Destre • Usa-Europa • - Movimento Consumatori

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Destre • Usa-Europa • - Movimento Consumatori
pagina 4
il manifesto
MARTEDÌ 26 APRILE 2016
EUROPA
Usa-Europa •
Tensioni sul Trattato transatlantico. Il ministro dell’economia
tedesco mette in guardia: «Senza concessioni l’accordo fallirà»
Il presidente americano incontra Merkel,
Cameron, Hollande e Renzi ad Hannover.
L’impegno militare al centro del mini-vertice,
gli Staes chiedono di aumentare i finanziamenti
Obama gioca
in difesa
Anna Maria Merlo
PARIGI
Q
uasi a fine mandato, Barack
Obama, che a lungo ha trascurato l’Europa a vantaggio dell’area del Pacifico e
dell’Asia, ha trovato il vecchio continente afflitto da numerose crisi:
minaccia di Brexit con il referendum di giugno; crescita del populismo, confermata dai risultati del
primo turno della presidenziale in
Austria; crisi dei migranti; minacce
persistenti del terrorismo; problema dell’Ucraina e delle relazioni
con la Russia; economia in difficoltà, a cui gli Usa rispondono con la
proposta di accelerare la conclusione dei negoziati sul Ttip (trattato
di libero-scambio transatlantico),
mentre gli europei manifestano un
crescente scetticismo.
Nel viaggio che si è concluso ieri
con un mini-vertice a cinque (con
Merkel, Hollande, Cameron e Renzi) alla Hannover Messe, la fiera industriale del made in Germany dove gli Usa erano gli invitati d’onore, Obama ha esortato gli europei a
restare uniti: «Gli Stati uniti e il
mondo hanno bisogno di un’Europa forte, democratica e unita, perché quello che succede su questo
continente ha conseguenze sul
mondo intero». Era già stato il messaggio nella tappa di Londra, con
l’invito ai britannici a evitare il
Brexit.
Più di metà del mini-vertice è
stata dedicata alla difesa, alla Siria
in particolare e alla Libia, con dichiarazione di sostegno a Fayez
al-Sarraj. Obama verrà ancora una
volta in Europa prima della fine
del mandato: sarà a Varsavia, per il
vertice Nato a luglio. Ieri, Obama
ha invitato gli europei a non abbassare la guardia e ha di nuovo reclamano agli alleati di alzare il finanziamento della difesa, per portarlo
al 2% del pil (gli Usa finanziano la
Nato al 75%). Obama ha confermato che gli Usa hanno aumentato il
numero di consiglieri militari in Siria, 250 uomini delle forze speciali
che andranno ad aggiungersi alla
cinquantina presente da tempo. In
Europa, Obama considera che il dirigente più affidabile è Angela Merkel, a cui ha fatto molti complimenti, a cominciare dalla gestione
della crisi dei rifugiati. Ma sulla difesa e sulla Siria ci sono dissensi
tra Usa e Germania: in particolare,
Merkel si è impegnata ad aumentare la spesa militare (oggi di 34 miliardi di euro a 39 miliardi entro il
2020), ma resta lontana dal 2% del
pil (per rispettarlo dovrebbe salire
a 60 miliardi). Inoltre, Obama considera «irrealizzabile» la proposta
difesa da Merkel di creare una zona di esclusione aerea in Siria. Per
Obama significherebbe «prendere
il controllo di parte del paese».
Obama aveva già respinto l’idea
francese di intervento diretto in Siria. Il presidente Usa ha cercato di
convincere gli europei dell’efficacia delle sanzioni contro la Russia.
L’Italia, ma anche la Francia e la
Germania, calcolano soprattutto i
costi economici delle sanzioni per
le rispettive economie.
Dissensi anche sul Ttip, il trattato transatlantico, che ieri ha aperto
a New York il tredicesimo round.
François Hollande aveva persino
chiesto che il negoziato controverso fosse cancellato dall’agenda
dell’incontro di Hannover, poiché
in Francia è un argomento troppo
impopolare che un presidente ormai respinto dalla maggior parte
dei cittadini non ha più la forza di
portare avanti. Ma Obama insiste:
«Non mi aspetto di essere in grado
di ratificare l’accordo entro l’anno
- ha detto - ma auspico di portare
a termine il negoziato» entro la fine del 2016, poiché «con le transizioni politiche che verranno negli
Usa e in Europa potrà voler dire
che questo accordo non sarà concluso prima di un certo tempo».
Angela Merkel è d’accordo e invita
a «utilizzare la possibilità della finestra di tempo» ancora aperta. Ma il
ministro dell’economia, Sigmar Gabriel, ha messo in guardia: «Senza
concessioni Usa, l’accordo fallirà»,
ha affermato, facendo riferimento
a un trattato che equivale a dire
«comprate americano». C’è stato
anche uno scambio di battute in
questo senso tra Obama e Merkel
alla fiea di Hannover: la cancelliera
ha ribattuto al presidente Usa
che «anche comprare tedesco è
bene». Il Ttip, che riguarderà il
40% circa del commercio mondiale, sta sollevando sospetti perché il negoziato avviene nel segreto e con l’omologazione delle
norme fa temere scelte al ribasso rispetto agli standard europei
sul fronte del sociale e dell’ambiente. Anche la Germania contesta il ricorso all’arbitrato per risolvere i conflitti tra imprese e
stati, una sorta di giustizia privata (che già esiste e che è in genere molto favorevole alle imprese). La Ue ha proposto un sistema intermediario, un tribunale
internazionale del commercio
con giudici pubblici nominati dagli stati, ma gli Usa frenano e
hanno lasciato questo punto della trattativa in fondo all’agenda.
BARACK OBAMA
E ANGELA MERKEL
ALLA FIERA
DELL’INDUSTRIA
AD HANNOVER
LAPRESSE
IL TRATTATO
Ttip, avanti a tappe forzate
«D
a un punto di vista europeo, il
Trattato transatlantico Ttip è assolutamente utile per far crescere la nostra economia. È un bene per quella tedesca e per tutta l’Europa, dobbiamo
far presto». Parola di Angela Merkel che,
accogliendo il presidente Usa Obama ad
Hannover, ha auspicato che i negoziatori
europei, rinchiusi da ieri in un convention
center di New York per far avanzare le trattative, «possano consegnarci un accordo
ampio e ambizioso entro l’estate». Poco
importa se in oltre 90mila nella città tedesca abbiano marciato contro il trattato,
che minaccia di spostare dalla democrazia
rappresentativa a riservati consessi di
esperti di Usa e Ue, sponsorizzati dalle
grandi corporation, la decisione sulla qualità e la liberalizzazione di prodotti e servizi,
ma anche sulla convenienza o meno di
mantenere pezzi interi di welfare e di protezione dell’ambiente, alla sola luce dei loro costi per le aziende.
Completamente ignorato l’appello di fermare il negoziato lanciato da Barcellona il
21 e 22 aprile scorsi da qualche centinaio
di quegli oltre 1.200 sindaci e presidenti di
Regione in Europa che si sono dichiarati
#fuorittip. Eppure anche in Italia ormai si
viaggia oltre i 50 enti locali, da Milano a
Brindisi, da Livorno a Civitavecchia, da Cuneo a Tricase, alle regioni Abruzzo, Toscana, Puglia e Val D’Aosta, che hanno espresso la loro preoccupazione sostenendo la
petizione «Fuori il Ttip dalla mia città», lanciata dalla Campagna stop Ttip, e ribadendola con un atto ufficiale.
Gli interessi di Usa e Ue che si confrontano in queste ore tra i grattacieli della metropoli Usa sono ancora lontanissimi. Ci
Monica Di Sisto
sono «barriere tecniche al commercio» e
Campagna Stop Ttip italiana ha convocato
«misure sanitarie e fitosanitarie» che l’opiper il 7 maggio prossimo a Roma una manione pubblica europea sta tenendo sotto
nifestazione, in solidarietà con la rete eurocostante osservazione, ma che i gruppi di
pea, con cuore a Piazza del Popolo dove
interessi vorrebbero cancellare. Parliamo
produttori, lavoratori dell’agricoltura, del
della sicurezza alimentare, come il bando
settore pubblico, attivisti, docenti, studendegli Ogm per l’alimentazione umana e
ti e tutti i cittadini preoccupati della brutl’obbligo della certificazione dell’origine
ta fine che potremmo fare con l’approvadel bestiame. Si dizione del Ttip, soscute sulla proteno invitati a scenzione ambientale,
dere in piazza per
sulla chimica, e anparlare e per capiche di farmaci e core di più del trattasmetici: troppi conto e dei suoi impattrolli, troppi certifiti. L’evento può
cati da produrre in
contare sull’adesioEuropa, e non si è
ne di oltre 250 orgaancora arrivati a denizzazioni e sindafinire un modello
cati: dalla Cgil
di nuovo governo
all’Usb, dall’Arci aldi standard comule Acli, da Slow Foni e non problemaod a Legambiente
La campagna per il No
tici per il commeral Movimento Concio - la cosiddetta
in piazza a Roma il 7 maggio sumatori, poi c’è
cooperazione regoGreenpeace, Attac
con produttori, attivisti,
latoria - proprio
e Fairwatch, Pax
sotto la forte presChristi e oltre 50 colavoratori dell’agricoltura
sione di associaziomitati locali i città
e del settore pubblico
ni, sindacati, di alpiccole e grandi.
cuni parlamenti,
C’è bisogno di un
come quello francese, e di molti enti locali.
evento di piazza, probabilmente, per far
Se l’appuntamento nella grande mela
crescere anche in Italia un dibattito pubblidovesse fallire, l’ultima spiaggia sarà l’inco ampio che al momento non c’è, anche
contro già fissato per la settimana dell’11
perché il governo Renzi è tra i più forti supluglio a Bruxelles. In vista del Consiglio euporter del trattato in Europa, nonostante il
ropeo del 13 maggio, dove i governi
nostro Paese abbia tutto da perdere.
dell’Unione potrebbero decidere un’ulteIn vista nel lancio, per la fine della settiriore accelerazione politica al negoziato, la
mana, di un grande rapporto europeo su-
gli impatti del Ttip sull’agricoltura elaborato su 17 paesi dell’Unione, Fairwatch ha
fatto un’analisi sull’agrifood del Bel Paese
nel nuovo rapporto «Faq: Il Ttip fa bene
all’agricoltura italiana?». Il quadro è sconfortante: se due terzi delle imprese italiane
del settore esportano appena in Italia, al
massimo in Europa e non hanno alcuna
chance di aprire commerci con gli Usa, vedranno invece gli scaffali e i banchi dei nostri mercati riempirsi di prodotti a stelle e
strisce a minore costo, e bassa qualità, con
aumenti, per alcuni settori, fino al 5mila
per cento di volumi di importazioni in più
ogni anno. Per proteggere negli Usa una lista di circa 40 prodotti Doc e Dop italiani,
saremo costretti a far circolare anche nel
nostro mercato le copie di tutti gli altri, ma
anche tutti quei prodotti Usa registrati fino ad oggi con un marchio che somiglia a
quelli europei più famosi, perché il Ttip
non sarà retroattivo. A parte che per i formaggi e in piccola parte per il vino, che già
oggi stravince sul mercato americano senza Ttip, cereali, olio, latte, frutta, verdura,
fiori, carni e salumi subirebbero una concorrenza terribile e molto dannosa sia negli Usa, sia in Europa e addirittura in Italia.
Sindacati come la Flai, associazioni che
proteggono il cibo di qualità come Slow Food, e centinaia di piccoli e medi produttori, come il consorzio dell’Olio della Sabina
e il comparto del latte a Padova, da mesi
denunciano, inascoltati, il possibile disastro. La speranza è che la piazza romana restituisca loro la voce e all’Europa la saggezza di cui avremmo bisogno.
*vicepresidente dell’osservatorio Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop
Italia