il papa ei conigli: «sono stato frainteso, amo le

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il papa ei conigli: «sono stato frainteso, amo le
d’Italia
IL PAPA E I CONIGLI: «SONO STATO FRAINTESO,
AMO LE FAMIGLIE NUMEROSE»
ANNO LXIII N.17
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Antonio Marras
«Sorpreso» per il fatto che le sue
parole sul fatto che per essere
buoni cattolici non è necessario
fare figli come conigli, volutamente espresse con il linguaggio
di tutti i giorni, non fossero state
pienamente contestualizzate da
molti media nell’ampio ragionamento. E «dispiaciuto» per il disorientamento causato specie
alle famiglie numerose, alle
quali, infatti, ieri durante
l’udienza generale ha prontamente rivolto parole di affetto e
di incoraggiamento. Sono stati
questi i due sentimenti prevalenti
nel Papa, al momento della lettura dei giornali, il giorno dopo il
ritorno da Manila. Lo riferisce in
un’intervista ad Avvenire, il sostituto della segreteria di Stato,
mons. Angelo Becciu.
«Il Papa è stato frainteso, non
c’è un limite per la procreazione»
«Al vedere i titoli dei giornali, il
Santo Padre, con il quale ho parlato ieri, ha sorriso ed è rimasto
un pochino sorpreso del fatto
che le sue parole – volutamente
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semplici – non sono state pienamente contestualizzate rispetto a
un passo chiarissimo della Humanae Vitae sulla paternità responsabile», afferma Becciu, secondo cui
“la frase del Papa va interpretata
nel senso che l’atto procreativo nell’uomo non può seguire la logica
dell’istinto animalesco, bensì è
frutto di un atto responsabile che si
radica nell’amore e nella reciproca
donazione di sé”. Sempre secondo
lo stretto collaboratore del Papa,
quando lui parla di tre figli per cop-
pia non si tratta di un numero tassativo. “Il numero tre – spiega Becciu – si riferisce unicamente al
numero minimo indicato da sociologi e demografi per assicurare la
stabilità della popolazione. In nessuno modo il Papa voleva indicare
che esso rappresenta il numero
“giusto” di figli per ogni matrimonio.
Ogni coppia cristiana, alla luce
della grazia, è chiamata a discernere secondo una serie di parametri umani e divini quale sia il numero
di figli che deve avere”. Il Papa “è
venerdì 23/1/2015
davvero dispiaciuto che si sia
creato un tale disorientamento” di
fronte alla lettura fornita dai media.
«Egli non voleva assolutamente disconoscere la bellezza e il valore
delle famiglie numerose, e infatti,
all’Udienza Generale, aggiunge
Becciu, ha affermato che la vita è
sempre un bene e che avere tanti
figli è un dono di Dio per il quale bisogna rendere grazie».
Gli islamici uccidono donne, bambini e gay. L’Italia renziana si tappa la bocca
Francesco Signoretta
Sgozzati, lapidati, massacrati. Una
scia di sangue lunghissima. Il fanatismo islamico non fa sconti a
nessuno, non c’è pietà, non ci sono
lacrime che possano fermarlo. Ma
sotto tiro non ci sono solo gli avversari politici, coloro che sono
contrari al regime, o i cristiani, dichiarati nemici sin dal primo giorno,
vittime “predilette” perché credono
in un altro Dio. Nel mirino finiscono
tutti, senza distinzione di età e di
sesso, malmenati, torturati e magari uccisi per farne trofei da immortalare.
Donne violentate
Le donne sono diventate merce di
scambio tra le opposte fazioni,
spesso rapite e trasformate in oggetti sessuali. La prigionia delle ra-
tobomba che ha travolto uno scuolabus, per non parlare dei ragazzi
giustiziati perché vedevano una
partita di calcio in tv. Nessuna pietà
per chi è omosessuale. I gay vengono accusati di atti impuri, filmati,
fotografati, costretti ad essere ripresi in posizioni sessuali particolari. E poi lapidati in piazza, alla
presenza di una folla festante.
gazze finite nelle mani degli estremisti islamici diventa un incubo,
tanto che molte si sono suicidate e
altre hanno supplicato di essere
uccise. Quasi ogni giorno vengono
prelevate dalla galera per essere
violentate e poi riportate in cella. In
tante sono scomparse, non se ne
ha più traccia e si presume siano
morte dopo vari abusi.
Rappresaglia a scuola
Nessuna pietà per i bambini. Basti
ricordare i 132 ragazzini uccisi in
una rappresaglia a scuola, in Pakistan. O quelli massacrati da un’au-
Nessuna solidarietà dall’Italia
Resta l’amarezza di un’Italia che è
incapace di pronunciare una sola
parola di solidarietà, visto il silenzio
dei vertici istituzionali, delle associazioni, della sinistra. Tutti pronti a
“sparare” contro chi osa parlare di
famiglia tradizionale o infrange i
confini del politicamente corretto.
Tutti in silenzio di fronte alle atrocità.
Spunta la norma salva Grillo. Ma l’aula
respinge il tentativo dei Cinque Stelle
Secolo
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d’Italia
VENERDì 23 GENNAIO 2015
Alberto Fraglia
“E i grillini presentano la norma
salva Grillo”. Basta un tweet per
mandare in tilt il Movimento Cinquestelle e all’aria l’impeto anticasta su cui il comico genovese
ha costruito una buona fetta del
suo consenso. Scivolano i Pentastellati proprio sulla classica
buccia di banana. Presi in fallo lì
dove proprio non te lo aspetti. E
già, perchè questa storia dell’emendamento presentato al ddl
Riforme che prevedeva l’incandidabilità e incompatibilità a ricoprire la carica di senatore per
coloro che sono sotto processo
penale o sono stati condannati
per delitto non colposo è subdolo.
Detto fuori dai denti, è palesemente ad-personam.
Emendamento bocciato dall’aula
Un concetto, anzi, un’accusa che
avrete sentito mille volte profferire
dal comico genovese per inchiodare la Casta, bollare Berlusconi,
mandare vaffa di quà e di là nel
nome di una purezza pubblica e
di una incontaminta verginità morale in difesa del buon senso comune contro i ladri di palazzo e i
politicanti da strapazzo. Il fatto è
che quella norma, fa notare il deputato del Pd, Ermini, è fatta ap-
Ecco come il “vecchio” Berlusconi
ha vinto contro il giovane Renzi
Lando Chiarini
Inutile dire “Renzusconi” per
evocare i “Dalemoni”. Non
siamo ai tempi dell’esecrato Inciucio della Bicamerale, quando
in cabina di regia c’erano
D’Alema e Berlusconi. Qui non
c’è condominio o duopolio che
tenga. La verità è fin troppo evidente: contro Renzi il Cavaliere
ha vinto di brutto ed è già pronto
ad aggiungere lo scalpo del giovane premier a quelli già strappati ai vari Prodi, D’Alema,
Veltroni, Rutelli, Bersani nel ventennio (non a caso) eponimo,
senza ovviamente dimenticare
Achille Occhetto e la sua gioiosa
macchina da guerra. Ed è una
verità pubblica, politica, sanzionata con precisione chirurgica
dal voto del Senato sull’Italicum.
Certo, Renzi ha incassato l’approvazione dell’emendamento
super-canguro che ha spianato
la strada alla nuova legge elettorale. Ma il prezzo che rischia
di pagare s’annuncia salatissimo.
Nel Pd soffiano venti di scissione
Al di là degli annunci rassicuranti
di tanti circa l’indiscutibile fedeltà
alla “Ditta”,infatti, la sinistra del
Pd guarda all’annunciato successo Tsypras in Grecia con pretese scismatiche. Può essere
l’inizio di una crisi di rigetto verso
un premier-leader visto sempre
più come un corpo estraneo all’interno del partito. Dall’altro lato,
lo attende l’abbraccio fatale del
Cavaliere, pronto a capitalizzarei
la riconquistata centralità politica.
Si tratta di un obiettivo cercato,
non trovato. Cui Berlusconi ha
pazientemente lavorato lasciando gonfiare come un’onda
maligna le voci sul contenuto del
“Nazareno” sapendo che prima o
poi si sarebbe abbattuta come
uno tsunami su una sinistra incapace di vivere – e soprattutto di
vincere – senza la deminizzazione del nemico di turno.
In un colpo solo Berlusconi ha
sistemato Alfano, Fitto e Sal-
posta per Grillo, condanato in appello per omicio colposo . E sapete perché? Perché, come
sottolinea Ermini in un altro tweet,
“chi viene denunciato per una ingiuria non può diventare sena-
tore, un condannato per omicidio
colposo sì”. Per la cronaca, va
detto che l’emendamento è stato
bocciato dall’aula. Pericolo scampato, dunque. Resta la vergogna
del gesto.
vini
Così, in un colpo solo Berlusconi
ha riguadagnato il centro della
scena ammiccando a Renzi
come unica sponda in grado di
consentirgli la guida del governo.
Nello stesso tempo, ha ricucito
con Alfano, con cui sommerà i
Grandi elettori di Forza Italia nell’elezione del successore di Napolitano
al
Quirinale
neutralizzando così la fronda di
Fitto. In più – alla luce della
norma che assegna il premio di
maggioranza alla lista e non alla
coalizione – ha messo Salvini
nella scomoda posizione di chi
sarà chianmato a scegliere se tutela l’identità a scapito del governo oppure a privilegiare la
coalizione per vincere le elezioni.
Insomma, come capolavoro non
c’è male. E poi si dice “largo ai
giovani”…
Via i rom e i profughi da Tor Sapienza:
ma allora avevano ragione i “fascisti”?
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Girolamo Fragalà
Via il campo nomadi, via il centro profughi. Ignazio Marino si è
arreso (almeno a parole).
Hanno vinto i residenti di Tor
Sapienza, quelle famiglie esasperate e impaurite, arrabbiate
e non disposte a rassegnarsi.
Hanno vinto (almeno per
adesso, visto che molti non credono ancora alle promesse del
sindaco) quelle persone che
erano state criminalizzate dagli
assessori, dai consiglieri comunali della sinistra, dallo stesso
Marino, dai parlamentari del Pd
e di Sel, dai giornali, da molte
tv. Si cambia rotta. Erano loro, i
“fascisti”, i razzisti”, gli “intolleranti” – come etichettati dalla
sinistra – ad avere ragione, totalmente ragione, dal momento
che verranno fatte le cose che
chiedevano.
Il campo rom di Tor Sapienza
«Abbiamo indicato la nostra volontà di superare i campi rom di
Salviati 1 e 2 i cui primi insediamenti risalgono addirittura al
1994 ed erano stati allora considerati provvisori. Noi abbiamo
avviato un nuovo censimento
della popolazione rom nei
campi e tutti coloro che non
hanno diritto, perché hanno un
reddito, un appartamento o
Secolo
d’Italia
altre risorse, verranno invitati
ad andarsene. Gradualmente
speriamo di poter arrivare alla
chiusura del campo rom», ha
detto Marino intervistato su
Radio Radio. Vedremo se accadrà.
Il centro di accoglienza
«Sposteremo il centro di accoglienza», ha annunciato invece
l’assessore Francesca Danese. E per nascondere la
sconfitta ha aggiunto: «Queste
persone saranno spostate soprattutto “per loro”. Dimostria-
mogli che questa città è accogliente». Fatto sta che, per loro
o contro di loro, i profughi saranno destinati ad altra zona. E
quindi i residenti di Tor Sapienza avevano ragione.
Ora Marino va anche a mangiare una pizza
Marino cerca di recuperare e
prepara un altro show: tornerà
nel quartiere della periferia
della Capitale, teatro nei mesi
scorsi delle proteste anti-immigrati, per mangiare una pizza
con i residenti: «Abbiamo avuto
Quirinale, Becchi punge Grillo: i nomi
deve farli la rete, mica Renzi…
Antonella Ambrosioni
Botta e risposta tra il leader del
M5s, Beppe Grillo e l’ex ideologo ormai messo in soffitta,
Paolo Becchi, sull’elezione del
Presidente della Repubblica.
Grillo rilancia su Twitter l’appello a Renzi a fare i nomi dei
candidati proposti per il Quirinale e scrive: «Chiediamo a
Renzi prima che inizino le votazioni la “rosa” dei nomi che si
appresta a presentare per proporla ai nostri iscritti in Rete e
farla votare». E subito arriva la
risposta per le rime del professor Becchi in polemica da
tempo con Grillo per il rovesciamento dello spirito del movimento: ma i candidati non
dovevate esprimerli voi?
Paolo Becchi chi?…
Becchi forse pensa ancora di
essere l’ideologo di riferimento
di Grillo: «Beppe Grillo. Toc, toc
che fine ha fatto “l’intelligenza
collettiva” della Rete ? Che fine
ha fatto il M5S?», gli chiede in
maniera per niente peregrina. Il
“congelamento” delle Quirinarie
del Movimento sta accelerando
la crisi interna al partito di
Grillo. «Come avevo intuito il
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un bellissimo incontro con i comitati di quartiere, anzi mi
hanno rinnovato subito un altro
invito più conviviale, per prenderci una pizza insieme». Dopo
la pizza ci sarà il conto. E il
conto sarà salato se il sindaco
non rispetterà le promesse. E
soprattutto avrà altri conti da
saldare perché la periferia di
Roma è enorme e i problemi
sono più o meno gli stessi denunciati dai cittadini di Tor Sapienza. Per agire non bisogna
aspettare un’altra rivolta.
M5S tradendo la spirito originario del Movimento chiede ora a
Renzi i nomi per il Quirinale per
farli votare dalla Rete. La Rete
ormai è ridotta a ratificare addirittura nomi proposti da Renzi.
Un totale fallimento sia tattico
che strategico dal momento
che Renzi non farà alcun nome
ed il Movimento non avrà un
proprio candidato».
Errore tattico grave
Il professore genovese non si
accorge che sono lontani i
tempi in cui il suo parere contava qualcosa nel tracciare la
linea del Movimento 5 stelle.
Non è più così e da tempo. E la
sua risposta, da Grillo e dai
suoi, viene inesorabilmente
ignorata. Come in altre occasioni, Grillo parla, Becchi ribatte, ma la “triangolazione”
non si chiude. Becchi non lo
ascolta più nessuno, è un reperto archeologico. Le Quirinarie pure. E il M5S è in crisi vera.
Il banchiere Davide Serra dietro il blitz
di Matteo Renzi sulle Popolari?
Secolo
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Silvano Moffa
Il colpo di mano di Matteo Renzi
sulle Popolari ha lasciato una scia
di sospetti che è il caso che qualcuno chiarisca. Ovviamente, quel
qualcuno dovrebbe essere lo
stesso premier. Dubitiamo, in verità, che lo faccia. Secondo alcune
indiscrezioni, nella settimana
scorsa presso gli studi londinesi del
fondo Algebris si sarebbe svolto un
workshop avente ad oggetto il
cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo.
Niente di male, per carità. L’argomento , come sanno gli addetti ai
lavori, è al centro di studi e seminari da molto tempo. Quel che
desta curiosità è invece la circostanza che il seminario si sia tenuto
in singolare coincidenza con il lavoro che i tecnici di Palazzo Chigi,
nelle stesse ore, stavano facendo
per confezionare il decreto legge,
spuntato come un dardo a ciel sereno, nel bel mezzo del Consiglio
dei ministri.
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Perchè il ricorso al decreto
legge?
Le prime bozze governative prevedevano un intervento sulla generalità degli istituti di credito
cooperativo, nessuno escluso. Poi,
una “manina” ha apportato una correzione, limitando la platea delle
banche interessate dal provvedimento a quelle che hanno attivi superiori agli 8 miliardi. Per inciso, il
decreto prevede la trasformazione
delle Popolari in società per azioni,
sopprime il voto capitario e, dunque,
rende contendibili le banche. Il tutto
da farsi entro 18 mesi. E qui veniamo al primo punto di domanda.
Perché si ricorre ad un decreto
legge, quando non se ne ravvede
l’urgenza? Nessuno lo ha chiarito.
La Consob non ha niente da
dire?
Negli ambienti finanziari milanesi
tutti sanno che il più ardente sostenitore della trasformazione in so-
Lavoro “nero” alla Cgil? La Camusso
querela e incassa uno storico ko
Luca Maurelli
«Sono tante le cause di lavoro intentate in
tutta Italia da ex dipendenti della Cgil, che
denunciano fra l’altro anni di lavoro nero e
lavoro a tempo pieno sotto forma di collaborazioni a progetto: violazioni contro le quali
proprio la Cgil domani manifesterà a Roma e
a Milano (…). È una crepa che si sta allargando: emergono casi in Veneto, a Trieste,
in Toscana, in Puglia, in Sicilia e in Calabria:
ci sono casi di licenziati dopo oltre trent’anni
di lavoro», aveva raccontato in questo servi-
zio al Tg1, nel 2011, il giornalista economico
Luigi Monfredi, con immagini di una manifestazione di ex dipendenti del sindacato che
avevano in atto contenziosi con la più importante sigla italiana. Monfredi, nel servizio,
aveva anche fatto notare come il giorno
dopo la Cgil sarebbe scesa in piazza contro
se stessa, ovvero contro quelle pratiche di
sfruttamento del lavoro che avevano originato anche tante cause da parte dei propri
dipendenti. Per quella “cronaca” dei fatti e
quell’accostamento tra i due eventi, Monfredi
cietà di capitali delle Popolari e delle
banche cooperative è quel Davide
Serra, fondatore del fondo Algebris
e amico del premier, da più parti indicato in costante pressione su
Renzi per ottenere quel risultato.
Ora, se appare comprensibile e, per
certi versi persino auspicabile, che
le piccole banche si aggreghino in
entità più grandi per reggere la concorrenza e migliorare la gamma dei
sevizi da offrire agli utenti, è fuor di
dubbio che stabilire un principio,
peraltro in forza di un decreto legge,
che una banca popolare sana e in
crescita smetta di erogare credito in
forma solidale e sussidiaria, è “aberrante”, per usare l’espressione di un
esperto di micro-credito come Leonardo Becchetti. E se proprio dobbiamo dirla tutta: è sconcertante
rilevare la strana sintonia tra le “correzioni” di Palazzo Chigi e l’agitarsi
in Borsa del fondo Algebris a caccia
di Popolari da aggredire. La Consob
non ha niente da dire?
si era beccato una querela insieme al direttore dell’epoca Augusto Minzolini, con una richiesta di risarcimento del danno in sede
civile per una cifra intorno ai 75mila euro. «Ci
sentiamo diffamati da quel servizio», aveva
tuonato la Camusso. Ma è arrivata la storica
sentenza: quanto affermato era vero, c’è
poco da offendersi.
«Le cause per sfruttamento del lavoro
alla Cgil esistono»
Il giudice fa un ragionamento molto semplice: «Quanto riferito dal cronista corrisponde, quindi, alla realtà dei fatti: è un fatto
storico realmente accaduto e di indubbia rilevanza per l’opinione pubblica che nei confronti della Cgil siano state proposte diverse
cause di lavoro in cui vengono contestate diverse violazioni da parte di lavoratori ed a
nulla rileva il fatto che tali cause siano, almeno a detta dell’attrice, infondate in quanto
non è compito del giornalista entrare nel merito del contenzioso, ma solo riportare il dato
storico della loro esistenza e della protesta
dei lavoratori contro la Cgil. Sussiste quindi
la “verità” della notizia….». Alla Camusso è
t0ccato così pagare le spese legali (4.500
euro) e incassare la sconfitta senza colpo ferire. In festa, invece, i lavoratori che si considerano sfruttati dalla Cgil, riuniti in una
pagina Facebook che ospita le storie di tanti
dipendenti che con la Camusso non coltivano più buoni rapporti.
Il “bazooka” di Draghi spara
60 miliardi al mese e ferisce la Merkel
Secolo
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d’Italia
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Monica Pucci
Lo chiamano “bazooka” ma non lancia proiettili, non fa la guerra e soprattutto fa molto
bene alla salute dell’economia euroopa: il
“bazooka” di Mario Draghi sparerà fino a
settembre 2016 una caterva miliardi nei
conti pubblici dei paesi europei, passando
per la liquidità delle banche, i prestiti ai cittadini, l’inflazione sotto controllo e il rilancio
della crescita. A dispetto della Merkel, ostile
a qualsiasi manovra della Bce che possa
venire incontro alle asfittiche casse toraciche dell’economia europea, la Bce di Mario
Draghi ha confermato le previsioni, anzi, ha
annunciato una terapia d’urto ancora più
forte di quella che era stata anticipata ieri da
Blooomberg. Ma con un paracaute grosso
sui rischi, che in gran parte saranno lasciati
alle banche nazionali.
Draghi acquisti 60 miliardi di bond al
mese e la Merkel si irrita
La Bce, come ha annunciato lo stesso presidente, ha deciso di lanciare un “vasto programma di acquisti di titoli” da 60 miliardi di
euro fino a settembre. Da marzo la Banca
centrale europea inizierà a comprare titoli
sulla base della quota dei vari paesi nel suo
capitale. Quanto basta per turbare la cancelliera Merkel, da sempre ostile alle operazioni di “quantitive easing”, che considera
una stampella pericolosa in grado di mettere a rischio il percorso del rigore contabile
seguito dai paesi meno virtuosi dell’area
Euro. Immediata la reazione positiva dei
mercati, con le Borse che hanno immediatamente accelerato e lo spread Btp-Bund
ha fatto segnare un netto calo da 115 a 107
punti dopo le parole del presidente della
Bce. «Il piano di acquisti varato dalla Bce
durerà fino alla fine di settembre 2016 e fin
quando ci sarà una sostenuta correzione
dell’inflazione, con l’obiettivo di un livello dei
prezzi vicino ma sotto al 2% nel medio termine», ha spiegato Draghi. «Si tratta di un
programma molto grande, e abbiamo tenuto conto delle preoccupazioni di alcuni
Paesi decidendo di non condividere i rischi
su tutti i titoli che la Bce comprerà», ha detto
ancora Draghi, in riferimento all’ostitlità della
Merkel. Il nuovo programma di acquisti in-
Definì Napolitano «maneggione»
e «servo»: assolto. Non è Storace…
Franco Bianchini
Il consigliere comunale di Piacenza, Carlo Pallavicini, appartenente all’area di estrema sinistra,
è stato assolto al termine del processo a suo carico per vilipendio
al Capo dello Stato. L’esponente
politico piacentino era stato rinviato a giudizio in dicembre al termine delle indagini svolte dagli
agenti della Digos, che avevano
trascritto alcune frasi scritte da
Pallavicini sul suo blog “Piacenza Antagonista”. Giorgio Napolitano era stato definito «servo
dell’imperialismo americano»,
«maneggione della politica uomo
di garanzia dei poteri forti italiani
ed europei». L’imputato, difeso
dall’avvocato Fausto Co’ del
Foro di Piacenza, è comparso in
aula davanti al giudice Italo
Ghitti. Il pubblico ministero – il
procuratore capo Salvatore Cappelleri – ha chiesto un anno di reclusione, mentre la difesa
l’assoluzione, spiegando come si
trattasse di un caso di diritto di
critica. Tesi evidentemente accolta da Ghitti che ha assolto il
consigliere comunale.
Il caso Storace-Napolitano
Il paradosso è nel diverso trattamento per Francesco Storace,
condannato invece per su una
clude infatti abs e covered bond, oltre che titoli pubblici nazionali. Ma l’acquisto di titoli di
Stato operato dalla Bce avverrà secondo un
criterio di condivisione del rischio con le
banche nazionali dei Paesi interessati, solo
una parte delle eventuali perdite sarà ripartita: in particolare solo il 20% del rischio sarà
a carico della Bce, il resto a carico delle
banche centrali.
parola di troppo: tutto era partito
da Napolitano che aveva bollato
come “indegno” l’attacco di Storace ai senatori a vita. Il leader
della Destra li aveva definiti
«stampelle del governo». Alla re-
primenda di Napolitano, Storace
aveva replicato definendo, a sua
volta, indegno il capo dello Stato.
A stretto giro erano arrivate pure
le scuse. Ma la condanna è arrivata lo stesso.
Hollande e la politica dello struzzo,
campagna sui valori laici nella scuola
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Paolo Lami
E’ la politica dello struzzo. Il
Paese è sotto attacco degli jiadhisti islamici. Hanno ammazzato brutalmente 17 cittadini
francesi in due diversi attentati.
E Hollande che fa? Promuove
un piano di valori laici nelle
scuole sperando così di “recuperare” quei centinaia e centinaia di ragazzi che si sono
categoricamente rifiutati di osservare il minuto di silenzio nazionale per ricordare, appunto,
le vittime di Charlie Hebdo e
quelle fatte dal terrorista Amedy
Coulibaly. Esattamente l’opposto di ciò che si sarebbero
aspettati i francesi.
Sono passate appena due settimane dalle stragi fondamentaliste di Parigi. E il premier
Manuel Valls e il ministro francese dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem,
presentano
quello che definiscono il piano
nazionale per rafforzare l’autorità e i valori della Repubblica
tra i banchi di scuola. Obiettivo,
tra l’altro, fornire una risposta
«pedagogica ma determinata»
ai circa duecento incidenti che
hanno turbato, in alcuni istituti
scolastici, le cerimonie in
omaggio alle vittime di Charlie
Secolo
d’Italia
Hebdo e degli attacchi jihadisti
dei giorni seguenti nei quali
hanno perso la vita complessivamente 17 francesi. Come
quei ragazzi che si sono rifiutati
di osservare il minuto di silenzio. Già ieri, il presidente Francois Hollande, parlando alla
Sorbona di Parigi, aveva insistito sull’esigenza di un insegnamento «laico e morale». Ma
è, appunto, la politica dello
struzzo, un modello che ha,
portato la Francia alla situazione in cui si trova disperatamente oggi lasciandosi sfuggire
di mano, fra l’altro, tutto il problema delle banlieu, le aree a
fortissima connotazione isla-
mica frutto dei grandi e incontrollati flussi migratori provenienti
soprattutto
dalle
ex-colonie. e costretta poi a fare
i conti con il terrorista della
porta accanto, nato e cresciuto
in Francia e con passaporto
della Grandeur.
Rachida Dati scuote Hollande: sia coerente sulla sicurezza
Il bello è che a scuotere Hollande da certe fantasie progressiste debba essere Rachida
Dati, ex-magistrato, ex-ministro,
eurodeputata francese dell’Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, figlia di un muratore
Sondaggio Datamedia: mezza Italia
voterebbe il “Renzusconi”
Bianca Conte
Le alchimie politiche sfidano la
logica della matematica: un
sondaggio di Datamedia realizzato per il Tempo lo dimostra.
Se, infatti, rispetto alla precedente indagine statistica del 17
dicembre scorso, il Pd risulta in
discesa dal 36,8% al 35,7% –
perdendo l’1,1% – e, parimenti,
Forza Italia cala rispetto a poco
più di un mese fa dal 13,2% al
13% – con una flessione negativa pari allo 0,2% –, è altresì
vero che l’unione dei due partiti
nel fatidico “Renzusconi” – un
partito mai nato, ma che sta
dando prova di una imprescindibile esistenza in vita – arriva a
sfiorare il 50%, ipotecando le in-
tenzioni di voto della metà degli
italiani alle urne. Dunque, l’accordo del Nazareno tra Silvio
Berlusconi e Matteo Renzi si
aggiudica secondo l’indagine
Datamedia il 48,7% del gradimento degli elettori: «una percentuale – rileva giustamente il
quotidiano di Piazza Colonna –
da fare invidia anche allo storico
48,5% della Dc nel 1948, e che
fa impallidire il massimo storico
del Pci del ’76 (34,4% alla Camera e 33,8%al Senato). Con la
ovvia conclusione per cui, se è
vero da un lato che il gradimento del patto del Nazareno
costa in termini percentuali ai
singoli due partiti legati dall’accordo in questione, un calo fi-
siologico individuale e l’incremento progressivo e continuo
della Lega di Matteo Salvini –
che ormai da tempo tallona insistemente Pd e FI – è innegabile altresì che il cosiddetto
“Renzusconi” piazza una prima
simbolica bandierina sulla vetta
storica del gradimento dei partiti in Italia.
Lega, Ncd e FdI: i sorvegliati
speciali
A consolazione della sonora
bocciatura incassata con la non
ammissibilità del referendum
sulla legge Fornero, il numero
uno del Carroccio si gode il suo
+0,2% conquistato sul terreno
della fiducia degli italiani, dal
VENERDì 23 GENNAIO 2015
marocchino e di un’algerina. La
Dati, pur riconoscendo a Hollande di essere stato «certamente
all’altezza
della
situazione, ma è stato anche
molto aiutato dalla solidarietà e
dal senso di responsabilità dimostrato dagli altri partiti che si
sono schierati con lui senza incertezze» cristallizza la situazione sottolineando che «siamo
di fronte a un dramma mai sperimentato prima dalla Francia. Il
Paese è ancora sotto choc. È
ancora presto per dire cosa è
cambiato ma, d’altra parte, questa è anche una fase unica». E
invita Hollande a prendere misure precise facendo anche in
ineludibile gesto di coerenza:
«sono stati toccati i valori universali. Vanno subito prese le
misure per difendere la libertà
attraverso la sicurezza. È ora o
mai più. Ci aspettiamo coerenza
da parte dei socialisti francesi.
Non possono dirsi a favore di
nuove misure di sicurezza in
Francia e poi votare contro a
Bruxelles».
Un doppiogioco che la Dati
porta allo scoperto.
sondaggio del Tempo messo in
proporzionale simmetria con la
perdita dello 0,2 registrata da
Forza Italia. Riflettori puntati
anche, infine, sul Ncd che, dallo
scorso 17 dicembre ad oggi,
cresce dal 3,2% al 3,3, accreditandosi un importante +0,1%:
cosa che, rilancia il quotidiano
romano, «con un calcolo ipotetico, ma non troppo, potrebbe
attestare una eventuale maggioranza di governo a tre ad un
corposo 52 per cento». Positivo
anche l’aumento percentuale
registrato da Fratelli d’Italia che,
forte di un incremento pari al
+0,4%, avoca a sé il 2,4% delle
preferenze degli italiani. Il
18,5% dei grillini (+0,4% rispetto
al 17 dicembre), infine, non
mette e non toglie agli assetti
matematici del sondaggio e agli
equilibri politici attualmente sullo
scacchiere.
Ferrara non è più il direttore del Foglio.
Al timone il “baby” Claudio Cerasa
Secolo
VENERDì 23 GENNAIO 2015
7
d’Italia
Gabriele Alberti
Un binomio inscindibile. Sin dalla sua fondazione il 30 gennaio 1996 Il Foglio e Giuliano
Ferrara sono stati una cosa sola. Venti anni
dopo l’Elefantino lascia la direzione del quotidiano al suo “delfino” Claudio Cerasa. «È naturale che ceda il passo a un giovane di 32
anni. E’ uno dei campioni del giornale ed è il
più adatto per quel ruolo». Il passaggio di testimone è previsto per la prossima settimana:
Ferrara sta già facendo gli scatoloni per lasciare la sua stanza al successore.
Le battaglie del Foglio
Dichiara di non prevedere altri ruoli tipo il direttore editoriale, né il fondatore, «perché – afferma – non sono cose per me». Resterà
naturalmente a scrivere per Il Foglio, dando seguito ad interventi che in passato hanno animato il dibattito politico e culturale. Come ad
esempio la campagna per la moratoria contro
l’aborto, lanciata nel 2007 dal programma Otto
e mezzo che al tempo Ferrara conduceva e poi
portata avanti proprio sulle pagine del quotidiano fino alla nascita della sua lista alle politiche del 2008. Sotto la sua direzione Il Foglio
ha ospitato tante “firme”, da Alberto Arbasino a
Pietrangelo Buttafuoco, a Fulvio Abbate,
espressione spesso di linee politiche diverse.
L’orientamento del giornale, formato lenzuolo,
è sempre stato moderato e liberale, vicino
(anche se non sempre condividendone le
scelte) a Silvio Berlusconi.
Un momento critico
Quanto al neodirettore Cerasa, figlio del giornalista Giuseppe, ha recentemente pubblicato
il libro Le catene della sinistra ed è noto al
pubblico televisivo per le sue apparizioni nei
talk. Molto attivo sui social network, diventa
direttore giovanissimo. Prende le redini in una
fase difficile per l’editoria, con vendite e pubblicità in calo. I redattori sono una ventina, le
copie vendute – fanno sapere dal quotidiano
– sono 10mila, comprese le digitali. I finanziamenti pubblici, che il giornale percepisce, si
vanno riducendo, come per tutti, anno per anno.
«Ci stiamo adeguando al nuovo corso che prevede una riduzione dei finanziamenti», fa sapere il futuro direttore. Il progetto è aumentare la
presenza sull’online, per tentare di incrementare
il numero di abbonati. Cerasa tenterà nell’impresa di avvicinare un pubblico più giovane.
«La linea politica non cambia – assicura – ma
ci saranno integrazioni e novità per mantenere
i lettori attuali e cercare di conquistarne di nuovi
proponendo qualcosa di diverso».
Tirreno Power, Burlando indagato per disastro ambientale
Guido Liberati
Il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando è indagato per disastro ambientale
dalla procura di Savona nell’ambito dell’inchiesta sulle emissioni
della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure. In tutto, gli indagati sono
40. Oltre a Burlando ci sono
anche l’assessore regionale allo
sviluppo economico Renzo
Guccinelli e la dirigente regionale del settore Ambiente Gabriella Minervini. Per loro si
ipotizzano anche violazioni nell’iter amministrativo di concessione
dell’esercizio
della
centrale. Tra gli indagati anche
dirigenti della centrale. «Non
sono mai stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sulla centrale
di Vado e non ho mai ricevuto
alcun atto. Sono stato informato
che ero tra gli indagati da un
giornalista», ha commentato
Burlando.
La Procura indaga su 427
morti sospette
La procura di Savona indaga
anche su 427 morti “anomale”
tra il 2000 e il 2007. Mentre, secondo perizie in mano alla procura, tra il 2005 e il 2012 sono
stati 2097 i ricoveri di adulti per
malattie respiratorie e cardiovascolari, che i magistrati temono
dovuti alle emissioni della centrale. Nello stesso periodo sono
stati 586, sempre secondo la
procura, i bambini ricoverati per
patologie respiratorie. La centrale è sotto sequestro dal 13
marzo 2014 per violazioni all’Aia. La Regione è impegnata a
farla riaprire chiedendo al governo di rivedere le prescrizioni
contenute nella nuova Aia che
secondo l’azienda sono «inapplicabili». Nelle prossime settimane si terranno gli interrogati
degli indagati. Il procuratore
Francantonio Granero e il suo
vice Chiara Maria Paolucci vorrebbero chiudere il fascicolo
entro la prossima primavera.
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO D’ITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Ugo Lisi (Vicepresidente)
Antonio Giordano (Amministratore delegato)
Italo Bocchino
Antonio Tisci
Chi è Claudio Burlando
Claudio Burlando, 60 anni, nato a
Genova, iscritto al Pci dal 1975,
ha seguito tutta la trasformazione
del partito nel corso degli anni. Attualmente fa parte della direzione
nazionale del Pd. Dal 1990 al
1993 è stato sindaco di Genova,
per poi essere eletto nel 1996 alla
Camera dei Deputati nelle liste
dell’Ulivo. È stato un controverso
e contestato ministro dei Trasporti
e della navigazione proprio con
Prodi dal 1996 al 1998. Claudio
Burlando è stato rieletto alla Camera nella successiva legislatura.
Nel 2005 è tornato a Genova e ha
battuto il candidato del centrodestra Sandro Biasotti, governatore
uscente, conquistando la presidenza della Liguria. Vittoria bissata, cinque anni dopo, sempre
contro Biasotti.
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7 agosto 1990 n. 250