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CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN BIOTECNOLOGIE MEDICHE E FARMACEUTICHE INDIRIZZO MEDICO OFFERTA FORMATIVA: TIROCINI a.a. 2008/2009 INDIRIZZO TIPOLOGIA OFFERTA FORMATIVA TUTOR STRUTTURA TITOLO DEL PROGETTO DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA' MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Dott.ssa Antonia Follenzi Laboratorio di istologia, Dipartimento di Scienze Mediche TERAPIA GENICA E CELLULARE DELL’EMOFILIA A Il ripopolamento del fegato con il trapianto di cellule endotreliali derivate dai sinusoidi epatici (LSEC) trasdotte con i vettori lentivirali (VL) puo’ essere uno strumento utile per comprendere la biologia di queste cellule e il loro potenziale nella terapia di alcune malattie. Le interazioni cellulacellula che coinvolgono le LSEC svolgono un ruolo cruciale nella biologia del fegato sia durante lo sviluppo embrionale, dove fattori paracrini (HGF e VEGF) prodotti dalle cellule LSEC sono necessari per la morfogenesi del fegato, sia nell’adulto, dove le LSEC hanno un ruolo di rilievo nel mantenere l’omeostasi epatica, la citoprotezione e l’angiogenesi durante il danno epatico. 1. Definire i meccanismi che regolano il trasferimento genico mediato dai VL nelle LSEC. Eseguiremo studi per a) ottimizzare la trasduzione delle LSEC e valuteremo il miglior promotore endotelio-specifico per esprimere i transgeni nelle LSEC. b) Dimostrare che le LSEC trasdotte con i VL sopravvivono in animali singenici, e c) comprendere se l’espressione di transgeni nelle LSEC mediante i VL scatena risposte immuni nel ricevente che potrebbero portare al rigetto delle cellule trapiantate. 2. Dimostrare la funzionalità delle cellule LSEC trasdotte dai VL e trapiantate nel fegato dei topi e in particolare a) se le LSEC trasdotte e poi trapiantate mantengonono la loro funzione fisiologica, b) se integrano nel parenchima epatico, c) se sono in grado di proliferare e infine d) se saranno in grado di correggere il fenotipo dei topi emofilici. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Dott.ssa Luigia Grazia Fresu e Prof.ssa Brunelleschi Laboratorio di Immunofarmacologia EFFETTI ANTI-INFIAMMATORI DELL’OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA E DEI SUOI COMPONENTI IN MONOCITI DI DONATORI SANI E PAZIENTI AFFETTI DA CORONAROPATIA Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato che la dieta cosiddetta Mediterranea, ricca in fibre, frutta, vegetali, pesce e olio d’oliva, previene l’insorgenza e la progressione di numerose malattie metaboliche e cardiovascolari. Poiché l’olio d’oliva rappresenta la maggior sorgente energetica di questa dieta, recenti ricerche si sono focalizzate su quale possa essere il contributo dell’olio ai benefici della dieta. Nell’ultimo decennio le ricerche si sono focalizzate sui cosiddetti Composti Polari Minori (MPC) dell’olio, quali i fenoli semplici e complessi. Franconi et al., hanno precedentemente dimostrato che un estratto totale di un olio d’oliva toscano e’ capace di ridurre l’ossidazione delle LDL dopo un introito nutrizionale di olio vergine d’oliva. Inoltre, e’ stato osservato che l’idrossitirosolo e’ capace di ridurre, in una linea cellulare macrofagica, l’espressione dell’enzima iNOS e della COX 2, prevenendo l’attivazione di fattori di trascrizione quali NF-kB, STAT1 e IRF-1. E’ ampiamente riconosciuto il ruolo chiave dei monociti/macrofagi e di NF-kB nelle coronaropatie e osservazioni ex vivo in volontari sani, hanno dimostrato che, al contrario di pasti ricchi in burro o noci, il consumo di un pasto ricco in olio d’oliva non induce nei monociti l’attivazione post-prandiale della via di segnale NF-kB-dipendente, suggerendo un possibile effetto anti-infiammatorio. Inoltre, abbiamo recentemente dimostrato che un estratto defattato di olio d’oliva particolarmente ricco in MPC, e’ in grado di inibire la traslocazione di NF-kB in monociti isolati da volontari sani. Scopo del progetto e’ quello studiare i possibili meccanismi molecolari che possono spiegare l’effetto anti-infiammatorio di alcuni composti dell’olio extravergine d’oliva utilizzando come modello cellulare i monociti/macrofagi di pazienti affetti da CAD e volontari sani, in cui analizzeremo i seguenti meccanismi anti-infiammatori: la liberazione di citochine pro- e antiinfiammatorie (ELISA), l’attivazione di NF-kB (EMSA) e l’espressione/attivazione dei recettori PPARs (Western blot, EMSA, RT-PCR), bersaglio di farmaci ipo-lipemizzanti (PPAR- ) e antidiabetici (PPAR- ). MEDICO TIROCINIO PER PROVA Dott.ssa Luigia Grazia Fresu e Laboratorio di Immunofarmacologia STUDIO CHIMICO E BIOLOGICO DI PIANTE MEDICINALI ED La fitoterapia ha una lunga storia in paesi asiatici come la Cina; nella farmacopea Cinese sono registrate più di 500 droghe da piante e 400 farmaci tradizionali cinesi (TCM) sono diffusamente FINALE Prof.ssa Brunelleschi MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Dott.ssa Luigia Grazia Fresu e Prof.ssa Brunelleschi MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Proff. Sblattero e Santoro ALIMENTARI FINALIZZATO ALLA VALORIZZAZIONE DI SPECIE UTILIZZATE NELLA MEDICINA TRADIZIONALE CINESE (TCM), CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA VALUTAZIONE DELL'ATTIVITÀ ANTIINFIAMMATORIA, ANTITUMORALE ED ANTIDIABETICA. utilizzati per la cura di diverse patologie. Il meccanismo d’azione spesso è ignoto per cui è fondamentale la razionalizzazione scientifica basata sull’isolamento dei componenti attivi e sulla valutazione farmacologica degli stessi. Il progetto è finalizzato allo studio chimico e biologico in vitro ed in vivo di piante medicinali ed alimentari, allo scopo di valorizzare specie utilizzate nella Medicina Tradizionale Cinese (TCM), con particolare riferimento alla valutazione dell’attività antiinfiammatoria, anti-tumorale ed anti-diabetica, di estratti, frazioni parzialmente purificate e singoli composti isolati da utilizzare quali lead-compounds. Gli estratti verranno preparati presso i seguenti laboratori in Cina, con cui si collabora: lo Shanghai Research Center, Department of Herbal Medicine”, Shanghai (Prof. De-an Guo), all’ “Institute of Materia Medica”, Pechino (Prof. She-shan Yu), allo “Shanghai Institute of Materia Medica, Dept. of Plant Chemistry”, Shanghai (Prof. Yang Ye), alla “Second Military Medical University, Department of Plant Chemistry” (Prof. Wei-dong Zhang), Per l’attività antinfiammatoria sarà valutata l'efficacia dei composti nell'inibire specifici meccanismi attivati dal segnale citochinico e nell'esercitare protezione dal danno cellulare indotto da citochine. Gli studi saranno svolti in vitro, in linee cellulari stabili e in colture cellulari primarie e in monocito/macrofagi e linfociti. Saranno studiati gli effetti di estratti e singoli composti su eventi cellulari indotti da citochine valutando: l'attivazione di specifiche chinasi (JAK, p38, JNK, ERK1/2) e fattori di trascrizione (STAT-1, STAT-3, NF-kB, AP-1), l'espressione di svariati geni bersaglio coinvolti nell'innesco e mantenimento del processo infiammatorio e nell'induzione di apoptosi, lo sviluppo di danni cellulari. Sarà poi valutata la capacità di modulare l’espressione monocito/macrofagica dei recettori PPAR-gamma (bersaglio dei farmaci antidiabetici orali della famiglia dei tiazolidinedioni, e coinvolti in attività anti-infiammatoria) e PPAR-alfa (bersaglio dei farmaci antidislipidemici del gruppo dei fibrati, con attività anti-infiammatoria). Laboratorio di Immunofarmacologia RUOLO DELLE MICROPARTICELLE (ECTOSOMI, MICROVESCICOLE) DI DERIVAZIONE MONOCITO/MACROFAGICA IN FISIOPATOLOGIA POLMONARE: MODULAZIONE FARMACOLOGICA DA PARTE DI LIGANDI PPARS (PEROXISOME PROLIFERATOR-ACTIVATED RECEPTORS) L'incidenza di malattie respiratorie acute e croniche, soprattutto asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva, è in costante aumento nei paesi occidentali e, nonostante i notevoli progressi in campo terapeutico, non sempre è possibile un adeguato controllo del quadro clinico. Per la messa a punto di nuove e più efficaci strategie terapeutiche è necessaria una conoscenza approfondita dei meccanismi cellulari e molecolari che sottendono il determinismo e l'evoluzione delle patologie polmonari. Il presente progetto si propone di caratterizzare, in differenti modelli, umani e animali (cavia), con studi in vivo ed in vitro, utilizzando preparati di muscolatura liscia (tracheale e bronchiale) e popolazioni cellulari (macrofagi alveolari, cellule epiteliali bronchiali ed alveolari) di notevole importanza in ambito respiratorio, il ruolo di un possibile fattore pro-infiammatorio, le microparticelle (MP). Chiamate anche ectosomi e microvescicole, MP sono frammenti di membrana liberati virtualmente da tutte le cellule eucariote a seguito di attivazione o durante apoptosi. Considerate originariamente artefatti legati alla manipolazione in vitro delle cellule o, al più, frammenti cellulari liberati durante la necrosi e privi di significato fisiologico, le MP sono state recentemente coinvolte in differenti situazioni patologiche (ad es., aterosclerosi, diabete, artrite reumatoide), ma poco si sa del loro possibile ruolo in fisiopatologia polmonare di origine monocitomacrofagica. Ci si propone quindi di valutare un possibile ruolo di MP e un possibile coinvolgimento di PPAR-alfa e PPAR-gamma (per i quali è documentata un'attività antiinfiammatoria, soprattutto nell'animale) nella regolazione dei processi infiammatori a livello polmonare. Scopo del progetto e quindi quello di verificare: a) il ruolo delle microparticelle di origine leucocitaria (che ipotizziamo poter svolgere un'azione pro-infiammatoria) in differenti patologie infiammatorie delle vie aeree; b) il coinvolgimento dei recettori PPAR-alfa e PPARgamma (di cui alcuni agonisti sono già stati proposti come potenziali farmaci per l'infiammazione acuta e cronica delle vie aeree in differenti patologie infiammatorie delle vie aeree); c) l'interazione MP/PPARs ed eventuale "cross-talk". Laboratorio di Biologia Applicata, Dipartimento di Scienze Mediche IDENTIFICAZIONE DI MARCATORI IMMUNOLOGICI PRECOCI DI MALATTIE AUTOIMMUNI MEDIANTE "ANTIGEN PROTEIN MICROARRAY" Il razionale del nostro progetto si basa sulla necessità di ampliare le conoscenze sul numero e sul ruolo delle proteine coinvolte nelle patologie autoimmuni e in particolare il diabete di tipo 1 (T1DM). Esistono, ad oggi, alcuni marcatori immunologici diagnostici noti, ma questi non permettono una diagnosi precoce della malattia, ne una possibile previsione sulla probabilità di sviluppare la malattia essendo un soggetto a rischio. Un approccio innovativo al problema prevede di identificare non singole proteine ma un set di proteine immunoreattive (da alcune decine ad un centinaio) e generare quello che viene definito un “profilo di riconoscimento anticorpale”. Gli obiettivi del progetto sono i seguenti: 1)Identificazione di nuovi autoantigeni specifici per T1DM. Questo avverrà attraverso la selezione di una genoteca di espressione di pancreas endocrino con l’utilizzo di siero di pazienti in una condizione “pre-diabetica”. 2)Le proteine identificate permetteranno la creazione di un array proteico a scopo sia diagnostico che predittivo. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Proff. Sblattero e Santoro Laboratorio di Biologia Applicata, Dipartimento di Scienze Mediche IDENTIFICAZIONE DEL RUOLO FUNZIONALE DI DUE NUOVE CLASSI DI DIPEPTIDYL AMINOPEPTIDASE-LIKE PROTEINS (DPLs) Le dipeptidil aminopeptidasi (DP) sono proteasi di membrana coinvolte in numerosi processi biologici, come proliferazione e differenziamento cellulare, apoptosi, risposta immunitaria, adesione cellulare e regolazione della matrice extracellulare. All’interno di questa famiglia sono state recentemente individuate due proteine, DPP6 e DPP10, omologhe a DPP4 (CD26) ma prive di attività catalitica, e pertanto denominate dipeptidyl amminopeptidase-like proteins (DPLs); questa scoperta ha spinto i ricercatori (compreso il nostro gruppo) a ricercare nuove funzioni biologiche di queste proteine. Le DPLs sono espresse principalmente in tipi cellulari eccitabili, neuroni in particolare, dove intervengono nella modulazione del potenziale d’azione associandosi ai canali del potassio Kv4.2 e Kv4.3. Come unità di ricerca del laboratorio di Biologia Applicata siamo interessati a studiare i meccanismi cellulari alla base della modulazione dell’attività dei canali Kv4 da parte di DPP6 e DPP10, in particolare a come le DPLs regolano il trasporto del canale verso la superficie cellulare e controllano la localizzazione e densità dei canali attivi sulla membrana plasmatica. Mediante saggio di doppio ibrido in lievito abbiamo identificato alcuni possibili partners cellulari di DPP10, presumibilmente coinvolti nel folding e trasporto del complesso DPLs-Kv4.x. Il presente progetto si basa principalmente su tecniche biochimiche, microscopia confocale e elettrofisiologia (patch-clamp) e viene condotto in collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia dell’Università di Dresda (Germania), in particolare per quanto riguarda la parte di elettrofisiologia. Il Dipartimento di Scienze Mediche si avvale di alcune tra le più sofisticate e avanzate tecnologie e strumentazioni per la ricerca biomolecolatre, tra cui microscopio confocale, sequenziatore del DNA, citofluorimetro, elettroforesi bidimensionale, Proteins arrays. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Gianluca Gaidano Dott. Davide Rossi LABORATORIO di EMATOLOGIA Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale ANALISI DEL RUOLO DELLE ALTERAZIONI EPIGENETICHE NELLA PATOGENESI DELLE NEOPLASIE EMATOLOGICHE L’obiettivo generale del progetto è di approfondire la patogenesi molecolare delle neoplasie ematologiche, con particolare riguardo ai linfomi e leucemie delle cellule B mature ed alle malattie mieloproliferative croniche. Tramite l'acquisizione di nuove nozioni patogenetiche, il progetto mira a generare marcatori molecolari per la caratterizzazione diagnostica e la stratificazione prognostica di queste malattie. Le alterazioni epigenetiche che provocano un’aberrante metilazione delle regioni regolatrici dei geni sono un’importante causa d’inattivazione trascrizionale di geni onco-soppressori implicata nella patogenesi dei tumori. Questo progetto mira ad identificare nuovi geni coinvolti nella patogenesi delle neoplasie ematologiche che possono essere inattivati tramite metilazione aberrante delle regioni regolative. I geni candidati saranno identificati mediante analisi sperimentale del genoma tumorale con tecniche di array CGH e analisi bioinformatica di database di acidi nucleici e proteine. I geni selezionati comprenderanno geni implicati nel controllo del ciclo cellulare, geni coinvolti nella regolazione della differenziazione delle cellule emopoietiche, geni coinvolti nella trasduzione del segnale e geni onco-soppressori. Il DNA genomico sarà analizzato mediante la tecnica MSP (Methylation Specific PCR), una metodica PCR che permette di discriminare il DNA metilato dal DNA non metilato. Per valutare l’espressione delle proteine codificate dai geni in studio saranno utilizzate anche tecniche di RT-PCR qualitativa e real time e Western Blot. Appropriati test statistici verranno utilizzati per analizzare la correlazione della metilazione dei geni studiati con le caratteristiche cliniche alla diagnosi e all'outcome dei pazienti (risposta, sopravvivenza globale, progression free survival, disease free survival). MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Gianluca Gaidano Dott. Davide Rossi LABORATORIO di EMATOLOGIA Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale MARCATORI PROGNOSTICI DI TRASFORMAZIONE CLINICOPATOLOGICA NELLA LEUCEMIA LINFATICA CRONICA La leucemia linfatica cronica (LLC) deriva da cellule B e rappresenta la più comune leucemia nel mondo occidentale. Il decorso clinico della LLC è eterogeneo e la stratificazione prognostica alla diagnosi di questi pazienti è oggi sempre più rilevante, in quanto: i) è aumentato il numero di diagnosi precoci; ii) in circa il 30% dei casi la diagnosi è posta sotto i 60 anni di età; iii) l’attesa di vita della popolazione anziana, nella quale la LLC è particolarmente frequente, si è allungata significativamente. Nel tempo, una frazione di LLC evolve a linfoma aggressivo, in particolare il linfoma diffuso a grandi cellule B (LDGCB). Malgrado i sostanziali avanzamenti degli ultimi anni nella stratificazione prognostica della LLC, ad oggi le caratteristiche cliniche e molecolari di LLC predittive di trasformazione a sindrome di Richter non sono note. Gli obiettivi dello studio sono: i) dettagliata caratterizzazione clinica e molecolare delle sindromi di Richter in una casistica consecutiva di LLC; ii) identificazione delle caratteristiche cliniche e dei marcatori molecolari alla diagnosi predittivi di evoluzione a sindrome di Richter; iii) definizione del rischio di evoluzione a sindrome di Richter in base a parametri clinico-molecolari alla diagnosi e durante il decorso della LLC. Il pannello tumorale oggetto dello studio sarà sottoposto ad analisi immunofenotipica, analisi FISH ed analisi molecolare per la ricerca di polimorfismi dell’ospite con impatto prognostico per LLC tramite "SNP-genotyping". Sarà inoltre effettuato uno studio di array-CGH per identificare nuove lesioni molecolari associate alla trasformazione. I risultati attesi di questo studio prevedono l’identificazione di caratteristiche cliniche e marcatori molecolari predittivi di trasformazione clinicopatologica da LLC a sindrome di Richter. L’identificazione precoce alla diagnosi dei casi di LLC a rischio di evoluzione a sindrome di Richter permetterà la definizione di specifiche strategie di monitoraggio per questi pazienti, al fine di rendere la diagnosi di LDGCB più precoce. Inoltre, data l’ampia gamma di opzioni terapeutiche oggi disponibili per la LLC, i risultati potranno essere utili per il disegno di specifici programmi terapeutici per i casi di LLC ad alto rischio di evoluzione a sindrome di Richter. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Gianluca Gaidano Dott. Davide Rossi LABORATORIO di EMATOLOGIA Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale FARMACOGENETICA DEI LINFOMI AGGRESSIVI TRATTATI CON REGIME RITUXIMAB-CHOP Razionale. Il linfoma diffuso a grandi cellule B (diffuse large B-cell lymphoma, DLBCL) è il linfoma più frequente nei paesi occidentali. Il protocollo di chemioterapia R-CHOP21 rappresenta la terapia convenzionale del DLBCL. Benché chemiosensibile, il DLBCL ha un decorso clinico eterogeneo e una frazione significativa di pazienti affetti da DLBCL è destinata a fallire il trattamento. Da questa osservazione deriva la necessità di individuare alla diagnosi i sottogruppi di pazienti ad alto rischio al fine di indirizzarli a programmi terapeutici dedicati. La farmacogenetica studia l’impatto dei polimorfismi (single nucleotide polymorphisms, SNPs) dell’ospite sulla variabilità interindividuale della risposta ad un trattamento farmacologico. Nel contesto del DLBCL gli studi di farmacogenetica sono scarsi. Obiettivi. Obiettivo dello studio è verificare se SNPs dei geni implicati nella farmacogenetica della chemioterapia R-CHOP hanno un impatto su efficacia e tossicità del trattamento nel paziente affetto da DLBCL. Metodi. 1) Selezione della casistica. Lo studio sarà basato su una serie consecutiva di 340 casi di DLBCL trattati secondo schema RCHOP21 e provvisti di materiale biologico per l’analisi molecolare degli SNPs e di database clinico per le analisi di correlazione collezionati prospetticamente. 2) Selezione degli SNPs. La selezione degli SNPs si è basata sui seguenti criteri: i) SNPs coinvolti nel trasporto, metabolismo, targeting dei farmaci del regime R-CHOP; ii) SNPs coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione del danno sul DNA prodotto dai chemioterapici del regime R-CHOP21; iii) SNPs che modificano la attività biochimica della proteina; iv) SNPs che modificano l’espressione della proteina; v) SNPs già noti in letteratura per avere un impatto clinico in altri contesti tumorali; vi) SNPs con frequenza attesa dell’allele minore >5%. Genotipizzazione degli SNPs. Il DNA necessario alla genotipizzazione degli SNPs sarà estratto da granulociti del sangue periferico raccolti alla diagnosi di DLBCL. La genotipizzazione degli SNPs sarà eseguita mediante SNPminisequencing-Single-nucleotide primer extension (ABI Prism SNaPshot Multiplex kit, Applied Biosystem). I prodotti di reazione saranno analizzati con sequenziatore automatico capillare ABI prism 3100 Genetic Analyzer e valutati con GeneScan Analysis Software. 4) Analisi statistica. L’endpoint primario dello studio è EFS. In caso di linkage-dysequilibrium (r2>0.8) tra due o più SNPs sarà utilizzato lo SNP tag o sarà costruito un aplotipo. L’analisi univariata di sopravvivenza sarà eseguita mediante metodo di Kaplan-Meier utilizzando il test log-rank per i confronti. Il test false discovery rate (FDR) sarà applicato al fine di correggere l’analisi di sopravvivenza per i confronti multipli. Gli SNPs che rimarranno significativi dopo FDR entreranno nella analisi multivariata di Cox. La tossicità sarà valutata i) per paziente mediante regressione logistica binaria; ii) per ciclo mediante generalized estimating equations. Risultati attesi e ricadute cliniche. L’obiettivo del trattamento chemioterapico di un tumore è quello di massimizzare l’efficacia sulle cellule tumorali e minimizzare la tossicità sui tessuti sani. Tale obiettivo dipende dalla intensità di dose dei chemioterapici. Attualmente, i protocolli terapeutici per il DLBCL non tengono conto dell’impatto della variabilità genetica interindividuale su efficacia e tossicità del trattamento. Lo studio permetterà di identificare i pazienti che presentano un background genetico tale da renderli a rischio di fallimento del trattamento o di eccesso di tossicità, e potrà essere utile per il disegno di programmi terapeutici individualizzati. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Emanuele Albano LABORATORIO: Patologia Generale CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DEL RUOLO DI RISPOSTE IMMUNITARIE NELLA PROGRESSIONE DEL DANNO EPATICO DA ALCOOL I meccanismi molecolari attraverso cui l’abuso di alcool determina l’insorgenza di danno epatico e lo sviluppo di fibrosi sono ancora poco conosciuti. Questo progetto si propone di caratterizzare il possibile ruolo di meccanismi immunitari nel promuovere progressione dell’epatopatia cronica. In particolare verranno analizzati: a) le caratteristiche delle risposte immunitarie umorali e cellulari associate con l’epatopatia alcolica; b) il contributo dello stress ossidativo indotto dall’alcool nello sviluppo di reazioni immunitarie c) il ruolo di meccanismi immuni nel mantenere processi infiammatori nel fegato. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Marisa Gariglio LABORATORIO: Microbiologia DIPARTIMENTO: Medicina Clinica e Sperimentale L’EPIDERMODISPLASIA VERRUCIFORME: UN MODELLO PER LO STUDIO DEI FATTORI GENETICI DELL’OSPITE CHE CONTROLLANO L’INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS CUTANEI Il ruolo dei Papillomavirus umani (HPV) nella genesi del carcinoma della cervice uterina è consolidato. Al contrario, il loro coinvolgimento nella carcinogenesi cutanea è discusso. I primi dati a supporto di un’associazione tra sviluppo di tumori cutanei di origine epiteliale e infezione da HPV sono stati ottenuti studiando dei pazienti affetti da una rara patologia ereditaria, l’Epidermodisplasia verruciforme (EV). Questi malati presentano lesioni verrucose su tutto il corpo fin dall’infanzia, con un’incidenza elevata di progressione verso il tumore cutaneo, soprattutto nelle zone fotoesposte. Inoltre sono infettati con HPV cutanei del genere beta e non sono in grado di eliminare e/o controllare questo tipo di infezione. I meccanismi alla base della mancata “clearance” dell’infezione non sono ancora stati chiariti. L’infezione da HPV non è di per sé sufficiente per lo sviluppo della malattia, ma è necessaria una predisposizione genetica. EV è quindi un utile modello sperimentale umano per studiare i fattori genetici dell’ospite che controllano l’infezione da HPV cutanei. L’EV è stata associata a mutazioni invalidanti in omozigosi dei geni EVER1 ed EVER2, che codificano per proteine di membrana appartenenti alla famiglia di proteine trans membrana channel-like (TMC). Tuttavia, il loro ruolo nel controllo dell’infezione da HPV rimane ancora da chiarire. Sulla base di questa premessa, il programma di ricerca si pone i seguenti obiettivi: i) analizzare la distribuzione genetica delle mutazioni di EVER2 in 5 pazienti EV reclutati per questo studio e nelle loro famiglie; ii) valutare la distribuzione di RNAm e proteine EVER1 ed EVER2; iii) valutare la risposta immunitaria degli ospiti tramite analisi immunologica da PBL (Peripheral Blood Lymphocytes); iv) correlare i dati ottenuti con l’infezione HPV (identificazione genotipi, carica virale, e anticorpi nel siero); v) produrre anticorpi anti-EVER2; vi) allestire colture di cheratinociti con mutazione EVER2 partendo dai bulbi piliferi dei pazienti; vii) caratterizzare la funzione di EVER1 ed EVER2. MEDICO TIROCINIO PER PROVA FINALE Prof. Marisa Gariglio LABORATORIO: Microbiologia DIPARTIMENTO: Medicina Clinica e Sperimentale RUOLO DELLA PROTEINA INTERFERON-INDUCIBILE IFI16 NELL’EZIOPATOGENESI DELLE MALATTIE AUTOIMMUNI Il rilascio di citochine, quali gli interferoni di tipo I, sembra svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di malattie autoimmuni, anche se i meccanismi molecolari coinvolti sono tuttora oscuri. Recenti lavori hanno dimostrato in modelli murini che la proteina interferon-inducibile p202 rappresenta un candidato per la suscettibilità allo sviluppo del Lupus Eritematoso Sistemico (LES). Inoltre osservazioni sperimentali del nostro gruppo di ricerca hanno evidenziato che la controparte umana di p202, IFI16, è un bersaglio di autoanticorpi in diverse patologie autoimmuni. Sulla base di queste premesse, il progetto di ricerca si propone di analizzare il ruolo del gene interferoninducibile IFI16 nello sviluppo del disordine infiammatorio associato a LES e di valutarne un possibile impiego come marcatore diagnostico nelle varie forme di lupus. OBIETTIVI: i) analizzare il ruolo del gene interferon-inducibile IFI16 nell’eziopatogenesi del LES sia con modelli in vivo che in vitro; ii) verificare il valore diagnostico di un test sierologico per la ricerca di anticorpi anti-IFI16 nella diagnosi delle varie forme di lupus, con particolare riferimento alle forme cutanee; iii) messa a punto di modelli sperimentali in vitro, costituiti da cellule umane primarie (cheratinociti e cellule endoteliali) per l’analisi della funzione pro-infiammatoria di IFI16 nelle cellule bersaglio; iv) messa a punto di antagonisti funzionali in grado di interferire con l’attività pro-infiammatoria di IFI16 in prospettiva di un futuro impiego terapeutico.