il mercato delle biomasse forestali per scopi energetici

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il mercato delle biomasse forestali per scopi energetici
Rivista di Economia Agraria, anno LIII n. 3, settembre 1998
IL MERCATO DELLE BIOMASSE FORESTALI PER SCOPI
ENERGETICI: UN MODELLO DI OFFERTA
Iacopo Bernetti
Professore associato di Economia Politica Montana e Forestale
Dipartimento Economico Estimativo Agrario e Forestale
Facoltà di Agraria - Università di Firenze
p.le delle Cascine 18 - 50122 Firenze
tel. 055-3288364 e-mal [email protected]
1.
Introduzione
I recenti indirizzi della Politica Agricola Comunitaria, a partire dalla riforma McSharry del
‘92, fino ad Agenda 2000, hanno attribuito alle risorse agro-forestali un ruolo diverso da quello
tradizionale. Si è infatti progressivamente affermato un indirizzo programmatico sempre più
orientato verso la polifunzionalità delle attività del primario, con un nascente interesse verso lo
sviluppo di nuove fonti di reddito. Tale orientamento interessa in modo particolare la
selvicoltura, al centro degli interessi non solo per la salvaguardia del territorio, ma anche per la
valorizzazione di tradizionali forme di produzione, tra le una delle più importante, per le
ripercussioni a livello di politica ambientale, è quella energetica.
Questa impostazione costituisce un importante punto di contatto fra il settore agricolo e
quello energetico, cioè uno dei più importanti comparti produttivi dell’economia comunitaria e
mondiale.
Nell’ambito della “Third Conference of the Parties to the United Nation Framework
Convention on Climate Change” tenutasi a Kyoto nel dicembre del 1997 l’Unione Europea ha
adottato una posizione negoziale, tradottasi in un impegno internazionale, di ridurre dell’8%
l’emissione di gas serra per l’anno 2010 rispetto alle emissioni dell’anno 19901. A tale
traguardo si è giunti a seguito di un lungo iter di studi preparatori e di proposte, fra i quali
ricordiamo:
- il “Libro verde sulle energie rinnovabili” del Novembre del 1996, nel quale è stato per la
prima volta proposto un programma di incremento dell’approvvigionamento comunitario
mediante fonti energetiche rinnovabili;
- il “Libro bianco sulle energie rinnovabili”, del Novembre 1997, che ha recepito il parere
del Comitato Europeo e del Comitato delle Regioni, e ha precisato le strategie di incremento
della quota di energie rinnovabili da realizzarsi entro il 2010.
- I programmi SAVE II e ALTENER con budget rispettivamente di 30 e 45 MECU finalizzati
1
Nella realizzazione di questo obbiettivo gli impegni di riduzione sono diversificati per ogni paese dell’UE.
1
ad azioni, ricerche e progetti pilota nel campo delle energie alternative.
In base ai documenti citati il ruolo principale nello sviluppo delle risorse energetiche
rinnovabili è da attribuirsi alle biomasse, con un contributo del 83,6% (pari a circa 90 Mtoe,
cioè megatonnellate di equivalenti di petrolio), che dovrebbero passare dai 44,8 Mtoe attuali a
135 Mtoe entro il 20102.
In ambito nazionale, l’Italia si è impegnata a ridurre del 6,5% entro il 2010, le emissioni di
gas serra rispetto ai valori del 1990. Il primo documento prodotto a riguardo è quello del
Ministero delle Politiche Agricole che nel 1998 ha presentato un “Programma nazionale per la
produzione di energia da fonti rinnovabili e biomasse”. Secondo tale programma la produzione
energetica da fonti rinnovabili - e, sia pur in misura minore l’assorbimento di anidride carbonica
da parte delle foreste - dovrebbero contribuire per circa il 20% al conseguimento degli impegni
presi. Fra tutte le fonti rinnovabili, le coltivazioni agro-forestali per l’ottenimento di biomasse
da destinare a produzione di energia dovrebbero rappresentare il filone con le prospettive di
crescita più consistenti.
In questo ambito le produzioni forestali rappresentano quasi i due terzi del totale delle
biomasse energetiche prodotte in Italia e provengono per la maggior parte da boschi cedui3. In
base agli ultimi dati ISTAT (ISTAT, 1997), la produzione annua dei cedui del nostro Paese
ammonta a circa 4,5 milioni di metri cubi, pari ad un potere energetico di 1,2 milioni di
tonnellate di petrolio. L’energia ottenibile da tali produzioni può essere stimata in circa 18.866
Mwh (megawatt/ora) e copre circa l’1,5% del totale dell’energia consumata in Italia.
Confrontando gli incrementi di massa cormometrica (massa legnosa commerciabile come legna
da ardere), rilevati dall’Inventario Forestale Nazionale4, con il tasso di utilizzazione per ettaro
(tabella 1), è inoltre possibile notare come i boschi cedui italiani siano tendenzialmente
2
Communication from the Commission “Energy for the future: renewable sources of energy. White Paper
for a Community Strategy and Action Plan, COM(97)599 final (26/11/97)
3
La produzione dei cedui semplici, composti e coniferati, secondo l’ISTAT è pari a circa 4,5 milioni di
metri cubi, su un totale di circa 5 milioni di metri cubi di combustibili vegetali prodotti dai boschi italiani.
4
Fonte: elaborazioni su dati dell’Inventario Nazionale Forestale non pubblicati. E’ necessario sottolineare
che il confronto fra i dati ISTAT e quelli dell’IFN non è del tutto corretto in quanto riferito ad anni diversi
(1994 nel primo caso e 1984-85 nel secondo). Tale problema non è risolvibile in quanto mancano dati
aggiornati sugli accrescimenti de boschi nazionali. Si deve comunque considerare che gli incrementi medi dei
soprassuoli forestali derivano almeno in parte da fattori (forma di governo, clima, fertilità stazionale) piuttosto
2
sottoutilizzati. Infatti dalla tabella 1 si può notare come gli incrementi medi dei soprassuoli
siano, in ogni regione molto superiori al tasso di prelievo5. E’ necessaria però un attenta analisi
degli effetti ambientali sociali ed economici che l’incremento del tasso di utilizzazione dei
boschi cedui può comportare. Se infatti il valore dell’incremento medio può costituire una
indicazione di larga massima, da solo non è in grado di garantire la sostenibilità dell’intervento
antropico sull’ambiente. L’offerta di legna da parte dei boschi cedui coinvolge infatti un ampio
spettro di problematiche di tipo politico, economico, gestionale e sociale. I
soprassuoli
forestali sono un esempio tipico di produzione congiunta di prodotti legnosi utilizzabili per
diversi impieghi (legna da ardere, biomasse in impianti di varia scala, produzione di pannelli,
ecc.) e di servizi sociali (ricreazione all'aperto, protezione del suolo, effetti scenici,
purificazione dell'aria). Ciò può portare all’innescarsi di conflitti da parte di diversi gruppi di
pressione portatori di interessi solo per alcune delle produzioni forestali. Inoltre la proprietà
forestale in Italia è estremamente frammentata; ciò implica da un lato la difficoltà nel realizzare
politiche gestionali efficienti, dall’altro la presenza di un grande numero di proprietari con
obbiettivi gestionali e conoscenze del mercato estremamente diversificate.
In un quadro così complesso appare utopistico individuare un approccio metodologico in
grado di considerare in modo efficiente tutte le problematiche coinvolte. Si è scelto perciò di
circoscrivere l’analisi ad una tematica ben definita, con lo scopo di fornire una metodologia in
grado di dare al decisore pubblico un quadro informativo sufficientemente dettagliato e
aderente alla realtà per poter valutare:
-
il prelievo potenziale massimo sostenibile nel tempo dall’ecosistema forestale senza
compromettere la sua stabilità e la sicurezza della rigenerazione;
-
i costi di utilizzazione per ogni livello di produzione sostenibile con la conservazione
dell’ambiente.
L’approccio economico più appropriato per tale studio è rappresentato dalla costruzione, a
livello locale, di curve di offerta delle biomasse legnose provenienti da boschi cedui sotto il
vincolo della sostenibilità ambientale di tale produzione. La trattazione sarà così articolata: si
stabili nel tempo.
5
A tali produzioni andrebbe aggiunta la legna derivante dall’utilizzazione delle fustaie, come prodotto
3
effettuerà una breve rassegna dei principali approcci metodologici adottati nello studio
dell’offerta di legno; sarà poi individuato un modello di offerta finalizzato allo studio delle
potenzialità produttive del bosco ceduo sotto ipotesi di sviluppo sostenibile; tale modello sarà
infine applicato ad un territorio rappresentativo dell’Appennino toscano
2.
La modellizzazione dell’offerta di biomasse forestali
2.1. Rassegna dei modelli applicati
La modellizzazione dell’offerta di biomasse forestali deve tenere conto di numerosi fattori di
natura biologico-ecologica, economica, tecnica e istituzionale. Dal momento che la produzione
di biomassa rappresenta una risorsa rinnovabile, il suo utilizzo efficiente da un punto di vista
ambientale deve tenere conto dello stock di capitale naturale necessario per garantire la
sopravvivenza, la riproduzione e la resilienza dell’ecosistema. Inoltre il tasso di prelievo
massimo ammesso non deve essere superiore al tasso di crescita del popolamento forestale al
livello di stock individuato (Pierce e Turner, 1991). Numerose sono inoltre le variabili
economiche che influenzano la produzione forestale, fra le quali si ricordano il prezzo dei
prodotti, i costi di produzione, gli obiettivi dell’imprenditore. La produzione forestale, inoltre,
si basa su processi ecologici complessi, e ciò implica la necessità di considerare nell’analisi
dell’offerta i vincoli dovuti alle pratiche selvicolturali e di trattamento del bosco e alle
tecnologie applicabili in relazione alle condizioni orografiche e stazionali. Infine non bisogna
dimenticare che il bosco costituisce un bene privato con rilevante produzione di esternalità
sociali. Ciò comporta problematiche di natura politica ed istituzionale (Marinelli e Romano,
1995) volte a salvaguardare la produzione di utilità pubbliche.
Anche basandosi su questa sintetica esposizione, appare evidente la complessità dei
fenomeni coinvolti. In mancanza di strumenti analitici in grado di affrontare in un ambito
unitario tutti gli aspetti coinvolti, la modellizzazione dell’offerta di prodotti forestali si è
sviluppata secondo molti filoni.
secondario dell’allestimento del tondame da sega.
4
I modelli più vicini alla tradizionale analisi econometrica (Adam e Haines, 1980, Binkley e
Cardellicchio, 1985, Loefgren e Johanson, 1985, Pettenella, 1986 Casini e Romano, 1987), i
cosiddetti “short run models” pongono particolare attenzione alla fluttuazione del livello dei
prezzi nel breve periodo e alle variabili in grado di spiegare tali variazioni.
La forma generale di un modello di offerta di breve periodo è data da (Binkley, 1987):
Q = f ( p, I , Z )
( 1)
con Q offerta annua, p prezzo, I provvigione disponibile, Z vettore delle altre variabili che
influenzano l’offerta.
A causa della loro forte base empirica, tali modelli hanno dato buoni risultati nella
descrizione dell’origine dei prezzi su base annuale. Per contro non hanno potuto considerare in
modo efficiente variabili di tipo ecologico, (come il livello di capitale naturale e la sostenibilità
della produzione) e istituzionale, come gli effetti sul benessere sociale e l’analisi di politiche
forestali alternative.
I cosiddetti “modelli di transizione” (transition models), hanno invece caratteristiche
prevalentemente tecniche, basandosi su strumenti prettamente normativi, di pianificazione,
come quelli della programmazione lineare e più recentemente multicriteriale (Johnson e
Scheurmann, 1977, Bernetti, 1990). Nella sua formulazione più semplice, monocriterale con
obiettivo dell’imprenditore di massimizzazione del valore attuale dei futuri redditi, e con boschi
omogenei per produzione e costo, il modello ha la forma:
T
N
max ∑∑ ( p − ci ,t )vi st ,i (1 + r ) −t
t =1 i =1
s.a.
x t +1,i +1 = x t ,i − st ,i
x t +1, N = xt , N + xt , N −1 − s t , N − st , N −1
( 2)
N
x t +1, 0 = ∑ s t ,i
i =1
x t ,i ≥ s t ,i ≥ 0
con t = 1,…,T anno di riferimento, i = 1,…,N età del bosco p prezzo, ci,t costo di
produzione del soprassuolo all’età i all’anno t, xi,t superficie, si,t superficie utilizzata e vi volume
5
per unità di superficie all’età i. Per ogni periodo l’offerta di biomassa può essere calcolata
parametrizzando il prezzo p.
Tali modelli permettono di considerare, sia pur con alcune limitazioni, anche variabili di tipo
ecologico e sociale (Bernetti, 1993) e consentono di analizzare l’effetto di politiche forestali e
ambientali alternative. I principali limiti di tali modelli, soprattutto nella analisi a livello
territoriale e non aziendale, risiedono proprio nella loro origine normativa; ciò comporta
l’ipotesi che le variabili ecologiche ed economiche necessarie per la costruzione del modello
siano conosciute con certezza. Inoltre nelle applicazioni su ampie superfici, a livello territoriale,
per mantenere una accettabile aderenza alla realtà è necessario adottare una formulazione
matematica complessa e difficilmente affrontabile. Infine gli obiettivi dell’imprenditore forestale
debbono essere noti, costanti e chiaramente espressi.
I cosiddetti “modelli di lungo periodo” si basano su un approccio derivante dalla teoria delle
risorse rinnovabili (Pierce e Turner, 1991, Dasgupta, 1982). Tali modelli operano in base allo
stock desiderato di capitale naturale e al tasso di prelievo sostenibile. Per tale motivo questi
modelli sono impiegati principalmente come strumento di pianificazione di lungo periodo, in
modo da poter rispondere a problematiche quali la ricerca dell’estensione ottimale dei
soprassuoli capaci di rispondere efficacemente ad un determinato livello di domanda di prodotti
legnosi, o di supportare determinati costi di produzione sia marginali che medi. Questo tipo di
modelli di offerta sono stati utilizzati da lungo tempo: per la douglasia nordamericana (USDA
F.S., 1963; Hyde, 1980), per la California (Vaux, 1970), per la Svezia (Jungelfelt, 1973), per il
pino nel sud degli Stati Uniti (Robinson et al., 1980), e per l’abete rosso nel Maine (Binkley,
1983). Jungelfelt (1973), Jackson (1980), Hyde (1980), Chang (1983) e Binkley (1985) hanno
studiato alcuni degli aspetti teorici del modello.
L’offerta di lungo periodo Q(p) è data da:
Q( p) =
∑ A S ( p)
j∈J ( p )
j
j
( 3)
dove:
Aj è la superficie totale con soprassuoli del tipo j, Sj (p) è il tasso di prelievo per unità di
superficie per i soprassuoli del tipo j, J (p) è il totale delle particelle in produzione.
6
Tradizionalmente il livello del capitale naturale e il conseguente tasso di prelievo Sj(p) applicati
derivavano dall’ipotesi che l’imprenditore abbia come obiettivo la massimizzazione del valore
attuale degli infiniti redditi ritraibili dal bosco (turno di Faustmann). L’approccio però può
essere impiegato per qualsiasi livello di stock desiderato, permettendo così di considerare
anche altri obiettivi di tipo sociale e istituzionale, come la massimizzazione del benessere
sociale (cfr Casini e Romano, 1989), oppure un livello di provvigione considerato come soglia
minima di sicurezza (safe minimum standard) per consentire sia la resilienza dell’ecosistema
sia le funzioni sociali del bosco (Merlo, 1991).
I limiti teorici e applicativi di tale metodo sono insiti nella sua natura di modello di lungo
periodo. Non venendo infatti considerato limitante il capitale fisso necessario per l’utilizzazione
forestale, dal punto di vista neoclassico si ha una curva di offerta di lungo periodo in un
mercato a costi progressivamente crescenti, dovuti alla fertilità del suolo e alla posizione
rispetto al mercato. Per tale motivo il modello non è in grado di spiegare fluttuazioni annuali
nel livello dei prezzi.
2.2. Il modello adottato
Dall’analisi effettuata risulta evidente come non esista un approccio teorico, e di
conseguenza una tecnica di modellizzazione, che consenta di trattare i modo soddisfacente
tutte le problematiche connesse all’offerta di prodotti forestali. La scelta del metodo deve
perciò essere necessariamente finalizzata all’ambito applicativo che si intende analizzare. Nel
caso in esame il problema può esser ricondotto all’analisi delle potenzialità di valorizzazione di
una risorsa rinnovabile, la produzione di legna per usi energetici, per la quale si prevedono e si
auspicano sbocchi di mercato innovativi che si affianchino agli usi tradizionali. Operando in un
mercato in buona parte futuro e potenziale non appare opportuno l’utilizzo di tecniche
econometriche di breve periodo, basate su fenomeni avvenuti nel passato. Il fatto di operare in
un’ottica di sviluppo economico sostenibile con l’ambiente comporta necessariamente
l’esigenza di modificare le strutture economiche e gli investimenti esistenti orientando
logicamente l’analisi in un ottica di lungo periodo. La possibilità inoltre di imporre al modello il
7
livello di stock di capitale naturale ed il prelievo ammissibile ha orientato la scelta verso i
modelli di offerta di lungo periodo.
E’ da considerare anche che la recente disponibilità di informazioni territoriali di tipo
ecologico, geografico, orografico e fisico ottenibili grazie alle tecniche di telerilevamento e ai
Sistemi Informativi Territoriali, permettono di applicare questo metodo con un buon grado di
accuratezza, dettaglio e aderenza alla realtà. Per questi motivi tale approccio, precedentemente
un po’ trascurato, sta registrando un rinnovato interesse proprio nelle applicazioni a livello
territoriale delle problematiche di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e
nell’analisi delle politiche ambientali (Stone, 1998, Graham et al. 1995).
Relativamente alla costruzione del modello l’equazione (3) può essere riscritta come:
Q( p) =
∑
j
j∈J ( p )
Aj S j ( p ) con
J ( p ) | ctu j ≤ p
( 4)
con ctuj costi totali unitari di utilizzazione (estrazione) per il soprassuolo j.
La costruzione del modello può essere divisa in due parti ben distinte in relazione alle
problematiche coinvolte. La prima problematica da analizzare è relativa all’individuazione dello
stock di capitale naturale prescelto, e di conseguenza del tasso di prelievo Sj(p) e implica
tematiche di economia delle risorse naturali e ambientali. La seconda, con caratteristiche
tipicamente tecnico-economiche, riguarda l’analisi dei fattori che concorrono a formare il costo
di estrazione ctuj.
2.2.1. L’offerta per unità di superficie
La crescita di un bosco può essere rappresentata tramite una curva di tipo logistico, che
mette in relazione lo sviluppo della massa legnosa in funzione del tempo. Una possibile
variazione di tale modello è quella rappresentata in figura 1 che riporta lo steso tipo di
informazioni ma indicando la crescita della risorsa x& in funzione del livello (stock) di biomassa
x6.
6
Tale impostazione differisce da quella tradizionalmente impiegata in economia forestale. Merlo (1991) ha
comunque dimostrato la totale analogia fra le due trattazioni. Inoltre i dati generalmente a disposizione tramite
8
Dalla figura riportata si nota come il tasso di crescita di una popolazione sia in un primo
momento crescente fino a raggiungere il suo massimo, diminuendo poi progressivamente man
mano che lo stock di biomassa diventa più grande. Ad ogni livello X di stock corrisponde
quindi un determinato prelievo sostenibile S uguale al tasso di crescita, tale che dopo il prelievo
la risorsa si rinnoverà da sola in modo da poter ottenere di nuovo S dallo stock X.
E’ importante notare che tale analisi è valida solamente nell’ipotesi che la struttura della
popolazione naturale sia nelle condizioni biologiche necessarie per garantire la sua
rinnovazione. Relativamente ad un ecosistema forestale, se non si hanno altri fenomeni di
disturbo esterni, ciò dipende dalla struttura della età degli individui. La riproduzione ed il
mantenimento di un prelievo costante e sostenibile è infatti possibile se il bosco ha una
struttura scalare e regolare della età degli individui (detta in assestamento “normalità”). Ciò può
essere ottenuta o con un numero di particelle di uguale superficie e con età progressivamente
crescente fino all’età massima (bosco assestato coetaneo) o per piccoli gruppi di individui di età
scalare (bosco disetaneo per gruppi, cedui a sterzo, ecc.) o con una mescolanza per singoli
individui di età diversa (bosco disetaneo per piede d’albero). Se l’ecosistema forestale non ha la
necessaria struttura cronologica, può essere necessario applicare un prelievo più basso del
tasso di crescita (aumentando così lo stock di biomassa) se predominano gli individui giovani
rispetto agli adulti, o più alto (ringiovanendo la popolazione) se predominano le classi di età
più vecchie. Ciò può essere rappresentato tramite la seguente relazione:
S ′ = x& ± ∆X m
( 5)
con ∆X variazione dello stock per raggiungere la necessaria struttura cronologica e m
gli inventari forestali riportano per ogni punto di campionamento la biomassa commerciabile (provvigione) e il
tasso di crescita (incremento corrente). L’età del soprassuolo è riportata solo per classi ampie (dieci anni per
l’Inventario Forestale Nazionale, mentre l’Inventario Regionale Toscano parla solo di boschi in rinnovazione,
boschi adulti e boschi invecchiati senza una precisa indicazione cronologica) e solo per soprassuoli coetanei.
L’impostazione adottata in figura 1 risulta perciò più rispondente ai dati disponibili.
Dal punto di vista delle tecniche di pianificazione forestale, l’approccio adottato corrisponde
all’applicazione dei cosiddetti metodi provvigionali, largamente utilizzati nell’Europa centrale. Questo metodo,
applicato storicamente in Italia solo in Trentino Alto Adige (metodo del controllo), sta ricevendo negli ultimi
anni particolari attenzioni dagli ecologi forestali, sia per la sua flessibilità, che lo rende particolarmente adatto
ad applicazioni su scala ampia (p.e. bacino idrografico), sia per la recente maggiore facilità di rilevare le
informazioni necessarie alla sa applicazione, p.e. attraverso metodi di telerilevamento da satellite.
9
periodo di normalizzazione7.
Risulta comunque evidente come il prelievo sostenibile, e quindi l’offerta di biomassa da
parte di un determinato soprassuolo forestale dipenda dal livello di stock prescelto. Merlo
(1991) ha domostrato la sostanziale analogia fra l’approccio adottato ed i classici strumenti di
economia forestale, la scelta dello stock di biomassa può essere affrontata tramite gli stessi
principi teorici adottati nella scelta dell’ottimo turno. Le implicazioni economiche di tale
argomento sono state efficacemente affrontate negli ultimi anni da diversi autori italiani, ai
quali si rimanda per eventuali approfondimenti (cfr. Casini e Romano, 1989, Merlo, 1991,
Casini, 1989).
Nella figura 2 è schematizzata la scelta del livello di stock in base ai criteri adottati
nell’economia forestale.
Come si può notare dall’analisi della figura, lo stock di biomassa più contenuto si ha in
corrispondenza del criterio del turno del massimo saggio di rendimento interno (Max SRI, cfr.
Casini 1990), in corrispondenza del quale il valore dei ricavi annualizzati (Rpriv) è uguale ai
costi comprensivi degli interessi sul capitale legnoso (CSRI). A tale criterio corrisponde un
prelievo e quindi un offerta per ettaro e per anno da parte del soprassuolo pari a SSRI. Con tassi
di interesse più bassi del Saggio di Rendimento Interno si hanno stock di biomassa e quindi
prelievi (S(r)) calcolati in base al criterio dei turni finanziari, nei quali si rende massima la
differenza fra ricavi e costi annualizzati al saggio prescelto (C(r)). Infine, se l’imprenditore non
considera gli interessi sul capitale anticipato, l’offerta corrisponderà con il prelievo massimo
sostenibile ritraibile dal bosco (SPMS).
Livelli di biomassa superiori e quindi prelievi individuati sul tratto discendente della curva
del tasso di crescita si possono avere solo internalizzando nel modello i costi sociali del
prelievo o, in altre parole, i benefici sociali derivanti da un più elevato stock di biomassa (Rsoc).
Tale criterio corrisponde ai cosiddetti turni economici ambientali (o turni di Hartmann)
7
La tecnica selvicolturale adottata per raggiungere la desiderata struttura cronologica resta esogena al
modello. Tale fatto potrebbe sembrare un limite teorico dell’approccio adottato, superabile impiegando i
cosiddetti modelli di transizione precedentemente descritti. E’ da notare che, salvo casi relativamente semplici
le modalità di intervento sull’ecosistema forestale necessarie per raggiungere un equilibrio fra prelievo e
crescita sono troppo complesse per essere modellizzate tramite uno strumento rigido come la programmazione
matematica. Il modello adottato appare quindi, in definitiva più realistico.
10
proposti nella economia forestale (Casini e Romano 1989). Negli ultimi anni la letteratura
nazionale ed internazionale ha prodotto numerose ricerche volte alla stima dei servizi sociali
forniti dalle foreste8. Tali valutazione non sono state però ancora in grado di spingersi ad un
dettaglio tale da fornire stime efficienti della relazione esistente fra livello di biomassa e valore
dei diversi servizi sociali9. E’ inoltre da considerare che, soprattutto nel caso in esame
(valutazione dell’impiego di biomasse forestali per fini energetici) la valutazione deve essere
effettuata a livello globale e non più o meno strettamente locale o settoriale-forestale. Ciò
implica il fatto di considerare non solo i benefici relativi alla conservazione del bosco in piedi,
ma anche quelli derivanti dalla sostituzioni di fonti energetiche non rinnovabili e inquinanti con
biomasse rinnovabili ed in equilibrio con il ciclo globale del carbonio. In tale ambito la
letteratura italiana e internazionale fornisce alcune stime relative al valore della sostituzione di
combustibili fossili (Trexler, 1991, Pettenella e Picciotto, 1992, Pettenella e Cesaro, 1994,
Strauss e Wright, 1990). Concludendo è però necessario rilevare come l’internalizzazione di
costi e benefici sociali all’interno di un modello di offerta come quello in esame è corretta solo
in presenza di politiche ambientali volte a effettuare un effettivo pagamento (compensazione) al
proprietario forestale dei servizi resi dalla conservazione del bosco in piedi.
2.2.2.Il costo di produzione
Il costo di produzione unitario rappresenta il secondo elemento del modello (4) e deve
essere calcolato per ogni livello di prelievo S e per ciascuna tipologia omogenea di
soprassuolo.
Nel settore forestale i costi di produzione dipendono dai seguenti fattori:
-
caratteristiche in situ del suolo e del soprassuolo;
-
localizzazione del bosco rispetto al mercato;
-
costo dei fattori di produzione.
Dal punto di vista dell’economia neoclassica, nella valutazione dell’offerta, il primo fattore
8
Il settore più indagato in tale ambito è stato quello del servizio ricreativo (per una rassegna cfr. Romano e
Bishop, 1998). Si sono però anche avute stime relative alla protezione da dissesto idrogeologico (Asciuto et al.
1987) e al valore faunistico-venatorio.
9
Una possibile eccezione a ciò riguarda le valutazioni effettuate non con metodi monetari ma con
l’applicazione dell’analisi multicriteriale (cfr. Merlo, 1991 e Bernetti, 1993)
11
determina la cosiddetta rendita ricardiana, il secondo la rendita di posizione o di von Thunen,
mentre il terzo rappresenta il vettore delle variabili di posizione della curva di offerta stessa.
Esaminando più in dettaglio i costi legati alle caratteristiche in situ del bosco, abbiamo che
queste influenzano essenzialmente i rendimenti di lavorazione; fra le più importanti (cfr.
Hippoliti, 1996) possiamo ricordare le caratteristiche fisiche e orografiche (pendenza e
accidentalità del suolo, ecc.). I rendimenti unitari di lavorazione sono però anche direttamente
proporzionali alle dimensioni delle piante utilizzate, funzione diretta dello stock di capitale
legnoso prescelto, e dal valore del prelievo per ettaro S, a sua volta funzione dello stock.
Formalmente possiamo scrivere:
Cinj situ = f (O j , Diam( X j ), S j ( X j ))
( 6)
con Cinj situ costi unitari (per unità di peso o volume) del soprassuolo j-esimo, Oj, vettore
delle caratteristiche orografiche e Diam, diametro della pianta media.
I costi relativi alla localizzazione del soprassuolo rispetto al mercato dipendono dalla
distanza di esbosco (desb), dalla distanza di trasporto (dtrasp) e dalle caratteristiche tecniche della
viabilità disponibile, che possono influenzare la scelta tecnica del mezzo di trasporto o la sua
velocità:
C loc = f ( d esb , d trasp , V j )
( 7)
con Vj vettore delle caratteristiche della viabilità disponibile. E’ da considerare che il costo
fisso dei diversi mezzi impiegabili per il trasporto cresce al crescere della dimensione (portata)
del mezzo, mentre il costo unitario, in funzione della distanza, è decrescente. Da ciò risulta un
tasso di crescita complessivo dei costi in funzione della distanza progressivamente decrescente.
2.2.3.La costruzione della curva di offerta.
Il modello di offerta di lungo periodo può essere costruito disponendo delle curve di
crescita, dei modelli dei costi unitari di utilizzazione e delle caratteristiche orografiche e di
localizzazione geografica di ogni tipologia di soprassuolo j. Per ogni livello di prezzi definito a
priori è possibile infatti calcolare l’offerta Sj(p) in base a uno dei diversi criteri di scelta del
turno indicati precedentemente. I costi unitari di utilizzazione sono poi calcolabili tramite le
12
caratteristiche orografiche e di localizzazione, nonché in funzione del livello di stock prescelto.
L’offerta per quel prezzo è poi calcolata tramite la (4), dove la sommatoria considera solo un
sottoinsieme di soprassuoli in cui il costo unitario di utilizzazione è inferiore al prezzo.
L’analisi è condotta iterativamente considerando un range di prezzi definiti a priori fino a
quando la curva di offerta non è delineata con sufficiente precisione.
Il procedimento indicato è valido per soprassuoli boschivi dove la produzione legnosa sia
l’unica alternativa produttiva disponibile, come nella maggior parte dei boschi italiani, vincolati
alla coltivazione forestale. Volendo generalizzare la trattazione la condizione di un prezzo di
mercato superiore al costo di produzione non è più sufficiente, e deve essere affiancata dal
vincolo di redditività annualizzata della produzione forestale superiore a quella di ogni altro
investimento alternativo del capitale fondiario:
ctu j ≤ p
S j ( p − ctu j ) ≥ a j
( 8)
con aj valore annualizzato del più conveniente investimento alternativo del capitale
forestale10.
2.3.L’applicazione ai boschi cedui della provincia di Firenze
Il modello descritto nel paragrafo precedente è stato applicato ai boschi cedui della zona
Nord della provincia di Firenze11. La scelta della zona di applicazione è motivata dal fatto che
la parte settentrionale della provincia di Firenze rappresenta un’area con spiccate
caratteristiche montane con ancora una forte integrazione fra bosco e strutture aziendali; in tali
condizioni la valorizzazione delle risorse forestali per uso energetico può rappresentare una
10
Una possibile altra estensione del modello potrebbe non limitarsi alla valutazione degli investimenti
finanziari alternativi, ma anche potrebbe considerare più in generale l’utilità personale derivante dalla
produzione forestale, confrontata con l’utilità derivante da usi alternativi del bosco (per esempio, attività
venatoria, svago personale, abbellimento estetico dei dintorni della propria abitazione). In tale direzione si è
sviluppata una classe di modelli di offerta che va sotto il nome di Household Production Models (cfr. Binkley,
1981, Knapp, 1981, Kuuluvainein, 1984).
11
Geograficamente sono stati considerati i confini della Comunità Montana del Mugello e dell’alta Val di
Sieve.
13
interessante opportunità di sviluppo territoriale. Inoltre i boschi cedui rappresentano la quasi
totalità dei boschi di proprietà privata e storicamente costituiscono una forma di coltivazione
forestale finalizzata alla produzione di biomasse per uso energetico (cfr. Marinelli 1990a,
1990b). Inoltre i cedui, pur essendo relativamente eterogenei dal punto di vista ecologico e di
composizione specifica, presentano problematiche economiche comuni dal punto di vista degli
obbiettivi del proprietario del fondo.
L’applicazione del modello alla zona considerata è avvenuta in base alle seguenti fasi:
a.
costruzione di un Sistema Informativo Territoriale finalizzato all’analisi dell’offerta di
legna da ardere;
b.
individuazione dei modelli di crescita delle diverse formazioni forestali;
c.
costruzione dei modelli dei costi di utilizzazione;
d.
costruzione della curva di offerta.
Il Sistema Informativo Territoriale risulta composto da tre data bases. Il primo componente
è la mappa raster dell’uso del suolo derivante dall’Inventario Forestale Toscano con
risoluzione (dimensione del pixel) di 400 × 400 metri, ad ogni pixel sono associati la specie
legnosa, il tipo di bosco (ceduo, fustaia, ecc.), il tipo cronologico (bosco in rinnovazione,
bosco giovane o adulto, bosco invecchiato, ecc.) la pendenza del terreno, la presenza di aree
rocciose e di fenomeni di erosione. I soprassuoli cedui considerati utilizzabili a fini produttivi
sono stati selezionati in base ai seguenti criteri: pendenza inferiore al 70%, accidentalità scarsa
o assente, fenomeni di erosiosione scarsi o assenti, copertura percentuale piena. La base dati
risultante è formata da 3.148 pixels, corrispondenti a 50.336 ettari (figura 3). Alla base dati dei
boschi cedui sono state sovrapposte la base dati della viabilità di comunicazione e delle strade e
piste forestali e la base dati dei centri urbani e dei nuclei abitati, riportante i centri di
commercializzazione della legna da ardere. Tramite elaborazioni cartografiche automatizzate
sono state calcolate per ogni pixel le distanze di esbosco rispetto alla strada o alla pista
forestale più vicina e tecnicamente accessibile e di trasporto rispetto al più vicino centro di
commercializzazione.
L’individuazione dei modelli di crescita si è basata sulle informazioni derivanti
dall’Inventario Forestale Toscano integrate con altre fonti dendroauxometriche (Castellani et
14
al. 1982). Il modello matematico che meglio interpolava i dati disponibile è stato il seguente:
x& = b0 x − b1 x 2
( 9)
In tabella 2 sono riportati i parametri per le diverse specie forestali presenti sul territorio in
esame.
In base all’analisi effettuata precedentemente, per applicare un prelievo sostenibile pari a x&
è necessario che la struttura delle classi cronologiche sia vicino alla normalità, senza una
eccessiva presenza di soprassuoli in rinnovazione o invecchiati. Dai dati disponibili
dall’inventario è possibile identificare per ciascuna specie solo i soprassuoli con età inferiore al
turno consuetudinario (generalmente intorno ai 20 anni) e quelli invecchiati, mentre le superfici
in rinnovazione non sono divise per specie (cfr. tabella 3).
Come si può notare dalla tabella 3, la ripartizione cronologica presenta uno squilibrio verso i
soprassuoli eccessivamente invecchiati solamente per il faggio. I boschi in rinnovazione, seppur
presi in generale, hanno una distribuzione leggermente più bassa rispetto a quella teoricamente
ipotizzabile (4.048 ettari, pari al 7% del totale) e non evidenziano comunque fenomeni di
eccessivo sfruttamento della risorsa. Ad eccezione del faggio la situazione consente di
applicare dei prelievi sostenibili corrispondenti ai turni finanziari riportati in figura 2. Diverso è
invece il caso dei cedui di faggio nel quale l’alta percentuale di boschi invecchiati necessita di
un tasso di prelievo più alto in modo da ricondurre i boschi ad una struttura normale. Una
alternativa a questo indirizzo selvicolturale potrebbe essere la trasformazione delle superfici
che hanno superato il turno consuetudinario in fustaia, aumentando lo stock di risorsa tramite
prelievi inferiori a quelli riportati nel modello teorico12. Per la restante superficie (51% del
totale), è invece possibile applicare un prelievo normale calcolato in base a turni di tipo
finanziario.
La fase successiva nella applicazione del metodo è consistita nella individuazione dei
12
Tecnicamente si tratta di un avviamento all’altofusto del bosco ceduo, reso necessario in quanto
invecchiando il faggio perde la sua capacità di rinnovarsi tramite ricaccio dalla ceppaia. Dal punto di vista del
modello teorico, mutando il metodo di riproduzione (da agamico del ceduo a gamico della fustaia), cambia
totalmente il modello di crescita adottabile. La trasformazione del ceduo in fustaia, oltre che auspicabile dal
punto di vista ambientale è anche espressamente prevista dalle norme di polizia forestale proprio per i boschi
che abbiano superato il doppio del turno minimo prescritto (18 anni).
15
modelli dei costi di utilizzazione per ciascun processo di lavorazione del soprassuolo forestale.
Per quanto riguarda l’abbattimento, il rendimento di lavoro dipende dalla specie e dalla
pendenza del terreno, secondo un modello del tipo:
CTas = CFas + cv as pend %
( 10)
con CTsa, costi totali di abbattimento per la specie s, CFsa, costi fissi, cvas costi variabili e
pend% pendenza del terreno espressa in percentuale. L’esbosco è influenzato dalla pendenza e
dalla distanza del soprassuolo dalla più vicina strada forestale, secondo un modello del tipo:
CTeG ,T = CFeG ,T + cv eG ,T diste
( 11)
con CTeG ,T , costi totali di esbosco tramite trattore a strascico (T), per pendenze del terreno
inferiori al 30% o tramite gru a cavo (G) per pendenze maggiori, CFeG ,T , costi fissi, cv eG ,T ,
costi variabili e diste, distanza di esbosco. Infine i costi di trasporto dipendono dal mezzo
impiegato, a sua volta funzione delle caratteristiche della viabilità, e dalla distanza:
CTt m = CFt m + cv tm distt
( 12)
con CTtm, costi di trasporto per il mezzo m, CFtm, costi fissi, cvtm, costi variabili e distt,
distanza di trasporto. I parametri dei modelli, individuati sulla base della letteratura tecnica13,
sono riportati in tabella 4.
Sono stati infine calcolati i costi di commercializzazione, indipendenti dalle condizioni
ecologiche e geografiche del soprassuolo. Le voci considerate sono state l’immagazzinamento,
la stagionatura, le successive trasformazioni (depezzatura a misura di stufa o di camino,
cippatura, ecc.) e la distribuzione al consumatore.
In base ai modelli individuati, la costruzione della curva di offerta è avvenuta sulla base
dell’equazione (4). Per ogni pixel del SIT sono stati calcolati: il prelievo ottimale secondo
ciascun turno finanziario14 e i costi di abbattimento, allestimento ed esbosco. L’offerta, per un
13
A questo proposito ci si è basati sui lavori di Baldini e Spinelli, (1988), Hippoliti et al. (1980), Hippoliti
(1997) Piegai (1985), ai quali si rimanda per maggiori approfondimenti.
14
Il saggio di riferimento per il calcolo del turno finanziario, in relazione a possibili impieghi alternativi del
capitale, è stato fissato al 3%.
16
determinato prezzo di mercato p è data dalla somma dei diversi prelievi Sj(p) per ogni pixel jesimo i cui costi di produzione unitari risultavano inferiori al prezzo. Tale elaborazioni sono
state ripetute per ogni prezzo preso in esame, all’interno di un range sufficiente ad individuare
la curva di offerta.
Per quanto riguarda gli investimenti alternativi alla coltura forestale a ceduo, è necessario
innanzitutto precisare che le superfici in esame risultano vincolate e quindi non è possibile un
investimento alternativo alla produzione forestale. L’unica possibile altra forma di coltivazione
forestale, la trasformazione in fustaia, non risulta conveniente per il proprietario forestale, sia
per motivi finanziari, dovuti alla lunga anticipazione di capitale, sia perché la maggior parte
delle specie presenti non si prestano ad una produzione economica basata sul governo a
fustaia15.
3. I risultati della applicazione.
3.1.Lo scenario base
Tramite i modelli individuati nei paragrafi precedenti è stato possibile calcolare la curva di
offerta di biomasse forestali per uso energetico nella Comunità Montana del Mugello e
dell’Alta Val di Sieve. Nella figura 4 sono riportate rispettivamente le curve di offerta della
legna venduta all’ingrosso, franco piazzale del commerciante (curva crescente più bassa), la
relativa elasticità puntuale (curva con andamento decrescente) e la curva di offerta della legna
venduta al consumo, comprensiva del margine commerciale e dei costi di stoccaggio, di
stagionatura, di assortimentazione e di distribuzione.
Come si può notare dall’analisi della figura, le due curve di offerta sono caratterizzate da
una tendenziale elevata elasticità iniziale, fino a circa 500.000 metri cubi di prodotto realizzato
infatti si registrano valori superiori a 3. L’elasticità è comunque progressivamente decrescente
e le curve tendono a divenire rigide oltre i 900.000 quintali, quando la produzione raggiunge
15
L’avviamento a fustaia potrebbe essere opportuno per le esternalità positive prodotte, e quindi potrebbe
essere previsto come azione di politica forestale, indipendentemente dalla sua efficienza finanziaria intrinseca.
17
zone meno favorevoli per fertilità, meccanizzabilità e posizione rispetto al mercato.
I risultati ottenuti sono tipici dei processi produttivi estensivi basati su fattori naturali in un
ottica di lungo periodo. In tale situazione la tendenziale alta elasticità della produzione può
essere spiegata da due diversi motivi. Innanzitutto il carattere di lungo periodo della
metodologia adottata, motivata dallo scopo dello studio finalizzato ad una analisi economica
delle potenzialità produttive di biomasse forestali per fini energetici. Con tale ipotesi le variabili
legate alle caratteristiche del fattore terra divengono l’unico elemento limitante del processo
produttivo. Il fatto che l’elasticità si mantenga superiore a 1 fino ad elevati livelli di produzione
deriva inoltre anche dal fatto che la zona esaminata presenta una alta vocazionalità ecologica
per la produzione forestale e una dotazione di infrastrutture viarie principali e di servizio al
bosco che, sebbene storicamente datata, testimonia una utilizzazione continua nel tempo del
bosco ceduo.
La curva di offerta individuata, avendo la caratteristica di essere basata sul principio
dell’incremento del costo marginale, può essere scomposta nei principali fattori produttivi: beni
naturali, lavoro e costi intermedi. La figura 5 riporta in funzione dei diversi livelli di
produzione, il valore complessivo della produzione ed il livello raggiunto dai costi intermedi e
dalla retribuzione del capitale e del lavoro autonomo e dipendente (valore aggiunto) calcolati
rispetto al modello di offerta franco piazzale del commerciante (ingrosso). L’elaborazione
effettuata evidenzia l’alta incidenza del valore aggiunto, crescente dal 45 al 54%, all’aumentare
del livello di produzione, rispetto ai costi intermedi che registrano valori intorno a 30 – 35%.
Interessante è il valore raggiunto dal surplus del produttore, crescente al crescere della
produzione realizzata, da un minimo del 10 fino ad un massimo di quasi il 25%. Tale valore, in
accordo con le ipotesi alla base del modello impiegato, rappresenta una rendita differenziale
derivante dalla somma della rendita ricardiana, dovuta alle caratteristiche intrinseche del fondo
e della rendita di posizione, derivante dalla diversa localizzazione dei soprassuoli rispetto al
mercato. Generalmente, nella geografia economica, il soggetto che gode della rendita (se sono
verificate tutte le condizioni che la determinano) è il proprietario del bene fondiario (Messori,
1994, Formica, 1996, Vagaggini, 1982). La cosa non è però così assodata nel caso della
Tale caso sarà analizzato successivamente tramite una simulazione ad hoc
18
produzione forestale, caratterizzata dalla presenza di due figure economiche che operano sul
fondo: il proprietario forestale che vende il bosco in piedi ed la ditta di utilizzazione boschiva,
che acquista il bosco e vende la legna al all’ingrosso o direttamente al dettaglio. Secondo i
principi dell’economia forestale (Merlo, 1991) in un mercato di concorrenza perfetta
completamente trasparente, al proprietario spetterebbe il prezzo di macchiatico, comprensivo
della eventuale rendita, mentre la retribuzione dell’impresa di utilizzazione dovrebbe essere
rappresentata dal valore aggiunto. Secondo alcuni autori però il mercato dei boschi in piedi è
spesso caratterizzato da fenomeni di asimmetria nel potere contrattuale (Marinelli e Romano,
1995). Tale affermazione è confermata da ricerche di carattere empirico. Casini (1990) tramite
un indagine campionaria sulle ditte di utilizzazione boschiva, ha riscontrato risultati economici
nelle imprese di utilizzazione forestale fortemente condizionati (in positivo ed in negativo)
dall’incidenza dei costi di acquisto dei boschi in piedi, fenomeno questo indicativo di un potere
contrattuale piuttosto diversificato.
Per quanto riguarda infine l’aderenza dei risultati ottenuti alla realtà, il principale problema
riscontrato ha riguardato la mancanza di dati statistici sufficientemente disaggregati soprattutto
relativamente al rilevamento dei prezzi. Infatti solo negli ultimi due anni l’Azienda Regionale
per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (ARSIA) della Toscana ha avviato una indagine
sui prezzi della legna da ardere con buon grado di dettaglio relativamente al luogo di vendita
(imposto, franco piazzale, al consumo), alla specie, all’area geografica alle condizioni di
umidità e alla assortimentazione16. Relativamente a tale fonte il modello risulta piuttosto
attendibile. Infatti rispetto ad una produzione stimata nel 1997 in base ai dati forniti dal Corpo
Forestale dello Stato di 600.000 quintali per l’area in esame, il modello indica un prezzo
all’ingrosso di circa 11.400 lire al quintale e un prezzo al consumatore di 21.850 lire al
quintale, Secondo i dati rilevati dall’ARSIA nell’area fiorentina il prezzo all’ingrosso oscilla da
un minimo di 10.000 ad un massimo di 20.000 lire e al dettaglio da un minimo di 20.000 ad un
16
Per gli anni precedenti l’unica fonte disponibile a livello regionale è rappresentata dai bollettini delle
camere di commercio, che però risultano estremamente disomogenei negli anni relativamente alle sopra
indicate variabili che influenzano i prezzi. A livello regionale si hanno invece i prezzi indicati negli annuari
ISTAT, ma come lo stesso rilevamento effettuato dall’ARSIA ha evidenziato, esistono marcate differenze
provinciali nel livello dei prezzi.
19
massimo di 28.000 lire al quintale. E’ da sottolineare però che per una completa messa a punto
del modello sarà necessario negli anni a venire un progressivo controllo sulla base dei dati che
si renderanno disponibili.
3.2.Le simulazioni effettuate
Oltre allo scenario base, sono state effettuate tramite il modello alcune analisi di simulazione
al fine di esaminare l’effetto di cambiamenti nella variabili economiche e nei possibili indirizzi di
politica ambientale.
Una prima simulazione effettuata è stata rivolta all’analisi dell’effetto della diminuzione del
livello del prelievo per ettaro e per anno S, derivante da un aumento del livello del capitale
naturale nei boschi in esame. Come già evidenziato l’aumento dello stock di biomassa consente
di incrementare alcuni servizi sociali offerti dalla foresta e può essere effettuato, a livello
operativo tramite normative vincolistiche che obblighino il proprietario all’adozione di turni
minimi più lunghi o attraverso l’introduzione di incentivi ed integrazioni del reddito17. In base
all’impostazione teorica adottata, l’aumento dello stock di biomassa implica l’adozione di un
prelievo S minore del tasso di crescita x& , fino a quando non si sia raggiunto il livello di capitale
naturale desiderato (cfr. figura 1). Tecnicamente, nel caso in esame, l’applicazione di tale
indirizzo di politica forestale può essere realizzato tramite la trasformazione del ceduo in bosco
di altofusto.
Nella simulazione effettuata sono stati esaminati due scenari, oltre a quello base illustrato
nel precedente paragrafo. Il primo scenario è stato impostato sull’avviamento all’altofusto dei
soli cedui invecchiati. Tale indirizzo è spesso imposto dalle norme forestali locali, per esempio
nel caso di boschi all’interno di parchi naturali o di zone di particolare pregio, ed è
ecologicamente giustificato dalla progressiva perdita delle capacità di ricaccio da parte delle
ceppaie al crescere dell’età.
Nel secondo scenario è stata invece considerata l’ipotesi di conversione generalizzata di
17
Un esempio di tale indirizzo è il regolamento comunitario 2080/92 recentemente riproposto nell’ambito
delle misure di attuazione di Agenda 2000.
20
tutti i cedui presenti nell’area in esame. Un ipotesi così estrema rappresenta ovviamente un
caso limite ed è finalizzata all’analisi della minima offerta di biomassa forestale realizzabile nel
caso in cui questa rappresenti di fatto un sottoprodotto di un obbiettivo gestionale volto a
massimizzare i benefici sociali offerti dai boschi di altofusto. In questo caso lo strumento di
politica forestale di riferimento è rappresentato dall’incentivo al miglioramento forestale.
Nell’applicazione del primo scenario, il prelievo ipotizzato è stato uguale a quello dello
scenario base per i cedui in rinnovazione, giovani e adulti, mentre per i boschi invecchiati è
stato individuato un tasso di utilizzazione medio per ettaro e per anno Sjc , sulla base della
letteratura tecnica disponibile18 (cfr. Bernetti G. 1987).
Le curve di offerta relative ai due scenari ipotizzati, oltre a quello base, ed i relativi
andamenti della elasticità riferiti alla vendita al commerciante franco piazzale (ingrosso) sono
riportati in figura 6. Come si può notare dall’analisi della figura, l’adozione di politiche
ambientali conservative causa un progressivo spostamento a sinistra delle curve di offerta. Per
esempio, ad un prezzo all’ingrosso di 12.000 lire al quintale, pari a quello attualmente spuntato
nella zona, si riscontra una riduzione dell’offerta di circa il 25% nel primo scenario e di ben il
61% nello scenario più restrittivo. In conseguenza del progressivo spostamento, le curve si
fanno anche notevolmente più rigide. Il livello di produzione al quale l’offerta diviene
anelastica infatti è pari a circa 627.000 quintali all’anno per il primo scenario (pari a circa la
produzione attuale) e di 317.000 quintali per lo scenario conservativo, contro gli 833.000
quintali per lo scenario base.
La seconda simulazione effettuata ha avuto come scopo l’analisi della risposta del modello
ai cambiamenti nelle variabili economiche che influenzano la produzione. Dalla teoria
neoclassica della produzione è noto come una delle principali variabili che influenzano la
posizione di una curva di offerta sia il prezzo dei fattori produttivi. Nel caso in esame, il
principale mezzo di produzione è il lavoro manuale. In base a ciò sono stati costruiti tre scenari
(sempre rappresentati insieme allo scenario base) ipotizzando aumenti nel costo del lavoro
18
In dettaglio, il metodo di conversione al bosco di altofusto adottato è stato quello della cosiddetta
“matricinatura intensiva”. Tale tecnica è facilmente trasferibile al modello teorico adottato, in quanto prevede
prelievi relativamente costanti nel tempo, inoltre è quella maggiormente adottata nelle conversioni da ceduo a
fustaia per boschi di proprietà privata.
21
rispettivamente del 10, 15 e 20%. I risultati della simulazione, riportati in figura 7, confermano
le ipotesi teoriche. Infatti la curva di offerta si sposta progressivamente verso sinistra
all’aumentare del costo della manodopera. Prendendo come riferimento il livello di produzione
attuale nella zona in esame, pari a circa 600.000 quintali, si può osservare come un aumento
del costo della manodopera del 10, 15 e 20% si scarica sul prezzo del prodotto con incrementi
rispettivamente del 7,2 del 10,1 e del 14%.
4. Conclusioni
Le possibilità di valorizzazione delle produzioni forestali come fonte di ebergia rinnovabile
dipendono anche dalla disponibilità di biomasse vegetali a prezzi competitivi e con modalità di
prelievo sostenibili con la conservazione degli equilibri degli ecosistemi naturali e con la
produzione degli altri servizi ambientali che il territorio è chiamato a fornire nella nostra
società. In questo ambito il bosco ceduo rappresenta una risorsa territoriale tipica del
paesaggio nazionale e storicamente finalizzata alla produzione di combustibile. Il lavoro
presentato ha proposto un modello economico-ambientale per la costruzione di curve di offerta
dei combustibili vegetali ottenibili dai boschi cedui. L’approccio scelto, impostato su un’ottica
di lungo periodo, si basa su due cardini teorici:
- la teoria delle risorse rinnovabili, che ha permesso di verificare la sostenibilità ambientale
delle utilizzazioni e l’effetto dell’inserimento di provvedimenti di politica ambientale di
salvaguardia delle funzioni sociali fornite dal bosco;
- la teoria della localizzazione (economia geografica), tramite la quale è stato possibile
evidenziare l’influenza delle variabili geografiche morfologiche ed ecologiche sul costo
marginale di produzione.
Dalla applicazione effettuata si è potuto verificare che il modello adottato è in grado di
descrivere in modo efficace il fenomeno studiato, permettendo di considerare gli effetti
dell’adozione delle diverse politiche ambientali e di evidenziare i cambiamenti relativi alle
diverse variabili economiche che possono influenzare il costo di produzione.
I risultati ottenuti nella zona nord della provincia di Firenze, che rappresenta uno dei
22
territori nazionali maggiormente vocati per la coltivazione del bosco ceduo, ha anche
evidenziato che in un ottica di lungo periodo il costo di produzione della legna rimane
competitivo rispetto ai combustibili fossili anche nel caso di elevati livelli produttivi. Infatti,
anche operando nel tratto più rigido della curva di offerta franco produttore (figura 5) si
riscontrano prezzi al consumo inferiori alle 30.000 lire al quintale, pari a circa 112 lire per
chilocaloria prodotta19, a fronte alle 117 lire per chilocaloria dei combustibili fossili liquidi
(gasolio per riscaldamento).
E’ da considerare che, proprio per la rappresentatività della zona in esame (circa il 2% della
superficie nazionale dei boschi cedui), è necessario sottolineare un altro risultato ottenuto. Il
potenziale produttivo dei boschi cedui della zona Nord della provincia di Firenze, pur essendo
significativo, non sembra soggetto a incrementi dell’ordine di grandezza di quelli necessari a
raggiungere gli impegni presi a livello internazionale (raddoppio o trplicazione della
produzione). Infatti a fronte di una produzione attuale di circa 600.000 quintali per anno, i
possibili aumenti nel livello produttivo sono al massimo di circa 400.000 quintali nello scenario
base e di 200.000 quintali nello scenario conservativo meno restrittivo (avviamento a fustaia
dei soli cedui invecchiati, cfr. figura 6). Dai dati riportati risulta evidente come, nel caso in
esame, se al bosco ceduo sono richieste altre funzioni ambientali, oltre alla produzione di
energia a basso impatto, il contributo fornito all’approvvigionamento di risorse energetiche
rinnovabili è limitato.
Sono ovviamente necessarie analisi e applicazioni sistematiche del modello proposto per
generalizzare tali conclusioni all’intero territorio nazionale, ma se i risultati ottenuti sono
rappresentativi è evidente la necessità di un aumento delle superfici destinate alla produzione di
biomasse per fini energetici al fine di rispettare gli accordi di Kyoto. La letteratura nazionale ed
internazionale nei settori disciplinari dell’arboricoltura da legno e dell’agronomia ha prodotto
negli ultimi anni interessanti ricerche orientate alla definizione di colture finalizzate alla
produzione di combustibili vegetali. Tali ordinamenti colturali presentano, rispetto alle
19
Il dato riportato costituisce un valore medio calcolato sulla base dei rendimenti termici dei moderni
impianti di riscaldamento a legna.. Più precisamente, dal momento che il potere calorico del legno a umidità
commerciale oscilla fra le 3000 e le 2300 chliocalorie alla tonnellata, in relazione alla specie, il costo per
chilocaloria va da un minimo di 94 ad un massimo di 130 lire.
23
tradizionali coltivazioni forestali il vantaggio di fornire redditi a periodicità molto più brevi, pari
a circa 3 - 7 anni.
Per valorizzare al meglio tali opportunità, anche nell’ottica di un rinnovato ruolo
polifunzionale dell’agricoltura, sono però necessarie specifiche ricerche sulle redditività
ottenibili da tali produzioni, sulla possibilità di inserire tali coltivazioni negli ordinamenti
aziendali nelle diverse zone del nostro Paese, sulle strutture di mercato necessarie e sugli
strumenti di politica agricola attivabili per orientare a tal fine una sufficiente estensione del
territorio agricolo.
Rimane comunque indiscutibile il fatto che l’opportunità per l’agricoltura di giocare un
ruolo significativo nell’approvvigionamento energetico a basso impatto ambientale costituisce
una interessante occasione di sviluppo del territorio rurale, soprattutto nelle aree montane
marginali per le produzioni tradizionali.
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71.
27
The market of wood energy biomass: a supply model
(J.E.L. Q26)
Biomass crop is becoming an important resource for energy production. In Italy, coppice
woods are the most widely diffused cultivation for fuelwood production. The main objective of
the paper is to study coppice wood potential biomass production for energy under the
hypothesis of environmental sustainability. The presentation is divided into three parts: the first
step is to present a review of the timber supply models literature. In the second step is to
analyse the adopted approach. The model applied is based on a Geographic Information
System and it is capable to taking into account the geographical and ecological characteristics
of the various coppice sites. Finally the model is applied to the forest resources of Florentine
Apennines. The result suggests a limited role for coppice woods in the development in the
biomass sector.
28
Regioni
Superfici
ha
Utilizzazioni
1994
mc
Tonnellate
equivalente
petrolio
Piemonte
459.748
211.749
56.113
0,46
6,14
Valle d'Aosta
10.298
1.789
474
0,17
2,88
Lombardia
315.214
471.030
124.823
1,49
5,35
Trentino-Alto
93.860
79.449
21.054
0,85
4.52
Veneto
137.147
143.133
37.930
1,04
4,96
Friuli-Venezia
64.084
68.360
18.115
1,07
5,37
Liguria
215.679
66.835
17.711
0,31
4,79
Emilia-Romagna
310.811
222.683
59.011
0,72
4,47
Toscana
599.319
1.025.516
271.762
1,71
4,52
Umbria
240.896
301.520
79.903
1,25
4,10
Marche
132.532
225.269
59.696
1,70
-
Lazio
266.131
698.013
184.973
2,62
4,36
Abruzzo
122.751
80.066
21.217
0,65
3,14
Molise
50.036
109.021
28.891
2,18
4,81
Campania
181.856
394.395
104.515
2,17
5,53
Puglia
50.080
69.004
18.286
1,38
3,46
Basilicata
56.542
62.222
16.489
1,10
4,05
Calabria
172.119
220.996
58.564
1,28
4,23
Sicilia
76.944
27.123
7.188
0,35
4,96
Sardegna
188.020
73.805
19.558
0,39
3,33
Prelievo
1994
mc/ha
Increment
o mc/ha/anno
(IFN)
Adige
Giulia
Totale
3.744.067
4.551.978
1.206.274
Fonte: ISTAT e elaborazioni su dati dell’Inventario Forestale Nazionale
1,22
Tabella 1 Caratteristiche dei boschi cedui nazionali
29
Specie
b0
b1
max( x& )
mc/ha/anno
Faggio
0,0800
0,000280
5,72
Castagno
0,0714
0,000190
6,72
Carpino nero
0,0833
0,000374
4,64
Roverella
0,0833
0,000467
3,72
Cerro
0,0800
0,000345
4,64
Leccio
0,0800
0,000404
3,96
Cedui misti
0,0769
0,000324
4,56
Cedui Composti
0,0643
0,000212
4,88
Fonte: elaborazioni su dati dell’Inventario Regionale Toscano
Tabella 2 Modelli di crescita
Specie
Ripartizione percentuale
In rinnovazione*
Giovane e adulto
Età stimata: 0-5 anni
Faggio
Castagno
Roverella
Cerro
Carpino nero
Altre specie e cedui misti
Non identificate
Ripartizione % totale
Distribuzione % normale
Età stimata: 6-20
anni
Invecchiato
Età stimata:
oltre 20 anni
100%
51%
98%
98%
98%
100%
97%
0%
49%
2%
2%
2%
0%
3%
0%
7%
20%
82%
80%
10%
0%
Totale ha
8.192
4.384
2.048
4.192
5.408
32.736
4.048
* L’inventario regionale non riporta per la classe in rinnovazione l’indicazione della specie
Fonte: Inventario Forestale Regionale toscano.
Tabella 3 Distribuzione delle tipologie cronologiche dei boschi cedui toscani
30
Specie
Abbattimento (lire/q)
CF
cvpend
Incremento per
1%
Faggio e castagno
Roverella, cerro e leccio
Carpino nero e cedui misti
Metodo
1.220
1.830
2.440
Esbosco (lire/q)
CF
18,8
28,2
37,5
cvdist
Incremento per 1
km
Trattore a strascico
Gru a cavo
Mezzo
1.522
2.866
Trasporto (lire/q)
CF
4.076
2.488
cvdist
Incremento per 1
km
Trattore con rimorchio
Autocarro
168
313
33,6
8,1
Tabella 4 Modelli dei costi di utilizzazione
31
x&
S
X
X
Figura 1 Il modello di prelievo sostenibile
Ricavi
e costi
annualizzati
Rsoc
CSRI R priv
C (r )
X
x&
S PMS
S (r )
S SRI
Turno
economico
Max SRI
X
Turni
Turni
finanziari economico-ambientali
Figura 2 L’individuazione dei turni
32
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
<
Figura 3 Il sistema informativo territoriale
33
Prezzo L/q
Elasticità
35.000
7
Offerta al consumo
30.000
6
Elasticità
5
25.000
4
20.000
3
Offerta all’ingrosso
15.000
2
10.000
1
5.000
0
0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
Produzione q
Figura 4 Curve di offerta
valori/ 1000 000
15.000
10.000
5.000
1.0
00
.00
0
90
0.0
00
80
0.0
00
70
0.0
00
60
0.0
00
50
0.0
00
40
0.0
00
30
0.0
00
20
0.0
00
10
0.0
00
0
Produzione quintali
Surplus
Costi intermedi
Valore aggiunto
Figura 5 Variazione del surpus, dei costi intermedi e del valore aggiunto
34
18.000
Avviamento
solo
cedui invecchiati
Avviamento
generalizzato
16.000
Scenario
base
Prezzo L/q
14.000
12.000
10.000
8.000
6
Elasticità
5
4
3
2
1
Avviamento
generalizzato
Scenario
base
Avviamento solo
cedui invecchiati
0
0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
Produzione quintali
Figura 6 Variazione delle curve di offerta per i diversi scenari di politica forestale
35
19.000
18.000
17.000
16.000
Prezzo L/q
15.000
14.000
13.000
12.000
11.000
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
Produzione quintali
Scenario base
Aumento 10%
Aumento 15%
Aumento 20%
Figura 7 Spostamenti della curva di offerta al crescere del costo unitario della manodopera
36