Il desiderio di partire per studiare all`estero è nato dentro di me
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Il desiderio di partire per studiare all`estero è nato dentro di me
Fin da piccolo ho sperimentato, e poi sempre più apprezzato, con i miei genitori il piacere del viaggio: la curiosità di “guardare cose diverse”, conoscere e confrontarsi con luoghi, abitudini, paesaggi lontani ed estranei rispetto alla mia quotidianità. Forse per questo, crescendo, è parimenti cresciuto dentro di me il desiderio di studiare all’estero per fare il salto di qualità: da turista a “residente”, per sperimentare davvero altri stili di vita, abitudini e culture, per imparare davvero a confrontarmi ed integrarmi in realtà diverse da quella mia di provenienza, per allargare costantemente i miei orizzonti, senza pormi limiti, ma cercando sempre di aspirare al meglio per me e per la mia realizzazione personale acquisendo conoscenze e strumenti per le mie future scelte da adulto. E dato che siamo in un periodo storico in cui la globalizzazione la fa da padrona, più si conosce “il mondo”, e si riesce ad adattarsi ad esso, più si potrà imparare a vivere come “cittadini” del mondo. A prescindere da quello che farò nella mia vita, questo fondamentale filo conduttore già mi guida da tempo: intraprendere un percorso del genere fin da giovane, fin da un’età in cui si ha energia per fare tutto, voglia di scoprire cose nuove, posti nuovi, gente nuova ed ho scelto Intercultura proprio perché rispondeva perfettamente a questa mia aspirazione, poteva darmi la possibilità di vivere questa esperienza unica già in giovanissima età. E così questa decisione maturata pian piano, col passare degli anni ha scatenato in me un sempre più forte interesse e curiosità per quella che si è rivelata l’esperienza, fin qui, più bella della mia vita. Le aspettative che avevo prima della partenza erano tantissime: ero sicuro che sarebbe stata una meravigliosa occasione di autonomia, che mi avrebbe aiutato a crescere da molti punti vista, che mi avrebbe insegnato ad essere indipendente, ad integrarmi in un contesto del tutto nuovo ed estraneo alla mia vita quotidiana, anche se non mancavano i timori per tutte le incognite che avrei dovuto affrontare, praticamente da solo e lontano dagli affetti più cari. Il percorso non è stato facile fin dall’inizio, dato che i posti a disposizione sono limitati rispetto al numero delle domande, non è così scontato riuscire a partire con Intercultura: bisogna superare una selezione nazionale in cui i candidati vengono valutati in tutti gli ambiti, da quello scolastico a quello strettamente personale e comportamentale, bisogna poi compilare moduli, firmare documenti e rispettare scadenze, il tutto fa parte di un processo burocratico piuttosto lungo e complesso, spesso noioso, ma che si supera, se si è fortemente motivati, con tanta determinazione (e l’appoggio dei genitori soprattutto in relazione agli aspetti più prettamente pratici). La selezione a cui ho partecipato ha avuto inizio nel settembre 2011 e quando è arrivata la lettera di ammissione ai programmi di Intercultura (fine gennaio 2012) sono letteralmente saltato dalla gioia!!! Ero contentissimo, ma ancora avevo tanta strada da fare prima di partire; la parte più difficile era alle spalle ed iniziava quella più divertente: gli incontri con i volontari. Questi ultimi sono una parte importantissima dell’organizzazione di Intercultura e hanno un ruolo fondamentale per la formazione dei ragazzi in procinto di partire, oltre ad essere un validissimo supporto durante la permanenza all’estero. Spesso si tratta di ragazzi che negli anni precedenti sono stati all’estero con Intercultura e che quindi hanno vissuto gli stessi stati d’animo, le medesime sensazioni perciò sono in grado di suggerire moltissimi consigli utili ed anche indicazioni pratiche per il nostro soggiorno all’estero. Con i volontari del mio centro locale ho trascorso giornate davvero fantastiche, divertenti e nello stesso tempo molto proficue per avermi aiutato nel percorso pre-partenza, per aver chiarito tutti i miei dubbi e le mie incertezze. Sinceramente mi è dispiaciuto un po’ lasciarli, ma ero sicuro che al mio ritorno avrei avuto molte cose da raccontare sul mio Paese ospitante, sulla mia nuova famiglia, sulla mia nuova vita. Ed ecco arrivato il momento tanto atteso: la mia “esperienza interculturale” comincia il 22 agosto 2012 a Roma, finalmente pronto a partire, con un altro centinaio di ragazzi provenienti da tutta Italia. Forte emozione per tutti al momento del saluto ai genitori, ma quasi subito rinfrancati dall’incontro con gli altri partecipanti al programma: ciascuno ha avuto occasione di fare amicizia, di confrontare le proprie aspettative, le proprie precedenti esperienze, i motivi che ci avevano portato ad intraprendere questo percorso ed a scegliere i rispettivi paesi di destinazione. Il giorno dopo sono partito per l’Austria (il mio Paese ospitante) con altri 14 ragazzi e al nostro arrivo abbiamo partecipato ad un campo di orientamento di tre giorni a Vienna dove ho conosciuto gli altri ragazzi che da tutto il mondo avrebbero soggiornato in Austria: questa è stata un’occasione unica per conoscere ragazzi di ogni nazionalità (francesi, spagnoli, argentini, statunitensi, canadesi, cileni, cinesi, giapponesi, australiani) e confrontarci, discutere, parlare di ciò che ci aspettava dopo il campo. Sono stati tre giorni magnifici, ma sono trascorsi in fretta e finalmente è arrivato il giorno che aspettavo da tanto: il viaggio verso la mia nuova casa e la mia famiglia ospitante. Sul treno per Graz (la mia destinazione finale) con gli altri ragazzi che avrebbero abitato nella mia zona si avvertiva una certa tensione, soprattutto negli ultimi minuti prima dell’arrivo regnava il silenzio. Ero combattuto: entusiasta, ma allo stesso tempo terrorizzato perché non sapevo come approcciarmi con la famiglia ospitante, come salutarli, come presentarmi. Ho poi compreso che non tutti si scambiano baci e abbracci come da noi! Appena sceso dal treno c’è stato un po’ di imbarazzo, ma alla fine la tensione è scemata e così sono arrivato nella mia nuova casa: che strana sensazione! Quella che sarebbe stata la mia stanza per i successivi sei mesi, mi aspettava con gli armadi e gli scaffali completamente vuoti! Dopo l’accelerazione degli eventi delle ultime settimane, forse solo in quel momento realizzavo veramente di trovarmi catapultato in un’altra realtà. Per fortuna le prime due settimane, dato che la scuola non era ancora iniziata, ho avuto la possibilità di trascorrere molto tempo con la mia famiglia ospitante e quindi ho cominciato ad ambientarmi e ad inserirmi nelle dinamiche familiari comprendendo ed acquisendo le abitudini ed i costumi locali. Poi è iniziata la scuola e con essa è iniziata la vera esperienza interculturale!!! Il primo giorno è trascorso velocemente: erano previste solo due ore e il professore della prima ora mi ha presentato alla classe; mi è sembrato che i compagni fossero piuttosto indifferenti verso di me, ma in fondo neanche io mi aspettavo un’accoglienza molto calorosa. Comunque già alla fine della prima settimana avevo stretto amicizia con la maggior parte di loro e pian piano ho conosciuto anche ragazzi di altre classi ed ho instaurato un rapporto più o meno con tutti. Gli insegnanti sono stati sempre molto disponibili nei miei confronti, pronti ad aiutarmi se non capivo qualcosa, soprattutto i primi giorni a causa delle indubbie difficoltà di natura linguistica. La scuola a cui sono stato iscritto è un istituto privato ad indirizzo linguistico-economico e sono stato inserito in una classe corrispondente al quarto anno di liceo in una scuola italiana. A livello di metodo, però, le differenze con la scuola italiana sono notevoli: vengono utilizzati molti più ausili per preparare le lezioni, sia dai docenti che dagli studenti (computer, laboratori, proiettori, lavagne elettroniche…) e gli argomenti vengono trattati in modo più sperimentale e meno teorico. Anche il sistema di valutazione è completamente diverso, basato più su test scritti e strutturati, che su interrogazioni orali. Devo ammettere che è stato particolarmente difficile tenere il passo, soprattutto le prime settimane, a causa della mia scarsa conoscenza della lingua tedesca, ma, impegnandomi molto, pian piano ho acquisito sempre maggiore competenze ed alla fine ho conseguito risultati piuttosto soddisfacenti (che enorme gratificazione quel primo test di storia totalmente in tedesco che sono riuscito a completare solo dopo un mese dall’inizio della scuola conseguendo anche un ottimo voto!). Imparare la lingua è un aspetto fondamentale dell’esperienza interculturale perché è alla base dei rapporti interpersonali, con la famiglia, con i nuovi amici, con i professori: come molti ragazzi, sono arrivato in Austria con una minima conoscenza del tedesco ed ero preoccupatissimo che questa lacuna potesse penalizzarmi ed ostacolare il mio percorso di integrazione sia dal punto di vista scolastico che personale, invece è stata proprio l’esigenza di comunicare e sentirmi parte integrante della comunità, il principale stimolo per migliorare, per dare il massimo. In poche settimane ho fatto passi da gigante e alla fine del semestre ero in grado di discorrere tranquillamente con tutti senza più bisogno del supporto della lingua inglese o del vocabolario. In tutto ciò devo dare grandi meriti alla mia famiglia ospitante che è stata un punto di riferimento fondamentale per me in questi mesi lontano da casa: mi hanno trattato come un vero figlio dal primo all’ultimo giorno, abbiamo instaurato un dialogo sempre molto aperto e sincero e mi ritengo davvero fortunato ad aver conosciuto delle persone così affettuose e amorevoli. Non dimenticherò mai i bei momenti trascorsi con Mario e Michaela (i miei genitori ospitanti), con Moritz (il mio fratello ospitante) e con la piccola Marie (la mia sorellina ospitante). Per me, che sono figlio unico, è stata anche una bellissima occasione di “assaporare” la sensazione di avere dei fratelli! Ed ora che sono ritornato in Italia la mia Famiglia Austriaca mi manca molto! Non dimenticherò mai il primo giorno quando alla stazione mi hanno accolto con la bandiera italiana con su scritto “Benvenuto Mirko” e non dimenticherò mai quando mi hanno accompagnato in lacrime alla stazione il giorno del mio ritorno in Italia. Sono stati davvero una famiglia fantastica e non vedo l’ora di tornare non appena mi sarà possibile. In questi sei mesi in Austria ho avuto modo di conoscere una cultura, una mentalità e delle abitudini completamente diverse da quelle italiane, ho avuto la possibilità di confrontarmi con persone provenienti da tutto il mondo, ho avuto modo di scoprire una parte di me che non conoscevo, potenzialità che non sospettavo di avere: sono cresciuto, sono maturato e questo periodo trascorso lontano da casa ha alimentato in me un desiderio ancor più forte di mettermi alla prova, di conoscere nuove realtà, di confrontarmi con opinioni e punti di vista diversi, di vivere una vita da cosmopolita, senza pormi limiti culturali o di alcun genere, aperto e disponibile a relazionarmi con popoli, culture e realtà diverse da quelle di mia provenienza. COSENZA, 29/03/2013 MIRKO FILICE - IV E