UN COMUNE RURALE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA NEL PRIMO
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UN COMUNE RURALE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA NEL PRIMO
UN COMUNE RURALE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA NEL PRIMO CINQUANTENNIO DEL SECOLO XIX: TORREMAGGIORE La vasta opera riformatrice attuata durante l'età napoleonica (1806/15)1 nel regno di Napoli (riforma tributaria, eversione della feudalità, riforma amministrativa) ci consente di utilizzare una consistente documentazione al fine di ricostruire, seppure con una certa approssimazione, alcuni fondamentali aspetti della struttura economico-sociale di Torremaggiore2 nei primi decenni dell'Ottocento. In particolare, le operazioni eseguite dopo la legge sull'imposta fondiaria (11/ 11/ 1806) permettono di tracciare un quadro analitico della struttura fondiaria di quel comune, dalla elaborazione dei dati del catasto murattiano 3 desumiamo che a Torremaggiore ai primi del XIX sec. risulta che vi sono 790 proprietari (della sola casa di abitazione o del solo terreno o di entrambi, più altri beni quali fabbricati, trappeti e "centimoli"). I soli proprietari di terre sono 390 e cioè 93 ogni mille abitanti, dal momento che la popolazione complessiva è di poco superiore o quattromila anime. 1 - Un quadro sufficientemente ampio del periodo napoleonico in Italia lo troviamo in: G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna, Milano, Feltrinelli 1981, vol. I°. 2 - Torremaggiore amministrativamente fa parte della provincia di Foggia, geograficamente si estende tra la costa adriatica (a nord), il massiccio garganico (ad est), la zona nord del Sub-Appennino Dauno (ad ovest) e la parte centrale del Tavoliere (a sud). Dal punto di vista altìmetrico presenta caratteristiche identiche a quelle di tutto il Tavoliere con un territorio quasi completamente pianeggiante. E’, un comune quasi integralmente rurale; nel 1971 il 64% degli attivi lavorava in agricoltura e solo il restante 36% in attività extra-agricole. Condivide con il resto della provincia non solo la centralità del settore agricolo (nella provincia di Foggia nel 1971 gli addetti all'agricoltura erano il 40% degli attivi), ma anche, più specificatamente, un'agricoltura di tipo estensivo (coltura erbacee: oltre il 70% della S.A.U.) ad elevata meccanizzazione ed una struttura aziendale in cui non è trascrurabile il peso delle grandi aziende. La struttura insediativa è accentrata in entrambe le unità territoriali considerate (Torremaggiore: 98%; provincia: 90%) e presenta una densità molto bassa, rispettivamente di 78 e 91,48 abitanti per chilometro quadrato. 3 - Archivio di Stato di Foggia. D'ora innanzi A.S.Fg. Catasti antichi - catasti provvisori, fascic. 86 e 54. 130 Dai "Quadri generali" del 18114, relativi alla contribuzione fondiaria, apprendiamo che a Torremaggiore gli articoli di ruolo della fondiaria sono 784, cioè 977 ogni mille famiglie. Nel regno, invece, sono 1211 ogni mille famiglie, in Capitanata 917 e nel distretto di Foggia 783. Questo dimostra che a Torremaggiore la proprietà è molto concentrata che nel resto del Regno mentre rispetto ai valori medi della Capitanata e del distretto di Foggia presenta una maggiore diffusione. Per quanto concerne le categorie dì proprìetari c'è da dire che 14.667 versure5 di terra su una superficie agraria di 15.580 versure appartengono a privati, 759 all`" università" (comune) e 160 ad enti ecclesiastici (i Carmelitani, la Cappella di S. Maria, la chiesa di S. Nicola). Il dato che appare più evidente è che un'esigua minoranza di proprietari terrieri (19 su 390) possiede quasi il 90% della intera superficie agraria; di questi solo pochissimi risiedono stabilmente nel Comune. Infatti dei 19 grandi proprietari ben 16 non sono di Torremaggiore; a questi, escluso il principe de Sangro, appartengono complessivamente 3800 versure circa. I proprietari che hanno la loro residenza in luoghi diversi da Torremaggiore sono in tutto 45; di questi 39 sono ufficialmente censiti come "proprietari terrieri". Essi possiedono in tutto 4.400 versure di terra, cioè in media 113 ciascuno. Questi proprietari "forestieri" sono quasi tutti definiti benestanti, ma vi sono fra loro anche 4 dottori di legge, un notaio, un dottore in fisica e un sacerdote. I luoghi di provenienza sono, oltre alle vicine San Severo e Foggia, anche Roccaraso, Rivisondoli, Campobasso, San Demetrio e Piedimonte, cioè comuni dai quali di inverno, da tempi lontanissimi, vengono trasferite le greggi alla volta dei pascoli verdi del Tavoliere. I grandi proprietari "forestieri", in gran parte "censuari" delle terre già della Dogana, sono legati al tradizionale ruolo della Capitanata quale vasta pianura destinata alla pastorizia; e non a caso le proprietà di questi uomini sono formate in massima parte da pascoli. E’ importante ricordare che, facendo parte numericamente dei 16 grandi proprietari non residenti, si è voluto staccare dal gruppo il Principe de Sangro di Napoli il quale possiede, oltre a 9000 versure 4 - I "Quadri generali del 1811 ", relativi alla contribuzione fondiaria si trovano nell'Archivio di Stato di Napoli (Ministero delle Finanze - Fascicolo 2814). Un'elaborazione di questi ed altri dati fiscali è stata realizzata per la Capitanata da E. Cerrito, La distribuzione del reddito in Capitanata nel decennio francese, tesi di laurea, Università di Napoli, anno accademico, 1977/78. 5 - Una versura corrisponde a 12.345 metri quadrati ed è formata da 60 passi. 131 di terra, un consistente patrimonio edilizio. E’ importante, per una più corretta lettura ed interpretazione dei dati raccolti, sottolineare lo schiacciante predominio dell'ex feudatario sulla vita economica di Torremaggiore. Visto che la terra è la principale fonte di ricchezza (il 90% della rendita netta imponibile del 1813 deriva da essa) e visto che solo due dei 19 grandi proprietari terrieri sono del luogo, non è certo infondata l'ipotesi della dipendenza di questo Comune da centri di potere che si trovano fuori di esso e che da esso traggono solo una parte del loro reddito. La grande proprietà terriera (in tutto 13.964), quella superiore alle 100 versure si estende mediamente per 600 versure. Le proprietà comprese fra le 50,1 e le 100 versure (5,8% della superficie agraria) appartengono in numero maggiore a proprietari residenti nel comune; questo tipo di proprietà ha un'estensione media di 80 versure ed occupa una superficie pari a 900 versure circa. Ma è la proprietà compresa fra le 5, 1 e le 50 versure (19 versure di estensione media) che appartiene in larga misura ai "benestanti di qui"; gran parte dei decurioni appartengono proprio a questa categoria di proprietari: è questo il caso del sindaco, Giustiniano Venetucci, e di Felice Santoro, Felice Ricci, Giambattista Piccinino. I decurioni, esponenti della classe dirigente locale, sembrano essere un elemento di mediazione fra i grandi proprietari "forestieri" e i funzionari napoleonici, incaricati di rendere esecutivi i provvedimenti presi dalle autorità centrali. Questa ipotesi è suffragata dall'insieme del materiale conservato nell'archivio di Stato di Foggia e da noi consultato 6 . Per finire, si parlerà dei piccolissimi proprietari o meglio di quelle figure sociali miste, tipiche delle campagne meridionali, che per un verso sono proprietari e quindi legati alla terra da un rapporto non precario e per l'altro sono braccianti, prestatori d'opera. A Torremaggiore questi lavoratori della terra, a metà strada fra il "bracciale" ed il piccolissimo proprietario sono molti (326) e possiedono solo l’1% della terra in (cifre assolute 140 versure circa). Ciò significa che le proprietà non superiori alle 5 versure hanno un'estensione media di poco più di mezzo ettaro. E’ proprio questo estremo frazionamento della terra, nell'ambito della classe d'ampiezza da 0, 1 a 5 versure di terra posseduta, che rende difficile la vita e ibrida la figura del bracciante-piccolissimo proprietario, a cui non può bastare certamente, per vivere, il reddito ottenibile da 30 passi di terra. A Torremaggiore è comunque presente un nucleo 6 - A.S.Fg. Catasti Antichi - Catasti provvisori, fasc. 86 e 54. 132 consistente (quasi 160 unità) di braccianti che possiedono solo il sottano in cui vivono; oltre ad essi vi è un congruo numero di indigenti (oltre 130) che vivono lavorando saltuariamente la terra. Per quanto riguarda le coltivazioni7, l'agro di Torremaggiore è prevalentemente destinato alla cerealicoltura ed al pascolo, che occupano, rispettivamente, il 43% ed il 37% della superficie agraria. Pur non essendo del tutto trascurabile, non è molto ampia l'estensione della terra destinata alla produzione di olio (1,7% della sup. ag.) e di vino (3%). Volendo fare un primo bilancio, possiamo dire che agli inizi del secondo decennio del secolo XIX le caratteristiche economiche e sociali di Torremaggiore sono fortemente condizionate da una economia agricola di tipo estensivo e dal fatto che la proprietà fondiaria è concentrata nelle mani di pochissimi proprietari, per di più forestieri. L'economia agricola del comune sembra assimilabìle a quella del Tavoliere per la preponderanza dei terreni seminativì e di quelli destinati al pascolo, anche se si può ipotizzare una maggiore incidenza a Torremaggiore dei vigneti e degli oliveti. In questo senso va sia la testimonianza di Giuseppe Maria Galanti8 (il quale nella "Descrizione geografica e politica delle Sicilie" scrive: " ... il territorio di San Severo e di Torremaggiore tutto coperto di ulivi, di vitigni di biade di civaie mostra di che sarebbero capaci le terre piane della Daunia") sia la maggiore diffusione della proprietà nel 1811 a Torremaggiore rispetto alla media della Capitanata. Quest'ultima condizione comporta una più incisiva presenza di piccole proprietà e quindi, indirettamente fa pensare alle coltivazioni intensive a cui generalmente esse sono adibite. Le informazioni ed i dati contenuti nella "Statistica" dello Scelsi9, relativi ai primissimi anni '60 del secolo XIX, confermano per Torremaggìore sostanzialmente la ripartizione delle colture precedentemente delineata; inoltre, ci consentono di istituire utili confronti fra Torremaggiore e il resto della Capitanata. Le differenze le possiamo così sintentizzare: nel Centro-Tavoliere si rileva una maggiore incidenza dei pascolì e dei seminativi, mentre sono de tutto irrilevanti le coltivazioni arboree; al contrario nella zona garganica si nota una maggiore presenza proprio delle coltivazioni arboree, in particolare agrumeti, vigneti e oliveti. Torremaggiore, in definitiva, sembra porsi quasi a metà strada fra la monotonia del paesaggio agrario foggiano e la maggiore varietà di quello garganico. 7 - Ibidem. 8 - GIUSEPPE MARIAGALANTI, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a cura di F. Assante e D. De Marco, Napoli, E.S.I., 1969, pag. 531; 9 - G. SCELSI, Statistica generale della Capitanata, Milano, 1867 Tav. XXIII. 133 Nei decenni successivi cresce l'incidenza degli oliveti e dei vigneti10 e dei terreni a cereali, mentre si riduce fortemente quella dei pascoli e dei boschi11: in particolare, questi ultimi agli inizi del secolo XX sono ormai scomparsi. Dal momento che a Torremaggiore la terra costituisce la principale fonte di reddito, è ovvio che la struttura della proprietà fondiaría influenzi la distribuzione del reddito, per la cui analisi fondamentale è lo studio dei "Quadri generali del 1811 " relativi alla contrìbuzione personale, introdotta (29/9/1809) per aumentare il gettito fiscale ritenuto insufficiente. In Capitanata gli indigenti risultano essere il 161 per mille degli articoli di ruolo (nel Regno di Napoli il 147 per mille), i detentori di un reddito basso il 673 per mille (il 772 per mille nel Regno), quelli di un reddito medio il 116 per mille (il 52 per mille nel Regno); infine risultano fruitori di un reddito medioalto il 46 per mille dei capi-famiglìa, (nel Regno la percentuale relativa alla stessa classe di reddito è del 25 per mille)12. E’ inutile sottolineare che ad ogni articolo di ruolo corrisponde il capo di un nucleo familiare. Come si vede da questo primo confronto la Capitanata sembra essere una zona dove esistono consistenti nuclei di ricchezza. Questo quadro generale ottimistico va però ridimensionato, nel senso che la media statistica contiene in sè realtà molto diverse. E’ questo il caso di Torremaggiore che ha una percentuale di indigenti (168 per mille) decisamente più alta di quella della Capitanata e di quella del Regno. D'altro canto la percentuale dei redditi non alti, ma semplicemente superiori a quelli minimi, è irrisoria (12 per mille). Essa è molto inferiore a quella dei comuni limitrofi: San Severo 220 per mille, Lucera 366 per mille, San Paolo 480 per mille. In cifre assolute a Torremaggiore vi sono 135 capifamiglia indi10 - A Torremaggiore nei primi anni '90 dell'Ottocento, gli oliveti occupano una superficie compresa fra i 900 e i 1.000 ettari, contro gli appena 300 censiti nel 1866. Fonte: ARCHIVIO COMUNALE Di TORREMAGGIORE, Indagine sull'andamento dei raccolti agrari (1890/96). 11 - La superficie coltivata a cereali negli anni 1905/07 è di circa 12.000 ettari, contro gli 8.000 del 1866. Fonte: UFFICIO DEL LAVORO - Materiali per lo studio delle condizioni di vita dei lavoratori della terra nel Mezzogiorno, Parte Iª Capitanata e Puglia, Roma Bertero, 1909, pag. 119. Per quanto concerne i boschi, dalla stessa fonte risulta che "non esistono più boschi (pag. 126), mentre nel 1866 coprivano circa 300 ettari. 12 - La contribuzione personale prevedeva otto classi di reddito che noi, sull'esempio di P. Villani (Italia Napleonica, Napoli Guida, 1978 pagg. 159/162) abbiamo ridotto di numero per consentire una valutazione più complessiva. I contribuenti che fruiscono di un reddito minimo (inferiore ai 120 ducati annui) sono o contadini poveri o piccoli artigiani. I dati fiscali riportati sono stati desunti dai già citati saggi di P. Villani ed E. Cerrito. 134 genti su 802 e 657 con redditi non superiori ai 120 ducati annui, un reddito che probabilmente non garantisce molto più della sussistenza. Solo 10 sono i redditi medio-alti. Il quadro desolante che risulta dalla distribuzione del reddito a Torremaggiore nel 1811 deriva sia dall'alta concentrazione della proprietà fondiaria, sia dalla prevalenza dei proprietari non residenti. E’ bene ricordare che la contribuzione personale si paga nel luogo di residenza; pertanto a Torremaggiore non può che essere così trascurabile la presenza di redditi alti. Si rivelano utili al fine di tracciare un quadro delle qualifiche professionali esistenti a Torremaggiore nel "decennio francese" le operazioni che precedono l'applicazione dell'imposta fondiaria. Il gruppo socio-professionale più vasto è quello dei bracciali, che sono circa 480. Ci sono quasi 40 fra artigiani e fondachieri; in questo gruppo solo pochissimi hanno un reddito consistente (non più di due o tre). I professionisti sono una decina e così divisi: due medici, tre notai, un chimico, due fisici, due dottori di legge e un giudice à contratti; la maggior parte di essi sono proprietari terrieri, seppur non grandi. Relativamente modesto è anche il numero dei benestanti (poco più di 20), tutti possessori di terra; restano, poi, i sacerdoti che sono cinque. Sono da registrare, infine, anche un centinaio di indigenti, che non possiedono alcun bene immobile e che sono esentati dal pagamento dell'imposta fondiaria. Questa stratificazione sociale appare profondamente polarizzata e vede da un lato gli indigenti, i bracciali, gli artigiani e quasi tutti i negozianti e dall'altro i benestanti ed i professionisti. Ad essa corrisponde un patrimonio edilizio altrettanto nettamente diviso in due; esso è formato da 25 abitazioni signorili e da 508 abitazioni costituite da uno o due vani. Oltre a queste vi sono anche 190 abitazioni di dimensioni medie. Dopo aver descritto le condizioni socio-economiche di Torremaggiore nel primo decennìo del secolo XIX°, cercheremo di verificare se nei decenni successivi sono intervenute delle modificazioni. In particolare si prenderanno in esame il regime demografico, le pratiche agrarie e le vicende politico-amministrative. L'andamento demografico a Torremaggiore nel cinquantennio compreso fra i 18 10 e ìl 186113 registra un aumento della popolazione pari a 2.000 unità. Si passa da 4.700 a 6.707 abitanti. Questo è un incremento naturale piuttosto scarso, di tipo pri13 - Archivio di Stato di Foggia, sezione di Lucera, Stato civile, comune di Torremaggiore. 135 mitivo, caratterizzato cioè da un'altissima natalità e da una mortalità ugualmente molto elevata; a Torremaggiore entrambi gli indici si tengono in questo cinquantennio costantemente sopra il 40 per mille. Non a caso in ben 22 di questi 50 anni il numero dei morti supera largamente quello dei nati. La principale caratteristica di questo regime demografico non è tanto la staticità, quanto la precarietà. Essa dipende da numerosi fenomeni quali l'ampia diffusione della malaria, l'inadeguatezza dell'alimentazione e le cattive condizioni igienico-sanitarie del centro urbano, nel quale vive la maggior parte della popolazione. Per quanto concerne le vicende politiche in questa prima metà del secolo, non è senza importanza il fatto che molti dei decurioni del 1812 siano gli stessi del 1816/17 e cioè del dopo-Murat; è questo il caso di Felice Ricci, di Carlo Borrelli, di Francesco de Angelis, di Federico Corsi e di Felice Santoro. Anche molto tempo dopo (nel 1858/59) troviamo tra i decurioni cognomi noti come Ricci, Santoro e Iuso. Anche i sindaci, lungo tutto il cinquantennio, finiscono sempre con l'essere espressi dalle famiglie più influenti che da svariati decenni sono grosso modo sempre le stesse. Agli Iuso dal 1810 al 1865 spettano quattro sindaci, che reggono l'amministrazione comunale per più di dieci anni. I sindaci della famiglia Piccinino sono tre e coprono un periodo di 12 anni; ai Borrelli, altra " famiglia della continuità", spettano due sindaci che hanno amministrato complessivamente per cinque anni. Questo significa che per 30 anni tre sole famiglie hanno monopolizzato la direzione politica di Torremaggiore e, non a caso, hanno in comune la caratteristica di essere proprietarie di considerevoli patrimoni fondiari14. Sottolineare questa continuità non significa sottovalutare il fatto che sono in atto alcuni importanti cambiamenti, di cui diremo in seguito. Un altro aspetto di questa continuità è rappresentato dalla natura dei contratti di affitto delle terre e dai sistemi di coltivazione dei terreni seminativi. Dallo spoglio dei contratti di affitto rogati da tre notai di Torremaggiore risulta che pochissime sono le cose che cambiano. In particolare facciamo riferimento agli atti rogati fra il 1813 e il 1859. Innanzi tutto c'è da dire che i contratti di locazione sono quasi tutti di affitto; la durata varia dai sei ai nove anni "continui forzosi": questa è la norma per tutto il cinquantennio. Le terre locate sono nella maggior parte dei casi terreni seminativi di medie e grandi dimensioni; talvolta sono intere masserie o parti di esse ad essere affittate dal proprietario o, quando questi non sia di Torremaggiore, da un suo amministratore. 14 - Fonti di varia natura, consultate nell'Archivio Comunale di Torremaggiore. 136 L'estaglio per tutto questo periodo è pagato sia in denaro che in generi; è, però, questa seconda forma di pagamento che prevale nettamente. L'entità dell'estaglio varia dai 4 ai 6 tomoli15 di grano duro asciutto e pulito per ogni versura seminata. Il rapporto fra la quota pagata al proprietario e il grano prodotto è all'incirca di 1 a 4. Alcune variazioni nel canone di affitto si segnalano solo nel decennio compreso fra il 1850 e il 1860, quando si riscontrano numerosi casi in cui i tomoli pagati dall'affittuario salgono a nove per ogni versura seminata. In quasi tutti i contratti del cinquantennio, accanto alla clausola che la consegna dell'estaglio è a carico dell'affittuario, è fissata la data di consegna, generalmente sempre la stessa e cioè il 22 luglio 16. Nella seconda metà del secolo XIX° il contratto di locazione della terra più diffuso rimane l'affitto 17. Fra le principali innovazioni riscontrabili in tali tipi di contratto annoveriamo sia la progressiva diffusione del pagamento in denaro, sia il fatto che questo pagamento non rispetta più le date della tradizione (22 luglio) e viene ora corrisposto in molti casi al momento della stipulazione del contratto stesso, senza procrastinarlo fino al raccolto. La diffusione di questa pratica sottende, molto probabilmente, una maggiore circolazione di denaro. Per quanto riguarda i sistemi di rotazione adottati, c'è da dire che sono essenzialmente tre. Il primo, che è anche il più diffuso, è quello del 'terzo'; ogni anno si coltivano solo i due terzi del terreno, rimanendo l'altro terzo vuoto per la praparazione delle maggesi. Altro sistema molto diffuso è quello del "quarto" o " aduso di portata", con il quale è solo una metà del terreno ad essere seminata. Il terzo sistema di coltivazione consiste nel lasciare ai terreni ogni tre o quattro anni un anno di riposo (rotazione triennale o quadriennale). Tutti e tre questi metodi sono riscontrabili in tutto il cinquantennio da noi indicato, senza che sia possibile stabilire evoluzioni o passaggi anche tendenziali da un sistema ad un altro. 15 - Un tomolo corrisponde all'incirca a mezzo quintale di grano. 16 - Queste ed altre informazioni scaturiscono dallo spoglio di una parte degli atti rogati da tre notai operanti a Torremaggiore si tratta di oltre 120 contratti di affitto, rogati dai notai Ricci Giuseppe (A.S.Fg. sez. di Lucera, IIª serie, fondo notarile, fascic. 4864/4898), Lipartiti Tommaso (ibid, fasci 5542/5561), Piccinino Michele (Archivio notarile distrettuale di Lucera, III° - 8 - B - C - 1). 17 - Concordano sulla prevalenza dell'affitto a Torremaggiore, quale più diffuso sistema di locazione della terra, anche nel secondo Ottocento, diverse fonti: "Le "risposte della Reale Società Economica di Capitanata" del 1871 conservate nell'Archivio comunale di Torremaggiore), L'inchiesta agraria Iacini, e le notizie fornite dai Comizi agrari (1882/1890), queste ultime riportate in: MINISTERO AGRICOLTURA INDUSTR1A E COMMERCIO. Direzione generale dell'Agricoltura, I contratti in Italia, Roma 1891, pagg. 585/6/7. 137 Dobbiamo ora segnalare, però, un significativo cambiamento a proposito della distribuzione della proprietà fondiaria; nel 1858 gli articoli di ruolo della contribuzione fondiaria sono 1453 e cioè (la popolazione era di circa 6500 abitanti) 223 ogni mille abitanti,18 mentre 45 anni prima erano 182. Come si vede si è verificata una non trascurabile diffusione della proprietà. Inoltre, accanto ai nomi di antichi proprietari se ne scorge qualcuno nuovo: Trematore, Pironti, i fratelli Lamedica e soprattutto Leccisotti, è un segno, questo, che la stessa classe dei grandi proprietari conosce una fase di rinnovamento e ampliamento. Qualche ricambio si segnala anche tra il gruppo dei proprietari non residenti a Torremaggiore, anche se i luoghi di provenienza ed i cognomi della gran parte di essi sono praticamente gli stessi. L'allargamento della classe dirigente da un lato, e la maggiore diffusione della proprietà dall'altro, si collegano ad un lento ma continuo processo di erosione delle grandissime proprietà. Questo processo indica chiaramente che l'accesso alla proprietà e quindi alla ricchezza non è più riservato ad una ristretta élite; ciò apre prospettive di cambiamento anche nei rapporti sociali. D'altra parte, nonostante il significato allargamento della classe dirigente e la maggiore diffusione della proprietà, non sembrano essere ancora mutate le condizioni di fondo dell'assetto economicosociale di Torremaggiore. Permangono lo stesso andamento demografico oscillante, le stesse pratiche agrarie, permane immutata la centralità del sistema cerealicolo-pastorale e non cambia radicalmente la struttura della proprietà fondiaria. "E’ solo a partire dagli anni '80 dell'Ottoncento, che la situazione complessiva comincia a mutare e, accanto a fattori di continuità, intervengono in modo più incisivo quelli di mutamento. E’ nel trentennio 1875/1905 che il regime demografico conosce un'importante svolta; sono questi gli anni in cui la popolazione di Torremaggiore aumenta di circa 3.000 unità (1881: 8.311 ab.; 1901: 11.124 ab.) e sono pure questi gli anni in cui, per la prima volta, non si verificano mai saldi negativi19. Molto significativo è il fatto che, in media, nel quinquennio 1881/85 l'indice di mortalità è sceso al 25,4 per mille, metre negli anni 1861/65 aveva toccato il 43 per mille. La svolta degli anni '80 non è solo demografica, ma anche agricola; non dimentichiamo l'espansione dell'oliveto e del vigneto, quest'ultima determinatasi in seguito alla distruzione dei vigneti fran18 - A.S.Fg. Direzione delle contribuzioni dirette - ruoli della contribuzione fondiaria 1858, prot. 1518. 19 - Associazione Provinciale degli Industriali di Capitanata, Struttura demografica della provincia di Foggia, Foggia 1976. 138 cesi provocata dalla fillossera. La struttura della proprietà fondiaria, pur rimanendo caratterizzata dalla particolare importanza della grande proprietà, conosce un significativo sviluppo delle piccole e medie aziende (meno di 50 ettari), che nel 1905/07 occupano 4000 ettari contro i 700 degli inizi del secolo precedente20. Altrettanto importante è la politicizzazione delle masse bracciantili, che, riunite in una forte lega, sono protagoniste nei primi anni del Novecento di una intensa lotta di classe. Un ulteriore aspetto delle modifiche realizzatesi in questo periodo è rappresentato dalla migliorate condizioni igienico sanitarie, dalla presenza di più intense correnti di traffico commerciale con i paesi vicini, dall'introduzione dei concimi chimici e da una prima forma di meccanizzazione agricola. Sottolineare l'importanza della svolta registratasi fra la fine dell'Ottocento e gli inizi del secolo successivo non significa negare l'importanza dei decenni precedenti, nè tantomeno interpretarne forzatamente le vicende all'insegna solo della continuità e dell'immobilismo21. ANGELA L. DE MEO 20 - UFFICIO DEL LAVORO, op. cit. 21 - Per una bibliografia più analitica ci si consenta di rinviare alla tesi di laurea sostenuta da chi scrive su: "Un Comune del Mezzogiorno d'Italia fra il XIX° e il XX° secolo: Torremaggiore", presso Università di Napoli, nell’anno accademico 1980/81, relatore prof P. Villani. 139