Marco Brondi

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Marco Brondi
LibertàEdizioni
Giacomo Ambrosino
LA FINESTRA DEL CUORE
POESIE E RACCONTI DI PACE
LibertàEdizioni
A Laura e Alice, che mi hanno fatto capire
cosa significhi amare.
Alla mia famiglia,
che mi ha sempre sostenuto.
A tutte le persone che hanno fatto
di me ciò che sono oggi.
LA FINESTRA DEL CUORE
Disegno di Emma Crimi
PREFAZIONE
Fernando Pessoa scrive: “L'unica prefazione di
un libro è la mente di chi lo legge”, è difficile
infatti scrivere una prefazione che sia esauriente e che possa presentare efficacemente un
testo, soprattutto se si tratta di una raccolta di
poesie e racconti come questa, perché ogni
persona legge un libro diverso, anche se tutte
leggono lo stesso libro. Sembra un assurdo
gioco di parole ma ciò accade perché sono le
emozioni che si provano durante la lettura, la
propria storia personale o semplicemente lo
stato d’animo del momento che ci fanno cogliere un senso sempre nuovo.
Questo è un libro di poesie e racconti, la maggior parte di ispirazione autobiografica e il tema dominante è l’amore, l’amore in ogni sua
forma: dall’amore per una donna, all’amore
per l’umanità tutta, per la poesia (come mostra
il tributo alla poetessa Emily Dickinson), per
l’arte, per l’eroismo e per la verità, che balza
agli occhi con tutta la sua forza nella poesia
dedicata a due eroi del nostro tempo Ilaria Alpi
e Miran Hrovatin, due giornalisti uccisi per aver raccolto informazioni su un traffico internazionale di veleni, rifiuti tossici e radioattivi
dai Paesi industrializzati ai Paesi poveri dell'Africa, in cambio di tangenti e armi scambiate
coi gruppi politici locali. Due eroi a cui l’autore
si rivolge con un accorato “Grazie Ilaria, Grazie
Miran…” alla cui voce ci uniamo tutti.
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Continuamente ripreso in diversi brani è il tema dell’integrazione, dei diritti umani, delle
differenze religiose, anche se in alcune parti
sono solo accennati fanno comunque capolino
per ribadire il concetto spesso dimenticato che
siamo tutti uguali, e che soprattutto siamo tutti
sulla stessa barca e dobbiamo sostenerci l’un
l’altro per avere la minima speranza di sopravvivere.
Nel racconto Una storia da raccontare infatti,
attraverso gli occhi innocenti ed innamorati di
due giovani si fanno vive le difficoltà che comportano differenti culture religiose, differenze
visibili solo agli occhi di chi resta chiuso e ha
paura di amare, non di certo agli occhi dei protagonisti, il cui amore è stato precocemente
spezzato per ragioni che non possono essere
chiamate tali.
In Una vita bagnata dalla pioggia c’è il ritratto agghiacciante di un mondo segnato da guerre chiamate “di pace” creando la più assurda
contraddizione che l’uomo abbia mai conosciuto … un aforisma di John Lennon dice che
“Combattere per la pace è come fare l'amore
per la verginità”… niente di più vero! E in tema
di guerra gli occhi dell’autore si rivolgono ai
medici di quelle zone straziate, che si trovano
quotidianamente a riparare quello che l’uomo
disfa, in questa continua corsa a tappare i buchi di una nave che ormai imbarca acqua da
ogni parte, l’autore scrive: “Amano la vita, ma
non la comprendono …” È difficile comprendere certe ingiustizie, certe atrocità, ma trovano
lo stesso il coraggio di rischiare la propria vita
per la Vita!
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Così come è difficile comprendere perché terre
considerate da noi, poveri illusi, delle terre dove regna l’inciviltà, la crudeltà e il fanatismo
abbiano molto in comune con le nostre realtà,
noi intenti a guardare le pagliuzze negli occhi
altrui non notiamo la trave che trafigge i nostri
impedendoci di vedere. Con un semplice artificio l’autore riesce in Falluja-Napoli a mettere
a confronto due realtà e a far acquisire ai protagonisti una nuova consapevolezza.
Oltre a temi impegnati nel sociale, l’autore ci
regala anche momenti di puro romanticismo,
egli scrive “Scriverò di te, lo sento … un giorno
lo farò” è la consapevolezza di chi sta promettendo al suo cuore e all’oggetto del proprio
amore di mettere su carta e diffondere il proprio sentimento quasi a suggellare e a rendere
immortale un ricordo degno di esser preservato sempre.
Ma ora basta dilungarsi troppo su ciò che vi
state accingendo a leggere, passiamo al lato
pratico di una presentazione, a entrare nel vivo
di ciò che di solito si richiede ad una prefazione: perché dunque leggere questo libro? Sicuramente per lo stesso motivo per cui è stato
scritto: per raccontare, raccontare nel modo
più semplice e vicino a tutti.
Queste sono storie che toccano tutti, che abbracciano molte tematiche, tutte tenute insieme dall’amore e molte di queste storie appartengono a tutti noi, alcune ci fanno rivivere dei
ricordi, altre si accostano soltanto, altre ci
permettono una riflessione, altre ancora ci forniscono ermetici ritratti di spaccati quotidiani,
altre ci spingono malinconici al ricordo, altre
ancora sembrano sogni che si discostano dalla
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realtà rappresentandola comunque anche se
non nel senso più stretto.
Sono storie che in qualche caso hanno abitato
un cassetto in silenzio, per anni forse, ma che
hanno trovato grazie al suo autore lo spazio
per farsi sentire, per parlare, in fondo, di tutti
noi!
Ilaria Tizzano
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Cara Emily (Dickinson)
In una stanza vuota
ti ho conosciuta;
eri dolce,
eri triste e
un po' sola.
Gioia di vivere,
il bisogno di andare via,
paura della morte:
tutto ciò in pagine
di lacrime
e piene di vita.
Colpo di fulmine,
il tuo rapporto con Dio,
la tua visione della morte:
con ciò
mi hai incuriosito,
spaventato,
emozionato.
Fede e mistero
nei tuoi versi impauriti
e pieni di gioia.
Ho pianto per te,
ho pianto con te,
sale cade
lento sul mio volto,
sulle mie labbra.
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Al sorger del sole,
all'imbrunire...
sempre
accanto a me.
Cara Emily,
ti leggo dentro,
mi leggi dentro:
i nostri cuori
come libri aperti
pronti a sognare.
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Buon viaggio Gabri
In una sera calda
e stanca,
presi dalle
non comodità della
circumvesuviana,
sei arrivata
lacrime agli occhi
accompagnata
da una triste e bella notizia:
la tua partenza.
Eri lì,
in piedi davanti ai
nostri occhi puntati sui
tuoi;
i tuoi gesti,
le lacrime che scendevano
lente e tristi
sul tuo bel volto.
Ed io ti ascoltavo,
attento a ogni
tua singola parola,
osservavo le labbra
sperando che
non le muovessi,
che fosse una mia
allucinazione.
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D’istinto
ho preso una cartolina
e una penna
per lasciarti un piccolo
pensiero
da leggere quando sarai in viaggio,
quando raggiungerai
la tua nuova vita,
che vivrai
con quel sorriso
amato da tutti
noi e
con quella fragilità
che ti rende dolce
e sincera,
vera
e con quella forza,
come un fiume in piena
che ti ha aiutato
molte volte a non annegare
nei dispiaceri,
nei problemi
della vita.
Sii sempre Gabriella.
ti voglio bene.
Buon viaggio.
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A Rosaria
Frastornata,
i tuoi occhi pieni di lacrime
rigano il tuo volto felice, pieno
di rabbia,
di dolore.
Fuori piove e si odono campane;
in un vicoletto qualcuno
chiede aiuto...
ma nessuno ascolta.
Si resta lì,
abbandonati nella
triste solitudine di un mondo
troppo pieno di sé.
Solo pochi si salvano… solo
quelli consci di avere occhi
anche per vedere;
orecchie anche per sentire;
un cuore anche per amare.
E una forza per non cadere più.
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Come fragole e lamponi
In un vagone
freddo e umido
ci siamo conosciuti
attraverso sguardi fugaci
e sorrisi timidi.
Quando oramai entrambi
avevamo perso ogni speranza,
è giunto il fato a
poggiar le mani
sulle nostre vite.
I miei occhi,
impauriti e miseri
volgevano lo sguardo altrove…
la paura di incrociare i tuoi,
verdi come il mare,
freddi come il ghiaccio,
profondi come il bene
che ti voglio
era immensa quanto il cielo.
Poi,
un inaspettato gesto,
un bacio rubato
ha innescato la miccia della passione,
così dolce,
così sognata,
così vera.
Come l’edera
le nostre mani si cercavano
fino a raggiungere,unite,
la vetta del nostro amore: il cuore;
come fragole e lamponi,
le nostre labbra
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assunsero gli stessi colori
gli identici sapori.
Con noi, in quegli attimi
c’erano i nostri sogni,
le nostre paure.
Le vedemmo lottare
gli uni contro gli altri per la nostra
storia, per il nostro
presente.
Erano lì,
con noi,
per noi
che lottavano per un nostro
probabile futuro.
Insieme!
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Vorrei…
Vorrei essere aria
per ripulire il mondo
dall’inquinamento;
Vorrei essere fuoco
per riscaldare il cuore di ognuno
per convincerli che in fondo
la guerra non è la giusta soluzione
ai problemi;
Vorrei essere terra
per congiungere il mondo intero e
abolire le differenze culturali e sociali
perché in fondo siamo tutti uguali;
Vorrei essere acqua
per assetare anche chi non ne ha
la possibilità…
e poi vorrei essere vento,
per spazzare via il male e riportare il bene.
Al mondo intero.
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Da Potenza
Nel tuo sguardo
vidi la dolcezza,
tristezza e malinconia,
tanta paura di soffrire.
Mi specchiai nei tuoi occhi,
anche io ero così,
ma non si vedeva;
lato celato da finta
furbizia.
Marmellata sulla mia bocca
erano le tue labbra;
le mani cercavano aiuto,
c’erano le mie,
c’erano le tue,
insieme unite
in un gioco proibito
di passione
e tremore.
Stretti all’altro,
il terrore di una fine;
insieme cresceremo…
paura di sbagliare.
Non voglio che tu vada via,
qui con me, sempre
ma ora no…
Il nostro passato
distrugge il nostro presente…
sembra così,
può distruggerlo, è vero
ma in realtà vive per
il nostro futuro.
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Dolci parole
Sshhh…
Ascolta,
i lenti battiti del cuore
risuonano grevi in questa stanza
testimone di un nuovo amore.
Amore.
In quei battiti riecheggiavano
i nostri sogni,
i desideri,
le speranze di una storia nata senza
pretese;
la paura di cadere e farsi male…
ancora una volta.
Guarda,
le nostre mani si uniscono
come due pezzi di un ingranaggio perfetto,
le due metà di una mela,
un cuore diviso in due,
il perfetto congiungersi di anima e corpo.
Senti
come dona colore e passione ai
nostri incontri
il sapore delle nostre labbra,
dolci come pesche
appena colte dall’albero della vita,
Vita.
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Quella nuova
che mi hai regalato,
bella,
vera,
fatta di sacrifici,
di complicità,
di segreti,
di paure da eliminare…
proprio questa…
fatta di dolci parole.
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A te…
Come una supernova
sei giunta al mio cuore,
immensamente bella,
carica di luce divina.
Come un semplice e umile
interruttore,
il mio desiderio d’amore,
a lungo posto a off,
si è acceso.
Non voglio sapere
per quanto tempo resterà tale,
nel frattempo voglio sapere di te;
attraverso semplice sguardi,
avrò modo di capire chi sei,
tu…
come una farfalla in un arcobaleno di colori,
come un’ ape che ama un fiore,
come un cielo senza nuvole,
come un mare agitato,
a te…
dea perfetta/imperfetta
in un mondo imperfetto,
ti chiedo di sentirmi,
conoscermi,
attraverso le mie labbra
mentre ti asciugheranno le lacrime,
attraverso le mie mani
mentre ti accarezzeranno la fronte;
attraverso il mio cuore
mentre si innamorerà del tuo.
A te…
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Marina
come il sorriso del sole
come la notizia
di un bambino appena nato
come un campo di girasoli
come una montagna innevata
come un prato fiorito
sei arrivata all’improvviso
essendo semplicemente te stessa…
una creatura celeste
vestita di solo candore
da rispettare
da amare
come solo il cuore
di un innamorato può fare…
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Noi due
(Napoli-P.za Dante)
Il silenzio,
fiaccole di pace,
illuminano il volto della gente.
Nell’immensità di Dante
c’erano i tuoi occhi,
c’era il tuo cuore.
Milioni di volt hanno attraversato
i nostri corpi
uniti dalle mani.
Sguardi innamorati,
promesse da farci,
storie vissute,
un amore gaio,
un amore da ricordare.
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Nuda
Una stanza buia,
il silenzio riecheggia in quella casa oramai vuota,
svuotata di tutte le sensazioni,
emozioni, paure…
voglie.
Un pendolo,
il cui ticchettio sembra risuonare
frastornante,
segna il tempo di un qualcosa che non c'è più,
di quel qualcosa che un tempo colorava queste
pareti,
di gioia, meraviglia…
amore.
E la tela...
bianca,
ancora nuda,
desiderosa delle sue mani che,
come carboncini, delineano forme, linee
fino a far comparire l'immagine di me,
nuda con le sue mani sui miei seni.
Infine lo specchio... e un sussulto.
Nuda.
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Passa il tempo…
... ed io ti aspetto
abbandonato in uno stato
di religiosa quiete… e ho paura.
Ho paura
di non riuscire a realizzarmi;
Ho paura
di non essere abbastanza forte;
Ho paura
di non essere in gamba e
mai all’altezza delle situazioni;
Ho paura
di non svegliarmi quando,
una volta salito su quel treno,
ti incontrerò… donna della mia vita;
Ho paura
di non riuscire ad essere il meglio per te;
Ho paura
di non riuscire ad amarti…
incapace di riflettermi
nello specchio delle tue emozioni,
delle tue paure;
Ho paura
di distruggere i tuoi sogni…
Passa il tempo…
ed io ti aspetto…
sempre qui
affacciato alla finestra
che dà sul mondo
intero.
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Per ora ti sogno
Guardami
i tuoi occhi nei miei
esercitano un potere immenso:
affascinano
ammaliano
amano
tradiscono;
accarezzami
le tue mani sul mio volto
scivolano lente sulle guance
imbarazzate
come fragoline di bosco;
baciami
le tue labbra umide
dolci come miele d’acacia
si sfregano sulle mie
come fiammiferi desiderosi
di accendere un fuoco;
e soprattutto sognami
in coperte di fiori che sanno
di profumo del tuo corpo,
di sapore delle tue labbra,
come io sto facendo con te:
per ora ti sogno…
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Scriverò di te
Scriverò di te,
lo sento… un giorno lo farò.
Come un abile pittore
ti dipingerò sulla carta,
le parole, i silenzi, gli spazi
saranno le mie tempere,
le pagine le mie tele,
la penna il mio pennello,
il mio cuore sarà il cavalletto che
reggerà l'amore per la vita,
la voglia di scrivere,
la voglia di te.
Sarai la mia modella,
mai ferma,
mai immobile,
mai nuda.
Nessun espediente né trucco…
ti dipingerò mentre sorridi,
mentre cucini,
mentre lavori con la tua creta
la tua argilla, la tua arte.
Ti dipingerò mentre piangi,
quando le lacrime bagneranno quel volto
segnato da una triste malinconia
che non smette di turbarti il cuore.
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Ti dipingerò mentre mi guarderai,
i nostri occhi come specchi
per riflettere le anime
che come tele aspettano di essere colorate
di gioia, di amore,
di serenità,
di voglia di un rapporto vero,
di noi.
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Sogno d’estate
L’altra sera
ho fatto un sogno,
ero a letto
non ero solo.
Con me c’eri tu,
bella,
dolce,
così immaginata,
così vera.
Fuori la finestra,
il cielo,
la luna,
le stelle:
anche loro con noi.
Ritorno a letto,
sento una vocina,
dolce ninna nanna…
sei tu che canti;
ti avvicinasti a me,
sapore di miele
sulle mie labbra;
ti avvicinasti e dicesti…
sii tranquillo,
il sogno d’estate sarà realtà,
ci saremo noi,
chissà,
magari,
per tutta la vita.
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Strike
Aspettavo con ansia
un tuo squillo, un sms
un semplice gesto per farmi
capire che eri lì…
e nel momento in cui ero distratto
da altri pensieri
il dolce trillo del cellulare
divenne forte come una campana…
mi destò
eri tu…
pesanti accuse
volavano insieme alle parole
che come al bowling
buttavano giù i birilli
i miei sentimenti
i tuoi sentimenti…
No…
non farai mai strike
ci sarà sempre quel birillo
indistruttibile
a ricordarti che sono forte
non mi lascerò sopraffare
anche questa volta
quel birillo
il mio cuore
continuerà a battere
forte come quella campana
assordante come un rombo d’aereo
dolce come il suono della tua voce…
tra noi l’amore non ci sarà…
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ma quel sentimento forte continuerà a
vivere
amici come cip e ciop
indivisibili
unicamente noi…
come quel birillo che terrà insieme il mondo…
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Un amico
Un amico è colui
che condivide gli stessi ideali;
un amico è colui che sa ridere
delle stesse situazioni;
un amico è colui che ti è accanto
nei momenti bui o gai;
un amico è colui
che non ti mantiene se cadi,
ma che sa farti rialzare e ricominciare
a vivere;
un amico è colui che ti appoggia
la mano sulla spalla e ti dona conforto;
un amico è colui che sa anche farti
riflettere con rimproveri;
un amico è colui
che non ti frega la ragazza;
che non ti ruba la scena;
che ti stima o rispetta;
ed infine
è colui che se ha sbagliato
sa anche chieder scusa
e non sparire.
Se si trova una persona così, allora
potrai gridare al mondo
di averlo trovato davvero…
colonna portante della tua vita.
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Un fiore da coltivare
Un fiore,
il suo dolce profumo,
i suoi colori,
simbolo di purezza e
bontà.
È piccolo,
il suo polline è pronto,
cerca l’ape giusta per
dar vita al miele.
Fiorisce presto,
ma si appassisce con la stessa velocità,
se nessuno lo cura.
Regala passione,
tenerezza e
gioia,
ma anche solitudine e tristezza.
Come tutti i fiori rari,
la sua particolarità è
nelle spine,
piccole,
ma pungenti
se non viene colto dolcemente.
Riuscirà questo piccolo fiore,
a trovare l’ape giusta?
Sarà lei a decidere
quando abbassare le sue
spine.
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Un dolce e triste ricordo
Dimmi piccola,
sono qui
a rimboccarti le coperte
e a spegnerti la luce.
Vuoi un bacio e
dolcemente appoggio
le mie labbra sulle tue guance
per augurarti la buonanotte.
Come una dolce ninna nanna
mi chiedi di dare la buonanotte anche a lui,
al dono più intimo del tuo Ghiotto,
il fazzoletto.
Come Linus lo teneva sempre accanto,
era il suo compagno di giochi
il suo focolare nei giorni freddi.
Quelle passeggiate sulla ruota,
correva
inciampava
poi fermo a guardarsi intorno,
poi di nuovo di corsa…
Era il suo passatempo e
nessuno poteva impedirglielo.
Ti ricordi quando si arrampicava?
Certo che sì,
il suo ricordo è vivo nei tuoi occhi,
nella tua mente
nel tuo cuore
mai esausti di nominarlo,
di giocarci nei sogni
nonostante ricordare
qualcuno che non è più con noi,
sia una cosa che faccia gelare il sangue.
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Vai a scuola allegra,
spesso torni delusa,
con le lacrime agli occhi
perché derisa dai tuoi compagni,
incompresa
tutto questo perché volevi bene a Ghiotto.
Da bravo fratello
ti consolo
facendoti capire che è grazie a persone
come te che possiamo sperare
in un modo pieno d’amore e di pace,
in un altro mondo possibile.
Continua a sognare, a parlarne
a giocarci…
È il tuo Ghiotto e nessuno te lo porterà mai via…
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Un viaggio con poche fermate
Noia,
confusa tra cianfrusaglie
e maree di documenti,
mi prende con dolcezza
trascinandomi nell’assoluto sconforto
di una uggiosa mattina
di inizio settembre.
Le mie mani,
come piccoli falchi,
volano sulla tastiera
per raccontare la vita
che passa
e volgo il capo
verso la luce,
fioca,
proveniente dalla finestra
che dà sulla strada,
anch’essa annoiata
da tanto movimento,
caos,
soffocata da quest’aria
satura di
smog e spazzatura.
Intanto la vita
corre veloce
come un ETR
nelle campagne toscane,
un treno che conosce poche stazioni.
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Stazioni come occasioni,
emozioni,
sensazioni
che mi lasciano gioie e dolori,
alti e bassi,
luce e tenebre
e sono lì,
quasi assuefatto dall’aria
chiusa di
una galleria.
Fermo
con rare possibilità
di scampo.
A parte qualcuna…
vivere quel viaggio,
farlo proprio,
diventare parte di esso,
come i pesci
nel mare,
come la luna e
le stelle
nell’infinito cielo.
Ora sono su quel treno,
e vivo quel viaggio
con un’altra passeggera e
non intendo scendere…
in nessuna stazione
che mi porti
lontano
da lei.
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Una candela rossa
Una candela rossa
nella stanza buia…
illumina lievemente un vecchio divano
e lo profuma di cannella;
sul bracciolo un libro aperto
dalle pagine bianche, vuote.
Nascosta, un’ ombra
muove stanca le gambe,
distese accanto ad un baule
in fondo alla stanza… e cerca…
cerca oggetti utili, ricordi
di una vita passata
a realizzare uno, dieci, mille sogni:
realizzarsi.
La luce sfoca… la candela si sta spegnendo.
Ora quell’ombra sente freddo.
Con lui solo quel baule pieno di oggetti
e quel libro… che pian piano si riempie
di parole…
una storia sta nascendo,
una vita viene raccontata:
un ragazzo che fruga
in un baule
in cerca di oggetti sotto
la luce fioca di una candela
che profuma di cannella
un vecchio divano in una vecchia stanza
piena di vita.
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Una pagina bianca
Una pagina bianca,
dai vergini pensieri
aspetta la mia penna
che la renderà viva
per la prima volta.
Mentre appoggio dolcemente
i miei pensieri sul suo candore,
lentamente si fanno più nitide le
immagini che un tempo erano sfocate:
parlano di te
parlano di me
parlano di un ipotetico
mai probabile futuro insieme.
Alzo il capo,
il cielo è ancora più blu…
nuvole timide si uniscono e
aiutate dal vento che ne modella i
lineamenti.
Danno vita ad un’ immagine,
un volto umano.
Sei tu,
di una bellezza celeste
Sei tu
di natura divina
Sei tu
di infinita dolcezza
Sei tu
che come Virgilio
mi guiderai alla scoperta di te
del tuo mondo
del tuo cuore
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Sei tu
faro su di una scogliera dove
mostrerai,
al mio cuore
la rotta per arrivare al porto del tuo amore.
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Abracadabra
Affacciato alla finestra
chiacchiero con te
del più e del meno
cercando invano
di trovare una via,
un comune accordo…
Attentamente ascolto
le tue parole,
leggere e pesanti
come i nostri passi,
che scivolano su quel
pavimento di cera,
andando a sbattere
contro un muro.
Abracadabra…
“Giacomo, credimi,
sei speciale, favoloso,
una persona da non dimenticare;
da non abbandonare…”
Abracadabra…
ecco,
come abili prestigiatori,
utilizzate il verbo per sparire…
se volete sparire, fate pure…
Ma non portatevi dietro anche
i miei sentimenti,
unico coniglio
all’interno di quel cilindro
chiamato cuore.
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Ad Ilaria Alpi eMiran Hrovatin
Testardi,
dolci, caparbi
eravate lì,
in un posto dimenticato
da tutti ma non dalla guerra.
Correvate,
trovando riparo
nell’accoglienza delle donne locali;
in mano un microfono e
una videocamera,
il vostro bisogno di verità,
di dirla,
di insegnarla,
di diffonderla al mondo intero.
Un giorno,
quel 20 marzo 1994
ad accogliervi fu
la morte,
travestita da blitz,
ad uccidervi non furono
gruppi terroristi,
ma qualcuno più
potente,
qualcuno che
voleva nascondere la verità;
proprio quella che,
con il vostro cuore
e la vostra determinazione,
avete saputo scovare
e condannare.
Grazie Ilaria,
Grazie Miran…
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Una vita bagnata dalla pioggia
Cielo grigio,
le finestre sbattono
alla mercé del dio vento,
pioggia testarda
vince e distrugge
tutto ciò che le capita a tiro.
Una volta chiuse le finestre,
sconfiggo la pioggia…
sono io il vincitore.
Nel frattempo,
la sorella della mia pioggia
cade in un altro posto,
non c’è nessuno a chiudere le finestre…
forse perché non ci sono:
lei entra,
colpisce,
devasta tutto
in questo sud del mondo…
anche la vita.
Sospiri di sollievo,
fa capolino il sole;
la pioggia è finita, è vero
ma ha distrutto una vita.
Quando si assenta Madre Natura,
entra l’uomo
degno sostituto…
alcuni sono eroi,
altri assassini.
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Quest’ultimi,
i potenti del mondo,
scatenano guerre
stringono patti,
si danno la mano,
guerre di pace… così le chiamano.
Nelle guerre di pace
solo e sempre
sguardi innocenti,
bambini indifesi
e giochi proibiti,
i pappagalli verdi sono
bombe di pace che
esplodono:
Bum!
Vite spezzate.
Qualcuno si salva,
arriva in ospedale e ci sono loro
i camici bianchi, con gli
occhi attenti e i cuori grandi.
Amano la vita,
ma non la comprendono…
troppe ingiustizie
nel mondo colmo d’assurdo.
Calcolatori di rischi,
fra minacce che abbondano,
spesso piove sulle loro teste,
ma hanno sempre l’ombrello:
la fede
unico spiraglio di vita,
lo sanno bene
Gino e lo staff di Emergency.
Grazie ragazzi…
47
Un semplice abbraccio
Un semplice abbraccio, il dolce unirsi, stringersi forte senza aver paura di nulla, neanche
di dividersi.
Un semplice bacio, il perfetto incontro tra due
fragili espressioni che si incontrano, si sfiorano
quasi fossero timide, poi si uniscono e non si
staccano, perché insieme sono forti e affrontano tutti e tutto.
Se c’è l’amore tutto è possibile, ma non parlo di
un semplice rapporto definito, con date, progetti, matrimonio, figli, casa e altro, solo
un’unione senza tempo, senza i canoni imposti
dalla comunità, senza regole ma solo con la voglia di amarsi e vivere la vita giorno dopo giorno.
Io così vedo l’amore, ma non sempre è così, ci
sono i momenti in cui tu devi fare una scelta,
un progetto futuro e cominci a pensare se ne
valga davvero la pena, di vivere al contrario,
contro le regole che avevi deciso di seguire e
cerchi, nello sguardo della tua amata, che può
accarezzarti, coccolarti, quel conforto che può
darti con tante parole, ma anche solo stringendoti a sé e restando in silenzio.
Io vorrei che fosse così…
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Speranze in un bambino
Guardo fuori dalla finestra, la gente passeggia
per il corso guardando le merci esposte nelle
vetrine di negozi ancora chiusi; altri aspettano
i mezzi pubblici, sempre affollati. Anche alle
8.00 del mattino.
Fra un paio d’ore tutto cambierà, la gente aumenterà e quelli che guardavano le vetrine entreranno nei negozi per comprare qualcosa per
se stessi o per fare un bel regalo. Ai bordi dei
marciapiedi ci saranno altri negozi, le bancarelle degli extracomunitari venuti qui per cercare di lavorare e guadagnare qualche soldo integrandosi con la società. Ma non sempre è così...! La gente si fermerà, contratterà, come se
fosse un mercato mobile che scappa non appena vede le forze dell’ordine arrivare.
I mezzi pubblici saranno più affollati, pieni di
lavoratori che vanno di fretta, guardano
l’orologio, parlano al cellulare; di turisti alle
prese con videocamere e macchine fotografiche, che consulteranno le mappe rimanendo
incantati dalle bellezze e dalle controversie di
questa splendida città. Poi ci saranno i passanti, le persone che devono partire e quanti sono
troppo stanchi per fare le loro commissioni a
piedi.
Ora Napoli è stata catapultata nell'oceano delle
illusioni, delle paure, dei problemi; con la sua
spazzatura, con i suoi cortei, i suoi disservizi.
Nonostante ciò, la gente non perde le speranze
e solo così questa bella città ritornerà ad essere
’O paese do sole.
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Sono appena entrato in uno di quei bus e, anche se la cosa può sembrare strana, sono riuscito a sedermi. Procedendo a passo d’uomo,
posso vedere con molta gioia che dai balconi
dei palazzi pendono le bandiere della pace, a
mostrare come questo simbolo non sia una
moda del momento da sbandierare soltanto
durante le manifestazioni, ma la volontà di
molti di poter costruire “senza se e senza ma”
un altro mondo possibile, nel rispetto dei diritti umani.
Qui dentro fa un freddo atroce, ma non demordo e continuo a scrivere. Mentre lo faccio,
non posso fare a meno di guardare negli occhi
della gente; di anziani che hanno vissuto la vita
con o senza rimpianti, ma solo con i segni della
sofferenza, cicatrici di guerra.
Un bambino guarda con occhi pieni di gioia il
futuro che lo attende, in braccio alla mamma
che lotta per rendergli la vita migliore della
propria. Lo rasserena con un sorriso stanco ma
pieno di gioia, di speranza, d'amore, e lui ride,
gioca, forse intuendo che in fondo, in questo
mondo, in parte sporco, qualcosa non va.
Riuscirà a cambiare qualcosa? Beh, dobbiamo
solo aspettare che questo bimbo diventi adulto.
50
Una storia da raccontare
Marco e Amina sono un ragazzo ed una ragazza che abitano in un paesino dell’agro nolano,
in provincia di Napoli. Hanno entrambi
vent’anni e da un paio si frequentano come
coppia. Sono carini insieme. Il loro potrebbe
essere un
amore semplice, bello, di quelli che spesso si
vedono in giro, ma non è così; elo sanno bene
anche loro.
Marco studia Medicina all'Università di Napoli
Federico II, secondo anno di studio e il suo libretto è sempre pieno di buoni voti. Amina invece lavora nel pub di un suo zio in un paese
vicino a quello di residenza. È un bel pub, molto frequentato dai giovani, dove spesso si fa
anche musica live. È lì che si conoscono, in una
serata di sabato, dove Marco va di solito a svagarsi e a distrarsi dallo studio mentre Amina è
lì che serve ai tavoli. Marco frequenta già da un
anno quel locale e il suo sguardo incrocia all'istante quello di Amina, anch'essa colpita da
quel ragazzo affascinante.
Per un anno nessuno dei due si degna di rivolgere una parola all’altro che non sia quella tipica di un bar tra un cliente e una cameriera.
Poi un giorno, un amico di Marco piazza, a sua
insaputa, il classico sgambetto alla cameriera
mentre lei sta per servire l’ordinazione. Inciampa e il Campari si rovescia totalmente sulla maglia di Marco, col viso diventato oramai
di colore rosso pomodoro.
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Nasce lì una bella storia, nascosta, ma bella.
Un giorno, nella stazione del loro paesino, Amina confessa a Marco una cosa tenuta sempre
nascosta. Non è cattolica, ma musulmana. Ma
non è questo il problema. Il vero problema è
che la sua famiglia non accetta assolutamente
una storia tra due persone di credo religioso
diverso. E poi, quella discussione. La ricorda
ancora e fa male, brucia come una ferita aperta. Si tocca il viso come se avesse lì quella ferita. Marco chiede cosa abbia, vuole capire, e
aiutarla. Amina allora prende coraggio e gli
racconta la discussione avuta in casa. L’ira di
suo padre, la collera e la vergogna di sua madre. L’imposizione di sposare un ragazzo del
suo stesso paese, con le stesse tradizioni. Tradizioni che lei vuole rispettare ma non condivide affatto. Marco la spinge a sé, abbracciandola.
Nonostante quella rivelazione e quella situazione, decidono comunque di amarsi di nascosto per proteggere sia il loro amore sia la loro
vita.
Trascorrono un paio di mesi da allora, quando
un giorno, mentre Marco è all’Università per
convalidare un esame, squilla il telefono. È
Amina. Risponde contento ma c’è qualcosa
nella voce di lei che lo preoccupa. Amina gli dice che è meglio non vedersi per un po’ di tempo, allontanarsi per evitare problemi seri. Gli
dice che a casa sua e in comunità il clima è teso, c’è un via vai di persone, riunioni segrete.
Ha paura e i singhiozzi lo confermano.
Marco, terminata la telefonata, sta lì a guardare il telefono, oramai diventato uno strumento
ostile. E sta lì, impietrito, anche quando il pro52
fessore gli convalida il 30 per Anatomia. Dovrebbe essere contento, ma non lo è, non riesce
ad esserlo.
Passano due settimane e Marco non ha alcuna
notizia di lei finché un giorno si ritrova il quotidiano locale con la foto di Amina corredata
da una notizia tragica: è morta. Ammazzata dal
padre perché si ribellava alle decisioni della
sua famiglia.
Al funerale Marco ci va senza farsi vedere; dietro a tutti, nascosto, quasi come se fosse una
persona inesistente per la vita spezzata di quella ragazza, la sua ragazza.
Due settimane dopo Marco è sdraiato sul prato
nei giardini dell’Università e racconta questa
storia ad una sua amica, Michela, anch’ella
musulmana. E si rendono conto di come
l’amore spesso venga sconfitto dai dogmi e dalla fede, anche da quella che li teneva uniti.
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Dialogo con il cielo
Una sera abbastanza calda ero sul terrazzo con
Layla, la mia chitarra, suonando le canzoni che
preferivo quando, a un certo punto udii una
voce, dapprima flebile da non lasciarmi intendere le parole, per poi schiarirsi fino a farmi
accorgere che pronunciava il mio nome.
«Chi è?» chiesi un po’ spaventato.
«Sono io! Non mi riconosci più?»
Beh, in quel momento facevo molta fatica a ricordare quel tono di voce e con chi svolgessi
quella conversazione pseudo-virtuale, ma provai a risponderle:
«Veramente no, scusami!»
«Vabbè, Giacomo, sono il cielo e devo parlarti
di una cosa che mi sta molto a cuore.»
«Dimmi tutto, farò il possibile per aiutarti se
ce ne sarà il bisogno.»
Per quanto il discorso potesse sembrare strano
e inusuale, cercai di essere quantomeno disinvolto senza mostrare paura, dato che mi trovavo in un posto particolare. Quando poi acquistai coraggio e sicurezza, il cielo mi disse:
«Giacomo, hai rubato!»
A quella frase mi si gelò il cuore, pensai fossi
diventato cleptomane senza rendermene conto, anche se una volta, da piccolo, avevo rubato
un pacchetto di gomme in salumeria, procurandomi un senso di colpa tale da ricondurmi
immediatamente sulla retta via. Meno male.
Nonostante ciò, non riuscivo a capire di cosa
parlasse. L’unico modo per capirlo era chiederglielo, sì, ma come?
Mentre sfogliavo le pagine dei miei ricordi, il
54
cielo, annoiato dall’attesa, tuonò:
«Hai rubato la mia stella più bella e devi restituirmela.»
Ecco, avevo finalmente capito di cosa parlasse
e cominciai a pensare al giorno del “furto”,
momento in cui avevo già deciso di non restituirgliela per via di un affetto particolare. Provai a fare il furbo, cercando di svincolarmi da
quella situazione con grande abilità e maestria,
ma ogni tentativo fu vano.
«Perché non mi ridai Annalisa? Senza di lei io
brillo di meno e sembrerò meno bello.»
Non riuscivo a credere a quelle parole, così
buffe, pronunciate dal cielo e cominciai a pensare al motivo per cui il mare calmo spesso
viene paragonato ad uno specchio d’acqua. Per
caso, il cielo si specchia? E quando spunta o
scompare all’orizzonte sul mare, entra ed esce
dal camerino?
«Carissimo cielo, mi dispiace tanto ma non
posso accontentarti e ti consiglierei di cercartene un’altra» dissi pensando che si fosse adirato, ma non fu così. Infatti, con un tono molto
pacato e tranquillo, disse:
«Perché non vuoi restituirmela?»
«Vedi, la questione è molto semplice in quanto
Annalisa è molto importante per me.»
«Bene. E potresti spiegarmi quanto è importante?»
Ora avevo paura senza conoscerne il motivo.
Era strana tutta quella situazione, sembrava
una interrogazione scolastica in cui, pur essendo preparati alla grande, al momento delle
domande si rimane in silenzio. Tuttavia mi feci
coraggio, tirai un sospiro di sollievo e dissi:
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«Per cominciare, vorrei dirti che non sono stato io a rubartela, in quanto è stata lei a volersene andare perché tu eri troppo impegnato a
farti bello, a specchiarti nelle acque della Terra; e poi per te Annalisa è come le altre, serve
solo ad accrescere il numero delle illuminazioni notturne. A me ha donato una vita nuova, il
mio cuore brilla di nuovo, dove prima il buio e
l’oscurità dominavano. Mi ha donato allegria e
voglia di sognare e poi, grazie all’intervento di
un angelo, essa ha ricevuto le sembianze di un
essere umano, di una donna che ha molta voglia di amare ed essere amata. Non voglio perderla e non sarai tu a portarmela via.»
«E dimmi, cosa prova lei per te?»
«Beh, non vorrei sembrare modesto e superbo,
ma prova gli stessi sentimenti, mi vuole davvero bene, tanto che l’ha detto anche alla madre,
è innamorata ed io non posso permettermi di
farla star male. Si fida di me ed io non posso
tradirla. Sai, sembrerà strano, ma dal primo
giorno che ci siamo incontrati pensammo che
sarebbe nata una bella storia d’amore, senza
impegni futuri, perché l’unica cosa che conta è
vivere allegramente e serenamente giorno dopo giorno.»
In quel momento udii dei singhiozzi e vidi il
cielo piangere; ero confuso e non riuscivo a capire, non sapevo cosa fare e pensai di lasciarlo
solo ma, mentre mi stavo allontanando,il cielo
urlò:
«Dove vai? Non andartene, ti prego!»
«Va bene, posso chiederti perché stai piangendo?» gli domandai.
«Sono lacrime di gioia ,sono felice per voi due
perché vi meritate tutto il bene del mondo.»
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«Grazie, sei gentilissimo, ma non voglio che tu
pianga, anche perché ogni qualvolta lo fai tutti
sono più tristi, diventano malinconici.»
«Hai ragione, ma devi pensare che, quando
piango, spesso fa bene all’aria, alla gente e alla
vita.»
«Già, non ci avevo pensato! Ed ora che farai?»
«Beh, diciamo che siamo io e le sorelline di
Annalisa a chiedertelo.»
«Cercheremo di vivere i nostri giorni sempre
felicemente, io le starò accanto e non la lascerò
per alcun motivo. Poi si vedrà!»
In quel momento il cielo si accorse che il mio
volto si intristì e mi chiese:
«Giacomo, perché sei così triste?»
«Beh, sono un po’ triste perché ora lei partirà
per le vacanze e ci rivedremo fra quasi un mese. Però spesso penso che devo vivere la vita
molto più allegramente, perché so che comunque è lì che mi pensa e che mi vuole bene.»
«Già, tutti prima o poi sentono la mancanza di
qualcuno e, come vedi, anche io sento la sua
mancanza ora che è accanto a te. Ma sono felice perché siete in gamba e vi meritate il meglio. Cerca di non farle mai pesare nulla, e non
darle troppe preoccupazioni perché è molto
sensibile. Sappi comunque che non te la porterò mai via!»
«Grazie! Non so cosa fare per ringraziarti.
Chiedimi tutto, farò il possibile!»
«Sei sempre il solito esagerato!Annalisa me ne
aveva parlato ed ora me ne sto rendendo conto», disse mentre sorrideva e mi guardava in
un modo che mi fece tornare l’allegria, arricciando il naso come Annalisa. Mancava solo
che ridesse facendo il verso del porcellino. Non
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finii neanche di pensarlo che cominciò a ridere
a crepapelle con quel piccolo grugnito della
nostra stella. Cominciai a ridere anche io e non
riuscivo a fermarmi, finché egli non smise di
ridere. Ci guardammo intensamente ancora
una volta e, ad un certo punto, egli mi chiese:
«Ti andrebbe di vederla?»
«Certo che sì!» risposi deciso.
«Aspetta qualche secondo.» In quel momento
nel cielo comparve il volto di Annalisa che mi
guardava e sorrideva arricciando il naso e facendo il grugnito. Ero così felice che mi mancò
il fiato; tornai a sedermi, abbracciai Layla e
cominciai a suonare e a cantare le nostre canzoni. Partii con Forse mi trovo di Ligabue, poi
qualche canzone di Raf e qualcuna dei Cranberries.
«Molto bravo, davvero!» disse il cielo e aggiunse: «Annalisa è davvero fortunata ad averti accanto.»
«Scherzi, vero? Sono io che sono fiero e fortunato di avere incontrato una ragazza così speciale, così luminosa, così solare, ma anche così
spesso malinconica e triste. Io a volte sono così
pesante e noioso, perché cerco sempre sicurezza. Sono ansioso, tanto che l’ha capito anche la
madre, figurati! Ho paura di perderla e cerco
sempre di starle accanto. Secondo te sbaglio?»
«Ma certo che no!Però devi darle un po’ più di
fiducia, specialmente quando riceve le telefonate di altri ragazzi. Lei ha detto di essere innamorata di te, ne ha parlato con la madre e ti
ama. Cosa vuoi di più?»
«Sono io che non mi fido degli altri, ma hai ragione. Devo tranquillizzarmi e, come dicevamo
prima, non devo farle pesare nulla. Ok!»
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«Caro Giacomo, ora purtroppo devo andare, le
stelle hanno bisogno di me. È stato un vero
piacere parlare con te e conoscerti. Sei un bravo ragazzo, continua così. Cosa hai imparato
da questa conversazione?»
«Che sei un gran tipo! Ho capito che devo amarla e rispettarla e vivere alla grande e non
devo fare il pesante»; ridevo perché pensavo a
lei quando me lo diceva.
In verità dalla conversazione ero uscito davvero bene, ero felice e l’unica cosa che volevo era
correre dalla mia stella per poterla abbracciare.
«Allora ci vediamo presto. Non mancheranno
altre occasioni di parlare un po’. Come dite voi,
OK?»
«Ok! Certo, non vedo l’ora di parlare nuovamente con te. Ciao!»
Guardai l’orologio ed erano passati solo 5 minuti. Come era possibile? Che il cielo avesse
fermato il tempo? Mi sembrava di trovarmi
davanti a Ritorno al futuro, ma quello era solo
un film. Magari fosse possibile fermare il tempo o tornare indietro o guardare il futuro,
quante cose si potrebbero fare con calma.
Ero sconvolto, andai in bagno a lavarmi la faccia e poi in cucina per bere un bicchiere di latte.
Tornai sul terrazzo a suonare la chitarra e pensai che la serata non fosse andata poi male.
Avevo dialogato con il cielo, capendo quanto
volesse bene ad Annalisa e quanto, in quel
momento, avessi bisogno di lei.
Poi fissai il cielo che mi sorrise arricciando il
naso, mentre le stelle, ordinate dall’immagine
di Annalisa, formavano un immenso e luminosissimo TI AMO.
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Falluja - Napoli
«Pronto Napoli?»
«Sì, chi è?» risponde l’operatore al centralino
di Palazzo S.Giacomo, sede della giunta comunale di Napoli.
«Qui parla Mohammed Al-Sad, chiamo dal
centralino di uno dei palazzi ancora in piedi.
La disturbo?»
«Assolutamente no, dica pure.»
Sembra una giornata abbastanza tranquilla per
i due operatori, sembrano molto cordiali l’uno
con l’altro anche se dalla loro voce traspare
una certa preoccupazione, un’ansia difficile da
nascondere, soprattutto in questi periodi e in
queste città.
Intorno a loro si sentono, da un lato sirene di
ambulanza e delle forze dell’ordine e dall’altro
continui raid aerei, esplosioni, crolli di palazzi,
gente che piange e si dispera.
«Posso sapere con chi ho l’onore di parlare?»
chiede gentilmente Mohammed.
«Ah, è vero… mi chiamo Celestino Rossi. Piacere di conoscerla. Da dove ci chiama?» risponde con un tono professionale l’operatore
napoletano.
«Beh, geograficamente da lontano, anche se da
un anno a questa parte siamo abbastanza vicini, direi quasi compaesani. Chiamo da Falluja
e faccio parte di un organizzazione no-profit
irachena.»
«Azz! E mo’ questi che vogliono? Ah, e come
mai ci sta chiamando?» rispose cominciando a
sudare freddo, aveva paura… sì, ma di che?
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«La chiamo per fare due chiacchiere su ciò che
sta accadendo in questo mio paese. Ho bisogno
di potermi confrontare con la popolazione di
un paese diverso; abbiamo italiani che collaborano con noi, ma ora stanno vivendo i nostri
drammi, i nostri problemi per cui non sarebbero obiettivi. Voglio sapere cosa sta accadendo
in Italia, in generale, senza soffermarci su di
un solo argomento.»
«Perché no, magari ci scappa anche qualche
risata. Di cosa vogliamo parlare?» chiese Celestino asciugandosi il viso dal sudore.
«Beh, è inutile dirti della situazione drammatica che stiamo vivendo qui in Iraq. Non riesco a
spiegarmi perché tutti questi soldati siano venuti qui senza un motivo valido. Quando Saddam Hussein era ancora alla guida del governo, dicevano che c’erano armi di distruzione e
hanno setacciato tutto il paese con i loro istruttori, i loro soldati, ma niente… loro non trovarono nulla facendoci la figura degli idioti. In un
paese democratico, si dovrebbero ringraziare i
padroni di casa per la collaborazione e andare
via, come fanno le forze dell’ordine italiane durante semplici controlli… non è così?»
«Beh, in effetti è così» rispose Celestino pensando cosa avesse fatto di male per meritarsi
quella telefonata anomala.
«Ma non andò così… non solo non andarono
via ma cominciarono a bombardare in cerca
del Raìs perché responsabile, insieme ad Osama Bin Laden, dell’attentato alle Torri Gemelle del “funesto” 11 settembre 2001. Non appena arrivarono, la nostra gente li guardò con
ammirazione, contenta che qualcuno si fosse
ricordato di liberarla dalla dittatura.
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Almeno è ciò che si sperava, perché dopo pochi
mesi si cominciò a odiarli: sparavano ovunque
non preoccupandosi delle persone tranquille e
pacifiche. A Napoli non accade mai?» disse
Mohammed scosso da quanto aveva raccontato.
«Ahahahahah» Celestino scoppiò in una fragorosa risata.
«Perché ridi?» chiese quasi adirato l’operatore
iracheno.
«Oh no, non ti sto prendendo in giro. Ridevo
per la tua domanda su Napoli, per ciò a cui
stiamo assistendo atterriti e vivendo senza via
di scampo. Beh, caro amico, in questo momento le nostre due città sono molto simili.»
«In che senso?» chiese Mohammed.
«Anche qui è scoppiata nuovamente una guerra che esiste da sempre, una lotta infinita che
vede coinvolte le varie famiglie della Napoli
violenta, famiglie che fanno parte della malavita partenopea, persone che, per scelta o per
desiderio, hanno deciso di risolvere i problemi,
propri e del prossimo, con violenze, ricatti, omicidi; individui che fanno parte della CAMORRA.» Faceva sempre un po’ paura nominare quella parola ma lo fece, tanto che sarebbe cambiato?
«Beh, non è così simile come dici, non pensi?»
«E invece sì, caro amico mio. La settimana
scorsa, a Scampia, un quartiere degradato di
Napoli, hanno violentato, picchiato e ucciso
una ragazza di 22 anni bruciandola poi nella
sua auto…»
«E che può aver fatto di male una ragazza?»
chiese stupito Mohammed.
«L’unica colpa che aveva era l’essere fidanzata
con un pregiudicato, un ragazzo appartenente
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a una delle famiglie in guerra. L’avevano bloccata per chiederle dove fosse il fidanzato e lei
rifiutò di dirglielo. Voleva proteggerlo, pur sapendo che la sua vita era già segnata.»
«Ma è terribile!»
«Va beh, ma voi neanche ve la passate bene.
Leggevo sui giornali quel comportamento abbastanza “innocuo” di quel soldato statunitense che ha sparato a un uomo ferito. Non ha
controllato, l’ha guardato a distanza, ha pronunciato una frase a dir poco agghiacciante e
ha sparato. È assurdo! Questo modo di fare,
così come le molestie e le violenze inflitte dai
soldati ai prigionieri nel carcere Abu Ghraib,
offre la possibilità ai ribelli locali di rispondere
allo stesso modo, utilizzando anche i sequestri
di persone innocenti che spesso vengono uccise.»
«Già, non puoi immaginare quanto abbiano
sofferto gli iracheni per la morte del giornalista
freelance Enzo Baldoni, per il sequestro delle
due volontarie dell’associazione “Un ponte
per…” e per tutte le persone morte per semplici
giochi di potere. Per fortuna, tanti sono tornati
a casa sani e salvi e non sappiamo ancora il
motivo, non si sa se sia stata pagata una somma per liberarli o altro. Fatto sta che spesso i
governi delle potenze hanno assecondato queste situazioni soltanto per non “tradire la fiducia” del governo statunitense. Inoltre Arafat è
morto e, sebbene si sia comportato scorrettamente di diverse circostanze, è stato un grande
capo tutt’ora rispettato e amato dalla gente,
tranne dai potenti che fanno di tutto per mettere alla guida della Palestina un consiglio che
faccia veci del Presidente George W. Bush.»
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«Ahè, a chi lo dici. Ma lo sai che è stato rieletto? Quindi se non cambieranno alcune cose,
come una presa di coscienza che faccia andare
via i soldati, sarà sempre tutto uguale. Non so
quanto potrebbe essere utile una loro partenza,
ma sicuramente molte situazioni cambierebbero. Spero solo che non alimentino ulteriormente la volontà di rivalsa dei ribelli.»
«Mah, caro Celestino, non so esattamente
quando potrà essere utile tutto questo. Non so
dirti, sinceramente, se sia meglio che restino
qui per continuare a portare la democrazia
oppure se sia meglio che tornino a casa, ringraziando di essere ancora sani e salvi. Quello
che posso dirti con sicurezza è che dovrebbero
comportarsi bene, anche se ora è molto difficile tornare indietro a scelte del passato, quando
si poteva decidere se comportarsi onestamente
e difendere davvero la democrazia oppure
combattere il terrorismo distruggendo e radendo al suolo un paese che sembra ancora desideroso di crescere e di vivere tranquillamente. Ma non so se e quando accadrà; noi, intanto, aspettiamo continuando a fare il nostro lavoro di aiuto umanitario. E voi, cosa farete?»
A questa domanda Celestino non sapeva cosa
rispondere. Cosa dire sinceramente, quando
neanche gli organi costituzionali sanno cosa
fare? Tempo prima aveva perso un familiare
proprio in un agguato: era al bar a prendere un
caffè, un conflitto a fuoco tra due fazioni nemiche e un proiettile vagante colpisce suo fratello. Si asciuga le lacrime pensando a tutte le
persone che sono morte a causa di questa violenza, pensa alla piccola Annalisa, a Gelsomina
e agli altri innocenti.
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«Beh, non lo so… aspettiamo anche noi un segno. Da chi, non si sa! Va beh, caro Mohammed, è stato veramente bello parlare con te.
Ora torno al lavoro, ma spero vivamente di poterti risentire un giorno. Mi hai fatto aprire gli
occhi su certe cose, riflettere su come soltanto
una piccola parte dell’umanità voglia la guerra,
per il resto tutti desiderano un mondo fatto di
pace e rispetto dei diritti umani. Spero solo che
anche i governi possano far parte di questa
grande fetta di mondo. Arrivederci e a presto.»
«Già, hai proprio ragione. Spero anch’io che
accada qualcosa di bello un giorno. Anche nelle
coscienze di tutto il mondo. Salam.»
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Bolle di sapone
Stamane, mentre facevo la doccia, mi son trovato circondato da una decina di bolle di sapone che, protette da chissà quale magia, salivano lentamente verso il mio volto.
Sono rimasto ad osservarle e penso che abbiano fatto la stessa cosa, soprattutto quando si
sono incrociate con i miei occhi, bagnati, luminosi, puliti. Come davanti ad uno specchio ho
visto me nella loro lucentezza, nel loro splendore; ognuna di esse proiettava un’immagine
diversa di me, rappresentato in stati diversi
della mia vita. Ad un certo punto ne sono
scoppiate 6, lasciando così alle restanti 4
l’arduo compito di mettermi al confronto con
la mia vita.
Nella prima c’era la mia fanciullezza, la mia infanzia, lì vestito con il grembiule dell’Istituto
Montessori; fotografie di attimi che spesso varrebbe la pena rivivere per gustarli nuovamente, abbandonando un po’ la realtà del presente.
Nella seconda ero al liceo, in mezzo alle manifestazioni studentesche, alle occupazioni e alle
figuracce e non davanti ai prof e ai compagni;
le liti con papà, le mazzate, le cazzate con gli
amici, i primi amori, le conseguenti delusioni;
l’impegno ricreativo e sociale attraverso il teatro, gli amici e tanto altro.
Nella terza il mio desiderio di riscatto, le giornate passate a studiare per riprendermi ciò che
mi era stato negato dalla mia stupidità e dalla
mia svogliatezza, l’impegno sociale attivo con
WWF, Emergency, il commercio equo, istantanee di un periodo pieno di amore, di soddi66
sfazione, di lotta e conquista dei miei spazi, di
quegli ideali che mi hanno accompagnato
nell’area maturità. Il desiderio di amore che
era vivo e voleva esplodere, come una
supernova, emergere come un artista; le delusioni, la tristezza, le serate trascorse a piangere, a disperarmi e a far disperare. Il mio ingresso nel mondo del lavoro, la realizzazione di
alcuni sogni, i primi viaggi da solo. Accompagnato però dalla paura e dalla preoccupazione
dei miei genitori e dall’entusiasmo di amici e
fratelli e sorelle.
Nel frattempo l’acqua scorreva sul mio corpo a
volte fredda, altre tiepida e le bolle andavano
via, mentre solo una restava lì, quasi attaccata
a me.
Nell’ultima bolla era difficile vedere il contenuto, a parte qualche piccola istantanea, qualche
breve frame di una clip che deve essere ancora
completata, girata. Vedevo ciò che sto provando a costruire, un castello di occasioni ancora
da visitare, un volo ancora da prendere, dei
frutti ancora da maturare. Sono i miei sogni, i
miei progetti, le mie future e possibili fonti di
soddisfazione.
All’improvviso vedo l’immagine di Laura, sorride; cerco di sfiorarla, la bolla si scosta e fugge
via. Resto lì, immobile, fisso a guardare un
punto vuoto, l’acqua continua a scivolare sul
mio volto, chiudo gli occhi, mi strofino e li riapro. E penso, sarà stato un sogno oppure un
piccolo segno per farmi capire, ancora una volta, che bisogna inseguire i propri desideri provando a realizzarli e dando vita ad una nuova
bolla di sapone, custode della nostra vita, fatta
interamente di sogni, avverati e non.
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La difficoltà ad amarsi
Qualche giorno fa incontrai Josh, un mio caro
amico e lui, alla classica domanda: «Come
stai?» pose le mani sulle mie labbra per farmi
tacere e mi ordinò di salire nella sua macchina.
Ero confuso, si comportava in modo alquanto
strano, mai visto prima. In tal caso salii in
macchina e lui scoppiò a piangere, poggiò la
testa sul volante disperato, singhiozzava.
Mi avvicinai a lui, gli porsi un fazzoletto per
asciugarsi le lacrime e gli intimai di rilassarsi e
stare calmo. Dopo una decina di minuti disse:
«Ora è il momento di parlare.»
«Bene, raccontami cos’è accaduto di così tragico.»
«Giacomo, è da un po’ che non ci vediamo,
quindi non saprai che sto frequentando una
ragazza conosciuta qualche giorno fa in treno.»
«Sinceramente non lo sapevo, ma è comunque
una cosa favolosa, e piangi per questo? Vi siete
lasciati?»
Ero preoccupato, spaventato quasi, e non riuscivo a stare calmo. Ora ero agitato io al suo
posto.
«Ieri mi ha confidato che ci saranno molte difficoltà a vedersi, resterà l’amicizia ma l’amore,
seppur lo proviamo entrambi, non potrà mai
esserci. Pensavo ci fosse un’altra persona
ma…»
«Ma?» chiesi curioso.
«... non è questo il problema. È testimone di
Geova e quindi difficilmente potrà stare con
una persona di una diversa fede. Che assurdità, vero?»
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«Beh, in ogni religione ci sono regole anche assurde, sempre se si voglia chiamarle così, che
devono essere rispettate altrimenti si viene tirati fuori “senza se e senza ma”. Anche io ho
due care amiche del suo stesso credo e a volte
discutiamo, ci confrontiamo sulle diversità, ma
comunque rimaniamo vicini.»
«Sì, MA TU NON LE AMI!» urlò con tanta forza che lo sentirono fino a 400 m di distanza;
dava i pugni sul cruscotto e non si dava pace.
«Hai ragione, non le amo! E dire che le considero come due sorelle non ti aiuterà certo a
star meglio. Come devo fare, mio caro amico?»
Davvero non sapevo cosa fare e tanto meno cosa dire.
«Sai perché piango? Perché non riesco a concepire che ancora ora, nel XXI secolo, permangano delle differenze sociali e religiose che
rendono impossibile e impensabile anche la
cosa più semplice e bella che sia al mondo:
l’amore. Ho conosciuto tante persone che, appartenendo a diverse religioni, si sono incontrate amandosi fino all’inverosimile e alla fine
si sono anche sposate. Certo, la difficoltà sta
proprio nel fare una scelta, mettere in conto
che uno dei due dovrà sacrificarsi e cambiare
credo religioso per poi vivere felicemente.»
«E lei cosa pensa?»
«Lei è molto dispiaciuta, mi vuole bene ma sa
che sarà un sacrificio enorme stare sia con me
sia con l’altro. Difatti dice che se i suoi “fratelli
e sorelle” venissero a sapere di noi,
l’allontanerebbero dalla comunità, neanche
fosse una potenziale “untrice” per gli altri giovani della comunità.»
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«Ma è incredibile! E cosa fanno poi, la considerano eretica e la bruciano viva in piazza?»
«Non scherzare Giacomo perché la faccenda è
molto seria!»
«Perdonami ma questa cosa la sento vicina più
di quanto tu possa immaginare. Rispetto tutte
le fedi religiose e le persone che ne fanno parte. La mia, più che altro, è una sorta di incredulità rispetto alle assurdità presenti in tutte le
religioni della Terra, a partire dal Cristianesimo di cui faccio parte. Stiamo vivendo in un
secolo di alti e bassi… cerchiamo di crescere e
stare al passo con gli altri dal punto di vista
tecnologico ma stentiamo a decollare nei rapporti sociali. Oramai dovremo pur capire che
per stare bene in questo cazzo di mondo dovremmo iniziare a conoscere e rispettare le altre culture invece di tollerare od odiare, altrimenti non ci sarà mai un futuro allegro e vitale. La maggior parte dei conflitti nel mondo
sono stati scatenati dalle differenze religiose,
come in Irlanda, in Iraq…»
«Allora cosa mi consigli di fare caro amico?»
Piangeva ancora e non potei fare altro che appoggiargli la testa sul mio petto e lasciare che
si sfogasse, poi gli dissi: «Cerca di farle capire
cosa provi davvero per lei, lotta fino allo sfinimento, ma se proprio non c’è nulla di positivo,
allora spiegale che le vorrai comunque bene.»
Sinceramente era il meglio che potesse uscirmi
dal cervello in quel momento, lì fermi in una
macchina a parlare di una cosa più grande di
me, di lui e forse di tutto il mondo. Lo guardavo asciugarsi le lacrime e pensavo che era stato
proprio sfortunato. Mi ricordo che spesso mi
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diceva «Giacomo, ma le trovo tutte con il lanternino?»
Risi, lui cominciò a guardarmi con gli occhi
ancora offuscati di lacrime e disse:
«Scusa, ma che cazzo hai da ridere?»
«Scusami, ma pensavo a quando mi dicevi:
Giacomo, ma le trovo tutte...»
«... con il lanternino?» terminò lui la frase, poi
mi guardò e iniziammo a ridere a crepapelle di
quella situazione anche se non trovava spazio
per momenti gai.
Josh stava meglio e quello era ciò che volevo
dal profondo del mio cuore; forse doveva andare proprio così ma chi può saperlo?
All’improvviso mi abbracciò e mi disse: «Grazie Giacomo, nella mia vita speravo di incontrare un amico come te, presente in ogni momento e non solo quando si è allegri. Spero solo di poter essere altrettanto per te, vorrei che
tu potessi contare sul mio aiuto senza pensarci
neanche una volta. Capito?»
Ero commosso, perché in fondo nessuno mi
aveva mai parlato così ed ero fiero, avevo finalmente trovato un vero amico e, inoltre, gli
ero stato d’aiuto.
«Grazie Josh, ora sai che si fa di bello? Si va al
Montblanc a bere qualcosa e, cosa molto importante, dobbiamo guardare al futuro con
consapevolezza e gioia, augurandoci che vada
sempre per il verso giusto.»
«Ok!Let’s go!»
Andammo al bar, bevemmo e ci divertimmo
tantissimo; Josh aveva capito che non bisognava arrendersi, ma lottare per le cose che si
ritengono giuste. Anche l’amore, nonostante le
difficoltà per viverlo a pieno.
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Una storia
Oggi vi racconterò una storia che io considero
d’amore, romantica, bella ma che va a finire
sempre allo stesso modo, in un gioco di prese
di posizioni che non fa mai bene a nessuno.
Neanche a noi…
Quello di cui vi parlerò probabilmente l’avrà
vissuto anche qualcuno di voi e sapete benissimo quanto una situazione del genere faccia
star male. Come in tutte le fiabe moderne, anche noi ci siamo conosciuti nel mondo virtuale,
la chat. Ricordo che era una sera abbastanza
tranquilla, una di quelle dove hai voglia di conoscere gente e chiacchierare e magari cercare
di trascorrere il tempo in modo divertente,
giacché spesso capita anche di conversare in
un’altra lingua.
Ero lì e ad un certo punto contatto una ragazza, Maria, siciliana, molto simpatica. Dopo un
po’ di tempo trascorso a raccontarci come andavano le nostre vite, ho scoperto che era anche dolce, sensibile, fragile. Ricordo che stava
attraversando un periodo molto triste con il
suo fidanzato, napoletano come me, non molto
serio. Era partito per la Spagna anziché trascorrere un po’ di tempo con lei, che lo stava
aspettando da circa un mese con gioia e apprensione. Ma lui no, era partito per una delle
capitali del divertimento e dopo pochi giorni
fece ciò che Maria temeva, la tradì con tre
donne, la stessa sera… In quel silenzio dovuto
alla rabbia e alla delusione si udì un crack: era
il cuore di quella dolcissima ragazza; si era
spezzato e sarebbe stato molto difficile rimet72
terlo insieme. Oramai aveva perso qualsiasi
speranza in tutto, nell’amore, nella fede, e anche nella fiducia; non credeva più a niente né a
nessuno. Poi, non so esattamente cosa feci io o
cosa fece lei, forse avevamo solo imparato a rispettarci e ad ascoltare i nostri desideri, le nostre paure, con il tempo ci innamorammo. Ma
non voleva vedermi, anche se in fondo un po’
di voglia c’era e forse anche il desiderio di un
abbraccio.
Poi, a fine maggio, capitò che Carmine mi
chiedesse di aiutarlo a Messina per lavoro; colsi la palla al balzo, avrei dato una mano a lui e
avrei potuto incontrare lei, la ragazza che avevo tanta voglia di vedere e coccolare.
Arrivai alle 20.00 in albergo e, non appena entrai nella nostra stanza, la chiamai per avvertirla del mio arrivo e chiederle di uscire insieme. Era vaga, non sapeva se avrebbe potuto,
anche perché non vedeva i genitori dalla mattina, avrebbe dovuto aspettarli e poi le serviva
l’auto per raggiungermi. Ero felice e speravo
tantissimo in quell’incontro, ma non era ancora sicuro, per cui me ne andai in pizzeria a
mangiare un boccone. Non appena uscimmo
arrivò una telefonata, era lei e mi chiesi cosa
avesse deciso: «Giacomo, dove sei? Sto venendo da te.»
Anche se non urlai, penso che la mia voce,
sprizzante gioia dal cuore desideroso di amare,
la sentirono fino in Tailandia; a parte gli scherzi ero felicissimo e immaginavo una serata dolce e piacevole.
Mi fece compagnia Carmine fino a P.za
dell’Unione Europea, sede del Municipio della
città che in quel momento amavo come se fos73
se stata parte di me sin dall’infanzia. Mentre
chiacchieravamo e ci facevamo due risate,
squillò il cellulare, mi girai, era lei.
Carmine tornò in albergo augurandomi buona
fortuna, una pacca sulla spalla e, mentre lui si
allontanava, io e Maria ci avvicinammo molto
lentamente per scrutarci, anche se i nostri cuori andavano a migliaia di chilometri orari. Ci
abbracciammo dolcemente e cominciammo a
passeggiare, pur non avendo la minima idea di
dove andare. Ci sedemmo sui gradini di una
scalinata e, imbarazzati come non mai, scambiammo le prime parole. Era bellissima, con
quel suo abbigliamento molto elegante, i suoi
occhiali da intellettuale, i suoi occhi, le sue
labbra, il suo modo di parlare, di muoversi.
Ero eccitato come un bambino all’idea di stare
lì con lei, cosa che pensava anche lei di me. Ad
un certo punto, mentre l’aria si faceva più fresca per l’arrivo della notte, ci abbracciammo,
seduti su una panchina sotto un albero testimone di chissà quanti amori nati, cresciuti e
forse perduti.
Parlavamo a ruota, ci chiedevamo cose, novità
sulle nostre vite già affrontate in chat e al telefono, ma lì era diverso, eravamo vicini, i nostri
occhi, le nostre anime a confronto, impaurite
di sbagliare e mandare all’aria tutto. Oramai
non c’era più nessuno in quella piazza e come
nella più bella delle favole, le nostre labbra si
avvicinarono fino a diventare tutt’una, dando
inizio a una bella storia o soltanto a un bel
momento in una fresca serata di maggio.
Volevo stare con lei, avrei fatto sacrifici enormi, ma non l’avrei lasciata scappare. Fu impos-
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sibile, troppo brava a scappare ed io poco preparato per evitarlo.
Mi accompagnò in albergo con la sua Opel corsa, ascoltavamo la canzone di Claudio Baglioni
Tienimi con te e ci fermammo lì davanti al lussuoso Jolly, che in quel momento odiavo, era
un muro, una divisione contro il nostro amore.
Entrai in camera, un po’ dispiaciuto per la fine
della serata ma felice in fondo per essere stato
insieme a lei; aspettai la sua telefonata appena
ritornata a casa, parlammo, mi disse che non
sapeva cosa decidere e mi promise che ci avrebbe riflettuto prima della mia partenza.
Fu una notte tranquilla e subito fece mattina…
dopo colazione andammo al lavoro, aspettavo
una sua telefonata ma nulla, non arrivava; inutili i miei tentativi di chiamarla con la nuova
scheda Omnitel che avevo comprato per comunicare con lei. Verso ora di pranzo, mi invia
un messaggio gelido… rimango lì a guardare il
telefono, seduto ad un tavolo di ristorante, lo
stesso della sera precedente. Ci sentimmo e mi
disse che non voleva correre, voleva conoscermi meglio e, senza prometterci nulla, ci saremmo visti la sera stessa, in quella piazza… su
quella panchina.
Tornai in albergo e mi buttai sul letto a piangere come un bambino… ero totalmente disperato, illuso, deriso e chissà quant’altro. Carmine,
vedendomi così, mi pregò di seguirlo a cena, di
farci un giro, di respirare un po’ d’aria pulita e
non disperarmi. Dopo cena giungemmo nuovamente in quella piazza, ma l’atmosfera era
diversa dalla sera precedente: niente squilli,
telefonate, messaggi… nulla. Le inviai un sms e
lei rispose che aveva deciso d’incontrami… ero
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felice, ancora lì, nuovamente allegro e pimpante, nuovamente innamorato della vita e di
quella città che fino a poco prima mi era parsa
ostile e nemica. Ma qualcosa nell’aria era strana… le inviai un messaggio per conferma e la
risposta gelò il mio cuore, le mie mani… mi
venne un collasso. Mi scrisse che si scusava per
aver digitato male il messaggio: non sarebbe
venuta, e questo lo seppi a mezzanotte, dopo
averla aspettata per circa due ore in quella
piazza, che ora odiavo di nuovo. Avrei preso a
calci qualsiasi cosa, anche la panchina, le scale,
l’albero… tutto.
Tornai in albergo mogio mogio, appoggiandomi alle mura dei palazzi per sorreggermi, avevo subito uno shock tremendo, il classico
dell’innamorato deluso, sedotto e abbandonato. Va beh… non esagero, in fondo è una ragazza dolcissima che stava vivendo un periodo di
fragilità… in fondo anch’io avevo sbagliato a
baciarla quando ero ancora alle prese con un
fidanzamento in crisi... ma lo volevo, lo desideravo da un anno e lo voleva anche lei… ma finì lì.
Fino a qualche mese fa non ci siamo sentiti, a
parte una telefonata tranquilla e priva di rabbia, rancore o delusione. È passato quasi un
anno dal nostro incontro e solo ora ricominciamo a parlarci in chat, dopo che lei mi aveva
trattato come uno straccio in conversazioni
precedenti. Le voglio ancora bene, ma ora cerco altro e forse l’ho trovato. Spero solo che sia
più tranquilla e affronti la vita senza pensare
più alle conseguenze, né viva altre brutte esperienze. In fondo ha sofferto, come tutti
d’altronde… ma dipende anche da noi qualche
volta…
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Specchio delle emozioni
Sotto la luce di una stufa alogena, sono seduto
al pc cercando di scrivere qualcosa, una frase,
un verso, una poesia o una canzone che parli di
te… di come sei entrata nella mia vita: con un
click!
Già, si comincia così, con un semplice: «Ciao,
come ti chiami?» e si va avanti, pedine di una
scacchiera dove sono in gioco i nostri sentimenti e le nostre emozioni, fin quando uno di
noi non fa la mossa vincente che mette fine alla
partita.
Comincia così una storia d’amore strana, fatta
di telefonate internazionali, di sms scambiati
velocemente, frasi dolci, poesie e canzoni e
tante promesse tra le quali non innamorarsi
mai. Già, perché si soffre, amare una persona
lontana soltanto con il pensiero, fin quando
non la vedi, sfiorarla, coccolarla, baciarla, desiderarla più di qualsiasi altra cosa al mondo, è
ardua impresa.
Sono sempre qui,davanti al pc… saranno trascorse due ore ormai ed io, una volta chiusa la
chat, torno a prendere la chitarra, la accarezzo,
la stringo a me quasi come fossi tu e ti pizzico e
ti solletico, e ridi.
Che bella cosa sentirti ridere, vedere i tuoi occhi pieni di gioia e felicità e mi accorgo di essere felice solo quando i miei occhi ridenti, si riflettono nei tuoi; specchio delle mie emozioni,
non appannarti mai…
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INDICE
9
Prefazione
13
Cara Emily (Dickinson)
15
Buon viaggio Gabri
17
A Rosaria
18
Come fragole e lamponi
20
Vorrei
21
Da Potenza
22
Dolci parole
24
A te…
25
Marina
26
Noi due (Napoli-P.za Dante)
27
Nuda
28
Passa il tempo
29
Per ora ti sogno
30
Scriverò di te
32
Sogno d’estate
33
Strike
35
Un amico
36
Un fiore da coltivare
37
Un dolce e triste ricordo
39
Un viaggio con poche fermate
41
Una candela rossa
42
Una pagina bianca
44
Abracadabra
45
Ad Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
46
Una vita bagnata dalla pioggia
48
Un semplice abbraccio
49
Speranze di un bambino
51
Una storia da raccontare
54
Dialogo con il cielo
60
Falluja - Napoli
66
Bolle di sapone
68
La difficoltà ad amarsi
72
Una storia
77
Specchio delle emozioni
Stampato in Italia
nell’ottobre 2010 per conto di
LibertàEdizioni