazione di vortici che si staccano dalla
carena o dalle appendici;
4) resistenza dell'aria (air resistance), dovuta alla velocità relativa tra la parte
emersa della nave e l'aria ferma, cioè in assenza di vento;
le componenti 2) e 3) vengono comunemente conglobate in quella che è detta resistenza
residua.
L'importanza relativa tra le diverse componenti della resistenza dipende dal tipo di
imbarcazione che si considera e dalla sua velocità.
Le componenti della resistenza sopra descritte sono dette principali in quanto sono
state le prime ad essere studiate e sono presenti in tutti i tipi di imbarcazione, l'aggettivo
principali non deve suggerire l'idea che esse siano quelle di maggiore entità.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.1
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
Tra le componenti della resistenza si annovera inoltre la resistenza delle appendici; le
appendici di carena sono costituite da timoni, alette di rollio, assi portelica, bracci degli assi
e da quant'altro sporga dalla superficie della carena. Questa componente della resistenza
viene trattata separatamente in quanto le carene non venivano generalmente provate con le
appendici, ma nude; essa non è considerata tra le componenti principali anche perché la sua
entità è modesta per le navi lente. La sua importanza crebbe con il crescere della velocità di
esercizio e con lo svilupparsi delle piccole imbarcazioni veloci, per le quali assume un
valore non indifferente.
Per le imbarcazioni veloci esiste inoltre la resistenza dello spray; essa è dovuta alla
formazione di un sottile strato d'acqua, che scorre contro l'opera morta nella zona prodiera
della carena, chiamato appunto spray.
Per ovviare alla formazione dello spray, che è indesiderabile sia perché aumenta la
resistenza all'avanzamento della carena sia perché da esso possono staccarsi spruzzi che
possono raggiungere il ponte, sono stati introdotti i cosiddetti spray rails; essi sono
costituiti da spigoli, che corrono longitudinalmente sulle murate, aventi la funzione di
deflettere lo spray per impedirgli di scorrere sull'opera morta e di raggiungere la coperta.
Naturalmente il beneficio che essi portano non è gratuito, infatti per deflettere lo spray è
necessaria una certa forza la cui componente nella direzione del moto produce in un
incremento della resistenza della carena. La resistenza dovuta a questo fenomeno è detta
resistenza degli spray rails.
Nel caso di multiscafi si considera poi una ulteriore componente della resistenza,
detta resistenza dovuta all'interferenza tra gli scafi; essa trae origine dalla perturbazione del
flusso che investe ciascuno scafo provocata dalla presenza dello scafo adiacente. Si verifica
infatti che la resistenza del doppio scafo è differente dal doppio della resistenza di un
singolo scafo. In realtà questa non è una vera e propria componente della resistenza in
quanto, in casi particolari, l'interferenza può essere positiva e quindi la resistenza dovuta
all'interferenza assume valori negativi; essa è stata introdotta per quantificare la differenza di
comportamento tra lo scafo singolo o accoppiato.
3.1 RESISTENZA D'ATTRITO
Questo tipo di resistenza nasce dal fatto che il fluido in cui si muove la carena è
viscoso; in altre parole i legami molecolari fanno sì che debba essere spesa una certa
quantità di energia per provocare lo spostamento relativo di molecole. Considerando una
carena in moto nell'acqua si verifica che il primo strato di fluido che la circonda aderisce alla
stessa e si muove, rispetto all'acqua indisturbata, alla stessa velocità. A causa della viscosità
gli strati successivi sono soggetti a delle tensioni tangenziali che li mettono in movimento a
loro volta. Questo fenomeno dà luogo alla formazione di uno strato d'acqua, che diviene più
spesso andando da prora a poppa, nel quale la velocità varia passando dal valore pari a
quello della carena in movimento, nelle immediate vicinanze della stessa, fino ad un valore
quasi nullo via via che ci si allontana da essa. Questa zona di acqua prende il nome di strato
limite e la resistenza d'attrito è pari alla quantità di moto che la carena fornisce allo strato
limite per mantenerlo in movimento.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.2
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
Gli studi sulla resistenza d'attrito sono cominciati nel secolo scorso ad opera di molti
studiosi; uno fra questi, Osborne Reynolds, condusse esperienze sul flusso all'interno di tubi
introducendo al centro della corrente, una sottile vena di colorante.
Reynolds osservò che quando la velocità del fluido entro il tubo era bassa il
colorante si manteneva sotto forma di un filamento rettilineo parallelo alla direzione della
corrente. Ad una certa velocità, che egli chiamò velocità critica V- il filamento iniziava ad
essere instabile e a perdere l'andamento rettilineo assumendo una configurazione ondulata;
oltre tale velocità il filamento cessava di esistere ed il colorante si mescolava completamente
al fluido riempiendo completamente il tubo.
La forza che il fluido esercitava sul tubo veniva misurata attraverso la caduta di
pressione tra le estremità dello stesso; Reynolds osservò che, per velocità inferiori a V- , la
forza sul tubo dipendeva linearmente dalla velocità, mentre per velocità maggiori essa
variava con una potenza della velocità leggermente inferiore al quadrato. Apparve inoltre
che la forza, applicata dal fluido in movimento, si rivelava costante a parità del numero di
Reynolds calcolato in base al diametro dei tubi.
Altri ricercatori si accorsero che quanto verificato da Reynolds si applicava anche al
deflusso di aria in un tubo e che le forze su modelli di dirigibili in scale differenti erano
eguali a parità del numero di Reynolds calcolato utilizzando la lunghezza dell'aeromobile.
Questo tipo di esperienze suggerì la considerazione dell'esistenza di due tipi di flusso
associati a due tipi di leggi di resistenza. A bassi valori del numero di Reynolds, quando il
filamento di colorante si mantiene stabile, il fluido si muove evidentemente per strati
paralleli che non si mescolano trasversalmente, ma che scorrono l'uno sull'altro a differenti
velocità; questo tipo di flusso venne chiamato flusso laminare ed associato a resistenze
relativamente basse. All'aumentare del numero di Reynolds il flusso laminare diviene
sempre più instabile fino a che si verificano il mescolamento trasversale degli strati e la
generazione di vortici e contemporaneamente si verifica un aumento della resistenza d'attrito
RJ ; questo secondo tipo di flusso venne denominato flusso turbolento.
Si riconobbe quindi che la resistenza di attrito è funzione del numero di Reynolds:
RJ œ 0 ( Rn)
Allo scopo di adottare la notazione adimensionale la resistenza d'attrito RJ viene
espressa nella forma:
CJ œ
"
#
RJ
3 WZ #
che prende il nome di coefficiente di resistenza d'attrito, ove con 3 si è indicata la densità
dell'acqua, con S la superficie di carena e con V la velocità della nave.
Blasius ricavò la legge che governa il coefficiente di resistenza d'attrito di lastre
piane immerse in un flusso in regime laminare ed allineate alla direzione del flusso che le
investe; essa è espressa dalla relazione:
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.3
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
CJ œ
"
#
RJ
3 WZ #
1.372
É
œ
VL
/
œ
1.372
È Rn
ove V rappresenta la velocità del fluido che investe la lastra, L la lunghezza della lastra
stessa e / la viscosità cinematica del fluido.
Il flusso turbolento è stato invece studiato da Prandtl e Von Karman che arrivarono
all'espressione:
CJ œ
"
#
RJ
3 WZ #
œ
0.072
&
É
VL
/
œ
&È
0.072
Rn
che esprime il coefficiente di resistenza d'attrito, sempre per lastre piane, con lo stesso
significato dei simboli.
Nella figura 3.1 sono riportati i grafici del coefficiente di resistenza d'attrito in
funzione del numero di Reynolds, detti linee d'attrito, sia per il regime laminare che per
quello turbolento; dall'esame della figura si può osservare che non esiste un'unica linea di
transizione dal regime laminare a quello turbolento dal momento che la transizione avviene
in maniera differente a seconda dello stato di turbolenza iniziale del fluido, a seconda della
scabrezza della superficie ecc..
Conducendo esperienze con modelli di carene, allo scopo di verificare l'esattezza
delle formulazioni relative alla resistenza d'attrito, si procedette alla misurazione della
resistenza a velocità molto basse ma tali da assicurare la presenza di flusso turbolento. Lo
scopo di queste sperimentazioni era quello di misurare direttamente la resistenza d'attrito dal
momento che, a tali velocità, la resistenza d'onda si può ritenere trascurabile.
Il risultato di questi esperimenti mise in luce che il coefficiente di resistenza d'attrito
delle carene ricavato sperimentalmente aveva un andamento differente da quello relativo alla
lastra piana equivalente e si manteneva sempre al di sopra di esso; ci si accorse inoltre che lo
scarto variava da carena a carena ed in particolare esso era tanto più alto quanto maggiore la
pienezza della nave ( ad esempio L/B basso).
Queste considerazioni portarono alla conclusione che la resistenza d'attrito della
lastra piana equivalente è differente da quella della carena e tale differenza venne
denominata effetto forma. Esso viene quantificato come percentuale del coefficiente CJ
della lastra piana equivalente utilizzando la relazione:
K CJ
pertanto il coefficiente che rappresenta la resistenza d'attrito della carena, comprendente
quindi il contributo della lastra piana equivalente e l'effetto forma, è dato dalla relazione:
Ð1
K ) CJ
Il valore di K può essere determinato per via sperimentale e, per una determinata
carena, si suppone che sia indipendente dalla velocità.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.4
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
3.2 RESISTENZA D'ONDA
La nave, al suo passaggio attraverso l'acqua indisturbata, crea diversi treni d'onde che
si muovono con essa; i sistemi ondosi principali sono quattro ed hanno origine
rispettivamente a prora, alla spalla di prora, alla spalla di poppa ed a poppa estrema. In
ciascuna delle posizioni sopra citate hanno origine due formazioni ondose, le onde
divergenti e le onde trasversali. Le prime, come mostrato in figura 3.2, sono contenute entro
un cono avente vertice sulla prora della nave e semiapertura pari circa 19‰ 28w . Le onde
trasversali sono comprese tra le onde divergenti e la carena e le loro creste sono normali alla
direzione del moto della nave come illustrato dalla figura 3.3. I sistemi ondosi più
appariscenti sono quelli di prora e di poppa, che hanno origine con una cresta, mentre quelli
che nascono in corrispondenza delle spalle possono essere difficili da osservare in quanto
iniziano con un cavo fig. 3.4.
La formazione delle onde è dovuta alla perturbazione del regime di pressioni nel
fluido provocata dal passaggio della carena; questa perturbazione, se avviene in prossimità
della superficie libera del fluido, dà luogo ad una deformazione della superficie stessa tale
da ripristinare l'equilibrio della pressione. Se la perturbazione avviene invece a sufficiente
profondità la superficie libera non viene deformata e non si generano onde; un sommergibile
in immersione a sufficiente profondità non genera moto ondoso al suo passaggio e non
risente quindi della resistenza d'onda.
L'energia contenuta in un treno d'onde è proporzionale al quadrato dell'altezza delle
stesse; questa energia è pari a quella necessaria per generare il treno d'onde e si può quindi
ritenere che la resistenza d'onda di una carena sia correlata all'altezza delle onde che essa
genera durante il suo movimento.
In alcuni casi, in prossimità della prora, si può notare la formazione di onde che si
frangono, onde quindi che non si propagano come i treni d'onda sopra descritti, ma che
vengono generate continuamente dal passaggio della carena e si frangono sulla prora stessa.
Anche questo tipo di onda richiede una certa energia per essere creata, energia che deve
essere fornita dalla nave con un conseguente incremento della resistenza all'avanzamento.
avrà:
La resistenza d'onda R[ di una carena è dovuta quindi a due contributi, pertanto si
R[ œ R[ T
R[ F
avendo indicato con R[ T la resistenza dovuta alla formazione dei treni d'onda e con R[ F la
resistenza dovuta alla formazione delle onde frangenti.
L'altezza delle onde che accompagnano una carena dipende dalla velocità della
stessa; infatti se la carena si muove a velocità molto bassa le onde che essa genera sono di
entità trascurabile, e all'aumentare della velocità le onde divengono via via più appariscenti.
Va però notato che l'altezza delle onde generate da una carena non può essere correlata alla
velocità pura e semplice in quanto se si osservano due carene di differente lunghezza,
mentre si muovono alla stessa velocità, si può rilevare che le onde che accompagnano la
carena di lunghezza minore sono più alte. Per generare onde di pari altezza le due carene
debbono procedere a velocità differenti ed in particolare la carena più lunga deve
raggiungere una velocità maggiore.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.5
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
Queste osservazioni hanno indotto gli sperimentatori ad introdurre il concetto di
velocità relativa, un parametro che lega la velocità ad una dimensione geometrica che
rappresenta la grandezza della carena, come variabile da cui dipende la formazione ondosa
di una carena.
La velocità può essere riferita alla lunghezza al galleggiamento della carena oppure
al dislocamento; nel primo caso la velocità relativa è espressa dalla relazione:
Z
È L[ P
e prende il nome di velocità relativa alla lunghezza, mentre nel secondo caso è espressa
nella forma:
'È
V
?
e viene denominata velocità relativa al dislocamento.
La velocità relativa ha lo svantaggio di non essere adimensionale, pertanto è
necessario prestare la massima attenzione alle unità di misura che vengono impiegate.
Il numero di Froude, che al contrario è una grandezza adimensionale, può essere
utilizzato vantaggiosamente in sostituzione della velocità relativa, dal momento che
anch'esso mette in relazione la velocità con una grandezza rappresentativa della dimensione
della carena.
L'altezza delle onde può ritenersi quindi funzione del numero di Froude e quindi la
resistenza d'onda, legata all'altezza delle onde, è anch'essa funzione del numero di Froude.
Le onde, come si è visto, sono legate alla pressione che vige sulla carena in
movimento; esse debbono pertanto muoversi con essa, mantenendosi, una volta fissata la
velocità, in posizione stazionaria rispetto alla nave. La velocità di un'onda è legata alla sua
lunghezza dalla relazione:
Vσ
1_
#1
dalla quale risulta evidente che se l'onda deve variare la sua velocità, per adeguarsi a quella
della nave, anche la sua lunghezza deve necessariamente modificarsi.
Questo fenomeno fa sì che i quattro treni d'onda principali di una carena diano luogo
ad un'onda risultante la cui altezza dipende dalle altezze delle onde componenti ed anche
dalle loro fasi. Lo sfasamento tra i treni d'onda dipende dalla velocità in quanto restando
praticamente invariati i punti di origine, le lunghezze si modificano in funzione della
velocità.
A causa di questa interferenza la resistenza d'onda non è una funzione strettamente
crescente della velocità, ma può presentare delle ondulazioni; nella figura 3.5 è riportato un
grafico del coefficiente di resistenza totale in funzione del numero di Froude. In esso si
possono notare le caratteristiche ondulazioni che sono dovute all'effetto dell'interferenza
delle onde.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.6
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
In conclusione si può affermare che la resistenza d'onda, per una data carena, dipende
dalla velocità relativa o, meglio, dal numero di Froude.
Anche la resistenza d'onda può essere espressa in forma adimensionale, utilizzando il
coefficiente di resistenza d'onda così definito:
C[ œ
"
#
R[
3 S V#
A causa della complessità del fenomeno della formazione delle onde ed a causa
dell'influenza della viscosità su di esso non esistono, a tutt'oggi, metodi affidabili che
permettano il calcolo della resistenza d'onda per via teorica; essa viene normalmente
determinata per via sperimentale.
3.3 RESISTENZA VISCOSA DI PRESSIONE
La resistenza viscosa di pressione, o VPR, è formata da tre componenti. La prima di
queste componenti, che prende il nome di resistenza indotta, nasce dal fatto che la carena, è
soggetta ad una modesta forza verticale (portanza) dovuta al moto relativo tra l'acqua e
superfici orizzontali non perfettamente allineate con il flusso.
La portanza è sempre associata ad una forza, diretta come il flusso, che trae origine
dal campo di pressioni che si genera sulla superficie portante; questa forza è appunto la
resistenza indotta. La resistenza indotta è essenzialmente una resistenza di pressione, e
quindi dipendente dal numero di Froude, ma è associata alla produzione di vortici che
vengono generati a causa della perturbazione della pressione nel fluido, pertanto essa
dipende anche dal numero di Reynolds.
La seconda componente della VPR è la cosiddetta resistenza dovuta all'allargamento
dello strato limite. Lo strato limite è come abbiamo visto una zona di acqua disturbata dal
passaggio della carena ed il regime di moto entro di esso è di tipo turbolento a causa
dell'elevato numero di Reynolds della nave. Entro lo strato limite si generano quindi dei
vortici e delle variazioni di pressione.
Nella zona poppiera della nave lo strato limite raggiunge il massimo spessore e la
perturbazione della pressione, ad esso associata, impedisce che l'onda poppiera ripristini il
corretto valore della pressione attorno alla carena. Ciò fa sì che l'integrale della pressioni
sulla superficie della carena non abbia valore nullo; esiste infatti una risultante della
pressioni, diretta verso poppa, che è appunto la resistenza dovuta all'allargamento dello
strato limite.
Anche questa resistenza è dovuta a differenze di pressione e dipende quindi dal
numero di Froude, ma la sua intensità dipende dallo spessore dello strato limite che è a sua
volta funzione del numero di Reynolds, quindi in conclusione si può affermare che la
resistenza dovuta all'allargamento dello strato limite è funzione sia del numero di Froude sia
del numero di Reynolds.
Supponiamo ora di considerare la nave ferma in un canale, di grande ampiezza, nel
quale scorre una corrente avente velocità V. L'acqua che scorre nel canale ad un certo punto
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.7
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
incontra la prora della nave e la sezione trasversale a sua disposizione inizia a diminuire; ciò
provoca un aumento di velocità della corrente fino alla sezione maestra della nave, dopo di
che l'area a disposizione della vena fluida comincia ad aumentare e la velocità a diminuire
fino a raggiungere nuovamente il valore V della corrente indisturbata. Nello strato limite che
circonda la carena la velocità è, come sappiamo, inferiore a quella della corrente indisturbata
e se il rallentamento della corrente è troppo brusco, a causa di una brusca variazione di
forma della nave, la velocità, in prossimità della carena, può annullarsi ed anche assumere
direzione opposta a quella originale; ciò provoca l'insorgere di vortici, come illustrato nella
figura 3.6, ed un aumento della resistenza.
Questo fenomemo prende il nome di separazione del flusso e l'incremento di
resistenza ad esso corrispondente viene denominato resistenza dovuta al distacco della vena
fluida e rappresenta la terza componente della VPR.
Nella tabella 3.1 è riportato uno schema della suddivisione della resistenza nelle
varie componenti sopra illustrate.
TABELLA 3.1 : SUDDIVISIONE DELLA RESISTENZA AL MOTO
resistenza d'attrito
resistenza viscosa di presssione (VPR)
resistenza d'onda
lastra p. e. eff. forma indotta allarg. str. lim. distacco onde frang. treni d'onda
resistenza viscosa = f (Rn)
resistenza di pressione o resistenza residua = f (Fn)
3.4 RESISTENZA DELL'ARIA
Fin qui sono state trattate le componenti della resistenza dovute all'interazione tra
l'acqua e la carena, ma la nave è a contatto anche con l'aria, che è anch'essa un fluido
viscoso, pertanto occorre considerare anche la resistenza prodotta dal moto relativo tra l'aria
e la parte emersa della nave.
In questo paragrafo viene trattata esclusivamente la resistenza che la nave sperimenta
avanzando in aria calma, cioè in assenza di vento; la trattazione dell'incremento della
resistenza a causa della presenza del vento è molto simile, ma tiene conto anche dell'angolo
di provenienza del vento apparente cioè quello che risulta dalla composizione vettoriale del
vento reale con la velocità della nave.
La resistenza dell'aria (sempre in assenza di vento) è funzione della velocità V della
nave e della superficie e della forma dell'opera morta; si può ritenere che essa non dipenda
dal numero di Reynolds.
Hughes condusse un esteso studio sulla resistenza dell'aria e concluse che essa
poteva essere espressa dalla formula;
REE œ Š
1
2
3aria AX V#
dove Š rappresenta un coefficiente che assume valori prossimi a 0.6 sia per vento in prora
sia per vento proveniente con modesti angoli rispetto alla stessa, mentre AX rappresenta la
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.8
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
superficie equivalente della proiezione trasversale della parte emersa della nave e V la
velocità della nave stessa.
L'uso della superficie equivalente si rende necessario in quanto l'opera morta, che è
avviata, presenta una minore resistenza specifica di quella offerta dalle sovrastrutture che in
generale non presentano superfici avviate; l'area equivalente AX si ottiene dalla somma
dell'area della proiezione trasversale delle sovrastrutture con il 30% dell'area della
proiezione trasversale dell'opera morta.
Volendo ottenere un coefficiente di resistenza dell'aria analogo a quelli ricavati per le
altre componenti della resistenza e che, come gli altri, dia la resistenza corrispondente una
volta moltiplicato per il prodotto "# 3 S V# occorre procedere nel modo seguente:
CEE œ
"
#
REE
3 S V#
œ
Š
"
3
# aria
"
3S
#
AX V#
V#
œŠ
3aria
3
AX
S
La densità dell'aria, 3aria , vale 0.1247 kg/m$ mentre quella dell'acqua dolce è pari a
101.972 kg/m$ e quella dell'acqua di mare vale 104.521 kg/m$ , quindi occorre prestare la
massima attenzione, quando si adoperano dati di resistenza dell'aria sotto forma di
coefficienti adimensionali, a quale densità sia stata utilizzata per l'adimensionalizzazione.
3.5 RESISTENZA DELLE APPENDICI
Per le imbarcazioni veloci la resistenza delle appendici RET può essere di rilevante
entità; a seconda del loro numero, della loro forma e delle loro dimensioni le appendici
contribuiscono alla resistenza totale per il 5 ƒ 10% nel campo di velocità 0.6 Fn 1.2. A
velocità maggiori il contributo delle appendici può salire fino al 20 ƒ 25% della resistenza
totale.
La resistenza delle appendici è dovuta all'attrito, all'interferenza, allo spray, a
resistenza indotta e ad altre cause; essa deve essere valutata per mezzo di opportuni
coefficienti di resistenza o formule approssimate.
3.6 RESISTENZA DELLO SPRAY
La resistenza dello spray RW nasce dalla formazione dello spray che scorre sulla
carena e che produce sia effetti di tipo viscoso sia pressioni che agiscono sulla carena. La
resistenza dovuta allo spray e formata quindi da due sottocomponenti:
RW œ RWJ (Rn, Wn)
RWT (Fn)
ove Rn è il numero di Reynolds calcolato utilizzando la lunghezza di scafo bagnata dallo
spray e la velocità relativa tra lo spray e la carena; con Wn si è indicato il numero di Weber
così definito:
Wn œ
Vd3
5
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.9
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
in cui V indica la velocità relativa tra spray e carena, d lo spessore dello spray, 3 la densità
dell'acqua e 5 la tensione superficiale dell'acqua.
Con RWJ si è indicata la resistenza d'attrito provocata dallo spray che scorre
sull'opera morta, mentre con RWT si è indicata la resistenza di pressione dovuta allo spray.
Al momento attuale non è disponibile un metodo adeguato per calcolare la resistenza
RWT ; analogamente la componente RWJ non può essere valutata in quanto:
la porzione di scafo bagnata dallo spray non è determinabile accuratamente
dall'osservazione visuale o fotografica della carena in moto, pertanto né la superficie né la
lunghezza di carena bagnate dallo spray possono essere misurate;
la velocità dello spray non è determinabile sperimentalmente, in prima approssimazione
essa viene assunta pari all' 80% della velocità V della carena;
nonostante il fatto che il moto nello spray sia completamente turbolento non è possibile
ricavare un coefficiente di resistenza d'attrito dello spray se non si conosce la lunghezza di
carena bagnata dallo spray.
Il coefficiente di resistenza dello spray è definito nel modo seguente:
CW œ
"
#
RW
3 S V#
3.7 RESISTENZA DEGLI SPRAY RAILS
La resistenza dovuta alla presenza degli spray rails RWV è anch'essa formata da due
sottocomponenti:
RWV œ RWVT
RWVJ
la prima delle quali è la resistenza di pressione dovuta alla deflessione dello spray in
direzione longitudinale, mentre la seconda è la resistenza d'attrito della superficie bagnata
del lato in sovrapressione degli spray rails.
Anche questa componente della resistenza non è determinabile sperimentalmente per
le stesse ragioni della precedente.
3.8 VARIAZIONE DELLA RESISTENZA CON LA VELOCITÀ
Nella continua ricerca di prestazioni più elevate è stato elaborato il concetto di
carena planante; una carena si dice planante quando la maggior parte del suo peso è
sostenuto non dalla spinta idrostatica, come nelle carene dislocanti, ma bensì dalla forza
verticale che si sviluppa sul fondo della carena a causa della pressione dinamica dell'acqua
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.10
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
che scorre lungo la stessa. Questo tipo di carena garantisce migliori prestazioni di velocità in
quanto è caratterizzato da una minore resistenza d'onda.
A seguito dell'adozione di questo tipo di carena si è passati ad una classificazione del
regime di velocità in funzione della quantità del peso della carena sopportato dalla spinta
idrostatica; si possono distinguere infatti i seguenti campi di velocità:
regime dislocante, Fn 0.45: a queste velocità lo scafo è completamente dislocante, cioè il
sostentamento idrodinamico è trascurabile; le componenti della resistenza sono
essenzialmente quelle indicate come principali, la resistenza delle appendici non è rilevante.
regime semiplanante, 0.45 Fn 0.6: in questo campo di velocità l'effetto di
sostentamento idrodinamico comincia a farsi sentire, ma è ancora di modesta entità; le
componenti della resistenza sono sostanzialmente le stesse con l'aggiunta della resistenza
dovuta allo spray.
regime di preplanata, 0.6 Fn 1.2: a questo regime la resistenza dovuta alle onde
frangenti e la resistenza dei vortici scompaiono; la resistenza d'onda diminuisce con la
velocità mentre la resistenza d'attrito cresce con il quadrato della velocità stessa.
regime di planata, Fn 1.2: il peso dello scafo è sostenuto quasi completamente dal
sostentamento idrodinamico; la resistenza d'onda diviene trascurabile, la resistenza d'attrito
diviene la componente preponderante seguita dalla resistenza indotta, dalla resistenza dello
spray e da quella delle appendici.
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.11
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.12
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.13
Marco Ferrando - Appunti del corso Architettura Navale 1: Componenti della resistenza
rev. 09 gennaio 2003
pag. 3.14