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Algeria-Camerun
Il mondo in cifre
30 Il Mondo nel 2008
LA STAMPA
MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2007
Algeria
Angola
Camerun
Crescita del Pil: 5,3%
Crescita del Pil: 21,1%
Crescita del Pil: 4,3%
Pil: 132 miliardi di dollari
Pil: 66 miliardi di dollari
Pil: 21 miliardi di dollari
Inflazione: 4%
Inflazione: 13,4%
Inflazione: 2,5%
Popolazione: 34,4 milioni
Popolazione: 17,3 milioni
Popolazione: 19 milioni
Il presidente, Abdelaziz
Bouteflika, vincerà il referendum per un emendamento
costituzionale che gli consente di ottenere un terzo mandato nel 2009, e di consolidare il controllo civile. L'economia continuerà a beneficiare
della corsa del petrolio.
I
Il paese terrà le sue prime elezioni legislative dopo
16 anni, e seguire presidenziali nel 2009 (in coincidenza
con il trentesimo anniversario della presa del potere da
parte del presidente, José
Eduardo dos Santos). Probabile che vinca ancora lui.
I
Angola. La visita del presidente brasiliano Lula (al centro)
Il presidente Paul Biya è
popolare e gode di buona
salute (anche se ha ormai
74 anni). È sostenuto da
una maggioranza parlamentare, per cui la stabilità politica non sarà un problema.
Ma vi è una crescente disaffezione della popolazione
I
nei confronti del governo, che si regge bene solo
perché l’opposizione gode di un credito ancora
minore. Il governo del paese ha intenzione di utilizzare le risorse naturali per
attirare le imprese straniere, diversificando l’origine degli investimenti in
arrivo dall’estero, che per
ora sono quasi tutti provenienti dalla Francia. La
riduzione del debito estero ha suscitato aspettative di miglioramento dei
servizi pubblici.
L’Africa a caccia di lavoro
Il 2008 per l’Africa
sarà l’anno della
disoccupazione
L’attenzione
si sposterà
dalle più povere
zone rurali
ai centri urbani
JONATHAN LEDGARD
6
per cento
L’economie
dell’Africa
cresceranno, alcune
anche del 6
per cento,
ma il
sottoproletariato
urbano
crescerà
in modo
ancora più
rapido
500
mila
Gli abitanti
di Mwanza,
la capitale
dell’ex
Tanzania
La bellezza di
questa
regione
ha un
potenziale
turistico
enorme, ma
le malattie
sono un freno
Inversione
di trend
La Cina,
dopo la
grande
popolarità
raggiunta
nel 2007
in Africa,
cambierà
rotta
Scemerà
anche
l’interesse
per la
conversione
dei terreni
ai bio
combustibili
Per l’Africa, il 2008 sarà l’anno
della disoccupazione. Nelle zone rurali milioni di poveri patiranno come sempre la fame e
moriranno di malattie curabili,
ma nel 2008 l’attenzione si sposterà sui centri urbani. La mancata creazione di posti di lavoro nelle periferie porterà a scioperi, sommosse, recrudescenza dei crimini violenti e dell’instabilità politica. Le economie
dell’Africa cresceranno, alcune anche del 6%, ma il sottoproletariato urbano crescerà ancora più rapidamente. L’Unione
Africana, nel tentativo di avere
più voce in capitolo su tutta
una serie di problemi politici
ed economici, lancerà il dibattito sui modi per aumentare l’occupazione, ma mancherà la
chiarezza sui provvedimenti
da prendere.
Gli investimenti
stranieri restano
troppo modesti
per avere vera influenza
Di conseguenza i gruppi criminali prospereranno: nel
2007 in Kenya l’organizzazione
Mungiki ha iniziato addirittura
a decapitare i suoi nemici, e nel
2008 l’orrore è destinato ad aumentare perché questi criminali fanno leva su un potente mix
di storia tribale e di folklore
per reclutare un sempre maggior numero di giovani senza
prospettive.
Gli investimenti stranieri resteranno troppo modesti per
avere una seria influenza sulla
popolazione africana. Molti di
questi saranno ancora nel settore estrattivo: petrolio e gas
naturale in Africa occidentale.
Pietre preziose, minerali e legnami nell’Africa centrale e
meridionale. Verranno fatti
progressi nell’assicurarsi i diritti ai giacimenti minerari del
Congo, ma non per la costruzione delle nuove strade e ferrovie
Tarzan sul muro
Il pubblico ammira l’artista tedesco
Johan Leerber durante la sua
performance intitolata a Tarzan
Il federalismo disprezzato
Un’idea che porterebbe grande stabilità
La nozione di federalismo è generalmente disprezzata, almeno dalla maggioranza sunnita predominante nel mondo arabo, come si è visto
in particolare di recente in Iraq. In effetti in arabo non esiste una parola
esatta per «federalismo», che come
altri termini politici, ad esempio dimokratiya, può essere quindi facilmente screditata. Invece questa
idea, se fosse abbracciata, porterebbe una grande stabilità. Il problema
principale è che quasi tutti i leader
I
necessarie per portare i minerali sul mercato. Tranne che in
Sudafrica, in Egitto e nel Maghreb, la produzione industriale rimarrà modesta. In molti
paesi la vendita sottocosto di
prodotti cinesi diventerà un
problema.
In effetti la Cina, dopo la
straordinaria popolarità raggiunta nel 2007 nel continente
africano, vedrà un’inversione
di tendenza nei suoi confronti.
Nel 2008 vedremo scemare anche l’entusiasmo per la conversione ai biocombustibili di vasti
appezzamenti dell'Africa tropicale. Le politiche sull’immigra-
arabi ritengono che decentrare il potere significhi perderlo. In Algeria il
dibattito sull’autonomia dei berberi
non si è mai tradotto in pratica perché risulterebbe difficile definire il loro territorio. Anche i berberi del Marocco sono dispersi. Il Sudan è un sinistro esempio di governo a guida
araba: Khartoum resta riluttante ad
accettare una soluzione federale per
il sud non arabo e per il Darfur, per
paura di perdere il controllo lungo i
confini.
[XAN SMILEY]
zione limiteranno il numero dei
permessi di lavoro rilasciati
agli stranieri. Un analogo populismo, alimentato dalla disoccupazione, frenerà misure potenzialmente utili per legalizzare
la doppia cittadinanza e approfittare così dei vantaggi economici della sempre più ampia
diaspora in atto nel continente.
Allo stesso tempo, l’introduzione dei nuovi passaporti biometrici e controlli più serrati alle
frontiere renderanno più difficile per gli africani senza documenti entrare e rimanere nell'
Unione Europea. Il 2007 ha fatto segnare il record di giovani
Industria
Tranne che in
Sudafrica,
in Egitto e nel
Maghreb, la
produzione
industriale
rimarrà
modesta
africani annegati o rimasti uccisi nel tentativo di fuggire dal
continente. Nel 2008 questo numero è destinato ad aumentare. La città di Mwanza (500mila abitanti) è il parametro ideale per capire le sfide e le opportunità dell’Africa attuale. Il sogno era di ricostruire questa
capitale del Sumakaland (Tanzania), posta sulla riva meridionale del lago Vittoria, per farla
diventare la nuova metropoli
dell’Africa orientale. Il sogno è
però destinato a rimanere tale,
anche se nel 2008 verranno innalzati nuovi grattacieli e sarà
aperto un nuovo parco lungo le
sponde del lago. Lussuose ville
saranno costruite sulle alture
rocciose che sovrastano il lago
per godere al meglio degli
splendidi tramonti. La straordinaria bellezza di questa regione ha un potenziale turistico
enorme, ma il dilagare della
malaria, dell’Aids e della bilharzia impediranno di sfruttarlo.
Il peso di queste malattie si
fa sentire, come anche l'estrema povertà dell'entroterra di
Mwanza, ma più di tutto pesa
lo stato dei trasporti. Da Mwanza partono traghetti che attraversano il lago Vittoria e arrivano fino in Kenya e in Uganda. Ma i vascelli più grandi sono vecchi e decrepiti. Guardan-
doli mentre arrugginiscono
agli ormeggi, ci si chiede in che
modo si sia potuto trasportarli
via terra fino al lago. In effetti
furono costruiti a Glasgow e a
Belfast, spediti smontati e riassemblati sul posto durante
l’epoca coloniale. Queste competenze e questi capitali non
esistono più da molto tempo.
Le nuove imbarcazioni sono
meno grandi e impressionanti.
In Kenya i machete
dei Mungiki decapitano
i nemici: l’orrore è
destinato ad aumentare
Anche il commercio del pesce non ha fatto progressi. La
pesca è ancora rudimentale e
dominata dagli intermediari,
gli stessi che possiedono le ville. Pur modeste che sono, nel
2008 le attrattive di Mwanza
attireranno altri poveri. Le autorità di Mwanza sono prese
tra l'entusiasmo e la disperazione, come del resto un po’ tutta
l’Africa nel suo insieme. Nel
2008 la città avrebbe bisogno
di creare diverse migliaia di
nuovi posti di lavoro, solo per
tenere il passo con il flusso di
immigrati, ma ben difficilmente ci riuscirà.