Rocciatore cade in Valle di Virle Muore dopo un volo di 30 metri
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Rocciatore cade in Valle di Virle Muore dopo un volo di 30 metri
30/10/2011 Corriere della Sera - Brescia Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) Rocciatore cade in Valle di Virle Muore dopo un volo di 30 metri La denuncia di un altro alpinista: quella parete è pericolosa Ferruccio Pinotti La parete di roccia incombe grigia e minacciosa sulla Valle di Virle, mentre le nuvole scorrono sul fondale del dirupo in cui ha perso la vita un padre di famiglia, un uomo buono, un grande lavoratore. Quando muore una persona della tua stessa età, 52 anni, ti poni tante domande: a cosa avrà pensato mentre cadeva da quella parete di roccia e sentiva che la vita stava per abbandonarlo? Avrà rivisto nei pochi attimi del volo tutto il film della sua vita, sarà riuscito a dedicare un ultimo pensiero d'amore a sua moglie e a suo figlio? È presto o tardi per morire, l'età di 52 anni? Com'era giusto comportarsi, per disporre di qualche giorno in più coi propri cari? Questi i pensieri che ti passano per la mente in un freddo sabato autunnale, di fronte all'ex cava «Corna Rossa» di Rezzato, teatro della tragedia in cui ha perso la vita un uomo che amava la montagna. È qui che è morto Giancarlo Giuzzi, di Montichiari, dipendente del caseificio Ambrosi, un uomo così legato al suo lavoro che era salito in montagna dopo essere stato in azienda anche la mattina di sabato. E forse è stata proprio la stanchezza, o un malore, ad averlo tradito su quella falesia che affianca la scuola di roccia all'ex cava. Dove tanti appassionati imparano i primi rudimenti dell'arrampicata. La tragedia è avvenuta poco dopo le 13. Un altro rocciatore ha assistito alla scivolata, si è precipitato sotto la parete e ha trovato Giancarlo a terra, già morto. Un volo di 25-30 metri, che gli è stato fatale. La dinamica dell'incidente è stata ricostruita dai carabinieri con l'aiuto del soccorso alpino, giunto nel primo pomeriggio per recuperare la salma e per effettuare una prima perizia sulle cause dell'incidente. «È arrivato in cima alla parete dopo una mattina di lavoro. Forse era stanco, fatto sta che nello scendere qualcosa è andato storto. Pur avendo un'imbragatura corretta e di buona qualità, la corda non arrivava in fondo e non c'era il nodo di sicurezza», spiega Alberto Poinelli del Soccorso Alpino della Valsabbia. «Inoltre era da solo e questo è meglio evitarlo: è sempre opportuno scalare in due, in modo che uno controlla la sicurezza e l'altro scende o sale». Un arrampicatore che staziona all'attigua palestra di roccia, Giuseppe Ringhini, commenta: «Quella falesia ha i chiodi in parete ma non è controllata, ognuno fa quel che vuole, è più pericolosa della parete dove ci alleniamo con la scuola. Forse si è sentito male, o aveva il moschettone di sicurezza sganciato mentre agganciava l'altro. Di certo non aveva la doppia sicurezza, se no sarebbe vivo». Mentre i soccorritori si arrampicano per recuperare la salma di Giancarlo Giuzzi, arrivano la moglie Margherita e il figlio Michele. Il giovane zoppica, si aiuta con una stampella perché è reduce da un incidente. La speranza muore in pochi attimi. Un carabiniere dà loro la notizia della morte del congiunto. I loro volti silenziosi sono pietrificati dal dolore, sulla pelle si disegna la fine di un nucleo familiare. Fare domande, in certi momenti, è una violenza, un'intrusione ingiusta. Ma Michele trova la forza per un breve ricordo di suo padre: «Mio papà era un uomo sempre disponibile, gentile, riservato, buono, affettuoso». Quali le sue passioni? Michele si appoggia alla stampella, per trovare la forza di mormorare qualche parola. «Ne aveva ben poche, era un uomo che lavorava 11 ore al giorno. Qualche volta giocava a calcio con gli amici, o veniva qui per distendersi un po', per coltivare la sua grande passione, la montagna». La moglie Margherita si fa schermo con la mano, vuole difendere la privacy del suo dolore. Poi sussurra tra le lacrime: «Gli mancavano solo tre anni alla pensione, poi sarebbe stato sempre con noi». Gli uomini del soccorso alpino nel frattempo sono saliti in parete, hanno legato il corpo alla barella e sono ridiscesi. Ora Giancarlo è sulla lettiga delle onoranze funebri. Tocca al fratello il triste compito del riconoscimento: l'involucro che cela il cadavere si apre e il volto di Giancarlo, che ha ormai lo stesso colore della roccia, SOCCORSO ALPINO - Rassegna Stampa 31/10/2011 - 31/10/2011 13 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La tragedia L'uomo di Montichiari aveva lavorato tutta la mattina di ieri poi è salito in quota. Lascia la moglie e un figlio