Agorà virtuale?
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Agorà virtuale?
Agorà virtuale? Di Fabio Mangone 1 Si può ritenere che lo spazio virtuale del web, e soprattutto gli aperti territori dei social network, abbiano davvero generato o possano generare una agorà virtuale? Possono davvero ricreare uno spazio aperto e democratico dove a ciascuno è dato di partecipare alla politica? Nell’immaginario dell’Occidente l’Agorà ha sempre rappresentato un punto alto l’ideale concretizzazione in termini spaziali della democrazia, in quanto spazio aperto (almeno idealmente) a tutti i cittadini, luogo deputato al confronto aperto delle idee e di maturazione delle scelte collettive. Qualcosa di idealmente opposto a quanto icasticamente Pasolini definiva come Palazzo, quale spazio invece delle decisioni chiuso, selettivo, elitario e poco trasparente. Al di là delle semplificazioni e al di là del mito, quale specchio di una società in cui si compenetravano plurime dimensioni della vita associata, l’agorà era al contempo lo spazio della religione e del rito, del commercio e dello scambio, oltre che evidentemente del confronto politico. Da questo archetipo sarebbero derivati nell’Occidente medievale e moderno plurimi spazi aperti pubblici variamente aperti alla socialità, diversamente civili e/o religiosi, in un ampia casistica che comprende tanto le piazze delle cattedrali, quanto le borse, tanto i broletti porticati quanto i mercati, spazi nei quali, anche quando non risulta prevalente, raramente è assente la dimensione del confronto politico. Spazi il cui corretto uso, non di rado, era regolato da precise norme. Rispetto a questa lunga tradizione, le ideali agorà virtuali vanno a occupare un “vuoto” che è tipico della contemporaneità, da quando finita l’epoca dei gradni comizi, dei cortei e delle contestazioni di piazza, lo spazio urbano sempre più di rado e sempre meno efficacemente viene investito di significato politico. Vi è di più: la viralità con cui si diffondono certi temi sul web rende sempre meno significativa la cosiddetta manifestazione di piazza se non addirittura controproducente, perché passibile di rivelare numeri inconsistenti rispetto a quelli del web. “Paradox – Oltre le opinioni dominanti” n. 1 - Gennaio-Febbraio 2016 Agorà virtuale? Di Fabio Mangone 2 Ma, ciononostante, il web con i suoi tanti siti, ivi compresi i social network, mal si presta a configurarsi come un’agora: manca la capacità “fisica” di ottenere veri e propri “assembramenti” di far avvertire la compresenza di inidvidui, e di percerpire gli umori e il comune sentire per giungere a soluzioni costruttive e condivise; è altresì limitata la capacità dialettica, ridotta spesso a semplicistici gesti di assenso o più raramente di dissenso, anche perché rispetto alla formulazione di un discorso compiuto prevale la icasticità della immagine ovvero la “riduzione” di qualsiasi concetto complesso allo slogan o alla formula semplificata. Lo stessa assenza di caratteri spaziali distintinvi, la sua approssimabilità al concetto di “non luogo”, pone questo spazio virtuale al di là di qualsiasi forma di delimitazione e di determinazione in termini di comunità, dove quello che accade non risulta quasi mai “impegnativo” per le istituzioni sovrane sui luoghi fisici. Erede di tanti fenomeni di comunicazione, dallo speaker- corner al tazebao, lo spazio virtuale – evidentemente in evoluzione secondo percorsi allo stato imprevedibili – sembra per ora configurarsi più come luogo dell’antipolitica, illusorio nella solo apparente possibilità di dare voce concreta a chi è fuori dal palazzo, che non invece della politica. Anche perché ancora sottovalutato dalla politica tradizionale. “Paradox – Oltre le opinioni dominanti” n. 1 - Gennaio-Febbraio 2016