L`insospettabile virtù dei tagli lineari

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L`insospettabile virtù dei tagli lineari
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CORRIER ECONOMIA
LUNEDÌ 28 NOVEMBRE 2011
Le tensioni sui mercati
Primo piano
Il problema nascosto
Noi & gli altri Il dibattito sul ruolo della Bce è entrato in una fase decisiva. E drammatica
Euro Il vero complotto anglosassone
La ricetta di continuare a stampare denaro non funziona nemmeno in America
E gonfia il debito Usa che nel 2020 potrebbe arrivare a livelli greci: 170% del Pil
Illustrazione di Salvatore Mattozzi
Ricette
Le soluzioni interventiste che
vengono proposte dal mainstream anglosassone — prima tra tutte l’acquisto illimitato da parte
della Banca centrale europea
(Bce) di titoli dello Stato spagnoli
e italiani — non tengono conto di
un dato: si tratta di una ricetta
che si dimostra ogni giorno più insostenibile negli Stati Uniti. E che,
a vedere le cose fino in fondo, fu
alla radice della crisi finanziaria
scoppiata nel 2008.
Alan Greenspan era un libertario nell’anima, ma quando arrivò
a guidare la Federal Reserve fu
conquistato da un senso di onnipotenza. Credeva di potere eliminare il ciclo economico, evitare
che le bolle si sgonfiassero dando
sempre più liquidità ai mercati.
Diventò il grande pianificatore
globale, colui che credeva di potere comandare i mercati: un sovietico della finanza. Così gonfiò altre bolle fino all’esplosione del tutto. La soluzione che gli americani
— dall’amministrazione Obama
alla Fed di Ben Bernanke — cerca-
L’esplosione
Il grafico qua sotto, infatti, difficilmente non spaventa. Se il Congresso Usa troverà un accordo (finora mancato) per ridurlo, il debito pubblico americano supererà,
in percentuale del Pil, quello italiano nel 2016 e poi continuerà a
salire. Se l’accordo non ci sarà, il
sorpasso avverrà nel 2014 per convergere sui livelli di quello greco,
al 170% del Pil, nel 2020. «Non
puoi mai saper quando scoppierà
una crisi del credito — sostiene
Roche —. Lo stabilisce il mercato.
Ma l’America è lì: al livello giusto,
continua a negarselo e ha un sistema politico non più funzionante.
I mercati devono solo dire over .
Gli interventi della Fed non possono che deprezzare il dollaro, probabilmente al punto che Cina e
Giappone chiuderanno le porte,
si rifiuteranno di prendere dollari».
Il consiglio all’Europa che viene dagli anglosassoni — dall’Amministrazione Obama, dalla Fed,
da molti economisti di fama, dal
Financial Times , dall’ Economist
— è di mettere in campo la Bce:
che faccia come la banca centrale
americana, intervenga sui mercati senza porsi un limite, stampi euro a presse piene. È possibile che
Mario Draghi allenti ulteriormente e in modo straordinario la politica monetaria, di fronte a una re-
cessione in arrivo che potrebbe rivelarsi fatale.
I rischi
Per chi suona la campana
Il rapporto tra debito pubblico e Pil
Ma se la Bce dovesse seguire la
ricetta interventista anglosassone
creerebbe una situazione forse
peggiore del male che vorrebbe
curare. Se scendesse sui mercati
pronta a compare tutti i titoli pubblici dei Paesi in crisi, non farebbe altro che sostituirsi ai creditori
privati, assisteremmo cioè a banche, fondi, assicurazioni e individui che si liberano dei Btp, dei Bonos spagnoli, probabilmente degli Oat francesi e via dicendo sicuri che c’è un compratore sul mercato. In teoria potrebbe finire con
nessun privato che possiede più
Btp, tutti europeizzati dalla Bce.
L’argomentazione secondo la
quale basterebbe che la Bce mostrasse il bazooka per spaventare
il mercato nemico lascia molti
dubbi. Se Francoforte iniziasse
l’acquisto a tappeto dei titoli in
crisi, i governi che li hanno emessi non avrebbero alcun incentivo
(al di là di escamotage tecnici di
dubbia efficacia) a fare le riforme,
con il risultato che gli investitori
privati avrebbero una ragione in
più per vendere. Sarebbe l’evidente fine dell’euro, con la Bce travolta dai suoi stessi acquisti e da un
bilancio a quel punto insostenibile.
Per dirla diversamente, la situazione è drammatica, ma la soluzione dirigista e statalista anglosassone, cioè l’intervento a tappeto della Bce, può essere pensabile
solo dopo che è stato provato tutto ma proprio tutto il resto. E probabilmente non sarebbe un salvataggio: solo la scelta dell’albero
dal quale fare pendere la corda.
twitter@danilotaino
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L’intervento
di GIANFILIPPO CUNEO
Imago Economica
L’insospettabile virtù dei tagli lineari
Patrimoniale immobiliare, riduzione della spesa del 2% l’anno. E forse ce la caveremo
I
l risanamento del paese deve partire dalla riduzione
della spesa improduttiva
pubblica; per convincere i mercati finanziari a rifinanziare il
debito in scadenza bisogna però intervenire anche con aumento della pressione fiscale e
con la vendita di beni per aumentare l'avanzo primario del
bilancio statale, e innescare
tutti i meccanismi che creano
efficienza sia nel settore pubblico che in quello privato in
modo che una maggior produttività si trasformi in crescita.
Non è necessario che la riduzione della spesa pubblica sia
forte ed immediata, basta che
sia certa e progressiva; ridurla
del 2% all'anno è fattibile bloccando sprechi, stipendi e turnover e intervenendo su pensioni e trasferimenti.
L'aumento della pressione fiscale deve invece essere forte
ed immediato; bene ridurre
l'evasione, ma solo quando lo
stato incasserà di più si potrà
contabilizzarla. Se l'aumento
della fiscalità fosse generalizzato impatterebbe negativamente sui consumi, con conseguenti entrate fiscali inferiori e necessità di maggiori tasse, un
Illustrazione di Salvatore Mattozzi
N
on è esattamente un
complotto degli anglosassoni — come spesso
invece si sente dire —
questa crisi dell’euro. Però, una
questione anglosassone c’è nella
portentosa discussione su come
uscire dal pericolosissimo caos
che scuote il Vecchio Continente.
Sta nel fatto che gli americani (e
in parte i britannici) — cioè i grandi protagonisti dei mercati finanziari — sbandano. L’Europa è in
condizioni drammatiche a causa
delle manchevolezze strutturali
della moneta unica e rischia di franare.
no oggi di dare alla loro crisi è la
continuazione del sogno di Greenspan. «Spendono e stampano moneta come se non ci fosse domani
— nota David Roche, presidente
della società di ricerche economiche Independent Strategy —. Ma
dov’è la crescita?». Più che sviluppo, in effetti, l’impostazione americana di non rientro dai debiti
sembra produrre terrore.
Fonte: Indipendent Strategy
DI DANILO TAINO
circolo vizioso. È necessario focalizzarlo su patrimoni utilizzati non per vivere ma per risparmiare, e cioè quelli dei più abbienti. Ci sono enormi patrimoni immobiliari che rappresentano solo dei beni rifugio o
una manomorta; tassarli fortemente permette di abbattere il
debito pubblico rapidamente
e con certezza senza un significativo impatto negativo sul Pil
e sugli investimenti. Tassare invece titoli o conti correnti può
invece generare effetti negativi
come la fuga all'estero.
Un patrimonio poco produttivo è quello che gli enti pubblici hanno investito in immobili,
municipalizzate e aziende. La
tendenza è di venderne il minimo indispensabile per tappare
i buchi di bilancio; sarebbe più
logico vendere tutto, destinando il ricavato ad abbattere il debito pubblico. I bilanci si risanano pareggiando entrate ed
uscite correnti. Pochi sono i casi «strategici» che giustificano
un controllo pubblico: non è
certo il caso di autostrade, aeroporti o municipalizzate, dato che comunque rimangono
in Italia anche se sono gestite
da privati o stranieri.
Fare il turnaround di un paese ha molte analogie con quello che si fa con le aziende in
perdita e senza capacità di credito: meno costi, più ricavi e
vendita di attivi improduttivi
per ripagare i debiti. Per il paese più ricavi vuol dire più crescita, che si ottiene tagliando i
lacci e lacciuoli. Tutti sembrano essere d'accordo in linea di
principio anche nel ridurre i
costi; il problema è come supe-
prono sia che non succede
niente di drammatico (perché
tutti i reparti hanno inefficienze) sia che l'inevitabilità dei sacrifici aguzza l'ingegno di chi
deve realizzarli.
Non c'è ospedale, tribunale,
scuola, comune e regione che
non possa ridurre spese, e investimenti del 2% all'anno incidendo anche su servizi di minor utilità. Le aziende che non
vogliono fallire lo fanno costantemente: bloccare il turnover, non recupeRidurre il costo della macchina
rare l'inflazione
statale non è un’impresa
e tener duro
per 10 anni porproibitiva: basta fare quello che
terebbe il rapnormalmente fanno le imprese
porto costo del
settore pubblirare i diffusi corporativismi e co/Pil al 40%. Non è piacevole
privilegi che bloccano il cam- ma neanche difficile, e non imbiamento. Razionalmente si patta negativamente il Pil se il
dovrebbero individuare e an- settore privato si espande.
nullare sprechi e differenze di
Ci sono altre analogie fra priefficienza, ma dato che non ci vato e pubblico in tema di risasono gli strumenti che permet- namento: nelle aziende con
tono un'analisi approfondita e un azionista debole il managemanca il tempo per farlo bene ment preferisce risolvere i proè giocoforza ricorrere a mecca- blemi con aumenti di capitale
nismi grezzi ed efficaci: i tagli invece che lavorando su effilineari. Le aziende in crisi ta- cienza e sviluppo. Nel settore
gliano i costi dappertutto e sco- pubblico appena si chiede effi-
cienza scattano gli stessi meccanismi perversi: chi deve fare
efficienza trova più facile dire
che «ha già dato» e il suo «azionista» (imbelle) non sa rispondere. Inoltre, chi non vuole o
non sa creare efficienza è abile
nel ricattare: far mancare la
benzina nelle auto della polizia o chiudere gli asili nido invece che eliminare le persone
in eccesso per finanziare quello che serve davvero. Inoltre argomenta che non ha senso fare i tagli lineari perché «bisogna colpire le inefficienze solo
dove esistono», e cioè da qualche altra parte!.
In termini aziendali è come
dire: io sono esentato da migliorare l'efficienza perché ci
sono tanti concorrenti inefficienti; assurdo.
I tagli lineari sono facili, rapidi, e anche giusti, perché nessuno è produttivo: è meglio farli subito e, nel frattempo, incominciare a creare gli strumenti
che permettano fra qualche anno di generare efficienza lavorando «di fino».
Ma i tagli si possono fare solo se chi si oppone o non è capace verrà immediatamente
sostituito da un manager ester-
no e abile, non condizionato
da camarille e modi di pensare
obsoleti, e incentivato al risultato. Con questa regola si troveranno tante persone nella pubblica amministrazione che prima di esser licenziati scopriranno di esser capaci di ridurre i costi. Con l'automatismo
dei meccanismi, incluse le penalità, chi deve eseguire abbandona i ricatti e si ingegna
davvero; dopo un po' di tempo
l'aumento dell'efficienza diventa normale, come nelle aziende. Ma bisogna anche rintuzzare la creatività di chi vuole aggirare i problemi; i comuni che
non volevano ridurre il personale lo esternalizzavano presso le proprie municipalizzate,
le regioni che non volevano gestire gli ospedali con efficienza
ritardavano i pagamenti ai fornitori, ecc.
Quando gli automatismi citati saranno generalizzati e interiorizzati sarà possibile esser
più razionali per spostare risorse e calibrare i tagli fra settori e
aree del paese. Una volta ingranata la crescita del Pil e la riduzione del debito pubblico ci si
potrà anche domandare se le
maggiori risorse disponibili potranno esser utilizzate per maggiori servizi, maggiori investimenti o tasse inferiori; fino ad
allora tagli lineari, ripetitivi e
certi sono l'unica soluzione
per poter sperare di cavarcela.
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