viaggio0209b - Comune di Modena

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viaggio0209b - Comune di Modena
Speciale
Scuola e nuove
tecnologie.
Scenario
e proposte
pagine 3 - 13
Quadrimestrale anno XIV n. 2
maggio/agosto 2009
Reg. Trib. Civ. Modena
n. 1264 del 19/12/1995
Direttore responsabile
Giancarlo Barbieri
Editore: Comune di Modena
Memo
Viale Jacopo Barozzi Modena 172
tel. 059/2034311
e-mail:
[email protected]
www.comune.modena.it/memo
Redazione:
Giuliano Boni
Maria Grazia Rotelli
Impaginazione:
Alberto Accorsi
Contesto Srl
Stampa:
Nuovagrafica
Spedizione
in abbonamento postale
Pubblicità
inferiore al 50%. Autorizzazione
della Direzione Provinciale PT
di Modena.
Digitali
si nasce
o si
diventa?
F
orte interesse e partecipazione ha
ottenuto il convegno “Analogici
o digitali? La sfida delle nuove
tecnologie nella relazione scolastica e nella costruzione degli apprendimenti” tenutosi a Memo il 16 aprile
scorso alla presenza di insegnanti, studenti e operatori delle scuole superiori di
primo e secondo grado. La giornata ci
ha offerto lo spunto per proporre rifles-
sioni, approfondimenti e pensieri collaterali sviluppati dentro e fuori il convegno. Per presentare esperienze, idee,
dubbi che nascono da chi si confronta
quotidianamente con i giovani e i nuovi
modi di apprendere.
All’interno troverete contributi e punti
di vista di docenti, professori universitari, studenti e operatori culturali.
segue a pagina 3
In primo piano
Esperienze
Progetti
Cosa fare
per ricevere ancora
Viaggio in terza classe
A Vignola
un bell’esempio
di integrazione
Quando
l’eco-mobilità
premia
pagina 2
pagina 14
pagina 15
memo
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Caro lettore,
sono 14 anni che Viaggio in terza classe diffonde, oltre alle esperienze
vissute nelle aule, anche gli appuntamenti dedicati al mondo
della scuola, le iniziative e indicazioni su strumenti di lavoro.
Nel percorso può essere che qualche lettore si sia stancato, abbia
cambiato casa, lavoro o non sia più interessato a leggere il nostro
giornale. È per questo che intendiamo aggiornare il nostro indirizzario
per essere sicuri di raggiungere chi è veramente interessato ed evitare
quindi inutili sprechi. A questo proposito chiediamo la collaborazione
dei nostri lettori, chiediamo cioè di riconfermare l’abbonamento
gratuito a Viaggio in terza classe tramite una mail alla redazione.
Dal numero di settembre infatti il giornale verrà inviato
solo a chi rinnoverà la propria adesione scrivendo una mail entro il 30
giugno a [email protected] indicando come oggetto rinnovo
abbonamento e specificando nel testo nome, cognome e indirizzo.
Grazie a tutti per la collaborazione
Speciale
Scuola e
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n. 1264 Civ. Modena
del 19/12/
1995
Direttore
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Giancarl onsabile
o Barbieri
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di Modena
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Mauro Serra ha lasciato il suo
Le vacanze
di Memo
posto di lavoro dopo 40 anni
di attività ed ora può dedicarsi
liberamente ai suoi interessi
che a volte incrociano la strada
dei temi educativi del nostro
centro. E' stato il direttore storico
di Memo e di Viaggio in terza
classe, ma soprattutto ne è stato
l'anima e il punto di riferimento.
Ha sempre testimoniato,
con il suo stile di lavoro, che è
possibile lavorare con passione
e competenza senza dimenticare
l'aspetto umano delle relazioni.
Faremo tesoro dei suoi
insegnamenti e dei risultati
importanti che ci ha consegnato.
Un grazie di cuore
Durante i mesi estivi Memo
varierà gli orari di apertura
al pubblico.
Dall’8 giugno al 16 luglio
sarà possibile accedere al centro
le mattine di lunedì,
martedì, mercoledì e giovedì
dalle 9 alle 13.30
Dal 20 luglio al 21 agosto invece
sarà sospeso il servizio di prestito
materiali che riprenderà
regolarmente martedì 25 agosto.
È comunque possibile contattare
gli uffici del centro per altre
richieste o esigenze.
Il personale resterà a disposizione
nelle mattine dal lunedì al venerdì
e nei pomeriggi di martedì,
mercoledì e giovedì.
L'Assessore all’Istruzione
Adriana Querzè
e i colleghi di Memo
2
di Mario Agati
egli ultimi due anni la
dicotomia – nativi digitali/immigrati digitali inventata da Marc Prensky
per segnalare l’ennesimo iato generazionale ha avuto un tale successo
da divenire una vera e propria
moda. Si scrivono post sui nativi,
articoli sui nativi, saggi sui nativi…
E si fanno convegni sui nativi. Va da
sé che l’inflazione lessicale rischia di
svalutarne il concetto di fondo. E da
più parti si levano voci che affermano – in maniera più o meno provocatoria – che i nativi digitali, di
fatto, non esistono.
Non amo le generalizzazioni né le
etichette che tentano di omologare
– almeno nelle definizioni – fenomeni dinamici e complessi. E non
credo possa esistere uno slogan che
possa vestire un’intera generazione. I ragazzi - come ci ricorda
ancora Don Milani - sono diversi.
Non esistono strategie educative
valide per tutti, ma esistono percorsi
d’apprendimento
per
Giovanni, Sara, Noemi, Simone…
I miei due cuccioli, ad esempio,
sono entrambi adorabili, ma sono
del tutto diversi: uno potrebbe
adattarsi perfettamente allo stereotipo del nativo digitale, l’altro, che
pure smanetta con disinvoltura, ha
le stimmate del giovinetto analogi-
N
Mario Agati
Redazione Ted
Docente
Liceo Sigonio Modena
3
co d’antan.
Quando andiamo alla ricerca dei
presunti nativi digitali, quindi, non
si tratta di sclerotizzare con la secchezza di un elenco puntato un’intera popolazione giovanile. Si tratta solo di capire se esistono caratteristiche comuni - minimi comuni
denominatori - che contraddistinguono i ragazzi di oggi. E se queste
caratteristiche comuni possono in
parte spiegare – se non giustificare
– certe evidenze comportamentali
nella costruzione dei loro saperi.
I dubbi sulla reale esistenza e consistenza dei nativi digitali serpeggiavano ampiamente anche nella
Redazione Ted alle prese con l’organizzazione dell’annuale convegno. Per questo abbiamo deciso di
affrontare la queste (esistono i
nativi?) con il supporto di alcuni
docenti che si mescolano quotidianamente con i soggetti dell’indagine, ma anche con studiosi di varia
provenienza culturale (un pedagogista, uno psicologo, un linguista,
una semiologa…).
Lo stesso titolo del convegno, volutamente generico e asettico, è l’evidente sintomo dei nostri dubbi e
sottende la possibilità che ci possono essere ragazzi analogici e ragazzi
digitali, vecchietti digitali e vecchietti analogici.
Confesso, però, che il titolo è il
risultato di una mediazione: io
avevo proposto "I ragazzi venuti da
Google" che, come si vede, è un po'
sbilanciato verso il riconoscimento
di una specificità generazionale.
Ed avevo anche pensato ad un’immagine eloquente: il vecchio Dante
che guarda perplesso Silvia – una
mia simpatica alunna di terza che, pur maneggiando con disinvoltura libri e parole, è ormai
proiettata verso un nuovo orizzonte cognitivo fatto anche di Google
e di Facebook, di tag cloud e di
link, di sms e Youtube.
Insomma: l’etichetta potrà anche
non piacere – e non mi fa impazzire - ma ha una sua valenza argomentativa. Come si fa a dire che i
ragazzi di oggi non sono digitali?
Io credo che negli interventi di chi
speciale
I ragazzi venuti
da Google
speciale
nega l’esistenza dei nativi ci sia un
equivoco di fondo. Pensare, cioè,
che i nativi digitali siano cittadini
consapevoli del web 2.0, surfisti
scaltri, capaci di popolare il web di
contenuti e link di grande impatto
cognitivo…
Non è così, come io stesso ho più
volte sostenuto. La stragrande
maggioranza dei miei ragazzi naviga fra link e finestre con grande
disinvoltura, ma con scarsa consapevolezza critica ed eccessiva leggerezza. Ma non è questo il punto. I
ragazzi sono digitali in quanto parziale prodotto dell’universo digitale. In quanto usano orologi digitali, cellulari digitali, videogiochi
digitali, lettori musicali digitali…
E al di là dell’etichetta e delle scontate approssimazioni di una dicotomia forzatamente semplicistica,
mi pare evidente che esista, nel
mondo della scuola almeno, una
certa dissonanza fra i due mondi,
fra quello degli insegnanti e quello
dei ragazzi. Certo questo iato non
dipende (SOLO) dall'essere o
meno digitali (anche se credo che
le ore di videogioco, di zapping
cybernetico, di cuffie nelle orecchie, di sms... qualche traiettoria
neuronale l'abbiano deviata) ma
dal senso. Dal modo di ricercare
un senso delle cose, delle azioni,
della vita.
NOI diamo un senso alle cose.
LORO ne danno un altro. NOI
diamo un'importanza etica alla profondità, LORO non capiscono perché devono fare tanta fatica a scavare se il piacere quasi sempre aleggia in superficie. NOI amiamo l'estetica dell'unicum e dell’autentico,
LORO si abbandonano all’estetica
del facile riuso. NOI amiamo gli stilemi classici o romantici, LORO
sono melting pop. NOI tifiamo per
la riflessione e l’analisi, LORO sono
seguaci della velocità e dell’infilata
di sequenze…
E non esprimo un giudizio di valore.
Loro non sono peggiori o migliori.
Sono diversi (come ogni buon
antropologo dice delle civiltà altre).
Chiamiamoli nativi digitali (per
dirla con Prensky) o mutanti che
respirano con le branchie di
Google (per dirla alla Baricco) o
generazione web… ma loro sono
inesorabilmente diversi. O meglio:
sono gli inconsapevoli protagonisti
di un diverso modo di tracciare il
mondo. Di una diversa cultura. Di
una diversa civiltà. Che ha i suoi
imbelli condottieri (Larry Page e
Sergey Brin; Chad Harley e Steve
Nella foto piccola,
Giovanna Morini
docente di informatica
ITIS F. Corni - Modena
Chen; Shawn Fanning; Mark
Zuckerberg…), i suoi semianalogici collaborazionisti (Tim BernersLee, Nicholas Negroponte, David
Weinberger, Derrick De Kerkove
…) e milioni di nuovi adepti più o
meno consapevoli. E prima o poi
vinceranno. O, meglio, vincerà la
cultura di cui loro sono più o
meno ignari vettori. Perché la
Galassia Digitale è destinata in
ogni caso a sostituire – o comunque ad includere - la Galassia
Gutemberg.
Si tratta se mai di vedere cosa deve
fare la scuola in questa fase di
transizione. Si tratta se mai di chiedersi, ad esempio, come orientare
un gruppo classe all'apprendimento in una situazione esistenziale
ormai abitata da tecnologie sociali.
Intanto mi viene da dire che noi
insegnanti dobbiamo fare un ulteriore sforzo per cercare di conoscere di più e meglio i nativi che ci siedono di fronte. Perché non possiamo certo leggere gli studenti di oggi
con gli strumenti e le strategie dei
docenti di ieri. E senza conoscenza
e comprensione reciproca non c’è
dialogo educativo che tenga.
E poi, io rimango convinto che
l’uso intelligente di certe tecnologie (vecchie e nuove) potrebbe curvare sensibilmente la prassi didattica verso orizzonti un po’ più
costruttivisti che inseriscano i
ragazzi in percorsi di apprendimento più attivi e collaborativi.
Senza dimenticare che se è vero
che i nostri ragazzi sono quotidianamente sovraesposti a mitragliate
di pillole cognitive, ai linguaggi
sincopati di propaggini elettroniche, all’indistinta schiuma di saperi che galleggiano nelle reti, è
altrettanto vero che la scuola deve
porsi – anche - come guida, come
coscienza critica, come agenzia di
sintesi e sistematizzazione, se non
proprio di ricomposizione olistica,
della frammentazione culturale.
Facendo i conti, appunto, con l’identità digitale.
Perché se la bulimia tecnologica
genera qualche potenziale disadattato, l’anoressia tecnologica genera molti potenziali emarginati.
Come sempre: Est modus in rebus.
Impariamo dunque, assieme ai
nostri ragazzi, a godere dei piaceri
delle ITC, senza abusarne, come si
può imparare a gustare il buon
vino senza ubriacarsi e a godere
del buon cibo senza ingrassare
(http://agatimario.blogspot.com)
La didattica con la LIM:
dalla tecnologia ai modelli
pedagogici. Riflessioni
sull’impatto educativo
dei nuovi strumenti
informatici nella scuola
di Giovanna Morini
a proposta d'uso didattico
delle Lavagne Interattive
Multimediali (LIM) sta crescendo
esponenzialmente
negli ultimi anni in Europa ed in
Italia. In realtà si tratta di una tecnologia i cui aspetti educativi sono
studiati dalla fine degli anni '90. Una
ricerca su un portale specializzato in
testi scientifici restituisce oltre 2000
citazioni, segno dell’interesse che la
comunità scientifica dell’area educational attribuisce al tema.
Tuttavia, come spesso accade al diffondersi di una nuova tecnologia
con impatto educativo, agli entusiasti sostenitori fanno seguito prese di
posizione più critiche. Si tratta di
fascino reale o di “imbellettamento” della solita lezione frontale? Le
LIM sono una manna dal cielo o un
carrozzone di fili e attacchi? A fronte dei massicci investimenti governativi (la tecnologia costa…) e dell’entusiasmo di studenti e docenti
per il “grande schermo” e la multimedialità (una sorta d'effetto
L
4
Dal gesso
al touch
screen
"wow!"), si deve monitorare l’efficacia dei risultati (per evitare l’effetto "sboom"). È in gioco una sorta
di circolo ermeneutico tra educazione e tecnologie: l’educazione sfida la
tecnologia chiedendo strumenti di
facile utilizzo per imparare meglio,
ma questa relazione non è a senso
unico, poiché anche la tecnologia
interroga l’educazione spingendola
a nuovi approcci e pratiche didattiche. Il punto quindi non è se le LIM
servono, ma per quali obiettivi, a
quali condizioni e con quali costi di
risorse economiche ed umane.
L’insegnamento creativo non nasce
di per sé da ciò che usi, ma da come
lo usi nella didattica ordinaria.
Anche la lavagna d'ardesia è da sempre tecnologia per l'aula: è usata per
mostrare mediante codici numerici e
alfabetici, per schematizzare, per
organizzare l'informazione, per aiutare il processo d'interiorizzazione
della conoscenza, ma che fatica!
Infatti, la lavagna d'ardesia è per
definizione volatile e consente la presentazione soltanto d'immagini statiche. Rispetto all'antico adagio: "Se
ascolto dimentico, se vedo ricordo,
se faccio capisco" cosa aggiunge la
LIM? Essa offre un sostegno alla
seconda affermazione, perché il contenuto e il processo sono sempre salvati e disponibili per rinforzare un
vedere che contribuisca al ricordare,
giacché i concetti si visualizzano non
uno per volta, ma in rete, a mappa,
in una dimensione sincronica e diacronica.
Un'altra tecnologia di supporto alla
didattica ordinaria è stata senz'altro
l'introduzione delle presentazioni
multimediali, con integrazioni di
audio-immagini-filmati in un unico
contenitore, con la possibilità di
avere sempre a disposizione il materiale pronto per le lezioni. Tuttavia le
presentazioni, dovendo essere preparate in anticipo, possono mancare di
flessibilità e si riferiscono ad una
didattica senza interazione, di tipo
trasmissivo, ad una comunicazione
unidirezionale. Anche in questo caso
la LIM offre un forte valore aggiunto: "se faccio capisco", l'interazione
tecnologica con la lavagna diventa
interazione pedagogica tra docentestudenti-contenuti, la forte interattività ha effetti positivi sugli stili d'apprendimento (in particolare quello
cinestetico), sull'attenzione, sulla
motivazione.
Pertanto, dietro alla scelta di utilizzare la LIM nella didattica ordinaria ci possono essere due "precomprensioni" pedagogiche:
- un approccio costruttivista alla
conoscenza, per cui l'interesse del
docente è focalizzato non sull'addestramento, ma sulla dinamica
insegnamento/apprendimento,
5
speciale
non sui contenuti ma su quello che
succede "nella testa dello studente";
- l'idea che “si impara solo quello
che già si sa”, nel senso che ogni
nuovo concetto è appreso solo
nella misura in cui è agganciato
alla rete della personale mappa
cognitiva già posseduta, e che la
conoscenza non può essere trasferita già fatta allo studente in quanto la strutturazione dei concetti
può essere costruita solo dallo studente stesso.
La lavagna interattiva può davvero
sostenere entrambe queste scelte di
campo. Disegnare, scrivere, salvare
sulla LIM è un modo per costruire
conoscenza interiorizzata e condivisa all'interno di un gruppo classe;
richiamare e integrare prodotti
digitali realizzati sulla LIM, facilmente realizzabili in modo ipertestuale, è un modo per stabilizzare
un apprendimento a rete piuttosto
che sequenziale. Anche grazie alla
LIM l'attività didattica si può allora configurare come processo metacognitivo, piuttosto che come semplice erogazione di contenuti. Last
but not least, la LIM è democratica
e produce materiali alla portata
degli studenti, che possono utilizzarli come un quaderno d'appunti
che raccoglie insieme oggetti diversi, senza che si perdano o straccino
le pagine. Il prezioso quaderno personale rimarrà, ma sarà integrato
da questo quaderno elettronico, che
contribuisce ad una circolazione
orizzontale del sapere, più cooperativa. Concludendo, la funzione fondamentale della LIM è quella d'essere la memoria vivente e condivisa
del processo educativo, sia nel
corso del suo svolgimento, sia a
posteriori, tutte le volte che sarà
necessario riprendere il tutto o sue
parti.
Naturalmente, i problemi tipici nell’uso delle LIM non mancano: l’importanza di training e supporto ai
docenti, gli aspetti logistici delle aule,
i costi, il timore di mettere in circolazione molto materiale didattico di
scarsa qualità. E' di conforto a proseguire nella sperimentazione d'uso
l'apprezzamento degli studenti: "Ci
siamo divertiti un sacco a lavorare
con la lavagna, perché era tutto lì",
come ha detto Luca, 4^ superiore, 1
metro e 80 di studente .
La speranza è che la LIM possa facilitare la realizzazione di una didattica come strumento di "governance"
dei processi e non solo di visualizzazione di prodotti
speciale
Nativi e immigrati
digitali
Luoghi altri
di apprendimento:
forum di sostegno,
classi virtuali,
social community.
Un viaggio nella scuola
del nuovo millennio
Attilia Lavagno
docente di inglese
Liceo San Carlo Modena
vita, le ha incontrate dopo; prima
ha conosciuto il Web 1.0 !
Solo più tardi ha affrontato il WEB
2.0
Così l’insegnante, immigrato digitale, quando si avvicina e prova ad
usare la lingua dei natives mostra
inesorabilmente il suo personale
“accento” di confine.
Continua a stampare i documenti
da editare piuttosto che farlo direttamente sullo schermo, telefona
per avvisare dell’arrivo di una email.
Mantiene, in sostanza, comportamenti pre-digitali.
In questi anni la ricerca si è interrogata sull’impatto delle nuove
tecnologie sull’apprendimento e in
particolare sul diverso ruolo svolto
da attenzione, memoria e motivazione in questo contesto. Molti gli
studi apparsi su cervello e
“Multitasking”, cioè la capacità
del cervello di svolgere più compiti
simultaneamente. Capacità però
che, secondo alcuni, andrebbe a
discapito di concentrazione e
attenzione.
Dai colloqui settimanali con i genitori dei miei studenti viene la conferma sul campo: la maggior parte
degli adolescenti è davvero
“Multitasker”: le mamme lamentano che i figli fanno i compiti e
studiano con il portatile aperto e il
cellulare a fianco; così mentre leggono il libro di testo (e magari
ascoltano musica dall’i-pod) possono ricevere/inviare instant messages, chattare con gli amici e
inviare mail e SMS.
Davvero difficile tradurre latino/
greco, fare esercizi di matematica o
di Lingua Straniera rielaborando
in modo profondo e non superficiale regole e paradigmi…
Se lo scopo dell’insegnamento è
favorire e migliorare l’apprendimento, la babele delle lingue non
favorisce i nostri studenti che pensano, studiano ed elaborano in
modo fondamentalmente diverso
dai loro predecessori.
In questo scenario reale come possono riposizionarsi gli insegnanti?
Come possono interpretare nuovi
fenomeni senza utilizzare solo vec-
di Attilia Lavagno
l mio intervento muove dal confine, dal cosiddetto “Digital
Divide”, cioè il territorio in cui
molti insegnanti “Immigrati digitali” come me (M. Prensky 2001), si
pongono in atteggiamento di ascolto
per comprendere la lingua dei
“Nativi digitali” che affollano le loro
aule.
In un certo senso, per una insegnante
di Lingua Straniera come me, si tratta di una nuova ulteriore attualizzazione dell’obiettivo primario da sempre perseguito favorire la comunicazione mediando tra due codici e
due mondi.
Ma chi sono gli studenti del
nuovo millennio? Molti
recenti studi hanno prodotto un patchwork di tratti
che ne delineano l’identità.
I cosiddetti “Millennials” o
“NetGen”, cioè i nativi digitali, sono
ragazzi cresciuti all’interno della tecnologia digitale: computer, internet,
telefono cellulare, Mp3 e I-pod.
Il loro idioma si è strutturato attraverso la condivisione dei videogames,
dell’instant messaging e del Web 2.0.
Questo è il loro orizzonte da sempre.
L’adulto, l’insegnante, che vuole
comprendere questo mondo si è
avvicinato alle più recenti tecnologie solo in una certa fase della sua
I
6
speciale
chi schemi? E in quali spazi di
apprendimento?
Forse in un altrove che non sia solo
“aula”; uno spazio altro, cioè, in
cui provare a riconfigurare la relazione insegnante/apprendente, in
cui reale e virtuale possano diventare complementari .
In questo senso la piattaforma
“TED–learning” può rappresentare efficacemente un luogo di confine del digital divide, dove digital
immigrants e natives possono collaborare ad una una giusta mediazione linguistico/culturale e soprattutto riconoscersi.
Il TED può diventare un altro
“qui” della relazione educativa; è
infatti uno spazio con connotazioni familiari ai Millenials – tratti
distintivi vicini alla loro esperienza
quotidiana, alle loro aspettative e
ai loro comportamenti, forse molto
più di certe aule scolastiche.
Si tratta di strumenti che non sono
legati ai tempi tradizionali della
scuola e strumenti “mobili” cui i
ragazzi possono accedere da diverse strade tecnologiche (portatile,
palmare, cellulare, internet cafè).
TED assomiglia alla vita digitale
dei nostri ragazzi e può dare un
feedback continuo all’insegnante
aiutandolo a ri-disegnare l’ambiente di apprendimento in forma
“blended”.
Sulla scorta di queste osservazioni,
da qualche anno ho aperto su
TED, insieme ai miei colleghi di
corso, classi virtuali parallele a
quelle reali. Per favorire la condivisione di materiali utili per i progetti trasversali e interdisciplinari e
poi per creare una piccola social
community degli studenti delle
diverse classi. Ogni classe virtuale
si è sviluppata per l’intero anno
scolastico ed ha registrato ogni iniziativa dei ragazzi diventando una
colorata storyboard del percorso di
apprendimento di ogni classe.
La partecipazione è stata sempre
buona, con picchi di utilizzo del
forum in occasione di concorsi letterari cui abbiamo partecipato o di
rappresentazioni teatrali che
abbiamo organizzato. Le presenze
in TED sono state cioè molto più
assidue nei momenti in cui l’offerta
didattica portava a “decidere con”
piuttosto che “per” gli studenti.
Così in quest’anno scolastico, gravato dai problemi del recupero (in
itinere ed extracurriculare) e del
sostegno, insieme all’insegnante di
Latino e Greco abbiamo pensato di
usare la classe virtuale per tentare
di arrivare a quei ragazzi per i
quali nessuna forma istituzionale
di recupero funzionava. Lo strumento scelto è stato il Forum perché facile da gestire anche dalla
collega immigrata digitale di ultima generazione!!
Attualmente sono in corso due
esperienze le cui evidenze sono pertanto solo parziali.
Il primo esempio è un FORUM di
sostegno che riguarda Latino e
Greco che si avvale dell’approccio
del cooperative learning e del peerteaching rivolto ad una classe
quinta ginnasio, che alla fine del
primo quadrimestre e dopo un
corso di recupero extra curricolare
continuava a evidenziare diffuse
difficoltà nella traduzione sia in
Latino che in Greco.
Io ho semplicemente aperto uno
spazio “Classics” nella classe virtuale collegandolo ad un forum e
la collega di Lettere Classiche,
prof.ssa Antonella Nicoletti, ha
postato testi da tradurre a casa e
aperto un confronto sulla traduzione dei brani da lei assegnati. Le
ragazze a turno inseriscono la traduzione che viene editata sia dalle
compagne che dall’insegnante.
In questo Forum gli studenti diventano i protagonisti attivi della
costruzione delle proprie abilità di
traduzione favorita dall’interazio7
ne sociale prodotta dal mezzo. Il
medium consente di creare le condizioni favorevoli all’apprendimento monitorato e moderato dall’insegnante.
Il secondo esempio è un vero e proprio forum di recupero su alcuni
argomenti di grammatica Inglese
che si rivolge ad una sola studentessa, unica a manifestare ancora
problemi dopo aver frequentato un
più tradizionale corso extra curricolare in presenza. La ragazza
esprime molto interesse per la lingua e la cultura (canzoni, film),
dimostra buona intuizione e comprensione anche degli aspetti formali in classe, difficoltà a ritenere
quanto appreso, quasi nulla rielaborazione domestica dei contenuti.
Esiti negativi soprattutto nella produzione scritta.
Questo il quadro in cui si muove la
proposta individualizzata “tailored” sulle sue esigenze, il cui obiettivo principale è riuscire a costruire
con lei, dal basso, un percorso che
produca un apprendimento più
efficace.
Il superamento delle barriere insegnante/apprendente e la personalizzazione dell’azione potrebbero
diventare il valore aggiunto di un
forum di recupero, ben al di là
della messa a fuoco dei concetti
grammaticali
speciale
di Erika Corghi
Redazione Ted – Provincia di Modena
Voci
dalla Tavola
i animano blog sui nativi,
nascono gruppi su facebook, si sfornano post,
articoli, libri e e-book sui
nativi… gli aggregatori di feed
sono intrisi dalla dicotomia “nativi digitali-nativi analogici” e nelle
tag cloud i nativi spiccano a font
cubitali.
Ma esistono davvero i nativi digitali o è una fuggevole moda? E se
esistono, chi sono, come apprendono, come comunicano, come si
relazionano? E la divaricazione tra
i nativi digitali e i nativi gutenberghiani tratteggia un gap o un crash
generazionale? Come può la scuola intervenire attraverso l'educazione ad un utilizzo critico e consapevole dei nuovi strumenti tecnologici?
S
Interrogativi mutevoli e molteplici
ai quali la Tavola Rotonda, organizzata nell’ambito del convegno
“Analogici o Digitali?”, non ha
voluto offrire risposte lapalissiane
ma ha cercato di offrire policrome
chiavi di lettura.
Luigi Guerra, preside della Facoltà
di Scienze della Formazione
dell’Università di Bologna, ha
denunciato, con viva preoccupazione, la caduta di strategie di inse-
gnamento che oltre ai contenuti
offrano anche contenitori, ovvero
modelli meta-cognitivi di organizzazione intesi come “ganci a cui
appendere i nuovi saperi”. A fronte di strategie di apprendimento
più centrate sull’hic et nunc, su collegamenti rapidi e provvisori, il
prof. Guerra rivendica la necessità
assoluta, da un punto di vista
pedagogico, di prendere le distanze
da un atteggiamento fenomenologico che rischia di ingessare le strategie didattiche su modelli di insegnamento/apprendimento che assecondano la perdita di punti di riferimento e inibiscono la capacità di
organizzare nuove conoscenze.
“Ho paura del fatto che prendere
semplicemente atto del nativo digitale, dando per scontato una deriva di perdita di punti di riferimento e un modo di fare cultura così
provvisorio, voglia dire andare
verso un consumatore di cultura
che lascia del tutto scoperto il problema del produttore di cultura”.
Su come le nuove tecnologie possono inserirsi nella didattica, il prof.
Guerra conclude affermando che
“non sono gli strumenti che fanno
diventare socio-costruttivista un
apprendimento, non è la tecnologia in sé che fa scomparire un po’
l’insegnante bensì ci vuole un buon
insegnante per scomparire un po'
come insegnante. E’ il discorso del
logos sulla teche ed è da qui, dalla
didattica e non dalla tecnologia,
che è necessario partire per dare un
senso all’uso delle tecnologie nella
didattica”.
Silvia Menabue, dirigente scolastico dell’IPSIA Corni di Modena,
rappresenta la voce di chi lavora
nella scuola in un momento in cui
la scuola è chiamata a raccogliere la
sfida educativa delle nuove tecnologie e sottolinea come, anche a fronte di un significativo sforzo ministeriale di rilancio delle dotazioni tecnologiche delle scuole, sia imprescindibile un investimento sulla formazione dei docenti. “In un
momento in cui si riconosce che la
scuola non può fare a meno di confrontarsi con le nuove tecnologie,
l’impegno – sottolinea la prof.ssa
Menabue – è quello di puntare su
una formazione dei docenti in chiave di curvatura didattica della tecnologia al fine di evitare l’errore di
relegare i computer nei laboratori
di informatica favorendo, per contro, la costituzione di un’aula inclusiva in cui, anche attraverso le ICT,
si possa tradurre operativamente il
cooperative-learning nel rispetto
dei diversi stili cognitivi e di
apprendimento”.
Augusto Carli, professore di
Glottologia e Linguistica presso la
Un momento del convegno
8
Roberto Cubelli, professore di
Psicologia
dell’Apprendimento
presso la Facoltà di Scienze
Cognitive dell’Università di Trento,
capovolge parte delle conclusioni a
cui si era giunti nel precedente convegno ADI di Bologna in cui si
sosteneva che il ruolo del docente
dovesse sostanzialmente venire
meno. “Credo che la conclusione a
cui giungere sia esattamente il contrario. Credo che mai come oggi il
ruolo del docente vada valorizzato
e posto al centro dell’attenzione. I
nativi digitali, intesi come persone
cognitivamente e neurologicamente diverse, non esistono. Esiste,
però, una generazione di studenti
che dispone di conoscenze, non
solo tecnologiche, che sono sconosciute al docente. Ciò pone l’esigenza di recuperare una relazione,
un dialogo educativo tra insegnanti e studenti”.
“Oggi – prosegue il prof. Cubelli siamo sommersi da informazioni. A
Bologna si è insistito parecchio sulla
straordinaria potenza di Google, la
conoscenza a disposizione, la possibilità di poter accedere a qualunque
tipo di informazione immediatamente. Negli anni ‘60 si avevano in
casa enciclopedie che rappresentavano la conoscenza raccolta e così
come in quegli anni si copiavano le
ricerche dall’enciclopedia, oggi
qualcuno scarica ricerche da internet. Solo la scuola, che ha come
compito primario l’istruzione, può
fornire strumenti critici per non
subire il punto di vista degli altri”
Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Modena e Reggio
Emilia, con meticolosa accuratezza
dipinge un quadro in cui viene rappresentato, a tinte forti, il ruolo
fondamentale che deve giocare la
scuola intesa come agenzia educativa. A fronte di un diluvio di informazioni che caratterizza la società
della conoscenza, la scuola deve
fornire gli strumenti critici utili a
discernere l’importante dal meno
importante. “Studenti che oggi
usano strumenti tecnologici si trovano spesso davanti ad una pletora
di informazioni ma purtroppo talvolta non posseggono gli strumenti
per distinguere la qualità e paratassi di informazioni vengono poste
sullo stesso identico piano”.
In un momento storico-sociale in
cui i mass media propinano non
informazione critica bensì infotainment”, ovvero informazione da
intrattenimento, il ruolo della
scuola diviene ancora più cruciale.
Dal convegno del 16 aprile
una sintesi degli interventi
di Luigi Guerra,
Silvia Menabue, Augusto
Carli, Giovanna Cosenza
e Roberto Cubelli
speciale
Sono costantemente connessa e,
con un approccio multitasking, uso
gli sms, facebook e il mio blog per
socializzare e comunicare.”
“Analogici o digitali?”
è il titolo del convegno
promosso da Progetto Ted
(tecnologie educative
distribuite) in collaborazione
con la provincia di Modena.
Sul sito
www.ted.scuole.provincia.
modena.it sono disponibili
i filmati della tavola rotonda,
le presentazioni
in powerpoint di Attilia
Lavagno e Giovanna Morini,
testi dei contributi e il
programma della giornata.
La piattaforma ted-learning
Il progetto TED (Tecnologie Educative
Distribuite) nasce nell'anno scolastico
2002-2003, promosso dall'Assessorato
all'Istruzione e Formazione Professionale
della Provincia di Modena. L’idea è quella di conciliare la diffusa domanda di
sperimentazione delle nuove tecnologie
nel mondo della scuola con il patrimonio
di esperienze innovative, sia sul piano
pedagogico che sotto il profilo strettamente didattico-disciplinare, realizzate
dagli istituti superiori di Modena e provincia. Nell’anno scolastico 2004/2005
è stato attivato il portale Ted
(http://ted.scuole.provincia.modena.it)
Giovanna Cosenza, professoressa
di Semiotica dei nuovi media presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Bologna, respinge enfaticamente il criterio anagrafico come elemento di distinzione
fra i nativi e gli immigrati digitali.
“Io non sono ‘giovanilista’ e nemmeno nativa – afferma la prof.ssa
Cosenza – ma se devo basarmi
sulle caratteristiche dei nativi digitali mi sento chiamata in causa.
9
per promuovere e sostenere lo sviluppo
di una comunità di studenti e docenti,
come punto di raccolta, classificazione e
distribuzione di materiale didattico e in
grado di fornire un’interfaccia di accesso
a servizi condivisi anche attraverso una
piattaforma e-learning. Il portale è inoltre
caratterizzato da un’area news – notizie
da e per il mondo della scuola – e da un
archivio di esperienze didattiche e progetti scolastici conclusi o in corso.
Non ultimo uno spazio importante è
occupato da S.MO.O.L. un e-magazine
mensile gestito da una rete mista di studenti e insegnanti modenesi.
speciale
Elena e Marco
si specchiano nel web
di Elena Ferrari
studentessa Liceo Sigonio Modena
Nel cercare di risolvere
l’eterno dilemma tra antico
e moderno, tradizione
e tecnologia, analogico
e digitale, abbiamo
registrato un rapido faccia
a faccia fra due ragazzi
dalle opinioni diverse
arco, neo diplomato
dell’IPSIA Corni, ed
Elena, maturanda del
liceo Sigonio.
Quanto del tuo tempo libero trascorri al computer?
M: Abbastanza. Specialmente se
sono in casa capita di frequente che
mi ritrovi a bazzicare su internet.
Ad esempio poco fa stavo proprio
creando un gruppo su Facebook.
E: Molto poco. Preferisco fare
sport, stare all’aria aperta, leggere
un libro. Il computer lo accendo
una volta al giorno, se ho tempo.
Sei iscritto a qualche social network?
M: Certamente. Oltre a Facebook e
Windows Live Messenger, comunico anche attraverso Netlog, Badoo,
Hi5, Chatta e Mondochat… e poi
devono essercene altri ma ora non
ricordo.
E: Utilizzo più che altro MSN perché è il più semplice e immediato.
M
zioni quando ne ho bisogno.
Quali strumenti usi per fare una
ricerca di argomento culturale?
M: Beh… Google e Wikipedia sono
i miei migliori alleati!
E: Ricorro alle biblioteche. Vaglio
la sezione di mio interesse e seleziono i testi di cui ho bisogno, poi li
leggo e fotocopio alcune parti.
Oppure ogni tanto sfoglio le pagine
ingiallite della mia insostituibile
enciclopedia Rizzoli: è sempre un’emozione! Se poi mi servono anche
immagini o informazioni più aggiornate integro il materiale con una
ricerca in internet.
A proposito di libri... con che frequenza leggi?
M: In media direi un libro all’anno.
E: C’è sempre un libro sul mio
comodino!
E il tuo rapporto con le biblioteche?
M: Praticamente nullo. Ho perso la
tessera e l’ultima volta che vi ho
messo piede è stata in terza media
per la ricerca d’esame (...ma solo
perché non avevo ancora installato
internet!)
E: Frequento spesso le biblioteche,
per prendere in prestito libri, fermarmi a leggere quando il tempo
me lo consente. E poi, adoro frugare nelle bancarelle di testi usati in
cerca di qualcosa di interessante.
Ultima domanda: pensi che l’informatica debba diventare materia
obbligatoria in tutte le scuole?
Perché?
M: Certamente, a partire dalle elementari. Sarebbero necessarie almeno due ore settimanali. Ma non
solo per utilizzare i programmi base
come word, excel o power point,
ma anche per apprendere la struttura del sistema. E’ essenziale perché
al giorno d’oggi i computer sono
ovunque e anche in previsione di
una qualsiasi professione bisogna
imparare a conoscerli e utilizzarli.
E: Obbligatoria è una parola grossa. Diciamo che se i soldi e i tempi
lo consentono è certamente utile,
ma non dimentichiamo che la scuola serve innanzitutto a sviluppare
l’intelligenza e il pensiero critico,
quindi è fondamentale dare precedenza alle discipline base come
Italiano, Matematica, Storia
Da pochissimo sono iscritta anche a
Facebook, ma ci entro solo alla
sera, quando ho voglia di distrarmi
un po’ e di chiacchierare.
A che età hai avuto il primo computer?
M: A sei anni. Inizialmente lo
impiegavo soprattutto per i giochi,
poi però mi sono incuriosito e ho
iniziato a scoprire da solo come funziona un sistema operativo: era così
affascinante! Così ho imparato, da
autodidatta, tutto quello che c’è da
sapere – o quasi – dell’universo
informatico.
E: Avevo dieci anni. E il primo computer che ho avuto è stato quello
usato di mio zio, che è arrivato a
casa mia soltanto perché stava per
essere cestinato. In effetti l’uso che
ne facevo era limitato al solitario e a
Word.
Da quanto tempo invece usi internet? E per quali scopi lo utilizzi?
M: Da sei anni. Ma da quando l’ho
installato sono quasi sempre connesso: grazie ad internet posso fare
di tutto: vedere programmi tv in differita o accedere a canali satellitari,
installare nuovi programmi, comunicare con persone lontane, scaricare musica e film, creare nuovi siti…
E: Sono cinque o sei anni che ho
internet a disposizione e lo utilizzo –
a parte per le mie capatine quotidiane sui social network – per controllare la posta o di reperire informa-
10
Oggi esci?”“No donne, devo
studiare” “Dai, non fare la
secchiona... tanto sappiamo
che non apri un libro!”
“Giuro che lo faccio. Ciao!”
E mentre prometto di aprire mille
libri penso già a quale motore di
ricerca giurare fedeltà eterna. E proprio mentre mi siedo e sono nell’ordine di idee di studiare, la mia
migliore amica mi manda un sms
dicendo di correre su msn che mi
deve raccontare una novità.
Le telefono: “Non tentarmi, devo
studiare”
“Ma Auri..!”
E la telefonata procede per almeno
20 minuti.
Le butto giù il telefono.
Bene Auri, c’è da studiare.
Studiare?
Si Auri, devi farlo: perché se non
studi non hai futuro, i tuoi si incavolano di brutto e diventi lo scarto
della società.
Ho spesso conversazioni con la mia
piccola e insistente coscienza e decido di renderle pubbliche su feisbuc.
La Gio dopo due secondi commenta, l’Ele dice che le piace e la Marti
pubblica foto dove mi tagga.
Auri spegni il computer!
Taci coscienza, ormai non mi servi
più.
No, mai!
di Aurelia Zoboli
“
studentessa Liceo Sigonio Modena
Mi guardo intorno a capisco che
sono in mezzo a bestie tentatrici, a
stupende tecnologie colorate e
splendenti, sono le Ferrari a misura
del mio portafoglio. Sono provocanti meraviglie del creato che vincono
ogni paragone contro vecchi libri
pesanti.
Auri, quei libri pesanti sono il tuo
futuro!
Quei libri pesanti, costosi, incartati
male con l’etichetta di Winnie The
Pooh. Come possono essere il mio
futuro pezzi di carta e inchiostro?
Questa domanda la porgo con un
sms alla Sari.
E mentre aspetto risposta mi torno a
guardare intorno e sono circondata
dal libro di filosofia e il mio vitacomputer: io, lui e l’altro
speciale
Io, lui e l’altro
S
11
E come se non bastasse, complici i 160 caratteri a disposizione in un sms, ci siamo anche modellati l’universo linguistico nel quale eravamo ai margini: lontani dalla correttezza e sempre troppo vicini a quei buchi neri fatti di
“perché” scritti con la “X”.
Ma noi usiamo una lingua nuova. Tendenzialmente più
semplice, moderna, che rimbalza da telefonini, e-mail e
blog, come una palla da rugby.
Ed è con questa ordinata e feroce follia che rimarremo
immortali. Per quanto siamo piccoli, per quanto siamo
grandi, resteremo equamente presenti in una pagina di
blog o in una foto su Facebook; perché anche se questi
“lanternoni” dovessero spegnersi con noi, ci sarà sempre qualcuno che ha copiato, salvato e stivato una
nostra faccia, un nostro momento di vita, tra i sui file.
Come gli dei dell’Olimpo, noi esistiamo. Oltre gli schermi solitari nelle nostre case, oltre i confini dei nostri
stati, oltre i minuti, le ore, i secoli, noi esistiamo. Siamo
tutti nella stessa grande rete, tutti pronti ad imparare a
respirare con le branchie di Google!
di Giovanni Montorsi
tart, Programmi, Windows Live Messenger
(MSN). Ecco il percorso più breve per rubare
qualche minuto all’ora dei sogni o per saccheggiare momenti d’eternità allo studio.
“Accesso in corso…” borbotta il computer in risposta
ai miei troppi click. E così guardo queste dieci dita che
aspettano. Indugiano sulla tastiera, ma pizzicato il
primo tasto s’affrettano come per paura di dimenticare
quello che devono scrivere. Le pupille sono già intente
a cercare quello che deve ancora apparire sullo schermo
e, ad ogni lettera digitata, è lo sguardo che precede le
mani.
Instant messaging, la chiamano. Ed è da qui che “l’invasione barbarica” è cominciata. Questa nostra ricerca di
velocità, d’istantaneità, di zapping e guerriglia dialogica
ha trovato una risposta sul web 2.0 e sui server che ci permettono di scrivere, disegnare, vederci e parlare.
Messenger, Netlog, Badoo, MySpace, Facebook...voilà
solo alcune delle scialuppe, navi o yacht che abbiamo per
navigare in questo mondo ancora per poco così: virtuale.
studente Liceo Sigonio Modena
Io, barbaro
speciale
Riflessioni…
tecnologiche
docente istituto comprensivo San Cesario
di Gianmarco Malagoli
Il corso di formazione
sull’utilizzo delle lavagne
multimediali e lo sportello
consulenza sull’uso
dei software nella didattica
e nella disabilità:
bilancio e prospettive
a storia di queste due esperienze, che ho svolto a
Memo negli ultimi due anni
scolastici, nasce dall’analisi
dei bisogni da una parte dei docenti, sempre più alla ricerca di nuovi
stimoli, soluzioni e motivazioni per
accrescere in professionalità e
competenze tecnologiche; dall’altra delle famiglie dei ragazzi con
disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento che, molte volte,
faticano a trovare riferimenti e
aiuti nell’ambito dell’utilizzo delle
tecnologie.
La prima esperienza prende il via
da una e vera “rivoluzione” culturale che le tecnologie stanno portando nelle scuole e soprattutto
nelle aule. Sicuramente in pochi
avrebbero scommesso che da un
semplice ammasso di silicio, ne
sarebbe scaturito un oggetto “sorprendente”, addirittura “aggregante”. E insieme al pc ecco comparire la Lavagna Interattiva multimediale, un nome lungo che parla
di INCLUSIONE. E’ sicuramente
la prima volta che la tecnologia
mette a disposizione un oggetto
didatticamente nuovo, che si può
indossare come un “vestito”, e che
si governa con un “dito”; interattività, questa è la trovata direi geniale dello strumento che permette
finalmente di concretizzare e manipolare quello che nel computer si
può toccare solo con la fantasia del
mouse.
Multimediale come le nostre menti
non governate solo dal testo, ma
anche da tutti quei media che tv,
radio e satellite ci mettono ogni
giorno a disposizione; intelligenze
L
cognitive che arrivano dove il solo
grafo del testo non può arrivare;
immagini che parlano; video che
esprimono la dinamicità dell’informazione.
Nuovi linguaggi per la didattica;
linguaggi accessibili per quelli che
non possono come molti “leggere”.
Strumenti che diventano voce e
parole per quelli che vivono in una
condizione di disabilità.
E il docente? Attratto, impaurito e
sicuramente attento e interessato
alle diverse proposte.
Per il docente uno strumento che
racconta il percorso didattico e lo
“fissa” nella memoria a disposizione di una lettura critica prima ancora della fruizione come “appunto”.
Una strumento che insegna che
nulla si perde e che tutto può diventare “ricchezza” della memoria
didattica della nostra esperienza di
docenti. E non è ancora tutto.
Internet è l’altra parola chiave, l’altro elemento che concorre a rendere la lavagna una “finestra” sulla
cultura in “diretta”, su quella cultura che si scrive in tempo reale e che
rappresenta uno scrigno ancora da
esplorare e pieno di ricchezze.
E chi coglie queste sensazioni non
può che capire quanto sia importante salire sul treno di chi ama
sapere e imparare per poter insegnare con linguaggi, metodologie e
contenuti sempre più vicini al
mondo nel quale viviamo.
La seconda esperienza, lo sportello
di consulenza sulle tecnologie, si
scontra con la consapevolezza di
essere “diversi”. Una consapevolezza che molte volte esprime sofferenza. Una consapevolezza che
diventa la ricchezza per trovare
strategie che le tecnologie in questi
ultimi anni mettono a disposizione
e che fanno intravvedere orizzonti
di speranza. Tecnologie amiche,
semplici ma troppo spesso sconosciute. Tecnologie che molte volte
trovano difficoltà ad entrare nelle
scuole, nelle aule.
E tanti visi, sguardi alla ricerca di
una parola, di un aiuto; in particolare tanti ragazzi che presentano
disturbi specifici di apprendimen-
to, “i famosi DSA”, che faticano a
capire a codificare quei segni rappresentati dalla scrittura che
diventano “mattoni” culturali di
un muro molte volte invalicabile.
Ma le “ruspe” ci sono e sono semplici programmi informatici, spesso gratuiti, che diventano un grande paio di “occhiali” che aprono
gli “orecchi”, aprono nuove strade
alla cultura, permettono di compensare le mancanze ed esaltano le
ricchezze di chi non legge con gli
occhi ma con le orecchie. Rendono
consapevoli di non essere poi così
“diversi”, ma di aver bisogno di
“diverse strade”. E di tutta questa
esperienza rimane soprattutto l’esperienza del dialogo e dello scambio con le famiglie, con i ragazzi
con gli insegnanti.
Il futuro è ancora più interessante
che mai. Nuove tecnologie =
nuove possibilità = vecchi muri
abbattuti. Basta solo mettersi in
gioco e…. giocare
12
o, niente associazioni animaliste o antivivisezioniste. Il pinguino di cui parliamo è il simbolo di
Linux, il sistema operativo open
source, cioè liberamente utilizzabile
e modificabile, disponibile in rete a
costo zero.
L’esperienza “Il pinguino tra i banchi” ha preso il via lo scorso anno
scolastico ed ha coinvolto inizialmente 30 studenti di indirizzo
informatico dell'istituto Corni di
Modena. Questi, grazie allo stage
svolto presso il Dipartimento di
Ingegneria dell'Informazione hanno
acquisito competenze specifiche sull'installazione e la configurazione
del sistema Linux. Quanto appreso
è stato poi applicato nell'allestimento dei laboratori di informatica di
sette scuole medie modenesi a cui
hanno partecipato 23 docenti e una
trentina di ragazzi, al fine di
aumentare il numero delle attrezzature che utilizzano Linux ed i programmi liberi.
Tutto ciò è stato reso possibile grazie anche al contributo della Lapam
Federimpresa provinciale, che ha
donato postazioni informatiche
dismesse ma ancora in ottimo
stato: 70 nel 2008 e 100 nel 2009
nella sola città di Modena, arrivando a 600 nell'intero territorio provinciale.
Il progetto, che oltre alle
Politiche Giovanili coinvolge l’Assessorato alla Cultura (Biblioteche), l'Assessorato all'Istruzione (Memo)
e il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione
N
Lo “Sportello di supporto e
sostegno all'utilizzo delle
tecnologie nella Didattica e
nella Disabilità” è in funzione a
Memo da due anni. Offre consulenze
specifiche a docenti e genitori, in
relazione alle esigenze dei singoli
casi, sull'utilizzo delle tecnologie e
dei software nella didattica e nelle
diverse problematiche legate alla
disabilità e alle difficoltà di apprendimento. Nell’anno scolastico
2008/2009 sono state richieste 68
consulenze.
Il corso “L'utilizzo didattico
delle lavagne interattive multimediali” svoltosi a Memo ha
destato molto interesse tanto da
dover essere replicato in corso d’anno. L’argomento sarà ripreso all’interno delle attività formative in programma per il 2009/2010.
13
dell’Università di Modena e Reggio
Emilia, si è ulteriormente espanso.
Nel corso del 2009 sono stati coinvolti circa 400 alunni delle scuole
medie, che hanno partecipato a
lezioni e a dimostrazioni nei diversi laboratori e 30 studenti dell’Istituto Corni, formati all’Università
di Modena e Reggio Emilia, che a
loro volta hanno formato 20
docenti delle scuole medie. Inoltre
questi ultimi usufruiranno del
tutoraggio di un docente universitario e dell’attività di consulenza
gratuita fornita da MyNet Garage
(Via degli Adelardi 4 Modena),
mentre per problemi maggiori è
disponibile un servizio di assistenza in loco presso i laboratori delle
scuole.
Il progetto è stato selezionato per
partecipare alla III Conferenza
Italiana sul Software Libero che si
terrà a Bologna il 12 e 13 giugno
2009. L’evento si terrà nelle aule
dei dipartimenti di Matematica e
Scienze dell'Informazione dell'Università di Bologna, in piazza di
Porta San Donato, 5 e via Mura di
Anteo Zamboni, 7
Info: www.confsl.org/confsl09
speciale
di Walter Martinelli
Ottimi risultati
per il progetto organizzato
dalle Politiche Giovanili
del Comune di Modena
per la promozione, l'informazione e la diffusione
nelle scuole del software
libero e della cultura open
Responsabile rete Net Garage
Il pinguino
tra i banchi
esperienze
Le parole
dell’altro
Peer education e rete
di sostegni sono alla base
del progetto di integrazione
“Fjalët e Tjetrit”, realizzato
con successo alla media
Muratori di Vignola
e vincitore di un concorso
nazionale
In alto, Silvia Ranuzzi
Sotto, un momento dell’esperienza
uesta è la storia di un’esperienza di integrazione scolastica che non avrebbe
potuto realizzarsi senza un
lavoro di squadra e senza la disponibilità ad apportare un cambiamento
ai consueti luoghi della didattica.
Tutto inizia l’8 novembre del 2007
quando alla scuola media “Muratori” di Vignola (Modena) arriva un
ragazzo albanese di tredici anni (I)
con diagnosi di ritardo cognitivo di
grado medio e totale assenza di
apprendimenti di tipo scolastico.
Non conosce una parola di italiano,
neppure la più semplice per permettere una comunicazione minima.
È fortemente oppositivo, aggressivo con reazioni emotive incontrollate e un rifiuto evidente per l’ambiente scolastico. Silvia Ranuzzi è
l’insegnante di sostegno assegnata
a I. Ha alle sue spalle otto anni di
insegnamento della lingua inglese,
uno come sostegno e tanta passione per questo mestiere. Nasce da
queste premesse il progetto didattico “Fjalët e Tjetrit” (“Le parole
dell’altro”) selezionato tra 430 partecipanti e premiato con menzione
d’onore nel concorso nazionale “Le
chiavi di scuola – buone pratiche di
integrazione scolastica”, bandito
dalla Federazione Italiana per il
Superamento dell’Handicap.
“Il primo obiettivo che mi sono
posta” ci racconta Silvia “è stato la
realizzazione di un’educazione linguistica legata alla comunicazione,
all’interazione e all’affettività, oltre
alla tutela dei diritti umani e delle
pari opportunità dell’alunno con
bisogni speciali”. Per metterlo in
pratica Silvia ha deciso di
adottare strategie didattiche “alternative” e di
valorizzare le risorse
umane e materiali
della scuola. È
stata creata
una “rete di sostegni”che ha coinvolto i compagni di classe, due studenti albanesi provenienti da altre
classi e diversi docenti della scuola.
“Per alcune ore alla settimana” ci
spiega Silvia Ranuzzi “i due studenti mi hanno supportato nella mia
attività didattica fornendomi lezioni
di albanese e operando una sorta di
mediazione linguistica e affettiva tra
me e I. Dal canto mio mi sono impegnata a studiare e a farmi interrogare su quanto appreso. Dal momento
in cui ho iniziato a pronunciare le
prime parole in lingua albanese, il
mio alunno ha cominciato a mettersi in gioco con la lingua italiana ed è
stato il primo importante risultato”.
Il mantenimento e la valorizzazione
della cultura d’origine è uno degli
altri punti cardine di questa esperienze. La docente aiutata dai suoi
giovani “insegnanti” ha compilato
una rubrica alfabetica con le parole
albanesi più comuni con tanto di
trascrizione fonetica. Insieme ai
ragazzi ha ascoltato canzoni popolari e moderne, tradotto ricette tipiche, raccolto monete e banconote
albanesi. E l’aver riproposto allo
studente in difficoltà suoni e atmosfere del paese d’origine è stato il
mezzo per instaurare un rapporto
ed aiutarlo a inserirsi in un contesto
nuovo. Anche i ragazzi della classe
hanno svolto un ruolo attivo, affiancando il loro compagno a turno e
svolgendo azione di tutor.
“Col passare dei mesi” conclude
Silvia “I. ha perso quasi completamente la sua aggressività iniziale, va
a scuola volentieri, si rivolge ai compagni e agli insegnanti in italiano e
ha partecipato ad attività collettive.
Nei ragazzi della classe coinvolta è
aumentato lo spirito di collaborazione e il senso civico, anche i due studenti albanesi che hanno collaborato
con me appaiono ora più motivati e
coinvolti nelle attività scolastiche”.
La documentazione del progetto
“Fjalët e Tjetrit” (“Le parole dell’altro”) completa delle argomentazioni
teoriche, del percorso di attuazione
e dei materiali prodotti è consultabile a Memo presso la sezione disabilità della biblioteca
Q
14
15.854 bambini e 76
scuole primarie di 9 paesi
europei: un inizio travolgente per un progetto sulla
mobilità dei giovani che ha
vinto a Bruxelles il premio
“Energia sostenibile
per l’Europa 2009”
oppure i genitori possono organizzarsi per accompagnare più bambini
con un’unica vettura collettiva.
Andando in bicicletta e camminando
più spesso, i bambini migliorano nell’esecuzione di queste due attività.
Acquisiscono una maggiore dimestichezza con il traffico di tutti i giorni
e perfezionano la loro capacità di
prevedere il comportamento degli
altri utenti della circolazione. Inoltre,
camminare e andare in bicicletta
sono due attività che contribuiscono
a raggiungere il livello raccomandato di esercizio fisico di cui necessitano bambini e adulti, oltre a ridurre la
congestione creata dal traffico e lo
stress di trovare parcheggio nei pressi della scuola.
Per quanto riguarda il coinvolgimento della realtà modenese, le scuole
primarie hanno già realizzato una
prima edizione in maggio 2008 del
"Gioco del serpente del traffico",
seguita in autunno dalla seconda ed
è in corso la terza edizione. Ben 1979
studenti hanno preso parte al gioco
in maggio 2008, e 1997 in novembre
nel territorio di Modena.
Per quanto riguarda le scuole secondarie, esse sono attualmente impegnate nella campagna "Eco-trip"
che prevede la realizzazione di corto-
i chiama “Connect (developing and disseminating
excellent mobility management measures for young
people)” ed è un progetto, cofinanziato dalla Commissione Europea,
sullo sviluppo e la promozione di
buone pratiche per la gestione della
mobilità per i giovani, secondo le
direttive proposte nel "Libro Verde"
dell'Unione Europea sull'energia e
nel "Libro Bianco" sui trasporti e i
livelli di emissioni dei gas serra identificati nel Protocollo di Kyoto. Il
progetto è cominciato nel 2008 ed
ha coinvolto i bambini di Austria,
Belgio, Olanda, Gran Bretagna,
Ungheria, Bulgaria, Grecia, Italia e
Slovenia.
L’assunto di base è molto semplice:
sono tanti i bambini che, con i loro
genitori, si trovano intrappolati in un
circolo vizioso. Il traffico sulle strade
aumenta, creando un numero crescente di situazioni pericolose che, a
loro volta, accrescono la sensazione
d'insicurezza dei genitori. Di conseguenza, i genitori accompagnano i
propri figli in auto, generando così
ulteriore traffico nei pressi della scuola. L’obiettivo è quindi quello di spezzare questo circolo vizioso, attraverso la sensibilizzazione e l'informazione degli alunni delle scuole, degli studenti e dei loro genitori finalizzate a
favorire ed incoraggiare un maggiore
uso delle modalità di trasporto alternativo e sostenibile nel quotidiano
tragitto casa/scuola e viceversa.
Coloro che vivono nei pressi della
scuola sono incoraggiati a raggiungerla a piedi o in bicicletta. I più
distanti possono prendere l’autobus
S
metraggi volti a sensibilizzare gli studenti sul tema del trasporto sostenibile; tali video gareggeranno a livello nazionale e successivamente a
livello europeo e il vincitore sarà
scelto come spot europeo di sensibilizzazione e potrebbe anche essere
promosso in occasione di festival
cinematografici. Ben 2313 studenti
sono impegnati in questa campagna
per l'anno scolastico 2008/2009.
Alcuni video sono già visibili sul sito
www.youtube.com/user/a21mo.
La giuria europea ha premiato il
progetto Connect per la sue caratteristiche di alta replicabilità e perché contribuisce agli obiettivi di
politica energetica ed ambientale
dell'Unione europea, con particolare attenzione ai temi della qualità
dell'aria nelle città, attraverso la
realizzazione di una campagna
innovativa sulla mobilità sostenibile che ha coinvolto bambini, giovani ed i loro genitori e nella quale gli
studenti hanno un ruolo attivo e
centrale.
Maggiori informazioni sul progetto
si trovano sul sito www.schoolway.net.
Le scuole interessate possono rivolgersi a Ceass L’olmo Ufficio Agenda
21 - Ana Maria Solis 059.2034338 –
[email protected]
Un momento dell’iniziativa di maggio 2008
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progetti
Muoversi eco,
muoversi meglio
“Libri per l'estate”
La classe
L’ha ucciso lei
François Bégaudeau, Einaudi
Tahar Ben Jelloun, Einaudi
Il film vincitore della Palma d'Oro a Cannes
nasce da un romanzo francese che ha al
centro la scuola e la difficoltà di essere professori. Intessuto di dialoghi comici e bizzarri che hanno il ritmo di un rap, il libro
misura la distanza tra la fissità del sapere
scolastico e l'allegra fluidità dell'immaginario studentesco, ma non dà giudizi e non si
schiera a favore dell'uno o dell'altro. Ne
fotografa l'abissale incompatibilità con l'idea che ormai è nella scuola che si gioca
l'unica vera lotta di "classe".
Nel futuro di Mohamed c'è una minaccia: la
pensione. Ha lavorato per tutta la vita in
Francia, lontano dal suo villaggio natale. La
pensione ha ucciso il suo amico Brahim e
lui non vuole fare la stessa fine. Tornerà
quindi in Marocco e terminerà la casa che
ha iniziato a costruire laggiù, nella speranza
che la sua anima confusa e smarrita trovi
un po' di pace. Un apologo folgorante sulla
vecchiaia, lo sradicamento e l'emigrazione.
dopo, perduto l'amato volume, di ridisegnarle tratto per tratto.
Marinai dell’immaginario.
Come raccontano i bambini
Sergio Viti, Manifestolibri
Cosa hanno nella testa i piccoli scrittori di storie? Un insegnante elementare molto particolare affronta con i
suoi scolari il tema della narrazione.
Nei racconti dei bambini si intrecciano
esperienze vissute e sognate, paure e desideri, delusioni e speranze; e attraverso la
loro fantasia conoscono il reale, se ne difendono, manifestano la volontà di cambiarlo.
Il club dei padri estinti
Matt Haig, Einaudi
Sulle regole
Gherardo Colombo, Feltrinelli
Gli uomini sono tutti uguali di fronte alla
legge. Si è mai riflettuto sul significato
di questo principio? La convinzione
dell’autore è che in uno stato di diritto e in uno Stato in cui tutti partecipano, anche se indirettamente, alla
gestione della cosa pubblica e in cui
esistono delle strade per modificare le
regole che si ritengono ingiuste, le
regole esistenti vanno osservate e
basta. Ma è anche necessario fare una specie di gerarchia delle regole: alcune hanno
un rilievo particolarissimo, altre un rilievo
eccezionale per la convivenza, altre ancora
uno molto più limitato.
Philip ha tutte le tristezze,
le allegrie, le paure di un
ragazzino che si affaccia
all'adolescenza. E ora il
padre sostiene che la sua
morte non è stata un incidente, ma c'entra lo zio
Alan, che vuole la mamma
di Philip e il pub di famiglia. E continua a
tormentare Philip con la storia del Club dei
Padri estinti, una sgangherata congrega di
spettri che si ritrova davanti al pub... Philip
cercherà di portare a termine la vendetta
del padre fantasma in un crescendo di
avventure, disavventure ed episodi esilaranti fino alla tragedia finale.
La formula del professore
Yoko Ogawa, Il Saggiatore
Una commovente storia che cambierà il
nostro modo di guardare alla matematica, al
baseball, alla memoria e molto altro ancora.
Lei, governante per lavoro, madre single per
scelta, timida e brillante, è stata assunta da
un agiato professore per occuparsi della sua
casa. Lui, il professore, un genio della matematica gentile e affettuoso, è vittima di una
misteriosa malattia che lo ha reso incapace
di ricordare qualsiasi cosa per più di ottanta
minuti. Tra loro nascerà in pochi mesi una
toccante amicizia che cambierà le loro vite
per sempre.
Kindergarten
L’amore che non scordo.
Storie di comuni maestre
Libreria delle donne, libro+DVD
Quattro storie di maestre e un maestro,
quattro classi, quattro realtà scolastiche
riprese tra il 2005 e il 2007 a Milano,
Roma e Bologna. Il film documentario
mette in risalto quella parte invisibile nei
programmi didattici, quello scambio umano
così particolare e vivo nella quotidianità,
che fanno l’effettiva qualità di una scuola,
quella elementare italiana, considerata nel
mondo una delle migliori.
Più colta e meno gentile.
Una scuola di massa e di qualità
La fabbrica degli ignoranti.
La disfatta della scuola italiana
Peter Rushforth, Ellint
È Natale. In televisione la gelida immagine
del viso di una bambina che guarda fuori
dalla finestra di una scuola di Berlino. È un
ostaggio e sta per essere uccisa se le richieste dei terroristi non saranno accolte. In una
piccola cittadina nel Suffolk, tre fratellini
stanno per celebrare il Natale con la nonna
paterna, ma quella scena rimanda loro
un'altra immagine: quella della mamma
uccisa pochi mesi prima in un attentato terroristico. Una intensa metafora sulla sofferenza attraverso la rilettura di miti e fiabe
nella quale gli eventi dell'oggi, dominati da
una crudeltà senza senso, si riallacciano a
un passato di violenza.
Giovanni Floris, Rizzoli
Per non sapere né leggere né scrivere
Il giorno prima della felicità
Torgny Lindgren, Iperborea
Erri De Luca, Feltrinelli
Affetto da un'incurabile forma di alessia, il
protagonista frequenta la scuola dell'obbligo
senza imparare alcunché, ma in compenso
a casa apprende "tutto ciò che occorre
sapere" dal nonno, professore in pensione,
anch'egli colpito da cecità verbale. Insieme
trascorrono ore in compagnia della Bibbia
illustrata dal Doré, il nonno a raccontare le
storie e il nipote a immagazzinarle sotto
forma di immagini. Finendo per conoscerle
tanto bene da essere in grado, molti anni
Don Gaetano è uomo tuttofare in un grande caseggiato della Napoli popolosa e selvaggia degli anni cinquanta. Da lui impara il
giovane chiamato "Smilzo", un orfano formicolante di passioni silenziose. Lo Smilzo
cresce attraverso i racconti di don Gaetano,
nella memoria di una Napoli (offesa dalla
guerra e dall'occupazione) che si ribella alla
sua stessa indolenza morale. Lo Smilzo
impara così che l'esistenza è rito, carne,
sfida, sangue.
In questa inchiesta sui mali della scuola e
dell'Università italiane Giovanni Floris non
risparmia fatti, numeri e situazioni allucinanti. Dall'asilo di Napoli che non apre perché
mancano i bidelli fino all'istituto friulano che
ogni anno cambia l'intero corpo docente
(precario). Un libro di denuncia e insieme un
atto d'amore verso una scuola di nobile tradizione, piombata in un Medioevo di strutture fatiscenti e insegnanti girovaghi come
braccianti. Di fronte al declino della convivenza civile, della vita politica, dell'innovazione culturale, è ora che torniamo tutti sui
banchi.
Silvano Tagliagambe, Armando
Come tutti i sistemi complessi, la scuola è
caratterizzata da una “grande asimmetria”.
Essa dipende infatti in maniera critica da
una molteplicità di parti e da una varietà di
fattori e di interazioni, ed ha quindi bisogno
di molto tempo e di diverse sperimentazioni per essere costruita e per svilupparsi.
Viceversa, un singolo evento “catastrofico”
ne può compromettere seriamente la funzionalità e l’efficienza. Il libro cerca di chiarire in che modo e a quali condizioni si
possa perseguire l’obiettivo di creare una
scuola di massa e di qualità.
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