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Con Otello facciamo un salto di quarant’anni. L’incontro con
Boito ha dato buoni frutti nella revisione del Simon Boccanegra e Verdi è pronto, dopo tredici anni di silenzio (Aida
1873) a riprendere la penna in mano. Il dramma della gelosia,
del tradimento e di una coscienza che gradatamente si fa sopraffare da una personalità maggiore e demoniaca si esprime
con un linguaggio inconsueto per le convenzioni dell’epoca.
Con Otello Verdi compie una rivoluzione linguistica: inventa
il Dramma Musicale a forme aperte, ossia un melodramma
nel quale ciascuna scena si trasforma nella seguente senza soluzione di continuità. Il coro Fuoco di gioia è l’ultima pagina
che il compositore dedica esclusivamente alla massa popolare. E’ la comunità variegata che si raduna di fronte al fuoco
e in modo onomatopeico descrive il crepitare della fiamma
e l’esistenza stessa del fuoco come elemento vitale. Come
sempre, Verdi non fa mai del “colore” sterile e descrittivo. Il
fuoco è la vita stessa, il bruciare delle passioni, la grande varietà degli avvenimenti che sconvolge imprevedibilmente la
vita dell’uomo. Le pagine solistiche saranno il “Credo” di Jago
(pagina assente in Shakespeare e che rende magnificamente il
carattere cinico, beffardo, mefistofelico del personaggio a cui
Verdi in realtà avrebbe voluto intitolare l’opera) e la Canzone
del Salice, pagina nella quale Desdemona ricorda il proprio
“Tempo felice nella miseria”, per dirla con Dante come lo stesso Rossini aveva già fatto nel proprio Otello. L’Ave Maria che
chiude la canzone è una pagina di altissima spiritualità che
va ad accostarsi a quella Vergine degli angeli della Forza del
destino che pure vedrà esecuzione all’interno del concerto.
Con Falstaff Verdi rimane (come con Otello) alla Scala e termina la propria carriera di autore d’opere. Falstaff è la grande
riflessione del compositore sulla vecchiaia e la grande sintesi
del proprio teatro. Forse è il suo capolavoro! Verdi ripercorre
tutti i temi della propria poetica: l’amore, la gelosia, l’onore,
l’odio, la vendetta, la distinzione di classe sociale...ma tutto
viene descritto con il sorriso, con un grottesco ghigno scettico. E’ lo sguardo di colui che “possiede il sugo della storia”, per
dirla con l’altro grande amore letterario di Verdi: Alessandro
Manzoni. Lo sguardo di chi osserva i piccoli drammi quotidiani alla luce di una serena eternità. Una autobiografia in
forma di apologo.
Il grande monologo dell’Onore e Sul fil d’un soffio etesio, contrappuntato dal coro femminile, sono pagine altissime nelle
quali Verdi esprime tutta la sua amarezza verso una società
che ha perso i valori nel quale è cresciuto e ha creduto fermamente, ed un lirico abbandono al fantastico. Le streghe di
Macbeth qui diventano soavi quanto tenere fatine.
M° Sebastiano Rolli
Caro Mascheroni,
Non siete solo voi il privilegiato! L’ho fatta grossa anch’io!!
Non ridete perché sono in pericolo di suicidarmi!
Udite ed inorridite!
Ho voluto essere gentile una volta in vita mia e mi è riuscita male!...
Ho mandato un ritratto al proprietario del Quirinale e l’ho indirizzato:
«Al sig. Bruni proprietario dell’Albergo Quirinale ecc., ecc.» Boito
Ieri sera partendo per Milano, con una voce in fa # s’è messo a gridare,
«Ma non è Bruni il proprietario del Quirinale!.» Ahhhhh!
E chi è? Non me l’ha saputo dire!...Io furioso ho preso
un revolver (era di cioccolata) e me l’ho sparato in bocca!... E vivo ancora!!
Ohimè ohimè!! E VIVO ANCORA!!
Domenica 13 marzo 2016 ore 15.30
Giornata della donna
Roccabianca, Arena del Sole
In occasione dei 400 anni della morte di William Shakespeare
Ah Shakespeare,
Shakespeare!...
il gran maestro dal cuore umano!
Verdi ringrazia
Macbeth
Mi getto nelle vostre braccia: Salvatemi, salvatemi…
Cosa potete far voi?...
Cosa devo far io?...
Othello
Giuseppe Verdi a Edoardo Mascheroni
Falstaff
Re Lear
Lettera del periodo di Falstaff (Genova, 27 aprile 1893)
Otello
con il patrocinio e il contributo di
Comune
di Roccabianca
INGRESSO A OFFERTA LIBERA A FAVORE DELL’ASSOCIAZIONE
“A PICCOLI PASSI” DI ROCCABIANCA
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eseguite le più importanti pagine solistiche dei protagonisti,
pagine nelle quali i personaggi esprimono la propria essenza
psicologica.
Falstaff
Macbeth
Re Lear
con il patrocinio di
Provincia di Parma
con il patrocinio e il contributo di
Comune
di Roccabianca
CORO RENATA TEBALDI
direttore SEBASTIANO ROLLI
soprano ANGELA ANGHELEDDU
baritono VALENTINO SALVINI
attore MASSIMILIANO SOZZI
pianoforte SERENA FAVA
400 anni
della morte
Giuseppe
Verdi
William Shakespeare
di
Programma
Macbeth
Tre volte miagola la gatta in fregola
(Coro delle Streghe) Atto III, scena prima
Patria oppressa!
(Coro) Atto IV, scena prima
Pietà, rispetto, amore
Otello
Fuoco di gioia
(Coro) Atto I
….Jago, colla faccia da galantuomo
Lettera di Giuseppe Verdi a Domenico Morelli
(Genova, 7 febbraio 1880)
Credo in un Dio crudel
(Jago) Atto II, scena seconda
Mia madre aveva una povera ancella / «Piangea cantando»
(Canzone del salice)
(Desdemona) Atto IV, scena prima
Ave Maria, piena di grazia
(Desdemona) Atto IV, scena seconda
(Macbeth) Atto IV, scena terza
Vittoria! Vittoria!
(Coro) Atto IV, finale
Le prove del Macbeth
Dalle memorie della prima Lady Macbeth il soprano Barbieri Nini
Falstaff
E le comari come vanno?
Lettera di Giuseppe Verdi a Edoardo Mascheroni
(Sant’Agata, 7 maggio 1893)
Sul fil d’un soffio etesio
Forza del destino
Scena della vestizione
(Nannetta, Coro di Fate) Atto III, parte seconda
(Coro) Atto II, finale
Re Lear
…Copiare il vero può essere una buona cosa….
Maestro, e perché non ha musicato Lei il Re Lear?...
Lettera Giuseppe Verdi a Clarina Maffei (Sant’Agata, 20 ottobre 1876)
Racconto di Pietro Mascagni
Con grande gioia saremo interpreti di una domenica monografica che vuole sottolineare il rapporto che il più grande
drammaturgo musicale di sempre ha avuto con il più grande
drammaturgo teatrale di sempre. L’incontro fra Verdi e Shakespeare avviene abbastanza presto nella vita del musicista
e rappresenta una folgorazione capace di trasformare l’impostazione teatrale del musicista. La verità che Verdi trova
nel bardo inglese lo spinge verso una strada di sempre maggiore realismo scenico e musicale (si badi bene: realismo e
non verismo); una poetica nella quale l’essenza psicologica
dei personaggi viene scandagliata e approfondita attraverso
un linguaggio musicale di complessità inaudita nell’ambito
del melodramma italiano. E’ infatti la scrittura musicale e il
codice della partitura a creare il dramma in Verdi, la chiave
di lettura della situazione teatrale: Verdi fu grande uomo di
teatro in quanto grande musicista e non viceversa. Shakespeare rappresenta un faro d’orientamento nella carriera del
compositore al pari del Don Giovanni mozartiano (partitura
studiata negli anni dell’apprendistato milanese con Vincenzo
Lavigna e che impronterà della propria struttura le successive
scelte teatral-musicali del bussetano). Tre sono le opere che
Verdi trae da Shakespeare e che formano l’ossatura del nostro
concerto: Macbeth (1847), Otello (1887) e Falstaff (1893). La prima venne scritta per la Pergola di Firenze e sancì un
brusco cambiamento nella poetica verdiana: rivolgersi ad una
tematica fantastica (la presenza delle streghe di cui sentiremo
uno dei cori principali) non era una novità nel melodramma
ottocentesco, ma tratteggiarla di un carattere così realistico
creò non poco scalpore. La vicenda tratta di una scalata al
potere (è sempre il tema sociale ad interessare il compositore:
l’intrigo politico e mai l’amore di per sé...) fondata sul sangue.
I personaggi principali vivono un’esistenza speculare: Lady
Macbeth spinge con forza il marito ad uccidere il Re Duncan
per usurpare la corona. Il marito compie il delitto con molto
timore ed incertezza. Mentre la forza di Lady gradualmente
svanisce per lasciare posto alla follia conseguenza del rimorso, cresce la spavalderia di Macbeth che lo porterà a perire
nella guerra di liberazione condotta dagli oppressi scozzesi. E’
proprio il coro dei profughi Scozzesi che eseguiremo durante
il concerto: Patria oppressa. E’ da notare che la versione ormai eseguita è quella che Verdi riscrisse nel 1865 per la ripresa
dell’opera a Parigi. Se la prima stesura del Patria oppressa era
di carattere largamente risorgimentale, ora siamo di fronte ad
un coro interrogativo, dubbioso, dimesso. E’ come se Verdi,
alla morte di Cavour, dopo aver rifiutato di essere rieletto al
Senato del Regno si interrogasse sulla caduta degli ideali che
hanno fatto da base alla prima Unità d’Italia. Verdi è sfiduciato, non crede che quanto sta vedendo del mondo politico
corrisponda a ciò che aveva animato la prima grande spinta
del Risorgimento. E’ proprio in termini musicali che il compositore traccia un intimo diario politico e sociale: Patria oppressa ne è la pagina più vera. Infine l’Inno di Vittoria sarà il
giusto suggello alla patria liberata. Oltre questi cori verranno