Il regno scismatico del nord e la sua rovina

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Il regno scismatico del nord e la sua rovina
Capitolo 19
Il regno scismatico del nord e la sua rovina
(1Re 11,26-2Re 17,41; 2Cr 10; 16; 18; 25,17-24)
I due libri dei Re coprono la storia d’Israele dal 972 a.C. circa al 561 a.C. Nella composizione biblica essi appaiono come facenti parte della grande storia deuteronomica, che comprende i libri di Giosuè, Giudici, Samuele e Re, e che è stata notevolmente influenzata dalla
teologia dei profeti.
Diversi autori e redattori di questa storia devono essersi succeduti, utilizzando fonti precedenti, che talvolta vengono citate1, e forse anche alcuni archivi reali, come pure testimonianze
orali, specialmente riguardanti alcuni profeti (Elia, Eliseo, Isaia, e altri) e conservate dai loro
discepoli.
La teologia di questi autori custodisce a un grado molto alto e puro l’ideale davidico2 di
quel che avrebbero dovuto essere i re del popolo di Dio3, come pure il senso del culto sacerdotale centralizzato nel tempio di Gerusalemme, il luogo dove viene trovato il rotolo della
Torah, che farà scattare la grande riforma di Giosia (cf. 2Re 22,8-23,25). Di qui il giudizio
severo contro Geroboamo e il suo scisma religioso4.
Questo ideale di regno è stato mancato, il più delle volte, per tutta una serie di infedeltà di
tipo «cananeo» (culti idolatrici, dimenticanze e violazioni della Torah, abusi di potere assoluto), ivi compresa la persecuzione dei profeti di JHWH. La conseguenza di queste infedeltà dei
re e dei popoli loro soggetti è stata la rovina dei due regni, prima di quello d’Israele e poi di
quello di Giuda. La speranza, tuttavia, che la discendenza di Davide possa rimanere perennemente viva davanti al Signore, come una lampada accesa (1Re 11,36; 15,4; 2Re 8,19) non
ha abbandonato i compilatori di questa storia di fallimenti monarchici5. Per il favore del Signore dell’alleanza, Sion produce sempre un resto davidico fedele.
Per queste ragioni, la storia dei re va considerata come una lunga tappa della storia della
paziente salvezza di Dio, che non si lascia arrestare né dalle corte vedute e dai meschini ideali
del suo popolo, né dall’ostilità dei nemici di esso.
Un altro motivo di speranza è la presenza di profeti di JHWH in mezzo al popolo di Dio.
La loro instancabile operosità, in seno ai due regni, per condurre e ricondurre re e popoli
all’obbedienza della Torah, alla purezza del culto, all’osservanza della giustizia e alla rettitudine morale, è continuamente sottolineata dai libri dei Re, e la loro influenza, non solo
religiosa e morale, ma anche politica è messa in grande rilievo6.
1. Lo scisma politico
La Bibbia non riconosce la colpa di Geroboamo nella secessione politica da Gerusalemme,
da lui guidata alla morte di Salomone. Una tale secessione viene presentata come una delle
«punizioni» inerenti alle degenerazioni idolatriche del regno di Salomone (1Re 11,9-13), in1
Cf. 1Re 11,41; 14,19.29; ecc.
Davide è chiamato «servo di JHWH»: 1Re 3,6; 8,24; 11,13.32.34.36.38; 14,8; 2Re 8,19; ecc.
3
Cf. 1Re 2,1-4; 3,6-14; 12,7; 15,3-5; ecc.
4
Il peccato, che Geroboamo ha fatto commettere a Israele, diventa un ritornello incalzante: 1Re 14,16;
15,26.29-30.34; 16,2.19.26.31; 22,53; 2Re 3,3; 10,29.31; 13,2.6.11; 14,24; 15,9.18.24.28; 17,21-23; ecc.
5
Cf. pure 2Re 13,4-5; 14,25-27.
6
Cf. specialmente il ciclo di Elia (1Re 17,1-2Re 2,13), di Eliseo (1Re 19,19-21; 21,17-24; 2Re 2,1-13,21), di
Isaia (2Re 19,1-20,19). Elia viene chiamato da Eliseo: «Padre mio, padre mio, cocchio d’Israele e suo cocchiere» (2Re 2,12), mentre Eliseo viene chiamato dal re Ioas: «Padre mio, padre mio, carro d’Israele e sua cavalleria» (2Re 13,14), indicando così quali siano le vere armi vittoriose del popolo di Dio.
2
sieme all’inimicizia dell’idumeo Hadad (1Re 11,14-22.25b), e specialmente a quella di Razon, figlio di Eliada7.
1.1. Un mantello nuovo lacerato in dodici pezzi (1Re 11,26-40)
Geroboamo era un efraimita, «un uomo forte e valoroso» (1Re 11,28; come Gedeone, in
Gdc 6,12), ed era stato nominato da Salomone sorvegliante di tutti gli operai della casa di
Giuseppe. È un profeta di JHWH, Achia di Shilo, che lo induce alla secessione con un’azione
simbolica che gli attribuisce dieci pezzi di un mantello nuovo lacerato (= le dieci tribù del
nord), lasciandone solo due (= Giuda e Beniamino) per il figlio di Salomone.
Il Signore fa a Geroboamo un’offerta dalla tonalità tipicamente deuteronomica. Se questi
seguirà le sue vie e farà quanto è giusto ai suoi occhi, osservando i suoi decreti e comandi,
come ha fatto Davide, egli sarà re d’Israele e JHWH sarà con lui, e gli edificherà una casa
stabile, così come l’ha edificata per Davide (cf. v. 38). Geroboamo, allora, sfugge alla ricerca
minacciosa di Salomone e trova rifugio in Egitto, dove rimane fino alla morte di Salomone
(1Re 11,31.35-40).
Questa profezia, pronunciata da parte di JHWH, ci sembra molto importante per cogliere
come il Signore sia pronto ad adattarsi ai condizionamenti umani nel portare avanti indefettibilmente il suo disegno nella storia.
JHWH si è legato indissolubilmente a Davide e alla sua discendenza. E difatti il suo sdegno contro Salomone, il quale ha distolto il suo cuore dal Signore, Dio d’Israele, che gli era
apparso due volte8, non comporterà un rigetto totale del figlio, e ancor meno di Gerusalemme,
città scelta da JHWH per porvi il suo nome. La discendenza di Davide sarà umiliata, ma non
per sempre (cf. 1Re 11,9-13.32-36.39).
L’apostasia salomonica, però, rende incapace il regno di Gerusalemme di perseverare perfettamente nell’alleanza regale. JHWH, allora, si cerca un altro re, che sia come un altro Davide, e un regno dove continui a rendergli un culto legittimo un resto delle dodici tribù. Il profeta Semaia dirà apertamente che lo scisma politico tra i due regni è stato voluto dal Signore
(1Re 12,24; 2Cr 11,4). L’unità politica e culturale del popolo di Dio non è una condizione
assoluta dell’alleanza, mentre lo è l’unità di fede e di culto nel tempio di Gerusalemme e
quella religiosa dell’osservanza della Torah.
1.2. La sordità di Roboamo alle richieste delle tribù del nord (1Re 12,1-20; 2Cr 10)
Geroboamo è un efraimita. Ora, le tribù dei figli di Giuseppe (Efraim e Manasse, del nord)
sono le antagoniste tradizionali della tribù di Giuda (del sud), fin dal tempo della successione
di Davide a Saul (cf. 2Sam 2,8-4,12)9. La tensione tra il nord e il sud, era scomparsa solo apparentemente all’inizio del regno di Davide (cf. 2Sam 5,1-5), per riaccendersi minacciosamente in occasione della grande rivolta di Assalonne, il quale sfruttava l’ostilità delle tribù
del nord - «tutto Israele» - contro Davide e, subito dopo, con quella del beniaminita Seba10.
Rimasta latente sotto l’impero salomonico e il suo pesante regime fiscale, la secessione
esplode inevitabilmente e irrimediabilmente a causa dell’ottusa arroganza di Roboamo, figlio
7
Eliada conquista Damasco, che era stata assoggettata da Davide (2Sam 8,5-6) e ne diviene re. Il regno di
Damasco si rivelerà un nemico molto pericoloso per Israele e per Giuda (1Re 11,23-25a).
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Nella seconda apparizione erano già contenuti gli ammonimenti contro l’idolatria del re e del popolo (cf. 1Re
9,6-9).
9
Cf. 2Sam 16,1-4; 19,25-31.
10
Il grido di Seba: «Non abbiamo alcuna parte con Davide e non abbiamo un’eredità con il figlio di Iesse. Ognuno alle proprie tende, Israele!» (2Sam 20,1) era già risuonato ben prima che nell’assemblea convocata da
Roboamo a Sichem, ed era stato, in certo modo, ancora più minaccioso della rivolta di Assalonne. L’insurrezione di Seba, infatti, esulava dagli interessi della cerchia familiare di Davide e metteva il dito sulla vera piaga,
l’ostilità tra Israele e Giuda. Questa rivolta era stata domata, per merito di una donna saggia, davanti ad AbelBet-Maaca, una città dell’estremo nord del paese (2Sam 20,1-22).
2
di Salomone (931-914 ca.). «Tutto Israele» (cioè le tribù del nord), convenute a Sichem per
riconoscere Roboamo come re (il suo riconoscimento era ovvio a Gerusalemme), chiedono
un alleggerimento fiscale: «alleggerisci la dura schiavitù di tuo padre e il gioco pesante che
quegli ci ha imposto e noi ti serviremo» (v. 4).
A causa delle sue fertili pianure, il nord era una regione economicamente più ricca, prospera dal punto di vista artigianale, ed era pure la più importante riserva di manodopera per il
lavoro forzato. Inoltre, per la prossimità delle grandi vie di comunicazione a est (verso Assiria e Babilonia) e a ovest (verso l’Egitto e la «via maris»), e per le relazioni internazionali con
gli stati confinanti a nord (Damasco, Zoba, ecc.), le tribù d’Israele conoscevano un florido
commercio ed erano culturalmente più aperte. Il sud, più brullo e povero, confinante a sud
con il deserto, conservava il suo benessere e il lusso salomonico della capitale a forza di tasse
pagate in gran parte dai nordisti. Si riapre in seno al popolo di JHWH la contestazione tra i
due fratelli, come tra Giacobbe ed Esaù.
Alla richiesta delle tribù del nord Roboamo prende tempo e si consiglia, ma si trova davanti due pareri opposti. Questa contrapposizione tra i due gruppi di consiglieri costituisce la
parte predominante del racconto biblico e diverse ripetizioni letterali creano un clima di contrasto (vv. 4=10; 6=9; 11=14). Per due volte si sottolinea che i giovani «erano cresciuti con
lui» (vv. 8.10). Si tratta allora di un confronto polemico tra gli anziani e la «nuova generazione».
I due gruppi sembrano svolgere la stessa funzione presso il re perché si dice che erano stati
o sono «al servizio» del re. La traduzione letterale è «che stanno in piedi», ma in modo ben
diverso (come suggerisce la preposizione differente per i due gruppi): i giovani come servi
sottomessi al re11, mentre gli anziani stanno come persone autorevoli, che avevano saputo
contrattare con Salomone e «tenergli testa»12. I due gruppi rappresentano due visioni del potere e dell’autorità. I giovani sono per l’arroganza e l’uso della forza. Come spesso accade, la
violenza fisica è preceduta dalla violenza delle parole: la prima frase che i giovani suggeriscono a Roboamo di ripetere davanti alle tribù del nord è oscena e volgare (v. 10b), al punto
che lo stesso re evita di riportarla davanti al popolo. Ma anche usando una comunicazione in
stile politically correct, il re non può camuffare l’arroganza. Di fronte all’arroganza non c’è
dialogo. Infatti la risposta del popolo è apparentemente rivolta al re («Che parte abbiamo con
Davide? Non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Alle tue tende, Israele! Ora pensa alla tua
casa, Davide!»: v. 16), ma in realtà si tratta di un discorso rivolto a se stessi. All’arroganza si
accompagna spesso anche la stupidità o la provocazione, come nel caso di Roboamo che
manda alle tribù del nord Adoniram «il sovrintendente ai lavori forzati» (v. 18).
Oggi sembra che l’arroganza, l’orgoglio, la superbia non siano più un peccato. Forse
l’etologia ci ha abituati ad accettare l’aggressività come un elemento connaturale alla natura
umana (vale a dire: animale), ma è più probabile che essa sia stata mascherata e poi santificata dalla società occidentale. Che cosa sono l’autoaffermazione, la competitività, la carriera, il
successo? Non è il trionfo della hybris, ormai libera da ogni limite divino? L’economia ha
operato una trasmutazione o inversione dei valori; al massimo, il lusso e l’ostentazione della
ricchezza sono valutati nell’ottica dello spreco, non della superbia.
Qual era invece l’alternativa che proponevano gli anziani? Al discorso dell’arroganza essi
sostituivano quello della reciprocità. A prima vista il v. 7 sembra una formula delle teorie
contrattualistiche: si fa un patto di unione tra gli individui che implica un patto di soggezione
11
I giovani «che stanno in piedi di fronte (lipnê) a lui» ricordano i servi di Salomone, secondo l’espressione
usata dalla regina di Saba: «beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te» (1Re 10,8); si tratta di
un’espressione usata anche per indicare un rapporto di dipendenza.
12
La preposizione usata per designare questo gruppo è et pennê; essa forma un costrutto che ricorre solo a proposito di Abramo quando «andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore» (Gen 19,27).
Il riferimento è alla contrattazione che aveva fatto col Signore per evitare la distruzione di Sodoma.
3
al sovrano, nel quale si pongono limiti al sovrano. La traduzione CEI del 1971 aggiunge una
nota ambigua perché le parole sembrano suggerire al re di «mostrarsi» arrendevole verso il
popolo, di fare promesse elettorali («parole gentili»), nascondendo la vera intenzione di ridurlo a servo. In realtà il testo ebraico è molto chiaro ed è costruito sulla ripetizione del verbo
«servire»: «se oggi sarai servo del popolo, se li servirai, se ti piegherai alle loro richieste e
dirai loro parole buone, saranno tuoi servi per sempre». All’arroganza del potere si oppone,
quindi, una visione del potere come servizio reciproco, assunto liberamente dai due contraenti. E’ la visione saggia degli anziani ai quali Roboamo non dà ascolto.
Il redattore deuteronomista commenta:
Il re non ascoltò il popolo; ciò accadde per disposizione del Signore, perché si attuasse la parola
che il Signore aveva rivolta a Geroboamo, figlio di Nebat, per mezzo di Achia di Shilo» (1Re
12,15).
Le cause seconde (gli uomini) coincidono con la causa prima (YHWH), e questa si adatta
a quelle13. Bene commenta il Siracide:
«Salomone andò a riposare con i suoi padri, lasciando dopo di sé un discendente, stoltezza del popolo e privo di senno, Roboamo, che si alienò il popolo con i suoi consigli» (Sir 47,23).
Geroboamo, ritornato dall’Egitto, viene proclamato re di tutto Israele e pone la sua residenza a Sichem, sulle montagne di Efraim, mentre solo la casa di Giuda rimane fedele alla
casa di Davide (2Cr 11,12 aggiunge Beniamino a Giuda).
Il grande regno di Davide e il più esteso impero di Salomone si disintegra rapidamente in
due piccoli stati ostili tra di loro.
2. Uno sguardo d’insieme sul regno del nord
La storia del regno d’Israele si estende per circa due secoli, dalla secessione delle dieci tribù del nord, avvenuta alla morte di Salomone, nel 931 a.C., fino alla caduta di Samaria nel
722/721 e alla deportazione delle popolazioni settentrionali in Assiria.
In questo periodo si succedono diciannove re sul trono, di Sichem, di Tirza e poi di Samaria. Essi sono, secondo la cronologia più probabile:
- Geroboamo I, figlio di Nebat, l’efraimita, e di Zerua, ufficiale di Salomone, 933-910 ca.
- Nadab, figlio di Geroboamo, 910-909.
- Baasa, figlio di Achia, 909-886 ca.
- Ela, figlio di Baasa, 886-885.
- Zimri, ufficiale di Ela, re per sette giorni, 885.
- Tibni, figlio di Ghinat, 885-881, regna su di una parte del paese.
- Omri, capo dell’esercito di Israele sotto il regno di Ela, 885-881, regna su di una parte
del paese; dall’881 all’874 regna su tutto Israele.
- Acab, figlio di Omri, 874-853.
- Acazia, figlio di Acab, 853-852.
- Ioram, figlio di Acab e fratello di Acazia, 852-841.
- Ieu, uno dei capi dell’esercito di Ioram, 841-813.
- Ioacaz, figlio di Ieu, 813-797.
- Ioas, figlio di Ioacaz, 797-782.
- Geroboamo II, figlio di Ioas, 782-753.
- Zaccaria, figlio di Geroboamo II, re per sei mesi nel 753.
- Sallum, figlio di Iabes, re per un mese, nel 753.
13
Cf. 1Re 12,21-24; 2Cr 11,1-4.
4
- Menachem, figlio di Gadi, 753-742.
- Pekachia, figlio di Menachem, 742-740.
- Pekach, figlio di Romelia, 740-731.
- Osea, figlio di Ela, 731-722.
Alcuni accenni a questi re.
Geroboamo I, efraimita figlio di Nebat, è l’autore della secessione politica da Gerusalemme, avente per capitale Sichem e poi Tirza (apertura verso Oriente), e anche del ben più
grave scisma religioso, con i templi dei due vitelli d’oro a Dan e a Betel14.
Nadab, figlio di Geroboamo, e tutta la famiglia è fatta massacrare da Baasa, figlio di Achia, della tribù di Issacar15.
Baasa muove guerra ad Asa, re di Giuda, che chiede aiuto a Ben-Hadad I, re di Damasco,
inaugurando la politica della ricerca di alleanze straniere contro i propri fratelli, che i profeti
rimprovereranno ai re di Giuda16. Il territorio del regno del nord è devastato dai due re alleati17. Baasa e suo figlio Ela, con tutta la loro famiglia, sono massacrati da Zimri (1Re 16,1-14).
Dopo soli sette giorni di regno, però, Zimri si suicida in Tirza all’arrivo di Omri (1Re
16,15-20).
Omri inizia una nuova dinastia e sposta la capitale sul monte Shomron, dove edifica Samaria (apertura verso Occidente) (1Re 16,21-28). Questo re assicurò ad Israele un ruolo politico internazionale importantissimo. Non per nulla il nome di Omri appare più volte negli annali assiri e sull’iscrizione fatta scolpire dal re moabita Mesa (ad est del Mar Morto)18.
Acab, suo figlio, è un grande re d’Israele; sposa Gezabele, principessa fenicia, figlia di EtBaal, di Sidone; costruisce un tempio a Baal, a Samaria (1Re 16,29-34). Acab entra in una
coalizione di 12 re (tra cui anche Ben-Hadad II) contro Salmanassar III, re di Assiria, e questa
ne esce momentaneamente sconfitta a Qarqar, sull’Oronte, nell’853, pur riuscendo a indebolire seriamente il potere assiro. In seguito, Ben-Hadad II, re di Aram (= Damasco) muove ripetutamente guerra ad Acab, ma ne è sconfitto ad Afek (1Re 20,1-34). Di nuovo, Acab intraprende una spedizione contro Ben-Hadad II, per riconquistare Ramot di Galaad, insieme a
Giosafat, re di Giuda19, ma trova la morte in battaglia. Sotto di lui e sotto suo figlio Acazia
opera potentemente il profeta Elia.
Acazia regnò solo due anni in Israele (1Re 22,52). Caduto dalla finestra della sua reggia
manda messaggeri per interrogare Baal-Zebub, dio di Ekròn, per sapere se guarirà dalla sua
infermità. Essendosi rivolto ad un idolo, Elia gli predice la morte (cf. 2Re 1,1-18).
Ioram, fratello di Acazia, insieme a Giosafat (o a suo figlio Ioram), re di Giuda, e al re di
Edom (vassallo di Giuda), conduce una campagna sfortunata contro Mesa, re di Moab, vassallo ribelle di Acab (2Re 3,4-27). Si allea con Acazia, re di Giuda, per difendere contro Cazael, re di Damasco, Ramot di Galaad, che aveva riconquistata20. Sotto di lui opera il profeta
Eliseo21. Ioram è ucciso da Ieu, suo generale, con tutti gli Omridi22 (2Re 9,110,17).
Ieu dà inizio a una nuova dinastia e segna una brutale, ma incompleta, reazione jahwista,
14
Cf. 1Re 11,26-40; 12; 14,1-20
Cf. 1Re 15,25-32.
16
Cf. Is 7-8; 30,1-7; 31; Ger 37-38; 42-44; ecc.
17
1Re 15,16-22; 2Cr 16,1-6.
18
Tale iscrizione ci fa sapere che Omri riuscì a stabilire il dominio d’Israele su Moab e a farsi pagare un forte
tributo annuo, cioè «centomila agnelli e lana di centomila arieti» (2Re 3,4).
19
I due regni si erano avvicinati, perché Ioram, figlio di Giosafat, aveva sposato Atalia, figlia di Omri, e perciò
sorella di Acab (cf. 2Cr 18).
20
Cazael è un ufficiale di Ben-Hadad II, re di Aram, che l’uccide e ne usurpa il trono (2Re 8,7-15).
21
L’operosità di Eliseo si estende anche sotto i regni di Ieu, Ioacaz e Ioas.
22
Ieu fa uccidere anche Acazia, re di Giuda, che era sceso a visitare Ioram, e anche tutti i parenti di lui (2Re
9,14-16.27-29; 10,12-14; 2Cr 22,8-9).
15
5
distruggendo il culto di Baal in Samaria (2Re 10,18-36). Ieu diventa pure un vassallo di Salmanassar III, re di Assiria. Cazael, re di Aram, si impadronisce di tutti i possedimenti del regno di Israele in Transgiordania.
Ioacaz, figlio di Ieu, soffre l’oppressione di Cazael, re di Aram, e del figlio di
quest’ultimo, Ben-Hadad III, re di Damasco (2Re 13,1-9).
Sotto Ioas, figlio di Ioacaz, muore il profeta Eliseo (2Re 13,10-21). Ioas riconquista a
Ben-Hadad III, figlio di Cazael, le città perdute da Israele (2Re 13,22-25). È provocato alla
guerra da Amazia, re di Giuda, lo vince e lo fa prigioniero a Bet-Shemesh. Lo conduce a Gerusalemme, ne demolisce una parte delle mura e saccheggia il tesoro del tempio e della reggia
(2Re 14,8-16; 2Cr 25,17-24). Ioas, però, è assoggettato a tributo da Adad-Nirari III, re di Assiria.
Geroboamo II, figlio di Ioas, è uno dei più grandi re d’Israele che, approfittando di un periodo di debolezza dell’Assiria (783-745), libera il paese e ristabilisce i confini d’Israele, riconquistando Damasco e Camat fino al Mar Morto (2Re 14,23-29). Sotto di lui operano i profeti Amos e Osea.
Zaccaria, figlio di Geroboamo II, viene assassinato da Sallum, figlio di Iabes, il quale
mette fine alla dinastia di Ieu (2Re 15,8-12).
Sallum, a sua volta, viene assassinato da Menachem, figlio di Gadi (2Re 15,13-15).
Menachem apre una nuova dinastia e diviene vassallo di Tiglat Pilezer III, re di Assiria, il
quale diventa re anche di Babilonia (nel 729), con il nome di Pulu. Pulu invade Israele e impone un pesante tributo a Menachem (2Re 15,17-22).
Pekachia, figlio di Menachem, è ucciso da Pekach, suo scudiero (2Re 15,23-26).
Pekach, «il figlio di Romelia»,23 si allea con Rezin, re di Damasco, e insieme assediano
Gerusalemme per mettere sul trono di Giuda il figlio di Tabeel (forse un arameo della corte di
Damasco), e coinvolgere così Giuda nella loro lega contro il pericolo assiro. E’ la così detta
«guerra siro-efraimitica», di cui approfitta il re di Edom per ribellarsi e riconquistare Elat
(733-732). Acaz, re di Giuda, contro l’avviso del profeta Isaia, si appella allora a TiglatPilezer III, il quale uccide Rezin e distrugge il regno di Damasco, conquista la Galilea e il
Galaad. Precedentemente, nell’estate del 734, Tiglat-Pilezer III aveva sconfitto i filistei, alleati di Damasco e di Israele contro l’Assiria, e aveva conquistato il territorio di Neftali, deportandone la popolazione in Assiria. È questa la prima deportazione israelita24, di cui ne parla anche il profeta Isaia (7,1-9,6). Pekach viene ucciso da Osea, figlio di Ela (2Re 15,27-31).
Osea viene attaccato da Salmanassar V, re di Assiria, figlio di Tiglat-Pilezer III, e ne diventa vassallo, soggetto a tributo. Osea cerca aiuto dall’Egitto e ciò viene punito dagli assiri,
che lo imprigionano. Samaria è assediata per tre anni da Salmanassar V (724), e cade nel 722
o 721. Sargon II, ufficiale e successore di Salmanassar V, deporta in Assiria la popolazione
qualificata del regno del nord e trasferisce nella Samaria popolazioni deportate da altre regioni dell’impero assiro. Tali deportazioni segnano la fine del regno d’Israele e l’origine dei samaritani (2Re 17,1-6.24-41; 18,9-11).
3. Lo scisma religioso
La teologia dei libri dei Re riguardo al regno del nord è tutta nel ritornello incessante che
condanna severamente il peccato di Geroboamo, una sorta di «peccato originale» di Israele.
Esso viene ripreso dal Siracide:
23
24
Cf. 2Re 15,25.27.30.32.37; 16,1-5; Is 7,1.4-5.9; 8,6; 2Cr 28,6.
Cf. 2Re 15,29;16,5-9; 2Cr 28,5-8.16-21.
6
«Geroboamo, figlio di Nabat, fece peccare Israele e aprì a Efraim la via del peccato; le loro colpe
si moltiplicarono assai, sì da farli esiliare dal proprio paese. Essi commisero ogni genere di malvagità finché non giunse su di loro la vendetta» (Sir 47,24-25).
Più diffusamente 2Re 17,7-23 e 18,12 contengono una riflessione sulla catastrofe del regno d’Israele e sulla deportazione delle sue dieci tribù.
La causa della rovina è stata l’idolatria, per cui gli israeliti sono caduti negli stessi peccati
e nelle medesime abominazioni delle quali si erano resi colpevoli i sette popoli cananei che
JHWH aveva scacciati all’arrivo di Giosuè. A niente erano serviti gli ammonimenti dei profeti e dei veggenti: la cervice degli israeliti del regno si è indurita come quella dei loro padri nel
deserto (2Re 17,14)25: i due vitelli di Betel e di Dan; i culti di Baal e di tutta la milizia celeste;
incenso bruciato; figlie e figli passati per il fuoco; divinazioni e incantesimi: moltiplicazione
dei luoghi di culto, con stele e pali sacri eretti su ogni altura e sotto ogni albero verde; ecc.
Queste colpe costituivano un tradimento gravissimo dell’alleanza conclusa con JHWH,
che aveva liberato i loro padri dalla mano del faraone. Il testo del Libro dei Re ricomincia
sempre dalla memoria dell’esodo egiziano e dell’alleanza sinaitica, mediata da Mosè, e riconosce come attualmente verificatesi le minacce e le sanzioni che il Deuteronomio prevedeva
per le infedeltà eventuali della conquista e dell’insediamento26.
3.1. Il grande peccato di Geroboamo I (1Re 11,26-40; 12,1-25; 2Cr 10)
Il grande peccato di Geroboamo nasce da una tentazione tipica di ogni istituzione in cui a
un uomo venga conferito un qualche potere: quella di credere di poter far servire tutto al proprio potere, tutto, anche il Signore! È stata una tentazione comune ai re d’Israele, ma anche a
quelli di Giuda.
Geroboamo sottovaluta la condizione essenziale con cui JHWH gli ha conferito il suo favore e gli ha fatto le sue promesse: il ruolo unico e intangibile di Gerusalemme per il culto
dell’unico Signore (1Re 11,32.36; cf v. 13). Se il popolo del nord andasse ancora a Gerusalemme per compiervi i sacrifici - egli pensa - ci sarebbe il pericolo che esso provi ancora una
certa attrazione per la casa di Davide e per il re di Giuda. E decide di commettere il grande
peccato: fa costruire due vitelli d’oro e dice al popolo: «Siete andati troppo a Gerusalemme!
Ecco, Israele, il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (1Re 12,28).
I due vitelli vengono collocati sui confini del regno, in santuari già venerati da tempi antichi, uno all’estremo nord, a Dan27, e l’altro all’estremo sud, a Betel28. Riprendono, così, vigore i santuari del nord e il culto d’Israele si disperde di nuovo sulle alture del paese, mescolandosi con le stele, i pali e il baalismo dei cananei, mentre i sacerdoti vengono presi qua e là,
senza essere necessariamente discendenti di Levi (e questo contro quanto stabilito in Dt 18,118), i quali invece rimangono legati al culto del tempio di Gerusalemme29. E contro Dt 16
stabilisce feste da celebrarsi a Dan e Betel.
La memoria della liberazione dall’Egitto, essenziale per il culto jahwista, viene arbitrariamente trasferita dall’arca dell’alleanza, che si trovava nel tempio di Gerusalemme, alle immagini di un vitello d’oro, additato con le stesse parole adoperate dal popolo nel deserto,
quando gli israeliti, male ispirati da Aronne, avevano fatto divampare l’ira del Signore30.
25
Cf. Es 32,9; 33,3; 34,9; Dt 9,6.13; 10,16; 31,27; Pr 29,1; Is 48,4; Ger 7,26; 17,23; 19,15; Bar 2,30; ecc.
Cf. Lv 18,21.24-30; 26,14-46; Dt 4,10-27; 12; 13,2-19; 16,21-17,7; 18,9-14; 28,15-68; ecc.
27
Cf. Gdc 18.
28
Cf. Gen 12,8; 13,3-4; 28,10-22; 31,13; 35,1-15; ecc.
29
Cf. 1Re 12,31-33; 13,33-34. La contesa tra il sacerdozio legittimo, aronnico e levitico, e quello scismatico,
non legittimamente ordinato e raccogliticcio - come presso i popoli degli altri paesi, dove si diventa «sacerdoti
di chi non è Dio» - sarà la causa di una guerra santa vittoriosa di Abia, re di Giuda e figlio di Roboamo (914911), contro Geroboamo. Il discorso di Abia, prima della battaglia, è un buon esempio di catechesi sacerdotale e
levitica (2Cr 13,1-21).
30
Cf. Es 32,4.8.10-12.20; Dt 9,7-21; ecc.
26
7
Come già si è osservato a proposito di quella giornata funesta, il culto del vitello d’oro è
un peccato d’idolatria, non in quanto rappresenta il passaggio a un altro dio, bensì in quanto
pretende di dare al Dio vivente e nascosto una forma forgiata dalle mani dell’uomo, a misura
delle umane aspettative ed esigenze31. Scegliendo, poi, il vitello, un giovane toro, lo stesso
simbolo usato dalla tradizione iconografica cananaica per il culto di Baal-Adad, Geroboamo
apriva le porte al peggiore sincretismo religioso (sacrifici umani, culti agricoli sulle alture,
ecc.) e alla confusione della coscienza jahwista del suo popolo.
Ben differente e più grave sarà l’idolatria del baalismo, cioè del culto di Baal-Melqart, divinità di Tiro, importato in Israele da Gezabele, la moglie fenicia del re Acab. In questo caso,
di cui si parlerà in seguito, il peccato di idolatria comporta un’apostasia dal vero Signore
(JHWH) per passare al culto di un’altra divinità.
In 1Re 13,1-14,18 abbiamo un primo assaggio di tutta una folta attività profetica che accompagna l’operato dei re, specialmente nel regno scismatico di Israele.
Indicato come re da Achia di Silo (1Re 11,29-39), Geroboamo viene ora sorpreso in flagrante da un «uomo di Dio» (cf. 1Sam 9,6) proveniente dal vicino regno di Giuda, mentre sta
offrendo l’incenso sull’altare di Betel. La parola profetica vaticina la futura distruzione del
culto di Betel e ne dà conferma con dei segni eloquenti: l’altare si spacca, la cenere dei sacrifici viene dispersa (contro le prescrizioni di Lv 4,12), e la mano del re, che si tende minacciosa verso il profeta, rimane paralizzata (1Re 13,1-10).
Giosia, re di Giuda, estendendo la sua riforma religiosa anche alle regioni da lui rioccupate
del tramontato regno del nord, adempirà la profezia proferita contro il culto di Betel32, rispettando il sepolcro dei due profeti. La sorte dell’altare di Betel diventa, allora, esemplare di
quella degli altri templi delle alture, costruiti dai re d’Israele nelle città della Samaria33.
3.2. L’uomo di Dio disobbediente (1Re 13,11-34)
Questi versetti contengono un racconto singolare ed apparentemente fuori luogo nel contesto nel quale è collocato: il peccato del re e la denuncia di esso da parte di Achia (1Re 14,516). Un vecchio profeta di Betel viene a sapere della profezia che l’uomo di Dio ha pronunciato contro l’altare e lo va ad incontrare. Per tre volte insiste per farlo tornare a Betel.
L’uomo di Dio all’inizio non accetta l’invito – sa di aver ricevuto il comando divino di non
mangiare nulla a Betel -, ma alla fine, di fronte alla menzogna del vecchio profeta (un contro
ordine divino che ha ricevuto da parte di un angelo) il profeta cede. L’uomo di Dio avrebbe
dovuto riconoscere che il messaggio del vecchio profeta di Betel era falso, perché lo spingeva
a violare un ordine preciso di YHWH. Tornato a Betel egli «mangiò e bevve nella sua casa»
(v. 19). Ma Dio annuncia al profeta disobbediente il castigo:
«Poiché ti sei ribellato all’ordine del Signore, non hai ascoltato il comando che ti ha dato il Signore tuo Dio, sei tornato indietro, hai mangiato e bevuto in questo luogo, sebbene ti fosse stato
prescritto di non mangiarvi o bervi nulla, il tuo cadavere non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri» (vv. 21-22).
Il profeta poco dopo verrà ucciso da un leone e il suo cadavere, raccolto dal profeta di Betel, lo depose nel proprio sepolcro.
Certo un lettore abituato a formulare giudizi morali sulla base delle intenzioni non sa come
valutare la bugia del profeta oppure il ripensamento dell’uomo di Dio. Il testo biblico, stando
a quello che ci dice, è interessato ben ad altro e le insistenze di esso sul «ritornare» (sûb ricor31
Cf. Es 20,4; 34,17; Dt 4,15-20; 5,8-9.
Il contrasto tra le due figure è evidente: Giosia fa distruggere non solo l’altare di Betel ma ogni tempio sulle
alture (cf. 1Re 23,15.19); e se Geroboamo aveva stabilito sacerdoti per le alture (cf. 1Re 12,32), Giosia li fa tutti
uccidere (cf. 1Re 23,20).
33
cf. 2Re 23,15-20; 2Cr 34,6-7.
32
8
re ben 14 volte), verbo usato per indicare la conversione, sono chiare: è una parabola che denuncia il peccato del re Geroboamo. Il peccato commesso dall’uomo di Dio e di Geroboamo
sono gli stessi: la disobbedienza. Se l’uomo di Dio avrebbe dovuto capirlo, Geroboamo, invece, lo sapeva bene; infatti era stato scelto da YHWH perché Salomone non aveva seguito i
suoi comandi e i decreti (cf. 1Re 11,33); e a lui YHWH chiese questa obbedienza quale condizione per un avvenire lusinghiero (cf. 1Re 11,38).
A conclusione dell’episodio leggiamo: «dopo questo fatto, Geroboamo non si convertì dalla sua perversa» (v. 33). Dunque, Geroboamo non approfitta della possibilità di conversione
che gli fu offerta, dapprima simbolicamente in occasione della mano paralizzata, e poi come
esempio nel comportamento dell’uomo di Dio. E il Signore è pronto a “punire” chi gli disobbedisce; egli è il leone (cf. Am 3,8; Os 5,14) che potrà ucciderlo, come ha fatto con l’uomo di
Dio.
3.2. La profezia di Achia contro la casa di Geroboamo (1Re 14,1-18)
Abia, figlio di Geroboamo, si ammala; il re invia sua moglie travestita a consultare Achia.
Il profeta, dopo aver denunciato il peccato di Geroboamo, ne annuncia la sventura: la morte
del piccolo Abia e il massacro di tutta la sua casa, che infatti avverrà con il re Baasa34. Il profeta Achia deve conoscere adesso la stessa dolorosa delusione che un tempo Samuele conobbe profetando a Saul il rigetto che il Signore aveva deciso nei suoi confronti. Quali che siano
i pensieri e i sentimenti umani del profeta, tutto in lui è dominato dalla parola che il Signore
gli rivolge.
4. I peccati dei re d’Israele
Il peccato di origine di Geroboamo fiorisce nei vari peccati dei re scismatici d’Israele:
l’idolatria (in conseguenza ai matrimoni misti dei re) e autoidolatria, il credere di poter rendere JHWH connivente dei loro propositi, delle loro ideologie, politiche, compromessi, delle
loro concupiscenze e dei loro capricci (per cui gli stessi atti di culto diventano null’altro se
non espressioni della loro arrogante pretesa di accaparrare il Signore e di usarlo secondo i
propri disegni)35; abusi di potere e ingiustizie (assassinii violenti, ecc.)
La radice del peccato è perciò sempre di tipo «idolatrico», un venir meno alla fedeobbedienza al Re dei re e al Signore dei signori36.
Nemmeno il popolo del nord, del resto, rimane immune dal peccato dei suoi re, gonfio
come è della superiore prosperità, splendore, benessere, efficienza, prestigio, apertura, proprie del regno settentrionale. Amos, il pecoraio del sud, denuncia la venalità della giustizia e
le violenze e gli inganni perpetrati contro i poveri37; la corruzione all’interno delle famiglie38;
il lusso e l’avidità dei «grandi», lo sviluppo agricolo e industriale conseguito a spese dei più
poveri, «l’orgia dei buontemponi», le «case e i letti d’avorio» e i grandi palazzi di Samaria39;
la sregolatezza gaudente e la sicurezza sfrontata delle signore del nord, le «vacche di Ba34
Cf. 1Re 15,25-30; 16,7.
La strumentalizzazione del nome di JHWH per i fini di potere del monarca e in vista del prestigio del regno è
il peccato di «idolatria», che più frequentemente viene criticato dai veri profeti di Dio. È il peccato
dell’autoglorificazione di chi si appropria del dono di Dio come di una preda gelosa. Allora, infatti, gli uomini
vorrebbero servirsi del Signore per realizzare se stessi secondo propri progetti umani, aspirerebbero a farsi un
nome con le proprie forze, invece di farsi dare un nome dal Signore, servendolo senza riserve, perfino sino a
perdere se stessi (Gen 11,4; cf. Mt 10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,22-25; 17,33; Gv 12,25; Ap 12,11; ecc.).
36
Cf. Dt 10,16-21; 2Re 19,15; 2Mac 13,4; Sal 136,3; 1Tm 6,15; Ap 17,14; 19,16.
37
Cf. Am 2,6-7a-c; 5,7.10-12; 6,12-14; 8,4-8.
38
Cf. Am 2,7d-e.
39
Cf. Am 2,8.12; 3,9-15; 6,1-7.
35
9
shan»40; il ritualismo religioso vuoto di giustizia e di diritto41.
4.1. Un caso esemplare dei peccati del nord: il baalismo della casa reale di Acab
Il ciclo di Acab, figlio di Omri, e della moglie Gezabele, figlia di Et-Baal, sacerdote di Astarte e re fenicio di Tiro e Sidone, è una sezione destinata a rimanere esemplare dei peccati
del regno scismatico del nord (1Re 16,29-22,40; 2Re 9,30-37).
Acab deve essere stato uno dei più grandi re d’Israele. Il suo matrimonio con Gezabele indica un’alleanza di famiglia e di pace tra il regno del nord e la nazione fenicia, che proteggeva la frontiera settentrionale del paese. Anche a sud, tra Israele e Giuda - cioè tra Acab e Giosafat, re di Gerusalemme - ci fu una pace consacrata da un altro matrimonio, tra Ioram, figlio
di Giosafat, e Atalia, sorella di Acab42. Fonti extrabibliche ci informano pure di una lega antiassira formata dai re di Israele, di Giuda e di Damasco per arginare le incursioni assire dal
nord.
Del regno di Acab viene ricordato il lusso e lo splendore edilizio della «casa d’avorio»,
confermato dai ritrovati archeologici in Samaria, e quello delle città fatte erigere da lui (1Re
22,39).
Anche la sua politica nei confronti del regno arameo di Damasco conobbe diversi successi.
Dopo aver subìto pesanti sconfitte, che avevano reso il re d’Israele vassallo di Ben-Hadad II
(1Re 20,1-9.34), Acab coglie due grandi vittorie contro la coalizione aramea: tra i monti di
Samaria, che ne era stata assediata (1Re 20,10-25), e nella pianura di Afek, perché JHWH è
Dio e dei monti e delle valli (1Re 20,26-34). La longanimità di Acab nei confronti di BenHadad, però, viene severamente ripresa da uno dei «figli dei profeti» (1Re 20,35-43), e Acab
ne verrà punito più tardi morendo in combattimento in una spedizione sfortunata, intrapresa
ancora contro gli aramei nel vano tentativo di riconquistare la roccaforte di Ramot di Galaad,
in Transgiordania (1Re 22,1-38; 2Cr 18)43.
Per la Bibbia, tuttavia, la condotta religiosa dei re è determinante per un giudizio sul loro
regno, e sotto questo punto di vista Acab fece ciò che è male agli occhi di JHWH, e lo irritò
più e peggio di tutti i suoi predecessori. Il matrimonio misto con una principessa pagana, fanaticamente zelante del culto di Baal-Melqart, dio di Tiro, rende il re d’Israele un adoratore
di Baal, e dunque non solamente un sincretista religioso, ma un vero apostata dal culto di
JHWH. A Baal Acab erige un altare e un palo sacro nel tempio che gli aveva costruito a Samaria, la nuova capitale succeduta a Tirza44.
Esemplare della prepotenza del monarca che non teme il Signore rimane la voglia di Acab
di impossessarsi della vigna di Nabot, adiacente al palazzo reale di Izreel, la seconda capitale
del regno del nord (1Re 21)45. Nabot si rifiuta di vendere al re l’eredità dei suoi padri46 e Acab
ne rimane amareggiato e sdegnato. Ma il capriccio di Acab viene mortalmente aggravato dalla sfrontata astuzia della moglie, Gezabele, la quale trama una congiura contro Nabot, a cui
partecipano gli anziani e i capi della città, dopo un ipocrita digiuno47. Accusato falsamente di
aver maledetto Dio e il re, Nabot viene iniquamente condannato a morte e lapidato, insieme
ai suoi figli (cf. 2Re 9,26), e Acab può confiscare la vigna desiderata. Al re nessuno deve po40
Cf. Am 4,1-3; cf. Is 3,16-24.
Cf. Am 4,4-5; 5,21-25.
42
Cf. 1Re 22,1-4.45; 2Re 3,7; 8,26; 2Cr 18,1; 22,2.
43
Ramot fu probabilmente riconquistata da Ioram, re d’Israele, e da Acazia, re di Giuda. In una campagna successiva, infatti, essi la difendono contro il re arameo Cazael, succeduto a Ben-Hadad II: cf. 2Re 8,28; 9,4-5.1416.
44
Cf. 1Re 16,30-33; 18,18; 21,25-26.
45
Cf. 1Re 18,45-46; 2Re 8,29; 9,15-17.21.30; 2Re 10,11.
46
La legge ebraica proibiva di vendere la terra dei padri. Nel caso che uno fosse costretto a venderla perché non
aveva mezzi di sussistenza, quando scattava il giubileo, c’era il diritto di riscatto.
47
Cf. Gdc 20,26; 1Sam 7,6; 14,24-26; ecc.
41
10
ter resistere. Tutto egli deve poter comperare, e se non ci si riesce si confisca, anche a prezzo
di un assassinio.
Colto in fallo e condannato dal profeta Elia da parte del Signore, Acab si pente e si umilia
davanti a JHWH, e la punizione su tutta la sua casa viene dilazionata sotto il regno del suo
figlio Ioram (2Re 9,22-10,11.17).
Acab appare come un re capriccioso, debole, facilmente irritabile, depresso, ma, in fondo
in fondo, capace ancora di generosità e sensibile a qualche sussulto di coscienza vera. Egli
oscilla tra il culto di Baal e il timore di JHWH, tra le lusinghe dei profeti di corte o di quelli
pagani e la parola dei profeti veri del Signore. Per più di un verso fa pensare alla sprovvedutezza religiosa di Saul48. La sua grande colpa, comunque, è quella di essersi fatto dominare
dall’empia regina idolatra, Gezabele (cf. 1Re 21,25-26).
Il figlio di Acab, Acazia, regna su Israele per due anni e continua a camminare sulla via
dell’idolatria paterna e materna (cf. 1Re 22,52-54), inviando messaggeri a consultare addirittura una divinità filistea a Ekron, Baal Zebul (= Baal-Principe) (cf. 2Re 1,2), che ritroviamo
ancora ricordata al tempo di Gesù49. Morto Acazia, gli succede il fratello Ioram, anch’egli figlio di Acab e di Gezabele.
Con Ioram l’idolatria della casa di Acab sembra distaccarsi dal culto di una divinità aliena
da JHWH, come era il Baal di Samaria, che viene ripudiata. Rimane però fissata intorno
all’immagine del Signore consegnata nei due vitelli di Dan e di Betel (2Re 3,1-3).
La spedizione dei tre re, di Israele, di Giuda e di Edom contro Mesa, re di Moab, che si era
ribellato al vassallaggio impostogli da Omri (2Re 1,1), vittoriosa all’inizio, viene poi superstiziosamente arrestata dal rito disperato, magico e spettacolare, di Mesa che, sacrificando al
dio Camos il figlio primogenito sulle mura di Kir-Careset, la capitale di Moab, mette in fuga
gli israeliti. La stele di Mesa, difatti, parla di una grande vittoria di Moab su Israele (2Re 3,427).
La casa di Acab viene distrutta da Ieu, figlio di Giosafat, figlio di Nimsi, un ufficiale di Ioram. Egli compie un colpo di stato (2Re 9,14-20), uccide il re, che a Izreel stava curandosi le
ferite ricevute dagli aramei a Ramot, e ne getta il corpo nel campo di Nabot (2Re 9,21-26). Fa
colpire pure Acazia - re di Giuda, figlio di Atalia, sorella di Acab, e di un altro Ioram di Gerusalemme, figlio di Giosafat - che era sceso a visitare il suo alleato Ioram di Samaria e condivideva la politica idolatra della casa di Acab e di Gezabele. Acazia muore a Meghiddo (o in
Samaria), è trasportato a Gerusalemme e viene sepolto nella città di Davide50. Ieu fa, poi, una
severissima giustizia di Gezabele e delle sue prostituzioni idolatriche (2Re 9,22.30-37).
«Si avverò così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia, il Tisbita: Nel
campo di Izreel i cani divoreranno la carne di Gezabele. E il cadavere di Gezabele nella campagna
sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele» (2Re 9,36-37)
Ieu distrugge, poi, completamente la discendenza di Acab sia in Samaria sia in Izreel (2Re
10,1-11), e anzi pure i fratelli di Acazia, re di Giuda, scesi a salutare la famiglia di Acab, di
Gezabele e di Ioram (2Re 10,12-14.17).
4.2. Il regno di Ieu: jahwismo timido e violenza brutale (2Re 9-10)
Sul piano politico e culturale uno jahwismo mitigato e imperfetto, ma spiritualmente significativo, viene ristabilito in Israele dal colpo di stato di Ieu.
La casa di Ieu regna su Israele quasi per un secolo, «fino alla quarta generazione» 51. Essa
48
Cf. 1Re 20,3134.43; 21,1-6.27-29; 22,5-28; 2Re 3,13.
Cf. «il Principe dei demoni» in Mt 9,34; 10,25; 12,24.27; Mc 3,22; Lc 11,15.1819. 2Re 1,2-3.6.16 lo chiama
per dileggio Baal Zebub (= «Signore delle mosche»).
50
Cf. 2Re 8,25-29; 9,27-28; 2Cr 22,3-9.
51
Dall’841 al 743: Ieu, Ioacaz, Ioas, Geroboamo II e Zaccaria; cf. 2Re 10,30; 15,12.
49
11
si presenta come l’effetto di un intervento divino, mediato dai profeti jahwisti - Elia, Eliseo e
i «figli dei profeti» (1Re 19,16-17; 2Re 9,1-13) - per far scomparire da Israele il baalismo fenicio introdottovi da Gezabele e da Acab, e per promuovere una riforma jahwista «moderata»
e imperfetta, dal momento che ormai, inevitabilmente, continua lo scisma religioso di Geroboamo, con i due vitelli dei santuari di Dan e di Betel (2Re 10,28-29.31).
«Moderata» quanto all’ortodossia imperfetta della fede jahwista, la riforma di Ieu è accompagnata, invece, sul piano morale da un’astuzia e da una brutalità feroce: l’assassinio di
due re (Ioram e Acazia: 2Re 9,22-29); lo scempio fatto della regina Gezabele (2Re 9,30-37);
lo sterminio totale della famiglia di Acab e dei principi di Giuda, fratelli di Acacia (2Re 10,114); la strage impietosa di tutti i fedeli di Baal nel suo tempio di Samaria, demolito e ridotto a
immondezzaio (2Re 10,18-27); tutto è narrato in un clima barbarico di violenza inaudita52.
L’ortodossia è associata a un’immagine tremenda e intollerante del Signore e della sua gelosia, e di conseguenza si esprime con metodi integralisti e violenti.
Sul piano della politica internazionale, invece, il nord, sotto la dinastia di Ieu, rimane a
lungo travagliato dalla minaccia aramea di Cazael e di Ben-Hadad III, re di Damasco, di cui
Ioacaz diviene vassallo53, e che a sud giungerà a minacciare persino Gerusalemme54. Più tardi,
gli aramei saranno sconfitti tre volte da Ioas, figlio di Ioacaz (2Re 13,14-19.22-25), e finalmente sottomessi dalla brillante riconquista dei confini del regno condotta da Geroboamo
II, figlio di Ioas. Appartenente alla casa di Ieu, questi regnò per quarantun’anni e fu uno dei
più grandi re di Israele, anche se, dal punto di vista religioso, continuò a perpetuare l’idolatria
dei vitelli di Dan e di Betel55.
La casa di Ieu viene estinta dall’assassinio del re Zaccaria, figlio di Geroboamo II, per
mano di Sallum, figlio di Iabes (2Re 15,8-16). In seguito altri colpi di stato (Menachem, Pekach, Osea) conducono alla rovina il regno d’Israele che viene cancellato dalle progressive
invasioni assire.
52
Il testo sacro giustifica tale violenza alla luce delle dure parole che YHWH rivolge al re, nel giorno della sua
unzione, per mezzo di un discepolo del profeta Eliseo: «Tu demolirai la casa di Acab tuo signore… La stessa
Gezabele sarà divorata dai cani nella campagna di Izreèl; nessuno la seppellirà» (2Re 9,7-10). Queste parole
richiamano quelle con cui Elia condanna Acab nell’affare della vigna di Nabot: «sterminerò, nella casa di Acab,
ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebàt, e
come la casa di Baasa, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Riguardo a Gezabele
il Signore dice: i cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl» (1Re 21,21-23).
53
Cf. 2Re 10,32-33;13,1-7.
54
Cf. 2Re 12,18-19; 2Cr 24,23-24.
55
Cf. 2Re 14,25-28; cf. Am 6,13.
12