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n. 07 – luglio 2015
Sommario
Pagina
NEWS
Ambiente, antincendio, appalti, economia e fisco, edilizia e urbanistica, energia, Pubblica
Amministrazione, rifiuti
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Appalti, Pubblica Amministrazione/Enti locali
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APPROFONDIMENTI
Appalti
L'ESCLUSIONE DALLA GARA NON VA PRECEDUTA DA UN CONTRADDITTORIO
Una controversia inquadrabile in un modello che spesso occupa le aule di giustizia
amministrativa, scaturita da un classico caso di esclusione da gara d’appalto per mancanza
di un requisito richiesto dal bando, costituisce l’occasione per il Tar perugino di fare alcune
interessanti precisazioni, tali peraltro - almeno in apparenza - da (de)limitare l’operatività
della semplificazione, miraggio della normativa amministrativa degli ultimi decenni.
Davide Ponte, il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, Edizione del 4 luglio 2015, n. 28
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Edilizia e urbanistica
LE SANZIONI IN EDILIZIA
Le sanzioni amministrative in edilizia possono essere divise in due macro-categorie:
pecuniarie o non pecuniarie. Le prime trovano la loro applicazione in relazione a irregolarità
edilizie meno gravi e comportano, a carico del trasgressore, una sanzione che si risolve nel
pagamento di una somma in danaro. Le sanzioni non pecuniarie, viceversa, si applicano alle
irregolarità più gravi e si traducono in provvedimenti di vario tipo quali la sospensione dei
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lavori, la demolizione e il ripristino dello status quo ante, l’acquisizione gratuita al
patrimonio comunale.
Il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n. 979 (Quaderno)
Edilizia e urbanistica
LA DEMOLIZIONE DELL'OPERA ABUSIVA
Esaminando il contenuto del T.U. edilizia potremmo notare che la demolizione è prevista
all’interno di numerose norme. L’ art. 31, comma 2 , prevede la demolizione delle opere nel
caso in cui l’intervento edilizio sia stato realizzato in assenza del preventivo rilascio del
necessario permesso di costruire ovvero nel caso in cui esse siano state realizzate in totale
difformità dal titolo rilasciato ovvero con variazioni essenziali.
Il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n. 979 (Quaderno)
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Edilizia e urbanistica
ACCESSO GRATUITO DEI COMUNI ALLE PLANIMETRIE CATASTALI
Semaforo verde per l’accesso gratuito, da parte dei comuni, alle planimetrie catastali degli
immobili. La nuova funzionalità, che consente ai comuni di visualizzare, a titolo gratuito, la
planimetria di un immobile con accesso diretto alle banche dati catastali, è stata messa a
disposizione dall’Agenzia delle entrate tramite la piattaforma telematica Sister, già utilizzata
dai comuni per le consultazioni o le visure catastali. In virtù del nuovo servizio, che è partito
l’11 maggio 2015, gli enti locali avranno quindi a disposizione un ulteriore strumento per
migliorare la propria gestione della fiscalità immobiliare e per affinare i controlli urbanistici
ed edilizi.
Roberto Pennisi, il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n.
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Pubblica Amministrazione
LO “SPLIT PAYMENT” IVA
L’Agenzia delle Entrate è tornata con una nuova corposa circolare – la n. 15/E/2015 – sul
complesso tema dello split payment nei rapporti Iva con il settore pubblico, al fine di
arricchire il quadro applicativo già fin qui illustrato.
Stefano Baruzzi, Il Sole 24Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n.
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L’ESPERTO RISPONDE
Edilizia, Pubblica Amministrazione
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 Ambiente
 Esclusione della verifica di assoggettabilità alla VIA: soluzione legittima anche se a
posteriori
Se l’amministrazione, utilizzando l’istituto della convalida degli atti, regolato dal diritto interno,
completa in un secondo momento l’esame necessario per escludere la verifica di assoggettabilità alla
VIA, questa soluzione appare legittima, in quanto consente di salvaguardare l’effetto utile del diritto
comunitario.
Con la sentenza n. 968/2015, la Sezione I del TAR Lombardia-Brescia si è pronunciato sulla
esclusione della verifica di assoggettabilità alla VIA, osservando che il giudizio reso a posteriori non
è in contrasto con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria, la quale si preoccupa
di chiarire quali conseguenze derivino dalla mancata previa effettuazione della VIA o della verifica di
assoggettabilità alla VIA. L’omissione comporta, in generale, la sospensione o l’annullamento
dell’autorizzazione, salvo casi eccezionali in cui risulti preferibile per l’interesse pubblico che gli effetti
del provvedimento siano conservati, ma il vero vincolo per le autorità e i giudici nazionali è che le
conseguenze della violazione del diritto comunitario siano cancellate (v. C.Giust. GS 28 febbraio 2012
C-41/11,Inter-Environnement Wallonie, punto 63). La sospensione o l’annullamento sono quindi
soluzioni giuridiche strumentali, il cui scopo è consentire l’applicazione del diritto comunitario, anche
attraverso l’effettuazione della valutazione non eseguita in precedenza (ovvero eseguita con un
metodo inidoneo), o in alternativa attraverso il risarcimento chiesto dai soggetti che abbiano subito
pregiudizi a causa dell’omissione (v. C.Giust. Sez. IV 14 marzo 2013 C-420/11, Leth, punto 37;
C.Giust. Sez. V 7 gennaio 2004 C-201/02, Wells, punto 65).
Se dunque l’amministrazione, utilizzando l’istituto della convalida degli atti, regolato dal diritto
interno, completa in un secondo momento l’esame necessario per escludere la verifica di
assoggettabilità alla VIA, questa soluzione appare legittima, in quanto consente di salvaguardare
l’effetto utile del diritto comunitario.
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Occorre anche sottolineare che la compatibilità ambientale non è un concetto naturalistico, ma una
condizione di equilibrio tra l’idoneità dei luoghi a ospitare un’attività impattante e le prescrizioni
limitative poste alla medesima attività. Graduando e aggiornando le limitazioni è quindi possibile
migliorare l’equilibrio e confermare nel tempo il giudizio di compatibilità. Un ruolo decisivo sotto
questo profilo è svolto, da un lato, dai controlli sulle emissioni, e dall’altro dall’applicazione delle BAT
sopravvenute. In questo quadro, le verifiche successive alla messa in esercizio dell’impianto sono la
normale e necessaria prosecuzione dell’originaria valutazione di compatibilità ambientale.
(Massimiliano Atelli, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 17 luglio 2015)
 Il
parlamento europeo rilancia le ambizioni dell'UE per un'economia circolare e
sostenibile
Nuovi obiettivi vincolanti per l'Unione Europea per la transizione verso una economia circolare e della
sostenibilità: uso più efficiente delle risorse naturali, zero rifiuti e promozione di una politica di ecodesign per allungare il ciclo di vita e la progettazione ecocompatibile.
La Risoluzione
La seduta plenaria del Parlamento Europeo del 9 luglio 2015 ha approvato, con una risoluzione votata
a larga maggioranza, il rapporto “Efficienza delle risorse: transizione verso un'economia circolare”,
diretta a impegnare la Commissione Europea a non recedere dagli impegni sull’economia circolare,
ma anzi ad adottare obiettivi impegnativi più ambiziosi entro il 2015/2016, rivedendo la legislazione
in vigore, per favorire una crescita economica europea sostenibile, basata sul riutilizzo, riciclo e riuso
delle risorse nel ciclo economico, in applicazione della gerarchia dei rifiuti.
Il rapporto, in risposta alle annunciate intenzioni da parte della Commissione Europea di ritirare le
norme relative al pacchetto economia circolare, per riscriverle entro il prossimo anno, propone al
contrario all’Esecutivo comunitario di rilanciare gli impegni per la sostenibilità, tenendo conto della
scarsità di risorse, riducendone l'estrazione e l'uso, separando le azioni per la crescita dall'utilizzo
delle risorse naturali.
Meno risorse
Il Parlamento Europeo ha fissato quindi un ambizioso programma di lavoro per la Commissione, che
prevede innanzitutto una politica di azioni per il miglioramento nell'uso delle risorse, già obiettivo
prioritario del Settimo Programma d'Azione per l'Ambiente, anche adottando migliori requisiti di
progettazione e rendendo più efficace il perseguimento della gerarchia dei rifiuti, attraverso la
prevenzione, il riutilizzo, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, con un risparmio di
spesa per imprese, autorità pubbliche e consumatori stimato in 600 miliardi di Euro, circa l'8% del
fatturato annuo, una riduzione delle emissioni totali annue dei gas a effetto serra del 2-4%, un
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aumento della produttività delle risorse del 30% entro il 2030 e del PIL di circa l'1%, con la creazione
di 2 milioni di nuovi posti di lavoro sostenibili.
Eco-Design
Parte prioritaria della politica di riduzione dell’uso delle risorse, dovrebbe essere, prosegue la
risoluzione, una profonda revisione della normativa sulla progettazione ecocompatibile e sulle
politiche sui prodotti, entro la fine del 2016, prevedendo nuovi valori minimi di materiali riciclati
all'interno di nuovi prodotti, introducendo misure legislative di contrasto alla prassi dell’obsolescenza
programmata dei prodotti e a favore del ricondizionamento, riparazione, agevole smantellamento e
uso efficiente di materie prime, risorse rinnovabili o materiali riciclati nei prodotti. Al tempo stesso il
Parlamento invita la Commissione a estendere le garanzie minime ai beni durevoli di consumo, per
prolungarne il ciclo previsto di vita dei prodotti e impegnando i rivenditori di beni di consumo a
garantire tutti i guasti nei primi due anni di garanzia legale, addebitando ai consumatori soltanto
quelli provocati da uso improprio.
Zero Rifiuti
Il rapporto sull’economia circolare, approvato dalla risoluzione, impegna inoltre la Commissione ad
adottare nuovi obiettivi vincolanti per gli Stati Membri in tema di riduzione dei rifiuti, precisando
come ciò porterebbe alla creazione di altri 180 000 nuovi posti di lavoro, aumentando l’efficienza e
l’indipendenza dell'Europa dalla domanda di risorse costose e limitate, oltre a esortare, pertanto,
l’Esecutivo a definire la revisione delle direttive in materia di rifiuti entro il 2015, con adeguata
applicazione della gerarchia dei rifiuti.
In particolare, l’invito alla Commissione prevede l’adozione di una legislazione comunitaria sui rifiuti
che contenga nuove definizioni chiare e inequivocabili, misure di prevenzione dei rifiuti e obiettivi
vincolanti di riduzione dei rifiuti per i rifiuti urbani, commerciali e industriali da conseguirsi entro il
2025, chiare norme minime riguardanti i requisiti di responsabilità estesa del produttore per garantire
la trasparenza e l'efficacia in termini di costi dei regimi di responsabilità estesa del produttore,
l’adozione estesa di un nuovo principio “paga quanto butti” per i rifiuti residui, insieme a sistemi
obbligatori di raccolta differenziata per carta, metallo, plastica e vetro, per agevolare l'elevata qualità
dei materiali riciclati.
Ancora, prosegue la risoluzione, la nuova normativa sui rifiuti dovrà prevedere l’introduzione di
sistemi obbligatori di raccolta differenziata per i rifiuti organici entro il 2020, l’aumento degli obiettivi
di riciclaggio e di preparazione per il riutilizzo fino al 70% dei rifiuti solidi urbani e all'80% dei rifiuti
di imballaggio riciclati, l’introduzione dell'obbligo per gli addetti al riciclaggio di comunicare le
quantità di rifiuti immessi nell'impianto di selezione dei rifiuti e la quantità di prodotti riciclati in uscita
dagli impianti di riciclaggio, la rigorosa limitazione degli inceneritori, con o senza recupero di energia,
ai rifiuti non riciclabili e non biodegradabili, entro il 2020, insieme alla riduzione vincolante e graduale
di tutti i tipi di smaltimento in discarica, coerentemente con gli obblighi di riciclaggio, fino a
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raggiungere un divieto completo per le discariche, fatta eccezione per determinati rifiuti pericolosi e
rifiuti residui per i quali la discarica rappresenta il metodo di smaltimento più ecologico e, infine,
l’incoraggiamento per gli Stati Membri a introdurre oneri sul collocamento in discarica e
l'incenerimento dei rifiuti.
(Mauro Calabrese, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 15 luglio 2015)
 Tutela dell'ambiente: anche il singolo è legittimato ad agire in giudizio
Pur costituendo l’ambiente un bene pubblico, non suscettibile di appropriazione individuale, poiché
indivisibile, unitario, multiforme e non attribuibile al singolo cittadino, compete al singolo soggetto
la legittimazione ad agire in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo che possa
produrre effetti potenzialmente negativi sull’ambiente nelle immediate vicinanze al luogo dove egli
vive.
La sentenza
Così ha argomentato la quinta sezione del Consiglio di Stato, con la decisione 18 giugno 2015 n.
3118, riconoscendo la legittimazione ad agire in giudizio a favore di una proprietaria di un terreno
nelle immediate vicinanze della fascia demaniale costiera del lago Trasimeno, interessata dalla
realizzazione del progetto di una pista ciclabile da parte della Comunità montana, per l’annullamento
degli atti di approvazione del progetto, pur respingendo nel merito l’appello proposto dalla stessa
verso la sentenza di primo grado del Tar Umbria.
I giudici di Palazzo Spada, nel valutare nel merito i motivi del ricorso, affermano la legittimazione di
un singolo in materia di tutela dell’ambiente, riconoscendo la possibilità di agire in giudizio per
contestare la legittimità dei provvedimenti amministrativi produttivi di effetti sull’ambiente, non in
quanto titolare dell’interesse diffuso, ma in quanto portatore di un interesse qualificato e
differenziato.
L’interesse del singolo
Ad avviso dei giudici amministrativi, invero, l’ambiente unifica distinte tutele giuridiche, riguardo
diversi beni della vita, facendone un bene pubblico, per quanto non suscettibile di appropriazione
individuale, indivisibile, unitario, non attribuibile e multiforme, ma che al tempo stesso va
riconosciuto un interesse, non già diffuso, ma bensì qualificato e differenziato, ai fini della
legittimazione a ricorrere, in capo al proprietario di un fondo non direttamente interessato da un
intervento urbanistico autorizzato, ma che possa subire disturbi e disagi di fatto sul godimento o sul
valore di mercato del bene stesso o anche sull'interesse alla conservazione dell'assetto dell’ambiente
in cui è inserito.
Per poter fondatamente argomentare la propria legittimazione, prosegue la sentenza, il singolo
cittadino dovrà individuare con precisione il bene della vita che potrebbe essere pregiudicato
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dall’intervento della pubblica amministrazione, quali il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo o anche
direttamente il proprio terreno, fornendo altresì la prova che non si tratti di un bene che appartiene
in maniera identica e indivisibile a una pluralità di soggetti, privi ciascuno della esclusiva disponibilità,
connotato presente nell’interesse legittimo, ma che, rispetto ad esso, egli si trovi in una posizione
differenziata e qualificata, tale da conferirgli la supposta legittimazione individuale a impugnare l’atto
amministrativo.
Il caso deciso
Nel caso deciso, il Consiglio di Stato, pur respingendo il ricorso per altri motivi di diritto, ha statuito
che la ricorrente non ha agito a difesa di un interesse ambientale diffuso, bensì a difesa della propria
individuale porzione dell’interesse ambientale, qualificato e differenziato in relazione alla sua
proprietà, potenzialmente lesa dagli interventi autorizzati astrattamente idonei a incidere sulla
propria sfera giuridica riducendo il diritto di disposizione e di godimento, pieno ed incondizionato, del
proprio fondo, anche sotto il profilo della salubrità e della conservazione dell’ambiente inalterato e
protetto.
(Mauro Calabrese, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 15 luglio 2015)
 La
Regione non può provvedere all'affidamento del servizio idrico integrato, né
determinarne la tariffa
Spetta in via esclusiva allo Stato, rientrando nelle materie di tutela della concorrenza e dell’ambiente,
la competenza a stabilire le forme di gestione, le modalità di affidamento al soggetto gestore,
compreso il procedimento di determinazione della tariffa, relative al servizio idrico integrato, in
quanto servizio pubblico locale a rilevanza economica.
La Corte Costituzionale
E’ quanto ha fermamente ribadito la Corte Costituzionale con la recente Sentenza 25 giugno 2015
n.117 con la quale ha pronunciato l’illegittimità costituzionale delle norme della Regione Campania
che prevedono, per i servizi idrici integrati ancora in gestione alla stessa, l’affidamento diretto
mediante convenzione della gestione provvisoria, per un periodo di trentasei mesi, oltre ad attribuire
a una apposita “Struttura” la competenza alla determinazione delle tariffe del servizio medesimo.
La Sentenza della Consulta si è pronunciata sulla complessa impugnazione avanzata dal Presidente
del Consiglio dei Ministri verso numerose disposizioni della Legge della Regione Campania 7 agosto
2014, n. 16, recante “Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere
ordinamentale e organizzativo – collegato alla legge di stabilità regionale 2014”, per contrasto con
gli artt. 3, 9 e 117, primo comma, secondo comma, lettere e) ed s), e terzo comma, della
Costituzione.
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La Legge Regionale
Le variegate disposizioni impugnate, oltre alla tematica dei servizi idrici, spaziano invero dalle
previsioni concernenti l'attività di guida archeologica subacquea, alla previsione di una nuova
modalità di riconoscimento per la professione di interprete turistico, a norme della Regione in tema
di sanatoria di abusi edilizi fino a norme in tema di ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e
termali, delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente.
In particolare, le norme dichiarate illegittime dalla Corte per contrasto l’art. 117, secondo comma,
lettere e) ed s), Cost., consentirebbero alla Regione di individuare direttamente uno o più soggetti
cui affidare, in via transitoria per un periodo di trentasei mesi, la gestione del servizio idrico in attesa
di avviare le procedure di affidamento regolari, nel rispetto della normativa nazionale e dell’Unione
Europea.
I Giudici Costituzionali hanno sottolineato, invero, come tali norme, violando la competenza esclusiva
in materia di tutela dell’ambiente e di tutela della concorrenza, si pongano in esplicito contrasto con
la normativa transitoria di cui all’art. 13, commi 2 e 3, del Decreto Legge 30 dicembre 2013, n. 150
(convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15), cosiddetto
“Decreto Milleproroghe 2013”, ma soprattutto con il disposto dell’art. 7 del Decreto Legge 12
settembre 2014, n. 133 (convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre
2014, n. 164) cosiddetto Decreto “Sblocca Italia”, che assegnano ai Prefetti l’esercizio di un apposito
potere sostitutivo per l’affidamento del servizio idrico cui gli enti competenti non abbiano provveduto
entro il termine del 30 giugno 2014, con automatica cessazione degli affidamenti in corso non
rispondenti alla normativa europea.
Ricorda a tal proposito la Sentenza, sottolineando un ulteriore profilo di criticità delle norme
impugnate, che la competenza a individuare il soggetto gestore del servizio idrico integrato spetta
oggi all’Ente di Governo, subentrato all’Autorità d’Ambito, localmente individuato e non alla Regione,
ai sensi degli artt. 142, 147 e 149 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cd Codice
dell’Ambiente, permanendo in capo alla Regione, esclusivamente la competenza per l’esercizio
eventuale del potere sostitutivo per la istituzione o la designazione dell’Ente di Governo medesimo.
L’inerzia della Regione Campania
La difesa della Regione ha fatto, altresì, leva propria sulla circostanza, dovuta però a una propria
inescusabile “inerzia” e ritardo, che la stessa risulta ancora direttamente affidataria e gestore in via
di fatto di parti rilevanti del servizio idrico a livello regionale, ben oltre il termine, normativamente
previsto in origine al 30 giugno 2012, per l’individuazione del nuovo Ente di Governo cui spetta la
competenza, nelle forme e nei modi previsti, per l’affidamento della gestione, peraltro consentendo
un’ulteriore ingiustificabile proroga di 36 mesi per il perfezionamento delle procedure entro termini
di recente giù modificati a livello statale dal richiamato Decreto “Sblocca Italia”.
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La Tariffa
Parimenti illegittima viene quindi dichiarata la norma regionale che affida alla stessa la competenza,
per mezzo di una apposita cosiddetta “Struttura”, a partecipare al procedimento di determinazione
delle tariffe, contravvenendo al disposto degli artt. 149, comma 1, lettera d), e 152, comma 4, del
D.Lgs. n. 152 del 2006, che affidano esclusivamente al medesimo Ente di Governo la prerogativa di
predisporre la tariffa di base da sottoporre all’approvazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas
e il sistema idrico (AEEGSI), la sola a poter determinare, in via provvisoria e sostitutiva, le tariffe,
quando manchi la predisposizione di esse da parte dell’ente competente, ai sensi dell’art. 3, comma
1, lettera f), del DPCM 20 luglio 2012, recante “Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia
elettrica e il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici”.
(Mauro Calabrese, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 10 luglio 2015)

Accesso all'informazione ambientale negato quando la divulgazione reca pregiudizio
allo svolgimento di procedimenti giudiziari
Con la sentenza n. 8971/2015, la Sezione III ter del TAR Lazio si è pronunciata sull’art. 5 D.lgs.
195/2005, il quale al co. 2 stabilisce che: “2. L'accesso all'informazione ambientale è negato quando
la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio: (…) c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari
o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere indagini per l'accertamento di illeciti”. Secondo i
giudici amministrativi laziali, l’Amministrazione deve svolgere adeguata istruttoria richiedendo il nulla
osta alla Procura competente e titolare delle indagini al fine di poter consentire la diffusione delle
informazioni ambientali richieste, atteso che solo la Procura era il soggetto competente a poter
decidere se la divulgazione di determinate informazioni ambientali potesse o meno nuocere allo
svolgimento delle indagini.
ACCESSO – ALLE INFORMAZIONI AMBIENTALI
TAR Lazio, sez. III ter, Sentenza 6.7.2015, n. 8971 Accesso - Alle informazioni ambientali – Se
rilevanti in procedimenti o indagini penali in corso l’amministrazione è tenuta ad acquisire il nulla
osta alla divulgazione da parte della Procura. Ai sensi dell’art. 5 D.lgs. 195/2005, l'accesso
all'informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio: (…)
c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere
indagini per l'accertamento di illeciti”. In tal caso, l’Amministrazione deve svolgere adeguata
istruttoria richiedendo il nulla osta alla Procura competente e titolare delle indagini al fine di poter
consentire la diffusione delle informazioni ambientali richieste.
(Massimiliano Atelli, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 7 luglio 2015)
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 Nuove misure in materia di rifiuti, di AIA e di sicurezza sul Lavoro per stabilimenti di
interesse strategico nazionale
Sulla Gazzetta Ufficiale n.153 del 4 luglio scorso è stato pubblicato il Decreto Legge 4 luglio 2015
n.92 “Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per
l'esercizio dell’attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”. Il
Decreto è entrato in vigore il 4 luglio stesso. Il provvedimento apporta le seguenti modifiche al Testo
unico ambientale (D.Lgs. n.152/2006):
• Art.183 comma 1 lettera f): "produttore di rifiuti": il soggetto la cui attività produce rifiuti e il
soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque
effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la
natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore);
• Art.183 comma 1 lettera o): "raccolta": il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il
deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera
"mm", ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;
• Art.183 comma 1 lettera bb): "deposito temporaneo": il raggruppamento dei rifiuti effettuato e il
deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento
effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera
area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori
agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della
cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004 , e
successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo
stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al
suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una
delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno
trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito
raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In
ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito
temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto
delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano
il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze
pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le
modalità di gestione del deposito temporaneo.
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Relativamente
ai
procedimenti
di
Autorizzazione
Integrata
Ambientale
avviati
a
seguito
dell’emanazione del D.Lgs. n.46/2014, e che dovrebbero concludersi entro il 7 luglio 2015, in ogni
caso le installazioni possono continuare l'esercizio in base alle autorizzazioni previgenti, se del caso
opportunamente aggiornate a cura delle autorità che le hanno rilasciate.
In riferimento agli stabilimenti di interesse strategico nazionale sottoposti a provvedimenti di
sequestro, quando lo stesso si riferisca ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza sul lavoro, non ne è
impedito l’esercizio, ma l’attività non può protrarsi per un periodo di tempo superiore a 12 mesi
dall’adozione del provvedimento di sequestro. Per la prosecuzione dell’attività l’impresa deve
predisporre entro 30 giorni dall’adozione del provvedimento di sequestro, un piano recante misure e
attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite
all’impianto oggetto del provvedimento di sequestro. Tale piano deve essere trasmesso all’autorità
giudiziaria procedente, al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, agli uffici della ASL e dell’INAIL.
Tali disposizioni si applicano anche ai provvedimenti di sequestro già adottati alla data di entrata in
vigore del presente decreto e i termini di adeguamento decorrono dalla medesima data.
(Francesca Sartori, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 7 luglio 2015)
 Pubblicità legale dei progetti sui quotidiani: il Tar chiarisce
Con la sentenza n. 1520/2015, la III Sezione del TAR Lombardia-Milano si è pronunciata sulla vicenda
di una Provincia che aveva provveduto a far pubblicare un secondo avviso pubblico di comunicazione
di avvio/rettifica del procedimento per la dichiarazione di pubblica utilità di una data opera sul
quotidiano "La Repubblica" edizione locale di Milano ed edizione nazionale, nella stessa data.
In merito, hanno osservato i giudici amministrativi milanesi, occorre rilevare che l’utilizzo
dell’edizione nazionale e di quella locale soddisfa sia l’obbligo di comunicazione su un quotidiano
nazionale ed uno locale, come previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 10.08.1988, n. 377, richiamato dall’art. 166 del Codice dei contratti, sia la previsione dell’art.
24 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che ha sostituito il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
10.08.1988, n. 377, secondo il quale “Nel caso di progetti per i quali la competenza allo svolgimento
della valutazione ambientale spetta alle regioni, si provvederà con la pubblicazione su un quotidiano
a diffusione regionale o provinciale”.
TAR Lombardia-Milano, sez. III, Sentenza 1.7.2015, n. 1520
Pubblicità legale del procedimento per la dichiarazione di pubblica utilità – Edizione locale e nazionale
di un quotidiano – Doppia pubblicazione in unica data – Ammissibilità
L’utilizzo per la pubblicità legale dell’edizione nazionale e di quella locale soddisfa sia l’obbligo di
comunicazione su un quotidiano nazionale ed uno locale, come previsto dall'articolo 5 del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 10.08.1988, n. 377, richiamato dall’art. 166 del Codice dei
contratti, sia la previsione dell’art. 24 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che ha sostituito il decreto
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del Presidente del Consiglio dei Ministri 10.08.1988, n. 377, secondo il quale “Nel caso di progetti
per i quali la competenza allo svolgimento della valutazione ambientale spetta alle regioni, si
provvederà con la pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale”.
(Massimiliano Atelli, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 2 luglio 2015)
 AUA - Modello unico per la richiesta di autorizzazione
Sul Supplemento Ordinario n.35 alla Gazzetta Ufficiale n.149 del 30 giugno 2015 è stato pubblicato
il Decreto 8 maggio 2015 “Adozione del modello semplificato e unificato per la richiesta di
autorizzazione unica ambientale – AUA”. Con il decreto è stato adottato il modello semplificato e
unificato per la richiesta di autorizzazione unica ambientale (AUA) ai sensi dell'art. 10, comma 3, del
decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59. Le regioni, entro il 30 giugno 2015,
adeguano i contenuti del modello adottato con il presente decreto, in relazione alle normative
regionali di settore.
(Francesca Sartori, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 1 luglio 2015)
 Dal Ministero dell'Ambiente nuovi chiarimenti sulle modalità applicative della nuova
AIA
Pubblicata sul portale internet del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la
Circolare del 17 giugno 2015 n.12422 che rende noti gli ulteriori criteri e chiarimenti circa le modalità
di applicazione uniforme, su tutto il territorio nazionale, della normativa in materia di Autorizzazione
Integrata Ambientale e di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC-Integrated
Pollution Prevention and Control), alla luce delle recenti modifiche introdotte dal Decreto Legislativo
4 marzo 2014 n.46.
Il tavolo di Coordinamento
La Circolare del Ministero, che fa seguito alla precedente analoga Circolare del 27 ottobre 2014
n.22295,
recepisce
le
ulteriori
indicazioni
del
Tavolo
di
Coordinamento
tra
Regioni
e
Ministero, istituito ai sensi dell’articolo 29-quinquies del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n.152,
cd Codice dell’Ambiente, anche sulla scorta dei chiarimenti fomiti dalla Direzione Generale
“Ambiente” della Commissione Europea circa l'applicazione della Direttiva 2010/75/UE del 24
novembre
2010,
relativa
alle
emissioni
industriali
e
prevenzione
e
riduzione
integrate
dell’inquinamento, cd Direttiva “IPPC”, in merito ai quesiti e alle richieste pervenuti dalle Autorità
competenti al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale e dalle associazioni imprenditoriali.
I criteri circa le modalità applicative, pur non avendo pieno valore di interpretazione autentica,
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costituiscono testualmente per gli uffici del Ministero dell’Ambiente e per l’Istituto Superiore per la
Prevenzione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), “direttiva per la corretta applicazione della norma” in
materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.
La normativa IPPC
Il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, ha recepito nell’ordinamento interno la Direttiva 2010/75/UE
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC), modificando le disposizioni del D.Lgs.
152/06 in materia di rilascio, aggiornamento e riesame dell'Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA) degli impianti industriali. La normativa IPPC si fonda, appunto, sull’approccio integrato, che
comporta la valutazione dell'impatto ambientale nella sua interezza, comprendendo emissioni in aria,
acqua e suolo, produzione di rifiuti, utilizzo di risorse, efficienza energetica, rumore, radiazioni,
vibrazioni, prevenzione degli incidenti e ripristino del sito dopo la chiusura, con lo scopo di conseguire
un'elevata protezione dell'ambiente nel suo complesso; sulle cosiddette “BAT” (Best Available
Techniques), per cui gli impianti soggetti ad autorizzazione devono rispettare le condizioni basate
sulle migliori tecniche disponibili (MTD); infine, le autorità locali competenti per il rilascio delle
autorizzazioni, devono tenere conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto, della localizzazione
geografica e delle condizioni ambientali locali.
La normativa europea prevede, inoltre, un'ampia partecipazione del pubblico, in linea con i principi
della convenzione di Aarhus, garantendo il diritto della popolazione coinvolta di partecipare al
processo decisionale ed essere informata delle conseguenze della realizzazione degli impianti.
Con il D.Lgs. n.46/14 sono state introdotte rilevanti novità e nuovi adempimenti per le imprese in
materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), il provvedimento amministrativo per l'esercizio
di una installazione o di parte di esso a determinate condizioni, che devono garantire la conformità
ai requisiti di cui alla Parte II del D.Lgs. n. 152/2006, prevedendo, tra l’altro, l’estensione
della normativa con l’introduzione di nuove attività del comparto industriale e di gestione rifiuti, con
la previsione di ulteriori adempimenti in capo ai gestori delle installazioni soggette ad A.I.A., con
l’introduzione dell’istituto del riesame con valenza di rinnovo, ai sensi del quale l’autorità competente
riesamina periodicamente l’AIA, confermando o aggiornando le relative condizioni, e individuando le
condizioni per cui detto riesame debba essere disposto, superando la procedura amministrativa di
rinnovo dell’AIA precedentemente prevista dalla normativa nazionale in materia.
I criteri applicativi
Tra i criteri forniti dalla Circolare del MATT, dopo aver individuato le migliori tecniche disponibili per
le attività di trattamento e gestione indipendente delle acque reflue, si segnala la conferma della
esclusione dall’AIA dei depuratori di acque reflue urbane che trattino esclusivamente reflui recapitati
da fognature di reflui urbani e nel rispetto di determinate soglie, a eccezione degli impianti di
pretrattamento necessari per il raggiungimento dei parametri necessari per lo scarico nella pubblica
fognatura.
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14
Chiarita, inoltre, la limitazione dell’applicazione dell’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 46/2014, che
prevede rigidi limiti temporali, alle sole installazioni al cui interno non sono svolte attività già soggette
agli obblighi previgenti in materia di IPPC, sulla base della normativa in vigore, consentendo
l’ottenimento dell’AIA per le parti sprovviste in sede di primo riesame o aggiornamento sostanziale.
Vengono quindi definite le soglie produttive che determinano l’assoggettabilità ad AIA per gli impianti
produttivi dell’industria alimentare e di mangimi e di quelli per la produzione dei prodotti chimici;
sono chiarite meglio le attività di autodemolizione, che tipicamente comprendono la messa in
sicurezza, demolizione, pressature e tranciatura, assoggettate ad AIA solo se comprensive della
attività frantumazione dei veicoli; chiarite anche le attività di trattamento di scorie e ceneri, da
interpretare in senso stretto, con riferimento a quelle prodotte nei processi metallurgici e da processi
di combustione; previsto, altresì, l’aggiornamento o il riesame delle AIA per i cementifici che
effettuano attività di coincenerimento; ulteriori chiarimenti riguardano le soglie per il trattamento
fisico-chimico dei rifiuti, da intendersi come alternativo.
Da un punto di vista procedurale, vengono forniti chiarimenti alle Autorità locali competenti in merito
alla valutazione delle migliori tecniche disponibili, laddove non sia stati adottati in sede comunitaria
appositi documenti di riferimento, cosiddetti “BREF” (Best Available Techniques Reference
Document); ancora, in merito alla presentazione della relazione di riferimento di cui al D.M. n.
272/2014 riguardo le nuove istanze per il rilascio, la modifica o il riesame dell’AIA, vengono fornite
indicazione circa le modalità e la tempistica per la richiesta e la produzione della documentazione
necessaria; infine, sempre in merito alla relazione di riferimento, la Circolare chiarisce che gli impianti
che effettuano gestione rifiuti non sono tenuti a presentarla, nemmeno nella forma della verifica
preliminare, in relazione ai rifiuti gestiti, in quanto i rifiuti sono esclusi dalla normativa comunitaria
in materia di “sostanze pericolose” e che gli interventi resi necessari successivamente alla chiusura
di tali impianti sono già sottoposti alle condizioni previsti dalle specifiche autorizzazione per la
costruzione e la realizzazione degli stessi, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. 152/2006.
(Mauro Calabrese, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 25 giugno 2015)


Antincendio
Via libera al decreto sugli articoli pirotecnici
Nella seduta di venerdì 17 ha approvato in esame definitivo dopo aver ottenuto il parere favorevole
delle Commissioni parlamentari competenti, il decreto legislativo recante l’attuazione della direttiva
2013/29/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a
disposizione sul mercato di articoli pirotecnici. Il decreto legislativo di attuazione della direttiva,
proposto al Consiglio dal Presidente e dai Ministri delle Interno, della Difesa e dello Sviluppo
economico definisce la disciplina volta ad attuare la libera circolazione degli articoli pirotecnici nel
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mercato interno, assicurando, nel contempo, le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza
pubblica e di tutela della pubblica incolumità, la tutela dei consumatori e la protezione ambientale.
Il presente decreto individua, inoltre, i requisiti essenziali di sicurezza che gli articoli pirotecnici
devono possedere per poter essere messi a disposizione sul mercato.
(Il Sole 24Ore – Tecnici24, 20 luglio 2015)
 Appalti
 Durc on-line, la nuova procedura semplificata di rilascio del Documento Unico di
Regolarità Contributiva
Con il Comunicato congiunto del 25 giugno 2015 l'ANAC e il Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali hanno reso noto che, a decorrere dal 1° luglio 2015, la verifica della regolarità contributiva ai
fini dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, ai sensi
dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006, non potrà più avvenire attraverso il sistema AVCpass, ma
esclusivamente attraverso la nuova procedura di acquisizione del DURC nelle modalità previste dal
decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015 (G.U. n. 125 del 1 giugno
2015), così come specificate dallo stesso Ministero con circ. n. 19/2015.
Ciò in ragione della espressa previsione di legge secondo la quale la nuova modalità di acquisizione
del DURC “assolve all’obbligo di verificare la sussistenza del requisito di ordine generale di cui
all’articolo 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, presso la Banca dati nazionale
dei contratti pubblici” istituita presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione (art. 4, comma 3, D.L. n.
34/2014).
Le richieste acquisite tramite il sistema AVCpass fino al 30 giugno 2015 saranno comunque evase
regolarmente secondo le vigenti modalità.
Secondo i dati forniti dal Ministero nelle prime due settimane oltre 193 mila richieste di certificazione,
il 67,86% ha ottenuto il rilascio immediato del Documento. Esordio positivo considerando che
dall'avvio dell'operatività, scattata il 1° luglio, sono state 193.924 le richieste della certificazione
pervenute ai tre enti gestori della procedura (Inps, Inail e Casse Edili).
Per 131.597 (pari al 67,86%) c'è stato il rilascio immediato del Durc che, è utile ricordarlo, ha validità
di quattro mesi e può essere utilizzato per ogni finalità richiesta dalla legge senza bisogno di
richiederne uno nuovo ogni volta. Un dato positivo, perché attesta, già nell'immediato, un'elevata
percentuale di conformità ai requisiti di legge da parte delle imprese.
Per le restanti 62.327 richieste (pari al 32,14% del totale) è stata avviata un'istruttoria che nel 20%
circa dei casi si conclude entro le 72 ore dalla presentazione della domanda con il rilascio di un Durc
regolare.
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Per il restante 80%, le aziende vengono invitate a regolarizzare la propria posizione in quanto è stata
verificata una situazione di mancato versamento contributivo o, comunque, di non conformità ai
requisiti previsti dalla legge.
"I risultati positivi di questi primi giorni - sottolinea il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali,
Giuliano Poletti - ci confermano la bontà della scelta di costruire la nuova procedura di rilascio del
Durc, frutto di un'impegnativa attività comune di Ministero, Inps, Inail e Casse Edili per la completa
informatizzazione e la creazione di collegamenti tra le diverse banche dati. Una procedura che riduce
i tempi per l'ottenimento della certificazione e, di conseguenza, consente risparmi significativi, in
termini di impiego di ore di lavoro, per le imprese, le pubbliche amministrazioni ed i soggetti tenuti
al rilascio del Durc".
(Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 17 luglio 2015)
 L'Anac revoca l'autorizzazione alla SOA familiare
È legittimo il provvedimento con il quale l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), ha revocato
l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione a una Società organismo di attestazione
(SOA), a causa della violazione dei principi che regolano lo svolgimento della sua attività di gestione.
Questo, il principio sancito dal Consiglio di Stato, sezione 6, con la sentenza 2 luglio 2015, n. 3290.
Nel caso in esame, il Consiglio dell’Anac, era intervenuto disponendo la revoca citata, in applicazione
dell’art. 73, comma 4, del Dpr 207/2010.
Le motivazioni sottese al provvedimento, erano direttamente riconducibili alla violazione dei principi
di indipendenza ed assenza di interessi, nonché di trasparenza e corretta gestione che devono essere
rispettati dagli organismi preposti al rilascio delle attestazioni di qualificazione dei soggetti esecutori
di lavori pubblici.
L’istruttoria disposta dall’Autorità, aveva infatti evidenziato “la presenza di soci occulti o, comunque,
di finanziamenti esterni da parte di soggetti non sempre identificabili”. In particolare, erano stati
oggetto di analisi:
“– il c.d. ripianamento delle perdite posto in essere dai soci della medesima;
– le operazioni di acquisizione delle azioni che hanno coinvolto gli attuali soci della SOA”.
I giudici amministrativi, respingendo il ricorso e legittimando il provvedimento dell’Autorità, con la
sentenza in commento hanno rilevato che la società in questione “ha beneficiato di consistenti apporti
finanziari da parte di soggetti estranei alla compagine sociale, che hanno determinato il venire meno
dei requisiti di autonomia, indipendenza, imparzialità ed assenza di interessi richiesti per lo
svolgimento dell’attività di attestazione”.
In conclusione, requisito essenziale dell’attività di una SOA è la capacità patrimoniale e/o reddituale
dei soci, non potendo essere considerati legittimi neppure eventuali apporti di denaro provenienti dal
loro nucleo familiare.
(Marco Porcu, Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 6 luglio 2015)
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 Economia e fisco

Bonus per la riqualificazione delle strutture alberghiere
Con il D.L. 31.5.2014, n. 83, contenente disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale,
lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, in vigore dall’1.6.2014, sono state approvate alcune
agevolazioni di carattere fiscale. Oltre al credito d’imposta per le erogazioni liberali a sostegno della
cultura («Artbonus ») ed alle agevolazioni per il settore della produzione cinematografica e
audiovisiva, il D.L. 83/2014 ha previsto agli artt. 9 e 10, anche i cd. «bonus alberghi», vale a dire
un credito d’imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi per i periodi d’imposta 2014, 2015
e 2016 ed un credito d’imposta per la riqualificazione e l’accessibilità delle imprese alberghiere con
lavori di ristrutturazione edilizia o interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.
Con la L. 29.7.2014, n. 106, di conversione del D.L. 83/2014, in vigore dal 31.7.2014, sono state
apportate una serie di modifiche alla disciplina di tali bonus; in particolare, è stato interamente
sostituito l’art. 10, D.L. 83/2014, relativo alla possibilità di beneficiare del credito d’imposta per la
riqualificazione delle imprese alberghiere per migliorare la qualità dell’offerta ricettiva e per
accrescere la competitività delle destinazioni turistiche.
Il Decreto del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo 7.5.2015, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 138 del 17.6.2015, ha individuato le disposizioni applicative per l’attribuzione
del credito d’imposta previsto dal citato art. 10 alle imprese alberghiere.
(Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 21 luglio 2015)

Nel mirino del fisco le vendite di terreni edificabili ricevuti in donazione o
successione
Sono frequenti gli accertamenti da parte del fisco su presunte plusvalenze realizzate (e non
dichiarate) da parte di contribuenti che vendono terreni mai rivalutati e poi lottizzati. In particolare,
può accadere che, a seguito di vendite di terreni ricevuti in donazione o in successione e poi lottizzati,
fermo restando il valore di cessione indicato nell'atto, l'ufficio ridetermini al ribasso il loro valore
normale accertando così in capo al venditore una plusvalenza maggiore. Per comprendere bene la
questione è opportuno descrivere il quadro normativo di riferimento:

l'articolo 67 del Tuir dispone che sono assoggettate a tassazione come redditi diversi, tra
l'altro, le plusvalenze realizzate a seguito di vendita di terreni lottizzati;
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
l'articolo 68, comma 1, del Tuir detta le regole su come calcolare il valore della plusvalenza,
stabilendo che in caso di vendita di terreni lottizzati, pervenuti gratuitamente (per successione
o donazione), la plusvalenza da tassare è data dalla differenza tra il prezzo di vendita e il
valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione, aumentato di ogni altro costo
inerente al terreno stesso.
Ciò premesso, dunque, è importante individuare il valore normale del terreno all'inizio della
lottizzazione. A questo proposito occorre riferirsi all'articolo 9, comma 3, del Tuir secondo cui occorre
fare riferimento innanzitutto al prezzo comunemente praticato in commercio nel medesimo contesto
territoriale e nello stesso periodo. Laddove poi tutto ciò non sia possibile, è necessario fare
riferimento ai listini o alle mercuriali.
(Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 6 luglio 2015)


Edilizia e urbanistica
Arriva anche il modulo unico per la «Super Dia»
Il processo di semplificazione procede spedito. Il Governo, dopo aver uniformato la modulistica unica
su Scia e permesso di costruire, conclude il suo iter con il modello unico chiamato, dagli addetti ai
lavori,
«Super
Dia»
ovvero
la
Dia
alternativa
al
permesso
di
costruire.
Il tavolo di semplificazione, istituito dal Ministro Marianna Madia, ha trasmesso alla Conferenza
Unificata il testo dell'accordo tra Regioni, enti locali, Anci e Upi che è stato appena ratificato dalla
Conferenza Unificata.
Rispetto al testo originale dell'accordo, i tecnici del Ministero della Semplificazione, hanno solo
precisato che le Regioni si adeguano recependo “la modulistica della Denuncia di Inizio Attività
alternativa al permesso di costruire ai contenuti del modulo unificato e standardizzato”. Ora saranno
necessari tre mesi per adeguarsi salvo che gli enti regionali abbiano già previsto la possibilità di
scegliere la strada della denuncia di inizio attività in alternativa al permesso di costruire; mentre tale
adeguamento non sarà necessario in quelle regioni nelle quali lo strumento non è previsto.
Tale adeguamento è obbligatorio per le sole Regioni a statuto ordinario e facoltativo per le altre
rimanenti.
Il modulo consta di 24 pagine compresi gli allegati. L’intento è quello di superare il fenomeno della
modulistica personalizzata che ha portato a differenziare su tutto il territorio i contenuti dell'istanza
in base all’autonomia degli enti locali, creando delle situazioni complicate. La strategia di
semplificazione dovrebbe abbattere notevolmente i costi per tutto il settore edilizio, e ottimizzare i
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tempi per il completamento delle procedure burocratiche.
(Ivan Meo, Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 17 luglio 2015)

Scuole ed edifici pubblici: iniziative immobiliari di elevata utilità sociale finanziate
dall'Inail
È stato pubblicato il 13 luglio 2015 in Gazzetta Ufficiale l'avviso di manifestazione d'interesse rivolto
ad Amministrazioni ed Enti locali per realizzare iniziative immobiliari di elevata utilità sociale valutabili
nell'ambito dei piani triennali di investimento dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro.
Sono diverse le tipologie di edifici interessati: oltre alle strutture scolastiche e alle residenze
universitarie, strutture sanitarie e assistenziali, uffici pubblici.
Gli interventi riguarderanno il completamento di nuovi edifici i cui lavori siano già in corso, ma anche
progetti immediatamente cantierabili riguardanti nuove costruzioni, o la messa a norma di edifici
esistenti.
L'Inail si farà carico dei costi dell'operazione richiedendo alle Amministrazioni di corrispondere un
canone a un tasso di interesse agevolato pari al 3% del costo complessivo dell’opera di cui acquisisce
la proprietà.
Saranno ammesse alla programmazione opere con un valore non inferiore a tre milioni di euro.
Le manifestazioni d'interesse saranno raccolte all'interno di un Dpcm e trasmesse a Inail per la
valutazione di compatibilità tecnica, economica e finanziaria e la successiva regolamentazione dei
reciproci rapporti.
Le Amministrazioni e gli Enti interessati alla selezione dovranno trasmettere la propria
manifestazione d’interesse entro il 15 settembre 2015 all'indirizzo [email protected].
(Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 17 luglio 2015)

Nuove costruzioni digitalizzate. I titoli abilitativi necessari
L'art. 6-ter, comma 2 D.L. 133/2014 (conv. L. 164/214) ha introdotto nel D.P.R. 380/2001 (c.d.
Testo Unico dell'Edilizia) il nuovo art. 135 bis. Tale disposizione prevede, per quanto qui interessa,
che è necessario realizzare “installazioni presenti all'interno degli edifici contenenti reti di accesso
cablate in fibra ottica con terminazione fissa o senza fili che permettono di fornire l'accesso ai servizi
a banda ultralarga e di connettere il punto di accesso dell'edificio con il punto terminale di rete” (c.d.
UNITELNews24
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infrastrutture fisiche multiservizio passiva interna all'edificio):
-
in tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono
presentate dopo il 1° luglio 2015;
- nelle opere che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1,
lett. c) D.P.R. 380/2001.
L'art. 10, comma 1, lettera c) sopra citato riguarda “gli interventi di ristrutturazione edilizia che
portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche
della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli
interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.
Pertanto, così come chiarito dal dossier (n. 117/2014) del Servizio Studi del Senato l'obbligo ex art.
135-bis, comma 1, si applica “anche agli edifici preesistenti, quando siano oggetto di interventi per
i quali venga comunque richiesto un permesso di costruire successivamente al 1° luglio 2015”.
L'art. 135-bis, comma 2, inoltre, dispone che “devono essere equipaggiati con un punto fisico, situato
all'interno o all'esterno dell'edificio e accessibile alle imprese autorizzate a fornire reti pubbliche di
comunicazione, che consente la connessione con l'infrastruttura interna all'edificio predisposta per i
servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga” (c.d. punto di accesso):
- tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate
dopo il 1° luglio 2015;
- le opere di ristrutturazione profonda che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi
dell'articolo 10 del d.p.r. 380/2001.
Anche in questo caso l’obbligo riguarda, quindi, sia gli edifici di nuova costruzione, sia gli edifici
preesistenti, quando siano oggetto di interventi per i quali venga comunque richiesto un permesso
di costruire successivamente al 1° luglio 2015, tuttavia, sottolinea il Servizio Studi del Senato, “in
tale caso l'obbligo appare limitato agli interventi di ristrutturazione per i quali è necessario il
permesso di costruire”.
In merito all'interpretazione della norma dell'art. 135-bis l'ANCE ha dichiarato che “Per garantire una
applicazione conforme al sistema normativo delineato dal Testo Unico edilizia, si ritiene, inoltre, che
l'art. 135-bis trovi applicazione anche agli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia
realizzati mediante Denuncia di inizio attività alternativa al permesso di costruire ai sensi dell'art. 22
del D.P.R. 380/2001.
In questa stessa ottica la nuova disposizione dovrebbe trovare applicazione anche agli interventi di
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ristrutturazione edilizia che comunque portino ad un organismo edilizio ''di fatto'' nuovo e quindi a
tutti quelli realizzati mediante demolizione e ricostruzione con il rispetto della volumetria preesistente
sebbene previa presentazione di Scia.
Una interpretazione ''restrittiva'' dell'art. 135 bis non solo non appare in linea con la ragione della
nuova norma, ma creerebbe disparità di trattamento fra interventi uguali sebbene realizzati in base
a titoli diversi”.
Si ritiene, tuttavia, che alla luce della formulazione della disposizione dell'art. 135-bis (e delle
indicazioni fornite dal dossier del Servizio Studi del Senato) la norma si debba, purtroppo,
interpretare in modo restrittivo.
(Gian Luca Ballabio, Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 17 luglio 2015)

Energia

I termini per il rilascio dell'autorizzazione unica per impianti di produzione di
energia rinnovabile
Il termine per il rilascio dell’autorizzazione unica in materia di impianti di produzione di energia
elettrica tramite fonti rinnovabili non inizia a decorrere fino a quando la documentazione allegata
non sia completa.
Con la sentenza n. 339/2015, la Sezione I del TAR Friuli VG ha ribadito, sulla base di una costante
giurisprudenza, che il termine per il rilascio dell’autorizzazione unica in materia di impianti di
produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili non inizia a decorrere fino a quando la
documentazione allegata non sia completa.
Ne consegue, hanno precisato i giudici amministrativi del FVG, che all’autorità competente, a fronte
di un’istanza fortemente incompleta, non può essere contestato né di non aver avviato il
procedimento né di non aver fatto constare l’eventuale carenza della documentazione prescritta. Ciò
perché a normativa vigente il procedimento può essere avviato solo dalla data di ricevimento
dell’istanza completa, vale a dire corredata da tutta la documentazione prevista. Invero, l’ipotesi di
richiesta di integrazione documentale da parte della regione presuppone che la domanda abbia
almeno i contenuti minimi, e non si tratti quindi di un mero progetto preliminare, che no fa scattare
l’obbligo di chiederne l’integrazione.
TAR Friuli VG, sez. I Sentenza 15.7.2015, n. 339
Autorizzazione unica per impianti di produzione di energia rinnovabile – Termine per il rilascio – Inizia
a decorrere solo dal momento in cui la documentazione è completa
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24Ore – Tecnici24, 17 luglio 2015)
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
Pubblicati tre decreti che completano il quadro normativo in materia di efficienza
energetica negli edifici
Pubblicati sulla Gazzetta ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015 i tre importanti Decreti del Ministero dello
Sviluppo economico del 26 giugno 2015 che completano il quadro normativo in materia di efficienza
energetica negli edifici.
Novità in materia di efficienza energetica degli edifici pubblici
Ancora nuovi strumenti da parte del Governo in materia di efficienza energetica. I Mministri Guidi,
Delrio, Galletti, Lorenzin, Madia e Pinotti hanno suggellato l'acquisizione delle valutazioni e delle
intese della Conferenza Unificata e l'approvazione di tre importanti provvedimenti che completano il
quadro normativo in materia di efficienza energetica negli edifici. Inoltre, è stata approvata la nuova
procedura di certificazione, indicata nelle "Linee Guida per la certificazione energetica degli edifici",
e i Requisiti prestazionali degli edifici, modificati rispetto al decreto 59/2009.
Il primo decreto. Con il primo decreto si intende definire nuove modalità di calcolo della prestazione
energetica e nuovi requisiti minimi di efficienza per i nuovi edifici e per quelli sottoposti a
ristrutturazione.
Il secondo decreto. Il secondo decreto ha, invece, il compito di adeguare gli schemi di relazione
tecnica di progetto al nuovo quadro normativo, in funzione delle diverse tipologie di opere, quali
nuovi costruzioni, ristrutturazioni importanti, riqualificazioni energetiche.
Il terzo decreto. Infine, il terzo decreto aggiorna le linee guida per la certificazione della prestazione
energetica degli edifici (APE). Sarà il nuovo modello APE, con un nuovo schema di annuncio
commerciale e il database nazionale dei certificati energetici (SIAPE), a offrire a cittadini,
Amministrazioni e operatori più informazioni relative all'efficienza dell'edificio e degli impianti. in
questo modo sarà più facile confrontare la qualità energetica di unità immobiliari differenti e orientare
il mercato verso edifici con una qualità energetica migliore.
Verso l'energia “quasi zero”
I tre provvedimenti menzionati segnano un passo importante nella direzione dell'aumento degli edifici
a energia quasi zero, dal momento che, a partire dal 1° gennaio 2021, sia i nuovi edifici che quelli
sottoposti a ristrutturazioni significative, dovranno essere realizzati in modo tale da ridurre al minimo
i consumi energetici e da sopperire al fabbisogno di energia tramite le fonti rinnovabili. Nel caso degli
edifici pubblici, la scadenza è anticipata al 1° gennaio 2019. Gli stessi provvedimenti entreranno in
vigore a partire dal 1° ottobre 2015, permettendo all'Italia un allineamento con le direttive europee
in materia.
Le linee guida
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Il decreto sulle Linee Guida apporta novità importanti nel campo della certificazione energetica.
Innanzitutto, il format dell'APE 2015 viene modificato nella veste grafica, ma non negli indici di
calcolo previsti all’interno della bozza precedente. Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del Decreto,
ENEA renderà disponibili le informazioni relative alla determinazione della prestazione media degli
edifici esistenti, richiesta sulla prima pagina dell’APE. Inoltre, lo schema di annuncio immobiliare
viene semplificato, così da garantire una più semplice e ampia fruibilità agli utenti. Ancora, le regioni
e le province autonome sono obbligate a definire piani e procedure di controllo di almeno il 2% degli
attestati depositati sul territorio in ogni anno solare. Esse, inoltre, aggiorneranno il SIAPE, la banca
dati nazionale degli edifici, con i dati degli attestati, relativi all’ultimo anno in corso, entro il 31 marzo
di ogni anno, rendendo i dati accessibili anche ai cittadini. Infine, eventuali aggiornamenti delle
norme tecniche contenute nel Decreto, come le UNI TS 11300, verranno applicati dopo 90 giorni
dalla loro pubblicazione.
Requisiti prestazionali degli edifici
Un apposito decreto per la determinazione dei requisiti minimi, il calcolo delle prestazioni energetiche
e l'utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, che sostituirà l'attuale DPR 59/09, è stato emanato,
invece, per i progettisti nonché per coloro che certificano edifici di nuova costruzione e pesantemente
ristrutturati.
In caso di nuova costruzione e di ristrutturazione importante, i requisiti minimi sono determinati con
l'utilizzo dell'edificio di riferimento, in base alla tipologia edilizia e alle fasce climatiche. Le classi non
si basano più su classi e indici predefiniti, ma su valori di volta in volta definiti in relazione alle
caratteristiche dell'edificio che si sta progettando.
A seconda che si tratti di nuova costruzione, ristrutturazione rilevante o interventi di riqualificazione
energetica vengono definite le tipologie di intervento e diversificati gli schemi per la relazione tecnica.
(Il Sole 24 Ore, Tecnici24, 16 luglio 2015)
 Pubblica amministrazione/Enti locali
 Valida l'autenticazione delle firme se dell'ufficiale certificatore c'è solo la firma e non
l'indicazione a stampa
Con la sentenza n. 1224/2015, la Sezione I del Tar Piemonte ha riconfermato la costante
giurisprudenza del Consiglio di Stato (da ultimo Cons. Stato, sez. V, 15 maggio 2015 n. 2490),
secondo cui:
- la disciplina delle modalità di autenticazione delle sottoscrizioni in materia elettorale deve essere
rinvenuta essenzialmente nel comma 2, e non già nel comma 1, dell’articolo 21 del Dpr n. 445 del
2000; la soluzione dell’applicazione del comma 2 riposa infatti sulla delicatezza della funzione che la
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formalità dell’autenticazione riveste nel procedimento elettorale (data la speciale esigenza di certezza
che lo caratterizza, quale principale strumento di attuazione e garanzia del principio democratico),
funzione la quale impone che l’autentica in questo settore sia sottoposta, a salvaguardia della sua
funzione, alle modalità di maggiore rigore fra quelle previste dall’articolo 21 Dpr cit.;
- le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la
candidatura o che presentano come delegati le liste, non assumono un rilievo meramente formale,
poiché le minute regole da esse presidiate mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni,
impedendo abusi e contraffazioni, con la conseguenza che l’autenticazione, seppur distinta sul piano
materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale – non integrabile aliunde – della
presentazione della lista o delle candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare
che le sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180° giorno fissato per la presentazione
delle candidature;
- le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste,
devono essere autenticate nel rispetto, previsto a pena di nullità, di tutte le formalità stabilite dall’art.
21 del Tu n. 445 del 2000, sicché la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la
sottoscrizione. Sono elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione: l’apposizione
del timbro, l’indicazione del luogo e della data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente,
le modalità di identificazione del sottoscrittore, l’accertamento della sua identità e dell’apposizione
della sottoscrizione in sua presenza, il nome, il cognome e la qualifica rivestita dal pubblico ufficiale
che procede all’autenticazione, la legittimazione di quest’ultimo (da rinvenirsi anche aliunde e non
necessariamente all’interno della autenticazione), infine, la redazione della autenticazione di seguito
alla sottoscrizione.
Tutto ciò premesso, i giudici amministrativi piemontesi hanno ravvisato ragionevole apportare un
unico temperamento alla rigidità dei predetti principi, in relazione all’ipotesi in cui, in presenza di
tutti gli altri requisiti previsti dalla legge, manchi soltanto l’indicazione a stampa del nome e del
cognome del pubblico ufficiale autenticatore, ma la firma di quest’ultimo sia stata redatta per esteso
e sia leggibile: il collegio ritiene che si tratti di un temperamento ragionevole, tenuto conto che gli
stessi moduli utilizzati per la raccolta delle firme non richiedevano l’indicazione a stampa delle
generalità del pubblico ufficiale autenticatore, ma solo la “Firma (nome e cognome per esteso) del
pubblico ufficiale che procede all’autenticazione”, e considerato che, in ogni caso, la sussistenza delle
due condizioni predette (firma leggibile e redatta per esteso) garantisce la piena conoscibilità del
soggetto autenticatore. (TAR Piemonte, sez. I, Sentenza 17 luglio 2015, n. 1224).
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24 Ore, PubblicaAmministrazione24, 22 luglio 2015)

Adottato il nuovo codice etico per i servizi pubblici
Destinato ai settori idrici, energetici e ambientali, il nuovo Codice etico per i servizi pubblici è stato
votato questa mattina durante la prima Assemblea generale di Utilitalia, la federazione che nasce
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dalla fusione di Federutility e Federambiente e che rappresenta l’insieme delle imprese dei servizi
pubblici locali a rilevanza industriale.
Il Codice Etico di Utilitalia che “ha lo scopo di indirizzare eticamente l’agire della Federazione”, “di
accrescere l’efficienza dell’organizzazione” e di “produrre utilità sia per i diretti interessati, sia per
l’ambiente di riferimento” è destinato ad essere applicato da oltre cinquecento aziende e sarà parte
integrante dello Statuto associativo.
(Il Sole 24 Ore, PubblicaAmministrazione24, 15 luglio 2015)

Nuovi edifici con banda ultralarga obbligatoria. Alcune problematiche emergenti
Dal 1° luglio gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazione dovranno essere
predisposti alla connessione ad alta velocità in fibra ottica a banda ultralarga.
Banda ultralarga
È il 1° luglio la data a partire dalla quale sia gli edifici di nuova costruzione sia gli edifici sottoposti a
interventi pesanti di ristrutturazione dovranno essere predisposti alla connessione ad alta velocità in
fibra ottica a banda ultralarga. Tali edifici dovranno essere dotati del cosiddetto punto di accesso,
cioè di un punto fisico, all'interno o all'esterno dell'edificio, accessibile alle imprese autorizzate a
fornire reti pubbliche di comunicazione, che permetta la connessione con l'infrastruttura interna
all'edificio predisposta per i servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga. Inoltre, gli stessi
edifici dovranno munirsi di un'infrastruttura fisica multiservizio passiva interna, costituita da adeguati
spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali
di rete.
Le guide CEI
Al fine di progettare impianti di comunicazione elettronica e spazi installativi che assicurino la
realizzazione di reti di comunicazione elettronica, il Comitato Elettronico Italiano (CEI), che è l'ente
normatore del settore elettrico ed elettronico, ha emanato delle Guide tecniche (CEI 306-2, CEI 64100/1, CEI 64-100/2, CEI 64-100/3). Tali documenti hanno, inoltre, lo scopo di ridurre i costi di
installazione e di manutenzione degli impianti e di garantire un elevato livello di adattabilità,
flessibilità, affidabilità nel tempo delle infrastrutture, tenendo conto delle mutevoli esigenze, sia
tecniche sia dell’utenza, e della protezione dell’investimento.
Dubbi interpretativi
A soli pochi giorni dall'entrata in vigore della norma, vi sono dei dubbi interpretativi sulla sua esatta
applicazione. Alberto Zanellati, vicepresidente nazionale di CNA Installazione Impianti, nonché
membro del CEI, in un'intervista ha sostenutp che la scadenza del 1° luglio "per quanto riguarda le
imprese e gli addetti ai lavori è una indubbia opportunità di nuovo lavoro, nuovo lavoro che verrà e
dovrà essere concertato con i tecnici progettisti sia edili che elettrotecnici. Le nostre imprese, di
converso, dovranno essere all’altezza di questa novità, acquisendo know how tramite un forte e
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costante aggiornamento sulla specifica materia. La gestione della fibra ottica, infatti, necessita di
specifiche competenze, come pure la posa di tubi a scatole nelle infrastrutture, servizi tipicamente
comuni per i colleghi impiantisti elettrici".
Risvolti in ambito condominiale
L'impianto multiservizio ha il compito di gestire la distribuzione alle singole unità immobiliari del
condominio della banda ultralarga. Tuttavia, ciò pone il problema della regolamentazione in materia
di accesso alle infrastrutture fisiche di questo specifico segmento di rete di comunicazione elettronica
di accesso a banda larga e ultralarga nonché quello della ripartizione dei costi sostenuti sia per
realizzare gli impianti, sia per tenerli in manutenzione.
La realizzazione della rete di telecomunicazione all’interno dell’edificio a cura del condominio, ancora
secondo Zanellati, dovrà pure "superare l’atavica ostilità dei costruttori edili, i quali storicamente
sono poco avvezzi ad apportare modifiche o ampliamenti sugli impianti esistenti. Ora sarà diverso in
quanto tutto ciò gli sarà imposto con l’avvento della nuova legge".
Infine, anche se cablare gli edifici è ormai obbligatorio, purtroppo si rileva una certa carenza
informativa da parte di amministrazioni comunali, ordini professionali, costruttori, tecnici installatori,
consumatori ed amministratori condominiali.
(Ivan Meo, Il Sole 24 Ore, PubblicaAmministrazione24, 3 luglio 2015)
 Rifiuti

Rifiuti pericolosi, gli enti locali possono opporsi alla spedizione transfrontaliera
Gli enti locali, in base al criterio del miglior risultato ambientale complessivo, possono e devono dare
prevalenza alle ragioni di protezione dell’ambiente nell’esercizio delle proprie competenze in tema di
autorizzazione alle spedizioni transfrontaliere di rifiuti pericolosi, rispetto alle ragioni di tutela della
libera circolazione delle merci e della concorrenza nell’Unione europea, in ossequio altresì al principio
di prossimità, pur senza esprimere una preferenza generalizzata e indifferenziata per gli impianti
situati nel proprio territorio.
La sentenza
La sesta sezione del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 2748 del 4 giugno 2015, ha pertanto
ritenuto legittime le obiezioni della Regione all’autorizzazione al trasporto transfrontaliero di lunga
distanza di olii esausti non trattati, quindi rifiuti pericolosi, destinati alla rigenerazione, motivata
dall’obbligo di scegliere la gestione dei rifiuti più idonea per raggiungere il miglior risultato ambientale
complessivo, nel rispetto dell’ordine dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti e dei principi
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generali comunitari in materia di protezione dell’ambiente, di precauzione, di sostenibilità e di
riduzione degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali.
Nel caso deciso, il provvedimento regionale impugnato sollevava obiezioni, ai sensi dell’articolo 12,
comma 1, del Regolamento 1013/2006/Ce relativo alla spedizione dei rifiuti, alla procedura di notifica
avviata da una società attiva nel recupero degli oli usati, per la spedizione transfrontaliera dell’olio
usato verso i propri stabilimenti di rigenerazione situati in Germania, in ragione del principio di
minima movimentazione dei rifiuti pericolosi.
Il Regolamento
Il Regolamento europeo 1013/2006, nell’ambito del sistema di sorveglianza e di controllo di ogni
movimento di rifiuti, all’interno dei propri confini e con i paesi dell'Associazione europea di libero
scambio (Efta-European Free Trade Association), dell’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico (Ocse) e con i paesi terzi che sono parti contraenti della convenzione di Basilea,
mira a rafforzare, semplificare e precisare le procedure di controllo delle spedizioni di rifiuti al fine di
migliorare la protezione dell'ambiente, per ridurre il rischio di spedizioni di rifiuti non controllate.
Esso impone a tutti i soggetti coinvolti nella spedizione l’adozione di ogni misura necessaria per
assicurare la gestione dei rifiuti con metodi ecologicamente corretti durante l’intero iter della
spedizione e al momento del loro smaltimento o del loro recupero. La procedura di notifica impone
alle autorità competenti dei paesi interessati dalla spedizione di rilasciare un’apposita autorizzazione
prima che abbia luogo qualsiasi spedizione.
La circolare del Mattm
In risposta a un quesito posto dalla commissione Ambiente ed energia della Conferenza delle Regioni
e delle Province autonome, il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha
emanato l’apposita circolare n. 23876 del 26 marzo 2013, fornendo «Indicazioni concernenti le
modalità di rispetto degli obblighi di gestione degli oli usati di cui all’articolo 183, co. 1, lett. c) del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152», che sono state fatte proprie dalla Regione Lombardia e
dai giudici amministrativi nel decidere il caso concreto.
In particolare, il ministero ha sottolineato come il nostro paese abbia istituito il Consorzio nazionale
per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, perno del sistema nazionale di gestione
obbligatoria degli oli usati, ispirato al rispetto dei principi di libera concorrenza, ma anche dei principi
di efficacia, efficienza, economicità e di garanzia della tutela della salute e dell’ambiente da ogni
inquinamento dell’aria, delle acque, del suolo, della flora e della fauna, soprattutto alla luce dei criteri
di priorità nella gestione dei rifiuti stabiliti dall’articolo 179, comma 1, del Dlgs 152/2006, che prevede
la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero di altro tipo, per esempio il
recupero di energia e per ultimo lo smaltimento. Ai sensi dell’articolo 216-bis del medesimo Codice
dell’ambiente, infatti, l’avvio alla rigenerazione, come operazione di riciclaggio, degli oli usati
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rappresenta la soluzione prioritaria, costituendo la migliore opzione ambientale, ai sensi del comma
2 del medesimo articolo 179 del Codice.
L’obiettivo primario, degli operatori, ma anche delle autorità chiamate a vigilare, deve quindi essere
quello di ridurre e minimizzare gli impatti derivanti dalla gestione dei rifiuti, compresa la fase del
trasporto e della movimentazione, specie se pericolosi, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lett. n),
del Dlgs 152/2006, nel rispetto dei principi di precauzione, di prevenzione, di riduzione alla fonte
dell’inquinamento e di minimizzazione degli effetti derivanti dalla gestione dei rifiuti.
Il trasporto transfrontaliero
Individuata nella rigenerazione la soluzione di gestione, raccolta e trasporto prioritaria, proseguono
i giudici di Palazzo Spada, ai sensi del citato articolo 216-bis del Dlgs 152/2006, ribadendo il rispetto
del principio di prossimità, il sistema impone alle autorità locali competenti di valutare e nel caso,
obiettare, alle condizioni previste dal Regolamento n. 1013/2006/Ce, secondo cui «le spedizioni di
rifiuti pericolosi devono essere ridotte al minimo compatibile con una gestione efficiente ed
ecologicamente corretta di tali rifiuti», non soltanto per le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal
territorio italiano verso impianti di incenerimento e co-incenerimento, collocati al di fuori del territorio
nazionale, ma anche nel caso di notifica di una spedizione di oli usati verso un impianto di
rigenerazione estero a grande distanza, potendo in questo caso non rappresentare più la «migliore
opzione ambientale rispetto ad altre forme di gestione degli oli usati».
Pertanto è corretta, ad avviso dei giudici amministrativi, la valutazione complessiva operata dalla
Regione ai sensi dell’articolo 12 del Regolamento 1013/2006 che, in caso di notifica riguardante una
spedizione prevista di rifiuti destinati al recupero, consente di sollevare obiezioni quando l’operazione
«non è conforme alla legislazione nazionale relativa alla protezione dell’ambiente, all’ordine pubblico,
alla sicurezza pubblica o alla tutela della salute pubblica per quanto riguarda le azioni nel paese che
solleva obiezioni».
La tutela dell’ambiente
Invero, il provvedimento impugnato, conclude la sentenza, tenendo conto della natura e della
pericolosità dei rifiuti, del luogo di raccolta e deposito, della distanza della spedizione, delle migliori
tecnologie impiegate nell’impianto di destinazione, compresa la comparazione con i risultati di
rigenerazione ottenibili da analoghi trattamenti in impianti di maggiore prossimità, ha correttamente
verificato quale fosse la più idonea opzione complessiva per la migliore tutela dell’ambiente, principio
con valenza di preminente interesse comunitario che, alla luce della costante giurisprudenza della
Corte di giustizia e della Corte costituzionale, giustifica pienamente anche il sacrificio dei principi
della libertà di circolazione delle merci e della concorrenza comunitaria.
(Mauro Calabrese, Il Sole 24Ore – Tecnici24, 8 luglio 2015)
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
SISTRI: indetta la gara
Il Ministero dell’Ambiente e del Territorio ha indetto, per mezzo di CONSIP, la gara per la gestione
del sistema di tracciabilità dei rifiuti industriali. Il valore stimato della concessione è di 260 milioni di
euro per un contratto di cinque anni, più altri 24 mesi opzionali. La gara prevede la concessione di
alcuni servizi operativi ovvero, nello specifico:
• la gestione informatizzata dei registri di carico e scarico (produttore e smaltitore) e delle schede di
movimentazione (produttore e trasportatore) in coerenza con l'attuale flusso cartaceo;
• la registrazione dei percorsi in modalità offline, con un modello in grado di evolvere in funzione
dell'evoluzione normativa europea, e attraverso strumenti di mercato;
• la generazione in automatico del MUD (Modello Unico di Dichiarazione);
• la gestione dei contributi attraverso il monitoraggio e la riconciliazione dei flussi finanziari relativi
al versamento delle quote annuali di iscrizione dei soggetti iscritti al Sistema;
• le azioni finalizzate all'ampliamento dell'adesione al servizio da parte dei soggetti facoltizzati.
Chi si aggiudicherà la gara dovrà anche prendersi in carico il sistema attuale nonché lo sviluppo e
gestione del nuovo sistema informatico. La gara a procedura ristretta prevede, nella prima fase, la
pubblicazione di un bando di prequalifica, a cui segue, in una seconda fase, l'invio della lettera di
invito ai concorrenti qualificati. Il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, con un massimo di 60 punti tecnici e 40 punti economici.
(Francesca Sirtori, Il Sole 24Ore – Tecnici24, 1° luglio 2015)
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Legge e prassi
(G.U. 22 luglio 2015, n. 168)

Ambiente
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Apertura dello sportello per la presentazione delle domande per la concessione di finanziamenti a
tasso agevolato
(G.U. 25 giugno 2015, n 145)
MINISTERO DELLA DIFESA
DECRETO 11 maggio 2015, n. 82
Regolamento per la definizione dei criteri per l'accertamento dell'idoneità delle imprese ai fini
dell'iscrizione all'albo delle imprese specializzate in bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici, ai
sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 1° ottobre 2012, n. 177.
(G.U. 26 giugno 2015, n 146)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 giugno 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici
verificatisi nei giorni dal 4 al 6 marzo 2015 nel territorio della regione Marche.
(G.U. 27 giugno 2015, n 147)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 19 giugno 2015
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Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju)
nel territorio della Repubblica italiana.
(G.U. 29 giugno 2015, n 148)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DECRETO 8 maggio 2015
Adozione del modello semplificato e unificato per la richiesta di autorizzazione unica ambientale AUA.
(GU 30 giugno 2015, n. 149, S.O. n. 35)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 22 giugno 2015
Modifica del decreto 4 dicembre 2014 inerente direttive e calendario per le limitazioni alla
circolazione stradale fuori dai centri abitati per l'anno 2015.
(G.U. 3 luglio 2015, n 152)
DECRETO-LEGGE 4 luglio 2015, n. 92
Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio
dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
(G.U. 4 luglio 2015, n 153)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Comunicato relativo alla pubblicazione del decreto 16 giugno 2015, recante «Strategia nazionale di
adattamento ai cambiamenti climatici».
(G.U. 4 luglio 2015, n 153)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Comunicato relativo alla delibera 22 aprile 2015, recante regolamento per lo svolgimento dei
controlli afferenti a procedimenti in materia di iscrizioni all'Albo nazionale gestori ambientali, sulla
veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà, ai sensi del decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 giugno 2015
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Proroga dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che hanno
colpito il territorio delle provincie di Torino, Alessandria, Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e
Vercelli nei giorni dal 12 al 14 ottobre, il 4 e 5, l'11 e 12 ed il 14 e 15 novembre 2014.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 giugno 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici
verificatisi nei giorni dal 15 al 17 marzo e dal 23 al 25 marzo 2015 nel territorio delle provincie di
Asti e Cuneo e dei comuni di Strevi in provincia di Alessandria e di Viù in provincia di Torino.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20 febbraio 2015
Approvazione della «Variante al piano stralcio per l'assetto idrogeologico - Rischio di frana,
relativamente ai comuni di Arpaise, Bonea, Capua, Flumeri, Sessa Aurunca e Vairano Patenora» e
della «Variante al piano stralcio per l'assetto idrogeologico - Rischio di frana, relativamente al
comune di Pozzilli».
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 giugno 2015
Proroga dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche che
hanno colpito il territorio delle province di Grosseto, Livorno, Massa Carrara e Pisa nei giorni dall'11
al 14 ottobre 2014 ed il territorio delle province di Lucca e Massa Carrara nei giorni dal 5 al 7
novembre 2014.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 23 giugno 2015
Proroga dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che hanno
colpito il territorio della regione Liguria nei giorni dal 3 al 18 novembre 2014.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 19 giugno 2015
Individuazione dei bacini d'utenza ad alta densità territoriale soggetti a maggiorazione del
contributo dovuto ai sensi del decreto 19 aprile 2013, recante: «Contributi per i costi ambientali di
ripristino dei luoghi a valere sul Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei
carburanti» e successive modifiche e integrazioni.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
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DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 3 luglio 2015
Ulteriori disposizioni per fronteggiare il rischio fitosanitario connesso alla diffusione nel territorio
della regione Puglia del batterio patogeno da quarantena Xylella fastidiosa (Well e Raja).
(G.U. 11 luglio 2015, n 159)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
ORDINANZA 3 luglio 2015
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare il rischio fitosanitario connesso alla
diffusione della Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della regione Puglia. (Ordinanza n.
265).
(G.U. 11 luglio 2015, n 159)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 20 maggio 2015, n. 106
Regolamento recante modifica al decreto 12 novembre 2011, n. 226, concernente i criteri di gara
per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 3 luglio 2015
Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici
verificatisi nei giorni dal 4 al 6 marzo 2015 nel territorio della regione Marche. (Ordinanza n. 264).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 3 luglio 2015
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversità
atmosferiche che hanno colpito il territorio delle province di Grosseto, Livorno, Massa Carrara e
Pisa nei giorni dall'11 al 14 ottobre 2014 ed il territorio delle province di Lucca e Massa Carrara nei
giorni dal 5 al 7 novembre 2014. (Ordinanza n. 266).
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
ORDINANZA 7 luglio 2015
Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della regione Umbria nelle
iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza degli
eccezionali eventi alluvionali e dissesti idrogeologici verificatesi nel periodo da novembre 2013 a
febbraio 2014 nel territorio della regione Umbria. (Ordinanza n. 267).
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(G.U. 17 luglio 2015, n 164)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO 24 giugno 2015
Designazione di 14 Zone speciali di conservazione della regione biogeografica alpina insistenti nel
territorio della regione Liguria.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2015, n. 111
Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, recante
attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare
ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.
(G.U. 22 luglio 2015, n 168)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 17 giugno 2015
Quindicesima revisione dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali.
(G.U. 22 luglio 2015, n 168, S.O. n. 43)

Appalti
AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
REGOLAMENTO 27 maggio 2015
Regolamento sull'esercizio della funzione di componimento delle controversie di cui all'articolo 6,
comma 7, lettera n) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
(G.U. 27 giugno 2015, n 147)
AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DELIBERA 27 maggio 2015
Modifiche al regolamento sull'esercizio della funzione di componimento delle controversie di cui
all'articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
(G.U. 27 giugno 2015, n 147)
AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DETERMINA 17 giugno 2015
Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e
trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle
pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici. (Determina n. 8/2015).
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(G.U. 3 luglio 2015, n 152)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 28 gennaio 2015
Linee guida per il monitoraggio finanziario delle grandi opere (MGO) art. 36 del decreto-legge n.
90/2014, convertito dalla legge n. 114/2014. (Delibera n. 15/2015).
(G.U. 7 luglio 2015, n 155)
AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DELIBERA 9 dicembre 2014
Autofinanziamento per l'anno 2015.
(G.U. 11 luglio 2015, n 159)

Economia e Fisco
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 8 gennaio 2015
Ripartizione delle disponibilità per l'anno 2014 del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica
e tecnologica. (Decreto n. 6).
(G.U. 29 giugno 2015, n 148)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 9 giugno 2015
Approvazione delle modifiche alla disciplina del mercato del gas allegata al decreto 6 marzo 2013.
(G.U. 2 luglio 2015, n 151)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 20 febbraio 2015
Regione Basilicata - Fondo per lo sviluppo e la coesione. Riprogrammazione delle risorse ai sensi
della delibera Cipe n. 21/2014. (Delibera n. 28/2015).
(G.U. 4 luglio 2015, n 153)
LEGGE 2 luglio 2015, n. 91
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, recante disposizioni
urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da
eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali.
(G.U. 3 luglio 2015, n 152)
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COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 20 febbraio 2015
Assegnazione di risorse ad un piano stralcio di interventi prioritari, per livello di rischio e
tempestivamente cantierabili, relativi alle aree metropolitane e alle aree urbane con un alto livello
di popolazione esposta al rischio. (Delibera n. 32/2015).
(G.U. 4 luglio 2015, n 153)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 giugno 2015
Proroga del termine per l'attività di assistenza fiscale per l'anno 2015.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 giugno 2015
Tasso di interesse sui mutui della Cassa depositi e prestiti ai sensi della legge 18 dicembre 1986, n.
891, recante disposizioni per l'acquisto da parte dei lavoratori della prima casa di abitazione.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 22 giugno 2015
Revisione triennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Comunicato relativo alla circolare 26 giugno 2015, n. 45998 concernente: Rettifica alla circolare 24
dicembre 2014, n. 71299, recante: «Informazioni utili all'attuazione degli interventi di cui al
decreto interministeriale 27 novembre 2013, recante la disciplina dei finanziamenti per l'acquisto di
nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte di piccole e medie imprese. Adeguamento ai
regolamenti di esenzione (UE) n. 651/2014 e n. 702/2014».
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Comunicato relativo al decreto 23 giugno 2015, concernente: «Modifica al decreto 30 aprile 2015
recante le modalità di presentazione delle istanze per l'accesso alle agevolazioni in favore di grandi
progetti di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
elettroniche e nell'ambito di specifiche tematiche rilevanti per l'industria sostenibile». (15A05203)
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(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Avviso relativo al decreto 23 giugno 2015 per la concessione di contributi a fondo perduto sotto
forma di Voucher per l'acquisizione di servizi a supporto dei processi di internazionalizzazione.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 giugno 2015
Attuazione del comma 19 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 giugno 2015
Monitoraggio semestrale del patto di stabilità interno per l'anno 2015 per le città metropolitane, le
province ed i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Emanazione del decreto 1° luglio 2015, che disciplina l'erogazione di contributi pubblici a sostegno
di progetti di internazionalizzazione presentati dai Consorzi per l'internazionalizzazione, per
l'annualità 2015.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 22 giugno 2015
Approvazione delle specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla
compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per
via telematica o su supporto informatico. Integrazione del decreto ministeriale 18 ottobre 2013.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162, S.O., n. 40)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Cofinanziamento nazionale del programma di azioni dirette a migliorare le condizioni della
produzione e della commercializzazione dei prodotti dell'apicoltura, di cui al Regolamento CE n.
1234/2007, per la campagna 2014-2015, ai sensi della legge n. 183/1987. (Decreto n. 8/2015).
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(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Integrazione del cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla
legge n. 183/1987 per il programma operativo "INTERREG IV C" dell'obiettivo Cooperazione
territoriale europea 2007-2013. (Decreto n. 13/2015)
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Integrazione del cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla
legge n. 183/1987 per il programma operativo "URBACT II" dell'obiettivo Cooperazione territoriale
europea 2007-2013. (Decreto n. 14/2015)
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987
del progetto di interesse comune "Sviluppo di connessioni multimediali dei porti dell'alto Adriatico e
loro effettiva integrazione nella rete centrale (STUDI NAPA)" 2013-EU-21017-S, nel settore delle
reti transeuropee dei trasporti (TEN-T). (Decreto n. 15/2015)
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per l'attuazione degli
interventi previsti dal Piano di azione coesione dell'Agenzia per la coesione territoriale e
integrazione del finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per
l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di azione coesione della regione Abruzzo. (Decreto n.
16/2015).
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
COMUNICATO
Situazione del bilancio dello Stato al 31 dicembre 2014
(G.U. 22 luglio 2015, n 168)
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MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
COMUNICATO
Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle
transazioni commerciali.
(G.U. 22 luglio 2015, n 168)
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Immobili/Edilizia
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
COMUNICATO
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, senza tabacchi, relativi al mese di
maggio 2015, che si pubblicano ai sensi dell'art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina
delle locazioni di immobili urbani), ed ai sensi dell'art. 54 delle legge del 27 dicembre 1997, n. 449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).
(G.U. 25 giugno 2015, n 145)
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
COMUNICATO
Comunicato di applicazione ai contratti di mutuo ipotecario edilizio a tasso fisso, erogati agli iscritti
alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, del tasso di interesse fissato nella misura
del 2,95%.
(G.U. 30 giugno 2015, n 149)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 25 giugno 2015
Rettifica del decreto 3 novembre 2014, relativo alla individuazione di beni immobili di proprietà
dello Stato.
(G.U. 3 luglio 2015, n 152)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 giugno 2015
Tasso di interesse sui mutui della Cassa depositi e prestiti ai sensi della legge 18 dicembre 1986, n.
891, recante disposizioni per l'acquisto da parte dei lavoratori della prima casa di abitazione.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER IL COORDINAMENTO
AMMINISTRATIVO
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COMUNICATO
Avviso relativo alla selezione delle manifestazioni di interesse per l'effettuazione di iniziative
immobiliari di elevata utilità sociale valutabili nell'ambito dei piani triennali di investimento
dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
(G.U. 13 luglio 2015, n 160)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 3 luglio 2015
Sospensione dei termini di presentazione delle istanze preliminari per l'accesso alle agevolazioni in
favore di grandi progetti di ricerca e sviluppo nell'ambito di specifiche tematiche rilevanti per
l'«industria sostenibile» di cui al decreto 15 ottobre 2014.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 6 luglio 2015
Chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di agevolazione in favore di programmi
integrati di investimento finalizzati alla riduzione dei consumi energetici all'interno delle attività
produttive localizzate nelle regioni dell'obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
COMUNICATO
Passaggio dal demanio marittimo al patrimonio dello Stato di un'area in Comune di Maruggio.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 26 giugno 2015
Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle
prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162, S.O., n. 39)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 26 giugno 2015
Schemi e modalita' di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini
dell'applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162, S.O., n. 39)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
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DECRETO 26 giugno 2015
Adeguamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico, 26 giugno 2009 - Linee guida
nazionali per la certificazione energetica degli edifici.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162, S.O., n. 39)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile, in San Daniele del Friuli.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile, in Taranto.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile, in Filattiera.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel
comune di Castelgrande nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/02 «Strada di collegamento
dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 2º lotto.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 1 luglio 2015
Rilevazione dei prezzi medi per l'anno 2013 e delle variazioni percentuali annuali superiori al dieci
per cento, relative all'anno 2014, ai fini della determinazione delle compensazioni dei singoli prezzi
dei materiali da costruzione più significativi.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)

Pubblica Amministrazione
DECRETO-LEGGE 27 giugno 2015, n. 83
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Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell'amministrazione giudiziaria.
(G.U. 27 giugno 2015, n 147)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 15 giugno 2015, n. 84
Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e
delle dotazioni organiche.
(G.U. 29 giugno 2015, n 148)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
DELIBERA 25 giugno 2015
Modifiche al regolamento n. 1/2000 in materia di organizzazione e funzionamento dell'Ufficio del
Garante per la protezione dei dati personali. (Delibera n. 374).
(G.U. 29 giugno 2015, n 148)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 7 maggio 2015
Adeguamento degli importi del diritto di copia e di certificato ai sensi dell'articolo 274 del decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
(G.U. 30 giugno 2015, n 149)
ISTITUTO PER LA VIGILANZA SULLE ASSICURAZIONI
PROVVEDIMENTO 19 giugno 2015
Modalità tecniche di trasmissione dei dati e di accesso alla banca dati attestati di rischio di cui al
regolamento IVASS n. 9 del 19 maggio 2015, recante la disciplina della banca dati attestati di
rischio e dell'attestazione sullo stato del rischio di cui all'art. 134 del decreto legislativo 7
settembre 2005, n. 209 - codice delle assicurazioni private - dematerializzazione dell'attestato di
rischio. (Provvedimento n. 35).
(G.U. 30 giugno 2015, n 149)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
COMUNICATO
Conto riassuntivo del Tesoro al 30 aprile 2015. Situazione del bilancio dello Stato.
(G.U. 30 giugno 2015, n 149, s.s. n. 9)
DECRETO-LEGGE 1 luglio 2015, n. 85
Disposizioni urgenti per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del
territorio.
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(G.U. 1 luglio 2015, n 150)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 4 giugno 2015
Individuazione dei criteri per la certificazione della esperienza triennale nel campo delle cure
palliative dei medici in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private
accreditate, di cui alla legge 27 dicembre 2013, n. 147, comma 425.
(G.U. 1 luglio 2015, n 150)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Approvazione del modello di istanza per la concessione, nell'anno 2015, di una anticipazione di
liquidita' agli enti locali commissariati ai sensi dell'articolo 143 del d.lgs 267/2000.
(G.U. 1 luglio 2015, n 150)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 8 maggio 2015, n. 87
Regolamento concernente modifiche al decreto 6 luglio 2010, n. 167, in materia di disciplina
dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, ai sensi dell'articolo 3 della
legge 3 marzo 2009, n. 18.
(G.U. 2 luglio 2015, n 151)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 8 giugno 2015, n. 88
Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa
alla prova dell'imputato, ai sensi dell'articolo 8 della legge 28 aprile 2014, n. 67.
(G.U. 2 luglio 2015, n 151)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 giugno 2015
Individuazione dei depositi governativi costituiti presso la Banca d'Italia, in attuazione dell'articolo
5, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 398/2003.
(G.U. 2 luglio 2015, n 151)
LEGGE 15 giugno 2015, n. 89
Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il
Governo degli Stati uniti messicani, fatto a Roma il 28 luglio 2011.
(G.U. 3 luglio 2015, n 152)
UNITELNews24
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LEGGE 16 giugno 2015, n. 93
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il
Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22
maggio 2003.
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA' E LA BORSA
DELIBERA 26 giugno 2015
Determinazione per l'anno 2015 dei soggetti, della misura e delle modalità di versamento dei
contributi dovuti ai sensi dell'art. 6, commi 2 e 4, del Regolamento di attuazione del decreto
legislativo 8 ottobre 2007, n. 179. (Delibera n. 19166).
(G.U. 6 luglio 2015, n 154)
LEGGE 18 giugno 2015, n. 96
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione
amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare le doppie
imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, fatto
a Hong Kong il 14 gennaio 2013.
(G.U. 7 luglio 2015, n 155)
LEGGE 18 giugno 2015, n. 97
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale,
fatto a Roma il 6 febbraio 2009.
(G.U. 8 luglio 2015, n 156)
LEGGE 18 giugno 2015, n. 98
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla previdenza
sociale, fatto a Gerusalemme il 2 febbraio 2010.
(G.U. 8 luglio 2015, n 156)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
DELIBERA 11 giugno 2015
Regolamento interno del CICS. (Delibera n. 1/2015).
(G.U. 8 luglio 2015, n 156)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
DELIBERA 11 giugno 2015
UNITELNews24
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Documento triennale di programmazione e di indirizzo. (Delibera n. 2/2015).
(G.U. 8 luglio 2015, n 156)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
DELIBERA 11 giugno 2015
Relazione sulle attività di cooperazione svolte nel 2014. (Delibera n. 3/2015).
(G.U. 8 luglio 2015, n 156)
AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERA 8 giugno 2015
Approvazione del conto consuntivo per l'esercizio 2014. (Delibera n. 366/15/CONS).
(G.U. 8 luglio 2015, n 156, S.O., n. 36)
LEGGE 18 giugno 2015, n. 100
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di
informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
LEGGE 18 giugno 2015, n. 101
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento,
l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei
minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 3 luglio 2015
Differimento dal 31 luglio al 31 ottobre 2015 del termine di presentazione del Documento unico di
programmazione (D.U.P.) degli enti locali.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Rettifica delle formule in lingua tedesca per la redazione degli atti dello stato civile, relative agli
adempimenti in materia di separazioni e divorzi.
(G.U. 9 luglio 2015, n 157)
DECRETO LEGISLATIVO 18 maggio 2015, n. 102
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Attuazione della direttiva 2013/37/UE che modifica la direttiva 2003/98/CE, relativa al riutilizzo
dell'informazione del settore pubblico.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 30 aprile 2015, n. 103
Regolamento recante modifiche alle dotazioni organiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai
sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217.
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO
DETERMINA 19 giugno 2015
Determina inerente i requisiti minimi necessari per le strutture sanitarie, che eseguono
sperimentazioni di fase I di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre
2001, n. 439 e di cui all'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 200.
(Determina n. 809/2015).
(G.U. 10 luglio 2015, n 158)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 maggio 2015, n. 104
Regolamento per la disciplina delle attività del Ministero della difesa in materia di cooperazione con
altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale, a norma dell'articolo 537-ter
del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
(G.U. 13 luglio 2015, n 160)
CAMERA DEI DEPUTATI
DELIBERA 30 giugno 2015
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che
hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei
siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e
radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione
agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di
nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali
interazioni.
(G.U. 13 luglio 2015, n 160)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITA',
COMUNICATO
Avviso per l'individuazione del gestore del Servizio pubblico di emergenza 114.
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(G.U. 13 luglio 2015, n 160)
CORTE DEI CONTI
DELIBERA 4 giugno 2015
Linee guida per la relazione dei collegi sindacali degli enti del Servizio sanitario nazionale sul bilancio
di esercizio 2014 ai sensi dell'articolo 1, comma 170, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge
finanziaria 2006), e dell'articolo 1, comma 3 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213. (Delibera n. 20/SEZAUT/2015/INPR).
(G.U. 13 luglio 2015, n 160, S.O. n. 37)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 24 giugno 2015
Ripartizione, per l'anno 2015, dei finanziamenti a favore delle regioni a statuto speciale per
l'erogazione di borse di studio per gli alunni nell'adempimento dell'obbligo scolastico e nella
successiva frequenza della scuola secondaria superiore. (Decreto n. 594).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 8 luglio 2015
Bando pubblico per la concessione del contributo triennale destinato al funzionamento di enti,
strutture scientifiche, fondazioni e consorzi - Triennio 2015-2017. (Decreto n. 1523).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 8 luglio 2015
Bando per la presentazione delle domande finalizzate alla concessione dei contributi previsti dalla
legge n. 113 del 28 marzo 1991, come modificata dalla legge n. 6 del 10 gennaio 2000, per gli
strumenti di intervento ivi previsti: Contributi annuali e Accordi di Programma e Intese. (Decreto n.
1524).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 24 giugno 2015
Ripartizione tra le regioni dei finanziamenti, per l'anno 2015, per la fornitura gratuita o semigratuita
di libri di testo. (Decreto n. 595).
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELLA SALUTE
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DECRETO 20 maggio 2015
Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti, per l'anno 2015.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 1 luglio 2015
Linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente
assistita.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161)
LEGGE 13 luglio 2015, n. 107
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni
legislative vigenti.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 11 maggio 2015, n. 108
Regolamento recante l'istituzione dell'archivio informatico integrato, di cui si avvale l'Istituto per la
vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (IVASS) per l'individuazione e il contrasto
delle frodi assicurative nel settore dell'assicurazione della responsabilita' civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 maggio 2015
Modifica al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 marzo 2007 (Fondi annualita' 2005),
relativi all'assegnazione di risorse finanziarie alla regione Umbria, ai sensi dell'articolo 32-bis del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003, n. 326.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 30 giugno 2015
Ripartizione tra le regioni a statuto ordinario delle voci rilevanti per gli equilibri di bilancio, previste
dall'articolo 1, comma 465, della legge 29 dicembre 2014, n. 190.
(G.U. 15 luglio 2015, n 162)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
DELIBERA 25 giugno 2015
UNITELNews24
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Ulteriore differimento dei termini di adempimento delle prescrizioni di cui al provvedimento del 18
luglio 2013, in materia di misure di sicurezza nelle attivita' di intercettazione da parte delle Procure
della Repubblica. (Delibera n. 375).
(G.U. 15 luglio 2015, n 162)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Cofinanziamento nazionale dei programmi concernenti azioni di informazione e di promozione dei
prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi, di cui al Regolamento CE n. 501/2008 Dec.
C(2014) 7857 del 30 ottobre 2014, prima annualità, ai sensi della legge n. 183/1987. (Decreto n.
10/2015).
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Cofinanziamento nazionale dei programmi concernenti azioni di informazione e di promozione dei
prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi, di cui al Regolamento CE n. 501/2008
(Decisione C(2013) 7297 del 6 novembre 2013), seconda e terza annualità, ai sensi della legge n.
183/1987. (Decreto n. 11/2015)
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 3 giugno 2015
Cofinanziamento nazionale dei programmi concernenti azioni di informazione e di promozione dei
prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi, di cui al Regolamento CE n. 501/2008
(Decisione C(2014) 2708 del 29 aprile 2014), prima e seconda annualità, ai sensi della legge n.
183/1987. (Decreto n. 12/2015)
(G.U. 16 luglio 2015, n 163)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 17 giugno 2015
Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento.
(G.U. 17 luglio 2015, n 164)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 25 giugno 2015
UNITELNews24
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Ammissione ai finanziamenti dei progetti relativi al Programma SIR 2014 (Scientific Independence
of young Researchers). (Prot. n. 1350).
(G.U. 17 luglio 2015, n 164)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
PROVVEDIMENTO 4 giugno 2015
Linee guida in materia di Dossier sanitario. (Provvedimento n. 331).
(G.U. 17 luglio 2015, n 164)
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
COMUNICATO
Atti internazionali entrati in vigore per l'Italia non soggetti a legge di autorizzazione alla ratifica
(Tabella n. 1), nonché atti internazionali soggetti a legge di autorizzazione alla ratifica o approvati
con decreto del Presidente della Repubblica (Tabella n. 2).
(G.U. 17 luglio 2015, n 164, S.O., n. 41)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 4 maggio 2015
Ripartizione delle risorse finanziarie afferenti il Fondo nazionale per le politiche sociali, per l'anno
2015.
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
COMMISSIONE DI GARANZIA PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE SULLO SCIOPERO NEI
SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI
DELIBERA 13 luglio 2015
Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e
di conciliazione e delle altre misure di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 12 giugno 1990, n.
146, come modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, relativa al settore del trasporto merci su
rotaia (pos. 1901/14). (Delibera n. 15/219).
(G.U. 18 luglio 2015, n 165)
LEGGE 17 luglio 2015, n. 109
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante
disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DELLA DIFESA
DECRETO 24 aprile 2015
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Richiami per aggiornamento e addestramento di personale militare in congedo illimitato, per l'anno
2015.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 26 giugno 2015
Avvio delle comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale per i minorenni di
Ancona, di Catania e l'Ufficio di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 26 giugno 2015
Avvio delle comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale per i minorenni e la
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bolzano.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 30 giugno 2015
Definizione di un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni
regionali e delle relative competenze, nell'ambito del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e
formazione e delle qualificazioni professionali di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio
2013, n. 13.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
COMUNICATO
Adozione dello Statuto dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e
di formazione (INVALSI).
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
COMUNICATO
Pubblicazione del ruolo dei dirigenti del Ministero della giustizia.
(G.U. 20 luglio 2015, n 166)
LEGGE 14 luglio 2015, n. 110
Istituzione del «Giorno del dono».
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
UNITELNews24
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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2 luglio 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Marcaria.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2 luglio 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Latina e nomina del commissario straordinario.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2 luglio 2015
Proroga dell'affidamento della gestione del comune di Scalea.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 27 maggio 2015
Riparto del contributo di cui all'articolo 1, comma 186, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per la
corresponsione degli indennizzi, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 10 luglio 2015
Determinazione annuale delle risorse destinate all'attribuzione di borse di studio per lo svolgimento
di tirocini formativi presso uffici giudiziari e per la definizione dei requisiti per la presentazione delle
domande.
(G.U. 21 luglio 2015, n 167)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLA GIOVENTU' E DEL
SERVIZIO CIVILE NAZIONALE
COMUNICATO
«Sostegno ai giovani talenti» per il finanziamento di azioni volte a sostenere i giovani nell'espressione
del proprio talento e della creativita', attraverso iniziative che consentano di valorizzare le loro
esperienze e competenze anche nel campo dell'innovazione tecnologica.
(G.U. 22 luglio 2015, n 168)

Sicurezza
MINISTERO DELLA DIFESA
UNITELNews24
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DECRETO 11 maggio 2015, n. 82
Regolamento per la definizione dei criteri per l'accertamento dell'idoneità delle imprese ai fini
dell'iscrizione all'albo delle imprese specializzate in bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici, ai
sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 1° ottobre 2012, n. 177. (15G00096)
(G.U. 26 giugno 2015, n 146)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 15 giugno 2015
Disposizioni integrative al decreto 6 agosto 2014 in materia di «Disposizioni sul servizio di salvataggio
e antincendio negli aeroporti ove tale servizio non è assicurato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e negli eliporti e sul presidio di primo intervento di soccorso e lotta antincendio negli aeroporti di
aviazione generale, nelle aviosuperfici e nelle elisuperfici». (15A04887)
(G.U. 26 giugno 2015, n 146)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 20 maggio 2015
Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
(GU 30 giugno 2015, n. 149)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Adozione del regolamento «Organizzazione sanitaria e certificazioni mediche d'idoneità per il
conseguimento delle licenze e degli attestati aeronautici» edizione 3.
(G.U. 4 luglio 2015, n 153)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 18 giugno 2015
Mantenimento in servizio delle attrezzature a pressione trasportabili costruite ed approvate secondo
il decreto 12 settembre 1925 e successive serie di norme integrative in alternativa alle modalità ivi
previste.
(G.U. 11 luglio 2015, n 159)
DECRETO LEGISLATIVO 26 giugno 2015, n. 105
Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi
con sostanze pericolose.
(G.U. 14 luglio 2015, n 161, S.O. n. 38)
UNITELNews24
54
Giurisprudenza
 Appalti

Tar Toscana, sezione 1, sentenza 8 luglio 2015, n. 1025
 NOTA
Appalti, niente risarcimento se la revoca dell'aggiudicazione dipende da novità
normative
È inaccoglibile la domanda di risarcimento del danno proposta da una società alla quale, a causa di
nuove disposizioni normative che hanno modificato le condizioni previste nel bando, è stata revocata
l'aggiudicazione definitiva (Tar Toscana, sezione 1, sentenza 8 luglio 2015, n. 1025). Il Tribunale
toscano ha giudicato su una domanda di risarcimento del danno proposto da una Società alla quale
– a causa di nuove disposizioni normative - era stata revocata l'aggiudicazione, e ha stabilito
importanti principi sulle conseguenze che le nuove norme legislative possono arrecare alla posizione
soggettiva delle società che partecipano alle gare.
La vicenda
Una società di trasporti, a seguito di una gara bandita da una Regione, è risultata aggiudicatrice in
via provvisoria della gara per l'affidamento del servizio di trasporto pubblico locale. Poiché non le era
stata comunicata l'aggiudicazione definitiva, essa ha diffidato più volte la Regione, che però, su
delibera di Giunta, ha revocato la procedura di gara, e anche l'aggiudicazione provvisoria. La società
ha impugnato questa revoca, chiedendo un risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale,
per violazione del dovere di lealtà. La Regione, costituitasi in giudizio, ha replicato che la legge di
UNITELNews24
55
stabilità per il 2013 aveva modificato l'articolo 16-bis della legge 135/2012, definendo in modo
diverso i criteri di ripartizione del fondo per il trasporto pubblico locale a favore delle Regioni.
Il Tar ha considerato positivamente questo argomento e ha respinto il ricorso proposto dalla società.
La sentenza
I Giudici hanno così motivato:
1) La legge 135/2012 ha modificato le regole per il concorso finanziario statale agli oneri del trasporto
pubblico, e ha stabilito che la definizione dei criteri di ripartizione sarebbe stata stabilita in un
successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri;
2) Sono state quindi cambiate le condizioni per lo svolgimento della gara a supporto della quale la
ricorrente era chiamata a svolgere i propri servizi, e la Regione ha perciò ritenuto che tali servizi non
fossero più necessari;
3) Il provvedimento di revoca, come risulta dalla deliberazione di Giunta, è stato causato dalla
modifica della legislazione statale;
4) Tale provvedimento di revoca è perciò legittimo, e non vi è alcuna responsabilità da parte della
Regione, perché di tratta di "factum Principis", che non è in alcun modo imputabile alla Regione.
Le valutazioni
La sentenza è corretta e deve essere condivisa. Essa ha utilizzato, nella motivazione, l'espressione
arcaica in lingua latina del "factum Principis", per indicare una modifica legislativa dipendente da
un'autorità politica superiore, quale era in passato il Principe, o il Re. Quest' espressione corrisponde
oggi al "legislatore", che in ambito nazionale è espressione della volontà generale, e che può
modificare le norme legislative precedenti.
Queste modificazioni legislative possono incidere sulla situazione soggettiva di un concorrente a una
gara pubblica, e quindi sulla sua posizione di "interesse legittimo". Non si può quindi affermare, in
riferimento al caso di specie, che tali modificazioni incidono su "diritti soggettivi", o – a maggior
ragione - su "diritti quesiti" (cioè "diritti acquisiti", che non potrebbero essere tolti o diminuiti). Né si
potrebbe sostenere, per ottenere il risarcimento, che è stata una violazione dell'"affidamento del
cittadino", e che la Pubblica amministrazione ha violato il dovere di lealtà.
Infatti, l'Amministrazione regionale ha assunto il provvedimento di revoca a seguito della
modificazione legislativa della legge statale, e il suo provvedimento di revoca è stato un
provvedimento "obbligato", a causa di queste modificazioni legislative. Vi è poi un altro punto che è
stato esattamente precisato nella sentenza. Da parte del ricorrente era stato richiamato l'articolo 2quinquies, coma 1, della legge 241/1990, sulla corresponsione di un indennizzo, ma la sentenza ha
rilevato che "in base ai principi generali in materia di onere probatorio, la sussistenza del pregiudizio
deve essere dimostrato (dagli interessati), ciò che nel caso di specie non è avvenuto".
Le conseguenze per le altre Pa e le società che partecipano alle gare
UNITELNews24
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La sentenza ha un rilievo per i casi simili che potrebbero presentarsi e per i comportamenti delle
Amministrazioni pubbliche e delle società che partecipano alle gare. Infatti, a seguito di cambiamenti
legislativi, non è previsto alcun risarcimento – a meno che non sia stabilito in norme transitorie – e
in ogni caso la richiesta del risarcimento è condizionata alla "prova" del danno che l'interessato ha
subìto a causa di queste modificazioni legislative.
(Vittorio Italia, Il Sole 24Ore, quotidiano Enti locali, 22 luglio 2015)

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 18 giugno 2015, n. 3126
 NOTA
Gare, i termini per il ricorso scattano subito se il concorrente è presente
Il termine per impugnare l'esclusione e l'assegnazione provvisoria di una gara d'appalto decorre dal
momento dell'apertura della busta se l'interessato è presente. Il ricorso è comunque inammissibile
se non viene notificato all'aggiudicatario in quanto controparte necessaria nel procedimento
giurisdizionale. Così il Consiglio di Stato fissa due importanti principi di diritto con la recente sentenza
n. 3126/15 sull'impugnazione di una gara pubblica per l'affidamento del servizio di ristorazione in
una Asl.
La vicenda
Nel caso specifico il ricorrente era presente, attraverso soggetti formalmente delegati, al seggio di
gara in cui veniva disposta la sua esclusione in ragione dell'anomalia dell'offerta e contestualmente
si procedeva all'aggiudicazione provvisoria ad altro concorrente. Ma la ditta esclusa ha impugnato il
provvedimento
di
esclusione
davanti
al
Tar
solo
a
comunicazione
formale
compiuta
e
successivamente l'aggiudicazione provvisoria con motivi aggiunti. Il ricorso viene accolto con
conseguente annullamento dell'aggiudicazione. La ditta vincitrice ha poi proposto appello davanti al
Consiglio di Stato per mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per
decorrenza dei termini. L'appellante ottiene ragione poiché la piena conoscenza dell'atto di esclusione
fa scattare la decorrenza del termine decadenziale.
I principi affermati
Quindi conoscere il provvedimento e le motivazioni non giustifica l'attesa per ricevere la
comunicazione formale prevista dall'articolo 79 del codice dei contratti pubblici. L'orientamento del
Consiglio di Stato aderisce ai principi generali del processo amministrativo per cui c'è piena
conoscenza dell'atto anche con mezzi diversi da quelli della comunicazione formale.
Inoltre, emerge dalla sentenza di appello un altro principio cui aderisce anche la Corte di cassazione:
quando l'esclusione di un soggetto è contestualmente accompagnata dall'aggiudicazione provvisoria,
UNITELNews24
57
l'impugnazione dell'esclusione interessa anche il soggetto aggiudicatario poiché incide anche sulla
posizione di ques'ultimo. Quindi l'aggiudicatario, anche se provvisorio è il controinteressato nel
ricorso del concorrente escluso. Per cui se, come nel caso specifico, il ricorso non viene notificato
anche al controinteressato esso sarà inammissibile anche se si intende impugnare solo l'esclusione
dalla gara.
(Paola Rossi, Il Sole 24 Ore, Quotidiano Enti locali & PA, 14 luglio 2015)

Tar Emilia Romagna, sezione, sentenza 6 luglio 2015, n. 639
 NOTA
Illegittimo l'annullamento della Dia per carenza del requisito soggettivo
La carenza del requisito soggettivo non è preclusiva della realizzazione di un intervento edilizio in
quanto questo avrebbe potuto essere realizzato anche da colui che è privo della qualifica di
imprenditore agricolo, munendosi di un permesso di costruzione in luogo della Dia (Tar Emilia
Romagna, sezione, sentenza 6 luglio 2015, n. 639).
La qualifica del richiedente
Contrasterebbe con i dettami in materia urbanistica un atto che, a prescindere dal tipo di opera
realizzanda e dalla verifica di compatibilità urbanistica, si fondi sulle qualità personali del richiedente,
in quanto tale qualità avrebbe valore esclusivamente ai fini dell'applicazione dei benefici economici
previsti dall'articolo 9, lettera a) della legge 10/1977, oggi trasfuso nell'articolo 17 del Dpr 380/2001.
L'elemento soggettivo riguardante la qualifica (di imprenditore agricolo, o agricoltore, o proprietario
concedente il fondo in affitto) del richiedente il permesso di costruire in zona agricola sarebbe del
tutto irrilevante se il soggetto interessato non intende valersi dell'esonero del pagamento degli oneri
per costruire. Elemento oggettivo indispensabile sarebbe, invece, la titolarità della proprietà o
l'esistenza di altro titolo idoneo di disponibilità del bene, oltre naturalmente alla compatibilità con gli
strumenti urbanistici.
La legislazione in materia
Per le zone agricole, è prevalentemente la legislazione regionale che si occupa, non solo di specificare
i presupposti di tipo oggettivo (correlazione diretta del manufatto edilizio con la coltivazione) e i limiti
quantitativi e qualitativi dell'edificazione in zona agricola, ma anche quelli di tipo soggettivo.
La normativa prevalente provvede, infatti, da un lato, a individuare con puntuali prescrizioni i possibili
beneficiari del permesso di costruire (coltivatori diretti, affittuari, mezzadri, coloni, imprenditori
agricoli a titolo principale, o figure assimilabili), dall'altro, a precisare che l'edificazione nelle zone
agricole può essere accordata, oltre che per la sola realizzazione di opere funzionali alla conduzione
UNITELNews24
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del fondo o comunque strumentali all'attività agricola (requisito oggettivo), soltanto al soggetto
coltivatore (requisito soggettivo). Inoltre, nella maggior parte delle ipotesi, si pone sì una
differenziazione, quanto all'edificazione in zona agricola, tra la posizione degli imprenditori agricoli
rispetto a quella di soggetti diversi, ma a tale differenziata qualità e professionalità nell'esercizio
dell'attività agraria viene in genere collegata esclusivamente la dispensa dal contributo di
costruzione. Di tal ché, il possesso dei requisiti soggettivi non condiziona l'edificazione in sé, ma
soltanto la gratuità del permesso di costruire, il quale è altrimenti ugualmente ottenibile, ma a titolo
oneroso.
L'esenzione dal pagamento del contributo di costruzione è oggi disciplinata dall'articolo 17, comma
3, lettera a) del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 che si limita a riportare, con modificazioni non significative
la disposizione già contenuta nell'articolo 9, comma 1, lettera a) della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Proprio in considerazione della natura sostanzialmente riproduttiva della disposizione del Testo unico
dell'edilizia continuano a trovare applicazione le previsioni di legge regionale che hanno
regolamentato gli aspetti applicativi dell'esenzione dal contributo. Spesso, è stata subordinata
l'edificazione nell'area alla prova del possesso, da parte del richiedente la concessione, dei requisiti
di imprenditore agricolo, coltivatore diretto o bracciante con disposizioni confermate poi dalla
successiva
legge
56/1980.
Il
riferimento,
dunque,
non
è
solo
all'imprenditore
agricolo,
comprendendo anche il coltivatore diretto e il bracciante agricolo.
La previsione urbanistica della "zona agricola"
In quanto soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione, il Comune ha il dovere di vigilare
sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi
intervento, non previamente assentito (o, quand'anche autorizzato, eseguito in violazione delle
prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e dalle leggi.
Nello specifico, con riferimento alla valenza dei vincoli all'edificazione in zona agricola, l'attribuzione
di una destinazione agricola a un determinato terreno è volta non tanto e non solo a garantire il suo
effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di
salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione.
Ciò anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici che ha tale tipo di destinazione
di zona. Difatti, in zona agricola debbono ritenersi ammissibili tutte quelle attività integrative,
aggiuntive e/o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua
destinazione, essendo quindi necessario operare una valutazione caso per caso relativa a tale
compatibilità in concreto. Conseguentemente, si riconosce che la facoltà di realizzare in zona agricola
costruzioni residenziali non deve intendersi circoscritta agli imprenditori agricoli o ai coltivatori diretti,
bensì anche ai soggetti privi di tale qualifica, purché l'edificazione fosse connessa con l'attività di una
azienda agricola e avvenisse nei limiti di edificabilità previsti dalla relativa normativa.
La normativa di settore o quella locale propria dei singoli enti locali deve essere interpretata in modo
coerente con il sistema sopra delineato e con i principi richiamati. I requisiti oggettivi si affiancano,
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secondo la normativa di settore, a quelli soggettivi del possesso della qualifica di imprenditore
agricole o dei soggetti a questi assimilati, ma è palesemente illegittimo un provvedimento che
sancisca l'annullamento di un titolo edilizio sulla base della carenza del mero requisito soggettivo.
(Giovanni La Banca, Il Sole 24Ore, quotidiano Enti locali, 22 luglio 2015)
 Pubblica Amministrazione/Enti locali
 Tar Toscana, sezione 3, sentenza 29 giugno 2015, n. 996
 NOTA
Diritto di accesso, la modulistica predisposta dall'Amministrazione è solo
indicativa
L'Amministrazione comunale non può pretendere l'utilizzo di "modulistica dedicata" predisposta a
pena di inammissibilità della pretesa ostensiva dovendo valutarsi la funzione della stessa come ausilio
offerto ai privati e non come condizione di ammissibilità o procedibilità della procedura di accesso
(Tar Toscana, sezione 3, sentenza 29 giugno 2015, n. 996).
La questione controversa
Una società, proprietaria di due fondi e di un ampio complesso edilizio, ha ricevuto un'ordinanza di
demolizione di alcune opere che sarebbero state realizzate senza i necessari titoli edilizi. La società
ha chiesto di accedere agli atti contenenti la comunicazione della Polizia municipale con il verbale,
che erano state richiamati nell'ordinanza di demolizione. Il Comune ha respinto la richiesta,
sostenendo che la stessa non era stata presentata sull' apposito "modulo" predisposto dagli Uffici
dell'Amministrazione. La società ha proposto ricorso al Tar contro questo diniego e il Tribunale ha
accolto il ricorso, ordinando al Comune di esibire, entro 15 giorni, i documenti richiesti.
L'"aggravamento" del procedimento
Il Tar Toscana è giunto a questo dispositivo sulla base delle seguenti argomentazioni:
1) Il diniego all'accesso perché la domanda non era stata formulata sull' apposito "modulo", è
"sicuramente illegittimo";
2) Nessuna norma autorizza l'Amministrazione a pretendere l'utilizzo di un "modulo" da essa
predisposto, pena l'inammissibilità della richiesta di accesso;
3) L'eventuale uso di una "modulistica dedicata" predisposta dall'Amministrazione può costituire un
aiuto offerto ai privati, ma non può essere una condizione di ammissibilità o procedibilità della
procedura di accesso.
La sentenza è corretta e sviluppa un preciso sillogismo logico. Si può soltanto rilevare che la sentenza
non ha tenuto conto di un altro argomento utile per pervenire allo stesso dispositivo, e cioè che
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l'articolo 1, comma 2 della legge 241/1990, stabilisce che: "la Pubblica amministrazione non può
aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento
dell'istruttoria". L'imposizione dell'uso di un "modulo", a pena di inammissibilità della domanda,
costituisce un indubbio "aggravamento" del procedimento.
Le ripercussioni sugli altri Comuni
La sentenza ha delle conseguenze per gli altri Comuni, che – a quanto risulta – utilizzano ancora dei
"moduli" predisposti, e non accettano domande di accesso se non sono scritte su questi "moduli".
Ciò viene giustificato da alcune Amministrazioni con l'argomento che è opportuno - per favorire
l'attività degli impiegati dell'Ufficio addetti all'accesso - che la domanda sia formulata in un
determinato modo, e predisposta con eventuali caselle dove apporre delle crocette. Ma questo
argomento non giustifica l'inammissibilità della domanda, perché la domanda di accesso ai documenti
della Pubblica amministrazione o che sono detenuti da essa è l'esercizio di un diritto.
(Vittorio Italia, Il Sole 24Ore, quotidiano Enti locali, 15 luglio 2015)
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Appalti

L'esclusione dalla gara non va preceduta da un contraddittorio
Davide Ponte, il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, Edizione del 4 luglio 2015, n. 28
Una controversia inquadrabile in un modello che spesso occupa le aule di giustizia amministrativa,
scaturita da un classico caso di esclusione da gara d’appalto per mancanza di un requisito richiesto
dal bando, costituisce l’occasione per il Tar perugino di fare alcune interessanti precisazioni, tali
peraltro - almeno in apparenza - da (de)limitare l’operatività della semplificazione, miraggio della
normativa amministrativa degli ultimi decenni.
L’interesse della decisione
Invero, a un estremo formalismo tradizionale in materia di cause di esclusione e di regolarità dei
plichi, si è nel tempo affacciato un atteggiamento diverso, sia a livello normativo (articolo 46 comma
1-bis del codice appalti) che giurisprudenziale (in tema di articolo 38), teso a circoscrivere le ipotesi
di esclusione e, soprattutto, a cercare di dare un po’ più di certezza agli operatori di uno dei più
delicati settori di economia pubblica (e non occorre essere Keynesiani per comprenderne
l’importanza, specie in una contingenza di crisi permanente).
Peraltro, a fronte di approcci improntati a un marcato sostanzialismo, come in tema di possesso
effettivo dei requisiti - a prescindere dalla correttezza formale delle relative dichiarazioni - alcune
volte in giurisprudenza si individuano delle pronunce che, sotto le vesti di un approccio più formale,
provano a dettare i limiti di operatività a istituti asseritamente dotati di virtù semplificatorie.
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E nel caso della sentenza in esame il limite viene individuato, con un’analisi chiara come spesso
accade nelle pronunce del Tar umbro, nella lettera della disciplina legislativa. Invero, spesso - e
sempre di più negli ultimi anni, caratterizzati dal profluvio di legislazione, spesso sotto forma di
decretazione d’urgenza che in quanto tale sconta difetti dettati anche dalla fretta - accade che
l’obiettivo di semplificazione si perda nell’eccesso di normazione: sia a cagione della pluralità di
interventi normativi, sia in ragione della scarsa qualità dello stesso.
Il caso in esame ne costituisce un interessante esempio. E purtroppo la nuova impresa si trova a
pagarne le conseguenze (e gli assurdi livelli di costo del contributo unificato dovuto per il contenzioso
in materia di appalti elidono gran parte dei benefici della compensazione) perdendo l’aggiudicazione
ottenuta.
Per inciso merita altresì evidenziare, ai fondamentali fini di verifica della rapidità dei giudizi, come la
controversia, avente a oggetto decisioni amministrative di dicembre 2014, sia stata definita nel
termine di sei mesi.
La fattispecie controversa
Un breve riassunto della vicenda contenziosa è utile al fine di comprendere sia la soluzione fatta
propria dalla sentenza, sia gli effetti per l’impresa interessata.
L’impresa ricorrente partecipava alla gara (svoltasi mediante asta pubblica) per l’affidamento della
concessione in uso e gestione di porzioni di immobili comunali facenti parte della biblioteca comunale,
da destinare a servizio bar-caffetteria. Il bando di gara prevedeva, oltre alla necessità dell’iscrizione
al registro delle imprese in capo alle partecipanti, che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta in favore
dell’offerta più vantaggiosa, a condizione che il canone concessorio annuo offerto fosse migliore o
comunque pari a quello a base d’asta. La ricorrente, presentando un’offerta di oltre il doppio la base,
veniva dichiarata aggiudicataria provvisoria.
Peraltro, successivamente alle verifiche documentali, la stessa impresa veniva esclusa dalla gara,
perché non in possesso dell’iscrizione al registro delle imprese alla data di scadenza del termine per
la presentazione dell’offerta, requisito espressamente previsto dal bando. Veniva quindi disposta
l’aggiudicazione in favore della seconda classificata.
Avverso tale esclusione la ditta presentava ricorso al giudice amministrativo locale, contestando in
specie la presunta carenza dell’iscrizione nel registro delle imprese, in specie in quanto aveva
presentato tempestivamente la cosiddetta comunicazione unica, secondo il modello introdotto
dall’articolo 9 del Dl n. 7 del 2007, rispetto al quale pertanto, la successiva formale iscrizione nel
registro costituisce un mero adempimento formale, privo di valenza costitutiva. Venivano altresì
dedotte altre censure connesse alla disciplina del codice dei contratti pubblici.
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Con la pronuncia in esame, resa nella forma (ma non nella sostanza) della sentenza in forma
semplificata, il Tar umbro respingeva il ricorso, sulla scorta dei principi riassunti nelle massime di cui
in epigrafe. In particolare, non è stata condivisa la qualificazione della comunicazione unica, che
viene a essere distinta dal modello della scia, sulla scorta del dato letterale della stessa normativa
invocata da parte ricorrente.
Il rilievo dell’iscrizione nel registro delle imprese
Punto centrale della controversia è il requisito, richiesto dal bando di gara, del possesso dell’iscrizione
nel registro delle imprese.
È evidente come nel caso de quo il giudice amministrativo ne venga a conoscere in termini di
questione incidentale, atteso che, altrimenti, in linea generale la controversia diretta a far accertare
i presupposti per l’iscrizione nel registro delle imprese appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario, anche ad esempio laddove la fase procedimentale attenga agli aspetti tributari della
procedura di iscrizione (in termini Tar Lombardia sezione III, 4 aprile 2014 n. 892).
Sempre in termini di inquadramento, occorre individuare la finalità che può stare alla base della
richiesta di iscrizione in questione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.
In proposito la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare come il “Registro delle imprese” operi a
garanzia della conoscibilità dei fatti societari e imprenditoriali che possono incidere sulle relazioni tra
le imprese stesse e i terzi e, in questo senso, l’esigenza di collegare il procedimento (ad esempio) di
rilascio di una concessione di bene o utilità pubblica al permanente possesso del requisito
dell’iscrizione al registro assolve all’esigenza - propria della trasparenza dell’azione amministrativa di consentire il giusto collegamento tra la concessione del bene pubblico e l’identificazione, anche da
parte dei terzi durante tutta la durata del procedimento amministrativo, della richiedente aspirante
titolare della concessione stessa, nonché l’esigenza, altrettanto rilevante, di garantire alla Pa
procedente il permanere del possesso in capo alla richiedente dei requisiti necessari all’esercizio delle
attività economiche a cui servizio il bene è richiesto in concessione (ad esempio Tar Reggio Calabria
28 agosto 2013 n. 513).
Nella fattispecie
Nel caso de quo l’iscrizione, essendo richiesta come requisito a pena di esclusione dal bando, ha
comportato l’esclusione per asserita mancanza dello stesso al momento rilevante ai fini di gara (il
termine di presentazione delle offerte).
Ed è su questo punto che è emerso uno iato, affrontato di petto dal Collegio umbro, fra il
procedimento di iscrizione e i principi generali di cui all’istituto della Scia (segnalazione certificata di
inizio attività), che come noto - sulla spinta della volontà di un’ulteriore accelerazione semplificatoria
- ha preso il posto della Dia (denuncia inizio attività).
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Orbene, la Scia, istituto disciplinato come generale dall’articolo 19 della legge 241 del 1990 - ma
anche la sentenza in esame evidenzia ancora una volta come tale generalità sia rimasta nelle
intenzioni del legislatore - consente l’immediato avvio dell’attività - e dei relativi effetti - con la
presentazione della segnalazione.
Diversamente, secondo la sentenza in esame, ai fini della conclusione del procedimento di iscrizione
al registro di imprese la comunicazione della ditta, seppure prevista - e disciplinata anche in relazione
alla ricevuta rilasciata alla stessa impresa - non è in grado di sortire gli stessi effetti, dovendo
attendersi l’esito positivo, in specie in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge.
Viene in definitiva ribaltata la logica generale e acceleratoria degli istituti tanto sbandierati, in primis
ora proprio la Scia. E tale esito viene giustificato sulla scorta del dato letterale della norma di specie
(articolo 9) che, pur disciplinando in dettaglio la comunicazione e i relativi effetti, chiarisce al
contempo che tale effettualità è comunque subordinata alla sussistenza dei presupposti di legge.
Secondo il Tar, quindi, se la disciplina della comunicazione unica è certamente più semplice, meno
presidiata, dal punto di vista procedimentale, rispetto alla Scia, comunque non consente l’immediato
inizio dell’attività, che risulta comunque subordinato alla verifica della sussistenza dei presupposti di
legge, non essendo dunque ascrivibile all’ambito della liberalizzazione sostanziale.
Se per un verso tale conclusione andrebbe ulteriormente verificata, in specie a fronte di un ulteriore
inciso della norma del 2007 che, espressamente, riconosce alla ricevuta, rilasciata subito dopo la
comunicazione, la natura di «titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale», per un altro
verso il Tar ha valorizzato, nell’ottica formale delle regole di gara a tutela - fra gli altri principi - della
par condicio – la successiva precisazione della norma, «ove sussistano i presupposti di legge».
Risulta quindi confermato un dato. La norma dell’articolo 19 della legge n. 241 ripete ormai da anni
(e nelle varie formulazioni che si sono susseguite) la generalità dell’istituto (di asserita
semplificazione, non certo di liberalizzazione che presupporrebbe la totale assenza di intervento
pubblico), quello che ora consente l’avvio immediato dell’attività. Tale generalità viene però poi
minata sia dalla giurisprudenza, come nella specie, sia dallo stesso legislatore che continua a dettare
norme di dettaglio, spesso in sede di decretazione d’urgenza, quindi senza adeguate verifiche
preliminari di compatibilità anche rispetto all’ordinamento vigente. Nel caso de quo la contraddizione
è evidente nello stesso comma 3 dell’articolo 9 applicato.
In generale, ci si dovrebbe porre il quesito se anche tali regole di semplificazione contenute nella
legge n. 241 del 1990, al pari dell’obbligo di motivazione e del rispetto delle garanzie partecipative,
possano beneficiare del principio del cosiddetto minimo garantito; cioè, nel senso che le norme
speciali possano dettare solo ulteriori tutele al privato coinvolto dall’agire pubblico, non potendo
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scendere al di sotto di quanto statuito dalla legge generale sul procedimento. Per gli altri obblighi
(motivazione e partecipazione) la stessa Consulta è giunta a riconoscerne un fondamento
costituzionale; per i principi di semplificazione per ora si è limitata a qualificarli come livelli minimi
essenziali, di competenza quindi del legislatore statale. Per il passo ulteriore il cammino non pare
eccessivamente lungo.
Negli orientamenti giurisprudenziali
Nella specie la soluzione formale del Tar viene giustificata a fronte del rigore formale che sta alla
base alle regole di gara, nei termini già sopra evidenziati.
Peraltro, in giurisprudenza, anche in linea generale sul tema dell’iscrizione al registro delle imprese,
si sono spesso affacciati orientamenti opposti, più o meno rigorosi.
Nella prima direzione, si inseriscono alcune ricadute dell’orientamento, a tenore del quale l’iscrizione
nel registro delle imprese delle relative delibere (ad esempio di una delibera di modifica dell’atto
costitutivo di una società per azioni, Tar Campania, Napoli, 9 aprile 2014 n. 2028) non costituisce
una ipotesi di pubblicità dichiarativa, soggetta al regime dell’opponibilità, ma di un caso di pubblicità
costitutiva regolato dall’articolo 2436 del Cc per il quale l’iscrizione nel registro delle imprese è
elemento perfezionativo della stessa efficacia giuridica dell’atto. In applicazione di tale principio è
stato ad esempio ritenuto che il termine di cinque giorni previsto dall’articolo 11, comma 8, del Dpr
n. 581 del 1995, previgente disciplina procedimentale e attuativa in materia, fosse un mero termine
procedimentale di carattere ordinatorio, al cui spirare la legge non riconnette affatto il consolidarsi
dell’iscrizione per silenzio-assenso.
Nella seconda direzione, sulla scorta di una opposta qualificazione della pubblicità, come avente
efficacia dichiarativa e non costitutiva (pur se in relazione ad atti societari diversi), altra
giurisprudenza (cfr. ad esempio Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Siciliana 13
dicembre 2013 n. 937), reputa che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2383, comma 4,
2385, comma 3, e 2193 del Cc, l’iscrizione nel registro delle imprese della nomina e della cessazione
degli organi societari, che l’avvicendamento degli organi sociali sia valido ed efficace sin dal momento
dell’adozione della delibera dell’assemblea; ciò determina il momento in cui l’evento societario
diviene opponibile ai terzi di buona fede, quale va considerata all’epoca della presentazione
dell’offerta la stazione appaltante, rendendo possibile controllare, usando l’ordinaria diligenza,
l’esistenza dell’altrui potere rappresentativo e così inapplicabile il principio dell’apparenza del diritto
e dell’affidamento, che trae origine da un’incolpevole aspettativa del terzo di fronte a una situazione
ragionevolmente attendibile, anche se non conforme alla realtà, non altrimenti accertabile se non
attraverso le sue manifestazioni esteriori.
Parimenti meno rigorosa, in termini di formalità, risulta quell’opinione per cui, più in generale, alla
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stregua del principio di libertà di iniziativa economica, non appare possibile attribuire all’iscrizione
amministrativa al registro delle imprese un valore costitutivo circa l’esistenza di una società già
regolarmente costituita ai sensi del Cc, con la conseguente possibilità di regolarizzazione in corso di
gara (ad esempio Tar Lazio sezione I, 8 maggio 2014 n. 4802). Tale indicazione di principio appare
invero diametralmente opposta a quella derivante dalla soluzione prescelta dalla sentenza in esame.
In termini intermedi, e ulteriormente indicativa dei rischi dell’incertezza derivante da orientamenti
diversi, altra giurisprudenza (Consiglio di Stato sezione VI, 26 settembre 2011 n. 5358) ha statuito
che, in caso di carattere di gara informale attribuito alla procedura, legittimamente l’aggiudicataria
viene ammessa a produrre il certificato di iscrizione al registro delle imprese dopo l’aggiudicazione
provvisoria, ma prima dell’aggiudicazione definitiva.
Nella medesima ottica sostanzialista e di semplificazione, anche a prescindere dal dato letterale
impreciso, si muove altra giurisprudenza, espressamente richiamata dalla stessa sentenza in esame
al fine di escluderne comunque l’applicazione. Secondo tale opinione, pur se affermata ai diversi fini
dell’ottenimento dei finanziamenti previsti nel settore dell’agriturismo, la prescritta iscrizione nel
registro della competente Camera di commercio deve interpretarsi in senso conforme rispetto
all’articolo 9 (Dl n. 7 del 2007, convertito dalla legge n. 40 del 2007). Tale disposizione viene letta
quindi in termini finalistici, come volta a semplificare gli adempimenti per le imprese, alla quale,
pertanto, deve essere dato il significato per cui la comunicazione dell’impresa alla Cciaa, ove non
smentita dal diniego di iscrizione, anticipa a ogni effetto l’iscrizione stessa, in modo tale che, ove il
bando di gara richieda l’iscrizione e il soggetto destinatario del finanziamento abbia comunicato i
propri dati all’ente preposto ai fini dell’iscrizione, l’iscrizione retroagisce al momento di detta
comunicazione, dato che, diversamente opinando, si lascerebbe alla variabilità dei tempi tecnici
utilizzati per le verifiche l’eventuale ammissibilità a finanziamento di soggetti imprenditoriali, in
ipotesi aventi tutti i requisiti per esserne destinatari. Analogo ragionamento potrebbe estendersi in
ordine ai requisiti per l’aggiudicazione.
I requisiti previsti dal bando
Peraltro, stante la materia in cui l’iscrizione è venuta in rilievo nel caso in esame, potrebbe porsi un
ulteriore problema di verifica della correttezza del requisito richiesto, in specie rispetto all’effetto di
esclusione dalla gara.
Infatti, l’articolo 46 comma 1-bis del codice appalti, introdotto nel 2011 a fini di dichiarata guerra al
formalismo e al proliferare di cause di esclusione, statuisce quanto segue: «La stazione appaltante
esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal
presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di
incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di
altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di
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partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le
circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere
di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono
comunque nulle».
Come già evidenziato in dottrina, il comma 1-bis predetto - al pari delle recenti integrazioni all’articolo
38, introdotte dal Dl n. 90 del 2014, cosiddetto sblocca Italia - ha inteso rimettere alla sola fonte
normativa la competenza a individuare cause di non ammissione a procedure di gara, residuando in
capo alle stazioni appaltanti un’attività di stretta interpretazione di siffatte ipotesi, o comunque di
mera ricognizione delle medesime. La norma, poi, colloca il proprio ambito applicativo nel principio
del favor partecipationis, perseguendo parallelamente l’intento di tutelare il principio di derivazione
comunitaria della concorrenza e quello più pragmatico di ridurre il contenzioso in materia di appalti.
La rilevanza della norma appena richiamata emerge altresì dal rigore della disciplina: infatti la
violazione in tema di cause di esclusione da parte della stazione appaltante viene sanzionata con la
più grave forma di invalidità, la nullità. Da ciò ne consegue, secondo la giurisprudenza più attenta
agli effetti di tale disposizione, che le cause non consentite sono automaticamente inefficaci e vanno
disapplicate dalla stazione appaltante, senza necessità di annullamento giurisdizionale.
Nel caso de quo avrebbe potuto pertanto porsi la questione della eventuale nullità della clausola
dettata a pena di esclusione, e applicata dalla stazione appaltante con l’esclusione impugnata; nullità
in astratto rilevabile d’ufficio secondo la disciplina di cui all’articolo 21-septies della legge 241/1990.
Peraltro, neppure una norma di intento così palese come l’articolo 46 comma 1-bis risulta scevra dai
rischi derivanti dalla formulazione della lex specialis, come nel caso in cui le regole di gara
approfondiscano o intendano attuare norme di legge. A titolo esemplificativo, può richiamarsi il caso
in cui il bando specifichi una previsione dello stesso articolo 38 (Consiglio di Stato 25 febbraio 2015
n. 943): «Non può essere considerata nulla, con riferimento al principio di tassatività delle cause di
esclusione dalle gare pubbliche di appalto di cui all’art. 46 comma 1-bis, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163,
la clausola di un bando di gara, nella parte in cui impone ai concorrenti, a pena di esclusione, di
dichiarare di non aver subito la risoluzione anticipata di contratti da parte di enti pubblici negli ultimi
tre anni per inadempimento contrattuale e di non aver subito revoche di aggiudicazione per mancata
esecuzione di contratti essendo essa conforme al dettato di cui all’art. 38 lett. f), cit. d.lg. n. 163 del
2006 e anzi, rispetto a questo ultimo, più restrittiva, atteso che richiama solo le inadempienze
contrattuali con gli enti pubblici».
Brevi considerazioni finali
In conclusione, nel caso de quo il giudice amministrativo ha attribuito rilevanza primaria al requisito
dell’iscrizione del registro delle imprese, secondo il procedimento - e gli effetti, anche temporali dettati letteralmente da una norma di legge. Tale norma, di non felicissima formulazione, appare in
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astratto suscettibile di opzione ermeneutica opposta: nel caso di specie ha prevalso la salvezza
dell’attività amministrativo della stazione appaltante, basata sulla lettera della norma. La
semplificazione burocratica presuppone quindi una semplificazione normativa che, al di là del
messaggio dei passati roghi di gazzette ufficiali, non potrà che passare attraverso un miglioramento
nella redazione delle norme. A quest’ultimo proposito, il rallentamento nell’eccesso di decretazione
d’urgenza costituisce un elemento - almeno questo - di speranza per il futuro.
Edilizia e urbanistica

Le sanzioni in edilizia
Il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n. 979 (Quaderno)
Le sanzioni amministrative in edilizia possono essere divise in due macro-categorie: pecuniarie o non
pecuniarie. Le prime trovano la loro applicazione in relazione a irregolarità edilizie meno gravi e
comportano, a carico del trasgressore, una sanzione che si risolve nel pagamento di una somma in
danaro. Le sanzioni non pecuniarie, viceversa, si applicano alle irregolarità più gravi e si traducono
in provvedimenti di vario tipo quali la sospensione dei lavori, la demolizione e il ripristino dello status
quo ante, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale.
Opere abusive e lottizzazione abusiva
Il T.U. edilizia ha fatto propria la distinzione tra opere abusive e lottizzazione abusiva, concetti, questi
ultimi,
introdotti
dalla
legge
47/1985.
Le
opere
edilizie
possono
dirsi
abusive
quando:
a. siano realizzate in assenza e/o difformità (parziale o totale) dal titolo abilitativo dei lavori;
b. siano realizzate con varianti essenziali rispetto al titolo concessorio; il che vuol dire, in altri termini,
che il possesso di un titolo edilizio non mette al riparo dalle sanzioni che potrebbero derivare dalla
realizzazione
di
opere
difformi
da
quelle
inizialmente
progettate
e
concessionate.
Devono essere considerati abusivi anche gli ulteriori interventi relativi a manufatti abusivi non sanati
né condonati, anche se riconducibili alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o
risanamento conservativo, della ristrutturazione, che ripetono le caratteristiche di illegittimità
dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la
prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie,
devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del comune di ordinarne la
demolizione. Appare, quindi, legittimo il provvedimento repressivo delle opere di completamento
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dell’opera abusiva anche nell’ipotesi in cui dette opere non richiedano il preventivo rilascio del
permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sent. 14 novembre 2014, n. 5899; TAR
Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 29 ottobre 2013, n. 4817; sent. 5 giugno 2013, n. 2910; sent. 11
dicembre 2012, n. 5084; sent. 11 maggio 2011, n. 2624; sent. 2 maggio 2012, n. 2006; sent. 25
febbraio 2011, n. 1218 e sent. 3 dicembre 2010, n. 26788; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sent.
14 gennaio 2011, n. 160; Cass. pen., Sez. III, sent. 24 ottobre 2008, n. 45070).
La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che integra il reato di lottizzazione abusiva il
frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura
e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attività edificatoria incompatibile con l’originaria
vocazione dell’area (Cass. pen., Sez. III, sent. 31 marzo 2011, n. 15605). Più recentemente, il
Palazzaccio ha chiarito che la lottizzazione abusiva viene attuata con qualsiasi utilizzazione del suolo
che preveda la realizzazione di una pluralità di edifici, così da comportare una nuova definizione
dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, ovvero quando
detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni
oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento
generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi (Cass.
pen., Sez. III, sent. 3 febbraio 2014, n. 5105).
La lottizzazione abusiva può essere configurata attraverso due ipotesi tipiche: la lottizzazione abusiva
di tipo reale o di tipo documentale.
La lottizzazione abusiva di tipo reale o materiale ricorre nell’ipotesi in cui vi sia una
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio realizzata in violazione degli strumenti urbanistici
vigenti o semplicemente adottati e in assenza di un titolo abilitativo dei lavori. Essa si attua attraverso
l’inizio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni in
zona non adeguatamente urbanizzata e in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici. La
lottizzazione abusiva materiale può concretizzarsi anche mediante la semplice realizzazione di opere
di urbanizzazione capaci di conferire alla zona una articolazione apprezzabile in termini di
trasformazione urbanistica, predisponendo i terreni ad accogliere insediamenti non consentiti o non
programmati (TAR Latina, Sez. I, sent. 2 ottobre 2014, n. 978; TAR Campania, Napoli, Sez. VIII,
sent. 7 novembre 2013, n. 4950).
La lottizzazione abusiva di tipo documentale è più “infida” in quanto non è legata alla
realizzazione di opere edilizie. La fattispecie, infatti, è configurabile nel caso in cui il soggetto abbia
posto in essere una serie di atti preordinati alla realizzazione di un intervento abusivo. Gli elementi
sintomatici possono essere rappresentati dal frazionamento del suolo in lotti di dimensioni tali da
essere incompatibili con l’attività agricola, dalla vendita del suolo in lotti di dimensioni tali da rendere
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ipotizzabile la successiva realizzazione di opere edili ecc. In questo caso, il reato è co nfigurabile a
prescindere dall’effettiva realizzazione di opere edilizie abusive essendo sufficiente che siano stati
poste in essere una serie di atti che lascino presumere l’intento di procedere alla lottizzazione abusiva
del suolo (Cass. pen., Sez. III, sent. 7 febbraio 2008, n. 6080).
Secondo la recente e unanime giurisprudenza, la lottizzazione abusiva si configura come un reato
progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti
di frazionamento o a opere già eseguite, atteso che tali attività, pur integrando la configurazione del
reato, non esauriscono il percorso criminoso che si protrae con gli interventi successivi che incidono
sull’asseto urbanistico, in quanto l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria
compromette ulteriormente le scelte di destinazione di uso del territorio riservate alla competenza
pubblica. Questa è la ragione per la quale si è ritenuto che il reato di lottizzazione fosse inquadrabile
nel cosiddetto reato progressivo nell’evento in cui possono concorrere, nell’unicità della fattispecie
incriminatrice, il momento negoziale, quello programmatorio mediante l’esecuzione di opere di
urbanizzazione e quello attuativo con la costruzione degli edifici (Cass. pen., Sez. III, sent. 13 giugno
2014, n. 25182; sent. 13 febbraio 2013, dep. 3 febbraio 2014, n. 5105; sent. 28 febbraio 2012, n.
12772; sent. 11 maggio 2005, n. 36940; Cass., Sez. Unite, sent. 24 aprile 1992, n. 4708).
Anche recentemente, la Cassazione ha mostrato di essere alquanto restrittiva ritenendo che
nell’illecito lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente sussistente la buona fede dell’acquirente
per il solo fatto che questi si sia rivolto a un notaio quale pubblico ufficiale rogante, in quanto le parti
ben potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere, surrettiziamente incomplete o nebulose, oppure
produrre documentazione parziale e non corrispondente alla realtà. La Cassazione ha bacchettato
anche il notaio perché il professionista potrebbe concorrere alla lottizzazione abusiva, sia
contribuendo con la propria condotta alla realizzazione dell’evento illecito (facendo proprio il fine
degli autori del reato, magari anche con attiva induzione propiziatoria) sia per violazione del dovere
della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., comma 2 (Cass.
pen., Sez. III, sent. 23 dicembre 2013, n. 51710).
Ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001, qualsiasi tipo di opera in grado di stravolgere l’assetto del
territorio mirando a realizzare un nuovo insediamento abitativo, può essere considerata come
un’ipotesi di lottizzazione abusiva per due ordini di motivi:
a. costituisce
un
ostacolo
alla
programmazione
urbanistica
vincolando
le
scelte
dell’amministrazione (che dovrebbero essere caratterizzate da assoluta discrezionalità);
b. comporta una variazione nel carico urbanistico. Nell’interpretare l’art. 30 del T.U. occorre
tener conto che lo scopo della norma è di preservare la potest à pianificatoria attribuita al
comune permettendo a quest’ultimo, parallelamente, di garantire il controllo del territorio,
tutto ciò allo scopo precipuo di assicurare un corretto sviluppo degli insediamenti abitativi e
dei correlativi standard.
La verifica tra le opere realizzate e la loro rispondenza alle previsioni dalla normativa
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urbanistica
vigente
deve
essere
effettuata
facendo
riferimento
al
risultato
finale
dell’intervento, ovvero alla complessiva trasformazione dell’area di intervento; il T.U. edilizia,
infatti, sanziona non la realizzazione del singolo manufatto, quanto la illegittima
trasformazione del suolo (TAR Liguria, Sez. I, sent. 30 aprile 2013, n. 727).
Differenza tra lottizzazione abusiva e costruzione abusiva
La Corte di Cassazione ha tracciato la linea di demarcazione tra lottizzazione abusiva e costruzione
abusiva. La prima ipotesi, certamente più grave, ricorre nel caso in cui vi sia una serie di opere o di
atti giuridici (a seconda che si tratti di una lottizzazione abusiva reale o documentale) preordinati a
ottenere una illegittima trasformazione urbanistica ed edilizia del suolo a scopo edificatorio.
L’opera abusiva, viceversa, ricorre nel caso in cui venga realizzato un manufatto in assenza del
prescritto titolo abilitativo dei lavori o in difformità da esso ovvero nel caso in cui, pur in presenza di
un titolo edilizio, vengano eseguite ulteriori opere afferenti un immobile abusivo. Nel caso dell’opera
abusiva, quindi, non viene presa in esame la realizzazione delle urbanizzazioni e delle infrastrutture
né viene travalicata la potestà pubblica di provvedere alla disciplina del territorio cittadino (Cass.
pen., Sez. III, sent. 29 aprile 2011, n. 16728).
I soggetti responsabili
Dopo aver visto cosa si intende per “abuso edilizio”, individuiamo il soggetto responsabile. In tale
prospettiva, occorre fare riferimento all’art. 29 del D.P.R. 380/2001 che fornisce l’elenco dei soggetti
ritenuti responsabili dell’abuso edilizio e, come tali, destinatari delle sanzioni amministrative o penali.
Rientrano in tale contesto il titolare del permesso di costruire, il committente, il costruttore, il
direttore dei lavori. Quest’ultimo non è responsabile quando abbia contestato agli altri soggetti la
violazione delle prescrizioni e abbia segnalato il fatto al comune (o meglio, al dirigente dell’Ufficio
tecnico a cui spetta il relativo potere funzionale ai sensi dell’art. 107 del D.Lgs. 267/2000).
Le sanzioni amministrative possono essere inflitte a persone fisiche, a persone giuridiche e a enti di
fatto; a differenza delle sanzioni penali, che rivestendo carattere sanzionatorio sono personali e
intrasmissibili, le sanzioni amministrative hanno carattere ripristinatorio per cui sono generalmente
trasmissibili nei confronti degli eredi del responsabile e degli aventi causa dello stesso, che a lui
subentrino nel potere di disponibilità del bene (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 15 maggio 2015, n. 1927).
Anzi, come vedremo in seguito, si parla di “sanzioni reali” in quanto attengono al possesso della res
a prescindere dalla circostanza che l’attuale possessore sia stato l’esecutore materiale dell’abuso.
La competenza a emettere le sanzioni edilizie
In origine, l’art. 4 della legge 47/1985 demandava al Sindaco la competenza in materia di vigilanza
sull’attività urbanistico-edilizia. In seguito il legislatore, con l’art. 2, comma 12, della legge 191 del
16 giugno 1998 (cosiddetta Bassanini- ter), attribuì ai dirigenti degli uffici comunali la competenza
in materia di vigilanza edilizia e paesaggistico -ambientale, nonché i poteri per la irrogazione delle
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relative sanzioni amministrative. Tale norma, fu successivamente abrogata dal D.Lgs. 267 del 18
agosto 2000 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) che, peraltro, fece proprio il
principio della piena separazione dei poteri e delle responsabilità politiche da quelle di indirizzo
tecnico e amministrativo. Da ultimo il D.P.R. 380/2001, introducendo una disciplina organica in
materia edilizia, con l’art. 27, comma 1, ha conservato in capo ai dirigenti degli uffici tecnici la
competenza a emettere i provvedimenti sanzionatori. Tale norma prevede che «il dirigente o il
responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo
statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio
comunale, per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi».
In proposito, la Cassazione ha stabilito che la competenza a irrogare le sanzioni amministrative, che
sono tipici provvedimenti amministrativi, trattandosi di atti autoritativi posti essere da una P.A.
nell’esplicazione di una potestà amministrativa e aventi rilevanza esterna, è stata devoluta ai dirigenti
degli enti locali dall’art. 107, il quale dispone che solo i poteri di indirizzo e di controllo politicoamministrativo spettano agli organi di governo, attribuendo ai dirigenti i compiti non ricompresi
espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni degli organi di governo o non rientranti tra
quelle del segretario o del direttore generale (Cass. civ., Sez. I, sen. 1° aprile 2004, n. 6362).
La tesi è peraltro condivisa dal giudice amministrativo che devolve alla competenza dei dirigenti i
provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e
valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai
regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie.
Spettano ai dirigenti, inoltre, tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione
in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni
amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e
repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale, così espressamente attribuendo alla
dirigenza la competenza in materia di applicazione di sanzioni edilizie; «a norma dell’art. 51, comma
3, legge 142 dell’8 giugno 1990 (oggi, D.Lgs. 267 del 18 agosto 2000), infine, sono di competenza
dei dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che
impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino
agli organi di governo dell’Ente» (TAR Emilia Romagna, Parma, sent. 30 gennaio 2015, n. 31; TAR
Trento, sent. 19 gennaio 2015, n. 17; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 6 febbraio 2014, n. 794).
Secondo il giudice amministrativo il potere di vigilanza di cui all’ art. 27, comma 1 , deve intendersi
come potere di carattere generale, radicato in capo al comune e riguardante l’intera attività edilizia
sul territorio. La circostanza che il comma 2, nell’ipo tesi in cui il bene ricada in area vincolata,
preveda il coinvolgimento dell’ente a cui è affidata la tutela del bene protetto non esclude la
competenza del comune. La norma si limita a prevedere un doveroso raccordo tra le due
amministrazioni anche perché la Soprintendenza, in ipotesi, potrebbe provvedere direttamente alle
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opere di demolizione (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 26 gennaio 2015, n. 319 e sent. 18 aprile 2013, n.
2150).
Sanzioni amministrative pecuniarie proporzionali e non proporzionali
In precedenza, abbiamo detto che gli abusi edilizi e urbanistici sono soggetti a sanzioni penali e
amministrative; abbiamo precisato che ci saremmo occupati di queste ultime. A questo punto è
necessario introdurre una distinzione tra sanzioni proporzionali e contravvenzionali o non
proporzionali.
Le sanzioni proporzionali sono così chiamate perché rapportate al valore dell’abuso; esse possono
essere considerate non solo come una semplice sanzione afflittiva, bensì come un mezzo con cui
l’ordinamento colpisce il responsabile dell’abuso confiscandogli l’ingiusto profitto conseguito con la
realizzazione dell’opera abusiva (art. 33, comma 2; art. 37, commi 1, 3 e 4; art. 38 T.U. edilizia).
Tale tipo di sanzione ha natura sostitutiva in quanto prevista alternativamente all’applicazione di una
sanzione di tipo reale. L’esempio tipico potrebbe essere rappresentato dal caso in cui
l’amministrazione, in luogo delle demolizione, applichi la sanzione pecuniaria; in tale ipotesi, per
l’appunto, la pena pecuniaria sostituisce la demolizione.
Le sanzioni contravvenzionali, viceversa, non sono rapportate al valore dell’abuso realizzato ma
sono determinate asetticamente dal Legislatore che fissa un minino e un massimo. In questo caso,
quindi, predomina l’elemento afflittivo della pena, a prescindere dal profitto conseguito dal suo
autore.
A questo punto sorge un ulteriore problema: secondo quale criterio viene quantificata la sanzione?
In proposito, occorre fare riferimento all’art. 11 della legge 689 del 24 novembre 1981 “Modifiche al
sistema penale” che prescrive «nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata
dalla legge tra un limite minimo e un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie
facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione
o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue
condizioni economiche».
Edilizia e Urbanistica

La demolizione dell'opera abusiva
Il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n. 979 (Quaderno)
Esaminando il contenuto del T.U. edilizia potremmo notare che la demolizione è prevista all’interno
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di numerose norme. L’ art. 31, comma 2 , prevede la demolizione delle opere nel caso in cui
l’intervento edilizio sia stato realizzato in assenza del preventivo rilascio del necessario permesso di
costruire ovvero nel caso in cui esse siano state realizzate in totale difformità dal titolo rilasciato
ovvero con variazioni essenziali.
Per i motivi detti in precedenza, la competenza a emettere l’ordinanza di demolizione è ormai radicata
in capo al dirigente dell’ufficio tecnico; il provvedimento sarà diretto contro il proprietario del bene
ovvero contro l’esecutore delle opere. Il ripristino andrà effettuato entro novanta giorni dalla notifica
dell’ordine, tale termine potrà essere “congelato” presentando una istanza in sanatoria.
L’ordine di demolizione colpisce solo ed esclusivamente la parte dell’immobile realizzata
abusivamente e non si estende, invece, alla parte costruita in maniera lecita. Ciò comporta che,
nell’ipotesi in cui si parli di una sopraelevazione abusiva, l’ordine di demolizione o l’acquisizione al
patrimonio comunale riguarderanno esclusivamente la parte del lastrico solare occupata per la
realizzazione dell’abuso e non l’area di sedime dell’intero corpo di fabbrica costruito in maniera del
tutto legittima (TAR Sicilia, sent. 20 aprile 2009, n. 758).
Peraltro, « secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il privato sanzionato con l’ordine
di demolizione per la costruzione di un’opera edilizia abusiva, non può invocare l’applicazione in suo
favore dell’art. 12, comma 2, della legge 47/1985 (oggi, art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001) che
comporta l’applicazione della sola sanzione pecuniaria nel caso in cui l’ingiunta demolizione non possa
avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, se non fornisce seria e idonea
dimostrazione del pregiudizio stesso sulla struttura e sull’utilizzazione del bene residuo, perché per
impedire l’applicazione della sanzione demolitoria occorre un effettivo pregiudizio alla restante parte
dell’edificio, consistente in una menomazione dell’intera stabilità del manufatto» (TAR Sicilia,
Palermo, Sez. II, sent. 6 maggio 2015, n. 1096 e Sez. III, sent. 11 giugno 2014, n. 1503).
In precedenza abbiamo visto che, per pacifica giurisprudenza, la repressione degli illeciti edilizi può
essere disposta in qualsiasi momento, trattandosi di illeciti permanenti cui si associano sanzioni a
carattere reale, in rapporto alle quali non può essere invocato il principio di estraneità degli attuali
proprietari. Questi ultimi, ove non siano responsabili dell’abuso, possono evitare l’acquisizione
gratuita del bene e dell’area di sedime collaborando alla rimozione dell’opera abusiva fermo restando
ogni possibile azione di rivalsa, nei confronti degli effettivi responsabili, da parte degli acquirenti in
buona fede di un immobile in tutto o in parte abusivo, la cui regolarità sotto il profilo urbanisticoedilizio non fosse stata doverosamente accertata al momento del rogito (Cons. Stato, Sez. VI, sent.
28 gennaio 2014, n. 435).
D.P.R. 380/2001 - Art. 31 - Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale
difformità o con variazioni essenziali
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1. Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la
realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche,
planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di
volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di
esso con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile.
2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi
in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali,
determinate ai sensi dell’art. 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione
o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del
comma 3.
3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi
nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria,
secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive
sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque
essere
superiore
a
dieci
volte
la
complessiva
superficie
utile
abusivamente
costruita.
4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3,
previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione
nei
registri
immobiliari,
che
deve
essere
eseguita
gratuitamente.
4- bis . L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa
pecuniaria di importo compreso tra € 2.000 ed € 20.000, salva l’applicazione di altre misure e
sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici
di cui al comma 2 dell’art. 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto
elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del
provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di
valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativocontabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
4- ter . I proventi delle sanzioni di cui al comma 4- bis spettano al comune e sono destinati
esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e
attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
4- quater . Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle
sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4- bis e stabilire che siano periodicamente
reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione.
5. L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio
comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari
l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi
urbanistici o ambientali.
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6. Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali,
a vincolo di inedificabilità, l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di
demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza
sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive e
al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nell’ipotesi di concorso dei
vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune.
7. Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell’albo comunale, i
dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali e
agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti
all’autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l’ufficio territoriale
del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
8. In caso d’inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione dell’inosservanza delle
disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 27, ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal comma 3
del medesimo art. 27, il competente organo regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i
provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente
autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale.
9. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato
di cui all’art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita.
9- bis . Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’art.
22, comma 3.
L’ordine di demolizione del manufatto abusivo non deve essere necessariamente notificato a tutti i
proprietari ma è sufficiente che esso sia notificato a uno solo di essi; ne consegue che la mancata
formale notificazione del provvedimento demolitorio a tutti i comproprietari non costituisce vizio di
legittimità dell’atto, che è valido ed efficace (TAR Latina, Sez. I, sent. 2 ottobre 2014, n. 798; TAR
Toscana, Sez. III, sent. 18 dicembre 2001, n. 2030).
Demolizione dell’opera abusiva e ripristino dei luoghi
La demolizione dell’opera abusiva non equivale a ripristino dello stato dei luoghi. Ripristinare lo stato
dei luoghi, infatti, non si traduce solo e semplicemente nel compiere le opere di demolizione del
manufatto abusivo ma implica una serie di operazioni ben più complesse e articolate che mirano a
ripristinare effettivamente i luoghi alterati in seguito alla realizzazione dall’abuso edilizio.
La realizzazione del manufatto abusivo comporta la realizzazione di una serie di opere accessorie
(sbancamento e livellamento del terreno, abbattimento di arbusti e alberi, realizzazione di opere
infrastrutturali) che permangono anche dopo la demolizione ovvero dopo la rimozione fisica del
manufatto abusivo.
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Quando la sentenza impone il ripristino dello stato dei luoghi, la semplice demolizione del manufatto
abusivo non è elemento sufficiente essendo invece necessaria la realizzazione di tutta una serie di
opere capaci di ripristinare effettivamente l’assetto del territorio riportandolo allo status quo ante
(Cass. pen., Sez. III, sent. 18 febbraio 2009, n. 6902).
Le spese di demolizione
Le spese di demolizione, ovviamente, sono a carico del soggetto proprietario dell’opera abusiva
ovvero gravano sul responsabile dell’abuso. Nel caso in cui la demolizione venga effettuata dal
comune, sarà l’ente locale ad anticipare i costi che, comunque, alla resa dei conti, saranno posti a
carico del responsabile.
La disciplina della materia era contenuta nell’ art. 41 del T.U. edilizia; tale norma, peraltro, è stata
al centro di un’ampia discussione col risultato di rendere la questione più complessa di quanto possa
apparire. Cerchiamo di fare il punto della vicenda.
L’art. 41 è stato interamente sostituito dall’art. 32, comma 49- ter , del D.L. 269 del 30 settembre
2003, convertito dalla legge 326 del 24 novembre 2003, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo
e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici . Successivamente, la Corte Costituzionale, con
la sent. 28 giugno 2004, n. 196, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 32, comma 49- ter per cui, a
questo punto, si aprono due scenari. L’intervento della Consulta avrebbe comportato la reviviscen za
dell’originario art. 41 del D.P.R. 380/2001. Secondo un’altra interpretazione, l’art. 41 del T.U.
sarebbe stato cancellato e la materia, quindi, sarebbe disciplinata dall’art. 32, comma 12, del D.L.
269/2003.
Art. 32, comma 12, D.L. 269/2003
A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a
mettere a disposizione l’importo massimo di € 50 milioni per la costituzione, presso la Cassa stessa, di un
Fondo di rotazione, denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai comuni e
ai soggetti titolari dei poteri di cui all’art. 27, comma 2, del D.P.R. 380 del 6.6.2001, anche avvalendosi delle
modalità di cui all’art. 2, comma 55, della legge 662 del 23.12.1996, e all’art. 41, comma 4, del T.U. di cui al
D.P.R. 380 del 6.6.2001, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle
opere abusive anche disposti dall’autorità giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative
connesse. Le anticipazioni, comprensive della corrispondente quota delle spese di gestione del Fondo, sono
restituite al Fondo stesso in un periodo massimo di cinque anni, secondo modalità e condizioni stabilite con
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
utilizzando le somme riscosse a carico degli esecutori degli abusi. In caso di mancato pagamento spontaneo
del credito, l’amministrazione comunale provvede alla riscossione mediante ruolo ai sensi del D.Lgs. 46 del
26.2.1999. Qualora le somme anticipate non siano rimborsate nei tempi e nelle modalità stabilite, il Ministro
dell’interno provvede al reintegro alla Cassa depositi e prestiti, trattenendone le relative somme dai fondi del
bilancio dello Stato da trasferire a qualsiasi titolo ai comuni.
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Tale ultima norma prevede la costituzione di un apposito fondo (€ 50 milioni) presso la Cassa depositi
e prestiti, a cui i comuni possono attingere per coprire i costi di demolizione, ivi compresi quelli
necessari per le spese tecniche e amministrative. La materia è stata ulteriormente disciplinata con il
D.M. economia 23 luglio 2004 Modalità e condizioni per la restituzione al Fondo per le demolizioni
delle opere abusive delle anticipazioni sui costi relativi agli interventi di demolizione nonché con due
circolari della Cassa depositi e prestiti S.p.A., la prima del 28 ottobre 2004, n. 1254 Fondo per le
demolizioni delle opere abusive. Art. 32, comma 12, D.L. 269 del 30 settembre 2003, convertito,
con modificazioni, dalla legge 326 del 24 novembre 2003 e con la seconda del 2 febbraio 2006, n.
1264 Condizioni generali per l’accesso al Fondo per le demolizioni delle opere abusive (Fondo)
istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti società per azioni (CDP) ai sensi
dell’art. 32, comma 12, del D.L. 269 del 30 settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla
legge 326 del 24 novembre 2003.
In sostanza, la rimozione dell’abuso comporta dei costi, spesso ingenti, che, frequentemente, devono
essere anticipati dal comune che provvederà, successivamente, al recupero coattivo nei confronti del
responsabile. Poiché si tratta pur sempre di utilizzare danaro pubblico, la normativa prevede una
apposito iter burocratico che il comune deve seguire per ottenere l’anticipazione delle somme
necessarie a effettuare le demolizioni; tale procedura prevede:
a. l’impegno di spesa assunto dal comune;
b. l’invio di una domanda da parte dell’ente locale, nei successivi novanta giorni, corredata con
l’ordinanza
c.
il
di
recupero
demolizione
dei
e
costi
da
da
parte
una
del
relazione
responsabile
tecnica;
dell’abuso;
d. la restituzione dell’anticipazione alla CDP entro due mesi dalla data di recupero.
Nel caso in cui il comune non riesca a “recuperare” i costi della demolizione dal responsabile
dell’abuso (il che potrebbe accadere, per esempio, nell’ipotesi in cui l’abuso sia stato
effettuato da soggetti legati alla criminalità organizzata), il rimborso andrà effettuato nei
successivi cinque anni. Il rimborso dell’anticipazione in favore della CDP è garantito dal
Ministero dell’interno; nel caso di mancato rimborso, il Ministero provvederà a rimpinguare il
fondo di garanzia con proprie disponibilità finanziarie provvedendo, a sua volta, al “recupero”
nei confronti del comune inadempiente attraverso compensazioni con quanto dovuto dai
trasferimenti in favore dell’ente locale.
Recentemente, il D.L. 133 del 12 settembre 2014, convertito con modificazioni dalla legge 164
dell’11 novembre 2014 (cosiddetto “Sblocca Italia”) ha introdotto alcune modifiche al T.U. edilizia.
Questa volta parliamo delle modifiche all’art. 31 e, in particolare, del comma 4-bis . La nuova
norma prevede che l’amministrazione, constatata l’inottemperanza all’ordine di demolizione,
irroghi una sanzione di importo compreso tra € 2.000 e € 20.000. Si tratta di una sanzione
amministrativa
pecuniaria
che
si
somma
alle
altre
sanzioni
previste.
Si precisa che, qualora l’abuso sia stato perpetrato all’interno di un’area protetta, la sanzione
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sarà necessariamente irrogata nella misura massima. E non finisce qui! La norma, evidentemente
per “ricordare” alle Pubbliche amministrazioni poco solerti di fare il proprio dovere, prevede
specifiche sanzioni a carico dei funzionari che applichino la sanzione pecuniaria in ritardo. Le
somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni, ai sensi del comma 4-ter andranno a
rimpinguare le casse comunali e dovranno essere destinate esclusivamente alla demolizione e
rimessione in pristino delle opere abusive ovvero all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate
a verde pubblico. In pratica, si ha l’impressione che il Legislatore abbia voluto attuare un principio
analogo a quello vigente in materia di tutela dell’ambiente nel cui ambito vige la regola “chi
inquina, paga”.
L’ordine di demolizione ha natura vincolata
L’ordine di demolizione ha natura strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza
o di prescrizione (TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. 1° aprile 2015, n. 4943 e Sez. I- quater, sent.
19 marzo 2015, n. 43550), per cui non richiede l’avvio del procedimento previsto dalla legge
241/1990 che impone la partecipazione del cittadino. L’intervento collaborativo della parte,
infatti, non potrebbe in alcun modo influire sul risultato del procedimento in quanto
l’amministrazione, come dicevamo, esercita poteri vincolanti e non discrezionali (Cons. Stato,
Sez. VI, sent. 4 marzo 2013, n. 1268). Trattandosi di atto vincolato, non è richiesta neanche una
specifica motivazione ma è sufficiente che il provvedimento contenga, al proprio interno, il
riferimento al carattere illecito dell’opera realizzata né richiede una espressa comparazione tra
l’interesse pubblico alla rimozione dell’opera, che è in re ipsa, e quello privato alla relativa
conservazione, e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla
commissione dell’abuso (TAR Lazio, Roma, Sez. II- bis , sent. 16 gennaio 2015, n. 1647; Cons.
Stato, Sez. VI, sent. 29 gennaio 2015, n. 406; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sent. 14
novembre 2014, n. 5899; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 23 ottobre 2014, n. 5455; TAR
Roma, Sez. II- ter , sent. 13 ottobre 2014, n. 10271; Cons. Stato, Sez. V, sent. 2 ottobre 2014,
n. 4926; Cons. Stato, Sez. V, sent. 13 marzo 2014, n. 1230; Cons. Stato, Sez. V, sent. 30 giugno
2014, n. 3282; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 28 aprile 2014, n. 2194; Cons. Stato, Sez. VI, sent.
28 gennaio 2014, n. 431; Cons. Stato, sent. 11 dicembre 2013, n. 5943; Cons. Stato, Sez. VI,
sent. 11 novembre 2013, n. 5368; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons.
Stato, Sez. VI, sent. 4 marzo 2013, n. 1268; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 gennaio 2013, n.
498; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 443; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 11 maggio
2011, n. 2781; Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 aprile 2011, n 2526).
L’ordine di demolizione non richiede neanche una comparazione tra l’interesse pubblico e quello
privato coinvolto e sacrificato, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse
pubblico concreto e attuale alla demolizione (TAR Piemonte, Sez. I, sent. 12 luglio 2013, n. 889;
Cons. Stato, Sez. IV, sent. 16 aprile 2012, n. 2185 e Sez. V, sent. 17 settembre 2012, n. 4915).
In sostanza, l’ordine di demolizione è legittimo nella misura in cui sia accertata l’esistenza di
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un’opera abusiva. Ci si è chiesto se, per la legittimità dell’ordinanza, sia necessario ottenere il
parere preventivo della commissione edilizia integrata. La giurisprudenza risponde al quesito
negativamente, proprio perché si tratta di atto dovuto. L’unico coinvolgimento necessario
potrebbe essere quello richiesto agli organi di polizia tecnica a cui il dirigente potrebbe rivolgersi
per effettuare le verifiche tecniche del caso (TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, sent. 9 febbraio
2012, n. 693). Si tratterebbe, in questo caso, di un mero accertamento di ordine tecnico teso a
“certificare” l’esistenza dell’abuso che, come dicevamo, costituisce l’unico presupposto del
provvedimento sanzionatorio. D’altra parte, proprio l’ordine di demolizione consente al suo
destinatario di operare una scelta, e cioè se demolire il manufatto abusivo, conservando la
proprietà dell’area di sedime o rendersi inottemperante all’ordine di demolizione e sottostare a
un provvedimento ben più grave consistente nell’acquisizione da parte dell’amministrazione.
L’ordine di demolizione non deve necessariamente contenere la possibilità di sostituire la
demolizione dell’opera con una sanzione pecuniaria. Tale possibilità viene in risalto solo in un
momento successivo, allorché il privato non ottemperi spontaneamente alla demolizione e
l’autorità, in conseguenza, indirizzi agli uffici competenti l’ordine di esecuzione in danno dei
proprietari. In questo secondo momento occorre valutare l’eventuale pregiudizio sulla staticità
degli immobili e sulla eventuale applicazione dell’alternativa sanzione pecuniaria (TAR Piemonte,
Sez. I, sent. 12 luglio 2013, n. 889; TAR Lazio, sent. 2 marzo 2012, n. 2165).
Il potere-dovere dell’amministrazione
In relazione al potere-dovere dell’amministrazione di procedere alla demolizione dell’opera
abusiva, si rappresenta che il comune, una volta che abbia avviato il procedimento sanzionatorio
con l’emanazione dell’ingiunzione di demolizione, resta obbligato a portarlo a compimento
adottando tutti i provvedimenti e gli atti materiali ulteriori, diretti a darvi piena attuazione. Tale
tesi trova il proprio fondamento legislativo nel combinato disposto dell’art. 2, comma 1, e dell’art.
21- quater della legge 241/1990 per cui «i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti
immediatamente» con la conseguenza che l’amministrazione ha il potere-dovere di portare a
effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento. Chi ne ha
interesse può agire proponendo, nei confronti del comune, un’istanza per sollecitare l’esercizio
dei poteri repressivi in materia edilizia, e, in caso di inerzia da parte dell’amministrazione, può
ricorrere avverso il suo silenzio.
La richiesta con cui il responsabile del servizio tecnico comunale chiede la disponibilità economica
per effettuare l’impegno di spesa necessaria ad anticipare i costi della demolizione, nonché la
richiesta alla regione di poter accedere al fondo di rotazione stanziato per la demolizione di opere
abusive, pur potendo essere considerati atti prodromici alla demolizione non giustificano l’inerzia
del comune (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 10 maggio 2013, n. 2565).
La rilevanza del decorso del tempo
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Scorrendo la copiosa giurisprudenza fiorita sul tema, ci si accorge che, spesso, l’ordine di
demolizione arriva all’improvviso, anche a distanza di anni dal compimento dell’opera. A questo
punto, il destinatario dell’ordinanza di demolizione (che potrebbe essere anche un soggetto
diverso da quello che ha posto in essere l’abuso) si trincera dietro la cosiddetta teoria
dell’affidamento.
Il punto è questo: il decorso del tempo può, in qualche maniera, legittimare l’opera abusiva?
La giurisprudenza amministrativa, in questo caso, ondeggia su due soluzioni contrapposte.
Secondo una prima tesi, il decorso del tempo non può in alcun modo legittimare l’opera abusiva.
Quando è stato commesso un fatto illecito con una costruzione in tutto o in parte abusiva, non è
ravvisabile un “affidamento incolpevole”, né il titolare dell’abuso (o un suo avente causa) può
dolersi del ritardo con cui l’Amministrazione ha emanato il dovuto ordine di demolizione.
Ammettere “l’estinzione” dell’abuso per il decorso del tempo vorrebbe dire accettare una
sanatoria di fatto, «che opererebbe anche quando l’interessato non ha ritenuto di avvalersi del
corrispondente istituto previsto e disciplinato dalla normativa di sanatoria di cui alle leggi
47/1985, 724/1994 e 326/2003; senza neanche pagare le somme dovute a titolo di oblazione
stabilite dalla normativa sopra citata, il che non sarebbe conforme a principi basilari di
ragionevolezza e parità di trattamento nell’esercizio del potere amministrativo» (TAR Lazio,
Roma, Sez. I, sent . 1 ° aprile 2015, n. 4943; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 5 gennaio 2015, n. 13).
Tale ritardo può dar luogo alle conseguenze sanzionatorie a carico delle autorità che non
esercitano le loro doverose funzioni, ma non può essere invocato a proprio favore da chi riceve a causa dell’antigiuridica omissione della pubblica autorità - il vantaggio di poter continuare a
utilizzare un bene, di cui l’ordinamento dispone la demolizione (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28
gennaio 2014, n. 431 e Sez. IV, sent. 10 giugno 2013, n. 3183; TAR Campania, Napoli, Sez. VIII,
sent. 23 maggio 2012, n. 2390). Il carattere permanente degli abusi edilizi comporterebbe che,
il decorso del tempo, non spieghi alcuna efficacia sanante nei confronti degli abusi stessi (Cons.
Stato, Sez. VI, sent. 26 gennaio 2015, n. 319 e sent. 28 dicembre 2012, n. 6702) del resto, per
il principio di legalità, la sanatoria degli abusi può avere luogo solo nei casi previsti dalla legge
statale e nessuna disposizione di legge attribuisce al decorso del tempo un rilievo ostativo
all’emanazione dei dovuti atti repressivi (la cui mancata emanazione, al contrario, implica, a
seconda dei casi, responsabilità penali, disciplinari e contabili a carico dei funzionari pubblici). In
altri termini, la mancata emanazione di atti repressivi degli abusi edilizi - sia essa conseguente
alla mancata conoscenza della loro sussistenza ovvero alla inerzia, alla negligenza o addirittura
alla connivenza delle autorità comunali - non incide sul perdurante e attuale obbligo delle autorità
comunali pro tempore , di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto (Cons. Stato, Sez. VI,
sent. 18 settembre 2013, n. 4651 ).
Secondo altra giurisprudenza, il decorso del tempo radicherebbe in capo al soggetto il
convincimento della legittimità dell’opera. In tale ipotesi, il manufatto rimarrebbe comunque
abusivo ma l’amministrazione dovrebbe esplicitare i motivi di pubblico interesse che richiedono
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la rimozione dell’opera abusiva (TAR Campania, Napoli, Sez. III, sent. 22 luglio 2013, n. 3784;
TAR Calabria, Catanzaro, sent. 10 novembre 2011, n. 1356; TAR Napoli, sent. 25 marzo 2010,
n.
1636).
In
tale
ultima
ipotesi,
quindi,
verrebbe
in
gioco
il
potere
discrezionale
dell’amministrazione chiamata a esprimersi sui motivi di pubblico interesse che richiedono la
demolizione dell’opera. In tal senso si è espresso, per esempio, anche il TAR Veneto (sent. 13
novembre 2013, n. 1268) secondo il quale la demolizione può essere evitata quando l’abuso
risalga
nel
tempo
e
manchi
il
pubblico
interesse
alla
rimozione
dell’opera
abusiva.
In altra circostanza è stato ritenuto che il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una
motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione non è quello che intercorre tra il compimento
dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito
e il provvedimento sanzionatorio adottato, con l’avvertenza che, in mancanza della conoscenza
della violazione, non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente
apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente valutato in sede motivazionale (TAR
Veneto, Sez. II, sent. 28 novembre 2013, n. 1333; Cons. Stato, Sez. V, sent. 9 settembre 2013,
n. 4470).
È stato anche ritenuto (TAR Veneto, sent. 13 novembre 2013, n. 1268) che il principio generale
che prevede la demolizione dell’opera abusiva deve considerarsi recessivo nel caso in cui l’abuso
sia stato compiuto in un periodo così antecedente nel tempo laddove l’Amministrazione comunale
aveva accertato, seppur implicitamente, la legittimità del manufatto originario. In tale ipotesi,
l’amministrazione deve valutare se sussistono reali ed effettivi motivi per reprimere l’abuso
mediante
la
demolizione
e
particolari
ragioni
di
interesse
pubblico.
Del resto, nel sistema sanzionatorio delineato dall’art. 13 della legge 765 del 6 agosto 1967, la
scelta della sanzione (demolizione o sanzione pecuniaria) di volta in volta applicabile è di regola
sottratta a una valutazione del pubblico interesse; tale principio subisce però un’attenuazione:
a. nell’ipotesi in cui l’attività privata, anche se formalmente in contrasto con l’art. 13, perché
priva dell’autorizzazione, risulti comunque conforme allo strumento di pianificazione territoriale
comunale, nonché,
c. nell’ipotesi in cui l’inerzia del comune di fronte all’abuso perpetrato si sia protratta per un
notevole lasso di tempo.
In entrambi questi casi non si può infatti dubitare della prevalenza di principi generali di natura
diversa da quelli fissati dall’art. 13, con conseguente obbligo, per l’amministrazione comunale, di
fornire una idonea motivazione sulla concreta sussistenza del pubblico interesse alla demolizione.
Un aiuto viene dalla regione Emilia Romagna che, interpellata dal comune di Ravenna, con provv.
n. 201593 del 12 maggio 2014 ha espresso il proprio Parere in merito alla tutela dell’affidamento
del privato nel caso di abuso edilizio molto datato nel tempo e mai contestato . Nel caso in esame
si trattava di un abuso edilizio risalente nel tempo, commesso da soggetto diverso dall’attuale
proprietario, per il quale l’amministrazione aveva rilasciato più titoli edilizi (almeno 3)
successivamente all’epoca della commissione dell’abuso stesso. Secondo la regione, l’affidamento
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del privato può essere sacrificato solo a seguito dell’accertamento dell’esistenza di specifici e
particolarmente rilevanti esigenze di interesse pubblico (diverse dal semplice ripristino dello stato
legittimo). Occorre, peraltro, tener presente che il parere della regione Emilia Romagna trova il
proprio presupposto e fondamento legislativo nella L.R. 15 del 30 luglio 2013 Semplificazione
della disciplina edilizia che, sia pure con riferimento a una precisa fattispecie di abuso (opere
realizzate in parziale difformità rispetto a titolo edilizio rilasciato entro il 29 gennaio 1977 - data
di entrata in vigore della legge 10/1977), stabilisce che non si procede alla applicazione della
sanzione amministrativa prevista per l’abuso edilizio (cioè alla demolizione delle opere) quando
l’affidamento del privato sia riferito a opere realizzate in difformità al titolo edilizio rilasciato da
almeno trentasette anni.
La comunicazione di avvio del procedimento
L’ordine di demolizione richiede la preventiva notifica dell’avvio del procedimento nei confronti
del destinatario del provvedimento? Ancora una volta, la giurisprudenza non offre risposte precise
oscillando su due fronti diametralmente opposti. In alcuni casi si ritiene che l’ordine di demolizione
debba essere necessariamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento (Cons. Stato, Sez.
VI, sent. 5 gennaio 2015, n. 13; TAR Campania, Napoli, Sez. V, sent. 7 giugno 2007, n. 6010;
TAR Liguria, Sez. I, sent. 18 marzo 2002, n. 307). In altre circostanze, peraltro, si giunge a un
risultato diverso e la comunicazione prevista dalla legge 241/1990 non è richiesta in quanto si
ritiene che l’adozione di misure repressive edilizie non sia assoggettata all’obbligo di
comunicazione dell’avvio del procedimento, attesa la natura vincolata del provvedimento finale,
rispetto al quale la partecipazione dell’interessato non può arrecare alcuna utilità (TAR Latina,
Sez. I, sent. 2 ottobre 2014, n. 798; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 8 maggio 2014, n. 2363; TAR
Brescia, Sez. I, sent. 26 marzo 2014, n. 290; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sent. 29 gennaio
2014, n. 303; Cons . Stato, Sez. V, sent. 9 settembre 2013, n. 4470 e Sez. VI, sent. 24 maggio
2013, n. 2873; TAR Puglia, Bari, Sez. III, sent. 10 maggio 2013, n. 714; TAR Friuli Venezia Giulia,
Sez. I, sent. 20 dicembre 2012, n. 498; TAR Campania, Napoli, Sez. III, sent. 4 dicembre 2012,
n. 4913; TAR Campania, Salerno, Sez. II, sent. 28 novembre 2012, n. 2161; TAR Lazio, Sez. II,
sent. 5 settembre 2012, n. 7570; TAR Liguria, Sez. I, sent. 24 luglio 2012, n. 1073; TAR
Sardegna, Sez. II, sent. 23 luglio 2012, n. 747; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 23 gennaio 2012, n.
282; Sez. VI, sent. 30 maggio 2011, n. 3223 e sent. 24 settembre 2010, n. 7129; TAR Campania,
Napoli, Sez. IV, sent. 23 aprile 2009, n. 2142).
Di certo la comunicazione non sarà necessaria quando il privato abbia partecipato alle operazioni
di verifica e ai necessari accertamenti tecnici (Cons. Stato, Sez. V, sent. 9 settembre 2013, n.
4470 e Sez. IV, sent. 12 aprile 2011, n. 2266) così non è necessario l’avviso quando sia stato il
giudice penale a ordinare di procedere alla demolizione delle opere abusive (Cass. pen., Sez. III,
sent. 7 gennaio 2010, n. 81).
Di contro, potrebbero verificarsi ipotesi residuali in cui è opportuna la collaborazione del cittadino,
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il che potrebbe accadere, per esempio, nel caso in cui l’ordine di demolizione riguardi un edificio
realizzato in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge 765/1967 e sia stata riscontrata
una difformità rispetto al progetto originario, riferibile a una data imprecisata. In tale ipotesi
l’Amministrazione non può emanare l’ordine di demolizione inaudita altera parte , ma deve
consentire al proprietario di partecipare al procedimento sanzionatorio, affinché siano
eventualmente acquisiti elementi oggettivi che possano chiarire se la difformità risalga al periodo
anteriore all’entrata in vigore della medesima legge ( Cons. Stato, Sez VI, sent. 10 maggio 2013,
n. 2560).
Il sequestro penale non ostacola la demolizione
Altro problema riguarda la demolizione dell’opera soggetta a sequestro penale. Secondo una certa
angolazione, il responsabile dell’abuso si troverebbe nella impossibilità di procedere alla
demolizione dell’opera perché, così facendo, sarebbe violato l’ordine di sequestro preventivo.
L’ordinanza di sequestro, infatti, imprime al bene un vincolo di indisponibilità che si concretizza
nella sua temporanea immodificabilità e incommerciabilità. Il destinatario dell’ordine di sequestro
(ovvero il custode del bene), di conseguenza, non sarebbe più in grado di adempiere all’ordine di
demolizione emanato dall’amministrazione comunale.
Allora, come risolviamo il problema? Adempiamo all’ordine di demolizione o a quello di sequestro?
Mai come in questo caso è facilmente possibile trovare una soluzione al problema: la parte deve
chiedere al giudice penale il dissequestro delle opere abusive allo scopo di poter adempiere
all’ordine dell’amministrazione e procedere alla demolizione delle stesse (Cons. Stato, Sez. VI,
sent. 4 febbraio 2014, n. 532 e Sez. IV, sent. 6 marzo 2012, n. 1260). Spetterà quindi al giudice
penale stabilire se il bene possa essere dissequestrato (per procedere alla demolizione) o meno.
Il giudice penale, infatti, potrebbe ritenere necessario mantenere il bene sotto sequestro, il che
potrebbe accadere, in ipotesi, allo scopo di preservare le prove ovvero per la necessità di
conservare la garanzia costituita dall’immobile destinato a garantire le obbligazioni civili nascenti
da reato. Ne consegue che il responsabile dell’abuso non sarà responsabile della mancata
ottemperanza all’ordine di demolizione solo nel caso in cui l’immobile sia sottoposto a sequestro
penale
e
il
giudice
abbia
respinto
l’istanza
di
dissequestro.
Nel caso in cui l’immobile abusivo venga dissequestrato, il giudice che dispone il dissequestro
potrebbe provvedere a consegnare l’immobile all’amministrazione comunale e non al responsabile
dell’abuso. A seguito dell’avvenuto accertamento dell’abuso, infatti, il manufatto viene acquisito
gratuitamente al patrimonio del comune che, pertanto, ha diritto a ottenere la materiale
disponibilità
dell’immobile
(Cass.
pen.,
Sez.
III,
sent.
22
gennaio
2010,
n.
2912).
Non c’è conflitto tra la sentenza con cui il giudice penale ordina la demolizione del manufatto
abusivo e il provvedimento con cui l’amministrazione comunale acquisisce l’immobile al proprio
patrimonio. I due provvedimenti sono solo apparentemente in contrasto tra loro in quanto il
provvedimento amministrativo con cui l’amministrazione procede a disporre l’acquisizione del
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manufatto abusivo al proprio patrimonio è funzionale alla sua demolizione (Cass. pen., Sez. III,
sent. 8 agosto 2010, n. 32952).
La domanda di sanatoria congela la situazione
Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, l’ordinanza di demolizione rimane sospesa
in pendenza della domanda di sanatoria; sarebbe quindi illegittimo il provvedimento di
demolizione quando non risulti ancora concluso il procedimento attinente all’esame della
domanda di condono (TAR Lazio, Sez. I- quater, sent. 25 luglio 2014, n. 8234 e Sez. II- bis, sent.
27 febbraio 2014, n. 2300; TAR Campania, Salerno, Sez. II, sent. 15 novembre 2013, n. 2272;
TAR Lazio, Roma, Sez. I- quater, sent. 18 giugno 2013, n. 6132; TAR Campania, sent. 3
settembre 2010, n. 17304).
Il motivo è semplice: è inutile procedere alla demolizione di un’opera che potrebbe essere sanata
in seguito all’accoglimento della domanda di sanatoria. Il rilascio di una concessione in sanatoria,
infatti, fa venir meno la illegittimità delle opere edilizie (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 27 gennaio
2014, n. 356). L’istanza di sanatoria presentata successivamente all’adozione dell’ordinanza di
demolizione rende quest’ultima inefficace, con l’effetto quindi di rendere improcedibile
l’impugnazione contro l’atto sanzionatorio per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il
riesame dell’abusività dell’opera, provocato dall’istanza, sia pure al fine di verificarne l’eventuale
sanabilità, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito
(di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio
oggetto dell’impugnativa (Cons. Stato, Sez. V, sent. 31 ottobre 2012, n. 5553; TAR Napoli, Sez.
IV, sent. 3 aprile 2012, n. 1542; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, sent. 14 settembre 2006, n.
8130; sent. 25 gennaio 2007, n. 701; Salerno, Sez. II, sent. 29 novembre 2007, n. 2853; Napoli,
S ez. VI, sent. 5 marzo 2008, n. 1108; sent. 15 settembre 2008, n. 10133; Sez. III, sent. 1 °
ottobre 2008, n. 12315 e sent. 7 novembre 2008, n. 19352; Sez. VII, 4 dicembre 2008, sent. n.
20973 e sent. 3 marzo 2009, n. 1211; TAR Sicilia, Palermo, S ez. II, sent. 13 novembre 2006,
n. 2987; sent. 31 gennaio 2007, n. 259; sent. 5 marzo 2007, n. 723 e sent. 26 giugno 2007, n.
1704; Catania, Sez. I, sent. 18 dicembre 2007, n. 1990; TAR Puglia, Bari, S ez. III, sent. 31
marzo 2006, n. 1088 e sent. 24 aprile 2006, n. 1515; Lecce, Sez. III, sent. 21 febbraio 2009, n.
258; TAR Piemonte, Torino, Sez. I, sent. 13 novembre 2006, n. 4141 e sent. 30 ottobre 2008,
n. 2721; TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. 18 luglio 2008, n. 6954 e Se z. II, sent. 15 settembre
2008, n. 8306).
Con specifico riferimento alla presentazione della domanda di condono in data successiva
all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione, essa produce l’effetto di rendere improcedibile,
per sopravvenuta carenza di interesse, l’impugnazione stessa. Invero, il riesame dell’abusività
dell’opera al fine di verificarne l’eventuale sanabilità - provocato dall’istanza degli interessati comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito (di accoglimento o di
rigetto), che vale, comunque, a superare il provvedimento impugnato (TAR Campania, Napoli,
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Sez. VIII, sent. 16 aprile 2014, n. 2166; TAR Napoli, Sez. VI, sent. 9 maggio 2013, n. 2417; TAR
Campania, Napoli, sent. 9 luglio 2009, n. 3829; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sent. 2 luglio
2009, n. 3673; TAR Campania, Napoli, Sez. III, sent. 18 giugno 2009, n. 3354; TAR Campania,
Napoli, Sez. VII, sent. 5 giugno 2009, n. 3105; TAR Toscana, Firenze, sent. 9 aprile 2009, n.
605; TAR Toscana, Firenze, Sez. III, sent. 13 maggio 2008, n. 1455; TAR Lazio, Roma, Sez. II,
sent. 4 maggio 2007, n. 3973; TAR Piemonte, Torino, Sez. I, sent. 13 dicembre 2006, n. 4654;
TAR Sicilia, Catania, Sez. I, sent. 15 ottobre 2007, n. 1669; TAR Campania, Salerno, Sez. II,
sent. 9 marzo 2007, n. 241; TAR Sicilia, Palermo, sent. 25 settembre 2006, n. 1947; TAR
Campania, Salerno, Sez. II, sent. 21 marzo 2006, n. 314; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 18
maggio 2006, n. 4743; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 22 dicembre 2005, n. 8159; TAR Campania,
Napoli, Sez. IV, sent. 3 febbraio 2005, n. 724; TAR Campania, Napoli, sent. 8 marzo 2005, n.
1664). Conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta
carenza di interesse.
Da ultimo, si rammenta che la validità dell’ordine di demolizione non risulta pregiudicato dalla
successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del D.P.R. 380/2001. Scopo della norma, infatti,
è semplicemente quello di evitare la demolizione di un’opera che, anche se realizzata in assenza
da un legittimo e regolare titolo abilitativo dei lavori, è comunque conforme allo strumento
urbanistico vigente. Nel caso in cui l’istanza di sanatoria venga accolta, l’ordine di demolizione
perderà efficacia mentre, nell’ipotesi di rigetto, l’originario ordine di demolizione verrà
“scongelato” ritornando valido ed efficace. Nel caso in cui l’istanza di sanatoria venga respinta,
l’amministrazione non deve procedere a una ulteriore notifica dell’ordine di demolizione (che
potrebbe essere soggetto a una nuova impugnazione) in quanto il provvedimento torna valido ab
origine (TAR Campania, sent. 14 settembre 2009, n. 4961).
Il
comune
non
ha
l’obbligo
di
verificare
che
l’opera
sia
sanabile.
Abbiamo visto che l’ordine di demolizione rimane sospeso in pendenza della domanda di
sanatoria. A questo punto ci si chiede se l’amministrazione, una volta che abbia accertato la
presenza di un’opera abusiva, abbia o meno il dovere verificare che essa sia sanabile ovvero di
adoperarsi per la sua sanatoria. Sotto questo profilo occorre precisare che la pubblica
amministrazione ha il diritto-dovere di sanzionare le opere abusive ma, per converso, non ha
alcun obbligo di verificarne la possibilità di un intervento in sanatoria. Grava sul cittadino
destinatario dell’ordine di demolizione l’onere di verificare la possibilità di procedere alla sanatoria
dell’opera e, nel caso, di presentare la relativa domanda (TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent.
6 giugno 2014, n. 3163; Cons. Stato, sent. 6 marzo 2012, n. 1260; TAR Puglia, Bari, Sez. III,
sent. 26 gennaio 2012, n. 245). In sostanza, il cittadino rimane arbitro della situazione anche
perché potrebbe preferire procedere alla demolizione dell’abuso (specie nel caso dei cosiddetti
abusi minori) piuttosto che affrontare l’alea e il costo di un intervento di recupero e sanatoria.
Opere abusive su suolo demaniale
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L’art. 35 del D.P.R. 380/2001 Interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di
enti pubblici disciplina l’ipotesi in cui siano state realizzate opere su suoli di proprietà demaniali
in assenza della preventiva autorizzazione. In tale ipotesi l’amministrazione provvede a inviare
una diffida al responsabile dell’abuso e, in caso di inottemperanza all’ordine, provvede alla
demolizione delle opere abusive. Occorre tener presente che, per tutelare l’interesse pubblico, la
demolizione è disposta sia qualora gli interventi di maggior impatto per i quali sarebbe stato
necessario chiedere un permesso di costruire che per quelli cosiddetti “minori” per i quali è
necessaria la semplice SCIA in quanto il manufatto realizzato in zona sottoposta a vincolo
ambientale, rende doverosa la demolizione d’ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo e
non solamente gli interventi realizzati senza permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, Sez.
VI, sent. 23 ottobre 2014, n. 5455; Cons . Stato, Sez. IV, sent. 10 marzo 2014, n. 1103). Le
opere edilizie abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, si considerano eseguite
in totale difformità dalla concessione e, se costituenti pertinenze, non sono suscettibili di
autorizzazione in luogo della concessione (TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 20 febbraio 2014
n. 1122).
Interessante la sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. 8 ottobre 2013, n. 4946); nel caso
in esame un cittadino aveva realizzato, su area di proprietà comunale, una scala esterna per
permettere l’accesso alla propria abitazione; la realizzazione delle opere era stata preceduta da
una DIA. Il giudice amministrativo ha ritenuto illegittima l’ordinanza di demolizione in quanto non
preceduta dal preventivo provvedimento di annullamento in autotutela diretto a eliminare il titolo
edilizio.
Secondo la giurisprudenza non è possibile sanare gli immobili abusivi realizzati su suolo
demaniale neanche quando le mappe catastali contengano dati non univoci e a fronte di
contrapposti ricostruzioni dei confini fondate su atti di diversa natura. In tale ipotesi è necessario
ricorrere
allo
strumento della
verificazione
mediante
la
nomina
di soggetti,
estranei
all’amministrazione, dotati di specifica competenza nel settore in quanto, secondo la Cassazione
( sent. 3 marzo 2009, n. 5131) i dati catastali non hanno valore di prova ma di semplice indizio
(Cons. Stato, Sez. VI, sent. 18 settembre 2013, n. 4641).
La demolizione presuppone l’annullamento del titolo edilizio
Le disposizioni sanzionatorie contenute nel capo II del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001
presuppongono la realizzazione di interventi edilizi in assenza o in difformità dal titolo abilitativo.
Ove le opere siano conformi al titolo non è dunque possibile l’esercizio del potere sanzionatorio,
salva la possibilità, per l’amministrazione preposta al controllo, di rimuovere il titolo stesso
esercitando i propri poteri di autotutela. Questi principi valgono anche nel caso in cui l’attività
edilizia sia stata realizzata a seguito di presentazione di DIA o di SCIA posto che, in tali casi,
seppur in carenza di un vero e proprio provvedimento amministrativo di primo grado, con lo
spirare del termine concesso dalla legge per l’esercizio del potere inibitorio si consolida, in capo
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al privato, una situazione di particolare affidamento che può essere sacrificata solo attraverso
l’esercizio di un potere assimilabile a quello di autotutela, tanto che la giurisprudenza parla in
proposito di “autotutela sui generis ” (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 16 aprile 2014, n. 1880).
Nel caso in cui l’amministrazione decida di adottare un provvedimento sanzionatorio, deve
preventivamente procedere alla rimozione del titolo che aveva assentito la realizzazione delle
opere (TAR Milano, Sez. II, sent. 24 ottobre 2014, n. 2557).
Edilizia e Urbanistica

Accesso gratuito dei comuni alle planimetrie catastali
Roberto Pennisi, il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, Edizione del 15 luglio 2015, n. 979
Semaforo verde per l’accesso gratuito, da parte dei comuni, alle planimetrie catastali degli immobili.
La nuova funzionalità, che consente ai comuni di visualizzare, a titolo gratuito, la planimetria di un
immobile con accesso diretto alle banche dati catastali, è stata messa a disposizione dall’Agenzia
delle entrate tramite la piattaforma telematica Sister, già utilizzata dai comuni per le consultazioni o
le visure catastali. In virtù del nuovo servizio, che è partito l’11 maggio 2015, gli enti locali avranno
quindi a disposizione un ulteriore strumento per migliorare la propria gestione della fiscalità
immobiliare e per affinare i controlli urbanistici ed edilizi.
Secondo l’Agenzia delle entrate, per utilizzare il servizio non è necessario sottoscrivere una nuova
abilitazione. Tutte le informazioni sulle modalità tecniche per l’accesso e la fruizione possono essere
consultate sul sito dell’Agenzia delle entrate ( www.agenziaentrate.it ) seguendo questo percorso:
Home > Cosa devi fare > Consultare dati catastali e ipotecari > Consultazione banche dati - Sister
(Istituzioni) > Scheda informativa . Il nuovo servizio è menzionato anche sul sito dell’ANCI
(www.anci.it ). Si ricorda che, presso gli sportelli catastali decentrati dei comuni, sono attivi i servizi
di rilascio gratuito delle visure e delle planimetrie catastali su richiesta dei singoli proprietari.
Disponibilità dei dati
Il nuovo servizio trova fondamento normativo nell’art. 50 del vigente D.Lgs. 82/2005 (codice
dell’amministrazione digitale), nella parte in cui ha stabilito espressamente che q ualunque dato
trattato da una Pubblica amministrazione, con le esclusioni previste dal comma 6 dell’art. 2 (sicurezza
pubblica, difesa, consultazioni elettorali), salvi i casi indicati nell’art. 24 della legge 241/1990 (per
esempio, documenti coperti dal segreto di Stato) e nel rispetto della normativa in materia di
UNITELNews24
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protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003), è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni
quando l’utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali
dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest’ultima, salvo per la prestazione di
elaborazioni aggiuntive (comma 2). Il comma 7- bis del successivo art. 59 del medesimo codice ha
stabilito, fra l’altro, che nell’ambito dei dati territoriali di interesse nazionale rientra la base dei dati
catastali gestita dall’Agenzia del territorio (ora Agenzia delle entrate).
Accertamenti tributari
Con l’accesso gratuito alle planimetrie catastali, i comuni possono acquisire con estrema rapidità tutti
i dati e gli elementi per un più efficace accertamento tributario con riferimento soprattutto alle diverse
tipologie di costruzioni (abitazioni, negozi, capannoni). Si pensi, per esempio, alle possibilità offerte
dai commi 336 e 337 dell’art. 1 della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), secondo cui:
- i comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto, oppure
la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute
variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la
presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del D.M. finanze 701/1994 (procedura
informatica DOCFA);
- la richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la
mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata,
con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio (ora Agenzia delle
entrate);
- le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del
comune producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio
dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata
nella richiesta notificata dal comune, oppure, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno
di notifica della richiesta del comune.
Nello specifico, l’immediato utilizzo delle planimetrie catastali è rilevante ai fini della gestione fiscale
locale (IMU, TASI, TARI). In particolare, si ricorda che il comma 646 dell’art. 1 della legge 147/2013
(legge di Stabilità 2014) ha stabilito, fra l’altro, che, in sede di accertamento della TARI (tassa sui
rifiuti), il comune, per le unità immobiliari iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può
considerare come superficie assoggettabile alla tassazione quella pari all’80% della superficie
catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al D.P.R. 138/1998. Del resto,
non va dimenticato che già il D.Lgs. 23/2011 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale
municipale) ha disposto, all’art. 2, che:
- il sistema informativo della fiscalità deve assicurare in ogni caso l’interscambio dei dati relativi
all’effettivo utilizzo degli immobili, con particolare riferimento anche alle risultanze catastali (comma
11);
- il 75% dell’importo delle sanzioni irrogate, per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione agli
UNITELNews24
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uffici dell’Agenzia del territorio (ora Agenzia delle entrate) degli immobili e delle variazioni di
consistenza o di destinazione dei medesimi, è devoluto al comune ove è ubicato l’immobile oggetto
di controllo (comma 12).
Ma gli enti locali hanno una funzione centrale anche per i tributi erariali (IRPEF, IVA, imposta di
registro), se è vero, come è vero, che la loro partecipazione all’accertamento di tali tributi costituisce
- secondo una recente affermazione dell’ANCI - un ambito denso di opportunità, non solo per gli
effetti che un più incisivo contrasto all’evasione comporta in termini di maggiore equità fiscale, ma
anche in considerazione della progressiva diminuzione dei trasferimenti che ha sollecitato i comuni a
una più intensa ed efficace azione di recupero dei tributi. Per quel che attiene ai tributi erariali (diretti
e indiretti) - conclude l’ANCI - la legislazione vigente garantisce ai comuni, quali soggetti partecipanti
all’attività di accertamento, un incentivo del 100% delle maggiori somme riscosse (per il triennio
2015-2017).
Presentazione telematica degli atti catastali
Dal 1° giugno 2015 è obbligatorio l’uso delle procedure telematiche per la trasmissione degli atti
tecnici di aggiornamento catastale DOCFA e PREGEO (Ag. entrate, provv. 11 marzo 2015 prot. n.
2015/35112). I professionisti (architetti, ingegneri, dottori agronomi, geometri) devono presentare
il documento per via telematica tramite la piattaforma Sister, che prevede l’abilitazione al “servizio
presentazione documenti”. Tuttavia, i documenti potranno essere presentati materialmente presso
l’ufficio provinciale competente per territorio (anche su appuntamento che si può prenotare tramite
on-line), in caso di irregolare funzionamento del servizio telematico e soltanto per alcune categorie
di
professionisti.
L’irregolarità
di
funzionamento
del
servizio
telematico
può
riferirsi
al
malfunzionamento del sistema di trasmissione telematica, oppure agli atti di aggiornamento che non
sono supportati dalle attuali procedure. Nel primo caso, il professionista, dopo avere accertato
l’irregolare funzionamento del sistema di trasmissione telematica, verifica la possibilità di reiterare
l’invio
telematico,
compatibilmente
con
le
scadenze
connesse
all’adempimento.
Se
il
malfunzionamento del servizio telematico Sister e/o della rete di connessione dovesse persistere con
tempi non compatibili con le scadenze dell’adempimento, il professionista può presentare l’atto di
aggiornamento presso l’ufficio allegando un’autodichiarazione del malfunzionamento riscontrato.
L’ufficio, fatti salvi i poteri di verifica, provvederà ad accettare l’atto di aggiornamento presentato.
Nel secondo caso e, in particolare, per gli atti di aggiornamento per la rettifica di misure errate in un
precedente atto e per gli atti di aggiornamento riguardanti particelle ricadenti su più fogli di mappa,
resta attiva la modalità di presentazione degli atti di aggiornamento cartografico, non essendo al
momento supportata dal servizio telematico. In ogni caso, gli atti di aggiornamento presentati presso
l’ufficio devono essere sottoscritti con firma digitale. In buona sostanza, da un lato i professionisti
utilizzeranno, comodamente dal proprio ufficio e in qualsiasi momento della giornata, il M odello
unico informatico catastale (MUIC) per la trasmissione di tutti gli atti di aggiornamento, dall’altro la
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ricezione dei documenti in formato digitale permetterà all’Agenzia delle entrate di migliorare
notevolmente la qualità dei dati catastali contribuendo a snellire i tempi necessari per
l’aggiornamento delle proprie banche dati e garantendo una maggiore trasparenza. Si ricorda, infine,
che la modalità telematica è obbligatoria per i professionisti tecnici iscritti agli Ordini e ai Collegi
professionali, che operano su incarico delle imprese e dei cittadini, mentre resta facoltativa (almeno
per il momento) per le seguenti categorie di soggetti:
a. dipendenti pubblici che predispongono gli atti tecnici per conto degli enti da cui dipendono;
b. dipendenti pubblici che predispongono atti tecnici di aggiornamento catastale di beni immobili di
proprietà privata, muniti di uno specifico nulla osta da parte delle amministrazioni da cui dipendono;
c. professionisti iscritti in qualificati albi, tenuti in base alla disciplina nazionale di ciascuno Stato
aderente all’Unione europea, cui è riconosciuta in Italia la possibilità di esercitare la libera prestazione
di servizi con carattere di temporaneità in base al regime normativo comunitario (dir. n.
2005/36/CE);
d. professionisti provenienti da Stati con cui l’Italia ha accordi bilaterali in cui sono regolamentate le
professioni connesse all’ingegneria e all’architettura.
Pubblica Amministrazione
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Lo split payment IVA
Stefano Baruzzi, Il Sole 24 Ore, Il Consulente Immobiliare, edizione del 15 luglio 2015, n. 979
Inquadramento normativo
L’innovativo istituto dello split payment (s.p.), volto a evitare l’evasione dell’IVA nelle forniture di
beni e servizi al settore pubblico, è stato introdotto dall’ultima legge di Stabilità (legge 190/2014,
art. 1, comma 629, lett. b ) attraverso l’inserimento nella normativa IVA nazionale (D.P.R. 633/1972)
dell’art. 17- ter.
1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli
organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei
consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 31 del T.U. di cui al D.Lgs. 267 del 18 agosto 2000
(...), delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari,
delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi
prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di
previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi
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delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata
dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai compensi per prestazioni di servizi
assoggettati
a
ritenute
alla
fonte
a
titolo
di
imposta
sul
reddito.
A detta disposizione e a poche altre connesse contenute nei successivi commi della legge
190/2014 hanno fatto seguito i decreti del Ministro economia e finanze 23 gennaio e 20
febbraio 2015, nonché le circ. n. 1/E/2015, n. 6/E/2015 (parr. 8.5-8.7) e n. 15/E/2015.
Lo s.p. (o scissione dei pagamenti) - che si sostanzia nell’obbligo delle Pubbliche
amministrazioni di versare esse stesse l’IVA all’Erario, sostituendosi per ciò al loro fornitore è pienamente operativo dal 1° gennaio 2015 (fatture emesse e pagate da tale data), ancorché
in attesa di autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea. 1
P.A. interessate allo split payment
L’art. 17-ter individua una nutrita serie di soggetti pubblici nei cui confronti va applicato lo s.p.
L’elenco corrisponde a quello, ben noto (art. 6, comma 5, dello stesso D.P.R. 633/1972), dei clienti
pubblici che legittimano l’esigibilità differita dell’IVA, dal 1° gennaio 2015 preclusa in tutti i casi
soggetti a s.p.
Peraltro, in ragione delle finalità antievasione perseguite con lo s.p., l’Agenzia delle entrate - non
senza destare perplessità - ha ampliato, in via interpretativa, il novero dei soggetti pubblici alle
forniture nei confronti dei quali deve essere applicato lo s.p.: da ciò deriva che, a fronte di un’identica
elencazione contenuta nelle norme, l’ambito soggettivo di applicazione dello s.p., secondo l’Agenzia,
è più ampio rispetto a quello dell’esigibilità differita.
Della questione si era già occupata la circ. n. 1/E/2015. La circ. n. 15/E dello scorso 13 aprile fornisce
ulteriori indicazioni su questo aspetto di fondamentale rilevanza - che interessa fin dall’origine tanto
i fornitori, quanto le amministrazioni acquirenti - ricomprendendo nello s.p. anche gli acquisti posti
in essere dai commissari delegati per la ricostruzione a seguito di eventi calamitosi (che gestiscono
fondi di apposite contabilità speciali e sono qualificabili come organi dello Stato), dai consorzi di
bacino imbrifero montani (in quanto consorzi tra enti locali obbligatori ex legge 959/1953) e dai
consorzi interuniversitari costituiti per il perseguimento di finalità istituzionali comuni alle università
consorziate (art. 91 del D.P.R. 382/1980) ed escludendo per contro quelli effettuati dalla Banca
d’Italia e dal CONI ( in quanto enti pubblici non economici autonomi). La circ. n. 15/E ribadisce altresì
l’esclusione dallo s.p. degli enti previdenziali privi di natura pubblica, per l’individuazione dei quali
occorre riferirsi alla qualificazione operata dalla legge istitutiva e, in mancanza, effettuando
un’indagine specifica per accertare la sussistenza di elementi indici della natura pubblica, per esempio
la titolarità di poteri autoritativi e amministrativi (certificativi e disciplinari), la potestà di autotutela,
l’ingerenza statale. Più in generale, la circ. n. 15/E precisa che, fatte salve alcune specifiche esclusioni
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individuate dalle circ. n. 1/E e n. 15/E, per accertare se un cliente abbia o no natura pubblica e sia
quindi soggetto o meno allo s.p., il fornitore deve consultare l’Indice delle Pubbliche amministrazioni
(IPA) e, in caso di incertezza, gli è sufficiente attenersi alle indicazioni fornite dalla stessa P.A. cliente,
essendo essa in grado di valutare la propria posizione soggettiva.
In caso di dubbio, la P.A. può comunque inoltrare apposito interpello all’Agenzia delle entrate
(analoga facoltà è stata indicata anche per i fornitori dalla circ. n. 1/E/2015).
Ambito oggettivo dello split payment
Lo s.p. si applica a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da soggetti IVA nei
confronti di soggetti pubblici, purché documentate dai fornitori con fattura (anche se emessa su
richiesta del cliente al posto dello scontrino o della ricevuta fiscale) che indichi l’IVA (ex art. 21 del
D.P. R. 633/1972), a prescindere dal fatto che l’ente operi in veste istituzionale o commerciale,
incluse le operazioni per le quali trovano applicazione le modalità di fatturazione e i termini di
registrazione speciali di cui all’art. 73 del D.P.R. 633/1972.
Lo split payment non è invece applicabile nei casi in cui la P.A. non effettua alcun pagamento del
corrispettivo al fornitore (per esempio, per i servizi di riscossione delle entrate e di altri proventi), in
quanto quest’ultimo ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli ed è legittimato a
trattenerlo (come accade per gli aggi) riversando alla P.A. un importo gi à nettizzato.
Soprattutto, però, sono esclusi dallo s.p. i casi soggetti al reverse charge (r.c.) - che prevale sullo
s.p. - giacché, in queste situazioni, il debito IVA sorge direttamente in capo alla P.A. acquirente di
beni
o
servizi
destinati
alla
propria
sfera
commerciale.
Capita per ò sovente che un medesimo acquisto (come un servizio di pulizie di un edificio pubblico,
in parte dedicato ad attività istituzionali e in altra parte ad attività commerciali dell’ente), rientrante
fra quelli ai quali è applicabile il reverse charge, sia destinato dalla P.A. in parte alla sfera
commerciale (alla quale si deve applicare il r.c.) e in parte alla sfera istituzionale (alla quale il r.c.
non può essere applicato e si deve invece applicare lo s.p.): in questi casi, come già indicato nella
circ. n. 14/E sul r.c., il soggetto pubblico deve determinare con criteri oggettivi e comunicare
preventivamente al fornitore le quote parti del bene o servizio destinate a ciascuna delle due sfere
di attività.
Il fornitore e la P.A. cliente devono quindi trattare distintamente le due quote di corrispettivo
applicando rispettivamente lo s.p. e il r.c. (sempre che l’operazione rientri fra quelle soggette a r.c.,
altrimenti la natura pubblica del cliente impone lo s.p.).
Lo s.p. non si applica neppure alle prestazioni di servizi rese alle P.A. i cui compensi siano assoggettati
a ritenute alla fonte - a titolo definitivo di imposta sul reddito o anche solo a titolo di acconto - purché
sia la stessa P.A. che corrisponde il compenso a dovere effettuare la ritenuta: se quest’ultima
condizione non è soddisfatta, torna applicabile lo s.p.
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È, per esempio, il caso dei corrispettivi di servizi per i quali è applicabile alla P.A. cliente la detrazione
per il risparmio energetico (65%), nei quali è però la banca del fornitore - non la P.A. acquirente - a
dovere operare la ritenuta (di acconto, attualmente con aliquota dell’8%) sul corrispettivo bonificato
dalla P.A. al fornitore.
Lo s.p. non si applica neppure alle operazioni (per esempio, piccole spese dell’ente pubblico)
certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale oppure non
fiscale (per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi), comprese le
operazioni certificate con fattura semplificata, ancorché questa sia fatta seguire dall’emissione di una
fattura al solo scopo di documentare il costo e l’IVA assolta dal cliente in relazione al bene o al
servizio acquistato.
Sono escluse dallo s.p. anche le operazioni assoggettate a regimi speciali IVA che non prevedono
l’evidenza dell’imposta in fattura e che ne dispongono l’assolvimento secondo regole proprie, come
nei regimi relativi a editoria, generi di monopolio, documenti di viaggio o di sosta nei parcheggi,
nonché del margine e delle agenzie di viaggio; oppure , ancora, operazioni rese da fornitori che
applicano regimi speciali che, pur prevedendo l’addebito dell’IVA in fattura, sono caratterizzati da un
particolare meccanismo forfetario di determinazione della detrazione spettante al fornitore, per
esempio agricoltura, associazioni sportive dilettantistiche e pro loco , intrattenimento, spettacoli
viaggianti.
Adempimenti contabili
La circ. n. 15/E reca una ricca serie di precisazioni riguardanti gli adempimenti contabili e
amministrativi ai fini IVA (annotazioni, liquidazioni, versamenti) dei fornitori e delle P.A. clienti, anche
con rifermento alle note di variazione in aumento o in diminuzione. Merita in questa sede evidenziare
che, per gli acquisti effettuati dalle P.A. in veste commerciale, l’applicazione dello s.p. (per le
operazioni non soggette a r.c.) comporta la possibilità di operare il versamento della relativa IVA nel
quadro delle ordinarie liquidazioni periodiche, con la possibilità anche di compensarla, cosicché in
talune liquidazioni potrà non emergere un’IVA a debito da versare.
Laddove invece sussista un’eccedenza a debito, questa deve essere versata dalla P.A. con i normali
codici tributo previsti per l’IVA periodica, utilizzando i modelli F24 o, ricorrendone i presupposti,
F24EP.
Diversamente, per gli acquisti effettuati dalle PA nell’ambito istituzionale, il versamento dell’IVA deve
essere alternativamente effettuato, a scelta della singola P.A., entro il giorno 16 di ciascun mese, in
modo cumulativo per tutte le fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile nel mese precedente,
oppure con versamenti distinti (sempre nel rispetto del termine massimo del giorno 16 del mese
successivo al momento di esigibilità) in ciascun giorno del mese per il complesso delle fatture per le
quali l’imposta è divenuta esigibile in tale giorno, oppure per ciascuna fattura la cui IVA è divenuta
esigibile.
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In questi ultimi casi, non è ammessa compensazione con altri crediti d’imposta e ciascuna P.A. deve
utilizzare gli appositi codici tributo definiti dalla ris. n. 15/E/2015.
Trattamento di errori
La circ. n. 15/E conferma (cfr. circ. n. 6/E/2015, punto 8.6) che se, in veste di soggetto passivo IVA,
per acquisti di beni e servizi effettuati nell’esercizio di un’attività commerciale, la P.A. riceve una
fattura irregolare (ossia con IVA inferiore al dovuto), fermo restando l’obbligo della P.A. di versare
l’IVA addebitata in fattura con le regole proprie dello s.p., deve comunque praticare la procedura di
regolarizzazione prevista dall’art. 6, comma 8, del D.Lgs. 471/1997 e quindi deve corrispondere
l’ulteriore
IVA
oggetto
di
regolarizzazione
con
le
modalità
all’uopo
previste.
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Trattando delle note di variazione, in considerazione del fatto che le P.A. e i fornitori, dal 1° gennaio
2015, hanno implementato i propri sistemi di fatturazione e contabilità per adattarli e poter applicare
la nuova normativa dello s.p., la circ. n. 15/E, in via di semplificazione, ammette la possibilità che,
per le note di variazione in diminuzione ricevute dalla P.A. dopo il 1° gennaio 2015, che si riferiscano
a una fattura emessa anteriormente al 1° gennaio 2015 (come tale non soggetta a s.p.), il fornitore
possa comunque applicare la disciplina dello s.p. per detta nota di credito (che interviene per variare
una fattura emessa legittimamente in modo ordinario), anziché quella ordinaria.
Altri casi di errori esaminati dalla circ. n. 15/E sono i seguenti:
- se il fornitore, dopo il 1° gennaio 2015, ha emesso fattura ritenendo erroneamente che per essa
non trovi applicazione lo s.p. e la P.A. non ha corrisposto alcun corrispettivo comprensivo di IVA e
quest’ultima, per effetto dell’esigibilità differita (art. 6, comma 5, del D.P.R. 633/1972) , non è stata
ancora liquidata dal fornitore, quest’ultimo deve “regolarizzare” tale comportamento con l’emissione
di apposita nota di variazione e di una nuova fattura recante l’indicazione “scissione dei pagamenti”.
In alternativa, la circolare ammette l’emissione di un’unica nota di variazione che, facendo
riferimento puntuale a tutte le fatture erroneamente emesse senza la suddetta indicazione, le integri
al fine di evidenziare alla P.A. che, al momento del pagamento dei relativi corrispettivi, l’IVA andrà
trattenuta e versata con le regole dello s.p.;
- nel caso opposto al precedente, laddove la P.A soggetta allo s.p., dopo il 1° gennaio 2015, abbia
corrisposto al fornitore l’IVA addebitatale per operazioni fatturate dalla medesima data e, a sua volta,
il fornitore abbia computato in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie, l’IVA così
incassata, non occorre effettuare alcuna variazione, in tali casi dovendosi ritenere l’IVA comunque
assolta, ancorché irregolarmente. Se invece la P.A. non ha ancora corrisposto al fornitore l’IVA
erroneamente addebitatale, il fornitore può procedere alla regolarizzazione emettendo una nota di
variazione e una nuova fattura in s.p. Conseguentemente, la P.A. dovr à provvedere al versamento
diretto dell’IVA all’Erario secondo la disciplina dello s.p.;
- per contro, se il fornitore ha erroneamente emesso fattura con l’annotazione “scissio ne dei
pagamenti”, lo stesso deve stornare il documento ed emettere fattura con applicazione dell’IVA in
modo ordinario, IVA che il soggetto pubblico non interessato dallo s.p. deve corrispondere
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normalmente al fornitore.
Altre importanti precisazioni
Nelle operazioni soggette a s.p., le verifiche telematiche dei pagamenti previste dall’ art. 48- bis del
D.P.R. 602/1973 devono essere fatte sul credito effettivamente vantato dal fornitore e
sull’ammontare che pu ò allo stesso essere corrisposto, dunque tale obbligo di verifica ricorre solo
se il pagamento, al netto dell’IVA, è superiore a € 10.000.
Per quanto riguarda l’intervento sostitutivo imposto alle P.A. in presenza di DURC “negativo”, ossia
l’obbligo di versare esse stesse all’istituto previdenziale o assicurativo creditore l’importo dovutogli
ed evidenziato dalla segnalazione di irregolarità riportata sul DURC (che, in base agli artt. 4 e 6 del
D.P.R. 207/2010, le P.A. devono richiedere prima di effettuare pagamenti ai fornitori), la circ. n.
15/E evidenzia che, per le fatture soggette a s.p., tale procedura deve essere riferita all’importo del
solo imponibile, esclusa l’IVA.
Analogamente, il pignoramento di crediti presso P.A. “terze”, per le operazioni in s.p., deve effettuarsi
nel limite del solo debito esigibile, al netto dell’IVA.
Rimborsi
Una grave criticità dello s.p. è che, al pari del r.c., esso tende a creare posizioni di IVA a credito a
danno
degli
operatori
che
svolgono
molta
attività
nei
riguardi
delle
P.A.
Per limitare gli effetti finanziari negativi, il legislatore ha incluso - per i contribuenti titolati a chiedere
i rimborsi (trimestrali o annuali) dei crediti IVA (se superiori a €
2.582,28) in quanto esercenti
esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni attive
soggette a IVA con aliquote inferiori a quelle relative agli acquisti e alle importazioni - anche le
operazioni in s.p. fra quelle considerate “ad aliquota zero”.
La circ. n. 15/E evidenzia che le operazioni soggette a s.p. non configurano un presupposto autonomo
ai fini della richiesta di rimborso dell’IVA, ma saranno considerate insieme alle altre operazioni del
periodo (di riferimento della richiesta di rimborso del credito IVA) nel calcolo della sussistenza del
medesimo presupposto “aliquota media”. Inoltre, sempre che sussista il presupposto dell’aliquota
media”, il credito IVA ammesso al rimborso in “via prioritaria” è limitato all’ammontare dell’IVA
applicata alle operazioni effettuate in s.p. nel periodo di riferimento. 5 Pertanto, diversamente dalle
altre tipologie di rimborsi prioritari, è possibile che il rimborso da s.p. sia prioritario solo per una
parte dell’importo, mentre la parte restante rimane soggetta alla modalità di esecuzione ordinaria.
Nel caso poi in cui il contribuente che effettua operazioni soggette a s.p. non abbia i requisiti per
richiedere il rimborso con il presupposto “aliquota media”, può comunque chiederlo sulla base degli
altri presupposti previsti dall’art. 30 del D.P.R. 633/1972, ove sussistenti, ma, in questo caso, il
rimborso non è ammesso all’esecuzione prioritaria.
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Sanzioni
Le fatture in s.p. devono riportare l’indicazione “scissione dei pagamenti” o “ split payment ” a pena,
secondo la circ. n. 15/E, della sanzione amministrativa di cui all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 471/
1997.
Quanto precede a meno che il fornitore si sia attenuto alle indicazioni fornite dalla P.A. in merito alla
non riconducibilità della stessa nell’ambito soggettivo di applicazione dello s.p. e purché l’IVA sia
stata assolta, ancorché in modo irregolare. Del versamento all’Erario dell’IVA da s.p. sono
responsabili le P.A. clienti: l’omesso o ritardato adempimento del versamento all’Erario è soggetto a
sanzione (30%, salvo ravvedimento), ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 471/1997, e le somme che l’ente
pubblico avrebbe dovuto versare sono riscosse mediante atto di recupero ex art. 1, comma 421,
della legge 311/2004. Anche la circ. n. 15/E/2015 fa salva la non applicazione delle sanzioni per le
violazioni commesse prima della sua pubblicazione, stanti le obiettive condizioni di incertezza e
sempre che l’imposta sia stata assolta.
Conclusioni
Anche da questa ultima circolare - utile in quanto fornisce agli operatori e alle stesse P.A. molte
importanti indicazioni applicative, a integrazione di quanto già illustrato con i due precedenti
documenti di prassi citati, anche se per alcune interpretazioni foriera di perplessità - emerge con
tutta evidenza la notevole complessità e delicatezza, per le implicazioni assai pervasive, della
disciplina introdotta in modo repentino e frettoloso dal legislatore italiano, tuttora in attesa del via
libera UE.
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Casi pratici
 Edilizia

I PALETTI PER APPLICARE IL SILENZIO-ASSENSO
D. Il 26 marzo 1986 mio padre ha pagato a un Comune la somma di 200.000 lire per abusivismo
edilizio (legge 28 febbraio 1985, n. 47), aderendo al condono a sanatoria di una ristrutturazione del
posto auto, trasformato in box chiuso da serranda, inviando anche la ricevuta di variazione catastale.
Il 22 novembre 1992 il box auto è rientrato nel patrimonio successorio, in seguito al decesso di mio
padre, e tale box è intestato a me. Nel settembre 1995 il Comune, in riferimento alla domanda di
condono di cui sopra, ha chiesto a mio padre (che nel frattempo era defunto) una nuova
documentazione e il pagamento di 97.280 lire, che è stato effettuato il 12 gennaio 1996. Il 15 giugno
2015 il Comune chiede a mio padre il pagamento di 116,66 euro per il rilascio del permesso in
sanatoria in riferimento al suddetto condono. Tale procedura è legale? È intervenuta la decadenza di
diritti da parte del Comune? Vi sono profili di reato da parte del funzionario pubblico?.
--R. Né la legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), né la normativa successiva emanata in materia
di sanatoria degli abusi edilizi prevedono un termine perentorio entro cui il Comune sia obbligato a
decidere in relazione alla domanda di sanatoria presentata, a parte l’ipotesi del silenzio-assenso ex
articolo 35, comma 18, della legge 47/1985 citata. Secondo tale disposizione normativa, infatti, la
domanda si intende accolta ove siano decorsi 24 mesi dalla presentazione della stessa. Tuttavia, tale
accoglimento “tacito” è possibile ed efficace solo ove siano stati effettuati tutti i pagamenti dovuti, e
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nel caso in cui sia stata presentata tutta la documentazione necessaria a completare l’istruttoria. Nel
caso di specie, invece, sembrerebbe che la documentazione a suo tempo inoltrata non fosse completa
e, quindi, non parrebbero sussistere i requisiti per il silenzio-assenso. Sarà quindi necessario
corrispondere le somme richieste dal Comune, se dovute, senza che siano ipotizzabili decadenze o
responsabilità penali dei funzionari pubblici.
(Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore, L’esperto Risponde, 20 luglio 2015)
 Pubblica Amministrazione

I CRITERI DI CONSERVAZIONE DI «DOCUMENTI» ELETTRONICI
D. Da tecnico dipendente di un ente locale, ho eseguito prestazioni nell'anno 2013 e nei primi mesi
del 2014 (prima, quindi, dell'entrata in vigore del Dl 90/2014, poi convertito in legge 114/2014).
Ben prima dell'agosto 2014 le prestazioni citate hanno dato origine ad atti ufficiali di recepimento da
parte dell'ente. L'ente, tuttavia, al momento del pagamento secondo i dettami dell'articolo 92,
comma 5, del Dlgs 163/2006, ne ha bloccato una parte ritenendo vincolante il criterio di cassa e,
quindi, il rispetto del 50% previsto dalla legge sull'importo lordo annuale.È corretta tale posizione,
visto che il lavoro svolto è ampiamente antecedente al decreto legge?.
--R. In materia di riparto del fondo per l’incentivazione per la progettazione interna, l’attuale norma di
riferimento è il comma 7-ter dell’articolo 93 del Dlgs 163/2006, così come introdotto dall’articolo 13bis del Dl 90/2014. Appurato che gli incentivi corrisposti al singolo dipendente non possono superare
l’importo del 50% del trattamento complessivo lordo, si è venuto a creare un copioso dibattito
interpretativo in merito ai soggetti destinatari della norma, mancando una disposizione regolatoria
della transizione fra vecchia e nuova disciplina. Recentemente, è stata la pronuncia 11/2015/Qmig
della Corte dei conti, sezione delle autonomie, a dirimere i contrasti sorti fra i diversi orientamenti
delle Corti regionali: ritenendo prioritario il principio di irretroattività della norma, fonte di certezza
del diritto e di tutela della parità di trattamento, il Collegio ha stabilito che l’obbligo ex articolo 93,
comma 7-ter, è applicabile alla corresponsione degli incentivi dovuti per le sole attività espletate a
far data dall’entrata in vigore della legge di conversione del Dl 90/2014.L’ente locale, dunque, nei
confronti del tecnico–dipendente, non potrà applicare il criterio di cassa, ma dovrà attenersi al
pagamento previsto dalla precedente normativa..
(Umberto Fantigrossi, Il Sole 24 Ore, L’Esperto Risponde, 13 luglio 2015)
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