Progettare le tecnologie della collaborazione elettronica (E

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Progettare le tecnologie della collaborazione elettronica (E
Methodologies and scenarios
Progettare le tecnologie
della collaborazione
elettronica (E-Collaboration)
per facilitare l’adattamento
compensativo1
Ned Kock
Division of International Business and Technology Studies,
Texas A&M International University; Laredo, TX
[email protected]
Parole chiave: comunicazione elettronica, collaborazione elettronica,
naturalezza dei media, comunicazione della conoscenza, adattamento
compensativo.
Abstract
Questo articolo sostiene che le tecnologie della collaborazione elettronica (ecollaboration) frequentemente pongono degli ostacoli ad una comunicazione
efficace durante lo svolgimento di un lavoro collaborativo complesso. La
ragione che viene presentata è che tipicamente quelle tecnologie sopprimono
selettivamente gli elementi della comunicazione faccia-a-faccia che sono
stati progettati dall’evoluzione per essere ampiamente usati dagli esseri
umani, quando interagiscono tra di loro. Si sostiene che gli utenti tecnologici
invariabilmente reagiscono a quegli ostacoli impegnandosi in un adattamento
compensativo, per cui cambiano il loro comportamento comunicativo
percompensare l’effetto degli ostacoli. L’articolo si conclude con un appello
per una maggiore ricerca su come si possano progettare le tecnologie dell’ecollaboration per facilitare l’adattamento compensativo.
1
Una versione in inglese di questo articolo è apparsa nel Vol. 25, no.1 della rivista Information
Systems Management (Taylor & Francis Group, LLC). Ringraziamo l’Editore per il permesso
di tradurre e ripubblicare qui l’articolo.
Je-LKS
Journal of e-Learning
and Knowledge Society — Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 (pp. 31 - 43)
Je-LKS
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Vol. 5, n. 1, febbraio 2009
1 La naturalezza dei media e gli ostacoli alla comunicazione
La nozione della naturalezza dei media viene dalla scoperta antropologica
che la specie umana si è evoluta durante milioni di anni comunicando attraverso
due principali modi di interazione. Uno comporta una comunicazione faccia-afaccia co-locata, l’altro l’uso solo di suoni in situazioni dove la visuale è ostruita. Ambedue i modi di interazione comportano una comunicazione sincrona
con l’uso di suoni che, lungo milioni di anni, si sono sviluppati da semplici
grugniti a una lingua parlata complessa. L’incremento nella complessità della
lingua parlata sembra essere positivamente correlato con l’incremento storico
del volume del cervello degli ominidi (vedi Figura 1).
Figura 1 Stadi di evoluzione degli ominidi e rispettivi modi di comunicazione.
Didascalia superiore: dimensioni del cervello crescenti, sviluppo ed uso
crescente di strumenti, aumento della complessità sociale, aumento della
complessità della comunicazione.
Illustrazione, da sinistra verso destra: Australopitecus afarensis, Australopitecus africanus; Homo abilis, Homo erectus, Homo sapiens.
Ascissa, milioni di anni: (da sinistra verso destra) Comunicazione co-
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locata e sincrona attraverso espressioni facciali, linguaggio del corpo e
suoni; Sviluppo di parlato rudimentale; Sviluppo di parlato complesso;
Apparizione delle pitture rupestri, circa 30,000 anni fa; Apparizione della
comunicazione scritta circa 5000 anni fa; Oggi.
Ordinata: Volume del cervello (ml).
Il primo, e predominante, modo, la comunicazione faccia-a-faccia, è
quello in cui gli individui si vedono e si odono reciprocamente. In questo
modo gli individui comunicano principalmente attraverso suoni, espressioni
facciali e con il linguaggio del corpo e, in misura minore attraverso il tatto e
l’odorato (es. attraverso i feromoni). Pare che questo sia stato il principale
modo di comunicazione usato per lo scambio di conoscenza, ad esempio
la conoscenza implicata nel modellare una punta di freccia a partire da una
pietra o da un ramo d’albero. Il secondo principale modo di interazione, con
l’adozione di soli suoni, è verosimilmente stato necessario ogniqualvolta
la visuale veniva ostruita da alberi o da altri oggetti. Questo secondo modo
di comunicazione viene estesamente impiegato dai primati moderni per un
rapido scambio di informazioni, il che suggerisce che sia stato usato nella
stessa maniera dai nostri antenati ominidi. Ad esempio, gli scimpanzé lo
usano nella caccia, per indicare la loro posizione e la posizione della preda
agli altri membri del gruppo dei cacciatori. Molti primati usano questo
modo di comunicazione quando allertano altri dello stesso gruppo circa la
presenza di predatori, e quando emettono richiami per l’accoppiamento.
Gli esseri umani posseggono molti evidenti adattamenti biologici per la
comunicazione sincrona, abilitata dalla voce. Alcuni di questi adattamenti
sono costosi dal punto di vista della sopravvivenza, il che suggerisce che
essi abbiano, a loro volta, apportato anche dei vantaggi fondamentali in
termini di sopravvivenza (o accoppiamento). Ad esempio, il parlato complesso viene abilitato da una via vocale respiratoria la cui conformazione
rende gli esseri umani molto più proni al soffocamento da cibo o liquidi
ingeriti, rispetto ad altri primati. Pertanto, il parlato complesso deve aver
consegnato dei vantaggi in termini di evoluzione che compensano il costo
di sopravvivenza di avere le vie vocali conformate per il parlato complesso.
La presenza visibile di adattamenti biologici per la comunicazione sincrona
abilitata dalla voce implica la presenza di corrispondenti adattamenti del
cervello. Inoltre, considerando l’apparizione relativamente recente della
comunicazione scritta, è ragionevole assumere che il nostro cervello non
sia stato modellato particolarmente bene dalle forze evolutive per gestire la
comunicazione scritta. La ragione è che le pressioni evolutive tipicamente
impiegano un tempo lungo nelle specie che si riproducono lentamente. Le
prime forme di comunicazione scritta sono emerse approssimativamente
5000 anni fa, tra i Sumeri, in quello che è oggi l’Iraq. Questo periodo di
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5000 anni è, in termini evolutivi, come un battito dentro un’eternità, e vale
meno dell’1% della nostra storia evolutiva di ominidi. Inoltre, quando
esaminiamo l’evoluzione degli ominidi, troviamo un’alta correlazione tra
la dimensione del cervello e l’abilità di usare il parlare complesso per
comunicare.
Alcuni vorrebbero sostenere che le pitture rupestri rappresentano i principali precursori della comunicazione simbolica. Tuttavia, la massima parte
delle prove raccolte dagli antropologi suggerisce che le pitture rupestri non
furono usate per comunicare, ma piuttosto come fondali per dei rituali.
Questo prevalente punto di vista è conosciuto come la teoria “sciamanista” dell’origine delle pitture rupestri. Anche se le pitture rupestri fossero
viste come le prime forme di comunicazione simbolica, la loro apparizione
relativamente recente (circa 30.000 anni fa) sarebbe anche considerata un
evento troppo recente per aver condotto a dei cambiamenti importanti nel
nostro apparato biologico per la comunicazione.
La nozione della naturalezza dei media è essenzialmente questa: noi
non siamo bene adattati ad impiegare i media comunicativi che sopprimono gli elementi contenuti nella libera comunicazione faccia-a faccia cioè,
particolarmente, la sincronicità e il supporto alla comunicazione abilitata
dalla parola. Questa nozione è analoga a quella che sostiene che il cervello è progettato per massimizzare il nostro consumo di sostanze nutrienti
altamente caloriche, perché i nutrimenti altamente calorici erano scarsi
nell’ambiente evolutivo dei nostri antenati. Poiché cibi e bevande altamente
calorici sono a buon prezzo e abbondanti nelle moderne società urbane, oggi
quel progetto di cervello conduce ad arterie ostruite e ad una molteplicità
di altri problemi di salute.
Non formuliamo l’ipotesi che usare i media a bassa naturalezza, come
la posta elettronica, conduca a problemi di salute tanto perniciosi quanto
quelli dovuti alla nostra attrazione verso cibi e bevande altamente calorici. Tuttavia, formuliamo l’ipotesi che usare i media a bassa naturalezza
(come la posta elettronica) conduca a livelli di sforzo cognitivo superiori rispetto all’uso di media più naturali (come il telefono), specialmente
quando l’obiettivo è la comunicazione di conoscenza. Uno degli elementi
di prova fondamentali che sostengono questa predizione è la drammatica
diminuzione nella fluidità della comunicazione (cioè il numero di parole
convogliate al minuto) che risulta quando uno tenta di usare un medium a
bassa naturalezza per trasmettere conoscenza. Per esempio, mentre abbiamo
trovato che la fluidità della comunicazione nel faccia-a-faccia è prossima
alle 100 parole al minuto, essa cade sovente a sei parole al minuto appena
nella posta elettronica, quando ciò che viene trasmesso è conoscenza complessa. (Kock, 2001).
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Una riduzione in fluidità di questa grandezza (cioè da 100 a 6 parole al
minuto) non può essere facilmente spiegata basandosi sul fatto noto che
le persone generalmente digitano più lentamente di quando parlano. Se è
meccanicamente più difficile digitare che parlare, questa difficoltà da sola
porta abitualmente ad una diminuzione della fluidità del 50% o inferiore.
Assumiamo cioè, per un momento, che non ci siano altri seri ostacoli alla
comunicazione, quali gli ostacoli cognitivi discussi precedentemente. In
questo caso, uno si aspetterebbe di vedere una caduta di fluidità da 100
a circa 50 parole al minuto (ovvero una diminuzione del 50%), passando
dall’interazione faccia-a-faccia all’interazione via posta elettronica, e non
una caduta da 100 a 6 parole al minto (ovvero una diminuzione del 94%).
2 L’adattamento compensativo come reazione agli ostacoli
Coloro che hanno familiarità con la nozione di “ricchezza dei media”, proposta a suo tempo da Daft e Lengel (1986), potrebbero domandarsi quali sono
le differenze tra naturalezza dei media e ricchezza dei media. Ci sono varie
sottili differenze, discusse in maggior dettaglio da Kock (2004; 2005), ma ai
fini di questa discussione si può presumere che ci sia una correlazione molto
alta tra la naturalezza e la ricchezza dei media in un medium di comunicazione. In altre parole, un medium che viene percepito come avente un alto grado
di naturalezza (ad esempio, il medium faccia-a-faccia) verrà anche percepito
come se possedesse un alto grado di ricchezza. Una differenza chiave, tuttavia,
c’è: la nozione di naturalezza dei media consente di predire che la quantità di
sforzo cognitivo richiesto per effettuare un compito collaborativo ad alto contenuto di conoscenza aumenterà man mano che la naturalezza scende, mentre
la teoria alla base della nozione di ricchezza dei media predirebbe una ripercussione negativa sulla qualità degli esiti di quel compito. Questa predizione
non discende dall’impianto teorico a sostegno della naturalezza dei media, e
neppure discende dall’idea evolutiva che è servita di base a quello sviluppo
teorico. Secondo la nozione di naturalezza dei media, gli utilizzatori di media a
bassa naturalezza sono in grado di portare a termine un compito collaborativo
ad alto contenuto di conoscenza (ad esempio, lo sviluppo di un resoconto di
progetto) e ottenere un esito del compito (ad esempio, il resoconto) con qualità
identica (o migliore) di utilizzatori di media ad alta naturalezza. Però l’uso
di un medium a bassa naturalezza richiederebbe a chi lo impiega uno sforzo
mentale addizionale. La ragione è che gli utilizzatori, spesso involontariamente,
cercherebbero il modo di cambiare il loro comportamento comunicativo per
vincere gli ostacoli posti dai media a bassa naturalezza. Ciò, a sua volta, farebbe
diminuire la fluidità della comunicazione, lasciando loro l’impressione che il
compito sia mentalmente molto impegnativo.
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Come fanno gli utilizzatori di media a bassa naturalezza a trovare una
compensazione per gli ostacoli creati da questi media? Già negli anni ’70
Short et al. (1976) avevano segnalato che la comunicazione telefonica
mostrava una presenza significativamente più alta di espressioni verbali
di accordo e disaccordo rispetto alla comunicazione faccia-a-faccia. Quell’osservazione, ed altre, hanno condotto allo sviluppo di un’autorevole
teoria della comunicazione, conosciuta come teoria della presenza sociale. Quei ricercatori interpretarono la maggiore presenza di espressioni di
accordo e disaccordo come un tentativo degli utilizzatori di quei media di
compensare la soppressione, da parte del telefono, dei segnali non verbali
di accordo e disaccordo (ad esempio, i cenni del capo). Più recentemente,
Walther (1997) fornì prove che gli individui con background culturali
marcatamente differenti si scambiano più informazioni personali (incluse
informazioni circa il loro aspetto fisico) quando comunicano elettronicamente piuttosto che nel faccia-a-faccia, con risultati talvolta migliori negli
esiti del compito. Questo è qualcosa a cui Walther talvolta si riferisce
come “comunicazione iperpersonale” (vedi anche Walther (1996), Burke,
Chidambaram (1999)). Majchrzak et al. (2000) costruirono argomentazioni simili basate su dati provenienti da gruppi che eseguivano compiti
complessi. Questo tema è stato anche ripreso da Ulijn et al. (2001), i quali
sostenevano che la riduzione dei segnali non verbali associata alla comunicazione elettronica a bassa naturalezza, particolarmente tra individui
di differenti culture nazionali, spinge all’uso compensatorio di quelli che
loro chiamano “meta-linguaggi”. Quei meta-linguaggi sono caratterizzati
da una maggiore frequenza d’uso di certe costruzioni grammaticali, come
le frasi che impiegano pronomi di prima persona.
Kock e DeLuca (2007) hanno esaminato l’utilizzo di uno strumento
asincrono e distribuito di e-collaboration da parte di otto gruppi costituiti
per studiare il miglioramento dei processi di business. Quattro gruppi
furono organizzati in Nuova Zelanda e gli altri quattro negli Stati Uniti. I risultati dell’indagine suggerirono due interessanti e apparentemente
contraddittorie conclusioni, che furono viste come un forte supporto alla
nozione di adattamento compensativo. Una delle conclusioni fu che l’uso
del medium non naturale di e-collaboration sembrò aumentare nei membri
del gruppo lo sforzo cognitivo richiesto per comunicare le idee relative al
miglioramento dei processi di business. L’altra scoperta fu che l’uso del
medium non naturale di e-collaboration apparentemente aveva un impatto
positivo sulla condivisione di conoscenza tra i membri del gruppo e sulla
qualità degli esiti del lavoro di gruppo. Questi risultati furono trovati ripetuti nei due paesi e furono riassunti in un modello grafico (vedi Figura
2 nella pagina a fianco).
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Figura 2 Interazione di effetti che portano all’adattamento compensativo (adattato
da Kock e DeLuca, 2007)
Da sinistra verso destra: [l’Uso di media per l’E-collaboration aumenta lo
Sforzo cognitivo, aumenta la Condivisione di conoscenza]; [lo Sforzo cognitivo
induce all’Adattamento compensativo];[l’Adattamento compensativo aumenta
l’Efficacia della comunicazione, facilita la Condivisione di conoscenza; ]; [lo
Sforzo cognitivo potrebbe potenzialmente ridurre l’Efficacia della comunicazione]; [l’Efficacia della comunicazione aumenta la Qualità degli esiti del
gruppo]; [la Condivisione della conoscenza aumenta la Qualità degli esiti del
gruppo].
Dati qualitativi raccolti da Kock e DeLuca (2007) indicarono qual era uno
dei sistemi principali in cui i membri dei gruppi impegnati nel miglioramento
dei processi di business compensavano gli ostacoli posti dal mezzo di e-collaboration non naturale. Si trattava essenzialmente della preparazione, da parte
dei membri, di messaggi chiari e attentamente composti prima che fossero
messi in condivisione con altri membri del gruppo. Come ci si attendeva, questa
reazione compensatoria fu accompagnata da una drammatica riduzione nella
fluidità della comunicazione, scesa a 6 e 5 parole al minuto, rispettivamente
in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti. Kock e DeLuca (2007, p.18) riportano,
per illustrare questo punto, un commento rappresentativo di un partecipante ai
gruppi: “Uno pensa di più quando sta [interagendo elettronicamente], e così
produce contributi di migliore qualità”. Prendi per esempio quello che ha scritto
[Jane Doe] … ha scritto un sacco di cose e mi è sembrato che ci avesse pensato
su parecchio prima di postare al gruppo… [il dibattito elettronico] mi ha permesso di raccogliere più informazioni e questo mi ha fatto piacere”.
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Bisogna notare che la scelta del medium di comunicazione che viene
usato è sovente vincolato dal tipo di compito collaborativo che si sta conducendo. In alcuni casi, l’uso di un medium a bassa naturalezza è inevitabile, anche quando sarebbe preferibile un medium di naturalezza superiore.
Un esempio a questo proposito è tratto da una vicenda del Chip Ganassi
Racing Team1 (Betts, 2004). I membri di questa squadra automobilistica,
che compete nel NASCAR2 e nella Indy Racing League3, stavano cercando
un’alternativa alla comunicazione vocale con i piloti delle macchine da corsa. La comunicazione vocale via radio era problematica non solo perché era
difficile trovare un canale radio utilizzabile, ma anche a causa del rumore
di fondo proveniente dalla macchina del pilota e altrettanto dalle altre macchine. Questi sono due fondamentali fattori limitanti, inerenti al compito
di gareggiare con macchine da corsa. La soluzione fu quella di comunicare
con messaggi istantanei di testo tra la troupe e i piloti, utilizzando una rete
locale wireless criptata. In questo esempio, i fondamentali fattori limitanti
associati con il compito collaborativo sono stati, nella scelta del medium
di comunicazione e della tecnologia di collaborazione, dei determinanti più
forti, rispetto ad altri elementi, quali la considerazione della naturalezza
del medium comunicativo.
3 Progettare tecnologie per l’adattamento compensativo
Considerando la discussione precedente, si potrebbe argomentare che è
cosa di buon senso ideare le tecnologie di e-collaboration in modo da facilitare l’adattamento compensativo. Eppure raramente si trovano strumenti
di e-collaboration che hanno funzioni progettate per abilitare gli utenti a
cambiare le loro abitudini comunicative in modo da compensare l’assenza
degli elementi di comunicazione del faccia-a-faccia. Un esempio è l’incapacità di questi strumenti di provvedere agli utenti un forum multimediale
per le discussioni. Ciò succede in molti strumenti di e-collaboration disponibili oggi, inclusi quelli ampiamente usati per la formazione online, come
WebCT. Con “forum multimediale per le discussioni” intendiamo qui una
capacità che consentirebbe di rispondere ad un post testuale usando un post
vocale o un video.
In uno strumento di e-collaboration, ciò che, talvolta, è persino più grave
1 [N.d.T.] La Ganassi Racing è una scuderia automobilistica statunitense, di proprietà dell’ex pilota Chip Ganassi, la cui sede si
trova negli USA, ad Indianapolis capitale dello stato dell’Indiana.
2 [N.d.T.] La NASCAR, acronimo di National Association for Stock Car Auto Racing, è una famosa serie di gare automobilistiche
che si disputa dal 1948 sul territorio degli Stati Uniti, del Canada e del Messico.
3 [N.d.T.] La Indy Racing League o IRL è una serie automobilistica basata negli Stati Uniti d’America, nata nel 1996
per volere di Tony George, proprietario dell’Indianapolis Motor Speedway dove si svolge la famosa 500 Miglia di
Indianapolis.
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dell’assenza di funzioni per l’adattamento compensativo è includere delle
funzioni ma in modi tali da non farle funzionare com’era nelle intenzioni.
Per esempio, è stata aggiunta in molti sistemi di posta elettronica la possibilità di includere degli emoticon (le “faccine”) nei messaggi, tuttavia l’uso
da parte di coloro che inviano la posta spesso irrita coloro che la ricevono.
L’irritazione sembra sia tipicamente causata dal fatto che gli emoticon
vengono usati in una maniera che aggiunge poco significato al messaggio
spedito e che, in alcuni casi, l’emoticon esprime l’opposto di quello che
era nelle intenzioni.
Un esempio di questo tipo di comunicazione distorta potrebbe essere
questo. Un collega vuole fare un commento critico costruttivo su qualcosa
che qualcun altro ha detto, il che in un incontro faccia-a-faccia sarebbe
accompagnato da un sorriso per ammorbidire il tono del commento critico.
Lo scopo del sorriso sarebbe quello di far suonare il commento come criticamente costruttivo, invece di un attacco personale. L’uso dell’emoticon
con la faccia che ride, invece, come rimpiazzo di un sorriso in un incontro
faccia-a-faccia, potrebbe aggiungere insulto a offesa, cioè essere interpretato come un tentativo di derisione.
La ragione è che gli emoticon sono percepiti da molti come simili a dei
cartoon e come rappresentazioni un po’ strambe delle emozioni facciali.
E’ interessante notare che questo loro uso corrente evidenzia la necessità
di una migliore comprensione della natura del nostro apparato biologico
di comunicazione. L’evoluzione ha dato in dote alla specie umana una
rete molto complessa di muscoli facciali, più complessa di quasi ogni altro animale. Questa complessa rete di muscoli facciali pare si sia evoluta
principalmente per comunicare stati emotivi. Assai pochi di quei muscoli
sono usati per scopi diversi dalla comunicazione, come il masticamento.
Gli emoticon certamente non trasmettono la gamma di emozioni consentita
dalle espressioni facciali, e perciò il loro uso indiscriminato può condurre
a più a danni che a benefici.
Come gli emoticon, ci sono altri esempi di cattiva realizzazione di funzioni destinate ad incorporare elementi di naturalezza dei media nelle tecnologie di e-collaboration. La Tabella 1 riassume alcune di queste possibili
soluzioni. Per semplicità, gli esempi che forniamo si riferiscono a realizzazioni della naturalezza dei media di tipo semplice, utilizzando sistemi di
posta elettronica. Il riferimento a “sintesi vocale” nella Tabella 1 presume
che le intonazioni vocali non vengano automaticamente aggiunte quando
il testo viene recitato. Senza dubbio ciò potrebbe essere ottenuto in futuro
con soluzioni di intelligenza artificiale, che oggi non sono disponibili, rendendo l’uso diffuso della sintesi vocale più promettente nel contesto della
comunicazione via posta elettronica.
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TABELLA 1:
Elementi di naturalezza dei media e esempi di cattiva realizzazione nell’ambito di sistemi di posta
elettronica
Elemento di naturalezza dei media
Cattiva realizzazione
Perché?
Supporto all’uso del
parlato
Sintesi vocale, per riprodurre in
voce il testo dei messaggi di posta
elettronica
Mancano le intonazioni vocali che
danno significato al messaggio
Supporto all’uso di
espressioni facciali
Emoticon aggiunti ai messaggi di
posta elettronica
Non catturano le sfumature delle
espressioni facciali
Supporto all’uso
del linguaggio del
corpo
Figure che segnalano differenti
posizioni del corpo da incollare ai
messaggi di posta elettronica
Non catturano le sfumature delle
posizioni e dei movimenti del corpo
Come possono, dunque, i progettisti di tecnologie per l’e-collaboration riuscire a capire come progettare delle funzioni tecnologiche che facilitino effettivamente l’adattamento compensativo? La risposta ovvia, qui, è che essi debbono
investire nella ricerca comportamentale, secondo la quale gli elementi che abilitano l’adattamento compensativo vengono incorporati nelle tecnologie e i loro
effetti valutati attraverso un’investigazione metodologicamente rigorosa. Questo
approccio, a cui talvolta ci si riferisce come ricerca sui fattori umani, è stato e
continua ad essere impiegato oggi da alcuni degli sviluppatori più di successo
nel mondo. Google, IBM e Microsoft lo hanno fatto per anni.
In assenza di ulteriore e assai necessaria ricerca sui fattori umani, particolarmente in relazione a specifiche tecnologie e funzioni per l’e-collaboration adottate
in specifici contesti organizzativi, possiamo fare certe assunzioni sulla base di
ciò che conosciamo attualmente sulle buone pratiche della progettazione tecnologica. La Tabella 2 riassume ciò che senza dubbio potremmo presentare come
buone realizzazioni di funzioni dirette ad incorporare la naturalezza dei media
nelle tecnologie per l’e-collaboration. Queste realizzazioni dovrebbero mirare a
facilitare l’adattamento compensativo e consentire di essere adottate selettivamente in contesti specifici, e non forzando il loro uso in ogni circostanza. Come
nella Tabella 1, gli esempi forniti nella Tabella 2 si riferiscono a realizzazioni
della naturalezza dei media di tipo semplice, usando sistemi di posta elettronica
standard. Il riferimento a file “generici” nella Tabella 2 sottolinea la necessità di
usare file che siano facilmente visualizzabili da utenti che dispongano di riproduttori multimediali comunemente accessibili e gratuiti (ad esempio, RealPlayer,
Windows Media Player, e QuickTime Player).
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TABELLA 2:
Elementi di naturalezza dei media e esempi di buona realizzazione nell’ambito di sistemi di posta elettronica
Elemento di naturalezza dei media
Buona realizzazione
Perché?
Supporto all’uso del
parlato
Generici file contenenti audio clip
da allegare ai messaggi di posta
elettronica
Cattura delle intonazioni della
voce che aggiungono significato al
messaggio
Supporto all’uso di
espressioni facciali
Generici file contenenti foto-ritratti che trasmettono emozioni
specifiche, da allegare ai messaggi
di posta elettronica.
Cattura delle sfumature delle
espressioni del viso
Supporto all’uso
del linguaggio del
corpo
Generici file contenenti video clip
che mostrano l’intero corpo del
mittente, da allegare ai messaggi
di posta elettronica
Cattura delle sfumature delle posizioni e dei movimenti del corpo
Poiché le tecnologie per l’e-collaboration sono spesso usate in contesti particolari e per automatizzare specifici compiti, gli studi comportamentali degli elementi
tecnologici che abilitano l’adattamento compensativo dovrebbero essere condotti
tenendo a mente quei contesti e quei compiti. Cioè, vi è un pericolo nel tentare ricavare conclusioni circa l’effetto di un elemento abilitante in un particolare contesto
organizzativo, ed estendere quelle conclusioni ad un contesto sensibilmente differente. Poniamo di aver sperimentato l’uso di un forum di discussione multimediale
nel contesto che si riferisce, diciamo, allo sviluppo di una medicina nell’ambito di
una casa farmaceutica. Il risultato di quella sperimentazione potrebbe non essere
molto utile per trarre delle conclusioni su come usare la stessa tecnologica nel
contesto di uno stanziamento di budget in un ente governativo per la Difesa.
Una delle più importanti conclusioni della discussione di cui sopra è che occorre
condurre molta più ricerca comportamentale sul tema dell’e-collaboration e che
tale ricerca deve essere strettamente collegata alla ricerca sulla progettazione delle
tecnologie di e-collaboration. Questi due tipi di ricerca sono, più spesso di quanto
non si pensi, condotte in maniera disconnessa. In più, la ricerca comportamentale
sull’e-collaboration dovrebbe essere condotta più sovente nelle organizzazioni che
usano le tecnologie per l’e-collaboration. Fino ad oggi, la maggior parte di tale
ricerca è stata condotta nelle università e nei centri di ricerca, con qualche nobile
eccezione, e si è basata su scenari sperimentali che sono frequentemente disconnessi
dalle realtà affrontate dalle organizzazioni. Senza dubbio, un incremento nella
quantità di ricerca-azione (Kock, 2006) sull’e-collaboration verrebbe direttamente
incontro a questa necessità.
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BIOGRAFIA DELL’AUTORE
Ned Kock è Professor of Information Systems e Director of the Collaborative for International Technology Studies alla Texas A&M International
University. Ha diplomi universitari in Ingegneria Elettronica (B.E.E), Computer Science (M.S) e Management Information Sstems (Ph.D). Ned è l’autore
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Ned Kock - Progettare le tecnologie della collaborazione elettronica (E-Collaboration)
e editori di molti libri, tra cui il bestseller della Sage Publications intitolato
Systems Analysis and Design Fundamentals: A Business Process Redesign
Approach. Ha pubblicato lavori di ricerca in vari giornali scientifici di rilievo,
tra cui Communications of the ACM, Decision Support Systems, European
Journal of Information Systems, European Journal of Operational Research,
IEEE Transactions (various), Information & Management, Journal of the Association for Information Systems, MIS Quarterly, and Organization Science.
E’ il Fondatore e l’Editor-in-Chief dell’International Journal of e-Collaboration, è Associate Editor for Information Systems della rivista scientifica IEEE
Transactions on Professional Communication, e Associate Editor del Journal
of Systems and Information Technology. I suoi principali interessi di ricerca
riguardano gli influssi biologici e culturali sulle interazioni uomo-tecnologia,
la ricerca-azione, le questioni etiche e legali nella ricerca e nel management
della tecnologia, e il miglioramento dei processi di business.
Indirizzo di Ned Kock
Ned Kock
Professor of Information Systems
Division of International Business and Technology Studies
Texas A&M International University
5201 University Boulevard
Laredo, TX, 78041, USA
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