semantiche - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

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semantiche - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
Linguistica applicata
Semantica e pragmatica in
prospettiva interculturale
Prof. Andrea Sansò
Università di Milano Bicocca – CdL in
Comunicazione Interculturale – A.A. 2011-2012
Programma del corso
Introduzione:
• Breve introduzione alla semantica: teorie del
significato, semantica frasale e semantica lessicale;
metafora e metonimia, ecc. [circa 2 ore]
• Breve introduzione alla pragmatica: fare cose con
le parole, gli atti linguistici, il principio di
cooperazione, la logica conversazionale e le massime
di Grice, presupposizione e inferenza, ecc. [circa 2
ore]
Programma del corso
Parte prima – La semantica in prospettiva
interculturale:
• la cosiddetta ipotesi Sapir-Whorf e il dibattito sul
“relativismo linguistico”; le basi sperimentali ed
empiriche dell’ipotesi; la semantica come studio della
“costruzione” del significato e della categorizzazione del
reale: il contributo della linguistica cognitiva; la teoria
dei prototipi (Rosch, Taylor); i frames e gli scripts; i
primitivi semantici (Wierzbicka); metafore e vita
quotidiana (Lakoff & Johnson). [circa 30 ore]
Programma del corso
Parte seconda - La pragmatica in prospettiva
interculturale:
• la competenza pragmatica: gestire le routines
conversazionali in una lingua straniera;
bilinguismo e identità bilingue/biculturale; le
nozioni di “faccia” e “cortesia”; aspetti languagespecific e culture-specific di alcuni atti linguistici
comuni: presentarsi, chiedere scusa, protestare,
dare ordini. [circa 30 ore]
Materiali bibliografici e modalità d’esame
• La frequenza del corso è fortemente consigliata; sia gli
studenti frequentanti che i non-frequentanti dovranno studiare
i lucidi delle lezioni.
• Letture integrative: un elenco di letture integrative sarà
fornito durante il corso; si tratta di letture in cui si
approfondiscono argomenti trattati a lezione, e che possono
essere utili soprattutto agli studenti non frequentanti; è
possibile personalizzare le letture sulla base degli interessi
individuali.
• Modalità d’esame: esame orale; possibilità di presentare
elaborati individuali (tesine) con riduzione del programma di
studio.
Breve introduzione alla
semantica e alla pragmatica
La semantica
La semantica è quella parte della
linguistica che si occupa del significato
delle espressioni linguistiche.
Definizione di significato non
univoca:
• significato = segmento di realtà a cui
un’espressione linguistica fa riferimento
La semantica
Non una, ma molte semantiche, che
differiscono nel metodo, ma soprattutto
nella definizione stessa dell’oggetto di
indagine
A seconda della definizione di
significato che viene adottata, cambia
radicalmente anche l’insieme dei
fenomeni che si ritiene cadano
nell’ambito della semantica.
La semantica
Schema della significazione di Ogden e Richards
(1923)
Contenuto
B
Espressione
A
Referente
C
La semantica
Che cos’è il significato?
Tre tendenze generali:
- Relazione diretta tra A e C semantiche
vero-funzionali
- Relazione tra A e B (C è irrilevante) semantiche strutturali
- Relazione tra A e C mediata da B semantiche cognitive
La semantica
Semantiche strutturali
Premessa: l’aggettivo “strutturale” designa un
tipo particolare di approccio alla lingua, all’arte e
alla letteratura, basato sull’ipotesi che una lingua,
un’opera d’arte o un’opera letteraria siano
descrivibili come entità autonome fatte di
relazioni interne (tra elementi del sistema, nel
caso della lingua), in maniera del tutto
indipendente da qualunque determinazione
esterna al sistema.
La semantica
Semantiche strutturali
Le semantiche strutturali si basano sui
seguenti assunti:
- Il significato è un’entità puramente
linguistica
- È privo di basi oggettive o
psicologiche
- È un’entità puramente differenziale
La semantica
Semantiche strutturali
Ferdinand de Saussure (1857-1913)
Non esiste alcun triangolo semiotico
con referente extralinguistico, il segno
non unisce una cosa e un nome, bensì
un significante (immagine acustica) e
un significato (concetto).
La semantica
Semantiche strutturali
Ferdinand de Saussure (1857-1913)
Rapporti sintagmatici: un termine acquista il suo valore
in relazione a quello che lo precede o lo segue o entrambi.
Rapporti paradigmatici: un termine acquista il suo
valore in relazione ai termini che avrebbero potuto stare al
suo posto.
I due rapporti sono di natura assai diversa : mentre il
rapporto sintagmatico si manifesta nella lingua, quello
associativo è un rapporto virtuale, che non ha luogo nella
realizzazione linguistica, ma ha sede nella memoria dei
parlanti (“lessico mentale”).
La semantica
Semantiche strutturali
“Significazione” e “valore” in Saussure
“Il francese mouton può avere la stessa
significazione dell’inglese sheep, ma non lo stesso
valore, ciò per più ragioni, in particolare perché
parlando di un pezzo di carne cucinato e servito in
tavola, l’inglese dice mutton e non sheep. La
differenza del valore tra sheep e mouton dipende
dal fatto che il primo ha accanto a sé un secondo
termine, ciò che non è il caso della parola francese”
(Corso di Linguistica Generale)
La semantica
Semantiche strutturali
“In tutti questi casi scopriamo, dunque, non idee
date preliminarmente ma valori promananti dal
sistema. Quando si dice che essi corrispondono a
dei concetti, si sottintende che questi sono
puramente differenziali, definiti non
positivamente mediante il loro contenuto, ma
negativamente, mediante il loro rapporto con gli
altri termini del sistema. La loro più esatta
caratteristica è di essere ciò che gli altri non
sono” (Corso di Linguistica Generale)
La semantica
Limiti delle semantiche strutturali
Il problema principale dell’approccio saussuriano è, come
ha sostenuto De Mauro (1965), la sua intrinseca
circolarità. Se i termini sono definibili solo in base ai
loro rapporti, come possono tali rapporti essere
individuati senza far riferimento ai termini fra cui essi
sussistono?
“Definiamo i termini grazie ai rapporti, ma i rapporti non
possono essere definiti se non una volta definiti i termini”
(De Mauro 1965 : 146).
Conoscere l’insieme delle relazioni semantiche che si
instaurano fra un termine e tutti gli altri non equivale
affatto a conoscerne il significato.
La semantica
Altre semantiche strutturali
- Teoria dei campi semantici
- Analisi componenziale
La semantica
Teoria dei campi semantici
Trier & Weisgerber:
il vocabolario di una lingua è un sistema articolato in
sottoinsiemi di lessemi (i campi), che coprono
determinate sfere concettuali.
Es. sfera concettuale del colore: campo semantico in cui
ciascun lessema copre un’area concettuale a sua volta
eventualmente articolata in altri lessemi (bianco-nerorosso-verde: colori; porpora, vermiglio, scarlatto: rosso)
Assunto di fondo della teoria dei campi semantici: al
di sotto del vocabolario c’è una realtà non strutturata
prima dell’intervento della lingua.
La semantica
Analisi componenziale
Ipotesi di fondo dell’approccio componenziale: è
possibile analizzare il significato delle parole in unità
semantiche più piccole, dette tratti o componenti
semantici.
--- Applicazione al lessico dei metodi sviluppati dagli
strutturalisti in ambito fonologico: così come i fonemi
sono descritti in termini di opposizioni di tratti fonologici
astratti, così il significato può essere descritto come una
configurazione di tratti semantici che emergono per via
oppositiva (per confronto tra lessemi).
La semantica
Analisi componenziale
Uomo
± UMANO
Il significato di uomo è
descrivibile come [+ UMANO,
+ MASCHIO, + ADULTO];
± MASCHIO
Il significato di donna è
descrivibile come [+ UMANO,
- MASCHIO, + ADULTO].
Cavallo
Uomo
Donna
Uomo
± ADULTO
Bambino
La semantica
Semantiche vero-condizionali
Nella definizione di “significato” delle
cosiddette semantiche vero-condizionali
(ingl. truth-conditional semantics) entra
la nozione di “verità”: per alcuni filosofi
del linguaggio comprendere il
significato di una frase equivale a
comprendere le condizioni in cui essa
risulta vera.
La semantica
Ad esempio, una frase come ieri sono partito
per Roma è vera se e solo se esiste un
individuo x, che coincide con l’emittente del
messaggio, che in un tempo t precedente al
momento dell’enunciazione è partito per
Roma.
In questo approccio alla semantica, se la frase
ieri sono partito per Roma è vera essa
rappresenta la descrizione di un frammento di
realtà, se è falsa non descrive nulla.
La semantica
Questo approccio alla nozione di significato
presenta però dei problemi:
--- innanzitutto, un enunciato può essere falso per
vari motivi: ad esempio se nell’enunciato c’è un
elemento che non corrisponde a un referente
nel mondo reale, l’enunciato risulta
inevitabilmente falso e quindi, nell’ottica della
semantica vero-condizionale, privo di significato:
L’attuale re di Francia è calvo
La semantica
Possiamo dire che la frase precedente non ha
significato, se pronunciata oggi? Sicuramente
no, dal momento che, per esempio, siamo in
grado di parafrasare la frase in questione, o di
creare una frase dal significato contrario
(operazioni che presuppongono la
comprensione del significato della frase):
L’attuale re di Francia non ha i capelli.
L’attuale re di Francia ha i capelli.
La semantica
--- Inoltre esistono relazioni di significato tra
espressioni linguistiche che ogni parlante di una lingua
può cogliere anche senza conoscere la realtà a cui
l’espressione fa riferimento, il che indebolisce
notevolmente la visione del significato della semantica
vero-condizionale: se per esempio dico
Gianni è scapolo ma è sposato
sono in grado semplicemente conoscendo il significato
del termine scapolo (e ignorando la realtà a cui essa si
riferisce) di dire che la frase è semanticamente
contraddittoria (e quindi – dal punto di vista della
semantica vero-condizionale – falsa).
La semantica
--- Allo stesso modo potrei non
riconoscere, in una voliera, un airone
cinerino, ma sono in grado di dire che
l’airone cinerino è un uccello. Queste
conoscenze fanno parte della competenza
semantica di un parlante e spostano il
punto di interesse della semantica dalle
condizioni di verità a problemi di ordine
diverso.
La semantica
Un modello semantico efficace dovrebbe essere in grado
di spiegare quali sono le conoscenze che un parlante
deve mettere in campo per interpretare correttamente
una frase, al di là o a prescindere dal valore di verità
della frase.
Ad esempio, il filosofo gallese Bertrand Russell (18721970), trattando il problema delle cosiddette “descrizioni
definite” (come l’attuale re di Francia, che contiene un
articolo definito e quindi presuppone necessariamente
l’esistenza del suo referente), ha sostenuto che è
necessario tenere separata la dimensione del valore di
verità dell’enunciato da quella del suo significato.
La semantica
Il filosofo tedesco Gottlob Frege (1848-1925) ha
introdotto due concetti che hanno avuto fortuna:
senso e riferimento (ted. Sinn e Bedeutung; ingl.
sense e reference). Senso e riferimento sono due
aspetti diversi del significato: il riferimento è l’entità
del mondo reale a cui un’espressione linguistica si
riferisce; il senso è il “modo” in cui un’espressione si
riferisce all’entità esterna.
Esistono quindi espressioni linguistiche che hanno un
senso ma non hanno un riferimento: un esempio è
appunto l’attuale re di Francia.
Due concetti essenziali
Senso e riferimento (≅ connotazione e denotazione ≅
intensione e estensione ≅ valore e significazione)
Una stessa realtà può essere presentata in modo
diverso anche all’interno di una stessa lingua. La città
indicata dal nome Roma è la stessa indicata dal
sintagma la capitale d’Italia, ma le due descrizioni
linguistiche della stessa entità extra-linguistica non
sono equivalenti e non possono essere scambiate in
tutti i contesti. Nella tradizione terminologica
italiana, si tende a distinguere tra connotazione, cioè
il modo di indicare la realtà mediante le espressioni
del linguaggio, e denotazione, cioè la realtà denotata
da queste stesse espressioni.
Due concetti essenziali
Connotazione:
Il micio, il gatto dei vicini, Batuffolo,
quell’orrendo ammasso di peli, …
Denotazione:
La semantica
La visione vero-condizionale del significato
presenta altri aspetti problematici:
innanzitutto, è adatta soltanto per le frasi
dichiarative, e non per le frasi imperative o
interrogative; eppure non si può dire che le
frasi non dichiarative “non abbiano
significato”.
secondariamente, il significato non è un
rapporto non-mediato tra espressione
linguistica e realtà esterna.
La semantica
Il problema del rapporto tra realtà extra-linguistica e
espressione linguistica sarà centrale in questo corso.
Non esiste infatti una corrispondenza globale, nelle
lingue del mondo, tra i significati: l’inglese wood vuol
dire tanto legno quanto bosco; l’italiano dita vale sia per
quelle delle mani che per quelle dei piedi, mentre
l’inglese distingue tra fingers e toes.
Questi semplici esempi ci dicono che le espressioni
linguistiche non si limitano a denominare la realtà. Ogni
lingua segmenta in maniera diversa la realtà, che non è
discreta ma continua, e seleziona dei cut-off points
categorizzando come simili cose che un parlante di
un’altra lingua categorizza come diverse.
La semantica
Esempi
Nomi di parentela
Italiano zio, zia
Latino patruus/avunculus,
amita/matertera
--- stessa realtà extralinguistica,
segmentata diversamente!
La semantica
Esempi
Nomi di colori
Italiano nero, bianco
Latino niger/ater, candidus/albus
niger e candidus indicano, rispettivamente, il
nero e il bianco brillanti; ater e albus indicano,
rispettivamente, il nero e il bianco opachi
--- in italiano la caratteristica della brillantezza
non è rilevante!
La semantica
In un filone di studi noto come semantica
cognitiva, che sarà ampiamente illustrato
più avanti, si definisce la semantica come
quel settore di studi che si occupa di come i
parlanti categorizzano la realtà e di quale
sia il riflesso linguistico di tale operazione
di categorizzazione. Anche in questo caso,
data la varietà di metodi e di approcci, è
opportuno parlare di semantiche cognitive.
La semantica lessicale
I lessemi delle lingue umane manifestano alcune
proprietà particolari ed interessanti e sono connessi
gli uni agli altri da diversi tipi di relazioni.
Ambiguità: alcuni lessemi hanno la proprietà di
essere ambigui, cioè di poter avere più di un
significato (es. esecuzione, vite). Questi due termini,
tuttavia, sono caratterizzati da due tipi di ambiguità
diversi. Mentre nel caso di esecuzione si avverte una
relazione tra i due significati del termine (messa in
atto di una determinata pena vs. realizzazione di una
determinata opera), nel caso di vite ci si riferisce a
due entità molto diverse (pianta vs. utensile).
La semantica lessicale
L’ambiguità di lessemi come esecuzione rappresenta
un caso di polisemia, mente quella di lessemi come
vite rappresenta un caso di omonimia. Un lessema
polisemico presenta più significati tutti collegati in
qualche misura l’uno all’altro. Due lessemi ominimi
hanno lo stesso significante ma due significati diversi
e non legati l’uno all’altro.
Spesso non è facile distinguere la polisemia
dall’omonimia. In molti casi la scelta è arbitraria
anche nei dizionari, dove le voci polisemiche hanno
una singola entrata mentre gli omonimi hanno due
entrate diverse (e spesso numerate progressivamente).
La semantica lessicale
In molti casi, uno sguardo alla storia dei
termini omonimi mostra che in origine
avevamo a che fare con due significati diversi
di uno stesso termine (è così anche nel caso di
vite), ma quella che conta è la sensibilità del
parlante, che immagazzina come due entrate
diverse del suo lessico mentale i termini
omonimi, diversamente da quanto avviene nel
caso dei termini polisemici.
La semantica lessicale
Polisemia contestuale (o sistematica):
In molti casi, il significato delle parole è
leggermente diverso a seconda dei contesti
in cui esse appaiono, senza che questi
significati leggermente diversi debbano
essere esplicitamente indicati in un
dizionario. Si prenda ad esempio
l’aggettivo buono: il suo significato cambia
notevolmente nelle espressioni buon pane,
buon ragazzo, buon compromesso.
La semantica lessicale
Polisemia contestuale (o sistematica):
Il termine banca cambia leggermente di
significato a seconda del contesto in cui
appare
Ha chiamato la banca
La banca è a 100 metri da qui
La banca ha acquistato tutta l’area
…
La semantica lessicale
Polisemia contestuale (o sistematica):
Il termine rabbit cambia leggermente di
significato a seconda del contesto in cui
appare:
John was eating rabbit.
I refuse to wear rabbit.
After several lorries had run over the body,
there was rabbit splattered all over the
highway
…
Relazioni di significato
Come uno stesso lessema può avere più significati,
così lessemi diversi possono avere lo stesso
significato. Si parla in questo caso di sinonimia. Ad
esempio manche e smazzata sono sinonimi di mano
nel senso di “turno di gioco”, e sovente,
frequentemente sono sinonimi di spesso (avverbio).
Gli esempi indicati mostrano che non sono tanto i
lessemi nella loro interezza a intrattenere relazioni
di sinonimia con altri lessemi, quanto i singoli
significati di un lessema.
Relazioni di significato
Antonimia:
Si parla di antonimia quando due lessemi hanno
due significati opposti
bianco/nero – caldo/freddo – sposato/scapolo
Le prime due coppie di opposti ammettono
l’esistenza di entità intermedie, mentre nel terzo
caso non c’è via di mezzo tra l’essere sposati e
l’essere scapoli. Nel primo caso si parla di
significati “contrari”, nel secondo di significati
“contraddittori”.
Relazioni di significato
Iperonimia/iponimia:
I vari lessemi, oltre a manifestare significati
identici oppure opposti, possono essere anche
inclusi nel significato di altri lessemi o includere
il significato di altri lessemi. Nel primo caso si
parla di iponimi e nel secondo caso di
iperonimi. Così, ad esempio, uccello è
iperonimo di airone ed è iponimo di animale.
Semantica frasale
L’ipotesi più semplice per affrontare la semantica
delle frasi è che, essendo le frasi composte di parole,
il significato delle frasi sia il risultato della
combinazione dei significati delle parole che nella
frase compaiono. Questa ipotesi è nota come
principio di composizionalità ed è alla base della
maggior parte delle teorie di stampo logicofilosofico:
“il significato di un’espressione complessa è
funzione del significato delle parti che la
compongono e del modo in cui esse sono combinate
insieme”
Semantica frasale
Il principio di composizionalità è troppo restrittivo,
perché le frasi del linguaggio naturale a volte
contengono qualcosa in più rispetto al significato dei
singoli elementi che le compongono e perché alcune
combinazioni di parole hanno un significato che non
è ricostruibile da quello delle singole parole che le
compongono. Si parla, in questo caso, di espressioni
idiomatiche (o polirematiche): tagliare la corda (che
designa un’azione che non ha a che fare né con la
corda né col tagliare), sbarcare il lunario (che non
vuol certo dire tirare giù dalla barca un lunario).
Semantica frasale
Il principio di composizionalità viene applicato in
particolare a frasi complesse che includono lessemi
come e, o, se, ecc. Questi elementi sono detti connettivi
frasali o proposizionali e hanno un effetto sulla falsità o
verità delle proposizioni che uniscono. Una frase
semplice come oggi piove è o vera o falsa; una frase
complessa come oggi piove e non piove è sicuramente
falsa perché asserisce contemporaneamente P e non-P;
una frase come oggi piove o non piove è sicuramente
vera perché basta che una soltanto delle due
proposizioni sia vera.
La pragmatica
Ogni atto comunicativo in cui il linguaggio viene
usato è anche un atto di interazione umana,
quindi ogni enunciazione è anche un modo di
agire.
La pragmatica non studia solo la frase e le sue
proprietà, ma studia l’intero processo
comunicativo, con i suoi riferimenti alle
variabili extra-linguistiche (parlanti, contesto di
enunciazione, scopi per cui la lingua viene
utilizzata).
La pragmatica
Il termine pragmatica è stato coniato da
Charles Morris (1938):
- sintassi: studio delle relazioni tra i segni;
- semantica: studio delle relazioni tra i
segni e gli oggetti;
- pragmatica: studio delle relazioni dei
segni coi loro interpreti.
La pragmatica
In pragmatica si parla di enunciati
Frase ≠ Enunciato
Enunciato: frase proferita e inserita
in un contesto di comunicazione e
interazione sociale, unità di analisi della
pragmatica.
Gli atti linguistici
Speech act, o atto linguistico: unità minima che ci
consente di compiere, con mezzi linguistici, una
azione sociale (Searle 1969).
Ogni atto linguistico ha diversi livelli; in ogni
enunciato tutti questi livelli possono essere
compresenti:
LIVELLO LOCUTORIO: produco una sequenza
di foni;
LIVELLO PROPOSIZIONALE: esprimo
significati con un certo contenuto referenziale
Gli atti linguistici
LIVELLO PERLOCUTIVO: si riferisce
all’effetto che un enunciato intende avere sui
sentimenti, pensieri e attitudini dell’interlocutore
(ottenere da lui un’informazione, fargli compiere
una data azione, ecc.)
LIVELLO ILLOCUTIVO: si riferisce alle
azioni che il parlante intende compiere
pronunciando una frase: constatazioni, ordini,
consigli, promesse, scuse, ringraziamenti ecc.
Gli atti linguistici
Livello illocutivo: centrale in pragmatica.
Il significato di un atto linguistico si può
definire come composto da un contenuto
(interpretabile tramite riferimento al contesto
situazionale) e una componente illocutiva,
che stabilisce il tipo di atto che stiamo
compiendo con l’enunciare una certa
proposizione.
Gli atti linguistici
In base al livello illocutivo, è possibile operare una macroclassificazione degli atti linguistici:
ATTI ASSERTIVI: dire, concludere, affermare
ATTI ESPRESSIVI: ringraziare, scusarsi, rammaricarsi,
vergognarsi
ATTI COMMISSIVI: offrire, promettere, minacciare
ATTI DIRETTIVI: chiedere, consigliare, domandare
ATTI DICHIARATIVI (PERFORMATIVI): condannare,
nominare, promuovere, battezzare, dichiarare, giurare.
I performativi
Un tipo particolare di atti illocutori sono quelli contenenti i
cosiddetti verbi performativi:
Prometto di partire
Questa corte dichiara l’imputato innocente
Mi scuso del mio comportamento
Enunciando frasi come queste, il parlante non si limita a
parlare, ma compie un’azione. Perché una frase abbia
valore performativo è necessario non solo che ci sia un
verbo performativo, ma anche che esso sia al presente.
Gli atti linguistici
Non bisogna confondere il livello illocutivo con i
diversi modi verbali che caratterizzano il verbo
dell’enunciato, né con la forma che può assumere
una frase:
non c’è una corrispondenza necessaria tra una
domanda e una frase interrogativa, un’asserzione
e una frase dichiarativa, o un ordine e una frase
imperativa…
Gli atti linguistici
Prendiamo le tre frasi:
Puoi passarmi il sale?
Adesso faresti bene ad andartene.
Vuole uscire?
La prima e la terza sono due frasi interrogative, la
seconda una frase dichiarativa al modo
condizionale, ma in tutti e tre i casi si tratta di un
ordine. In casi come questi si parla di atti
linguistici indiretti.
Gli atti linguistici
Atti linguistici indiretti (Searle 1975): negli atti
linguistici indiretti non si dice direttamente ciò
che si intende dire; ad esempio il parlante formula
una domanda anche se intende ottenere un’azione
da parte dell’interlocutore:
Scommetto che ti sei dimenticato!
Le spiace smettere di fumare?
Vuole sedersi più avanti?
Certo che c’è un caldo tremendo...!
Ma non dirmi! Ma va là!
Bevi un altro bicchiere e me ne vado
Gli atti linguistici sono culturespecific
Gli atti linguistici sono spesso culture-specific.
Nella seconda parte di questo corso
analizzeremo come parlanti di varie lingue
gestiscono delle routines conversazionali
(chiedere scusa, ringraziare, dare un ordine,
chiedere un favore, ecc.) utilizzando atti
linguistici diversi.
La struttura dell’informazione
Due enunciati possono condividere lo stesso contenuto
proposizionale, ma rispondere a scopi diversi (sono
quindi differenziabili a livello perlocutivo e illocutivo).
Dal punto di vista pragmatico, ciascun enunciato può
essere scomposto in due parti:
TOPIC (tema): ciò di cui si sta parlando
COMMENT (rema): ciò che il parlante intende
comunicare al suo interlocutore a proposito di ciò di cui si
sta parlando
(FOCUS: picco informativo dell’enunciato, la porzione
del comment che ha il maggior grado di dinamismo
comunicativo).
La struttura dell’informazione
Un esempio: enunciati con lo stesso contenuto
proposizionale, ma con articolazione topiccomment diversa:
Questa sera vado al ristorante
(Sai una cosa?) io questa sera al ristorante ci
vado
(No, no,) al ristorante ci vado questa sera
Al ristorante ci vado io (– non lui! Lui sta a casa
stasera…)
La struttura dell’informazione
Topic
Questa sera
io questa sera al ristorante
al ristorante
Al ristorante ci vado
Comment (focus)
vado al ristorante
ci vado
ci vado questa
sera
io
Tipicamente, il topic corrisponde a informazione
data o presupposta (che il parlante ritiene cioè
nota all’ascoltatore), mentre il comment/focus a
informazione nuova.
Le massime di Grice
Una proprietà del linguaggio è la possibilità che
esso sia utilizzato non letteralmente. È cioè
possibile dire qualcosa di diverso e di più rispetto
a quello che le espressioni significano
letteralmente.
Com’è possibile allora che i parlanti si capiscano?
Il filosofo inglese Paul Grice ha mostrato che gli
scambi comunicativi sono guidati da una logica
particolare, detta logica della conversazione.
Le massime di Grice
- Significato del parlante: ciò che il parlante intende
dire – strettamente connesso con lo scopo comunicativo
e il livello illocutivo;
- Significato dell’enunciato: ciò che vogliono dire le
parole che compongono l’enunciato – significato
letterale.
Spesso nella conversazione intendiamo comunicare
altro, o più, di ciò che effettivamente diciamo.
A: Vai a Stoccolma domani?
B: C’è lo sciopero degli aerei.
(= No, non vado, a causa dello sciopero)
Le massime di Grice
Perché la comunicazione riesca, è essenziale
che l’interlocutore acceda al significato del
parlante, che comprenda l’intenzione
comunicativa del parlante
!! Grice è il primo a parlare in modo
sistematico del non-detto, dell’implicito che
sta tra significato letterale e non-letterale,
significato del parlante e significato
dell’enunciato !!
Le massime di Grice
Due domande:
--- Come si può calcolare il
significato del parlante quando esso
non coincide col significato
dell’enunciato?
--- Come si possono riconoscere le
intenzioni del parlante, in un quadro
di razionalità?
Le massime di Grice
Secondo Grice, la comunicazione linguistica è un
tipo particolare di comportamento cooperativo
razionale:
- considerazioni razionali (da parte sia del parlante
che dell’interlocutore) guidano la condotta della
conversazione;
- la conversazione deve adeguarsi, come regola
generale, allo scopo condiviso dello scambio
conversazionale.
Le massime di Grice
Principio di cooperazione:
--- conforma il tuo contributo conversazionale a
quanto è richiesto, nel momento in cui avviene,
dall’intento comune accettato o dalla direzione
dello scambio verbale in cui sei impegnato
Principio interiorizzato per l’interazione, non
regola assoluta: infatti si può violare, anche
intenzionalmente, il principio di cooperazione (ad
es. quando si evita di rispondere: ‘non ricordo’)
Le massime di Grice
Il principio di cooperazione si articola in massime,
raggruppate in quattro categorie: di quantità, di
qualità, di relazione e di modalità. Le massime
sono concepite come raccomandazioni al parlante.
Massima di quantità: Fornisci l’informazione
necessaria, ossia né troppa né troppo poca
Massima di qualità: Sii veritiero, in base alle
prove in tuo possesso (cioè: non dire ciò che sai
essere falso o ciò per cui non hai prove adeguate)
Le massime di Grice
Massima di relazione o rilevanza: Sii
pertinente (ossia fornisci soltanto
informazioni pertinenti alla
conversazione che stai svolgendo)
Massima di modalità: Evita oscurità e
ambiguità; sii breve e ordinato
Le massime di Grice
I partecipanti alla conversazione tacitamente e
inconsciamente si comportano seguendo queste
massime. A volte però i partecipanti a una
conversazione sembrano violare alcune di queste
massime; alcune volte questa violazione è reale, e
allora la comunicazione fallisce. Se invece la
violazione è apparente, perché il parlante non ha
usato le espressioni nel loro significato letterale,
l’interlocutore ricostruisce l’intenzione del
parlante attraverso un’implicatura
conversazionale.
Le massime di Grice
Come funziona l’implicatura conversazionale (IC)?
Es.
Alcuni studenti hanno superato brillantemente il test
(IC: non molti studenti hanno superato brillantemente
il test).
Molti studenti hanno superato brillantemente il test
(IC: non tutti gli studenti hanno superato
brillantemente il test).
Maria ha due figli
(IC: Maria non ha tre/quattro/cinque/... figli).
Le massime di Grice
Come funziona l’implicatura conversazionale (IC)?
Dire “tutti gli studenti” sarebbe stato più informativo
che dire “molti studenti”; “molti” sarebbe stato più
informativo che “alcuni”; “tre figli” sarebbe stato più
informativo di “due”, ecc.
L’ascoltatore ragiona sulla base della massima della
quantità: se il parlante non ha usato la formulazione
più informativa è perché non era in grado di farlo,
attenendosi alla massima di qualità: cioè, o non sa se, o
sa che non vale la formulazione più informativa.
Implicatura conversazionale
Immaginiamo il seguente scambio
A: Is Mark there?
B: There’s a pink cadillac behind the library building
La battuta di B viola apparentemente la massima di
relazione/rilevanza. La comunicazione però funziona
lo stesso perché A assume che B non sia pazzo e che
quindi la sua risposta debba avere senso. Formula
pertanto un’implicatura conversazionale riguardo alla
risposta di B (per esempio “ricostruisce” che la pink
cadillac è la macchina di Mark).