Il Resto del Carlino Generali sostiene la ricerca sull`atassia L`uomo

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Il Resto del Carlino Generali sostiene la ricerca sull`atassia L`uomo
18 dicembre 2016
Il Resto del Carlino
Generali sostiene la ricerca sull’atassia
DA FERRARA a Torino. La ricerca sull‟atassia unisce le due città in una grande alleanza:
la fondazione Acaref. «La nostra attività – dice il presidente Giampiero Domenicali – non è
finalizzata solo alla ricerca sull‟atassia, malattia neurodegenerativa mortale, ma anche
all‟assistenza a disabili ei anziani». «Questa realtà, che gode anche della collaborazione di
cooperative tra cui „I frutti dell‟albero‟ – dice Domenicali – vive, oltre alle iniziative e agli
eventi per la raccolta fondi, grazie alle preziose donazioni di Assicurazioni Generali di
corso Giovecca, con cui da anni abbiamo intessuto un forte legame». Infatti per il terzo
anno consecutivo l‟agenzia rappresentata da Giulio Ghibaudi e Michele Poccianti, ha
devoluto un contributo di 4mila euro per sostenere la fondazione. Da gennaio la onlus
intraprenderà una campagna per la raccolta fondi alla quale sarà possibile contribuire
versando 10 euro.
L’uomo ha più volte contestato ai medici cure, dosaggi e terapie
INTERRUZIONE di pubblico servizio sanitario. Anche se la direzione sanitaria
dell‟ospedale del Delta di Lagosanto, di fatto non ha formalizzato ai carabinieri alcuna
denuncia di parte per un 62enne codigorese, questo dovrà rispondere d‟ufficio ad un reato
alquanto grave: quello di aver contestato, per giorni e più volte al personale medico ed
infermieristico, le cure che venivano somministrate al padre ultranovantenne. E‟ accaduto
la settimana scorsa, in uno dei reparti dell‟ospedale del Delta, dove l‟anziano codigorese si
trovava ricoverato da qualche giorno. Per il personale di quello specifico reparto di
degenza non si trattava tanto del paziente in se, quanto del figlio, che fin da subito stando poi alle testimonianze raccolte - ha avuto da ridire su qualsiasi cosa venisse offerta
all‟anziano genitore, in primis le cure. Il 62enne, che vive con il padre, ha cominciato ad
obiettare le terapie, sbraitando lungo i corridoi. L‟UOMO, secondo alcune fonti, avrebbe
anche preteso di vedere i dosaggi dei medicinali che venivano somministrati al genitore,
senza risparmiare niente e nessuno, alzando la voce, urlando per i corridoi del reparto e
apostrofando medici, personale infermieristico e sanitario. In più occasioni il 62enne, pur
non essendo medico, infermiere o con competenze sanitarie che potessero giustificare un
tale atteggiamento, avrebbe anche ribadito che il padre non era curato nei modi dovuti.
L‟uomo pretendeva di vedere e contestare, perché altra modalità non era prevista, i
dosaggi delle terapie, che puntualmente, a suo dire non erano corrette, dissentendo anche
sulla possibilità di sottoporre il genitore a delle trasfusioni. I carabinieri, chiamati dal
reparto e dalla stessa direzione sanitaria, sarebbero stati convocati più volte nel giro di
una settimana per intervenire nel reparto, cercando di riportare a più miti consigli il
62enne. Gli interventi dei militari, però, non hanno sortito particolare effetto calmante,
tanto che si proceduto d‟ufficio ad una denuncia di interruzione di pubblico servizio. Al
momento resta solo la denuncia d‟ufficio; la direzione sanitaria dell‟ospedale del Delta non
ha ancora formalizzato alcuna presa di posizione giuridica di parte.
Sanità, l'opposizione attacca
SANITÀ evanescente, soprattutto a Comacchio, dove da tempo i consiglieri d‟opposizione
aspettano la data della convocazione della Commissione sanitaria comunale. «Sono
passati una quarantina di giorni, ma non abbiamo avuto alcun riscontro da parte del
sindaco – dice Davide Michetti dell‟Onda –; ma quel che è peggio è che non siamo stati
informati della data della Conferenza sociosanitaria territoriale tenutasi mercoledì a
Ferrara. Tutto avviene nel silenzio, il che non giova al rapporto con le istituzioni». Un
brutto modo di fare anche per Antonio Di Munno (Faro-FI). «Avrò sollecitato l‟incontro
almeno tre volte – dice – ci sarebbe materia per un esposto al Prefetto». A bruciare di più
è l‟assenza di spiegazioni attese da tempo. «Ancora non è stato mostrato alcun
documento che comprovi il diniego regionale all‟ingresso di un privato al San Camillo –
dice – l‟Ausl sostiene che la decisione viene da Bologna, però di contro la Regione invita a
trovare soluzioni che mettano un freno alla mobilità passiva, l‟ingresso di specialisti privati
della sanità nella nostra struttura poteva essere un‟occasione da sfruttare a beneficio di
Comacchio. Domandiamo chiarezza su questo punto una volta per tutte». C‟è poi da
aggiungere, sostiene il capogruppo dell‟Onda, che la Commissione sanitaria è la sede
nella quale affrontare i problemi legati alla salute pubblica del Comune, che vanno oltre a
quelli del San Camillo. «Nell‟incontro avuto qualche giorno fa a Volano a cui hanno
partecipato più di trenta persone – conclude – alcuni dei residenti, la maggior parte dei
quali anziani, ha denunciato l‟impossibilità di avere un medico di base vicino, quello che
c‟è ha raggiunto il tetto degli assistiti e gli altri devono rivolgersi a Porto Garibaldi anche
quando hanno difficoltà a spostarsi. Sono temi da affrontare nelle sedi opportune come la
Commissione». Problemi anche per quanto riguarda l‟ospedale del Delta. «È
assolutamente ridicola la modalità di come si è appresa la data di chiusura del Punto
Nascita - precisa Nicola Zagatti, portavoce del Comitato Salvaguardia Ospedale del Delta
-. Ma come fa un sindaco del basso ferrarese a non ribellarsi a fatti così gravi?»
La Nuova Ferrara
Prorogata esenzione dal ticket per lavoratori colpiti da crisi
Esenzione dal ticket per visite, esami specialistici e per l‟assistenza farmaceutica. La
giunta regionale ha prorogato fino al 31 dicembre 2017 le misure a sostegno dei lavoratori
colpiti dalla crisi (e di altre fasce deboli della popolazione) per l‟accesso alle prestazioni
sanitarie, e per le popolazioni interessate dal sisma che ha colpito l‟Emilia-Romagna nel
2012. Le misure anticrisi, in vigore dal primo agosto 2009, e cioè dall‟inizio della difficile
congiuntura economico-finanziaria, sono giunte al settimo anno consecutivo, e prorogate
per l‟ottavo. Nello specifico, le misure anticrisi (e dunque l‟esenzione dal pagamento del
ticket per visite, esami specialistici e per l‟assistenza farmaceutica) riguardano i lavoratori
che hanno perso il lavoro, sono in cassa integrazione, in mobilità o con contratto di
solidarietà, e i familiari a loro carico. Il provvedimento riguarda anche l‟assistenza
farmaceutica per i nuclei familiari emiliano-romagnoli in situazioni di estremo disagio
sociale, individuati o in carico ai Servizi sociali dei Comuni. A queste famiglie, informa la
Regione, è garantita la distribuzione gratuita dei farmaci di fascia C, ovvero i farmaci
distribuiti dalle farmacie delle stesse aziende sanitarie. L‟impegno della Regione per il
mancato introito da ticket fino al 31 dicembre 2017 è stimato in 1 milione e 600mila euro. Il
diritto all‟esenzione si applica alle persone residenti nei Comuni dell‟Emilia-Romagna
colpiti dal terremoto, che si trovano in situazioni di particolare disagio in seguito
all‟ordinanza del sindaco di inagibilità/sgombero del proprio luogo di abitazione, studio
professionale o azienda; e ai componenti del nucleo anagrafico o, comunque, ai parenti di
primo grado di persone decedute a causa del sisma.
Trentamila visite saltate e 300mila euro di multe
Di quanto si sarebbero ridotte le liste d‟attesa in provincia, nel 2016, se ogni utente che
non si è presentato a una visita o a un esame diagnostico prenotati al Cup avesse dato la
disdetta? Molti tempi (un tasto dolente per la sanità, anche se la situazione sta
migliorando) si sarebbero accorciati di settimane o mesi, visto che dallo scorso aprile sono
state accertate dalle 25mila alle 30mila violazioni (in tanti casi per analisi di laboratorio)
che si tradurranno in altrettante lettere di sanzione. Questa la motivazione principale alla
base del provvedimento che, come hanno annunciato Asl e Regione, scaricherà i costi
delle mancate disdette sui cittadini che hanno “saltato” l‟appuntamento senza una ragione
valida. Ma non è la sola: prenotare e poi “marinare” l‟esame o la visita medica tiene anche
impegnato personale che poi resta inattivo. La normativa che obbliga il cittadino alla
disdetta dal 4 aprile scorso impone l‟addebito all‟utente del costo della prestazione non
annullata e delle spese postali (11.54 € per ogni raccomandata). L‟importo della “multa”
vera e propria sarà pari al ticket applicato per lo scaglione di reddito più basso, con un
tetto di 36,15 €. La procedura dovrebbe portare nelle casse dell‟Asl circa 300mila € di
sanzioni per il periodo aprile-dicembre 2016 (in assenza di ricorsi) oltre ad altri 300mila €
per la copertura del costo delle raccomandate (atti giudiziari). Le prime spedizioni sono
programmate per gennaio, quando l‟azienda sanitaria inizierà a recuperare per tranche gli
importi fissati per le mancate disdette. Gli avvisi saranno scaglionati per evitare un
eccesso di richieste di informazioni e di attività concentrate negli uffici che tratteranno la
procedura. I prestampati sono già a disposizione dell‟Asl. Nel verbale di accertata
violazione verranno indicati la data della prestazione, le generalità dell‟utente e l‟importo
della sanzione. Entro 30 giorni dalla notifica, viene spiegato, si possono presentare gli
“scritti difensivi” attraverso i quali si può giustificare la propria assenza all‟appuntamento
con lo specialista. Anche il giustificativo è prestampato: vi si può segnare con una croce il
motivo documentato della mancata disdetta (malattia, ricovero, incidente stradale, lutto
etc.).
Donna bloccata in ascensore interviene la Uil
Era rimasta bloccata dentro l‟ascensore, a Cona e aveva chiamato aiuto. Ma dopo l‟arrivo
dei soccorsi l‟ascensore era ripartito di colpo provocando nella dipendente dell‟azienda
ospedaliera un trauma ad un piede e alla colonna vertebrale. Da quel fatto è nato un
contenzioso ancora in corso che ha coinvolto la dipendente, l‟azienda ospedaliera, la
società che si occupa del servizio manutenzione e il sindacato. È stato proprio il sindacato,
in particolare la UilTucs (settore commercio turismo e servizi della Uil) a prendere in carico
la vicenda e ad annunciare per mercoledì prossimo una conferenza stampa nella sede
sindacale per ragguagliare la stampa, in presenza del legale che sta seguendo la vicenda
e del segretario locale Uil, le conseguenze lavorative innescate dal caso.
Il reparto di maternità chiuderà il 31 gennaio
LAGOSANTO La chiusura inesorabile del reparto di maternità dell‟ospedale del Delta di
Lagosanto era stata annunciata da mesi ma ora ci sarebbe anche una data: 31 gennaio
2017. O meglio, la data che circola è quella del 24 ma solo per questione tecniche. Poco
più di un mese di vita per questo servizio sanitario che di vite, in quindici anni di attività, ne
ha fatte nascere tante e che, a detta degli utenti, potrebbe fare ancora molto per tutto il
territorio circostante. «Siamo sconvolte - dicono le ostetriche - abbiamo saputo di questa
data; siamo preoccupate, anche se al momento non c‟è ancora nulla di ufficiale. Il reparto
funziona, ma non vogliamo dirlo noi perché poi sembra che ci tessiamo le lodi da sole.
Chiedetelo alle pazienti e loro vi diranno cosa pensano del servizio offerto da questa
struttura». Abbiamo seguito il loro consiglio e camera dopo camera abbiamo incontrato
alcune ragazze in dolce attesa che, dai loro letti, non hanno fatto altro che dare forza alle
parole delle ostetriche. «Il reparto funziona bene ed è sempre pieno. Ci sono stati cinque
parti in questa settimana e l‟equipe è fantastica perché si prende cura di te in tutto e per
tutto. Qui - affermano Chiara e Alessandra - sei trattata come una persona e non come un
numero ed è una bella sensazione». In reparto c‟è chi arriva da Porto Garibaldi, chi da
Ariano Polesine e chi da Ostellato. «Io - dice Lara - sono a metà strada tra qui e Cona ma
scelgo di venire qui perché mi sento più accudita e mi trovo bene con il personale. Penso
inoltre che questo ospedale sia una risorsa importante per tutto il Basso Ferrarese e il
vicino Veneto. È impensabile fare affidamento solamente su un unico grande centro. E se
non dovesse esserci posto cosa facciamo? Andiamo a Bologna o Ravenna? E se la
situazione dovesse essere complicata?». Insomma il malumore corre veloce tra i letti e le
corsie. Questa chiusura imminente spaventa e insospettisce. «Non è vero secondo noi
che qui le cose non vanno. Piuttosto - spiegano due pazienti - è quello che vogliono farci
credere ma ciascuna di noi ha già avuto un figlio, entrambe abbiamo partorito qui e le cose
sono andate sempre bene». Le parole danno forza alle ostetriche e al personale che cerca
di fare i conti con la situazione e i giorni che inesorabilmente si avvicinano all‟ipotetica data
di chiusura del reparto». E le conferme, seppur non ufficiali, sarebbero arrivate anche dal
direttore dell‟Ausl di Ferrara Claudio Vagnini durante la Conferenza sanitaria dello scorso
mercoledì. «Il reparto chiuderà entro il 31 gennaio, quindi lavoreremo per aprire il reparto
della Pma (Procreazione medicalmente assistita)». Bocche cucine da parte dei medici e
ginecologi che aspettano di conoscere le loro sorti in un incontro fissato per la prossima
settimana. In teoria il personale dovrebbe restare a lavorare all‟interno dell‟Ospedale,
gestendo gli ambulatori e la sala operatoria. Insomma, i ginecologi del Delta non faranno
più nascere i bambini.
Rifiuta le cure al padre. Denunciato
CODIGORO Un uomo di Codigoro è stato denunciato perché si opposto alle cure sanitarie
che i medici avevo deciso per il padre ricoverato in ospedale. Non è una storia semplice
da raccontare anche perché è impossibile scendere nei dettagli senza violare la privacy. I
carabinieri di Comacchio sono però stati chiamati dagli stessi medici dell‟ospedale in cui è
ricoverato un uomo anziano. A detta dei medici i figli, ed in particolare uno di loro, non
vogliono che l‟uomo venga sottoposto ad un determinato trattamento che i medici
ritengono invece necessario. E sono stati gli stessi dottori a chiedere l‟intervento dei
militari i quali, dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie ed aver valutato che in
almeno tre occasioni accertate i familiari non avevano accettato le cure, hanno ritenuto
opportuno denunciare uno dei figli per interruzione di un servizio di pubblica necessità. Le
indagini stanno andando avanti e il caso appare particolarmente delicato.