il papa ei conigli: «sono stato frainteso, amo le
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il papa ei conigli: «sono stato frainteso, amo le
d’Italia IL PAPA E I CONIGLI: «SONO STATO FRAINTESO, AMO LE FAMIGLIE NUMEROSE» ANNO LXIII N.17 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Antonio Marras «Sorpreso» per il fatto che le sue parole sul fatto che per essere buoni cattolici non è necessario fare figli come conigli, volutamente espresse con il linguaggio di tutti i giorni, non fossero state pienamente contestualizzate da molti media nell’ampio ragionamento. E «dispiaciuto» per il disorientamento causato specie alle famiglie numerose, alle quali, infatti, ieri durante l’udienza generale ha prontamente rivolto parole di affetto e di incoraggiamento. Sono stati questi i due sentimenti prevalenti nel Papa, al momento della lettura dei giornali, il giorno dopo il ritorno da Manila. Lo riferisce in un’intervista ad Avvenire, il sostituto della segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu. «Il Papa è stato frainteso, non c’è un limite per la procreazione» «Al vedere i titoli dei giornali, il Santo Padre, con il quale ho parlato ieri, ha sorriso ed è rimasto un pochino sorpreso del fatto che le sue parole – volutamente WWW.SECOLODITALIA.IT semplici – non sono state pienamente contestualizzate rispetto a un passo chiarissimo della Humanae Vitae sulla paternità responsabile», afferma Becciu, secondo cui “la frase del Papa va interpretata nel senso che l’atto procreativo nell’uomo non può seguire la logica dell’istinto animalesco, bensì è frutto di un atto responsabile che si radica nell’amore e nella reciproca donazione di sé”. Sempre secondo lo stretto collaboratore del Papa, quando lui parla di tre figli per cop- pia non si tratta di un numero tassativo. “Il numero tre – spiega Becciu – si riferisce unicamente al numero minimo indicato da sociologi e demografi per assicurare la stabilità della popolazione. In nessuno modo il Papa voleva indicare che esso rappresenta il numero “giusto” di figli per ogni matrimonio. Ogni coppia cristiana, alla luce della grazia, è chiamata a discernere secondo una serie di parametri umani e divini quale sia il numero di figli che deve avere”. Il Papa “è venerdì 23/1/2015 davvero dispiaciuto che si sia creato un tale disorientamento” di fronte alla lettura fornita dai media. «Egli non voleva assolutamente disconoscere la bellezza e il valore delle famiglie numerose, e infatti, all’Udienza Generale, aggiunge Becciu, ha affermato che la vita è sempre un bene e che avere tanti figli è un dono di Dio per il quale bisogna rendere grazie». Gli islamici uccidono donne, bambini e gay. L’Italia renziana si tappa la bocca Francesco Signoretta Sgozzati, lapidati, massacrati. Una scia di sangue lunghissima. Il fanatismo islamico non fa sconti a nessuno, non c’è pietà, non ci sono lacrime che possano fermarlo. Ma sotto tiro non ci sono solo gli avversari politici, coloro che sono contrari al regime, o i cristiani, dichiarati nemici sin dal primo giorno, vittime “predilette” perché credono in un altro Dio. Nel mirino finiscono tutti, senza distinzione di età e di sesso, malmenati, torturati e magari uccisi per farne trofei da immortalare. Donne violentate Le donne sono diventate merce di scambio tra le opposte fazioni, spesso rapite e trasformate in oggetti sessuali. La prigionia delle ra- tobomba che ha travolto uno scuolabus, per non parlare dei ragazzi giustiziati perché vedevano una partita di calcio in tv. Nessuna pietà per chi è omosessuale. I gay vengono accusati di atti impuri, filmati, fotografati, costretti ad essere ripresi in posizioni sessuali particolari. E poi lapidati in piazza, alla presenza di una folla festante. gazze finite nelle mani degli estremisti islamici diventa un incubo, tanto che molte si sono suicidate e altre hanno supplicato di essere uccise. Quasi ogni giorno vengono prelevate dalla galera per essere violentate e poi riportate in cella. In tante sono scomparse, non se ne ha più traccia e si presume siano morte dopo vari abusi. Rappresaglia a scuola Nessuna pietà per i bambini. Basti ricordare i 132 ragazzini uccisi in una rappresaglia a scuola, in Pakistan. O quelli massacrati da un’au- Nessuna solidarietà dall’Italia Resta l’amarezza di un’Italia che è incapace di pronunciare una sola parola di solidarietà, visto il silenzio dei vertici istituzionali, delle associazioni, della sinistra. Tutti pronti a “sparare” contro chi osa parlare di famiglia tradizionale o infrange i confini del politicamente corretto. Tutti in silenzio di fronte alle atrocità. Spunta la norma salva Grillo. Ma l’aula respinge il tentativo dei Cinque Stelle Secolo 2 d’Italia VENERDì 23 GENNAIO 2015 Alberto Fraglia “E i grillini presentano la norma salva Grillo”. Basta un tweet per mandare in tilt il Movimento Cinquestelle e all’aria l’impeto anticasta su cui il comico genovese ha costruito una buona fetta del suo consenso. Scivolano i Pentastellati proprio sulla classica buccia di banana. Presi in fallo lì dove proprio non te lo aspetti. E già, perchè questa storia dell’emendamento presentato al ddl Riforme che prevedeva l’incandidabilità e incompatibilità a ricoprire la carica di senatore per coloro che sono sotto processo penale o sono stati condannati per delitto non colposo è subdolo. Detto fuori dai denti, è palesemente ad-personam. Emendamento bocciato dall’aula Un concetto, anzi, un’accusa che avrete sentito mille volte profferire dal comico genovese per inchiodare la Casta, bollare Berlusconi, mandare vaffa di quà e di là nel nome di una purezza pubblica e di una incontaminta verginità morale in difesa del buon senso comune contro i ladri di palazzo e i politicanti da strapazzo. Il fatto è che quella norma, fa notare il deputato del Pd, Ermini, è fatta ap- Ecco come il “vecchio” Berlusconi ha vinto contro il giovane Renzi Lando Chiarini Inutile dire “Renzusconi” per evocare i “Dalemoni”. Non siamo ai tempi dell’esecrato Inciucio della Bicamerale, quando in cabina di regia c’erano D’Alema e Berlusconi. Qui non c’è condominio o duopolio che tenga. La verità è fin troppo evidente: contro Renzi il Cavaliere ha vinto di brutto ed è già pronto ad aggiungere lo scalpo del giovane premier a quelli già strappati ai vari Prodi, D’Alema, Veltroni, Rutelli, Bersani nel ventennio (non a caso) eponimo, senza ovviamente dimenticare Achille Occhetto e la sua gioiosa macchina da guerra. Ed è una verità pubblica, politica, sanzionata con precisione chirurgica dal voto del Senato sull’Italicum. Certo, Renzi ha incassato l’approvazione dell’emendamento super-canguro che ha spianato la strada alla nuova legge elettorale. Ma il prezzo che rischia di pagare s’annuncia salatissimo. Nel Pd soffiano venti di scissione Al di là degli annunci rassicuranti di tanti circa l’indiscutibile fedeltà alla “Ditta”,infatti, la sinistra del Pd guarda all’annunciato successo Tsypras in Grecia con pretese scismatiche. Può essere l’inizio di una crisi di rigetto verso un premier-leader visto sempre più come un corpo estraneo all’interno del partito. Dall’altro lato, lo attende l’abbraccio fatale del Cavaliere, pronto a capitalizzarei la riconquistata centralità politica. Si tratta di un obiettivo cercato, non trovato. Cui Berlusconi ha pazientemente lavorato lasciando gonfiare come un’onda maligna le voci sul contenuto del “Nazareno” sapendo che prima o poi si sarebbe abbattuta come uno tsunami su una sinistra incapace di vivere – e soprattutto di vincere – senza la deminizzazione del nemico di turno. In un colpo solo Berlusconi ha sistemato Alfano, Fitto e Sal- posta per Grillo, condanato in appello per omicio colposo . E sapete perché? Perché, come sottolinea Ermini in un altro tweet, “chi viene denunciato per una ingiuria non può diventare sena- tore, un condannato per omicidio colposo sì”. Per la cronaca, va detto che l’emendamento è stato bocciato dall’aula. Pericolo scampato, dunque. Resta la vergogna del gesto. vini Così, in un colpo solo Berlusconi ha riguadagnato il centro della scena ammiccando a Renzi come unica sponda in grado di consentirgli la guida del governo. Nello stesso tempo, ha ricucito con Alfano, con cui sommerà i Grandi elettori di Forza Italia nell’elezione del successore di Napolitano al Quirinale neutralizzando così la fronda di Fitto. In più – alla luce della norma che assegna il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione – ha messo Salvini nella scomoda posizione di chi sarà chianmato a scegliere se tutela l’identità a scapito del governo oppure a privilegiare la coalizione per vincere le elezioni. Insomma, come capolavoro non c’è male. E poi si dice “largo ai giovani”… Via i rom e i profughi da Tor Sapienza: ma allora avevano ragione i “fascisti”? VENERDì 23 GENNAIO 2015 Girolamo Fragalà Via il campo nomadi, via il centro profughi. Ignazio Marino si è arreso (almeno a parole). Hanno vinto i residenti di Tor Sapienza, quelle famiglie esasperate e impaurite, arrabbiate e non disposte a rassegnarsi. Hanno vinto (almeno per adesso, visto che molti non credono ancora alle promesse del sindaco) quelle persone che erano state criminalizzate dagli assessori, dai consiglieri comunali della sinistra, dallo stesso Marino, dai parlamentari del Pd e di Sel, dai giornali, da molte tv. Si cambia rotta. Erano loro, i “fascisti”, i razzisti”, gli “intolleranti” – come etichettati dalla sinistra – ad avere ragione, totalmente ragione, dal momento che verranno fatte le cose che chiedevano. Il campo rom di Tor Sapienza «Abbiamo indicato la nostra volontà di superare i campi rom di Salviati 1 e 2 i cui primi insediamenti risalgono addirittura al 1994 ed erano stati allora considerati provvisori. Noi abbiamo avviato un nuovo censimento della popolazione rom nei campi e tutti coloro che non hanno diritto, perché hanno un reddito, un appartamento o Secolo d’Italia altre risorse, verranno invitati ad andarsene. Gradualmente speriamo di poter arrivare alla chiusura del campo rom», ha detto Marino intervistato su Radio Radio. Vedremo se accadrà. Il centro di accoglienza «Sposteremo il centro di accoglienza», ha annunciato invece l’assessore Francesca Danese. E per nascondere la sconfitta ha aggiunto: «Queste persone saranno spostate soprattutto “per loro”. Dimostria- mogli che questa città è accogliente». Fatto sta che, per loro o contro di loro, i profughi saranno destinati ad altra zona. E quindi i residenti di Tor Sapienza avevano ragione. Ora Marino va anche a mangiare una pizza Marino cerca di recuperare e prepara un altro show: tornerà nel quartiere della periferia della Capitale, teatro nei mesi scorsi delle proteste anti-immigrati, per mangiare una pizza con i residenti: «Abbiamo avuto Quirinale, Becchi punge Grillo: i nomi deve farli la rete, mica Renzi… Antonella Ambrosioni Botta e risposta tra il leader del M5s, Beppe Grillo e l’ex ideologo ormai messo in soffitta, Paolo Becchi, sull’elezione del Presidente della Repubblica. Grillo rilancia su Twitter l’appello a Renzi a fare i nomi dei candidati proposti per il Quirinale e scrive: «Chiediamo a Renzi prima che inizino le votazioni la “rosa” dei nomi che si appresta a presentare per proporla ai nostri iscritti in Rete e farla votare». E subito arriva la risposta per le rime del professor Becchi in polemica da tempo con Grillo per il rovesciamento dello spirito del movimento: ma i candidati non dovevate esprimerli voi? Paolo Becchi chi?… Becchi forse pensa ancora di essere l’ideologo di riferimento di Grillo: «Beppe Grillo. Toc, toc che fine ha fatto “l’intelligenza collettiva” della Rete ? Che fine ha fatto il M5S?», gli chiede in maniera per niente peregrina. Il “congelamento” delle Quirinarie del Movimento sta accelerando la crisi interna al partito di Grillo. «Come avevo intuito il 3 un bellissimo incontro con i comitati di quartiere, anzi mi hanno rinnovato subito un altro invito più conviviale, per prenderci una pizza insieme». Dopo la pizza ci sarà il conto. E il conto sarà salato se il sindaco non rispetterà le promesse. E soprattutto avrà altri conti da saldare perché la periferia di Roma è enorme e i problemi sono più o meno gli stessi denunciati dai cittadini di Tor Sapienza. Per agire non bisogna aspettare un’altra rivolta. M5S tradendo la spirito originario del Movimento chiede ora a Renzi i nomi per il Quirinale per farli votare dalla Rete. La Rete ormai è ridotta a ratificare addirittura nomi proposti da Renzi. Un totale fallimento sia tattico che strategico dal momento che Renzi non farà alcun nome ed il Movimento non avrà un proprio candidato». Errore tattico grave Il professore genovese non si accorge che sono lontani i tempi in cui il suo parere contava qualcosa nel tracciare la linea del Movimento 5 stelle. Non è più così e da tempo. E la sua risposta, da Grillo e dai suoi, viene inesorabilmente ignorata. Come in altre occasioni, Grillo parla, Becchi ribatte, ma la “triangolazione” non si chiude. Becchi non lo ascolta più nessuno, è un reperto archeologico. Le Quirinarie pure. E il M5S è in crisi vera. Il banchiere Davide Serra dietro il blitz di Matteo Renzi sulle Popolari? Secolo 4 Silvano Moffa Il colpo di mano di Matteo Renzi sulle Popolari ha lasciato una scia di sospetti che è il caso che qualcuno chiarisca. Ovviamente, quel qualcuno dovrebbe essere lo stesso premier. Dubitiamo, in verità, che lo faccia. Secondo alcune indiscrezioni, nella settimana scorsa presso gli studi londinesi del fondo Algebris si sarebbe svolto un workshop avente ad oggetto il cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo. Niente di male, per carità. L’argomento , come sanno gli addetti ai lavori, è al centro di studi e seminari da molto tempo. Quel che desta curiosità è invece la circostanza che il seminario si sia tenuto in singolare coincidenza con il lavoro che i tecnici di Palazzo Chigi, nelle stesse ore, stavano facendo per confezionare il decreto legge, spuntato come un dardo a ciel sereno, nel bel mezzo del Consiglio dei ministri. VENERDì 23 GENNAIO 2015 d’Italia Perchè il ricorso al decreto legge? Le prime bozze governative prevedevano un intervento sulla generalità degli istituti di credito cooperativo, nessuno escluso. Poi, una “manina” ha apportato una correzione, limitando la platea delle banche interessate dal provvedimento a quelle che hanno attivi superiori agli 8 miliardi. Per inciso, il decreto prevede la trasformazione delle Popolari in società per azioni, sopprime il voto capitario e, dunque, rende contendibili le banche. Il tutto da farsi entro 18 mesi. E qui veniamo al primo punto di domanda. Perché si ricorre ad un decreto legge, quando non se ne ravvede l’urgenza? Nessuno lo ha chiarito. La Consob non ha niente da dire? Negli ambienti finanziari milanesi tutti sanno che il più ardente sostenitore della trasformazione in so- Lavoro “nero” alla Cgil? La Camusso querela e incassa uno storico ko Luca Maurelli «Sono tante le cause di lavoro intentate in tutta Italia da ex dipendenti della Cgil, che denunciano fra l’altro anni di lavoro nero e lavoro a tempo pieno sotto forma di collaborazioni a progetto: violazioni contro le quali proprio la Cgil domani manifesterà a Roma e a Milano (…). È una crepa che si sta allargando: emergono casi in Veneto, a Trieste, in Toscana, in Puglia, in Sicilia e in Calabria: ci sono casi di licenziati dopo oltre trent’anni di lavoro», aveva raccontato in questo servi- zio al Tg1, nel 2011, il giornalista economico Luigi Monfredi, con immagini di una manifestazione di ex dipendenti del sindacato che avevano in atto contenziosi con la più importante sigla italiana. Monfredi, nel servizio, aveva anche fatto notare come il giorno dopo la Cgil sarebbe scesa in piazza contro se stessa, ovvero contro quelle pratiche di sfruttamento del lavoro che avevano originato anche tante cause da parte dei propri dipendenti. Per quella “cronaca” dei fatti e quell’accostamento tra i due eventi, Monfredi cietà di capitali delle Popolari e delle banche cooperative è quel Davide Serra, fondatore del fondo Algebris e amico del premier, da più parti indicato in costante pressione su Renzi per ottenere quel risultato. Ora, se appare comprensibile e, per certi versi persino auspicabile, che le piccole banche si aggreghino in entità più grandi per reggere la concorrenza e migliorare la gamma dei sevizi da offrire agli utenti, è fuor di dubbio che stabilire un principio, peraltro in forza di un decreto legge, che una banca popolare sana e in crescita smetta di erogare credito in forma solidale e sussidiaria, è “aberrante”, per usare l’espressione di un esperto di micro-credito come Leonardo Becchetti. E se proprio dobbiamo dirla tutta: è sconcertante rilevare la strana sintonia tra le “correzioni” di Palazzo Chigi e l’agitarsi in Borsa del fondo Algebris a caccia di Popolari da aggredire. La Consob non ha niente da dire? si era beccato una querela insieme al direttore dell’epoca Augusto Minzolini, con una richiesta di risarcimento del danno in sede civile per una cifra intorno ai 75mila euro. «Ci sentiamo diffamati da quel servizio», aveva tuonato la Camusso. Ma è arrivata la storica sentenza: quanto affermato era vero, c’è poco da offendersi. «Le cause per sfruttamento del lavoro alla Cgil esistono» Il giudice fa un ragionamento molto semplice: «Quanto riferito dal cronista corrisponde, quindi, alla realtà dei fatti: è un fatto storico realmente accaduto e di indubbia rilevanza per l’opinione pubblica che nei confronti della Cgil siano state proposte diverse cause di lavoro in cui vengono contestate diverse violazioni da parte di lavoratori ed a nulla rileva il fatto che tali cause siano, almeno a detta dell’attrice, infondate in quanto non è compito del giornalista entrare nel merito del contenzioso, ma solo riportare il dato storico della loro esistenza e della protesta dei lavoratori contro la Cgil. Sussiste quindi la “verità” della notizia….». Alla Camusso è t0ccato così pagare le spese legali (4.500 euro) e incassare la sconfitta senza colpo ferire. In festa, invece, i lavoratori che si considerano sfruttati dalla Cgil, riuniti in una pagina Facebook che ospita le storie di tanti dipendenti che con la Camusso non coltivano più buoni rapporti. Il “bazooka” di Draghi spara 60 miliardi al mese e ferisce la Merkel Secolo VENERDì 23 GENNAIO 2015 d’Italia 5 Monica Pucci Lo chiamano “bazooka” ma non lancia proiettili, non fa la guerra e soprattutto fa molto bene alla salute dell’economia euroopa: il “bazooka” di Mario Draghi sparerà fino a settembre 2016 una caterva miliardi nei conti pubblici dei paesi europei, passando per la liquidità delle banche, i prestiti ai cittadini, l’inflazione sotto controllo e il rilancio della crescita. A dispetto della Merkel, ostile a qualsiasi manovra della Bce che possa venire incontro alle asfittiche casse toraciche dell’economia europea, la Bce di Mario Draghi ha confermato le previsioni, anzi, ha annunciato una terapia d’urto ancora più forte di quella che era stata anticipata ieri da Blooomberg. Ma con un paracaute grosso sui rischi, che in gran parte saranno lasciati alle banche nazionali. Draghi acquisti 60 miliardi di bond al mese e la Merkel si irrita La Bce, come ha annunciato lo stesso presidente, ha deciso di lanciare un “vasto programma di acquisti di titoli” da 60 miliardi di euro fino a settembre. Da marzo la Banca centrale europea inizierà a comprare titoli sulla base della quota dei vari paesi nel suo capitale. Quanto basta per turbare la cancelliera Merkel, da sempre ostile alle operazioni di “quantitive easing”, che considera una stampella pericolosa in grado di mettere a rischio il percorso del rigore contabile seguito dai paesi meno virtuosi dell’area Euro. Immediata la reazione positiva dei mercati, con le Borse che hanno immediatamente accelerato e lo spread Btp-Bund ha fatto segnare un netto calo da 115 a 107 punti dopo le parole del presidente della Bce. «Il piano di acquisti varato dalla Bce durerà fino alla fine di settembre 2016 e fin quando ci sarà una sostenuta correzione dell’inflazione, con l’obiettivo di un livello dei prezzi vicino ma sotto al 2% nel medio termine», ha spiegato Draghi. «Si tratta di un programma molto grande, e abbiamo tenuto conto delle preoccupazioni di alcuni Paesi decidendo di non condividere i rischi su tutti i titoli che la Bce comprerà», ha detto ancora Draghi, in riferimento all’ostitlità della Merkel. Il nuovo programma di acquisti in- Definì Napolitano «maneggione» e «servo»: assolto. Non è Storace… Franco Bianchini Il consigliere comunale di Piacenza, Carlo Pallavicini, appartenente all’area di estrema sinistra, è stato assolto al termine del processo a suo carico per vilipendio al Capo dello Stato. L’esponente politico piacentino era stato rinviato a giudizio in dicembre al termine delle indagini svolte dagli agenti della Digos, che avevano trascritto alcune frasi scritte da Pallavicini sul suo blog “Piacenza Antagonista”. Giorgio Napolitano era stato definito «servo dell’imperialismo americano», «maneggione della politica uomo di garanzia dei poteri forti italiani ed europei». L’imputato, difeso dall’avvocato Fausto Co’ del Foro di Piacenza, è comparso in aula davanti al giudice Italo Ghitti. Il pubblico ministero – il procuratore capo Salvatore Cappelleri – ha chiesto un anno di reclusione, mentre la difesa l’assoluzione, spiegando come si trattasse di un caso di diritto di critica. Tesi evidentemente accolta da Ghitti che ha assolto il consigliere comunale. Il caso Storace-Napolitano Il paradosso è nel diverso trattamento per Francesco Storace, condannato invece per su una clude infatti abs e covered bond, oltre che titoli pubblici nazionali. Ma l’acquisto di titoli di Stato operato dalla Bce avverrà secondo un criterio di condivisione del rischio con le banche nazionali dei Paesi interessati, solo una parte delle eventuali perdite sarà ripartita: in particolare solo il 20% del rischio sarà a carico della Bce, il resto a carico delle banche centrali. parola di troppo: tutto era partito da Napolitano che aveva bollato come “indegno” l’attacco di Storace ai senatori a vita. Il leader della Destra li aveva definiti «stampelle del governo». Alla re- primenda di Napolitano, Storace aveva replicato definendo, a sua volta, indegno il capo dello Stato. A stretto giro erano arrivate pure le scuse. Ma la condanna è arrivata lo stesso. Hollande e la politica dello struzzo, campagna sui valori laici nella scuola 6 Paolo Lami E’ la politica dello struzzo. Il Paese è sotto attacco degli jiadhisti islamici. Hanno ammazzato brutalmente 17 cittadini francesi in due diversi attentati. E Hollande che fa? Promuove un piano di valori laici nelle scuole sperando così di “recuperare” quei centinaia e centinaia di ragazzi che si sono categoricamente rifiutati di osservare il minuto di silenzio nazionale per ricordare, appunto, le vittime di Charlie Hebdo e quelle fatte dal terrorista Amedy Coulibaly. Esattamente l’opposto di ciò che si sarebbero aspettati i francesi. Sono passate appena due settimane dalle stragi fondamentaliste di Parigi. E il premier Manuel Valls e il ministro francese dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem, presentano quello che definiscono il piano nazionale per rafforzare l’autorità e i valori della Repubblica tra i banchi di scuola. Obiettivo, tra l’altro, fornire una risposta «pedagogica ma determinata» ai circa duecento incidenti che hanno turbato, in alcuni istituti scolastici, le cerimonie in omaggio alle vittime di Charlie Secolo d’Italia Hebdo e degli attacchi jihadisti dei giorni seguenti nei quali hanno perso la vita complessivamente 17 francesi. Come quei ragazzi che si sono rifiutati di osservare il minuto di silenzio. Già ieri, il presidente Francois Hollande, parlando alla Sorbona di Parigi, aveva insistito sull’esigenza di un insegnamento «laico e morale». Ma è, appunto, la politica dello struzzo, un modello che ha, portato la Francia alla situazione in cui si trova disperatamente oggi lasciandosi sfuggire di mano, fra l’altro, tutto il problema delle banlieu, le aree a fortissima connotazione isla- mica frutto dei grandi e incontrollati flussi migratori provenienti soprattutto dalle ex-colonie. e costretta poi a fare i conti con il terrorista della porta accanto, nato e cresciuto in Francia e con passaporto della Grandeur. Rachida Dati scuote Hollande: sia coerente sulla sicurezza Il bello è che a scuotere Hollande da certe fantasie progressiste debba essere Rachida Dati, ex-magistrato, ex-ministro, eurodeputata francese dell’Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, figlia di un muratore Sondaggio Datamedia: mezza Italia voterebbe il “Renzusconi” Bianca Conte Le alchimie politiche sfidano la logica della matematica: un sondaggio di Datamedia realizzato per il Tempo lo dimostra. Se, infatti, rispetto alla precedente indagine statistica del 17 dicembre scorso, il Pd risulta in discesa dal 36,8% al 35,7% – perdendo l’1,1% – e, parimenti, Forza Italia cala rispetto a poco più di un mese fa dal 13,2% al 13% – con una flessione negativa pari allo 0,2% –, è altresì vero che l’unione dei due partiti nel fatidico “Renzusconi” – un partito mai nato, ma che sta dando prova di una imprescindibile esistenza in vita – arriva a sfiorare il 50%, ipotecando le in- tenzioni di voto della metà degli italiani alle urne. Dunque, l’accordo del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi si aggiudica secondo l’indagine Datamedia il 48,7% del gradimento degli elettori: «una percentuale – rileva giustamente il quotidiano di Piazza Colonna – da fare invidia anche allo storico 48,5% della Dc nel 1948, e che fa impallidire il massimo storico del Pci del ’76 (34,4% alla Camera e 33,8%al Senato). Con la ovvia conclusione per cui, se è vero da un lato che il gradimento del patto del Nazareno costa in termini percentuali ai singoli due partiti legati dall’accordo in questione, un calo fi- siologico individuale e l’incremento progressivo e continuo della Lega di Matteo Salvini – che ormai da tempo tallona insistemente Pd e FI – è innegabile altresì che il cosiddetto “Renzusconi” piazza una prima simbolica bandierina sulla vetta storica del gradimento dei partiti in Italia. Lega, Ncd e FdI: i sorvegliati speciali A consolazione della sonora bocciatura incassata con la non ammissibilità del referendum sulla legge Fornero, il numero uno del Carroccio si gode il suo +0,2% conquistato sul terreno della fiducia degli italiani, dal VENERDì 23 GENNAIO 2015 marocchino e di un’algerina. La Dati, pur riconoscendo a Hollande di essere stato «certamente all’altezza della situazione, ma è stato anche molto aiutato dalla solidarietà e dal senso di responsabilità dimostrato dagli altri partiti che si sono schierati con lui senza incertezze» cristallizza la situazione sottolineando che «siamo di fronte a un dramma mai sperimentato prima dalla Francia. Il Paese è ancora sotto choc. È ancora presto per dire cosa è cambiato ma, d’altra parte, questa è anche una fase unica». E invita Hollande a prendere misure precise facendo anche in ineludibile gesto di coerenza: «sono stati toccati i valori universali. Vanno subito prese le misure per difendere la libertà attraverso la sicurezza. È ora o mai più. Ci aspettiamo coerenza da parte dei socialisti francesi. Non possono dirsi a favore di nuove misure di sicurezza in Francia e poi votare contro a Bruxelles». Un doppiogioco che la Dati porta allo scoperto. sondaggio del Tempo messo in proporzionale simmetria con la perdita dello 0,2 registrata da Forza Italia. Riflettori puntati anche, infine, sul Ncd che, dallo scorso 17 dicembre ad oggi, cresce dal 3,2% al 3,3, accreditandosi un importante +0,1%: cosa che, rilancia il quotidiano romano, «con un calcolo ipotetico, ma non troppo, potrebbe attestare una eventuale maggioranza di governo a tre ad un corposo 52 per cento». Positivo anche l’aumento percentuale registrato da Fratelli d’Italia che, forte di un incremento pari al +0,4%, avoca a sé il 2,4% delle preferenze degli italiani. Il 18,5% dei grillini (+0,4% rispetto al 17 dicembre), infine, non mette e non toglie agli assetti matematici del sondaggio e agli equilibri politici attualmente sullo scacchiere. Ferrara non è più il direttore del Foglio. Al timone il “baby” Claudio Cerasa Secolo VENERDì 23 GENNAIO 2015 7 d’Italia Gabriele Alberti Un binomio inscindibile. Sin dalla sua fondazione il 30 gennaio 1996 Il Foglio e Giuliano Ferrara sono stati una cosa sola. Venti anni dopo l’Elefantino lascia la direzione del quotidiano al suo “delfino” Claudio Cerasa. «È naturale che ceda il passo a un giovane di 32 anni. E’ uno dei campioni del giornale ed è il più adatto per quel ruolo». Il passaggio di testimone è previsto per la prossima settimana: Ferrara sta già facendo gli scatoloni per lasciare la sua stanza al successore. Le battaglie del Foglio Dichiara di non prevedere altri ruoli tipo il direttore editoriale, né il fondatore, «perché – afferma – non sono cose per me». Resterà naturalmente a scrivere per Il Foglio, dando seguito ad interventi che in passato hanno animato il dibattito politico e culturale. Come ad esempio la campagna per la moratoria contro l’aborto, lanciata nel 2007 dal programma Otto e mezzo che al tempo Ferrara conduceva e poi portata avanti proprio sulle pagine del quotidiano fino alla nascita della sua lista alle politiche del 2008. Sotto la sua direzione Il Foglio ha ospitato tante “firme”, da Alberto Arbasino a Pietrangelo Buttafuoco, a Fulvio Abbate, espressione spesso di linee politiche diverse. L’orientamento del giornale, formato lenzuolo, è sempre stato moderato e liberale, vicino (anche se non sempre condividendone le scelte) a Silvio Berlusconi. Un momento critico Quanto al neodirettore Cerasa, figlio del giornalista Giuseppe, ha recentemente pubblicato il libro Le catene della sinistra ed è noto al pubblico televisivo per le sue apparizioni nei talk. Molto attivo sui social network, diventa direttore giovanissimo. Prende le redini in una fase difficile per l’editoria, con vendite e pubblicità in calo. I redattori sono una ventina, le copie vendute – fanno sapere dal quotidiano – sono 10mila, comprese le digitali. I finanziamenti pubblici, che il giornale percepisce, si vanno riducendo, come per tutti, anno per anno. «Ci stiamo adeguando al nuovo corso che prevede una riduzione dei finanziamenti», fa sapere il futuro direttore. Il progetto è aumentare la presenza sull’online, per tentare di incrementare il numero di abbonati. Cerasa tenterà nell’impresa di avvicinare un pubblico più giovane. «La linea politica non cambia – assicura – ma ci saranno integrazioni e novità per mantenere i lettori attuali e cercare di conquistarne di nuovi proponendo qualcosa di diverso». Tirreno Power, Burlando indagato per disastro ambientale Guido Liberati Il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando è indagato per disastro ambientale dalla procura di Savona nell’ambito dell’inchiesta sulle emissioni della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure. In tutto, gli indagati sono 40. Oltre a Burlando ci sono anche l’assessore regionale allo sviluppo economico Renzo Guccinelli e la dirigente regionale del settore Ambiente Gabriella Minervini. Per loro si ipotizzano anche violazioni nell’iter amministrativo di concessione dell’esercizio della centrale. Tra gli indagati anche dirigenti della centrale. «Non sono mai stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sulla centrale di Vado e non ho mai ricevuto alcun atto. Sono stato informato che ero tra gli indagati da un giornalista», ha commentato Burlando. La Procura indaga su 427 morti sospette La procura di Savona indaga anche su 427 morti “anomale” tra il 2000 e il 2007. Mentre, secondo perizie in mano alla procura, tra il 2005 e il 2012 sono stati 2097 i ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari, che i magistrati temono dovuti alle emissioni della centrale. Nello stesso periodo sono stati 586, sempre secondo la procura, i bambini ricoverati per patologie respiratorie. La centrale è sotto sequestro dal 13 marzo 2014 per violazioni all’Aia. La Regione è impegnata a farla riaprire chiedendo al governo di rivedere le prescrizioni contenute nella nuova Aia che secondo l’azienda sono «inapplicabili». Nelle prossime settimane si terranno gli interrogati degli indagati. Il procuratore Francantonio Granero e il suo vice Chiara Maria Paolucci vorrebbero chiudere il fascicolo entro la prossima primavera. Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO D’ITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Ugo Lisi (Vicepresidente) Antonio Giordano (Amministratore delegato) Italo Bocchino Antonio Tisci Chi è Claudio Burlando Claudio Burlando, 60 anni, nato a Genova, iscritto al Pci dal 1975, ha seguito tutta la trasformazione del partito nel corso degli anni. Attualmente fa parte della direzione nazionale del Pd. Dal 1990 al 1993 è stato sindaco di Genova, per poi essere eletto nel 1996 alla Camera dei Deputati nelle liste dell’Ulivo. È stato un controverso e contestato ministro dei Trasporti e della navigazione proprio con Prodi dal 1996 al 1998. Claudio Burlando è stato rieletto alla Camera nella successiva legislatura. Nel 2005 è tornato a Genova e ha battuto il candidato del centrodestra Sandro Biasotti, governatore uscente, conquistando la presidenza della Liguria. Vittoria bissata, cinque anni dopo, sempre contro Biasotti. Direttore Editoriale Italo Bocchino Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Vicecaporedattore Francesco Signoretta Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250