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PROSA OPERETTA Alessandro Carbonare Primo clarinetto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di S.Cecilia dal 2003, Alessandro Carbonare ha vissuto a Parigi, dove per 15 anni ha occupato il posto di primo clarinetto solista dell’Orchestre National de France. Ha collaborato anche con la Filarmonica di Berlino e con la New York Philharmonic. Si è imposto nei più importanti concorsi internazionali. Ha vinto due Diapason d’oro discografici. Appassionato cultore della musica da camera è da sempre membro del Quintetto Bibiena. Guest professor alla Juilliard School di New York e al Royal College of Music di Londra ha fatto parte delle giurie di tutti i più importanti concorsi internazionali per il suo strumento. Su personale invito di Claudio Abbado ora occupa il posto di Primo clarinetto nell’Orchestra del Festival di Lucerna e nell’Orchestra Mozart. Ha recentemente eseguito e registrato per Deutsche Grammophon il Concerto KV 622 di Mozart suonando il clarinetto di bassetto ed è da poco uscito per DECCA il suo Cd The art of the Clarinet. A gennaio 2010 collaborerà come primo clarinetto con la New York Philharmonic Orchestra e recentemente ha vinto il concorso per primo clarinetto alla Chicago Symphony Orchestra. Orchestra Mitteleuropea L’Orchestra Mitteleuropea è una realtà di recente costituzione. Raccoglie l’eredità delle più recenti orchestre regionali radicandosi nel tessuto sociale del nostro territorio non precludendo collaborazioni e aperture verso i paesi che culturalmente ci sono affini da lustri: il nome infatti è frutto dell’idea di allargare i confini culturali grazie anche al contatto con talenti provenienti da nazioni che fanno e faranno parte della Comunità Europea. La nuova Europa, che ha fatto diventare il Friuli Venezia Giulia non più paese di confine ma centrale, appunto “mittel”, offre all’Orchestra Mitteleuropea l’opportunità di diventare traino di un progetto che affonda radici nella tradizione musicale europea. Le capacità professionali assodate di un gruppo ormai storico di musicisti della nostra regione trovano così un nuovo slancio in un progetto di matrice europea, dinamico e innovativo senza preclusioni verso la “nuova” musica con l’ambizione di diventare un’istituzione musicale di riferimento per l’area mitteleuropea. Violini Stefano Pagliari ** Pietro Talamini* Paola Beziza Nicola Mansutti Chiara Antonutti Monica Cordaz Luigi Calzavara Anna Moro Lucia Premerl Davide Albanese Caterina Picotti Giovanni Mirolli Leopoldo Pesce Ingrid Shllaku Marco Toso Domenico Mason Anna Apollonio Ludovica Burtone Furio Belli Clementina Carluccio Hanny Killaars Paola Gorza Giuseppina Tonet Viole Margherita Cossio * Elena Allegretto Enricheta Cefa Giovanni Boscarato Andrea Moro Francesca Levorato Alessandro Curri Lucia Zigoni Violoncelli Francesco Ferrarini * Massimo Favento Paolo Carraro Mara Grion Francesca Favit Lisa Pizzamiglio Bassi Paolo Mazzoleni * Mauro Zavagno Laura Soranzio Luca Zuliani Flauti Michela Gani * Tiziano Cantoni Oboi Enrico Cossio * Serena Gani Clarinetti Davide Argentiero * Elena Paroni Fagotti Dario Braidotti * Anna Flumiani Corni Andrea Liani * Mauro Verona Trombe Morris Sebastianutto * Luca Bastiancig Timpani Annamaria Del Bianco * ** Spalla * Prime parti via Trento, 4 - Udine Tel.: 0432 248411 [email protected] www.teatroudine.it MUSICA DANZA LIRICA CROSSOVER SIPARI FURLAN TEATRO BAMBINI TEATRO GIOVANI TEATRO & 16 - 19 dicembre - ore 20.45 Teatro Eliseo e Teatro Stabile di Firenze L’INTERVISTA di Natalia Ginzburg con Maria Paiato e Valerio Binasco e con Azzurra Antonacci musiche originali di Antonio Di Pofi regia di Valerio Binasco giovedì 31 dicembre - ore 18.00 (fuori abbonamento) STRAUSS FESTIVAL ORCHESTER WIEN PETER GUTH direttore Christina Khosrowi mezzosoprano Andreas Schagerl tenore AVVENTURA DI VIAGGIO nella terra incantata delle operette e della musica viennese Le più belle melodie della dinastia Strauss e di Joseph Lanner, Franz Lehár, Emmerich Kálmán e Robert Stolz 7 - 10 gennaio - ore 20.45 sabato 9 gennaio - ore 16.00 e ore 20.45 Teatro di Roma e Compagnia di Teatro di Luca De Filippo FILUMENA MARTURANO di Eduardo De Filippo con Lina Sastri, Luca De Filippo regia di Francesco Rosi martedì 12 gennaio - ore 20.45 I NUOVI SUONI LO SPIRITO E IL NUMERO Ensemble del Laboratorio di Musica Contemporanea del Conservatorio Jacopo Tomadini di Udine Virginio Zoccatelli direttore musiche di Ottorino Respighi, Luigi Dallapiccola, Franco Donatoni, Sofija Gubajdulina, Arvo Pärt 13 - 16 gennaio - ore 20.45 Teatro Stabile delle Marche e Teatro Stabile di Napoli TARTUFO di Molière traduzione di Cesare Garboli con Carlo Cecchi, Licia Maglietta, Elia Shilton, Angelica Ippolito, Antonia Truppo regia di Carlo Cecchi domenica 17 gennaio - ore 17.00 A TEATRO DA GIOVANNI I Sacchi di Sabbia / Compagnia Sandro Lombardi SANDOKAN (O LA FINE DELL’AVVENTURA) Liberamente tratto da “Le tigri di Mompracem” di Emilio Salgari scrittura scenica di Giovanni Guerrieri con la collaborazione di Giulia Gallo e Giulia Solano con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano, Giulia Solano spettacolo ideato per bambini e ragazzi dai 7 anni Prevendite: lunedì 21 dicembre per gli spettacoli di gennaio 2010. Solo il primo giorno di prevendita la biglietteria sarà aperta anche la mattina: ore 09.30-12.30; 16.00-19.00 Biglietteria on line: www.teatroudine.it www.vivaticket.it print: La Tipografica srl È Direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica della Nuova Zelanda dal gennaio del 2008, e Direttore ospite principale dell’Orchestra Filarmonica Giapponese. Ha diretto orchestre prestigiose quali la Staatskapelle di Dresda, il Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestre National de France, l’Orchestra Filarmonica della Scala, la Bayerischer Rundfunk, la WDR di Colonia, la Filarmonica di Israele, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, la BBC Orchestra. Recentemente ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano e al Concertgebouw di Amsterdam, ed è tornato sul podio della Staatskapelle di Dresda, dell’Orchestra Verdi e della WDR di Colonia. La sua registrazione effettuata con l’Orchestra Filarmonica da Camera Bavarese per Oehms Classics è stata scelta come registrazione del mese dal BBC Music Magazine. Pietari Inkinen ha inoltre inciso due dischi con musiche di Sibelius e Rautavaara con l’Orchestra Sinfonica della Nuova Zelanda (Naxos) e un’opera da camera di Lotta Vennäkoski con l’Orchestra da Camera Avanti. Recentemente ha registrato altri due CD per Naxos, con l’Orchestra Sinfonica di Bournemouth e l’Orchestra Sinfonica della Nuova Zelanda. ORCHESTRA MITTELEUROPEA Studio Patrizia Novajra ph: Tanja Ahola Pietari Inkinen 12 dicembre 2009 – ore 20.45 PIETARI INKINEN direttore ALESSANDRO CARBONARE clarinetto di bassetto ORCHESTRA MITTELEUROPEA PIETARI INKINEN direttore ALESSANDRO CARBONARE clarinetto di bassetto ORCHESTRA MITTELEUROPEA Ludwig van Beethoven (1770 - 1827) Coriolano, ouverture in do minore op. 62 Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791) Concerto in la maggiore KV 622 per clarinetto e orchestra (versione originale ricostruita per clarinetto di bassetto) Allegro Adagio Rondò. Allegro *** Ludwig van Beethoven Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 Poco sostenuto - Vivace Allegretto Presto - Assai meno presto Allegro con brio Ludwig van Beethoven Wolfgang Amadeus Mozart Concerto in la maggiore KV 622 per clarinetto e orchestra Ludwig van Beethoven Coriolano, ouverture in do minore op. 62 Beethoven aveva un debole per le vittime. Fidelio è imprigionato ingiustamente e solo grazie alla nobile tenacia della consorte riesce a liberarsi dalle grinfie di uno spietato carceriere. Egmont si ritrova dietro le sbarre, e poi sul patibolo, per essersi eretto a paladino della libertà fiamminga. E anche Coriolano è cacciato da Roma, proprio dopo aver portato il suo popolo alla vittoria. Tutti eroi a cui la storia ha voluto tagliare le ali; tutti simili a Beethoven, e alla sua eroica resistenza alle avversità dell’esistenza. Nel caso di Coriolano la fonte è duplice: Shakespeare (The Tragedy of Coriolanus) che va pescare nelle Vite parallele di Plutarco. Siamo nella Roma della guerra contro i Volsci; Coriolano è uscito vincitore dal conflitto contro i nemici, ma il suo orgoglio non incontra il favore del popolo e nel giro di poco tempo si trova fuori dalle porte della città, con tanti saluti alla sua gloriosa impresa bellica. La sua scelta va nella direzione della vendetta sanguinosa, schierato a fianco proprio di quei nemici che poco tempo prima aveva allontanato valorosamente dalle mura di Roma. Ma l’intervento della sua famiglia lo convince a stipulare un accordo tra le forze nemiche. Tutti sembrano soddisfatti, ma tra i Volsci si insinua il dubbio del tradimento e Coriolano, eroe ormai privo di patria, viene ucciso a sangue freddo da un gruppo di cospiratori. Beethoven finì sulla vicenda nel 1807, quando fu incaricato di scrivere una serie di musiche di scena per la tragedia di Heinrich Joseph Edler von Collin (terza fonte, quindi, dopo Shakespeare e Plutarco). Per una Vienna che sentiva già nell’aria lo scontro con Napoleone, la figura di Coriolano poteva rappresentare una proficua iniezione di eroismo. Beethoven, fin dalla Terza sinfonia, era considerato il compositore giusto per cantare valori solidi come un canto di vittoria. E così, nel giro di un paio di mesi, nacque un’ouverture che forse qualcuno avrebbe continuato a canticchiare anche qualche anno dopo, durante i giorni dell’invasione napoleonica. Certo gli accordi introduttivi (di cui forse si sarebbe ricordato anche Giuseppe Verdi per introdurre la scena di Ulrica nel Ballo in maschera) non promettono nulla di buono; l’idea principale, con il suo andamento furtivo disegnato dagli archi, è sinistra come lo sguardo di chi sa bene di avere la coscienza sporca. Ma Beethoven dà l’impressione di voler cambiare il finale del dramma, quando nella conclusione dell’ouverture lascia esplodere una melodia in maggiore (il secondo tema), contenuta a fatica fino a quel momento, che sembra alludere a una rinascita successiva ai colpi della congiura. Di ritorno da Praga e dall’insuccesso della Clemenza di Tito, nell’ottobre del 1791 Mozart si apprestava a vivere le sue ultime settimane di vita. Fuori, per le vie di Vienna, la gente fischiettava i motivi del Flauto magico, ma ormai era troppo tardi perché la città si rendesse conto di aver ospitato per dieci anni uno dei più grandi musicisti del tempo. Mozart era stanco; a Praga aveva cominciato ad avvertire i primi sintomi della malattia che in dicembre l’avrebbe portato alla morte, ma la sua creatività non poteva permettersi alcuna tregua. Sua moglie Konstanze se la godeva alle terme di Baden; l’inverno si preannunciava rigido, le preoccupazioni economiche non mancavano certo e poi c’era quel committente inquietante e misterioso, che ogni tanto veniva a bussare alla porta per avere notizie del Requiem. Mozart era al collasso delle forze; eppure continuava a prendere impegni, quasi come se si rendesse conto di dover stringere i tempi. L’amico massone Anton Stadler proprio in quei giorni gli chiese un lavoro per clarinetto e orchestra; ci sarebbero state decine di motivazioni valide per giustificare un rifiuto; ma anche quella richiesta venne soddisfatta e in pochi giorni nacque il Concerto KV 622. La pagina colpisce da sempre per la sua eterea espressività, per la sua scrittura profondamente distante dalla violenza emotiva del Requiem. Ciò che conquista la memoria dell’ascoltatore non sono i temi, ma le suggestioni timbriche evanescenti che percorrono i tre movimenti. La stessa assenza delle trombe, dei timpani e degli oboi, sembra motivata dall’esigenza di non turbare la trasparenza della strumentazione. Mozart sceglie di confinare ai margini le ombre, come se la sua intenzione fosse quella di riflettere sul trascendente con fragile delicatezza. Si sente il profumo di Cherubino nel primo tema dell’Allegro; l’ingenua purezza che accompagna il paggio delle Nozze di Figaro si trasforma qui in un messaggio contemplativo, nell’estasi di uno sguardo rivolto verso il cielo. Mozart pensa al timbro ancor prima che alla melodia e la conferma viene dalla riproposizione del primo tema alla dominante, avvolto da una nebulosa serie di imitazioni. E anche l’Andante non colpisce certo per l’originalità dell’invenzione melodica, ma per una sonorità cristallina che materializza un canto di pace e rassegnazione: la stessa sensazione di impotente contemplazione del trascendente che si avverte anche nel Quintetto KV 581. Ma è in terra che si scrive musica; ed è lì che torna il Concerto KV 622 nel Rondò finale, in cui solista e orchestra giocano attorno a un motivo spensierato come un’amabile conversazione tra amici. Nel giugno del 1813 il generale inglese Arthur Wellesley duca di Wellington infliggeva alle armate napoleoniche, nei pressi dei Pirenei, una sconfitta bruciante, che avviava il rapido declino dell’impero francese. In ambito tedesco la notizia fu accolta con entusiasmo; improvvisamente si sgretolava quella sottomissione politica, che per tanti anni aveva confinato Vienna e Berlino alla periferia dell’Europa. Anche il mondo artistico era trascinato dall’entusiasmo. Johann Mälzel, l’ingegnere passato alla storia per l’invenzione del metronomo, ebbe l’idea di commissionare a Beethoven la stesura di un brano che rievocasse le gesta di Wellington, con tanto di riferimenti militari espliciti, inni nazionali, canti di guerra e - se possibile - anche qualche cannonata. E così, l’8 dicembre, nell’aula magna dell’Università di Vienna, furono eseguiti un brano orchestrale intitolato, senza troppi simbolismi, La vittoria di Wellington e una sinfonia (la Settima), che, nonostante l’occasione celebrativa, riuscì a rimanere miracolosamente al riparo dalle folate pseudopatriottiche di quei mesi. Naturalmente tutto il favore del pubblico fu accordato alla Vittoria di Wellington, che suscitò il delirio della folla; la Settima, invece, conquistò gli ascoltatori solo con l’Allegretto, di cui si pretese il bis immediato. Gli altri movimenti risultarono ostili a un primo ascolto e la sinfonia dovette attendere molti anni prima di riuscire a guadagnare vasti consensi. Fuori da Vienna non piacque subito: Carl Maria von Weber vi rilevò la mano di un compositore «pronto per essere internato al manicomio»; e alcuni critici parlarono di «impronta tremante di un avvinazzato». Probabilmente il pubblico rimase perplesso di fronte a un organico meno esteso del solito. Ma la scelta di Beethoven riesce alla perfezione nell’intento di mettere in evidenza il legame con la suite settecentesca, genere con cui la Settima condivide l’interesse nei confronti del ritmo e della danza. Il primo movimento si apre con un’introduzione, nella quale si delineano chiaramente due elementi tematici contrapposti: una decisa figura ascendente che coinvolge tutta l’orchestra e un’idea più dolce, accompagnata da un trillo aggraziato degli archi. Poi la massa orchestrale si assottiglia su una figura ritmica ostinata, che introduce l’esposizione facendo ripetere sessantadue volte la stessa nota (un mi) a flauti, oboi e violini. Quest’idea diviene la cellula generatrice di tutto il primo movimento; e resta l’indiscutibile protagonista delle sezioni successive, dall’esposizione alla coda. Anche il successivo Allegretto nasce da un impulso ritmico; la melodia si nasconde dietro al battito del tempo e solo in un secondo momento emerge un’idea cantabile, che sale dalle viole ai violini fino ad arrivare a coinvolgere tutta l’orchestra. Lo Scherzo (Presto) è certamente l’espressione più appariscente dell’idea di danza che sta alla base dell’intera sinfonia. La propulsione motoria del movimento si scatena nuovamente da un’idea ritmica fondamentale; ne deriva una tensione incandescente, che si risolve nella calma del Trio, con i violini immobilizzati su una sola nota, mentre corni, fagotti e clarinetti se la ridono su una melodia dalle inflessioni popolari. E stesso discorso vale per l’ultimo movimento, Allegro con brio: un impetuoso dialogo tra archi e fiati generato ancora una volta da una minuta cellula ritmica. Clarinetto o clarinetto di bassetto? Il manoscritto autografo del Concerto KV 622 è andato perduto; ma è probabile che il lavoro inizialmente sia stato concepito per corno di bassetto, strumento che Stadler suonava con grande maestria (l’abbozzo del primo movimento conferma la supposizione). Fu tuttavia il clarinetto di bassetto (strumento dall’estensione intermedia rispetto agli altri due) il primo timbro solista del Concerto KV 622 nel 1791. Stadler fin dagli anni Ottanta del Settecento collaborava con il fabbricante imperiale Theodor Lotz per incrementare l’estensione dello strumento nel registro grave; e fu proprio a coronamento di quelle ricerche che nacque il lavoro di Mozart. La versione per clarinetto, oggi comunemente suonata nelle sale da concerto moderne, è pertanto frutto di una trascrizione effettuata dall’editore Sieber nel 1801. Nel corso dei secoli si sono perse le tracce del clarinetto di bassetto, e solo intorno alla fine del Novecento è stato possibile ricostruire lo strumento sulla base di dettagliate istruzioni reperite in alcuni documenti dell’epoca. Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 Testi di Andrea Malvano