Evgenij PopovNIII.B. Ristorante “Berezka”IX

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Evgenij PopovNIII.B. Ristorante “Berezka”IX
Evgenij PopovNIII.B.
Ristorante “Berezka”IX
Poema e racconti sui comunisti.
Nel nostro tempo discontinuo e dalla mente inquieta, molti fatti della vita e della
cultura hanno bisogno di essere spiegati, in modo da superare gli episodi di scatti di
violenza e impazienza sia da parte dello Stato, sia da parte di singoli individui che affollano
lo Stato. Quindi mi spiego: i testi riportati di seguito appartengono non a me, coscienzioso
cittadino dell'URSS, preso dalle fatiche della perestrojka, ma al mio personaggio, il letterato,
eroe del romanzo “Mina”, che, in considerazione del veloce svanire della natura umana,
finirò di scrivere non so quando, poiché lo sto scrivendo da un tempo piuttosto lungo е
continuerò a scrivere ancora più a lungo.
E’ un romanzo su alcune persone che conducono un'esistenza misteriosa alla luce del
sole, dove tutti loro si ritengono innanzitutto letterati, e solo dopo diligenti lavoratori, teneri
genitori o personalità in campo socio-politico.
Uno di loro sta scrivendo la storia romanzata della guerra sovietico-finlandese, un
altro si è appassionato ai problemi socio-futurologici e sta riscrivendo in modo nuovo il
romanzo di Turgenev, intitolando la sua opera “La vigilia della vigilia”, un terzo ha creato
un “Poema e racconti sui comunisti”, che si collocano interamente nella sfera mistica della
creazione artistica e non sono affatto banalmente appiattiti sulla mappa della politica reale.
Ecco perché io chiedo al potere di non perseguitare per questa opera né me né il mio
personaggio. Garantisco che entrambi ci troviamo in una posizione di conversione, di non
opposizione al male con la violenza, di consenso, crediamo in un avvenire radioso e
riteniamo che il nostro rating ideologico sia abbastanza alto.
Evgenij Popov
5 giugno 1990
N.B. Le note dell'autore, indicate da numeri progressivi, sono stampate dopo la traduzione; le note della traduttrice,
richiamate dai numeri romani, sono stampate a piè di pagina.
IX “Berezka”: letteralmente è il diminutivo/vezzeggiativo di “Betulla”, l'albero-simbolo della Russia. Era molto usato
come nome dei ristoranti sovietici. Aveva questo nome anche una catena di supermercati nella R.S.F.S.R. in cui era
possibile fare acquisti solo con valuta estera. Altre repubbliche dell'Unione Sovietica avevano negozi simili chiamati
con il nome dell' “albero nazionale”: Kaštan (Castagno) nell'R.S.S.Uzbeka, Činara (Platano) nell'RSS Azera,ecc...
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Dedicato al solito anniversario della
Grande Rivoluzione socialista d'Ottobre,
che ha avuto luogo il 7 novembre (25 ottobre) 1917.
“Un fantasma si aggira per l'Europa...”
K. Marx e F. Engels
Un certo filosofo, che soggiornava in una dača statale e di sera si riposava sotto il
pergolato dalle fatiche della perestrojka, decise, al suono del frinire delle cicale, di mettersi a
riflettere sui comunisti: chi sono, dove vanno, da dove sono arrivati sulla nostra terra,
perché, a che scopo?..
Odoravano le peonie, le flox emanavano la loro fragranza, maturavano le mele, dalla
strada lontana giungeva, appena percettibile, il ruggito delle automobili, che trasportavano
avanti e indietro persone sovietiche e carichi di prodotti dell'economia nazionale; lì passava
l'autostrada, lì si svolgeva la vita; sotto terra crescevano le carote, in superficie, l'aneto, la
cipolla, l'insalata, i figli di qualcuno giocavano a nascondino e mosca cieca, la voce da
tenore di qualcuno caparbiamente enunciava “Signore, proteggi lo zar”X, e questi sommessi
suoni anticomunisti si sedimentavano, si stendevano, bassi come la nebbia o il galleggiante
fumo di un falò; il cane Lorik si avvicinò, si ficcò tra le ginocchia del filosofo, una zanzara
impertinente volò, ronzò e si nascose – forse si mise da qualche parte per passare la notte, la
canaglia, e cicale, cicale, ma forse, semplicemente grilli russi, padroni della striscia della
zona centrale russa? Imbruniva, aleggiava l'aspro odore di foglie di ribes nero, si erano
accese le finestre e gli accoglienti lampioni gialli, la cui luce ricordava così tanto il colore
del burro buono; risuonò la sigla del programma televisivo comunista “Vremja”: scioperi nel
Kuzbass, Donbass, terremoti, il deragliamento di un treno carico di acido cianidrico, una
nave greca, stracarica di sapone turco e detersivo cinese, ha invaso lo specchio d'acqua del
porto del Mar di Jalta, la lingua russa si è intasata di parole come “iniziativa”, “alibi”,
“confessione”, “conversione”, “consenso”, ed ecco che già una fitta nebbia cominciò a
strisciare sulla terra buia ricoperta di erba...era bianca, e i fili d'erba cominciarono a brillare
X “Боже, Царя храни!” è stato l'ultimo inno nazionale dell'Impero russo, scelto in seguito ad un concorso del 1833.
L'autore del testo è il poeta Vasilij Andreevič Žukovskij, mentre la musica fu composta dal violinista Principe
Aleksej Fëdorovič L'vov. Dopo la Rivoluzione del1917, fu sostituito dapprima dalla “Marsigliese degli operai” e in
un secondo tempo da “L'Internazionale”.
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come monete per la rugiada appena caduta...
Nemmeno il filosofo si accorse di come, invece che sotto il pergolato, dove egli era
solito riposarsi dalle fatiche della perestrojka, all'improvviso si ritrovò sotto un melo
frondoso ricoperto di frutti maturi, dove rimase fermo in lunga meditazione fino all'attimo in
cui dal ramo non si staccò una grossa mela scarlatta che, con una forza terribile, come con
un bastone, lo colpì sulla testa calva.
Non appena si fu ripreso, pose di nuovo a se stesso e a tutti noi la domanda: chi
saranno mai questi comunisti, dove vanno, da dove sono arrivati sulla nostra terra, perché, a
che scopo?..1
L'auto vola veloce
e nella sua profondità c'è il capo.
E all'autista dice
con triste voce di mezzanotte:
“Portami, portami Nikitin!
Là, in regioni oltre le stelle
Dove io, come un abitante del cielo,
o come un vegliardo caucasico,
o come un semplice semidio
canterò e suonerò, senza sentire le gambe...
dove si vedono spazi popolati di bellone,
sguardi abbassati senza modestia.
Là ci sono la mia vita e la mia giovinezza...”
Apparve una segretaria.
-Ivan Ivanyč, venite, per favore, nell'ufficio della direzione.
Ivan Ivanyč, un piccolo capoufficio, si alzò di scatto e svelto svelto uscì per andare
nell'ufficio della direzione, aggiustandosi, mentre camminava, gli occhiali e il nodo della
cravatta. Controllando l'esistenza di un fazzoletto da naso nelle tasche dell'abito.
E' uscito e sicuramente sarà assente per tutta la durata del racconto.
Uscì e, così, il piccolo impiegato Gennadij Palyč Lbov rimase da solo.
Lbov fu preso da un'insolita sensazione di libertà.
Gennadij Palyč Lbov era nato nel 1946 nella famiglia dell'ufficiale G.U. Lag. Nel
1963 aveva terminato la scuola media e nel 1968 l'Istituto di metallurgia. Celibe. Partecipa
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attivamente alla vita sociale. Sul lavoro si è dimostrato un compagno operoso e pieno di
iniziativa. Si è sempre preoccupato di accrescere la sua creatività e di accumulare
conoscenze tecnico-scientifiche. Bello e ben fatto. Non si capiva soltanto perché i suoi
capelli cominciassero a diradarsi sulla fronte. Forse, questione di geni. Anche il padre
militare, verso i cinquant'anni, era completamente calvo.
Fu preso, Lbov, da un'insolita sensazione di libertà, e si mise a cantare:
Beviamo a quelli che comandavano le compagnie
sotto il fuoco della mitragliatrice.
E terminò il canto con le parole:
Beviamo alla Patria, beviamo a Stalin,
Beviamo e di nuovo versiamo.
Lbov cantava, seduto nella stanza da solo, con le spalle alla porta. E non sapeva che,
nel momento in cui aveva iniziato a cantare, la porta si era aperta e uno stanco uomo non più
giovane, un attivista del partito, il compagno Kljuev, aveva dato un'occhiata nell'ufficio, per
una questione di studio preliminare del sistema di istruzione del partito,
L'attivista del partito voleva parlare con Gennadij Palyč, ma, sentendo cantare,
desistette.
Ascoltò tutta la canzone, dall'inizio alla fine, fino agli ultimi versi, dopodiché
indietreggiò e chiuse la porta dietro di sé.
Poi se ne andò nel suo ufficio e si mise a sedere dietro la scrivania, coperta da un
drappo rosso con nappe.
L'attivista del partito rigirava le nappe e pensava al fatto che Lbov cantava a bassa
voce. Non strillava, non faceva chiasso, ma sembrava che non fosse Lbov a cantare, ma
cantasse un ensemble della bandiera rossa con accompagnamento di un complesso di fiati
con mille trombe. Tuttavia, non stava forse gesticolando? Non era forse questo un atto di
presa in giro e oltraggio verso tutti coloro che ci sono cari? Dopotutto il ragazzo, dicono, è
appassionato di filosofia, probabilmente ascolta “The voice of America”, “BBC”, “Deutsche
Welle”, radio “Svoboda”. No, via questi pensieri! Noi dobbiamo credere nella nostra gente2,
così come loro devono credere in noi...
Il compagno Kljuev si mise a guardare fuori dalla finestra. Là, facendo frusciare
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dolcemente gli pneumatici, scivolavano leggiadre automobili. Alcune “Čajka”, altre
“Volga”, altre “Moskvič”, “Zaporožec”.
All'incrocio stava un robusto poliziotto, un pezzo d'uomo dalle guance rosee.
Baldanzosamente agitava la paletta, e tutte le automobili scivolavano dove dovevano.
L'attivista del partito pensava, guardava fuori dalla finestra e silenziosamente,
radiosamente sorrideva.
L'autista, membro del Profsojuz
di questo non sopporta la bestialità
poiché vede in esso la putrefazione
e il vecchio metodo di amministrazione.
Eppure continuano ad andare...
Ecco la favola che mi raccontò un certo comunista, quando pescavamo insieme le
acerine nel canale Mosca–Volga, costruito dai prigionieri per ordine dei comunisti per far
diventare Mosca “porto dei cinque mari”, non si sa a che scopo.
...Una volta, certi giocatori si diressero verso una casa da gioco per giocare a briscola.
Erano ragazzi non tanto intelligenti, ma soprattutto scaltri e sfacciati. La compagnia riunita
nella casa da gioco per giocare un po' a briscola li accolse non troppo amichevolmente. Ma
tuttavia non li cacciarono via subito, perché si diffusero voci che, si dice, visto che c'è la
libertà, e va bene, che giochino un po' a briscola pure questi teppisti, perché se non li lasci
giocare un po' a briscola, allora capita che all'improvviso si incattiviscono e combinano guai
più grossi che se giocano un po' e se ne vanno.
Però quando incominciarono ad essere troppo fortunati, li iniziarono a tenere un po'
d'occhio e subito scoprirono che giocavano da schifo, proprio come dei truffatori: battono
l'“otto” col “sette”, spiano le carte degli altri, cose così. Quando dissero loro gentilmente
che non ci si può comportare così, giacché li avevano accolti a giocare a briscola con
persone perbene, allora i truffatori esagerarono nel fingersi terribilmente arrabbiati,
iniziarono ad alzare la voce che loro, dicono, loro sì che hanno avuto un'infanzia difficile e
anche loro sono per la libertà, e che, diamine, se qualche volta hanno preso una strada
sbagliata, non hanno fatto nessun grosso guaio: dopotutto non giochiamo mica per soldi...
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Cosa non strana, tra le file dei giocatori perbene si trovarono dei loro difensori, e il
gioco continuò oltre, e loro diventavano più insolenti, sempre più insolenti. Iniziarono a
comparire nel gioco carte che erano già state usate prima, cioè, i truffatori, senza farsi
vedere, le prendevano dal mazzo e con esse restavano in gioco, con le carte vincenti. Tra
forti grida di indignazione, cosa che assolutamente non sta né in cielo né in terra, loro
spalancarono gli occhi per lo stupore e si premevano le dita sulle labbra...
In generale, si comportavano in modo così provocatorio che un giocatore non si
trattenne ed esclamò con pastosa voce di basso: fino a dove, compagni, sopporteremo questa
villania? Bisogna rispedirli dalle loro f... madri e fine della storia! Ma di nuovo lo
calmarono e il gioco continuò fino al momento in cui afferrarono con le dita il naso di uno
degli estranei mentre “sbirciava” le carte altrui in modo così sfacciato che non l'avrebbe
sopportato nessuno. Il truffatore offeso, più per istinto che a scopo di autodifesa, sventolò le
carte davanti agli occhi di quello che l'aveva preso per il naso, e lui, in risposta, aprì le dita e
le strinse a pugno, lo colpì con un pugno sul muso e ci riuscì così bene che fece uscire il
sangue dal naso in questione. Allora montò una confusione e un chiasso terribile. Alcuni
gridavano che non si deve picchiare un essere vivente sul viso, Dostoevskij non lo
raccomanda, altri che erano stati violati i diritti umani, che dirà il mondo illuminato e
animato da spirito umanitario? Non si sa come sarebbe andata a finire la cosa, ma nel
fervore del barare, come da solo, si rovesciò un gigantesco candelabro con tutte le candele.
La stearina colò sulle carte, la fiamma leccava avidamente il panno verde della copertura.
La casa da gioco si incendiò da tutti i lati e in un'oretta si bruciò completamente, come
una candela, nonostante tutti i presenti, inclusi i giocatori disonesti di prima, parteciparono,
secondo le proprie possibilità, allo spegnimento dell'incendio. E i truffatori si davano da fare
più di tutti, mobilitando tutti i presenti nella “lotta all'infelice incidente”, organizzarono una
catena umana con dei secchi dall'idrante per “salvare almeno l'edificio”... Anche se ciò che
era da salvare era andato tutto bruciato...
L'incendio si spense solo verso il mattino, perché verso il mattino iniziò a piovere e i
tizzoni iniziarono a sibilare. Sotto la pioggia e il vapore, nei raggi obliqui dell'alba, sul luogo
dell'incendio rimanevano solo delle persone imbrattate di fuliggine.
Tutti i giocatori di carte si immersero in un profondo silenzio, e uno dei truffatori che
si erano presentati a giocare a briscola senza essere invitati, ed ora erano sprofondati nei
pensieri, all'improvviso disse, trattenendo a stento le lacrime:
- Ecco compagni! Vedete che è successo! Da questo tutti noi dobbiamo trarre i più seri
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insegnamenti. Non si deve giocare col fuoco! Ricordatevi questo! Mettetevelo bene in testa!
Se non siete stati capaci di proteggere la nostra casa, adesso sul luogo dell'incendio
organizzeremo un cantiere e a voi toccherà darvi molto da fare per rimediare alla vostra
colpa. Al lavoro, compagni! Accatastate le travi rimaste intatte, e costruiremo una casa da
gioco di gran lunga migliore di quella di prima. Ma non vi permettete di avere paura, di
frignare e di provare a svignarvela! Tutti siamo colpevoli di tutto, compagni, e non ha senso
cercare qualunque altro motivo. Potete dire che i colpevoli siamo noi, come motivazione, ma
noi ribattiamo che proprio voi ci avete lasciati giocare a carte con voi in modo disonesto.
Chi vi impediva di affibbiarci un colpo sul muso quando eravamo ancora sulla soglia della
bisca, eh?3
Ecco la storia che mi raccontò un certo comunista, quando pescavamo insieme le
acerine sulle lastre di cemento armato del canale Mosca – Volga, costruito dai prigionieri per
ordine dei comunisti per far diventare Mosca “porto dei cinque mari”, non si sa a che scopo.
Questo comunista da non molto è uscito dal partito, ma questa, come si dice, “è già tutta
un'altra storia”. E questa è la loro seccatura: uscire, entrare, riorganizzare. In questa
faccenda ancora non mi ci raccapezzo.
Poiché il ristorante “La betulla”
di sera sempre aperto resterà
il nostro sfacciato personaggio
sarà sicuramente già seduto là
Un idraulico non andava d'accordo con il suo mestiere e non lo cacciavano dal lavoro
solo perché da noi, in Unione Sovietica, non è rimasto più nessuno per lavorare. Una volta
l'idraulico stava camminando per strada di primo mattino, con la testa china e stringendo
nella mano sudata una valigetta di fibra con i suoi primitivi strumenti. Improvvisamente
sussultò. Uno sportello sbatté e, da un'automobile “Zaporožec”, uscì un uomo grasso e
calvo con una borsa indiana di pelle sulla spalla sinistra.
−
Scusate, siete voi l'idraulico? - chiese.
−
Sì, sono io – rispose l'idraulico.
−
Potreste per caso aiutarmi? Ho un rubinetto in cucina che perde e il miscelatore della
vasca funziona male. Vi pagherò sicuramente bene.
−
Perché no, ci provo – acconsentì l'operaio.
A grandi passi raggiunsero il monolocale del ciccione, situato al pianterreno di un
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prefabbricato di otto piani a Teplyj Stan (una località nella parte sud-occidentale di Mosca).
L'idraulico notò solo un lungo specchio nell'anticamera e, dalla porta mezza aperta
della stanza, la moquette grigia sul pavimento e un grande televisore nero con la scritta,
realizzata con lettere metalliche in tedesco, “GRUNDIG”. Poiché
lo accompagnarono
subito in cucina, dove egli stabilì immediatamente che la perdita dal rubinetto era originata
non dalla guarnizione (cosa che l'aveva preoccupato molto perché quelle lì di resina non ce
le aveva), ma semplicemente dal dado di bloccaggio che non era stretto bene. Lo strinse. E
nel bagno era anche più semplice: il miscelatore “perdeva” un po'... L'idraulico esitò e chiese
gentilmente uno straccio per il pavimento, ma nessuno gli rispose, perché il proprietario
della “Zaporožec”, del monolocale e del “Grundig” stava già guardando a bocca aperta il
discorso del futuro Presidente M. S. Gorbačëv ad uno dei Congressi dei deputati nazionali
dell'URSS.
- Signore! - si mise a urlare l'idraulico – Dammi uno straccio!
- Che?.. - Il grassone si staccò dal televisore e diede all'idraulico ciò che aveva
chiesto.
- Qui basta solo stringere un po' i morsetti... - stava iniziando a dire l'idraulico, ma il
padrone di casa già non lo stava più ascoltando, era tornato di nuovo al televisore e l'operaio
notò che gli scaffali di vetro della libreria erano pieni di una cospicua quantità di bei libri
con delle belle rilegature.
Sedutosi, velocemente, letteralmente in 30 secondi, portò a termine il suo lavoro
senza pretese e si preparò ad andare via, dopo aver riposto nella sua valigetta di fibra gli
strumenti senza pretese.
Il discorso di M. S. Gorbačev era finito. Il padrone di casa andò ad accompagnare
l'idraulico e gli diede 5 rubli in un'unica banconota azzurra.
−
Caspita! - disse (il padrone di casa) di quello che aveva visto (di M. S. Gorbačev).
−
Compagno, non sarete per caso comunista? - si illuminò all'improvviso l'idraulico.
−
Sì, sono comunista. E allora? - si meravigliò il padrone di casa.
−
Niente, così. - disse l'idraulico, accettando i soldi con gratitudine.
Ora dei musicisti applaudirà
La balorda canzone da malviventi
Ora dalle arance strapperà
Le bucce fragranti.
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Una volta un uomo sposato tornò in anticipo da una trasferta, ma l'amante si era
nascosto nel guardaroba, e in casa ce n'erano esattamente tre.
- Qui non c'è!- esclamò il marito infuriato, aprendo il primo armadio.
- Qui non c'è!- esclamò il marito infuriato, aprendo il secondo armadio.
Aprì il terzo armadio. Era puntata dritta verso di lui la canna di un revolver.
- E non c'è nemmeno qui!- esclamò il marito infuriato, chiudendo il terzo armadio.
Il filosofo ricordava sempre questa vecchia barzelletta di Odessa quando, negli anni
della cosiddetta “stagnazione”, diverse persone progressiste, nell'ambito dell'ideologia
comunista, sulle pagine di riviste e giornali presi alla rinfusa, si meravigliavano moltissimo
che nel nostro Paese, letteralmente non funziona niente, tranne i danni e la stupidità, e tutti
cercavano, cercavano, cercavano il motivo di questo fenomeno anomalo.
e sempre, per farla sedere a tavola,
una bellona qualsiasi a sé attira
con l'unghia la vodka le misura
e il dito sotto il lembo infila
Un
ricco
commerciante,
appassionato
di
Oscar
Wilde,
Art
Nouveau,
postimpressionisti e Stravinskij, decise, avendo come obiettivo il decadentismo, di affidare
sua figlia ai comunisti. Ma figlie lui ancora non ne aveva, e allora andò nei quartieri operai
per concepirla con qualche povera vedova che viveva a pane e kvas.
La sua rivoltante e snaturata indole ebbe il sopravvento e, ben presto, strappato il
bambino all'infelice Dusja per molti soldi, il mascalzone partì per Parigi e l'operaia si
abbandonò all'alcool e morì nella sua nuova casa, che i maligni nemici del comunismo tipo
Trockij più tardi definirono calunniosamente “casa chiusa”.
Sua figlia, proprio la figlia del commerciante, all'inizio fu educata nel XIX
arrondissement di Parigi, vicino alla chiesa russa, che al mercante suscitava sempre
antipatia, perché lui era convinto che Dio non esistesse e proprio per questo decise di
affidare sua figlia ai comunisti.
La vita gli mostrò splendidamente quanto si fosse sbagliato con il suo ateismo.
Affidata sua figlia ai comunisti, si immerse definitivamente nella vita dissoluta, che lo portò
all'armata bianca del generale Denikin, che lui riforniva di stivali e biancheria intima. Se
allora ci fosse stata l'AIDS, il commerciante si sarebbe sicuramente ammalato, ma l'AIDS
allora non c'era, e a Novorossijsk colpirono il commerciante sulla testa con una bottiglia di
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champagne vuota e non poté neanche ritirarsi dall'armata bianca per la corrotta Parigi, cara
al suo cuore, dove lo aspettava un accogliente appartamentino proprio accanto alla casa dove
viveva la coppia Merežkovskij4,
...Cessò il clamore delle battaglie della guerra civile, i comunisti ristabilirono
l'economia distrutta dalle azioni di guerra e i campi, ma dopo tutto fu distrutto di nuovo a
causa del totalitarismo. Il commerciante già non ci vedeva più da un occhio, elemosinava
per le strade, non aveva documenti, ma non lo toccavano, perché, per di più, era anche
rimasto con una sola gamba, era pieno di pidocchi e pulci, inoltre era coperto di capelli
bianchi e sporchi fino ad essere irriconoscibile. Sulla sua spalla di solito c'era un piccolo
animale giallo che strillava acutamente quando il suo padrone attaccava a parlare con
qualcuno, chiedendo soldi. Che quadro deprimente!
Ed ecco, accadde che il destino lo condusse negli ex quartieri operai. A tentoni trovò i
conosciuti gradini della cosiddetta casa “chiusa” e, spinta la solita porta, si venne a trovare
in mezzo al rombo delle giovani e sonore voci di operai, di soldati dell'armata rossa e
colcosiani non dekulakizzati, che ripetevano a mo' di preghiera il nome di sua figlia. Il
piccolo animale giallo strillò acutamente e agitava minacciosamente il pugno rosa, mentre il
commerciante cadde esanime, perché era il museo dedicato a sua figlia, che lui tempo prima
aveva affidato ai comunisti e che era morta sulle barricate, non era sopravvissuta alla
repressione di massa del 1937 e degli altri anni.
Stanca, sorrideva dai numerosi ritratti nella sua giacca inglese di pelle con la pesante
Mauser alla cinta. Risuonò una musica trionfale, iniziarono a suonare i corni, battevano i
tamburi. Portarono il commerciante all'obitorio e misero a bollire il suo cadavere per
estrarne lo scheletro al fine di usarlo come materiale didattico-dimostrativo del 1° Istituto di
Medicina, mentre il piccolo animale giallo fu portato allo zoo di Mosca, dove anche lui
morì, poiché nessuno, tranne il commerciante, sapeva con cosa e come bisognava nutrirlo.
Ma quella bellona capisce,
svolazza come una libellula,
e ogni momento si mette
mascara e ombretto sugli occhi.
Un giovane pioniere accoglieva molto elegantemente eminenti personalità comuniste
del partito e del governo, che spesso si riunivano al Cremlino in occasione di vari
festeggiamenti o di semplici manifestazioni volte al rafforzamento di tutto ciò che era stato
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conquistato dai comunisti il 7 novembre (25 ottobre) 1917, giurava in modo convincente sui
suoi figli di continuare a lottare per la causa comunista fino all'ultimo, fino alla completa e
definitiva vittoria del comunismo in ogni posto dove fosse possibile, cioè in tutto il mondo.
Il pioniere compieva il suo dovere in modo assai responsabile. Di mattina faceva
ginnastica, si lavava i denti con gesso tritato5, andava a scuola, praticava gli sport, e poi, fino
a notte fonda, leggeva, rileggeva e riassumeva i classici del comunismo, tra i quali preferiva
le opere di V. I. Ul'janov-Lenin - e ciò non è sorprendente - poiché V. I. Ul'janov-Lenin è
universalmente riconosciuto il migliore dei comunisti di tutti i tempi e popoli, senza contare
K. Marx e F. Engels, che sono vissuti prima di lui.
Passarono gli anni. Ed ecco che, una volta, una commissione di comunisti, che
selezionava pionieri per una procedura ben precisa di congratulazioni e giuramenti, d'un
tratto notò con la coda dell'occhio che il pioniere, forse, era un po' cresciuto ed era difficile
che potesse pienamente e in modo convincente dare l'impressione del bambolotto dalle
guance rosee infinitamente ricolmo degli ideali del comunismo. Sorse l'intoppo, e il
bambino fu mandato a casa sulla parola d'onore, in modo che la commissione potesse
riflettere un po' e orientarsi correttamente nella sua scelta.
Il pioniere era perplesso. Ma anche in quel momento decisivo venne in suo aiuto
Lenin. Lenin guardò il pioniere severamente e teneramente insieme. Il pioniere sussultò,
come se fosse stato attraversato da una corrente misteriosa, e il giorno seguente di nuovo,
affascinando la commissione, suonò il tamburo, lesse versi e camminò persino lungo le file
del presidio comunista, sommerso dai baci e dagli applausi dei comunisti di tutti i Paesi.
Purtroppo, in seguito tuttavia crebbe... poiché la quantità di cellule umane ancora non
dipende dall'ideologia comunista. Ebbe un destino complicato, ma persino in un'umida,
fredda cella bastava che si coprisse gli occhi con una pezza e, davanti all'occhio della sua
mente, appariva il viso a lui caro di V. I. Ul'janov-Lenin e l'ex-pioniere sentiva meno il
freddo, la fame e il dolore.
Egli morì all'età di cento anni, quando i comunisti si trovavano in una condizione
tesissima e vari vigliacchi, persone di malafede, disertori, in modo calunnioso deformavano
la realtà, facevano a pezzi l'ideologia del partito, cancellavano con un colpo di spugna gli
ideali6, diffamavano in forma anonima i comunisti, sforzandosi di ridurre in polvere l'idea,
di dissipare e svendere tutto ciò che era stato conquistato il 7 novembre (25 ottobre) 1917.
Morì da eroe. Il giorno della sua morte si lavò accuratamente alla banja
Seleznevskaja, indossò la cravatta da pioniere e morì, fermamente convinto che la causa che
egli celebrava e alla quale era devoto, a quanto pare, vivrà comunque per sempre e in eterno
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e su questo nessuno deve avere alcun dubbio7. Pace alle tue ceneri, ragazzo!..8
Ora il didietro muoverà dolcemente
Ora lo farà ondeggiare delicatamente.
E il petto suo è così immenso
Che la carne del capo insorgerà.
Questa storia è spaventosa! I dettagli ghiacciano l'anima! Un tizio, a 20 anni d'età, si
mise a ingozzarsi di vino con il compagno che era più grande di lui di 5 anni e, come c'era
da aspettarselo, si misero a criticare aspramente i comunisti, che tutto, diamine, fa schifo, a
che scopo ergere dighe, centrali atomiche, a che scopo lanciano in cielo navicelle spaziali,
arano terre incolte, aiutano Cuba, la Cina, l'Albania, l'Ungheria, la Polonia, la
Cecoslovacchia, la DDR, la Bulgaria, la Mongolia, il Vietnam, il popolo combattente dello
Zimbabwe, l'imperatore Bokassa, a che scopo hanno realizzato una collettivizzazione a
tappeto, hanno liquidato i kulaki come classe – lui, diamine, ha fatto mangiare tutti, avrebbe
fatto mangiare anche Cuba e la Mongolia; perché hanno dichiarato gli impianti chimici
ecologicamente dannosi e, in generale, a che scopo, diamine, c'è stata la rivoluzione del 7
novembre (25 ottobre) 1917?
Il compagno più grande (si chiamava R. S.9) non poteva far niente per fermare il
giovane, che stava passando ogni limite, e, al contrario, gettava benzina sul fuoco,
riempiendolo di vino, intrattenendolo, lavandosene le mani, ridacchiava come un nemico e,
quando si fece mezzanotte passata e tutto il vino era finito, si offrì di accompagnare il
giovane fino all'ultima fermata del filobus perché questo fatto vergognoso avvenne ad
AkademgorodokXI, nella città siberiana di K., che si trova sul grande fiume siberiano E., che
sfocia nel Mar Glaciale Artico. Che gente!
Ad Akademgorodok... Per cui, mentre questi compagni di bevute ideologicamente
dannosi camminavano per la strada deserta, lungo le case, dove gli studiosi erano già andati
a dormire e solo da isolate finestre provenivano le sigle musicali di “Voice of America”,
“BBC”, “Deutsche Welle” e radio “Svoboda”, il ragazzo all'improvviso gridò
spaventosamente, rivolgendosi alle finestre, con la pelliccia spalancata, la camicia
sbottonata fino all'ombelico, una croce sul petto e gli stivali, come se venisse dalla futura
società “Pamjat'”XII, gridò, schifosamente ubriaco e nella sua bestiale follia, con la voce
XI
Akademgorodok (lett. “Cittadella universitaria”) è un quartiere della città di Krasnojarsk ed è un importante
centro scientifico: vi si trovano svariati centri di ricerca scientifica, una ricca biblioteca di testi scientifici e alloggi per
studiosi.
XII
Pamjat' (lett. “Memoria”) è un'organizzazione ultra-nazionalista nata a Mosca alla fine degli anni '70.
12
rauca della vile passione:
-Al diavolo, comunisti! Vieni a combattere! Vieni a parlare! Noi la possiamo solo
sognare, la pace!
Ma nessuno accettò la sua sfida, però da qualche parte iniziarono a fischiare i
fischietti della milizia, iniziarono a ululare sirene della milizia e altre, e l'impaurito R.S. si
affrettò a mettere il giovane compagno su un taxi, pagando generosamente la corsa ad un
cupo autista.
Il giovane era sfinito, ma il suo compagno più grande, pensando proprio bene, poco
dopo questo fatto entrò a far parte dei comunisti, e di recente l'hanno anche eletto nel Soviet
Supremo dell'URSS, dove si è alleato nel settore di sinistra con altri onesti comunisti, per
rinnovare tutto e allora sì che la patria fiorirà definitivamente10.
Passarono 10 anni per il giovane. Già trentenne, decise di sposarsi con una donna
onesta, che gli voleva bene sinceramente, e lui e Tamara andarono a trovare un suo parente,
un cugino di secondo grado, importante comunista e collaboratore del KGB. Inizialmente il
giovane stava attento perché in quel periodo aveva già letto molti libri dal contenuto
ideologicamente dannoso e diffamatorio. Inizialmente se la cavò con osservazioni generiche,
tipo che da noi, diamine, sì che ci sono molte cose che non vanno, ma siamo noi che
dobbiamo correggerle tutte, noi stessi abbiamo molte colpe...ma in seguito, come c'era da
aspettarselo, di nuovo passò il limite, perché bevevano, anche se in tre, inclusa Tamara,
quattro bottiglie; iniziò a gridare, a farsi beffe e a offendere il cugino di secondo grado più
grande di lui, chiedendo per quale motivo era comunista, perché lavorava per il KGB,
violava i diritti umani, aveva esiliato Solženicyn, messo in prigione Sinjavskij e
Daniel'...ruppe un piatto costoso, orinò su una parete decorata da un arazzo e il cugino di
secondo grado più grande di lui, del tutto giustamente, lo buttò giù dalle scale, dopo averlo
picchiato un po', per cui il giovane, con la camicia questa volta strappata, di nuovo con la
croce, ancora una volta correva con gli stivali per la strada lungo le finestre buie, dalle quali
ancora raramente provenivano le sigle musicali delle già nominate stazioni radio. E,
ovviamente, di nuovo si mise a strillare:
-Al diavolo, comunisti! Vieni a combattere! Vieni a parlare! Noi la possiamo solo
sognare, la pace!
Sciocchezze! E di nuovo nessuno accettò la sua sfida, e la moglie il giorno seguente
disse che avrebbe divorziato da lui, benché non fossero ancora registrati. Poco dopo, anche
lei entrò a far parte dei comunisti, ma di recente si è venuto a sapere che l'avevano cacciata
perché lavorava nell'albergo “Kosmos”, dove allo stesso tempo esercitava la prostituzione
13
per valuta straniera. Accade di tutto nella vita...
E passarono altri 10 anni... Allora per il giovane arrivò l'ora dei quarant'anni. Egli,
come c'era da aspettarselo, di nuovo bevve troppo da qualche parte, bighellonò per la città,
con i radi capelli rizzati e, infine, si ritrovò in qualche posto sconosciuto sulla montagna, di
nuovo davanti a una casa, questa volta immensa, con le finestre buie, dalle quali, sempre
sommessamente, si sentivano le voci radiofoniche di Paesi stranieri.
E allora, colui che era stato giovane, di nuovo esclamò, coi suoi stivali, la croce e la
camicia, esclamò le cose già dette:
-Al diavolo, comunisti! Vieni a combattere! Vieni a parlare! Noi la possiamo solo
sognare, la pace!
Immediatamente si accese una finestra di un palazzo da molti milioni e cessarono i
suoni di “Voices of America”, “BBC”, “Deutsche Welle”, radio “Svoboda” e persino “Radio
et télévision de France”.
E in quel silenzio di tomba che si era fatto, dritto negli occhi del ragazzo guardavano
milioni di paia di occhi di svariati comunisti, questi comunisti qui erano vestiti con camicie,
cravatte e completi e le donne con bellissimi ma severi vestiti e giacche.
-Perché no? Accettiamo la sfida! Veniamo a combattere! Veniamo a parlare! E' vero
che la pace possiamo solo sognarla, e noi adesso cerchiamo nuovi e più democratici metodi
di lavoro con la popolazione. E tu stesso, che puoi dire? In che modo tenti di dimostrare la t
u a esistenza? Perché tu ti sei solo ubriacato, comportato da teppista, hai letto e diffuso
propaganda antisovietica, invece di mostrarci chiaramente e correttamente i nostri errori,
legati alla malattia infantile della crescita, che conduce ad estremismi di sinistra, di destra, di
centro e alla disarmonia. Siccome noi camminiamo p e r p r i m i su una strada sconosciuta
e noi stessi non nascondiamo che, più è lunga la strada da percorrere, più aumentano gli
errori. Rispondi! Ma rispondi in modo preciso e chiaro, come noi, pentendoci, ti
chiediamo!..
Milioni di occhi lo perforavano11. Sembrava che quello sguardo fosse simile ad un
proiettore militare o all'iperbolide inventato dall'ingegnere Garin, un personaggio di Aleksej
N. Tolstoj. Sembrava che, ancora un secondo, e il giovane sarebbe stato incenerito da questi
severi, ma giusti metodi dei comunisti.
Cominciò a barcollare, a boccheggiare spasmodicamente, indietreggiò socchiudendo
gli occhi per l'insopportabile luce ideologica delle idee comuniste. Suonavano le campane in
tutta la Rus'. Le orchestre suonavano “L'Internazionale”, scritta da E. Pottier e tradotta da A.
Koc, e l'“Inno dell'Unione Sovietica”, scritto da S. Michalkov e G. El'-Registan. Con un
14
rombo minaccioso lanciavano in cielo bombardieri e caccia, che sfoderavano impianti
missilistici con munizioni atomiche. Sembrava che tutta la Terra si stesse sforzando e, in
segno di empatia con la difficile causa dei comunisti, era pronta a far eruttare in alto il suo
magma di fuoco e preferisse collassare, piuttosto che accettare la disfatta delle idee di un
radioso avvenire.
Il giovane si chiuse gli occhi con i palmi e l'allucinazione finì. Aveva di nuovo
vent'anni. Stava di nuovo in piedi vicino al portone scrostato della “Chruščevka” di quattro
piani senza ascensore ad Akademgorodok nella città siberiana K., che si trova sul grande
fiume siberiano E., che sfocia nel Mar Glaciale Artico... Di nuovo stringeva al petto 2
bottiglie da 0,75 l del vino dolce moldavo “Lidija”...
E in alto, dal balcone del 4° piano della “Chruščevka” di quattro piani senza
ascensore, gli faceva già dei segni di invito e delle smorfie il compagno R.S., più grande di
lui di cinque anni, che ancora non era diventato comunista e non era stato eletto nel Sovet
Supremo dell'URSS, dove si è alleato nel settore di sinistra con altri onesti comunisti, tra cui
alcuni, incluso R.S., erano persino già usciti dal partito per ragioni politiche, per rinnovare
tutto e allora sì che la patria fiorirà definitivamente.
E lui, ansimando: “Nikitin, amico!
Portaci dove si può dormire, dove c'è
Un materasso di piume e un cuscino,
Un letto affidabile e un bidè...”
Gli sembrava che fosse giunta la fine di tutto. Ufficialmente era ancora un artista, ma
a che diavolo gli serviva quella scritta sul libretto di lavoro, quando aveva saputo che la
direzione aveva deciso di organizzare una serata in suo onore perché andava in pensione.
Camminava per le nuove strade della grande città siberiana K., che si trova sul
grande fiume siberiano E., che sfocia nel Mar Glaciale Artico...e si ricordò tutta la sua vita
lunga e non facile, consacrata ai comunisti.
Nei primi anni della rivoluzione lui, figlio di un avvocato, finita la scuola teatrale,
all'inizio non capì cosa stesse succedendo nel Paese. La lotta contro il disfattismo, la
costruzione del comunismo in un solo Paese non lo interessavano. Si trovò circondato da
personalità che fabbricavano parole e pensieri e che presentavano tutto ciò agli operai, ai
contadini, che avevano appena gettato il fucile e preso l'aratro e il martello.
A quelli che fino a poco tempo fa avevano combattuto e che ora aspiravano
15
avidamente alla conoscenza e alla cultura, lui presentava delle sciocchezze in forma di
“nuova arte”, spazzando via tutta quella vecchia, senza rendersi conto lui stesso di quale
pericolosa stupidaggine stesse facendo.
Ma l'attore non rimase a lungo in questo mondo di ragnatela. In qualche modo capitò
in un dibattito pubblico di Majakovskij. Il grande poeta lo colpì e lo costrinse a guardare se
stesso e le persone circostanti più severamente e, persino, diciamo così, con grande
passione. Poco dopo si convinse con orrore che con certe persone, come i suoi “amici”, non
aveva niente in comune e ruppe con loro. Per alcuni mesi ci pensò e ripensò penosamente.
Odiava la sua vecchia vita, ma non sapeva come costruirne correttamente una nuova, in
modo che non lo arrestassero, siccome i comunisti sono gente severa e non permettono ai
ciarlatani di farli fessi.
E decise. L'attore entrò in un'arte nuova e davvero per il popolo!
I primi tempi per lui fu dura, ma egli lavorò ed era felice del fatto che ora avrebbe
pagato i debiti al popolo per il tempo trascorso senza vantaggi e persino con un certo danno
per il comunismo.
...Gli anni della guerra con gli invasori tedesco-fascisti... Lui e un reparto di musicisti
da concerto giravano per le posizioni sul campo. Non si sarebbe mai dimenticato gli occhi
affettuosi e gioiosi dei soldati. Una volta mitragliarono l'autobus e lui fu l'unico tra gli artisti
ad essere ferito. Per circa un anno rimase nell'ospedale militare, lontano, nelle retrovie, nella
grande città siberiana K. Allora per la prima volta si innamorò di questa città, delle sue
strade non molto belle, della sua antica cappella dei cosacchi sulla montagna Karaul'na che,
come un faro, si ergeva sulle colline che circondano la città, della bellezza d'acciaio del
grande fiume siberiano E., che sfocia nel Mar Glaciale Artico, dello smeraldo della taiga,
dell'azzurro del cielo.
Arrivò in questa città quando la guerra era finita, ma non la riconobbe. Dappertutto
erano attivi i cantieri, i detenuti parlavano tra loro allegramente, stavano buttando giù le
casette di legno, al loro posto si innalzavano colossi di molti piani.
Anche l'artista iniziò a costruire. Costruì un maestoso edificio della cultura
nell'anima dell'uomo nuovo, creatore del comunismo. Ed ecco ora...la fine di tutto.
Terminerà la propria esistenza da bravo nonnino. Si alzerà tardi, marcendo per il non far
niente...
Pensando ciò, entrò nell'ingresso della nuova casa dove viveva, avendo ricevuto
un'ottima camera in un appartamento comune non affollato, confortevole e con tutte le
comodità. Gli sembrò che qualcuno salisse al piano di sopra di corsa, e il suo acuto udito
16
improvvisamente distinse un indistinto bisbiglio. Perplesso, l'artista si rannicchiò,
aspettandosi che ora lo avrebbero colpito con un bastone sulla testa, ma, nonostante tutto,
salì su, superando la paura infondata, della quale in seguito avrebbe riso spesso, fino a che
non morì e non lo seppellirono nel cimitero Badalyk, dove scavano le tombe con il bulldozer
e, alla maniera dei banditi, fischia il vento negli spazi vuoti.
Accanto al suo appartamento n. 168, c'era un gruppo di adolescenti, dai caratteristici
vestiti cittadini dell'inizio degli anni '60.
-Aleksandr Nikolaevič, - iniziò timidamente uno di loro, Ed'ka, conosciuto da tutti
come la peste del palazzo12 - abbiamo sentito che andate in pensione, potreste organizzare
nel nostro cortile un circolo di teatro? Vorremmo mettere in scena l'opera di Nikolaj
Ostrovskij Come fu temprato l'acciaio. Aleksandr Nikolaevič! Che avete? - domandò piano.
-Niente, - rispose l'artista, sorridendo e asciugandosi le lacrime. - Andiamo! - Aprì la
porta dell'appartamento con la chiave. - Andiamo, discutiamo come meglio organizzare il
lavoro.
E allegramente, furbamente guardò il ragazzo.
“Si è ubriacato come una cimice dei letti!
- Brontolava Nikitin al volante Ma aspetta un attimo, esibisci subito
la tessera del partito!”
Un comunista, che viveva in una dacia statale, verso sera andò a fare una nuotata
nello stagno ed ecco che all'improvviso, per la strada, si imbatté in una ragazzina orribile di
12-14 anni, che non conosceva, nonostante conoscesse praticamente tutti in quel villaggio di
dacie, dopotutto lì non vivevano che comunisti.
La ragazzina aveva gli occhi verdi, tutto il suo viso era adornato da una qualche
schifosa porcheria occidentale azzurro-madreperla, di quelle che usano le prostitute, dal
collo pendeva una catenina d'argento, sul petto portava una croce d'argento, ed era
praticamente nuda in quella giornata estiva, afosa, verso sera, sulla strada per lo stagno.
Cioè, portava un reggiseno, che era come se non ci fosse proprio. Lo stesso si sarebbe potuto
dire delle sue mutande (culottes).
Guardava il comunista in maniera interrogativa, e lui inizialmente voleva chiederle
di chi era figlia, poi gli venne una voglia fortissima di sculacciarla con una cintura da
ufficiale, una di pelle con la fibbia, ma poi diede le spalle alla “ragazzina”, deciso a
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continuare a camminare per andare a nuotare nello stagno...verso sera...vivendo in una dacia
statale...un comunista.
-Che ora è? - chiese inaspettatamente la ragazzina, ma lui non le rispose e se ne
andò.
Purtroppo, si sarebbe anche potuto rinunciare a fare una nuotata. Lo stagno era
verde. Era tutto ricoperto da un orribile strato verde-giallognolo, il colore della diarrea
infantile, di lemna unta, e al centro del bacino d'acqua galleggiava, orribile alla vista,
un'enorme bobina di legno per cavi, forniti al nostro povero paese dalla ditta finlandese
“Nokia”.
Ma non è tra le abitudini dei comunisti rinunciare ad un progetto! Il comunista si
sfilò i pantaloni (i jeans), prese la rincorsa e si buttò nell'acqua così forte che gli schizzi
volarono fino al cielo!..
E appena li aveva portati nella dacia per la nomenklatura,
Subito avviò il motore
E in fretta e furia se ne andò
Ma la chiave della dacia afferrò
-Per me è assolutamente ovvio che l'organismo umano ad un certo stadio del proprio
sviluppo inizi in un certo senso a collegare un po' troppo tutte le cose tra loro, a trarre
conclusioni, ad accumulare esperienza e a scorgere misteriosi segni dove non ci sono e non
possono esserci. Esempio: ecco che dalla mia macchina da scrivere è volata via una tarma.
Qualcosa significherà13.
-In effetti è vero... a volte... accade... che pensi a qualcuno... a qualcosa... ed ecco...
che a volte incontri quella persona a cui stavi pensando.
-Ma non sto parlando di questo. Queste sono cose ovvie. Non sto parlando di questo,
sto parlando del fatto che non bisogna collegare. Tutte le cose sono separate. Tutto è un
attimo. Tutto svanisce, svanisce, svanisce...
“A questo punto, comunista Matveev,
siete diventati proprio una merda.
Per simili carogne è da tempo
venuto il momento di uscire dal partito...”
18
All'ottavo kilometro dell'autostrada V., si trova un grandissimo querceto, al quale è
legata una moltitudine di antichi e più moderni racconti, leggende e storie vere.
Tra questi, tre sono particolarmente famosi. Il primo è che lo zar Pietro I stava
andando a benedire una chiesa ortodossa del XVII sec. che si trovava nel villaggio D. e,
lungo la strada, si fermò qui per mangiare. Mangiò alcune ghiande di quercia olandese e,
senza volerlo, ne fece cadere a terra 2 o 3. La seconda è che qui, ai tempi di Jagoda, Ežov e
Berija, fucilarono per un nonnulla molti onesti comunisti e il comunismo forse ora sarebbe
già definitivamente e del tutto instaurato solo nel nostro Paese, se non li avessero fucilati,
portati qui di notte dalla tetra prigione Suchanovka e ammassati sotto le querce, e per questo
gli alberi verdeggiano rigogliosamente, ma, vigorosi, tristemente gemono e ondeggiano in
segno di dolore alle intemperie, come sionisti ad un banchetto funebre. E la terza è che qui,
nel bosco, vive un uomo nudo; anche lui, come Pietro I, si nutre di ghiande, ma di tanto in
tanto corre fuori verso l'autostrada, mostrando i suoi organi genitali a persone di entrambi i
sessi, che transitano su questa autostrada verso il sud della nostra Patria comunista, per poi
tornare a nascondersi nel folto del bosco, sgranocchiando ramaglia come un cinghiale.
Ed ecco che, una volta, un comunista ignoto stava tornando da una riunione di partito
di buon'ora in una mattinata nebbiosa. Camminava attraverso il boschetto, per arrivare a
casa, una dacia che aveva affittato per migliorare la sua salute, peggiorata per i due anni di
lager in Mordovia, dove era stato inviato nel cosiddetto “periodo di stagnazione” per aver
professato quelle idee che ora conducono il Paese alla luce, ma prima erano comprese nei
relativi punti dell'articolo del Codice penale della RSFSR 70 e 190/1 (agitazione e
propaganda antisovietica, divulgazione di fatti inventati di cui è manifesta la falsità, che
denigrano il sistema statale e sociale sovietico). Il comunista ignoto pensava che non tutti
credevano ancora nella perestrojka, che i metodi politici di lavoro del PCUS dovevano
basarsi non sulla squadra, ma sulla convinzione. Non attraverso la via della sostituzione
furtiva o l'appropriazione delle funzioni amministrative ed economiche, ma con persone che
la pensano allo stesso modo, siano essi comunisti o apartitici. E non con coercizioni, ma con
metodi democratici! Bisogna andare verso il popolo, spiegare alla gente la situazione che si
è venuta a creare, in modo che uno qualsiasi non possa approfittarsi delle nostre debolezze,
come è accaduto in altre regioni del nostro Paese14. Adesso è tempo di agire in tutte le
direzioni! Come disse V. I. Ul'janov-Lenin, indugiare è come morire! Dirigere i deboli e gli
incapaci, guidare il popolo, e cacciare dal partito! Fuori! - pensava il comunista. E sì che
verranno un bel giorno da noi, i dirigenti, e anche loro sono lontani dalle cose concrete,
cercano in noi innanzitutto i difetti. A che scopo verranno? Per farci la predica? E perché
19
proprio loro rifuggono dalla soluzione dei problemi?..
...Improvvisamente si mise in ascolto e in due balzi attraversò lo spazio nebbioso,
dove due teppisti stavano spogliando una donna, ammutolita dalla paura. Vedendo che erano
stati colti in flagrante, i teppisti lasciarono la vittima precedente e si gettarono sul comunista,
picchiandolo e strappandogli persino i vestiti senza dire una parola. Erano in due, alti, uno
con un maglione di lana azzurro, l'altro giallo, chiazzati con lettere indecenti. I loro volti
ostili erano sfigurati da vodka, droghe e mancanza di fede in tutti quei cambiamenti benefici
che avvengono nel Paese per iniziativa dei comunisti. La donna, allontanandosi, si mise a
fumare una sigaretta economica “Belomorkanal” e, di tanto in tanto, scoppiava in una
fragorosa risata rauca, a cui faceva eco il gracchiare di corvi neri, che si raggruppavano in
gran quantità tra le chiome frondose delle querce del querceto.
I vigliacchi appallottolarono i vestiti del comunista, li innaffiarono abbondantemente
di urina, li imbrattarono di escrementi. Lo stesso volevano fare con la tessera del partito del
comunista. Con una risata turpe, presero in mano la tessera, deridendo la fotografia di colui
che a loro sembrava una vittima indifesa.
E all'improvviso...Oh, se fu all'improvviso! La tessera del partito si illuminò di luce
rossa e questo bagliore aumentava e aumentava.
-Attenti! - li avvertì con un grido il comunista, impietosito da questi ragazzi
indecenti e dalla donna.
Ma era già tardi. Echeggiò un fischio che diventava sempre più forte. I volti di quella
feccia si deformarono per il terrore. E, come aspirati da un invisibile imbuto, risucchiati da
un misterioso, gigantesco aspirapolvere, con le bocche storte, gli occhi sporgenti, gli arti che
si strappavano, gli aggressori del comunista ignoto sparirono completamente dallo spazio e
dal tempo. L'effetto del bagliore della tessera del partito cessò subito. Il canuto signore nudo
tornava di buon'ora in una mattinata nebbiosa, attraverso il boschetto, a casa, una dacia che
aveva affittato per migliorare la sua salute, peggiorata per il cosiddetto “periodo di
stagnazione” e piangeva, piangeva e piangeva.
Matveev alza gli occhi
e vede che davanti a lui c'è
qualcuno - ma non lo riconosce, sbronzo com'è che parla così:
Sono terribilmente arrabbiato! Io sono un filosofo, e vicino alla nostra dacia vive un
20
comunista importante, che ha un cane: un pastore tedesco da guardia. Noi un cane non ce
l'abbiamo, fatta eccezione del vecchio cagnaccio Lorik, che ci hanno lasciato i vicini,
temporaneamente, per un periodo di due mesi circa, quando sono andati in America. Io in
America ancora non ci sono stato, nonostante abbia visitato la Cecoslovacchia, la Finlandia,
la Repubblica Federale Tedesca e la Francia. La nostra dacia è piccola, costruita con tavole
di legno e la ristruttureremo. Mia moglie e mia nipote Manja avevano deciso di uscire e fare
una passeggiata con il cane, nonostante l'afa. Io ero seduto e riflettevo sui comunisti, ma
qualcosa all'improvviso costrinse anche me ad alzarmi e ad uscire dal cancello. Preso da una
crescente agitazione, passai attraverso il varco ombroso di questo villaggio di dacie, ma non
incontrai nessuno, tranne bambini che giocavano alla serie televisiva italiana “La piovra”,
che parla della lotta dei commissari italiani contro la mafia italiana15. C'era odore di fieno e
mele e io sarei già voluto tornare indietro, quando all'improvviso vidi una processione tesa e
cupa. Davanti andava il vecchio cagnaccio Lorik con le zanne leggermente sanguinanti;
dietro di lui, tenendolo per il guinzaglio, mia nipote Manja, i cui infantili occhi azzurri si
erano incupiti per la rabbia, e ad una certa distanza c'era mia moglie, con le labbra serrate
che avevano smesso di sorridere durante quella loro passeggiata, che, a quanto pare, non era
riuscita bene come avevano pensato.
Pare che fossero passate accanto alla dacia del comunista importante, che stava dal
lato esterno dello steccato senza camicia, con dei pantaloni azzurri “da ginnastica” ed un
panama bianco “Banana Republic”.
-Oh, che cagnolino simpatico che avete, quanto è tranquillo, che bravo, - disse il
comunista importante, ma nessuno gli rispose. Mia moglie non si mette a chiacchierare con
gli uomini che dicono parole di questo genere con quel tono e, così l'ho educata io, a mia
nipote Manja non piace proprio rispondere, mentre il vecchio cagnaccio Lorik, intuendo
evidentemente cosa sarebbe accaduto più tardi si girò e tirò fuori angosciosamente la lunga
lingua rosa. Anche il pastore tedesco da guardia taceva, evidentemente, organizzando
mentalmente il piano della sua vile azione successiva.
La donna, la bambina e il cane proseguirono oltre, chiacchierando di sciocchezze di
tutti i tipi, grosso modo tutte a proposito della “Piovra” italiana. Diamine, come ha potuto, il
commissario, una persona così intelligente, non intuire che la mafia avrebbe rapito sua
figlia, disse mia nipote Manja, ma mia moglie obiettava ragionevolmente che il commissario
Catania16 non poteva conoscere quanto fosse profonda la vigliaccheria dei mafiosi:
dopotutto, prima la mafia non toccava mai le donne e i bambini, come aveva detto una
imprenditrice criminale del loro stesso gruppo mafioso, quindi chi avrebbe potuto pensare
21
che questa volta avrebbero fatto proprio questo?
Improvvisamente, di colpo si spaventarono. Perché all'improvviso, inaspettatamente,
le raggiunse, con passi da gigante, proprio il pastore tedesco da guardia. All'inizio si mise
subito ad annusare il povero vecchio cagnaccio inoffensivo Lorik, dopodiché in un attimo lo
azzannò alla gola e i due cani, ringhiando e digrignando i denti, iniziarono a rotolarsi nella
polvere, travolgendo anche la donna e la bambina.
Con una pigra corsetta, li raggiunse il comunista importante, sculettando con due
compagni comunisti e una donna sconosciuta che, evidentemente, era la moglie del
comunista importante.
Separarono i cani. Il comunista importante borbottò tutte le indispensabili parole di
scuse, spiegando che il cane c a s u a l m e n t e era sfuggito, che non erano riusciti a
trattenerlo, che si chiamava Čuk, e che avevano avuto anche un cane GekXIII come Arkadij
Gajdar, ma l'avevano “dato indietro”.
Mia nipote Manja singhiozzava. Il primo compagno del comunista importante
scoppiò a ridere e mia moglie gli disse:
-E' divertente, vero? Molto divertente? Se sapete che il vostro cane è così, perché
non gli mettete una museruola? E se la bambina fosse stata da sola?
Il primo compagno del comunista importante si scosse per rispondere qualcosa, ma
l'altro compagno fece al proprio compagno il segno “Taci!”, dopodiché i tre comunisti, la
loro donna e il pastore tedesco da guardia si allontanarono, profondendosi in scuse, come
prima.
Sono terribilmente arrabbiato! Ho rimproverato mia moglie, che nella sua condizione
non sta bene mettersi a passeggiare con una bambina in compagnia di un vecchio cagnaccio,
che sì, va bene, è inoffensivo, cosa di cui si è appena avuta la prova. Ma mia moglie si era
talmente spaventata che non si mise nemmeno ad obiettare che non è possibile prevedere
tutto. Sono terribilmente arrabbiato! Volevo andare alla dacia del comunista importante e
magari fare a botte con lui, senza badare ai suoi due compagni, alla donna e al cane!
Gridavo, ma quando finirà tutto questo, tutte queste porcherie e questi cani pastore dei lager
continueranno ad incombere sulla nostra vita nel periodo della perestrojka matura, che già
va avanti con difficoltà. Mi venne in mente la storia del nostro paese, la storia del PCUS,
tutte le umiliazioni toccate in sorte al popolo e a me personalmente, come microscopico
rappresentante di questo popolo, e continuai a gridare che io me lo sentivo, sì, me lo sentivo
XIII
Čuk e Gek = i due fratellini protagonisti dell'omonimo racconto per bambini del 1939 di Arkadij Gajdar
(1904-1941)
22
che sarebbero andate a finire proprio così, queste passeggiate accanto alla dacia del
comunista importante!
Il vecchio cagnaccio Lorik aveva già iniziato a leccarsi le ferite e mia moglie e mia
nipote uscirono di casa per mangiare un gelato con ribes rossi e bere kompot d'ananas,
mentre io ancora recriminavo e recriminavo. Ecco fino a che punto mi sono arrabbiato!
Voi non fate che rovinare l'idea,
e il vostro autista senza partito
sarà di gran lunga più onesto di voi,
ma voi...una carogna, una putt...e un ladro!
Una volta un kulak stava camminando lungo un campo di segale, meditando su cosa
avrebbe potuto fare ancora contro il comunismo: forse, uccidere qualcuno, scacciarlo via,
incendiare qualcosa, tanto il pane se lo prendevano comunque i comunisti.
Con questi pensieri si mise a sedere in un profondo solco e si abbandonò ai suoi
ricordi del passato da kulak.
Ma come viveva bene tutto il popolo! E certamente lui per primo, che era un kulak
fino a che non era iniziata la collettivizzazione a tappeto e la liquidazione dei kulaki come
classe. Nei ricordi figuravano bliny, ciambelle, carne di manzo al vapore, cavalli, braccianti,
un mulino e carri carichi di sacchi. Latte, smetana gialla in un recipiente di terracotta, lo
sfruttamento disumano della famiglia e redini non conciate, con le quali “istruiva” la moglie
e i figli e al nonno per cena davano qualche crosta inzuppata in una scodella di terracotta...il
fatto è risaputo, i kulaki!..
Il kulak digrignò i denti e tirò fuori dalla tasca dei calzoni di anchina un'esca e una
pietra focaia.
-Lenin, Trockij, il fuoco, dai! Per quattro giorni non fumai17
-
borbottò
rabbiosamente e subito si mise in guardia, avendo notato nell'aria la presenza di voci
straniere, o meglio, a lui estranee. Erano i comunisti che camminavano nel campo di segale.
Erano dodici persone18. Vestiti di poveri abiti polverosi, tutti tenevano in mano annaffiatoi
da giardino, con i quali irroravano abbondantemente le piante che iniziavano a ingiallire, in
modo da lottare, così, contro la siccità ed ottenere un raccolto di cereali senza precedenti.
Il kulak era più morto che vivo, mentre i comunisti parlottavano sommessamente tra
di loro.
-Compagno, guarda come ogni giorno diventa più bella la nostra terra sovietica.
23
-Sì, ma se solo bastasse l'acqua, questo liquido vivificante, per permetterci di
innaffiare tutto il seminato nei dintorni...
-E' un peccato che ci siamo alzati piuttosto tardi perché ci siamo fatti prendere fino a
mezzanotte dalla discussione dello straordinario articolo del compagno Stalin La vertigine
dei successi.
-Se solo bastasse l'acqua! Ma, d'altra parte, il nostro cavallo comunista Chioccia è
forte, resistente, sano ed è capace di portare più di una botte di questo liquido non solo
vivificante, ma anche curativo ...
Fu allora che al kulak balenò un'idea! A che scopo incendiare il campo, dove poteva
bruciarsi lui stesso e, di conseguenza, lasciare degli indizi, quando era di gran lunga più
semplice prendere e agire in qualche modo altrettanto infame anche con Chioccia,
coraggiosa e inoffensiva giumenta di campagna che lui, il kulak, conosceva sin dall'infanzia.
Il kulak strisciò come un serpente in direzione del cavallo che, muovendo
nervosamente le orecchie e scacciando con la lucida coda nera un tafano di mezzogiorno,
era imbrigliato ad un carro, dove, insieme ad una mitragliatrice, si ergeva un'enorme botte di
legno piena d'acqua.
“Zitto zitto sciolgo Chioccia, salto su di lei e galoppo via! I comunisti si troveranno
senz'acqua e tutti i loro sforzi per la protezione del campo di segale dalla siccità si
riveleranno inutili”, rifletteva febbrilmente il kulak, comprendendo, con quel po' di cervello
che gli era rimasto dopo la collettivizzazione, che questo suo piano era tanto stupido e
irreale, quanto il desiderio furioso di incendiare il campo di segale.
Nel frattempo, i comunisti lavoravano incessantemente. Se non ci fossero stati gli
eccessi, se il kulak non fosse stato un peccatore tanto incallito, si sarebbe vergognato che
loro faticavano come Mičurin e lui no, come un capitalista. Invece gli era indifferente, si era
già lasciato andare del tutto e, nell'ultimo impotente e furioso moto di rancore, decise di
tagliare a Chioccia la bella coda, perché, seppure con un'azione insensata come questa,
almeno avrebbe fatto un dispetto ai comunisti.
Invece non aveva tenuto conto che anche Chioccia non era più, ideologicamente,
quella di una volta, perché i comunisti la trattavano molto bene: la nutrivano in abbondanza
con morbido fieno, le davano l'avena, intrecciavano nastri rossi nella sua criniera e una volta
la portarono persino ad una parata, sperando che all'improvviso la vedessero Michail
Kalinin, Semen Budennyj o, nella peggiore delle ipotesi, Klim Vorošilov. Il cavallo colpì il
kulak sul viso con lo zoccolo d'acciaio e, con lo stesso, gli frantumò la testa fino a renderlo
irriconoscibile. Il kulak morì guardando il cielo azzurro. Su di lui, come 12 cifre su un
24
quadrante, erano chinate 12 teste comuniste. Gli sembrò che queste teste diffondessero una
misteriosa aureola, ma questo fu l'ultimo errore della sua vita da nemico.
E che al mondo c'è la perestrojka,
Voi nemmeno lo sapete, canaglia!
Compagno giudice istruttore Bojko!
Prendilo, finalmente!
Un giovane, sotto l'influenza di libri dal contenuto antisovietico, ideologicamente
dannoso e diffamatorio, decise di lottare contro i comunisti.
Però non sapeva bene come fare e ritenne indispensabile, per iniziare, allenarsi,
sconfiggere qualcuno più insignificante dei comunisti, al fine di rinvigorire lo spirito prima
della battaglia vera e propria, ed anche per acquisire la necessaria esperienza.
Per questo, tenendo presenti i suoi piani anticomunisti a lungo termine, decise, per
prima cosa, di sconfiggere dei postini, che in modo per niente accurato gli consegnavano la
stampa periodica, che consisteva in 20 titoli relativi alla perestrojka. Non lo fermò il fatto
che sulla porta ci fosse scritto: “Temporaneamente la posta sarà aperta dalle 14”, non lo
fermò il fatto che sull'orologio figurassero le 13 e 49 minuti. Entrò dall'ingresso posteriore,
vide gli impiegati della posta e disse semplicemente che quel giorno non gli avevano
consegnato il quotidiano “Pravda”, l'organo dei comunisti. In risposta, iniziarono a gridargli
contro terribilmente, ma lui era pronto alla prova e in risposta anche lui iniziò a gridare
terribilmente. Le grida fecero accorrere tutto il personale della posta presente e per questo
aumentarono ancora di più. Il giovane era persino bello, come un eroe comunista, quando,
stretto in un angolo, respingeva l'attacco degli impiegati postali, che raccontavano gridando
della loro non facile sorte, che guadagnano poco, che hanno tutti figli piccoli, che non è
rimasto più nessuno per lavorare. Una volta in strada, escluso, davanti alla porta chiusa a
chiave, il giovane si mise a strillare: “Il registro dei reclami”, ma solo una fragorosa risata
sinistra risuonava da dietro questa porta, rinforzata da una lamina di ferro. Il giovane ebbe
un tremito: dopotutto anche in precedenza aveva dato scandalo più di una volta alla posta,
ma senza uno scopo e giusto così... mentre ora... ora sì che c'era stata una battaglia e lui sì
che l'aveva persa. Imprecando terribilmente, il giovane si diresse oltre.
E precisamente: andò in una lavanderia, dove un mese prima aveva portato a lavare
la propria biancheria, che fino a quel momento non era stata ancora lavata. Anche lì aprì la
bocca per imprecare, ma un'impiegata dall'aspetto gentile, tutta piena d'oro, per poco non si
25
mise a piangere, come un bambino, spiegando che non era lei la colpevole di tutto quel
casino, ma che non stavano riconsegnando la biancheria “dalla fabbrica”, che non era
rimasto più nessuno per lavare, di tutto sono colpevoli i comunisti19...
E allora che cosa dire! Che cosa scrivere! A che scopo scrivere qualcosa di sensato,
quando anche così era chiaro per tutti! Il giovane, ovviamente, telefonò in fabbrica, dove gli
abbaiarono contro così tanto che andò a casa a scolarsi prima gocce di valeriana, poi vino,
vodka, birra e, in stato di ubriachezza, fu costretto a riconoscere onestamente di fronte a se
stesso la piena disfatta
nella sua futura lotta ai comunisti. “Se non sono riuscito a
sconfiggere nemmeno dei semplici postini e degli addetti alla lavanderia, come faccio a
competere con i comunisti”, pensava il giovane con autocritica.
Smaltì la sbornia la mattina dopo e da allora cominciò a vivere felicemente,
allegramente, senza preoccuparsi affatto di quelle persecuzioni da parte del KGB o di altri
organi competenti, come le cliniche psichiatriche e la Mordovia, che si sarebbero potute
abbattere su di lui, se si fosse messo a lottare contro i comunisti.
Il lettore ha il diritto di chiedere perché lui, come in una fiaba, non tentò la fortuna
per la terza volta. Chiediamo scusa per la triviale e piuttosto volgare risposta, ma i comunisti
la fiaba l'hanno già, da molto, molto tempo, trasformata in un fatto vero, e tentare la fortuna
proprio in quel preciso momento l'avrebbe potuto fare solo un cretino totale, un idiota dalla
nascita, ma quel giovane non lo era mai stato.
Di nuovo si mise a leggere libri dal contenuto ideologicamente dannoso, diffamatorio
e antisovietico, ma che senso aveva? Anche se dici cento volte “miele”, la bocca non ti si
addolcisce, se non hai la tessera per lo zucchero20.
Prendilo, compagno Bojko!
Un contadino poverissimo fu ingannato dai comunisti, che gli avevano venduto degli
alberelli di mele che avevano innestato, ma per molto tempo non avevano dato alcun frutto,
mentre già dappertutto imperversavano a tutta forza diverse varietà di mele: strifel, gold star,
JiincheXIV. Il contadino infuriato iniziò, allora, ad imprecare contro i comunisti e, quindi,
contro tutto il potere sovietico, non facendo tra loro, per mancanza di coscienza, proprio la
minima differenza.
XIV
Jiinche (in russo Чиинхe): varietà di mela inventata dall'autore, parodiando l'ideologia comunista nordcoreana
Juche (in russo Чучхе).
26
E come si vergognò quando, in autunno, i rami del melo regalatogli dai comunisti si
riempirono di quella varietà di mele invernali “antonovka”, che diffondono un aspro,
vischioso, benefico aroma, costano care al mercato e si conservano fino a primavera!
Vendute le mele e ottenuto un considerevole guadagno proprio in occasione del 7 novembre
(25 ottobre secondo il vecchio stile), la festa di tutti i comunisti di tutto il mondo, in quel
giorno, quando avevano preso il potere in Russia, diventata la prima rondine dell'ignoto volo
verso il futuro, il contadino si rallegrò moltissimo. Pieno di gioia, con le lacrime agli occhi,
il contadino andò al comitato distrettuale del partito e, messo sul tavolo un rotolo di
banconote (le quote), chiese di iscriversi anche lui al partito.
Eppure avrebbero potuto davvero arrestarlo per le passate dichiarazioni maligne.
Avrebbero avuto il diritto di mandarlo nell'istituto di lavoro correttivo della Mordovia, o
all'istituto di psichiatria criminale intitolato a Serbskij, e allora, in seguito alle non semplici
condizioni di reclusione in questi e altri luoghi analoghi, egli forse sarebbe rimasto un
nemico dei comunisti, e gli alberi carichi di frutti sarebbero toccati a un'altra persona più
coscienziosa.
Ecco quanto saggiamente si comportarono i comunisti, non mettendo il povero
contadino in prigione! E allo stesso tempo, recuperarono per il comunismo un'altra anima
persa, guadagnarono molti soldi per accorciare i tempi della costruzione del comunismo
sulla Terra, e inoltre riportarono una pecorella che stava diventando rognosa nel materno
grembo del sano gregge comune.
Prendilo, compagno Bojko!
Non c'è la dannata forza di guardare
Questo completamente decomposto
Rutto dei tempi della stagnazione...
-Tu, figliolo, hai trascurato inutilmente, durante il processo di acquisizione
dell'istruzione superiore, la “Storia del PCUS”, nonostante in questa materia ci siano molte
cose interessanti ed istruttive.
Per esempio, come è noto, ai tempi dello zarismo la posizione dei comunisti era tale
che per loro era assolutamente indispensabile una grande somma di denaro per la
propaganda, la lotta politica e in generale semplicemente per mangiare. Ma dove potevano
prenderli, questi soldi? Ma dove prenderli... non dal kaiser che era in effetti Wilhelm; ma
Grigorij Rasputin, lo zar Nikolaj II e Pëtr Stolypin di certo questi soldi non li davano,
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almeno non a questa gente. Gli operai, i contadini erano i più poveri, ma i comunisti erano
quelli ricchi, quelli che stavano tutto il tempo in prigione o erano costretti a vivere all'estero:
a Londra, Parigi, Zurigo, in altre città e Paesi. Da dove venivano allora i soldi, se lo stesso V.
I. Ul'janov-Lenin spesso era costretto a mangiare molto male, letteralmente con gli ultimi
spiccioli, per cui anche le malattie arrivavano a frotte, e allora con quali mezzi fare la
Grande Rivoluzione socialista d'Ottobre, il 25 ottobre (7 novembre) 1917? Senza soldi non
fai nemmeno quella di febbraio! Ma che se ne fanno i comunisti della rivoluzione di
febbraio, se è stata una rivoluzione borghese? Per loro non è servita proprio a niente,
figliolo...
Certo, certo, sì... Li aiutarono le brave persone. Maksim Gor'kij, per esempio, donò
lui stesso e convinse altre brave persone a farlo. Savva Morozov. Savva era milionario e,
d'un tratto, anche lui arrivò alla conclusione di organizzare per i filistei della patria una vita
come si deve. Donò innumerevolmente e morì pure in modo completamente corretto...si era
assicurato per 100.000, partì per Cannes (Francia), si sistemò nell'hotel Royal, dove si sparò
con un revolver in un giorno malinconico. E tutti i soldi dell'assicurazione a chi andarono?
Ai comunisti, ovvio, a chi sennò?21
Allora, del giovane Smith, tu, figliolo, sicuramente non sai nulla. Il giovane Smith
era il nipote di Savva ma, nonostante la giovane età, donò, forse, ancora di più del nonno.
Sempre nel 1905 era in carcere e morì nella fortezza carceraria in circostanze poco chiare:
secondo una versione si tolse la vita (come il nonno, ma tagliandosi la gola con un pezzo di
vetro preso dalla finestra), secondo un'altra gliela tagliarono persone esterne. E adesso chi
può capirci qualcosa di questo sangue, quando dal quel momento nella Rus' ne fu versato
milioni di volte di più? L'importante è che anche il giovane Smith i suoi soldi li aveva
promessi ai comunisti.
C'era anche un capitalista, assolutamente sconosciuto, ma anch'egli una bravissima
persona, il cui cognome era Eramasov. Si può dire che, fin dall'infanzia, per i comunisti
lasciava aperto il portafogli e, appena gli portarono via la fabbrica, dopo la rivoluzione,
allora lui stesso si iscrisse tra i comunisti e, pensa un po', figliolo, i comunisti lo accolsero
tra i comunisti, non si schifarono delle sue ossa estranee. Eramasov visse come tutti, lavorò,
morì in miseria, ma comunque, per modestia, non volle portare l'attenzione di Lenin, Stalin
o qualcun altro su di sé una volta di troppo, questo onesto nuovo comunista, in modo che gli
dessero qualcosa almeno per mangiare. Eppure, ecco quali persone straordinarie vissero in
Russia! E' persino sorprendente che, anche così, non si è riusciti, fino a questo momento, a
sistemare la vita come si deve ed io e te, figliolo, invece di nutrirci di kisel' comunista,
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galleggiando su fiumi di latte, siamo entrambi in una fortezza carceraria, come i due falchi
dell'omonima canzone.
E, certamente, ci furono le “ESP”, cioè le espropriazioni degli espropriatori. Tu
certamente avrai sentito parlare delle imprese eroiche del compagno Kamo, ti dico un
segreto: lo stesso compagno Stalin non disdegnava di saccheggiare la tesoreria di Tiflis, ma
ecco che in questo modo fece proprio un buco nell'acqua. I soldi li presero pure, e anche
molti, però d'un tratto fu chiaro che con quelli non si poteva fare praticamente niente. Il
taglio delle banconote era troppo grosso: 500 rubli, prova un po' a cambiarle, quando i
satrapi dello zar, che allungavano i tentacoli da Pietroburgo ai luoghi più periferici di tutto il
mondo, avevano ricopiato i numeri delle banconote espropriate. Ed ecco il risultato: Maksim
Litvinov, futuro Commissario del Popolo per gli affari esteri, lo beccarono con questi soldi a
Parigi e il futuro Commissario del Popolo della Sanità pubblica Semaško per un fatto
analogo a Ginevra. E, per non far nascere uno scandalo, una gran parte di questi soldi toccò
semplicemente occultarli, ma quale fosse questa somma occultata, non lo sa nessuno, e chi
sapeva non lo dirà mai. Ritengo, basandomi sul buon senso, che la somma fosse grande:
effettivamente, cambieresti molte banconote rubate, in queste assurde condizioni di vita?
Ed ecco che a me, figliolo, come a chiunque che più di una volta, negli anni
1989-1990, vedeva in televisione il Congresso dei deputati del Popolo dell'URSS o
dell'R.S.F.S.R., sorge la seguente domanda di economia.
Essa è legata al fatto che uno dei deputati, un illustre economista e, forse, anche
comunista, in modo persuasivo propose un modo per lottare contro l'attuale inflazione, sorta
in URSS nel 73esimo anno di governo dei comunisti, i quali, nel 1909 occultarono le
banconote espropriate da 500 rubli, in modo da non essere compromessi di fronte
all'opinione pubblica mondiale e agli altri comunisti.
Questo deputato propose di raccogliere i soldi dalla popolazione grazie alla vendita
al popolo sovietico di merci economiche e di buona qualità, dopodiché questi soldi li
avrebbero bruciati tutti, in modo che il corso del rublo diventasse stabile e si potesse essere
orgogliosi del rublo, come Majakovskij un tempo era orgoglioso del passaporto sovietico.
Significa che – figliolo, segui il mio ragionamento – ne consegue che i comunisti,
avendo occultato un sacco di soldi nel 1909, loro stessi, volenti o nolenti, rafforzarono il
regime zarista e la sua riserva aurea? E non è escluso che, se non ci fosse stato questo
piccolo rafforzamento, la rivoluzione d'Ottobre avrebbe potuto avere luogo un po' prima del
25 ottobre (7 novembre)... Magari di un giorno, ma comunque in anticipo, allora avremmo
festeggiato la festa della rivoluzione, avremmo bevuto e mangiato non il 7 novembre, ma il
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3, il 5 dello stesso mese22.
Ecco cosa sarebbe potuto accadere secondo la logica, l'economia e le parole del
deputato, economista e comunista. E possa tutto ciò essere per te una buona lezione di vita,
in modo che ora tu veda quanto è sorprendente, complessa e misteriosa la vita, se una tale
inezia, come una somma di denaro occultata, avrebbe potuto cambiare il giorno di una data
storica epocale, che ha sconvolto tutto il mondo. Ricorda che nella vita, in generale, ci sono
molte casualità, figliolo. Ecco che io e te siamo seduti in una fortezza carceraria. Ecco che
V. I. Ul'janov-Lenin nel 1907 camminava sul ghiaccio del Golfo di Finlandia, ma il ghiaccio
era molto sottile. E cosa sarebbe successo, per esempio, se egli allora fosse annegato? A lui
il Regno dei Cieli, la pace Eterna...
Persone del genere per poco
non hanno condotto il nostro Paese
alla catastrofe!
“Facendo smorfie, Fetisov somigliava alla luna luminosa, che splendeva sullo stivale
da ufficiale lucidato.”
Questa frase fu scritta da un letterato decadente, molto soddisfatto di averla scritta
lui.
L'origine della felicità del decadente, che si stava distaccando dalla vita reale, dalle
riflessioni e dalle aspettative del popolo sovietico, era nel fatto che questa frase era
interamente, assolutamente insensata e, allo stesso tempo, secondo lui, era in qualche modo
una frase contro quel postulato di V. I. Ul'janov-Lenin, che egli aveva brillantemente
formulato nel suo eminente lavoro L'organizzazione di partito e la letteratura di partito.
Ecco questo straordinario postulato:
“La letteratura deve diventare di partito...Abbasso i letterati apartitici! Abbasso i
letterati superuomini! L'attività letteraria deve diventare una parte della causa generale del
proletariato; ʻuna rotella e una viteʼ dell'unico e solo grande ingranaggio socialdemocratico,
messo in moto da tutta 1'avanguardia cosciente di tutta la classe operaia...
Ci saranno persino, forse, intellettuali isterici che solleveranno grida per un tale
paragone, che umilia, mortifica, ʻburocratizzaʼ la libera lotta ideologica, la libertà del critico,
la libertà della creazione letteraria ecc...ecc...”
Ecco. E, avendo scritto una tale frase su Fetisov, la luna e lo stivale, il decadente
senza ideali e senza partito scorreggiò persino dalla soddisfazione, credendo ingenuamente
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che simili vaneggiamenti da lui composti fossero capaci, almeno ad un certo livello, di
offendere un pochino i comunisti, verso i quali questo esteta provava un'antipatia puramente
estetica e irreale.
Molto soddisfatto dell'impressione prodotta su di sé da questa frase chiaramente
delirante, decise di continuare la sua opera con lo stesso spirito. Cioè, approfondire e
ampliare le immagini di Fetisov, della luna e dello stivale, legandole in un'unica dissacrante
trinità. Un tono di malevolenza e dispetto sarebbe emanato dalla sua opera... Per niente
sorprendente! E' chiaro che, cominciata in modo così squallido e mediocre, questa sporca
opera si sarebbe conclusa in modo altrettanto squallido! Dopotutto, già dalle prime lettere si
capiva che Fetisov era chiaramente un tipo un po' dannoso, semplicemente un farabutto che
si teneva nascosto fino al momento giusto, che trattava con malevolenza i comunisti e tutte
quelle cose buone che essi hanno portato con sé dal mondo della teoria al mondo della
pratica, sulla terra sovietica... Quindi, da un personaggio del genere, che cosa ci si poteva
aspettare ancora di positivo? Proprio niente. Certo che il personaggio Fetisov è proprio “un
bel tipo”! Probabilmente è un ubriacone, o un idiota, o un cinico, o semplicemente un
nemico che si mimetizza, che sputacchia su tutto ciò che è sacro, ciò che è rimasto ancora
nella vita delle oneste persone sovietiche dopo la perestrojka. E la sua storia si svolge nello
spazio e nel tempo dell'“opera” creata dal decadente, indubbiamente in un certo senso
selvaggia, chiaramente artificiosa, inventata di sana pianta con scopi diffamatori e
ideologicamente dannosi. Allora, dopotutto, non sono casuali le immagini della Luna e dello
Stivale; dopotutto Fetisov certamente non è né un astronomo, né un militare e lo stivale non
è nemmeno “da ufficiale”; è chiaramente, certamente inteso qui come un “vezzo”23, per
stuzzicare i nervi di un qualunquista e, in più, per un misticismo a buon mercato ancora più
osceno. La luna splende sullo stivale... Cioè, questa luna che fa, ci sta pisciando sopra, a
questo stivale? Che burlona!... Cioè, ciò che è ideologicamente dannoso dà origine,
evidentemente, anche a ciò che è artisticamente inconsistente: è come una grigia
raffigurazione di qualcosa di immateriale, di inesistente, ma di diffamatorio, è una schiuma
grigia, simile a quella che si forma nella pentola durante la bollitura della carne - di pollo,
per esempio, o di manzo, non importa – e che la brava massaia raccoglie con una
schiumarola ed elimina dalla pentola, mentre la massaia incapace la lascia lì nella pentola,
sulle cui pareti la schiuma si concentra, come le macchie di prodotti petroliferi in tutti i
fiumi ecologicamente contaminati dell'URSS. Dicono: cuciniamo un bel boršč e tutto sarà a
posto! Cretini!
Anche il letterato decadente è un cretino, per non dire qualcosa di peggio. Ma
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dopotutto, a dire il vero, a r t i s t i c a m e n t e parlando, tutto ciò è assolutamente
inconsistente! Tutta questa inconsistenza dei temi, tutto questo ghigno di sazietà che si
strapperà definitamente al popolo dei subumani... dopotutto tutte queste fasi percorse molto
tempo fa, fasi non solo del grande cammino della nostra letteratura, ma anche della strada
maestra della nostra vita piena di tensioni, non solo sovietica, non solo comunista, ma anche,
in generale, della nostra vita piena delle tensioni di tutto il mondo, quando tutto il mondo si
trova sull'orlo dell' “essere o non essere”, davanti alla minaccia di un inverno nucleare,
quando nell'aria chiaramente si sono condensati l'atomo, gli antiparassitari, i nitrati, i
pesticidi, la violenza. Grazie ai comunisti, a loro un profondo inchino, che costruirono le
centrali atomiche, che hanno cavalcato, come cavalli, la “grande chimica”, che hanno preso
sulle loro spalle l'agricoltura!...Ma sul letterato-decadente si può anche dire: come ci si può
relazionare così irresponsabilmente con il proprio, seppure non grande, ma comunque
discreto talento? E questo oltraggio, a che scopo? Di che è fatto? Con che cosa lo si mangia?
Dopotutto, il compito più importante dei comunisti attualmente è nutrire il paese, ma la
decadenza di tutte le marche ha già da molto tempo trovato il suo posto nel cimitero delle
idee, acquietandosi, come merda secca, nella discarica storica della letteratura, della storia,
della società...
Così, d'un tratto, con improvvisa lucidità, il letterato decadente iniziò a pensare a se
stesso, ma la sua natura deformata, temprata dagli anni di stagnazione, che si era abituata per
decenni a scrivere “a tavolino”, tuttavia avrebbe immancabilmente preso “quanto gli spetta”,
e lui – purtroppo non aveva di questi dubbi! - immancabilmente avrebbe continuato la sua
sporca composizione: agli elementi di pornografia, cinismo24, ad un atteggiamento
menefreghista nei confronti delle tradizioni, avrebbe immancabilmente aggiunto, con ogni
probabilità, anche motivi necrofilo-freudiani; certamente, qui non era casuale la luna, la cui
luce, come è noto, è di un giallo pallido-limone-smorto, e la parola “luminosa”, vilmente
collocata dall'autore, per far sparire le tracce, certamente non ingannerà nessuno. Oltraggio!
E lo stivale, qui, certamente anch'esso non è assolutamente casuale: dopotutto è sempre
nero, tetro anche se perfettamente lucidato. E poi, non avrei voluto occuparmi di congetture,
ma qui traspaiono visibilmente certe negligenze, nascoste con difficoltà, nei riguardi
dell'Esercito Sovietico, in generale verso il popolo sovietico e l'inviolabilità del confine che
questo esercito protegge. Prendersi gioco dei sentimenti bassi dei lettori! Fare colpo su
questo pubblico poco esigente, assetato di tutto ciò che è “nuovo”, “proibito”, formato da
mocciosi dai denti di latte e dalla feccia che sta perdendo fiducia in tutto, che ha dimenticato
che le cose nuove sono solo cose vecchie dimenticate per bene. Qualunque cosa, pur di non
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partecipare alla vita sociale e non iscriversi al PCUS, il partito che iniziò la perestrojka, e
che la terminerà, l'appartenenza al quale non è pane per i denti di certi scrittorucoli da
strapazzo, che si metterebbero solo a gracchiare, mentre là, sebbene non risplenda l'alba del
comunismo sul Paese, non illuminatevi, rosse pareti del Cremlino, del roseo bagliore
comunista!
Immancabilmente il letterato decadente avrebbe continuato la sua sporca
composizione, se non si fosse ricordato all'improvviso che oggi è lunedì e gli tocca andare in
via Partigiano Ščetinkin, perché lui è uno scrittore, membro dell'Unione degli scrittori, dalla
quale cortesemente non lo avevano radiato, nonostante avesse firmato negli anni '60 due
lettere di protesta; ne aveva firmata una terza, ma poi aveva cancellato la sua firma. In via
Partigiano Ščetinkin, perché a lui, come scrittore, membro dell'Unione degli scrittori,
spettava un'ordinazione di cibo.
Così andò in via Partigiano Ščetinkin. Lì, trascorsa circa un'ora e mezzo nel solito
intenso dialogo con i veterani della II guerra mondiale e del PCUS e con i colleghi scrittori,
si arrabbiò una volta per tutte, sebbene ricevesse due pacchetti di tè indiano, carne di maiale
stufata cinese, formaggio, grano. Cacciati dentro la voluminosa borsa in similpelle un
mucchio di quei cibi gustosi e introvabili, si diresse verso la Casa dei letterati A. Fadeev. Lì,
per l'appunto, si stava svolgendo la solita assemblea dell'associazione informale degli
scrittori in sostegno della perestrojka, dove intervenivano con sdegno svariati scrittori,
insoddisfatti degli schieramenti costituiti nel sottosuolo della struttura ufficiale dell'Unione
degli scrittori, della stagnazione, dell'arretratezza rispetto all'ampio passo in avanti del
progresso, nel momento in cui il partito conduce di nuovo tutto il popolo sovietico in avanti
con passi di sette leghe. Si dice, tutto ad uno e agli altri niente. Perché?.. In particolare gli
era rimasto impresso il brillante e convincente intervento del famoso poeta Aleksandr che,
come comunista, manifestò imbarazzo perché un
funzionario dell'organizzazione degli
scrittori di Mosca, un famoso prosatore, anch'egli Aleksandr e anch'egli comunista25, aveva
espresso nel proprio discorso scetticismo verso la Grande rivoluzione socialista d'Ottobre,
che ha avuto luogo il 7 novembre (25 dicembre) del 1917. L'assemblea cominciò a
rumoreggiare...
Tuttavia, anche questo posto non piaceva al letterato decadente. Il decadente è
decadente, che ci volete fare!... Il decadente allora scese nel punto di ristoro sottostante della
Casa dei Letterati e lì si ubriacò con il cognac che aveva portato con sé. Bevve,
naturalmente, non da solo, per certe cose si trova sempre compagnia. Uno di loro, anche lui
scrittore, lo chiameremo V. P., gli propose di fare braccio di ferro, appoggiando i gomiti al
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tavolino, e il decadente lo vinse.
Bevvero ancora. Iniziarono a parlare di arte. E intanto a casa il decadente era atteso
dalla moglie e dal figlio, che avevano creduto nel marito e nel padre durante tutti quegli anni
di stagnazione. Cominciò un lungo discorso da ubriachi su V. Rozanov, N. Berdjaev, padre
P. Florenskij e padre A. T. Tvardovskij26, il compagno Kuznecov fu ricordato con un lungo
discorso da ubriachi, e anche i compagni G. Markov, Ju. Bondarev, S. Michalkov27.
Perso tutto il suo aspetto di uomo rispettabile, intelligente, raffinato, il letterato
decadente si gettò in strada con la patta aperta e la borsa in similpelle aperta, dalla quale
cadevano e si sparpagliavano sul marciapiede d'asfalto le caramelle “Lampone con panna” e
le banane secche. Orrore!
Orrore! Per un attimo vide una luce accecante. Gli stava venendo incontro fino a
fargli male agli occhi un caro conoscente che scuoteva con disapprovazione la testa pelata e
la barbetta a forma di cuneo, ripetendo con il suo caratteristico modo di parlare
precipitosamente con voce di basso:
-Calmatevi, signori! Per prima cosa, il discorso verte sulla letteratura di partito e la
sua subordinazione al controllo del partito... ciò non indica affatto un cambiamento della
libertà di creazione e della ricerca di nuove forme. Bisogna solo andare più spesso alle
lezioni del circolo di estetica marxista-leninista ed avere più fiducia nei comunisti, e non
ridacchiare come qualunquisti, non fare smorfie rabbiose, non tenere un corno in tasca o una
serpe in seno...
-Cioè che vuol dire? - balbettò il letterato decadente, che già non ragionava più.
Esanime, si buttò in un taxi e diede, per il tragitto fino a Teplyj Stan, 10 rubli (invece
degli stabiliti 4 rubli e 32 copeche), più 10 rubli per aver sporcato il sedile di vomito.
Tutto l'accaduto gli servì come buona lezione di vita.
Grazie a Dio, le sane
Forze nel partito hanno ottenuto
La vittoria, e ora da noi,
Finalmente, ci sarà il buon
Comunismo!
Una strana malinconia tormentava il mio eroe. In tutta la sua vita non aveva visto
nemmeno una volta un comunista in carne e ossa, sebbene, certamente, avesse sentito che
solo in URSS erano circa 20 milioni di persone, e certo non era un piccolo numero, no che
non lo era, e fosse stato anche uno solo di loro, ma avrebbe potuto vederlo nella sua quasi
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45enne permanenza sulla terra natía! Però i fatti sono fatti, perché “i fatti sono testardi”,
come disse il comunista V. I. Ul'janov-Lenin, che morì nel 1924, e per questo il mio eroe
non vide neppure lui, e al Mausoleo non ci arrivi.
Comunque...Non si dovrebbe considerare comunista il direttore della scuola N° X,
che, nella città di K., che si trova sul grande fiume siberiano E., che sfocia nel Mar Glaciale
Artico, il quale (il direttore) il 5 marzo 1953 versava lacrime sulle guance rasate per la morte
del baffuto traditore (della causa di Marx, Engels, Lenin) I. V. Stalin, che per lunghi anni si
era spacciato per un comunista con successo, ma che poi tuttavia (dopo la morte) fu
smascherato dal comunista N. S. Chruščev, lo stesso che nel 1964 si rivelò un volontarista e
fu, per questo, destituito dalla sua alta carica con la scusa delle condizioni di salute. Che
comunisti sono allora?...Sia Stalin, sia Chruščev, ma in particolare il direttore della scuola
N° X, che si trova nella città K.? Infatti, l'ultimo tra questi (il direttore), una settimana dopo
la morte dell'ex capo Stalin, andò a finire in cella per l'annoso furto di legna e carbone
statali; in generale, del materiale scolastico, di denaro stanziato e di conigli. Che razza di
comunista è, allora? Un comunista può davvero rubare qualcosa? Un comunista, magari, è
apparso sulla terra, al contrario, per d a r e qualcosa alla gente, e non per fregare legna,
carbone, materiale scolastico, denaro stanziato, conigli... Di rubare, è capace ogni sovietico,
ma se diventi comunista no che non rubi, se sei un vero comunista e non una merda!
O prendiamo, ad esempio, il personaggio Nikolajčuk (vd. il racconto di Evg. Popov
Al tempo della mia giovinezza, almanacco “Zerkala”, ed. “Moskovskij rabočij”, 1989, a cura
di A. Lavrin, red. M. Cholmogorov), che nel 1962 pubblicò nella città K. la rivista artisticoletteraria clandestina “Svežest'”, ma oggi ha fatto una buona carriera nel partito nel campo
del compensato e oggi lavora in questo campo del bosco, del legname in qualche centro
amministrativo comunista della regione nord-orientale del Paese. Qualcosa tipo comitato
cittadino, comitato distrettuale o comitato regionale. Davvero può accadere che una persona
che era un coscienzioso comunista, un devoto difensore della causa di Marx, Engels, Lenin,
la stessa persona abbia bevuto fino ad ubriacarsi con femmine dissolute, si fosse arrampicato
sul tetto del magazzino di produzione e cadesse da lì, da molto in alto sulla lana di vetro e
rimanesse steso lì fino al mattino, così che il corpo dell'uomo si gonfia e diventa rosso come
la bandiera sovietica?
Che razza di comunista è, se nella sua rivista “Svežest'” proclama delle sottospecie di
idee ridicole, considerate dannose secondo l'indice del 1962 e poi, già dopo il fallimento del
giornale e le minacce dell'esclusione dall'istituto, bruscamente cambia colore, facendo
apertamente comunella con i diavoli dell'Ufficio di Trivellazione Profonda (il suo prototipo,
35
a proposito, è stato il piccolo impiegato G. P. Lbov. Vd. Pag. 134).
Ma, dopotutto, l'eroe non è un idiota, sì che se lo ricorda di quando andavano
ubriachi in motocicletta sul sentiero illuminato dalla luna nella città B., che sul grande lago
siberiano B. anche il neo-“comunista” strillava come un accoltellato: “Li odio! Li odio tutti!
E odio il mio lavoro. Io e i miei compagni avveleniamo il grande lago siberiano B.,
costruendo su di esso il complesso industriale del compensato più potente al mondo e per
questo non ci perdoneranno mai i nostri coetanei, Valentin Rasputin per primo, e i nostri
discendenti, i nostri figli per primi...”
Beh... E lui, dopo tutto questo è un comunista, quando sono passati 25 anni da allora
e non c'è più il compensato, né il lago B., né niente di niente? La risposta datevela da soli, se
vi va. Per il mio eroe la risposta è assolutamente chiara: il personaggio Nikolajčuk non è
affatto un comunista e non si capisce persino come fa la coscienza a permettergli di cantare
alla fine delle riunioni “L'Internazionale” nella traduzione di Koc? Perché per il suo
repertorio sarebbe più appropriata un'altra canzone, e precisamente: “Dal carcere di Odessa,
scappavano due delinquenti...” O, nella peggiore delle ipotesi, qualcosa di romantico, che lui
non era andato ad avvelenare il lago B. per soldi, ma aveva ubbidito all'inclinazione del
cuore e all'allettante profumo della taiga. Era uno stronzo, non un comunista!
Oppure prendiamo il docente Glinjuk, insegnante di marxismo-leninismo nello
stesso istituto superiore moscovita, dove il nostro eroe ha studiato dal 1963 al 1968, lo
stesso anno in cui il comunista Dubček si era rivelato assolutamente non quello che si era
spacciato di essere, ma un vero e proprio revisionista, proprio come il suo compagno di
partito Zdenek Mlinar, oggi si sa di lui che vive a Innsbruck, ma ha ricevuto l'istruzione
nello stesso gruppo di M. Gorbačev, poco tempo fa è apparso nell'ambito del programma
“Vzgljad”XV della Televisione Centrale dell'URSS28...
...condotta da tre ragazzi che diverse volte sfrontatamente affermano che anche loro
si dicono comunisti e pagano persino la quota di iscrizione. Che bravi comunisti! Basta
ascoltare solo la loro trasmissione e guardare gli straccioni con le chitarre che eseguono la
canzone “Davanti ai nostri boccali siedono i commissari”...
...e se poi ricordiamo il comunista Egor Kuz'mič Ligačev29...
Eh! Io sono solo! Tutto sprofonda nel fariseismo, e che altro c'è da sproloquiare, se è
così chiaro ciò che voglio dire: di comunisti il mio eroe non ne ha visti...Mai! E temo che
nella sua vita non ne vedrà mai.
XV
In ital.: “sguardo”.
36
...Il buon comunismo! Come
Ci hanno insegnato Marx, Engels e Lenin!”
Ivan Karlyč diede un'occhiata alle nostre facce da ubriachi e severamente, ma allo
stesso tempo affettuosamente, sinceramente da far male disse:
-Come fatte tutto facile voi giovani! Abituati alla vita facile, noi, compagni, non
andremo lontano. Noi, prima generazione, spesso non abbiamo avuto non solo le cose più
necessarie, ma non abbiamo avuto proprio niente. Però noi non ci lagnavamo e, pieni
d'energia, andavamo avanti con le canzoni e i falò! Avete capito l'allusione? - scherzava
affettuosamente Ivan Karlyč.
Ma nessuno riuscì a rispondergli, perché la nostra barca improvvisamente iniziò a
colare a picco. Quelli che sapevano nuotare, piano piano raggiunsero la riva a nuoto. Quelli
che non sapevano nuotare, semplicemente andarono a fondo. Ivan Karlyč, come comunista,
come sempre, era tra i primi...
L'attivista di partito fece questo discorso...
Matveev, come incantato,
Si alzò, invece di sdraiarsi,
Ed uscì fuori come un appestato.
Dopotutto, tocca capire anche le feste rivoluzionarie. Un cittadino dell'URSS vive il
diavolo sa come in via Dostoevskij, va a prendere l'acqua “alla colonnina”, riscalda il
fornello con la lignite...la latrina è in strada a meno quaranta gradi, per il bagno: il venerdì è
il giorno degli uomini, il sabato delle donne, il numero di turno scritto con la matita
indelebile sul palmo: 357, allora la festa, ad esempio il I Maggio, “in onore degli operai di
Chicago”, o il 7 novembre (25 ottobre), in onore di chi... lo capite da soli.
Ecco, mi viene in mente il I Maggio 1957. Quando, essendo primo della classe e allo
stesso tempo un bambino, ebbi l'onore di partecipare ad una manifestazione dei
rappresentanti dei lavoratori davanti alle tribune dove si trovavano i capi del potere
comunista cittadino.
Si levarono striscioni di tela rossa! Svetta, maggio rosso! La colonna della fabbrica
di televisori, la fabbrica di mietitrebbiatrici, la manifattura intitolata a Zvirgzyn'31...Noi,
bambini primi della classe, fummo portati su un camion appositamente preparato ed anche
37
decorato, dove nel cassone erano state fatte costruire robuste panche di legno in modo che
noi, bambini, avessimo la possibilità di sventolare liberamente le bandierine scarlatte di
fronte ai migliori rappresentanti del partito e del governo, che si trovavano sulle tribune, in
modo che i loro cuori comunisti provassero una stretta gioiosa, alla vista dei nostri volti
intelligenti di futuri costruttori del futuro, del comunismo, volti di scolari, che già ora si
stavano meritando, con lo studio intensivo, il gravoso diritto a partecipare all'esultanza
nazionale.
Ma bisogna necessariamente dire che le bandierine non ci furono fornite a spese
dello Stato, ma ci ordinarono di portare le nostre, preparate a casa seguendo il modello e con
le misure di un foglio di carta per scrivere.
Beh, con la tela rossa allora non c'erano problemi a farla della misura di un foglio di
carta per scrivere, ma l'asta per la bandierina, anche quella doveva essere perfetta, eccome se
doveva! Ed io dovetti allora sacrificare, per questi scopi ideologici, uno dei lunghi e sottili
bastoncini del mio giocattolo preferito, che non molto tempo prima mi avevano comprato i
miei teneri, oggi defunti genitori. Questo giocattolo si chiamava “Dziga”.
Sì, “dziga”. Sono vecchio, calvo, canuto. Per la sbronza cronica nel corso di decine
di anni alla fine mi si è indebolita la memoria, mi tremano le mani 31, ma questo nome,
questa sciocchezza, la ricordo precisamente. Dziga... Si chiamava “dziga”.
(Cioè, un bel po' di tempo dopo averlo descritto, io, certamente, sono venuto a sapere
che
c'era
una
certa
personalità
in
campo
cinematografico,
il
fondatore
del
cinedocumentarismo in URSS, ingiustamente relegato sullo sfondo dal sistema
amministrativo-dirigente da caserma del socialismo, il regista Dziga Vertov, autore del film
3 canti su Lenin e altri film simili...)
E' forse colpa mia se anche questo gioco da bambini si chiamava “dziga”? Così era
scritto sulla scatola: “Dziga”...E nella scatola erano contenuti i componenti: due lunghi e
sottili bastoncini scartavetrati, una corda di seta, che bisognava agganciare alle due estremità
di questi due bastoncini, e per questo scopo c'erano due appositi anelli, ma in mezzo alla
corda doveva girare e miracolosamente mantenersi nello spazio sulla corda tesa un affare di
resina, simile a un rospo finto fatto di resina (chiedo scusa per la descrizione goffa: grigio,
calvo, vecchio, non voglio d e s c r i v e r e niente, voglio p a r l a r e, dal momento che c'è la
glasnost', anche se è confusa, anche se balbetta). Entrambi i bastoncini si prendevano nelle
mani infantili e con tortuosi movimenti “su-giù” si creava una certa cinetica, che permetteva
alla rana di resina (massello) di mantenersi miracolosamente sulla corda tesa. Adoravo la
“dziga”.
38
Adoravo la “dziga” ed ero decisamente contrario al fatto che uno dei bastoncini della
“dziga” diventasse l'asta per una bandierina.
Però i miei teneri, oggi defunti genitori, non meno decisamente mantenevano il
punto, orgogliosi dell'onore a me dato di partecipare ad una manifestazione in qualità di
bambino all'avanguardia e a me, lo confesso, non piaceva discutere con loro, io li amavo e,
oltre a questo, dopotutto capivo da solo con l'intelligenza di oktjabrenok e futuro pionere che
l'ideologia è l'ideologia, la bandiera è la bandiera e, se per i comunisti era assolutamente
necessario il bastoncino della mia “dziga”, che gli vada di traverso.
Ecco. Il camion avanzava con noi sopra. Tutto il popolo si rallegrava, salutava i
comunisti, gridava loro “urrà” per tutte le cose buone che avevano fatto per la gente. Anche
noi non eravamo da meno e le nostre acerbe voci infantili, come gialli gigli fluviali, si
intrecciavano in una sublime ghirlanda, che intrecciava tutto il mondo nella gloria del
comunismo.
E ancora un dettaglio che pure aveva, forse, un significato simbolico. La nostra città
di K. si trova sul grande fiume siberiano E., che sfocia nel Mar Glaciale Artico, e fino a che
a quaranta kilometri più in alto della città non costruirono la più grossa centrale idroelettrica,
il cui bacino idrico sommerse mille ettari di terra arabile e il grano si deve andare a
comprare in Canada, sul fiume E., di solito, c'era un famoso e allegro movimento del
ghiaccio e questo ottimista evento spettacolare, potente come la musica di Wagner, quasi
sempre coincideva con la già descritta festa primaverile rivoluzionaria del I Maggio.
Sembrava che la natura, come tutto il popolo sovietico, fosse anch'essa in perfetto accordo
con i comunisti, fino a che non la deturpassero definitivamente.
Non appena il grande fiume E. tornava a vivere e i blocchi di ghiaccio, con uno
scricchiolio, con un rombo, si sollevavano digrignando, tutta la città di K. si dirigeva sulla
riva in visibilio, perché ancora un altro inverno era finito. E la vita! La vita audacemente
giocava, abbagliando con azzurre superfici ghiacciate! Risuonavano le sirene cittadine di
tutte le fabbriche, la gente gettava in alto i cappelli, si ubriacava sulla riva ed un audace
ubriaco sbracato già si calava nell'acqua che ruggiva, trattenuto dalla moglie piangente e dai
figlioletti urlanti. Eh, possibile che tutto ciò sia davvero scomparso? Non ci credo! Non ci
credo! Non voglio crederci!
I Bambini. Un camion. La piazza comunista. Ed ecco, proprio nel momento in cui il
nostro camion passava davanti alla tribuna dove stavano i capi della città, e noi già
facevamo cenni e strillavamo fino alla raucedine “urrà”, ed anche loro, senza vergognarsi, ci
facevano segni di incoraggiamento, quando noi già ci eravamo torti il collo tentando di
39
fissare nella memoria i cari volti comunisti,
all'improvviso
IL GHIACCIO SI SPEZZÒ!
Risuonarono le summenzionate sirene.
Pure la gente per poco non si spezzava, per la gioia che
IL GHIACCIO SI ERA SPEZZATO!
Immediatamente la strada ribollì, cominciò ad agitarsi, immediatamente iniziarono a
correre, ad affannarsi, e di nuovo si diffuse un altisonante “urrà”, ma già in onore degli
elementi della natura che si liberavano momentaneamente. Il camion si fermò.
Il camion si fermò, e io vidi, con tristezza, un teppista adolescente che agilmente e
pigramente si faceva strada tra la folla.
Descrivere il teppista...a che pro descriverlo, cosa dire di lui.... Allora, certamente, ai
piedi aveva degli stivalacci32, un berretto nero con la visiera calcato sugli occhi, una
sciarpetta bianca da malavitoso al collo. Agilmente e pigramente si faceva strada tra la folla,
ed io, spalancata la bocca, dimenticati tutti e tutto, lo osservavo mentre nascondevo le
bandierine oltre il bordo del camion. Io sentii qualcosa. Sentii che io e lui eravamo legati.
Eravamo legati da una sorta di filo unico.
Il teppista raggiunse la macchina, strappando fulmineamente la bandiera dai miei
bastoncini che non opposero resistenza e, assolutamente senza affrettarsi, iniziò lentamente
a nascondersi tra la folla, schioccando l'asta della bandiera sul gambale dello stivale, come il
frustino di un SS (visto al cinema).
-La dziga! - sussurrai, incupendomi. - E' scomparsa, è sparita la dziga!
Come giocare, come vivere, se non c'è il secondo bastoncino, se non c'è la base e
davvero qualcosa capace di sostituire la dziga?
-Oggi è il giorno più infelice della mia vita – annunciai, tornato dalla manifestazione
e raccontato della perdita.
-Ti sbagli, figliolo, - ribatterono dolcemente i teneri, oggi defunti genitori.
Ve bene, va bene, va bene! Il tempo dimostrò quanto avevano ragione. Compagni,
compagni, compagni! Dove siete tutti? Dove sono i mille ettari di terra arabile? Perché il
grano si deve comprare in Canada e ancora lagnarsi che il pane costa troppo poco? Dov'è
l'Aral? Dove sono Sacharov e Solženicyn? Perché Černobyl'? Dov'è l'infanzia, la dziga?
Dov'è il comunismo, compagni?
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Allora un tuono rimbombò nei cieli
E tutti se ne andarono nelle macchine
Lasciarono la bellona in mutande di seta
A dormire da sola sul materasso di piume
Un intransigente filosofo, non di questo mondo, decise, quando arrivarono le solite
ferie retribuite, di non stabilirsi nella dacia statale, ma di viaggiare un po' per la sua cara
terra sovietica con lo scopo di studiarla meglio, di capirla e di amarla di più, se possibile.
Il filosofo prese l'autobus n. 666 ed arrivò all'8° kilometro dell'autostrada V., dove
fino a quel momento era rimasto ecologicamente intatto un significativo ed unico relitto di
querceto, sopravvissuto a Pietro I, Lenin, Stalin, Chruščev, Brežnev, Andropov e Černenko.
Il filosofo camminava nel boschetto. Fumava una sigaretta cubana comunista
“Ligeros”, donata al popolo sovietico dal compagno Fidel Castro, e rifletteva molto sul fatto
che la vita oggi mostra sempre di più il suo lato oscuro: i fiumi vengono distrutti, inutili
fabbriche fumano, il grano si compra dal Canada, pesticidi e nitrati hanno riempito tutto
intorno, si sviluppano con successo la prostituzione, la corruzione, il racket. Il paese
avanza irrefrenabilmente verso il baratro.
Il filosofo si ricordò che una volta era in Cecoslovacchia, stava guardando in alto,
verso le maestose fronde di quercia che si serravano, ancora una volta iniziò a pensare a
questo favoloso paese e al suo ex governatore, il comunista Dubček, che, secondo le voci
che giravano nell'ambiente dove operava il filosofo, per tutti gli anni della sua decadenza,
aveva lavorato in una segheria.
Il sole spariva dietro l'orizzonte. Misteriosi insetti ronzavano, verdi moscerini
planavano febbrilmente su pezzi di merda di vacca indurita, c'era un odore aspro di erbe, il
filosofo assaporava dolcemente quel secondo donatogli da Dio.
Perso nei suoi sogni, per poco non sbatteva la testa su un'alta palizzata rossa, in cima
alla quale, per tutta la sua estensione, si snodava un doppio filo spinato. Il filosofo ebbe una
crisi di tosse, indietreggiò, si guardò intorno. No! Nessuno disturbava l'incanto di quelle ore
serali. Il sole risplendeva così tanto e persino certi uccelli iniziarono a cantare, ad
echeggiare...
E il filosofo si decise. Iniziò a camminare lungo la palizzata, contando i passi. Da un
lato contò circa 1500 passi e vide che la palizzata girava a destra con un angolo retto di 90°.
E non c'era un'anima! Il testardo filosofò iniziò a camminare di nuovo lungo la
41
palizzata fino all'angolo successivo, e questa volta i passi risultarono circa 2000.
Il sole calava. Tirava fuori l'umidità dai cespugli. La palizzata girava di nuovo di 90°
e i passi erano di nuovo 1500. Per quanto testardo e intransigente fosse il filosofo, dovette
riconoscere che andare oltre non gli conveniva, perché la palizzata si presentava come un
rettangolo regolare dalle misure di 1500 per 2000 passi. Cioè, mettiamo che la misura di un
passo sia di circa 1 metro, facciamo 90 cm, allora la misura del lato minore del rettangolo
era pari a 1350 – 1500 metri, il lato maggiore 1800 – 2000 metri, quindi la sua area totale
consisteva in 2.430.000 – 3.000.000 di metri quadrati.
Il filosofo inizialmente si sorprese terribilmente, a che scopo questa lunga palizzata,
ma poi capì e, zitto zitto, sbuffando, iniziò ad arrampicarsi su una quercia. Ma già da molti
anni non praticava l'educazione fisica, non andava a correre di mattina in scarpe da corsa e
calzoncini, non sollevava manubri, pesi, bilancieri, per questo non riusciva ad arrampicarsi
sulla quercia: gli anni di stagnazione si facevano sentire. Rimase appeso come un sacco al
primo ramo resistente e subito stramazzò sull'erba, schiacciandola, ma comunque riuscì a
notare che oltre la palizzata non c'era niente, ad eccezione di alcune querce isolate e di altre
piante, altrettanto solitarie, tra le quali, con la coda dell'occhio, riuscì a cogliere qualcosa di
scarlatto, evidentemente grappoli di rosse e mature sorbe.
La curiosità accendeva il filosofo... Però si stava facendo buio... ma all'improvviso
notò nella lunga palizzata un piccolo cancelletto, pure decorato da filo spinato arrugginito,
ma nel cancelletto c'era uno spioncino enorme; all'interno era più nero del nero. E un piccolo
sentiero calpestato portava al cancelletto.
Il filosofo tentennò un po', poi incollò l'occhio allo spioncino della palizzata, ma
poiché era tutto nero, non si vedeva niente. Lui allora toccò il nero col dito, perché il nero
sembrava un grumo di grasso per automobili.
Il filosofo iniziò ad agitarsi per vedere meglio, poi in silenzio, ma velocemente, si
allontanò correndo lungo la palizzata, accompagnato dal latrato di cani oltre la palizzata e
dal grido rauco di un uomo:
-Ti ho visto, stronzo!
Molto tempo dopo essersi calmato, tornato in sé, seppe che quello era proprio il
posto scoperto dai segugi della perestrojka, di cui si parlava nel programma “Memorial”.
Che quella era una zona dove avvenivano le fucilazioni33 e non pochi onesti comunisti erano
caduti sotto quelle querce; così avevano detto in questo programma televisivo. Che i
comunisti erano onesti e li avevano fucilati, ma che lì c'erano anche non comunisti e persino
anticomunisti, ma li avevano fucilati ugualmente, e questi fatti terribili fino ad ora vengono
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nascosti al popolo sovietico...
Dopo essersi calmato, tornato in sé, il filosofo decise di continuare le sue indagini e
riflessioni. Con questo scopo, comprato un biglietto aereo, si venne a trovare nella sua
piccola patria storica in Siberia, nella zona settentrionale del grande fiume siberiano E., che
sfocia nel Mar Glaciale Artico.
Erano i primi giorni di primavera, che coincidevano con le solite ferie retribuite . Il
filosofo attraversò l'Angara in barca.
Il motore sospeso faceva un sommesso rumore, la barca avanzava lentamente. Il
timoniere era un omaccione siberiano tarchiato con una giubba imbottita impermeabile, con
una barba ispida grigio-azzurra sulle guance avvizzite, dalla vista acuta, come un orso,
guardava attentamente per non sbattere col naso contro un micidiale pezzo di ghiaccio.
Mordendo il filtro di una sigaretta “Trojka”, che gli aveva offerto il filosofo, l'indigeno
raccontava al nuovo venuto che 35 anni prima, nello stesso periodo, fece attraversare il
fiume, quando il disgelo era appena iniziato, all'impavido ufficiale GU Lag e quello gli
diede, per il coraggio, 25 rubli “vecchi”. Il filosofo registrò questa e una moltitudine di
storie assurde della vita del semplice popolo sovietico nel suo taccuino, completo di
rilegatura in marocchino. Poi attese l'autobus di linea, che si avviò, sobbalzando sulle buche
e slittando in una davvero enorme quantità di fango appiccicoso.
Distese vergini! Tetra tajga! Quiete, libertà, ma il filosofo, improvvisamente, vide
nel bosco un'alta guglia metallica: una costruzione a traliccio di cemento e acciaio.
-Una guglia... Come è possibile che qui, nella tajga, ci sia una guglia? Rifletteva,
dirigendosi verso la guglia.
Improvvisamente nel suo petto si conficcò di nuovo il filo spinato. Il filosofo alzò gli
occhi e di nuovo vide che davanti a lui c'era di nuovo una palizzata rossa, che egli questa
volta non riuscì a misurare con i passi.
Perché di nuovo risuonò il latrato di cani e una rauca voce invisibile gracchiò:
-Chi è là? Vieni a farti controllare al posto di blocco oppure fuori dai piedi, stronzo!
Scosso nel più profondo del suo essere, il filosofo si gettò su per la strada. Meno
male che l'autobus aveva una ruota a terra giusto a proposito ed il viaggiatore poté subito
occupare il proprio posto regolare, secondo il biglietto acquistato.
E solo dopo essersi calmato, tornato in sé, molto tempo dopo, seppe che di nuovo
avrebbero potuto sparargli liberamente, perché quello era un poligono missilistico segreto,
che non solo, da poco, avevano liberato dal segreto di Stato in vista della perestrojka, ma
addirittura avevano invitato a visitarlo – immaginate chi – i comunisti Ceauşescu 34, Husak35,
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Honecker e Živkov36? Come non poteva essere altrimenti! Invitarono lì gli americani, in
modo che tutto il mondo capisse l'apertura della nostra politica estera e interna. Guarda,
ammira, zio Sam, non abbiamo più segreti, i valori comuni a tutta l'umanità prevalgono su
quelli di classe!..
-Puah -
sputò il filosofò - è addirittura ripugnante! A che scopo dimenticarsi
completamente che dopotutto questo imperialismo è il più alto stadio del capitalismo, che ha
sempre tradito i comunisti. E' sufficiente ricordare i tempi di McCarthy37, Charlie Chaplin38,
Paul Robeson39, Angela Davis40 e molti altri! Lasciamo stare gli ex “potenziali nemici” del
sancta sanctorum, dov'è che per poco non mi arrestarono? Era giusto questo nel piano
ideologico?
E lui iniziò a provare angoscia e ripugnanza fino al punto che fece persino il
tentativo di convincere me, da un lato autore, dall'altro personaggio, a non scrivere più
“racconti sui comunisti” e il poema, ma io obiettai duramente che sto adempiendo al mio
dovere di scrittore, perché questi racconti sono già promessi, e non a qualche odiosa casa
editrice, ma alla rivista “Znamja”, un tempo organo dell'Unione degli scrittori dell'URSS,
pubblicazione mensile artistico-letteraria e socio-politica, dal 1931.
-E' solo che è poco probabile che pubblicheranno tutte queste sciocchezze – disse il
filosofo, ed io e lui addivenimmo a un accordo.
Perché ha capito che io, nell'interesse della Verità e della giustizia, sono
semplicemente o b b l i g a t o a descrivere, in poche parole, come in una fiaba, il terzo e,
probabilmente, il più significativo dei suoi tentativi di studiare ancora meglio, di capire e di
amare ancora di più, se possibile, la cara terra sovietica.
Cosa che sto facendo. Deideologizzato dalla perestrojka, incattivito dalla libertà data
sul territorio dell'URSS agli imperialisti, pensando se non fosse forse il caso di iscriversi alla
società “Pamjat'”41 o al partito anarco-sindacalista, il filosofo andò verso la rossa parete del
Cremlino dal lato dell'Aleksandrovskij Sad e si alzò sulle punte dei piedi.
Ma sono imponenti le mura rosse del Cremlino e quest'atto di “alzarsi sulle punte dei
piedi”, un atto a priori insensato, nel peggior stile “dostoevskiano”, fu la solita pietra
miliare del filosofo nel suo viaggio nella Geenna del nichilismo, dell'estremismo e della
miscredenza.
Ed egli, allora, ridendo sotto i baffi e borbottando tra sé parolacce russe, si incollò ad
un buchetto che stava nelle rosse mura del Cremlino dal lato dell'Aleksandrovskij Sad e si
mise ad osservare avidamente ciò che accade ora nel Cremlino, chi vincerà: El'cin?
Ligačev? Gorbačev? Ma lotteranno davvero? O forse, al contrario, sono cuciti a filo doppio?
44
E... trasalì improvvisamente perché sulla sua spalla si era posata una mano pesante, solida,
forte, ma allo stesso tempo buona. Il filosofo trasalì e fece persino un peto sommesso,
credendo che quella volta sarebbe proprio arrivata la fine definitiva: violazione dei diritti,
istituto correttivo di lavoro nella RSSA della Mordovia, e la moglie si sarebbe trovata un
altro...
E sentì all'improvviso una Voce, il filosofo, un uomo che per poco non era stato
assorbito dalla fredda voragine della miscredenza, dell'entropia e dell'erosione! La Voce che
gli sembrava di conoscere fin dall'infanzia:
-Non agitatevi e non scorreggiate, compagni! Noi, comunisti, ora crediamo a tutta la
nostra gente sovietica. I tempi cupi di Stalin, Berija, del volontarismo e del brežnevismo
sono svaniti nel passato per non fare più ritorno! Popolo sovietico, voi che vi siete liberati
dal totalitarismo, ora guardate al futuro con fiducia! Voltatevi, compagno, e noi discuteremo
con Voi tutti i Vostri problemi per uno studio migliore della cara terra sovietica con lo scopo
di una comprensione migliore di essa e un amore più forte verso di lei, se possibile!
Il filosofo, completamente sbiancato per il terrore, aveva paura di mostrarsi, ma poi
si decise comunque e lo fece.
E il suo voltò si illuminò di un bagliore sereno e ultraterreno. Lo so, l'ho letto:
sembra che una fine del genere per un racconto si chiami “finale aperto”.
Lei è ubriaca, spudorata, sgualcita.
Nel sonno sta borbottando: “Un uomo!”
Ha il viso santo come un bambino.
L'anima malinconica e lieve.
Caro amico!
Per qualche motivo ho deciso di scriverti una lettera. Per qualche motivo non è così
facile da comporre, come prima, negli anni della stagnazione, quando il paese rotolava giù
per un piano inclinato, spalmato con sapone ideologico. Qual è il MOTIVO che costringe in
generale a scrivere qualcosa?.. Siamo già al quinto anno di perestrojka e tutto, nel paese, è
cambiato completamente, ad eccezione della vecchia malinconia che attanaglia il cuore...
Leggo pure le riviste “Novyj mir”, “Naš sovremmenik” o ascolto i discorsi di V. Rasputin42,
Ju. Afanas'ev43, Sobčak, El'cin, Ligačev, Gorbačev, ma qualcosa rode, rode, e io ho paura
45
che non sarò più capace di vivere in questa nuova società che tutti promettono di costruire...
Avvelenato dagli annosi miasmi dell'ideologia, irreversibilmente compromesso nel mio
debole organismo di uno che, storto o morto, è pur sempre un artista.
Ecco un esempio nuovo: ecco, adesso, non si sa a che pro ho scritto questo “poema e
racconti sui comunisti”, d'altra parte me ne importa veramente qualcosa dell'argomento
trattato? Questi racconti non mi aggiungono o tolgono fama, ma suppongo che, per questa
volta, non procureranno nemmeno fastidi alla casa governativa, che si trova in piazza
Dzeržinskij. Non sono q u e i t e m p i, dicono i comunisti, ed io sono abituato a credere
loro, qualsiasi assurdità inventino. Credere nel senso di un certo salvacondotto in un
indeterminato intervallo di tempo, che può finire in qualunque momento, e forse è già finito,
solo che io e te non lo sappiamo, anche se dovremmo... Scrivo “racconti”, ma penso ad altro,
e precisamente: che cosa mi è successo dalla quarantina alla cinquantina, che io ora sono
vecchio, grigio e calvo, che la mia memoria si indebolisce ogni giorno di più e già mi
ricordo a stento il gusto del porto moldavo “Lidija” che io e te amavamo bere durante
l'infanzia.
E io sono un filosofo, ed io vivo in una dacia statale ed ho una tenera, affettuosa
moglie, dei figli, e sono oberato dal mio amato lavoro, e sono stato in Cecoslovacchia, in
Finlandia, in Germania, in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Italia, in Polonia, negli
USA, ma da dove viene questa malinconia che attanaglia il cuore, in particolare adesso, in
una sera d'estate, quando l'astro si è spento ed è buio fuori dalla finestra, solo i meli
biancheggiano sul nero e sordamente borbotta oltre la parete il televisore di qualcun altro.
Stare steso sul letto, tenendo in mano l'ultimo numero di una rivista progressista, di
un giornale, ascoltare “Voice of America”, “BBC”, “Deutsche Welle”, radio “Svoboda” come
lì valutano le prospettive della perestrojka, cosa ha scritto di nuovo Jurij Kublanovskij,
quando torneranno Aksenov, Brodskij, Solženicyn44? Assopirsi. Sognare... uno spazio
aperto, nessuna ideologia deformante, erba color smeraldo, una fontana con un bambino che
fa pipì – a dire il vero tutto questo nella realtà c'è, e non bisogna essere pigri, ma
semplicemente staccare il sedere dalla poltrona e andare da qualche parte, non lontano, là
dove tutto questo c'è nella realtà e non in sogno. Oppure, rimboccandosi le maniche,
mettersi all'opera per tutto il mondo e costruire tutto questo per tutti?
O bere il tè con la marmellata di lamponi, guardare in televisione quello che prima
non si poteva guardare da nessuna parte.
46
Libertà?
Infine, è possibile “svignarsela” da qualche parte...Uh, che pessima parola! Oh, la
nostra terra devastata!
Allora da dove viene questa malinconia?
R i s p o n d o: forse, è colpa dei comunisti.
O forse, probabilmente, non è colpa loro. Dio lo sa45...
Il viso... santo come un bambino...
L'anima malinconica, lieve...
47
Evgenij Popov
Ristorante “Berezka”[EDIZIONE DEL 2009]
Gli uomini sono rimasti uomini
Appello ai lettori
Cari lettori, i primi due tomi dell'inseparabile terzetto dei miei libri “AST”
consistevano in brevi racconti sulla baldanzosa e amara, uggiosa e allegra, disgustosa e
magnifica vita nel nostro precedente e misterioso governo-regno, che è andato a farsi
friggere nel 1991. E in questo tomo sono raccolte le mie strane opere di questo strano
tempo, quando tutto l'enorme Paese era assetato di cambiamento e non credeva in essi,
supponendo che domani sarà lo stesso di ieri. Che “il regno di Lenin non avrà fine”, come
enunciò il gobbo suicida in uno dei racconti antisovietici di Ivan Bunin, e noi eternamente
incederemo sotto la bandiera rossa non si sa verso quale meta. Lo stile confuso di questi testi
voluminosi, i timidi tentativi dell'autore e dei suoi personaggi di dare un'occhiata al futuro
ora possono apparire ridicoli e ingenui, ma io non trarrei conclusioni affrettate.
Certo, certo: una nuova vita è definitivamente entrata nelle nostre rive scoscese, tutto
da noi è come se fosse diverso, però il “collegamento tra le epoche” ancora non si è
disintegrato definitivamente e irreversibilmente, come è accaduto al principe Amleto. Il sole
sorge e tramonta come prima. Il Volga sfocia ancora nel Mar Caspio XVI. Gli uomini sono
rimasti gli uomini di prima: i giusti sono rimasti giusti, gli sciocchi sono rimasti sciocchi, i
mascalzoni sono rimasti mascalzoni, gli onesti sono rimasti onesti. Cuore/amore è ancora
assolutamente la rima più attuale.
E tuttavia è chiaro che le frasi isolate, le allusioni, le allegorie degli anni precedenti
ora richiedono chiarimenti e annotazioni. E' cresciuta una nuova generazione di lettori, per i
quali la parola “merchandizer” è più comprensibile di “partorg”, e “teambuilding” è più
familiare del processo di resa del recipiente vuoto del vino con lo scopo di bere di nuovo per
smaltire la sbornia. Inaccessibili, per i “russi europei”, determinate parole di “russo
siberiano”, con le quali si esprimono a volte i miei personaggi.
Oltre a ciò, vi lascio entrare di nuovo nella mia cucina da scrittore, portandovi, con i
miei commenti, esempi concreti di come prenda forma un'appetitosa (o meno) brodaglia di
prosa letteraria. Svelo gli pseudonimi, illumino i “luoghi oscuri”, faccio i nomi delle persone
reali che hanno ispirato i miei personaggi inventati, ricordo gli amici scomparsi, a cui sono
dedicati tutti e tre i tomi.
XVI Volga vpadaet v Kaspijskoe more (Il Volga sfocia nel Mar Caspio, 1930): romanzo di B. A. Pil'njak (1894-1938).
48
La vita va avanti e passa, gli abitanti di questo enorme Paese sono assolutamente
misteriosi, enigmatici, scaltri. All'epoca facevano finta di credere nel comunismo, ora fanno
finta di costruire il capitalismo. Non conosco la risposta precisa alla domanda se ciò sia bene
o male, poiché è questo il segreto che io tento di svelare in tutti i miei libri, incluso quello
che voi avete in mano. Al prossimo incontro. Buona lettura. E che Dio vi protegga tutti.
Il vostro Evgenij Popov 2009
49
Poema e racconti sui comunisti [parte iniziale dell'edizione del 2009]
Dedicato al solito anniversario della Grande Rivoluzione socialista (colpo di Stato)
d'Ottobre, che era avvenuta (era avvenuto) il 7 novembre (25 ottobre) 1917.
Oh, quanto tempo è passato.
A. Vertinskij
Un fantasma si aggira per l'Europa...
K. Marx e F. Engels
Un onesto comunista combatteva tutto il tempo contro il potere per un comunismo
giusto, per cui in pratica stava costantemente nella fortezza carceraria, nonostante la prima
volta lo rinchiusero solo quando disse che la nuova politica economica (NEP) sarebbe
dovuta continuare in eterno. In seguito sarebbe stato contrario anche alle altre misure del
partito e del governo. In particolare. Perché mai smentiva la nobiltà dello scopo finale che ci
si era preposti: un comunismo giusto, cortei di tutto il popolo, formato da singoli comunisti,
verso le splendenti vette, dove a tutti noi sarà dato di assaporare sia la vita paradisiaca, sia la
beatitudine eterna. “Come il mare dalla spuma bianca con le proprie onde, così si realizzerà
ora la vita come si deve, ora e per sempre: oggi, sempre e per tutti i secoli!” - pensava il
comunista, credendo in tutte le cose buone sui tavolacci gelidi o schiacciandosi sotto il peso
del lavoro disumano, organizzato dai comunisti tramite il sistema di istituti della Direzione
Principale dei campi di lavoro forzato (GULAG). Egli era contrario alla cosiddetta
dekulakizzazione e alla forzata adesione dei contadini sopravvissuti e dei sottoproletari a
strane organizzazioni, che avevano preso il nome di aziende collettive e sovietiche
(KOLCHOZ, SOVCHOZ), non vedendo in esse proprio niente di collettivo né di sovietico,
ma preannunciando solo un'unica futura fame, un totale impoverimento, l'acquisto del grano
in Canada, cinismo, cannibalismo, spazzando via l'humus vitale della zona di terre non nere.
Provava orrore, essendo
venuto a sapere delle stragi dei propri quadri, scatenate dai
comunisti negli anni '30, comprendendo che in caso di una inevitabile guerra con gli
imperialisti, queste azioni delittuose avrebbero portato il Paese sull'orlo dell'occupazione e
della sua completa sparizione come Stato. Egli salutava calorosamente l'edificazione del
dopoguerra e la lotta al disfattismo, ma, rimesso in libertà nel breve tempo tra il XX e XXIII
Congresso del PCUS, immediatamente espresse delle critiche su molte, quasi tutte le cose
50
organizzate e realizzate dai comunisti in questo discontinuo intervallo di tempo: le
vessazioni di Zoščenko e della Achmatova, le diffamazioni in nome della lotta alle persone
cosmopolite, che desideravano per la nostra società più apertura (come i decabristi
arrivarono a Parigi, anche i nostri attraversarono tutta l'Europa, vedendola sì devastata, ma
con i propri occhi), un approccio volontaristico ai problemi dell'agricoltura (l'universale
diffusione a tappeto del granturco fino al Circolo Polare, il frettoloso dissodamento delle
terre vergini senza tener conto delle future tempeste “nere” e dei venti secchi e caldi), la
creazione di bombe atomiche e all'idrogeno (qui egli in seguito riconobbe il proprio errore,
legato a delle conclusioni affrettate e ad informazioni incomplete, lo scienziato Sacharov
non ha proprio nulla di cui vergognarsi). L'onesto comunista esortò ad una costruzione più
ragionevole delle centrali idroelettriche poiché verranno allagati spazi enormi, ma davvero
invece della nostra terra natía sovietica, abbiamo bisogno di acqua ed elettricità? Egli
prevedeva una futura catastrofe ecologica, suonava a martello: a che scopo tante imprese
industriali di gruppo “A”, davvero in questo c'è preoccupazione per l'uomo, la base della
costruzione di un comunismo giusto, se il popolo sovietico respirerà smog, se l'Aral si
prosciugherà e le tempeste di sale uccideranno gli operai? L'accettazione precipitosa dei
prodotti chimici, la bonificazione, che hanno portato a risultati opposti, i dispendiosi
programmi spaziali... Trovandosi di nuovo nella fortezza carceraria, egli condannò
duramente l'invio dell'esercito in Cecoslovacchia, ritenendo che i comunisti fossero capaci
anche qui di risolvere i problemi dei loro fratelli senza violenza, carri armati e conseguente
sfiducia nel comunismo giusto. Cosa dire allora! Noi siamo tutti cittadini del nostro Paese,
inclusi quelli a cui la cittadinanza è stata ritirata. E il cuore del vecchio comunista
semplicemente prese a sanguinare, quando egli sentì, mentre cuciva a macchina le maniche
alla giubba imbottita, varie tristi notizie: una turpe guerra in Afghanistan, la corruzione e la
decadenza dei comunisti semplici e altolocati, il riflusso della forza-lavoro in città, dove si
dà all'alcool in condizioni limite, il crollo della moralità, l'insensata deviazione dei fiumi
russi del nord non si sa dove e, infine, Černobyl su cui allora si concentrò tutto ciò che
turbava il suo cuore, e si concentrò in quelle misteriose forme di terrore, che non potevano,
allora, essere affatto comprese dalla mentalità di Karl Marx, Friedrich Engels e Vladimir
Ul'janov – Lenin, ma potevano essere congeniali solo alle visioni di Dante Alighieri,
Hieronymus Bosch, Franz Kafka e Salvador Dalì.
L'onesto comunista sapeva tutto ciò, ma credeva comunque fortemente in un radioso
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avvenire, comprendendo che esso si realizzerà comunque, nonostante tutto, come se
qualcuno non avesse detto qualcosa contro: qualcosa di antisovietico e di anticomunista.
Dopotutto troppe forze, anime, valori materiali e morali sono andati sprecati, troppe persone
coinvolte in questo, praticamente, tutto il mondo, possibile che sia stato davvero invano?
Eppure immediatamente violano le leggi dell'esistenza della vita e delle sue sostanze
albuminose sulla Terra46. E questo equilibrio viene violato, quando una quantità di dolore si
trasforma in un valore opposto, e l'altalena sale su prima di una nuova caduta!..
La perestrojka gli aveva dato forza, quando riacquistò la libertà oltre il cancello della
vedetta di un istituto di lavoro correttivo situato sul territorio della RSSA della Mordovia.
Era estate. Festosamente ronzavano i calabroni, le vespe, le mele stramazzavano sordamente
sull'erba degli appezzamenti appartenenti al personale di servizio in questo istituto. Stava
aprendo un negozietto di paese fatto di legno, dove vendevano grasso misto47, miglio e
razioni di zucchero. Una strada secca e argillosa portava da qualche parte, ed un vecchio
camminava su questa strada, rallegrandosi del calore, dell'aria fresca e del fatto che due
volte l'avevano sorpassato, sollevando nuvole di polvere, potenti autocarri, che
trasportavano tavole, ardesia, cemento. L'URSS è di nuovo in costruzione! 48 Il cuore del
vecchio si rallegrava e doleva nel dolce e terribile presentimento del futuro. Ecco che non
erano più lontane queste splendenti vette, dove a tutti sarà dato di assaporare sia la vita
paradisiaca, sia la beatitudine eterna. Come nel mare dalla spuma bianca, egli avanzava e,
tastando con attenzione il fondo, camminava lontano, sempre più lontano. ...La bassa marea
all'improvviso lo circondò, ed egli di colpo si guardò intorno febbrilmente, come pervaso da
una gigantesca scarica di corrente elettrica proveniente da tutte le centrali situate sulla terra
sovietica (idroelettrica, elettrica regionale, nucleare).
Egli si guardava intorno. La bassa marea lo circondava. Dovunque, come onde gelate,
emergevano le teste degli altri comunisti, i cui occhi aperti lo guardavano speranzosi. Lo
irritò l'espressione di quegli occhi. La bassa marea lo circondava. Il tagliente splendore delle
splendenti vette tagliava gli occhi, ed era difficile distinguere nell'atmosfera i volti di Marx,
Engels, Lenin, Stalin, Chruščev, Brežnev, Andropov, Černenko, Gorbačev, El'cin. La bassa
marea lo circondava...
Egli estrasse dalla tasca degli ampi calzoni di tela il revolver personale, un tempo
regalatogli dai comunisti senza riserve, controllò la presenza di cartucce nel tamburo e riuscì
a spararsi prima che corresse verso di lui il medico carcerario, chiamato al telefono dal
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sottufficiale delle truppe di scorta del Ministero degli Affari Interni, che si stava annoiando
sulla vedetta
dell'istituto di lavoro correttivo situato sul territorio della RSSA della
Mordovia a venti kilometri dalla ferrovia. Si sparò prima che corresse verso di lui il medico
carcerario. Si sparò in testa, dopodiché riuscì a scaricare tutto il caricatore sapete da soli su
chi...49
“Trak-tak-tak” - sentì gli sparì, chinandosi sul suo corpo esanime, il medico carcerario
che non per sua volontà, dopo l'università, era andato a lavorare nell'ambito del Ministero
degli Affari Interni e al quale sembrò che non fossero affatto spari, ma le conseguenze della
sua sbornia selvaggia del giorno prima con compagni e donnacce. [...]
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Note dell'autore
Questa strana opera, non si capisce di quale genere e contenuto, fu pubblicata nel
numero di marzo della rivista “Znamja” del 1991, qualche mese prima del fallito putsch
comunista, dopodiché quelli del PCUS li presero e li processarono come fascisti per
crimini contro la popolazione civile, ma da questo non si è cavato un bel niente,
accompagnato dall’angustia dell’anima e incomprensioni. Ahimé, le conseguenze di tutto
questo si percepiscono fino ad ora, altrimenti a nessuno sarebbe passato per la testa oggi di
definire il tiranno Stalin “un manager di successo”.
1. Chi saranno mai questi comunisti, dove vanno, da dove sono arrivati sulla
nostra terra, perché, a che scopo?..
Ahimé, anche questo neppure io lo so, nonostante onestamente ho tentato di capirlo.
Un certo criticone letterario della nuova generazione ha notato, allora, che Popov, dice,
invece dell’utile e gradevole postmodernismo, lotta con i comunisti, come quel membro di
un’organizzazione clandestina che ancora si getta sotto il pendio del treno senza sapere che
la guerra è finita da tempo. “Cretino! – mi affliggevo io- Nella vita io non ho lottato proprio
con nessuno, non è la mia professione. Puškin lo hai letto, capra (testa di rapa)?
Nonnesco balbettare della parca,
Palpito della notte addormentata,
Fuga topigna della vita...
Perché mi turbi tu?
Che significhi, noioso borbottio?
Rimbrotto o protesta
Del giorno da perso?
Da me che cosa vuoi?
Chiami o predici?
Io ti voglio intendere,
Cerco un senso in te...
2. Noi dobbiamo credere nella nostra gente – E come non crederci? Chi lo
impediva? Forse, avremmo continuato a credere ancora cento anni, il nostro popolo è
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pacifico, è violento solo nell'ubriachezza.
3. Chi vi impediva di affibbiarci un colpo sul muso quando eravamo ancora sulla
soglia della bisca,eh? – Chi lo impediva, cfr. Aleksandr Solženicyn, “La ruota rossa”.
4. La coppia Merežkovskij. – Lo scrittore Dmitrij Merežkovskij (1865–1941) e sua
moglie, la poetessa Zinaida Gippius (1869–1945) emigrarono nel 1919.
5. Si lavava i denti con gesso tritato – Allora il dentifricio era una rarità.
6. In modo calunnioso deformavano la realtà, facevano a pezzi l'ideologia del
partito, cancellavano con un colpo di spugna gli ideali – Ad esempio, bruciarono
pubblicamente davanti alle telecamere le proprie tessere del partito, perché aveva capito, con
gioia, che adesso non ci sarebbero state conseguenze per questo.
7. La causa che egli celebrava e alla quale era devoto, a quanto pare vivrà
comunque per sempre e in eterno e su questo nessuno deve avere alcun dubbio – Infatti
proprio di questo nessuno dubita.
8. Pace alle tue ceneri, ragazzo! – Da questa frase umana consegue ciò che anche
senza spiegazioni deve essere comprensibile ai lettore: io non sono affatto anticomunista né
antisovietico. Sono semplicemente NON-sovietico, NON-comunista come pure la
maggioranza dei miei concittadini. Io mi occupo SOLO DI LETTERATURA, non ho mai
desiderato scrivere volantini e nemmeno discutere della “migliore organizzazione”. Perché
una cosa del genere, anche dal mio punto di vista odierno, non esiste.
9. Si chiamava R. S. – L'ispiratore è il poeta Roman Solncev (1938-2007)
10. Per rinnovare tutto e allora sì che la patria fiorirà definitivamente – Ed io
credo che egli segretamente ci credesse.
55
11. Milioni di occhi lo perforavano – Il numero dei membri del PCUS nel 1986 era
19 milioni di persone, che costituisce circa il 10% della popolazione adulta del Paese.
12. Ed'ka, conosciuto da tutti come la peste del palazzo – L'ho scritto per prendere
in giro infelicemente il mio migliore amico, lo scrittore Eduard Rusakov (n. 1942).
13. Ecco che dalla mia macchina da scrivere è volata via una tarma. Qualcosa
significherà – Significa solo che le macchine da scrivere non ci sono più. Sono state
divorate dai computer, come una tarma da un panno.
14. Non con la via della sostituzione furtiva o con l'appropriazione delle funzioni
amministrative ed economiche, ma attraverso persone che la pensano allo stesso modo,
siano essi comunisti o apartitici. E non con la via delle coercizioni, ma con metodi
democratici! Bisogna andare verso il popolo, spiegare alla gente la situazione che si è
venuta a creare, in modo che uno qualsiasi non possa approfittarsi delle nostre
debolezze, come è accaduto in altre regioni del nostro Paese – E' una citazione autentica
di un certo giornale “della perestrojka” comunista, con questo linguaggio allora scrivevano
articoli “sollevatori degli animi”.
15. La serie televisiva italiana “La piovra”, che parla della lotta dei commissari
italiani contro la mafia italiana – Fino al nostro “caos” ne è rimasta proprio poca.
16. Il commissario CataniaXVII– Eroe positivo del film “La piovra”.
17. Lenin, Trockij, il fuoco, dai! Per quattro giorni non fumai – E' un autentico
proverbio che ho sentito in Siberia da mia zia.
18. Erano dodici persone – Come nell'omonimo poema Aleksandr Blok (1880–
1921).
19. Di tutto sono colpevoli i comunisti... – Beh, in questo casino locale ormai
XVII
Il cognome del commissario protagonista della serie televisiva è, in realtà, Cattani.
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nessuno era colpevole. Anche se...prendendola alla larga...
20. Se non hai la tessera per lo zucchero – Peccato che molti abbiano dimenticato di
come, ai tempi dell'inizio della fine della “perestrojka” furono introdotte le tessere per gli
alimenti.
21. E tutti i soldi dell'assicurazione a chi andarono? Ai comunisti, ovvio, a chi
sennò? – Dicono che a condurre questa brillante operazione finanziaria Savva fu aiutato dal
rivoluzionario Leonid Krasin (1870–1926), in seguito un pezzo grosso del governo
Sovietico.
22. Avremmo bevuto e mangiato non il 7 novembre, ma il 3, il 5 dello stesso mese
– Cioè praticamente saremmo capitati in una nuova, moderna festa: il Giorno dell'unità del
popolo.
23. “Vezzo” (in russo: Oživljaž) – Termine del critico Sergej Čuprinin. Adesso è in
disuso perché tutto sommato è scherzoso.
24. Sporca composizione [...]; elementi di pornografia, cinismo, – Stile di un
verbale del GB.
25. Anch'egli Aleksandr e anch'egli comunista – Ho dimenticato chi era l'ispiratore
di questi due Aleksandr comunisti.
26. V. Rozanov, N. Berdjaev, padre P. Florenskij e padre A. T. Tvardovskij –
Il filosofo Vasilij Rozanov (1856–1919) morì di fame; il filosofo Nikolaj Berdjaev
(1874–1948) fu esiliato dalla Russia Sovietica; il sacerdote p. Pavel Florenskij (1882–1937)
fucilato; il padre del poeta sovietico Aleksandr Tvardovskij (1910–1971) dekulakizzato e
deportato.
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27. Il compagno Kuznecov fu ricordato con un lungo discorso da ubriachi, e i
compagni G. Markov, Ju. Bondarev, S. Michalkov – Feliks Kuznecov (n. 1931) – il
principale autore dei pogrom nei confronti dell'almanacco “Metropol'”, allora führer degli
scrittori sovietici moscoviti, oggi membro e corrispondente dell'accademia russa delle
scienze; Georgij Markov (1911–1991) – l'ultimo Primo segretario dell'Unione degli scrittori
dell'URSS; Jurij Bondarev (n. 1924) – prosatore; Sergej Michalkov (n. 1913) – beh, lui lo
conoscono tutti perché è l'autore del testo dei due inni, dell'Unione Sovietica e l'inno della
Federazione Russa, al cui suono ora bisogna di nuovo alzarsi in piedi.
28. Nell'ambito del programma “Vzgljad” della Televisione Centrale dell'URSS...
– Popolare trasmissione “della perestrojka”.
29. Egor Kuz'mič Ligačev (р. 1920) – Membro del Politbjuro del Comitato Centrale
del PCUS, iniziatore di quell'idiozia di campagna antialcol del 1985.
30. Zvirgzyn' – Anch'egli un certo comunista, ma lettone.
31. Per la sbronza cronica nel corso di decine di anni alla fine mi si è indebolita la
memoria, mi tremano le mani – In effetti non tremano così tanto, anche se dal momento di
scrittura di questo testo sono passati quasi 18 anni.
32. Stivalacci (in russo: prachorja) – Pure stivali, ma nel gergo dei lager. Cfr. Iosif
Brodskij: “In morte del maresciallo Žukov” (“Maresciallo! Assorbirà l'avido Lete / queste
parole ed i tuoi stivali”.)
33. Che quella era una zona dove avvenivano le fucilazioni – Si intende il
tristemente noto poligono Butovskij, dove il “manager di successo” Stalin solo nel periodo
dall'8.8.1937 al 19.10.1938 giustiziò, secondo i documenti, 20765 persone di differente
nazionalità, età, religione e professione.
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34. Ceauşescu Nikolae (1918–1989): dittatore comunista della Romania. Lo
fucilarono dopo la rivoluzione anticomunista.
35. Husak Gustav (1913–1991): leader comunista della Cecoslovacchia dopo il 1968.
Dopo la “rivoluzione di velluto” del 1989 diede le dimissioni.
36. Živkov Todor (1911–1998): segretario generale del partito comunista bulgaro. Nel
1990 fu richiamato per responsabilità penali, scontò la pena con gli arresti domiciliari fino al
1996.
37. McCarthy Josef (1908–1957): senatore americano, estremo anticomunista,
affermava che i comunisti si erano infiltrati in tutte le sfere del potere americano.
38. Charlie Chaplin (1889–1974): grande attore, che per caso “capitò sotto la
distribuzione” ai tempi della lotta del governo degli USA contro “attività antiamericana”.
39. Paul Robeson (1898–1976): unico basso baritono, grande amico dell'URSS,
insignito del Premio Stalin.
40. Angela Davis (n. 1944): comunista americana, attivista per i diritti dei neri. La
amavano molto i precedenti capi di Stato, mentre le persone semplici sovietiche
raccontavano barzellette su di lei. Vorrei sapere, è soddisfatta adesso che Barack Obama è
stato eletto presidente degli USA?
41. Società “Pamjat'” – Organizzazione russa nazional-patriottica di estrema destra,
sorta sull'onda della “perestrojka”, agisce contro i “sionisti” e i “massoni”.
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42. Rasputin Valentin (n. 1937): scrittore e patriota, Eroe del Lavoro Socialista
(1987), due volte insignito del premio statale dell'URSS (1977, 1987), portatore di due
onorificenze di Lenin (1984, 1987), della bandiera rossa del lavoro (1981), Segno di stima
(1971).
43. Afanas'ev Jurij (n. 1934): politico e storico, a quei tempi co-presidente del partito
“Russia democratica”.
44. Quando torneranno Aksenov, Brodskij, Solženicyn? – Sono tornati. Aksenov e
Solženicyn fisicamente, Brodskij con i versi.
45. Allora da dove viene questa malinconia?
R i s p o n d o: forse, è colpa dei comunisti.
O forse, probabilmente, non è colpa loro. Dio lo sa...– Beh, Dio lo sa, sta a lui
decidere. Non a me né a noi.
46. Violano le leggi dell'esistenza della vita e delle sue sostanze albuminose sulla
Terra – Qui Evgenij An., con grande stupore dell'autore, si rifà al fondatore della scienza
comunista Friedrich Engels (1820–1895), il quale, nel suo “Anti-Dühring”, fece questa
deduzione scientifica: “La vita è il modo di esistenza delle sostanze albuminose, e questo
modo di esistenza consiste essenzialmente nel costante autorinnovarsi dei componenti
chimici di queste sostanze.”
47. Grasso misto (in russo: Kombižir) – Schifosa massa puzzolente di un colore
verdastro, venduta nei poveri negozi sovietici di provincia al posto del burro o persino della
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margarina.
48. L'URSS è di nuovo in costruzione! – URSS in costruzione - così si chiamava
una rivista illustrata, pubblicata negli anni ’30 sotto l’egida di M. Gor’kij. In seguito questa
pubblicazione di propaganda si chiamò semplicemente “Unione Sovietica”.
49. Riuscì a scaricare tutto il caricatore sapete da soli su chi... - Lo sapete? Io
invece fino ad ora ancora non lo so.
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PROBLEMI DI TRADUZIONE
I verbi
In Restoran Berezka (Ristorante “Berezka”), i fatti sono narrati al passato.
Mentre in italiano abbiamo il passato prossimo, l'imperfetto, il passato remoto e i due
trapassati, in russo il tempo passato è uno solo.
I verbi russi si dividono in imperfettivi (che indicano un'azione non compiuta,
un'azione che dura nel tempo o un'azione che si ripete) e perfettivi (che indicano
un'azione compiuta, che ha prodotto un risultato, un'azione momentanea o avvenuta
una sola volta).
Lo schema che segue ed alcuni esempi sono tratti dall’articolo di Claudia Lasorsa
“Contesti aspettuali-temporali in russo e in italiano (Modo indicativo, tempo
passato)”XVIII
Il passato imperfettivo.
−
Valore imperfettivo della forma di aspetto imperfettivo
(esprime un'azione singola, concreta, completamente lontana dal presente).
a. Indica un'azione nel corso del suo svolgimento:
-con le parole dolgo, medlenno, viene tradotto con il trapassato prossimo o remoto se
l'azione è anteriore alla situazione descritta, sempre con un verbo di aspetto
imperfettivo, nella frase dipendente.
Но очень долго не давали [imperf.] никакого приплода, тогда как кругом уже
вовсю буйствовали отдельные яблоневые сорта
p. 35 Ma per molto tempo non avevano dato alcun frutto, mentre già dappertutto
imperversavano a tutta forza diverse varietà di mele
XVIII
C. LASORSA, Contesti aspettuali-temporali in russo e in italiano (Modo indicativo, tempo passato) in “Studi
italiani di linguistica teorica ed applicata”, 1980, n.3, pp. 437-479.
62
-se si trova in un periodo descrittivo e serve per creare uno “sfondo”, è tradotto con
l'imperfetto.
И вот однажды один неизвестный коммунист шел [imperf.] ранним
туманным утром с партийного собрания через рощу к себе домой
p. 28 Ed ecco che, una volta, un comunista ignoto stava tornando da una
riunione di partito di buon'ora in una mattinata nebbiosa. Camminava attraverso il
boschetto, per arrivare a casa
(“Camminava” è stato scelto per rendere l'idea di “andare a piedi”; in russo questa
idea è compresa nel verbo idti)
-con le parole kogda, poka... viene tradotto con l'imperfetto (di solito si trova insieme
ad un perfettivo indicante l'azione “in primo piano” che avviene sullo “sfondo”
dell'azione indicata dall'imperfettivo)
Вот какую сказку рассказал [perf.] мне один коммунист, когда мы с ним ловили
[imperf.] на удочку ершей в канале Москва – Волга
p. 14 Ecco la favola che mi raccontò un certo comunista, quando pescavamo insieme
le acerine nel canale Mosca – Volga.
b) Può indicare un'azione senza rilevare il processo del suo svolgimento. L'azione può
avvenire contemporaneamente ad altre azioni (funzione “descrittivo-rappresentativa”).
Viene tradotto con l'imperfetto.
Там вершилась [imperf.] жизнь; под землей росла [imperf.] морковка, на
поверхности – укропчик, лучок,
салатик, чьи-то дети играли [imperf.] в
чижика и лапту, чей-то тенор упрямо выводил [imperf.] “Боже, царя храни”
p. 11 Lì si svolgeva la vita; sotto terra crescevano le carote, in superficie, l'aneto,
la cipolla, l'insalata, i figli di qualcuno giocavano a nascondino e mosca cieca, la
voce da tenore di qualcuno caparbiamente enunciava “Signore, proteggi lo zar”
63
c) Può indicare un'azione costante, ininterrotta e viene tradotto con l'imperfetto.
Tам проходила [imperf.] автострада
p.11 Lì passava l'autostrada
Valore imperfettivo della forma di aspetto imperfettivo
(esprime un'azione ripetuta, abituale, completamente lontana dal presente)
−
con parole di significato iterativo (ogni giorno, di sera...), viene tradotto con
l'imperfetto.
По утрам он делал [imperf.] гимнастику, чистил [imperf.] зубы толченым
мелом, ходил [imperf.] в школу, играл [imperf.] в спортивные игры
p. 20 Di mattina faceva ginnastica, si lavava i denti con gesso tritato, andava a
scuola, praticava gli sport,
−
con le locuzioni “non appena”, “dopo che”
(indicando un'abitudine, una
ripetizione), viene tradotto con l'imperfetto.
Как только оживала [imperf.] великая река Е. и льдины с хрустом, ревом
вздымались скрежещущие, весь город К. стремился [imperf.] на берег в
восторге, что еще одна зима кончилась.
Non appena il grande fiume E. tornava a vivere e i blocchi di ghiaccio, con uno
scricchiolio, con un rombo, si sollevavano digrignando, tutta la città di K. si dirigeva
sulla riva in visibilio, perché ancora un altro inverno era finito.
b) Può indicare un'azione abituale, che indica anche una qualità (valore descrittivoqualificativo); caratterizza il soggetto nel passato. Viene tradotto con l'imperfetto.
64
Пионер относился [imperf.] к своему делу весьма ответственно.
p. 20 Il pioniere compieva il suo dovere in modo assai responsabile.
c) Può indicare un'azione che si ripete un numero illimitato di volte con la
sfumatura di capacità, abilità (per es: Она хорошо пела = Ella cantava bene –
cioè era una buona cantante)
3) Valore aoristico della forma imperfettiva.
Esprime l'azione come un fatto generalizzato, senza riferimento alla sua
durata. (Funzione di “constatazione”. Valore “fattuale-generico”). È tradotto
con il pass. prossimo.
- Ты, сынок, зря пренебрегал [imperf.] в процессе получения высшего образования
«Историей КПСС»
p. 36 - Tu, figliolo, hai trascurato inutilmente, durante il processo di acquisizione
dell'istruzione superiore, la “Storia del PCUS”
4) Valore perfettivo della forma imperfettiva (raro). Non esprime l'azione, ma
la condizione del soggetto al momento del discorso. È tradotto con
l'imperfetto. (per es. Oн много знал = Egli sapeva tante cose – cioè era
informato su tante cose)
Il passato perfettivo.
1. Valore perfettivo della forma perfettiva.
Esprime un'azione singola, concreta.
a) Perfetto risultativo – indica il risultato dell'azione; è usato spesso in articoli e
relazioni (per es: Я сказал = Ho detto; Я отметил = Ho rilevato). È tradotto con il
passato prossimo di verbi transitivi (ausiliare “avere”)
65
b) Perfetto qualificativo, indica lo stato instaurato come effetto di un'azione
precedentemente compiuta (funz. descrittivo-qualificativa).
- con verbi correlativi degli aggettivi, viene tradotto con il passato o trapassato
prossimo di verbi transitivi (ausil. “essere”)
Напился [perf.], будто клоп постельный!
p. 26 Si è ubriacato come una cimice dei letti!
−
con verbi intransitivi, quando esprimono lo stato di oggetti inanimati. Il valore di
un perfetto risultativo e qualificativo del perfettivo, in italiano viene spesso reso
col perfetto logico, a volte con il presente, a volte con il participio passato con
funzione predicativa, a volte con il semplice aggettivo con funzione predicativa:
Пруд зацвел [perf.]. Весь он был затянут отвратительной желто-зеленой
p. 27 Lo stagno era verde. Era tutto ricoperto da un orribile strato verde-giallognolo
c) Perfetto possessivo. L'azione si riferisce a un soggetto animato; di solito si forma
con verbi intransitivi o transitivi usati in senso assoluto. Tradotto con il pass. prossimo
di un verbo transitivo (ausil. “avere”). Per es. Дядечка купил, я в этом уверена = Lo
zio l'ha comperata [è lui la persona che ha fatto l'acquisto], ne sono sicura.
2) Valore aoristico della forma perfettiva. Esprime un'azione, singola, concreta,
senza alcun riferimento al momento del discorso.
a) Può indicare un'azione singola, conclusa. La sua funzione è detta “comunicativa”
perché si “comunica l'originarsi di un'azione in una determinata situazione”.
Nell'esempio seguente si evidenzia il contrasto tra il perfettivo, tradotto con il
trapassato prossimo, che indica un'azione passata e conclusa e i due imperfettivi,
tradotti con l'imperfetto, che denota un'azione passata, descritta nel suo svolgimento:
66
Вечерело [imperf.], терпко веяло [imperf.] черносмородиновым листом,
зажглись [perf.] окна
p. 11 Imbruniva, aleggiava l'aspro odore di foglie di ribes nero, si erano accese le
finestre
b) Può indicare un'azione singola, conclusa, in una “serie” di altre azioni. Ha una
funzione “narrativa”, poiché vengono narrati una serie di fatti del passato che si
susseguono l'uno all'altro; conferisce dinamicità al racconto. Viene tradotto con il
passato remoto.
Он зашел [perf.] с заднего хода, увидел [perf.] почтовых людей и просто сказал
[perf.], что [...]
p. 34 Entrò dall'ingresso posteriore, vide gli impiegati della posta e disse
semplicemente che [...]
c) Può indicare un'azione concreta, conclusa come fatto del passato, che può essere
presentata come uno di alcuni atti ripetuti della stessa azione. Si trova con le locuzioni
несколько раз, много раз. (Per es. Он несколько раз переспросил [perf.] меня,
хорошо ли я запомнил адрес = Egli mi domandò alcune volte se avessi ricordato
bene l'indirizzo).
In conclusione, una stessa voce verbale russa può essere tradotta con tempi verbali
differenti in italiano, a seconda del contesto. A pag. 134 del testo russo di Restoran
Berezka, ad esempio, troviamo per tre volte il verbo ušel (passato di ujdi, perfettivo)
Ушел [perf. 1] в кабинет дирекции [...]
Ушел [perf. 2] и уж будет отсутствовать [imperf. futuro] на протяжении всего
рассказа.
Ушел [perf. 3], а мелкий служащий Геннадий Палыч Лбов остался один.
p. 12 Uscì [pass. remoto] per andare nell'ufficio della direzione [...]
E' uscito [pass.pross.] e sicuramente sarà assente per tutta la durata del racconto.
67
Uscì [pass. remoto] e, così, il piccolo impiegato Gennadij Palyč Lbov rimase da solo.
In italiano, il perfettivo 1 ed il perfettivo 3 sono stati tradotti con il passato remoto (il
tempo della narrazione in Restoran Berezka), mentre il perfettivo 2 con il passato
prossimo, in quanto fa parte di una frase metaletteraria, che costituisce un commento
del narratore al di fuori del flusso narrativo. Inoltre il perf. 2 è seguito da un futuro
imperfettivo (tradotto in ital. con un futuro semplice), quindi tradurlo con il pass.
remoto avrebbe significato “scardinare” la consecutio temporum.
Un altro esempio si trova a pag. 49:
как раз тут и
ТРОНУЛСЯ [perf. 1] ЛЕД!
Раздались [perf.] вышеупомянутые гудки.
И народ чуть не тронулся [perf. 2], на радостях, что
ТРОНУЛСЯ [perf. 3] ЛЕД!
e all'improvviso
IL GHIACCIO SI SPEZZÒ [pass. remoto]!
Risuonarono [pass. remoto] le summenzionate sirene.
Pure la gente per poco non si spezzava [imperfetto], per la gioia che
IL GHIACCIO SI ERA SPEZZATO [trapass. pross.]!
In questo caso, una stessa forma verbale (tronulsja) è stata tradotta in italiano con ben
tre forme diverse. Lo sfondo del racconto è dato da alcuni verbi imperfettivi (tradotti
con l'imperfetto in ital.), precedenti al passo citato: махали = facevamo cenni, орали
= strillavamo, ecc... su cui si staglia il primo passato remoto (si spezzò), retto da
“all'improvviso”. Anche il verbo “risuonarono” è stato tradotto con il passato remoto
(funz. “narrativa”). Il perf. 2 è stato tradotto con l'imperfetto dello sfondo, mentre il
perf. 3 con il trapassato prossimo perché indica un'azione precedente rispetto
all'azione indicata dal perf. 2.
68
L'uso del presente.
Anche nel racconto dedicato alla casa da gioco, il tempo della narrazione è il
passato remoto, ma alcuni brani sono resi in italiano con l'indicativo presente sullo
sfondo del passato remoto, per rendere lo skaz di vari personaggi. Lo skaz (dal verbo
skazat' = dire) è un particolare tipo di narrazione che contiene elementi del discorso
orale (linguaggio colloquiale, uso di intercalari...), ma è inserito nel testo senza
mediazione di virgolette o altri accorgimenti grafici:
Раздались [perf. 1] слова, что, дескать, раз свобода, то пусть и эти молодчики
поиграют [perf. 2], так и быть, в «подкидного дурака», потому что если им не
разрешить [perf. 3] поиграть [perf. 3] в «подкидного дурака», то они сразу
могут сильно озлобиться [perf. 4] и наделают больших бед, чем если просто
поиграют [perf. 5] немножко и уйдут [perf. 6] .
p. 14 Si diffusero [pass. remoto] voci che, si dice, visto che c'è la libertà, e va bene,
che giochino [pres. Congiuntivo] un po' a briscola pure questi teppisti, perché se non
li lasci [pres. Indicativo] giocare un po' a briscola, allora capita che all'improvviso si
incattiviscono [pres. Indicativo] e combinano [pres. Indicativo] guai più grossi che se
giocano [pres. Indicativo] un po' e se ne vanno.
Il perf. 1 è stato tradotto con il pass. remoto (funz. “narrativa”, vd. supra); il
perf. 2 è introdotto da pust', quindi è stato tradotto con il congiuntivo presente con
valore concessivo; il costrutto“li lasci giocare” è formato dai due perfettivi 3,
entrambi all'infinito: lo stile colloquiale dell'espressione è reso con il pres. indicativo
alla seconda pers. sing. Per la stessa ragione, i perfettivi 4, 5 e 6 sono stati tradotti con
il pres. indicativo.
Стали [perf. pass. 1] всех брать [imperf.1 ]на горло, что у них, дескать,
было [imperf. pass. 2] тяжелое детство и они тоже [verbo assente 3] за свободу,
а что, дескать, если иной раз они и ходят [imperf. pres. 4] неправильно, то в
этом нету большой беды: играем-то [imperf. pres. 5] ведь не из денег...
69
p. 14 Iniziarono [pass. remoto] ad alzare la voce che loro, dicono, loro sì che hanno
avuto [pass. pross. ] un'infanzia difficile e anche loro sono [pres. indicativo] per la
libertà, e che, diamine, se qualche volta hanno preso [pass. pross. ] una strada
sbagliata, non hanno fatto [pass. pross. ] nessun grosso guaio: dopotutto non
giochiamo [pres. indicativo] mica per soldi...
Anche in questo caso, il perf. 1 è stato tradotto con il pass. remoto. Sia
l'imperfettivo pass. 2 che l'imperfettivo presente 4 sono stati resi con il pass. prossimo
(valore aoristico della forma imperfettiva. Esprime l'azione come un fatto
generalizzato, senza riferimento alla sua durata. Vd. supra). In russo non esiste il
presente del verbo essere, che è stato aggiunto al punto n. 3.
Per tradurre il verbo n. 5 si torna al presente indicativo; il passaggio dal passato al
presente, insieme al passaggio dalla terza pers. plur. (oni) alla prima pers. plur.
(igraem-to) è tipico dello skaz.
La parola deskat' è un intercalare che deriva dalla particella de (III pers. sing
del presente dall'antico verbo dejat'=parlare) e da skat', forma colloquiale del verbo
skazat'=dire.
Viene usata, di solito, quando si riporta il discorso di qualcun altro. E' stata tradotta a
volte con “dice”, “dicono”, altre volte con l'intercalare “diamine”.
La parola deskat' ed il passaggio dalla terza persona alla prima si ritrovano anche in
un altro esempio di skaz a pag. 140:
Сначала он отделывался общими замечаниями, что у нас, дескать, много
недостатков, но мы сами их должны все исправить, сами во многом виноваты
p. 22 Inizialmente se la cavò con osservazioni generiche, che da noi, diamine, sì che
ci sono molte cose che non vanno, ma siamo noi che dobbiamo correggerle tutte, noi
stessi abbiamo molte colpe
70
Il futuro
Il futuro è usato per tradurre le “frasi-slogan”:
Поступил [perf. pass.] в коммунисты, и недавно его выбрали [perf. pass.] в
Верховный Совет СССР, где он блокируется [imperf. pres.] с левой стороны
вместе с другими честными коммунистами, чтобы все обновить, и тогда
окончательно расцветет [perf. futuro] родная земля.
p. 22 Entrò a far parte dei comunisti, e di recente l'hanno anche eletto nel Sovet
Supremo dell'URSS, dove si è alleato nel settore di sinistra con altri onesti comunisti,
per rinnovare tutto e allora sì che la patria fiorirà definitivamente.
Il perfettivo futuro, sullo sfondo di verbi al passato, si sarebbe potuto tradurre con
il condizionale passato: “la patria sarebbe fiorita”; si è preferito, però, il futuro per
rendere l'incisività e la brevità della frase russa, molto simile ad uno slogan sovietico
(soprattutto grazie all'ineluttabilità della parola “definitivamente”); nell'era staliniana,
soprattutto, il termine “patria” era usato (e abusato) continuamente. Sulla copertina
della rivista satirica “Krokodil” del maggio 1936, al bimbo che chiede: “Papà, come
posso scrivere in modo abbreviato Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche?”,
il padre risponde “Scrivi: patria”.XIX
Il tempo verbale più diffuso negli articoli dell'epoca era quello che Piretto chiama il
“futuro staliniano”: un “futuro proposto come già reale ed esistente sull'ipoteca di un
passato grandioso ed epico”.XX
Nei discorsi di Stalin e dei suoi sostenitori non c'era spazio per il condizionale, usato
invece da Popov con intento satirico: ciò che “sarebbe potuto accadere” nei racconti,
accadeva davvero nella realtà.
Тех преследований со стороны КГБ или других компетентных вроде психушки и
Мордовии органов, которые могли бы на него обрушиться, коли он взялся бы
бороться с коммунистами.
XIX
XX
Cit. da G.P. Piretto, Il radioso avvenire, Torino 2001, tavola n. 15.
G.P. Piretto, Il radioso avvenire, Torino 2001, pp.95-97.
71
p. 35 Quelle persecuzioni da parte del KGB o di altri organi competenti come le
cliniche psichiatriche e la Mordovia, che si sarebbero potute abbattere su di lui, se si
fosse messo a lottare contro i comunisti.
А ведь его вполне могли арестовать за прошлые злобные высказывания. Имели
право направить в мордовское исправительно-трудовое учреждение, институт
судебной психиатрии им. Сербского, и тогда, вследствие непростых условий
содержания в этих и других аналогичных местах, он наверняка остался бы
противником коммунистов, и плодоносящие деревья достались бы другому,
более сознательному человеку.
p. 36 Eppure avrebbero potuto davvero arrestarlo per le passate dichiarazioni
maligne. Avrebbero avuto il diritto di mandarlo nell'istituto di lavoro correttivo della
Mordovia, o all'istituto di psichiatria criminale intitolato a Serbskij, e allora, in
seguito alle non semplici condizioni di reclusione in questi e altri luoghi analoghi,
egli forse sarebbe rimasto un nemico dei comunisti, e gli alberi carichi di frutti
sarebbero toccati a un'altra persona più coscienziosa.
72
Gli aggettivi
Ciò che può costituire un problema di traduzione è la presenza di aggettivi
composti, derivanti dall'unione di un aggettivo e un sostantivo che non hanno un
preciso corrispondente in italiano: glubokomyslennyj (glubokij + mysl'; sprofondati nei
pensieri), černosmorodinovyj (černyj + smorodina; di foglie di ribes nero),
narodnochozjajstvennyj
(norodnyj
+
chozjajstvo;
dell'economia
nazionale),
krasnoznamennyj (krasnyj + znamja; della bandiera rossa).
Caratteristici del testo di Popov sono gli aggettivi appartenenti ad uno stesso
campo semantico, che si è cercato di tradurre con parole diverse (come nel testo
originale):
mracnyj (deprimente), ugrjumyj (cupo), zloveščij (tetro), naprjažennyj (teso/pieno di
tensioni)
Sono ricorrenti anche gli aggettivi che denotano i colori: il rosso e lo scarlatto
(essendo il testo “sui comunisti”, il motivo è chiaro) sono predominanti:
p.12 Rumjanoe jabloko = mela scarlatta
p.13 Krytyj krasnoj skatert'ju = coperta da un drappo rosso
p.29 Partijnyj bilet zasvetilsja krasnym svetom = la tessera del partito si illuminò di
luce rossa
p.33 Vpletali v grivu krasnye lenty = intrecciavano nastri rossi nella sua criniera
p.47 Pej, krasnyj maj! / alymi flažkami = svetta, maggio rosso! / le bandierine
scarlatte
p.51/53 Krasnyj zabor = palizzata rossa
p.54 No velika krasnaja Kremlevskaja stena = ma sono imponenti le mura rosse del
Cremlino
Sono presenti anche l'azzurro del cielo e delle superfici ghiacciate che abbagliano, il
giallo pallido-limone-smorto della luna e il giallo dell'animaletto del commerciante
(che agita il pugno rosa); sono gialli i gigli fluviali a cui vengono paragonate le voci
dei bambini primi della classe.
I colori primari (rosso, azzurro e giallo, appunto) caratterizzano personaggi o
oggetti positivi o neutri; il verde, invece, ha caratteristiche negative. Anche se è il
colore della natura, gli alberi (p.28) “verdeggiano” rigogliosi perché sotto le querce
73
furono accumulati i cadaveri degli “onesti comunisti” fucilati. Anche lo stagno (p.27)
è verde, era tutto ricoperto da un orribile strato verde-giallognolo, il colore della
diarrea infantile.
Questo non è l'unico riferimento agli escrementi che troviamo nel racconto: I
“nemici del popolo” vengono chiamati “merda” e “la decadenza di tutte le marche”
[...] si è acquietata “come merda secca, nella discarica storica della letteratura, della
storia, della società...” In questi casi, il termine viene usato come un'offesa generica o
come sinonimo di immobilità, di stagnazione (altro termine ricorrente nell'opera); in
altri casi, quando, ad esempio, un giovane (p. 22) orina su un arazzo nella casa di un
comunista o due teppisti (p. 29) “innaffiarono abbondantemente di urina” e
“imbrattarono di escrementi” i vestiti di un comunista, tentando di fare lo stesso con la
tessera del partito del malcapitato, gli escrementi servono ad offendere il simbolo del
partito o il simbolo dell'imborghesimento di alcuni membri del partito.
La frase volutamente insensata del “letterato decadente”: “somigliava alla luna
luminosa, che splendeva sullo stivale da ufficiale lucidato” è stata forse scritta per
esprimere la ribellione al realismo socialista e ai dettami di Lenin formulati
nell'articolo Partijnaja organizacija i partijnaja literatura (L'organizzazione di partito
e la letteratura di partito, 1905).
La frase viene parodiata dall'autore, che si cala nella parte del censore socialista: “La
luna splende sullo stivale...Cioè, questa luna che fa, ci sta pisciando sopra, a questo
stivale? Che burlona!...” e bolla il verso come “ideologicamente dannoso” ed
“artisticamente inconsistente”.
Il binomio luna / pisciare era stato usato già da Esenin, ma in questo caso la luna
“subisce” l'azione:
Otzvenela po trave sumerek zari kosa...
Mne segodnja chočetsja očen'
Iz okoška lunu obossat'.
La falce dell'aurora ha già tintinnato sopra l'erba del crepuscolo...
Oggi ho voglia di inondare la luna
di piscio, dalla mia finestra.XXI
XXI
Piretto.
S. A. ESENIN, Ispoved' chuligana, in Polnoe sobranie sočinenij, M. 1995-2000. La trad. ital. è di G. P.
74
I versi di Esenin erano solitamente censurati ed il verbo obossat' sostituito da
puntini sospensivi; in realtà l'atteggiamento di Stalin che “taglia e cuce” opere
letterarie e cinematografiche a suo piacimento senza essere affatto un esperto di
letteratura né tanto meno di cinema, è sicuramente più volgare del “piscio” di Esenin.
Spiega l'autore satirico Daniele Luttazzi che “la satira esibisce il corpo grottesco,
dominato dai bisogni primari (mangiare, bere, defecare, urinare, scopare), per
celebrare la vittoria della vita: il sociale e il corporeo sono uniti gioiosamente in
qualcosa di indivisibile, universale e benefico”XXII.
L'uso satirico e irriverente dell'elemento “escremento” si ritrovano nel
racconto del comunista che si tuffa nello stagno del colore della diarrea (p. 27) perché
“non è tra le abitudini dei comunisti rinunciare ad un progetto!”. Questa coerenza è
resa ancora più ridicola da una clamorosa incoerenza: il comunista indossa i jeans...
“La satira – racconta il Premio Nobel per la letteratura Dario Fo - usa la cacca come
termine morale altissimo: San Francesco d'Assisi, invitato dal Papa a mescolarsi con i
porci, mise in pratica davvero il consiglio e poi, sporco di letame, ritornò dal Papa
che, appresa la lezione, lo abbracciò.
La merda, nella satira, è uno strumento contro la violenza che il potere, ogni potere,
esercita sui più deboli.”XXIII
XXII
XXIII
D. LUTTAZZI, post sulla natura della satira, blog ufficiale di Luttazzi, 15 novembre 2006.
D. Fo intervistato da D. Luttazzi durante il programma televisivo Satyricon, 2001.
75
I realia
La parola “realia” nasce dal latino medioevale col significato di «le cose reali».
Gli studiosi dell'area dell'Europa orientale, che sono stati tra i primi a usare questo termine in traduttologia, non lo considerano un neutro plurale, ma un femminile singolare. In
particolare, in russo esiste la parola реалия (realija) che è un femminile singolare; al plurale
diventa реалии (realii). XXIV
E' di Vlahov e FlorinXXV la classificazione dei realia in
−
Geografici, ulteriormente suddivisi in:
• oggetti della geografia fisica e della meteorologia, come ad esempio: tajga, kuzbass,
donbass, akademgorodok;
• nomi di oggetti geografici legati all'attività dell'uomo: belomarkanal;
• denominazioni di specie endemiche: berezka;
- etnografici, ulteriormente suddivisi in realia riguardanti:
• vita quotidiana: papirosy, kisel', čižik i lapta, dziga, podkidnoj durak, bufet, kompot,
chruščevka, kommunal'naja kvartira, banja, dača, kvas, bliny, boršč, telogrejka, varen'e,
banja;
• lavoro
• arte e cultura
• oggetti etnici
• misure e denaro: rubl';
−
politici e sociali
• entità amministrative territoriali
• organi e cariche: Sovet, partorg, narkom;
• vita sociale e politica: perestrojka, zastoj, specdača, kulak, profsojuz, pioner,
oktjabrenok, kolchoz, neraskulačennyj kolchoznik;
• realia militari: lager, belaja armija, krasnoarmeec.
X XIV
XXV
B. OSIMO, Corso di traduzione, Modena 2003.
S. VLACHOV, S. FLORIN, Neperovodimoe v perevode, M. 1986.
76
Per tradurre i realia si possono utilizzare varie strategie traduttive, a seconda,
ovviamente, dell'effetto che si vuole ottenere.
La trascrizione “serve a preservare l'elemento estraneo utilizzando mezzi propri”XXVI
e si suddivide in trascrizione propriamente detta (“trasmissione di suoni di una lingua
straniera usando le lettere dell'alfabeto della cultura ricevente”XXVII) e traslitterazione
(“trasmissione di lettere di una parola straniera mediante lettere dell'alfabeto della cultura
ricevente”). Trattandosi di un testo russo, quindi scritto in cirillico, nella traduzione di
Restoran Berezka non ci sono realia semplicemente trascritti; molti, però, sono stati
traslitterati. Questa strategia traduttiva non facilita la comprensione del realia, anzi, spesso
lo rende incomprensibile, almeno nell'immediato, alla maggior parte dei lettori; essa
permette, però, di conservare la peculiarità culturale del realia e dà al lettore la possibilità di
documentarsi per scoprire qualcosa di più sulla cultura da cui proviene il prototesto.
Sono stati semplicemente traslitterati, infatti, i realia che indicano nomi di cibi e
bevande: kisel', kompot, kvas, bliny, boršč, varen'e per dare un'idea delle abitudini, della
quotidianità russa o, meglio, sovietica.
Non sono stati tradotti nemmeno alcuni realia cosiddetti “politici e sociali”, come
“perestrojka” e “lager”, perché sono parole ormai entrate nel vocabolario italiano. Per questo
sono scritte in tondo e non in corsivo.
Anche i realia geografici sono stati traslitterati: tajga, kuzbass, donbass,
akademgorodok. Nel caso di quest'ultima parola, è sembrato opportuno aggiungere una nota
esplicativa.
Osimo sconsiglia di servirsi di note esplicative che, secondo la Dobrovol'skaja, sono
“un caso limite [...], cosa da evitare e a cui solitamente ricorrono traduttori privi di
fantasia”XXVIII. Invece lo stesso Popov, nella seconda versione del racconto, ha aggiunto
svariate note, affermando che “le frasi isolate, le allusioni, le allegorie degli anni precedenti
ora richiedono chiarimenti e annotazioni. E' cresciuta una nuova generazione di lettori, per i
quali la parola ʻmerchandizerʼ è più comprensibile di ʻpartorgʼ ”XXIX; per questo, l'aggiunta
di qualche nota è in linea con lo stile dell'autore.
Anche per la Berezka del titolo, tradotta come “betulla”, è stata aggiunta una nota
esplicativa poiché è una parola ricca di significati culturali e politici. Afferma, infatti,
l'autore: “ ´Berezka` era un nome molto comune tra i ristoranti sovietici. Così come ´Vesna`
XXVI
XXVII
XXVIII
XXIX
B. OSIMO, Corso di traduzione, op. cit.
Ibid.
JU. DOBROVOL'SKAJA, Il russo: l'abc della traduzione, Milano 2002, p. 122.
E. POPOV, Restoran Berezka, M. 2009.
77
era comune tra i nomi dei bar sovietici. E, allo stesso tempo, era un negozio in cui si
acquistava con valuta e anche un ensemble pseudopopolare. La betulla è il simbolo della
Russia, come la matreška; e ciò è stato sfruttato dall'ideologia comunista.”XXX
Belomarkanal (letteralmente: Canale del Mar Bianco – realizzato negli anni
1931-1933) non è stato tradotto perché nel testo non indica il canale, ma l'omonima marca di
sigarette.
Altri realia politico-sociali, come ad esempio: kolchoz, chruščevka, Sovet, kulak,
profsojuz, oktjabrenok, sono stati traslitterati non perché siano entrati a far parte della lingua
italiana, ma perché “Restoran berezka” è un testo di satira politico-sociale, quindi si è
preferito lasciare intatte proprio quelle parole che denotano delle realtà così peculiari. Una
traduzione sarebbe stata, a mio parere, ingiustamente
generalizzante e troppo volta
all'accettabilità.
Tradurre profsojuz (l'abbreviazione di professional'nyj sojuz) con “sindacato” , ad
esempio, avrebbe svuotato la parola della sua “connotazione sovietica”.
Poiché abbreviazioni e sigle sono una peculiarità del linguaggio dell'epoca sovietica,
ogni volta che è stato possibile, sono state tradotte con le sigle corrispondenti in italiano:
KGB (КГБ), DDR (ГДР), URSS (СССР), RSFSR (РСФСР), PCUS (КПСС), ESP
(ЭКС), RSSA (АССР). In altri casi, sono state esplicitate: FRG = Repubblica Federale
Tedesca; specdača = dacia per la nomenklatura, narkom = Commissario del Popolo, partorg
= attivista di partito.
Per quanto riguarda, invece, la traduzione dei realia, esistono varie possibilità:
“La prima consiste nel neologismo, che spesso corrisponde a un calco: con materiale
della lingua ricevente si forma una parola semplice o composta traducendo alla lettera gli
elementi dell'espressione nella cultura emittente”XXXI. E' il caso di kommunal'naja kvartira,
tradotto con l'espressione “appartamento comune”. Sono stati tradotti anche molti realia
“politici” ed uno etnografico (rubl' = rublo), perché esiste una loro traduzione italiana già
accreditata: zastoj = stagnazione; pioner = pioniere; belaja armija = armata bianca,
krasnoarmeec = soldato dell'armata rossa, neraskulačennyj kolchoznik = colcosiano non
dekulakizzato.
Esistono poi i mezzi calchi, nei quali si conserva solo una parte di un'espressione
composta. Per esempio, specdača, tradotta con “dacia per la nomenklatura”.
XXX
XXXI
Intervista dell'autrice della tesi a Evgenij Popov, luglio 2010. Vd. pp. 109-114.
B. OSIMO, op. cit.
78
L'appropriazione è, invece, l' adattamento di realia stranieri: “si crea una parola nella
lingua ricevente che però, sostanzialmente, veste sopra la struttura (anche fonetica) della
parola originaria”XXXII. Ne è un esempio la parola dača, che in italiano diventa “dacia”; al
plurale: “dacie” o “dace”.
Il neologismo semantico, di cui non ci sono esempi nella traduzione del testo di
Popov, si differenzia dal calco per l'assenza di un legame etimologico con la parola
originale. È una parola, o un insieme di parole, "creato" dal traduttore che permette di
rendere il “senso” dei realia.
Uno specifico tipo di traduzione è la traduzione approssimativa dei realia, che,
secondo Vlahov e Florin, è la più diffusa. “Permette di tradurre in modo quanto meno vago
il contenuto materiale dell'espressione, ma il colorito va quasi sempre perso, poiché al posto
della connotazione prevista dalla strategia autoriale si ha un'espressione per forza di cose
priva di connotazione, di stile neutro”XXXIII. All'interno di questo tipo si distinguono alcuni
sottotipi:
1) La sostituzione con un'espressione generica di significato più ampio; “il
principio è adatto quando il traduttore rinuncia volentieri a tradurre il colorito locale,
sapendo che in tal modo riesce però a dare un'idea del riferimento oggettuale,
materiale”XXXIV.
Così i papirosy diventano “sigarette economiche”, il bufet è tradotto con “punto di
ristoro” e la parola banja, mentre nel primo passo è stata traslitterata, nel secondo è stata
tradotta con “bagno”.
Он умер как герой. В день своей смерти он чисто вымылся в Селезневских
банях, надел пионерский галстук и умер.
p. 20 Morì da eroe. Il giorno della sua morte si lavò accuratamente alla banja
Seleznevskaja, indossò la cravatta da pioniere e morì.
XXXII
XXXIII
XXXIV
B. OSIMO, op. cit.
Ibid.
Ibid.
79
Гражданин СССР живет черт те знает как на улице Достоевского, ходит за
водой на колонку, топит плиту бурым углем... сортир на улице в сорокаградусный
мороз, баня – по пятницам мужской день, по субботам – женский.XXXV
p. 46 Un cittadino dell'URSS vive il diavolo sa come in via Dostoevskij, va a prendere
l'acqua “alla colonnina”, riscalda il fornello con la lignite... la latrina è in strada a meno
quaranta gradi, per il bagno: il venerdì è il giorno degli uomini, il sabato delle donne.
La banja è uno dei realia più difficili da rendere perché non indica solo un modo di
lavarsi o una semplice “sauna”: è un'abitudine molto radicata nella cultura russa e
largamente presente nella letteratura, nell'arte, nel cinema russi. Per questo, poiché nel passo
di p. 20 fa parte di una sorta di “rituale”, si è preferito utilizzare la traslitterazione lasciando
la parola russa, mentre, nel secondo caso, si è preferita la traduzione generalizzante “bagno”,
conservando solo un aspetto semantico della parola russa (l'atto del lavarsi).
2) Un altro sottotipo prevede la sostituzione con un analogo funzionaleXXXVI. “La
definizione di questa strategia è molto labile, poiché si limita ad affermare che l'elemento
sostituito suscita una reazione simile nel lettore della cultura ricevente a quella suscitata dal
prototesto sul lettore della cultura emittente. Quando si parla di reazioni suscitate, si è su un
terreno minato, perché non c'è nessun riscontro oggettivo né c'è la possibilità di distinguere
le reazioni di un lettore da quelle di un altro, ci si basa su una sorta di lettore standard. In
base a questa tecnica, per esempio, a un gioco poco noto ma molto diffuso nella cultura
emittente si sostituisce un gioco molto noto nella cultura ricevente.”
Mentre per quanto riguarda cibi e bevande si è preferito non tradurli per conservare il
“colore” locale, i giochi citati a pag. 11, invece, sono stati sostituiti con giochi appartenenti
alla cultura ricevente. In questi casi, più che dare l'idea di “esotismo”, si è preferita
un'atmosfera di quotidianità.
Tам вершилась жизнь; под землей росла морковка, на поверхности – укропчик, лучок,
салатик, чьи-то дети играли в чижика и лапту.
XXXV Ibid., p. 154.
XXXVI B. OSIMO, op. cit.
80
p. 11 Lì si svolgeva la vita; sotto terra crescevano le carote, in superficie, l'aneto, la cipolla,
l'insalata, i figli di qualcuno giocavano a nascondino e mosca cieca.
Poiché i giochi čižik e lapta vengono citati in un periodo descrittivo, che dà l'idea di
quotidianità e spensieratezza, si è preferito sostituire i realia con due giochi conosciuti dal
lettore italiano, ma comunque simili a quelli del prototesto perché giochi “di strada”:
nascondino e mosca cieca.
Anche il gioco di carte podkidnoj durak descritto nel racconto a pag. 14 è stato
sostituito con un gioco simile: la briscola.
Но все-таки сразу их не выкинули, потому что раздались слова, что, дескать,
раз свобода, то пусть и эти молодчики поиграют, так и быть, в «подкидного
дурака», потому что если им не разрешить поиграть в «подкидного дурака», то они
сразу могут сильно озлобиться и наделают больших бед, чем если просто поиграют
немножко и уйдутXXXVII.
Ma tuttavia non li cacciarono via subito, perché si diffusero voci che, si dice, visto
che c'è la libertà, e va bene, che giochino un po' a briscola pure questi teppisti, perchè se
non li lasci giocare un po' a briscola, allora capita che all'improvviso si incattiviscono e
combinano guai più grossi che se giocano un po' e se ne vanno.
Indubbiamente, la strategia della sostituzione con un analogo funzionale nega al
lettore la possibilità di scoprire qualcosa su una cultura che non conosce (esperienza
favorita, invece, dalla strategia della traslitterazione). La ragione di questa scelta traduttiva è
stata il non voler “rovinare” l'atmosfera di quotidianità del primo esempio o compromettere
la scorrevolezza del linguaggio colloquiale del secondo con parole sconosciute al lettore
italiano o appesantendo il testo con note esplicative. Restando nell'ambito dei giochi presenti
nel testo in questione, la parola dziga non è stata sostituita perché lo stesso autore spiega di
cosa si tratta all'interno del testo.
XXXVII Ibid., pag 135.
81
3) Il terzo sottotipo comprende: descrizione, spiegazione, interpretazione del realia:
“al suo posto si introduce una perifrasi esplicitante del contenuto denotativo”XXXVIII. Per
esempio, per tradurre il russo telogrejka, è stato scelto “giubba imbottita impermeabile”.
4) Esiste infine una quarta strategia traduttiva che consiste nella traduzione
contestuale degli elementi di realia. “Si tratta di sostituire agli elementi di realia parole che,
nel contesto e nel co-testo in cui sono collocate nell'originale, spiegano il senso di tale
collocazione. Anziché tradurre il significato lessicale, si traduce il significato sistemico,
relazionale, che naturalmente sarebbe vano cercare nel dizionario.”XXXIX Non ci sono esempi
di utilizzo di questa strategia nel testo analizzato.
XXXVIII
XXXIX
B. OSIMO, op. cit.
Ibid.
82
La traduzione del poema
Il testo di Restoran Berezka può essere definito prosìmetro, in quanto è formato da 20
parti in prosa e da 23 strofe che, lette di seguito, formano un poema.
I Машина быстрая летит
И в глубине ее – начальник.
И он шоферу говорит
Полнощным голосом печальным:
«Вези, вези меня, Никитин!
Туда, в надзвездные края,
Где буду я, как небожитель,
Или кавказский долгожитель,
Или как просто полубог
Играть и петь, не чуя ног...
Красоток где видны просторы,
Опущены нескромно взоры –
Там жизнь и молодость моя...»
a
B
A
B
c
d
E
E
F
f
G
G
D
L'auto vola veloce
E nella sua profondità c'è il capo
E all'autista dice
Con triste voce di mezzanotte:
“Portami, portami Nikitin!
Là, in regioni oltre le stelle
Dove io, come un abitante del cielo,
O come un vegliardo caucasico,
O come un semplice semidio
Canterò e suonerò, senza sentire le gambe...
Dove si vedono spazi popolati di bellone,
Sguardi abbassati senza modestia.
Là ci sono la mia vita e la mia giovinezza...”
a
B
a
C
D
E
F
G
H
I
L
M
N
II Шофер же, профсоюза член,
Его не переносит скотства,
Поскольку видит в нем он тлен
И старый метод руководства.
Но – едут...
a
b
A
B
c
L'autista, membro del Profsojuz
Di questo non sopporta la bestialità
Poiché vede in esso la putrefazione
E il vecchio metodo di amministrazione.
Eppure continuano ad andare...
A
B
C
C
D
III Посколь «Березка» ресторан
Всегда открыт по вечерам,
То наша наглая персона
Сидит уже, конечно, там.
A
B
C
B
Poiché il ristorante “Berezka”
Di sera sempre aperto resterà
Il nostro sfacciato personaggio
Sarà sicuramente già seduto là
A
B
C
B
IV То музыкантов одобряет
Блатную, наглую игру,
То с апельсинов обдирает
Их свеженькую кожуру.
A
B
A
C
Ora dei musicisti applaudirà
La balorda canzone da malviventi
Ora dalle arance strapperà
Le bucce fragranti.
A
B
A
b
V И все какую-то красотку
К себе манит, чтоб сесть за стол.
Ногтем ей отмеряет водку
И лезет пальцем под подол.
A
B
A
B
E sempre, per farla sedere a tavola,
Una bellona qualsiasi a sé attira
Con l'unghia la vodka le misura
E il dito sotto il lembo infila
A
B
C
D
VI А та красотка понимает,
Вертится, будто стрекоза,
И поминутно накладает
Тушь и помаду на глаза.
A
B
A
B
Ma quella bellona capisce,
Svolazza come una libellula,
E ogni momento si mette
Mascara e ombretto sugli occhi.
A
B
C
D
83
VII То задницу отставит нежно,
То тихо ею шевельнет.
И грудь ее настоль безбрежна,
Что плоть у шефа восстает.
A
B
A
B
Ora il didietro muoverà dolcemente
Ora lo farà ondeggiare delicatamente.
E il petto suo è così immenso
Che la carne del capo insorgerà.
A
A
B
C
VIII И он хрипит: «Никитин, душка!
Свези ты нас, где можно спать.
Где есть перина и подушка,
Бидэ, надежная кровать...»
A
B
A
B
E lui, ansimando: “Nikitin, amico!
Portaci dove si può dormire,
Dove c'è un materasso di piume e un cuscino,
Un letto affidabile e un bidè...”
A
B
C
D
IX «Напился, будто клоп постельный! –
Ворчал Никитин за рулем. –
Ну погоди, билет партейный
Ты скоро положишь на стол!»
A
B
A
B
“Si è ubriacato come una cimice dei letti!
- Brontolava Nikitin al volante Ma aspetta un attimo, esibisci subito
la tessera del partito!”
A
B
C
D
X И как в спецдачу их завез,
То вскорости мотор завел
И тут же сразу укатил,
Но ключ от дачи прихватил.
A
A
B
B
E appena li aveva portati nella dacia per la
nomenklatura,
A
Subito avviò il motore
b
E in fretta e furia se ne andò
C
Ma la chiave della dacia afferrò.
C
XI «В таком-то, коммунист Матвеев,
Вы стали виде, как говно.
Таких подобных прохиндеев
Пора из партии давно...»
A
B
A
b
“A questo punto, comunista Matveev,
Siete diventati proprio una merda.
Per simili carogne è da tempo
Venuto il momento di uscire dal partito...”
A
B
C
D
XII Матвеев очи подымает
И видит – перед ним стоит,
А кто – от пьянства он не знает, –
Но речь такую говорит:
A
B
A
B
Matveev alza gli occhi
E vede che davanti a lui c'è
Qualcuno – ma non lo riconosce, sbronzo com'èChe parla così:
a
B
B
c
XIII «Вы только портите идею,
И беспартийный ваш шофер
Гораздо будет вас честнее,
А вы – паскуда, бл... и вор!»
A
B
C
b
Voi non fate che rovinare l'idea,
E il vostro autista senza partito
Sarà di gran lunga più onesto di voi,
Ma voi...una carogna, una putt...e un ladro!
A
B
C
D
XIV И что на свете перестройка,
Вы и не знаете, подлец!
Товарищ следователь Бойко!
Бери его ты, наконец!
A
b
A
B
E che al mondo c'è la perestrojka,
Voi nemmeno lo sapete, canaglia!
Compagno giudice istruttore Bojko!
Prendilo, finalmente!
A
B
A
c
XV Бери его, тов. Бойко
a Prendilo, compagno Bojko!
XVI Бери ты его, тов. Бойко!
Нет сил, бля, смотреть на
Эту совершенно разложившуюся
Отрыжку застойных времен...
a
b
C
D
Prendilo, compagno Bojko!
Non c'è la dannata forza di guardare
Questo completamente decomposto
Rutto dei tempi della stagnazione...
84
A
A
B
C
D
XVII Такие люди чуть было
Не привели нашу страну
К катастрофе!
a Persone del genere per poco
B Non hanno condotto il nostro Paese
c Alla catastrofe!
A
B
c
XVIII
Слава богу, что здоровые
Силы в партии одержали
Победу, и теперь у нас
Наконец-то будет хороший
Коммунизм!
A
B
C
D
e
a
B
c
D
e
Grazie a Dio, le sane
Forze nel partito hanno ottenuto
La vittoria, e ora da noi,
Finalmente, ci sarà il buon
Comunismo!
XIX
...Хороший коммунизм! Как a ...Il buon comunismo! Come
Учили Маркс, Энгельс и Ленин!
B Ci hanno insegnato Marx, Engels e Lenin!”
A
B
XX
Сказал парторг такую речь...
Матвеев, как завороженный,
Поднялся, вместо чтобы лечь,
И вышел вон, как прокаженный.
A
B
A
B
L'attivista di partito fece questo discorso...
Matveev, come incantato,
Si alzò, invece di sdraiarsi,
Ed uscì fuori come un appestato.
A
B
C
B
XXI Тут гром ударил в небесах,
И все уехали в машинах.
Осталась в шелковых трусах
Красотка спать одна в перинах.
A
B
A
B
Allora un tuono rimbombò nei cieli
E tutti se ne andarono nelle macchine
Lasciarono la bellona in mutande di seta
A dormire da sola sul materasso di piume.
A
B
C
D
XXII Она пьяна, бесстыжа, смята.
Во сне бормочет: «Мужика!»
Ее лицо по-детски свято.
Душа печальна и легка.
A
B
A
B
Lei è ubriaca, spudorata, sgualcita
Nel sonno sta borbottando: “Un uomo!”
Ha il viso santo come un bambino.
L'anima malinconica e lieve.
A
B
C
D
XXIII Лицо... по-детски свято...
Душа печальна, легка...
a Il viso... santo come un bambino...
b L'anima malinconica, lieve...
C
D
Il poema non presenta uno schema metrico fisso: soprattutto la parte aggiunta in un
secondo momento (strofe XI - XIX) contiene alcune strofe - dalla XVI alla XIX - in versi
sciolti. Dove la rima è assente, contribuiscono a dare una certa struttura ai versi altre figure
di carattere morfologico, come l'assonanza (ripetizione delle stesse vocali, soprattutto alla
conclusione dei versi) o l'iterazione fonica.
Es: strofa I (iterazione di и ed ы)
Машина быстрая летит
И в глубине ее – начальник.
И он шоферу говорит
Полнощным голосом печальным:
«Вези, вези меня, Никитин!
85
strofe IV e V ( iterazione di у)
То музыкантов одобряет
Блатную, наглую игру,
То с апельсинов обдирает
Их свеженькую кожуру.
И все какую-то красотку
strofa VIII ( iterazione di a)
И он хрипит: «Никитин, душка!
Свези ты нас, где можно спать.
Где есть перина и подушка,
Бидэ, надежная кровать...»
strofa XIV ( iterazione di e)
И что на свете перестройка,
Вы и не знаете, подлец!
Товарищ следователь Бойко!
Бери его ты, наконец!
strofa XXI ( iterazione di y ed a)
Тут гром ударил в небесах,
И все уехали в машинах.
Осталась в шелковых трусах
Красотка спать одна в перинах.
86
Un'altra figura retorica presente nel poema di Popov è la paronomasia, che consiste
nell'accostamento di due parole che si assomigliano nel suono, ma non appartengono allo
stesso campo semantico.
Es. одобряет / обдирает; постельный / партейный;
La maggior parte delle strofe è costituita da quattro versi con schema metrico aBaB
(rima alternata). La prima strofa, la più lunga, è l'unica in cui troviamo uno schema metrico
più complesso che, per l'alternanza di rime baciate ed alternate, ricorda vagamente la strofa
oneginiana.
Ciò aumenta l'ironia e l'effetto satirico dell'opera, già dovuto al contrasto tra la forma
poetica e il contenuto “prosaico”.
Popov:
Puškin:
Машина быстрая летит
a
Не мысля гордый свет забавить,
A
И в глубине ее – начальник.
B
Вниманье дружбы возлюбя,
b
И он шоферу говорит
A
Хотел бы я тебе представить
A
Полнощным голосом печальным: B
Залог достойнее тебя,
b
«Вези, вези меня, Никитин!
C
Достойнее души прекрасной,
C
Туда, в надзвездные края,
D
Святой исполненной мечты,
d
Где буду я, как небожитель,
E
Поэзии живой и ясной,
C
Или кавказский долгожитель,
E
Высоких дум и простоты;
d
Или как просто полубог
f
Но так и быть - рукой пристрастной
C
Играть и петь, не чуя ног...
f
Прими собранье пестрых глав,
E
Красоток где видны просторы,
G
Полусмешных, полупечальных,
F
Опущены нескромно взоры –
G
Простонародных, идеальных,
F
Там жизнь и молодость моя...»
D
Небрежный плод моих забав,
E
Бессонниц, легких вдохновений,
G
Незрелых и увядших лет,
H
Ума холодных наблюдений
G
И сердца горестных замет.
H
87
Anche il numero di sillabe per ogni verso è differente: varia da 3 (verso 5 della strofa
II: Но – едут) а 12 (verso 3 della strofa XVI: Эту совершенно разложившуюся), anche se
la maggior parte dei versi è formata da 8 o 9 sillabe.
Nella traduzione italiana non si è tenuto conto del numero delle sillabe dell'originale.
Traducendo il testo di Popov si è cercato soprattutto di rendere il contenuto, la
narrazione, l'ironia, lo stile colloquiale, senza tentare forzature per riprodurre le rime
dell'originale. Dove, però, è stato possibile ricreare lo schema metrico senza stravolgere il
significato, sono state formate rime baciate o alternate, anche in corrispondenza di versi che
in russo non rimano, secondo il principio della compensazione.
Rime alternate:
strofa III resterà / là;
str. XX incantato / appestato
Nella strofa XIV la rima alternata è formata dalle stesse parole dell'originale:
perestrojka / Bojko, poiché la prima parola è ormai entrata nel vocabolario italiano e la
seconda è un cognome.
Rime baciate:
str. II putrefazione / amministrazione;
str. VII dolcemente / delicatamente;
str. X andò / afferrò
Rima identica:
str. XII è / è
Nell'originale russo, alle rime baciate delle strofe II e VII e alla rima identica
sopraelencate corrispondono rime alternate.
88
Altre figure retoriche basate su somiglianze di suono presenti nella traduzione italiana
sono:
−
la consonanza (si ha quando due parole hanno uguale terminazione a partire dalla sillaba
accentata, che contiene però una vocale diversa).
Es: str. I veloce / dice;
str. IV malviventi / fragranti;
str. V attira / misura
−
l'iterazione fonica
Es: str. III (iterazione di e ed a)
Finché il ristorante “Berezka”
Di sera sempre aperto resterà
Il nostro sfacciato personaggio
Sarà sicuramente già seduto là
str. V ( iterazione di i ed a)
E sempre, per sedersi a tavola,
Una bellona qualsiasi a sé attira
Con l'unghia la vodka le misura
E il dito sotto il lembo infila
str. VI (iterazione di o)
Ma quella bellona capisce,
Si volta, come una libellula,
E ogni momento si mette
Mascara e ombretto sugli occhi.
89
str. XXI e XXII (iterazione di a ed u, come nell'originale russo)
Allora un tuono rimbombò nel cielo
E tutti andarono verso le macchine
Lasciarono la bellona in mutande di seta
A dormire da sola sul materasso di piume.
Lei è ubriaca, spudorata, sgualcita
Nel sonno sta borbottando: “Un uomo!”
Ha il viso santo come un bambino.
L'anima malinconica e lieve.
90
Tradurre l' “atmosfera”
Restoran Berezka è definito dall'autore “Poema e racconti sui comunisti”, ma non
presenta solo le caratteristiche di un testo strutturato (come un racconto), ma anche elementi
di un testo scritto di getto, di uno sfogo. Alcuni passi, infatti, presentano delle incongruenze
e degli errori:
p. 30 il commissario protagonista della serie televisiva “La piovra” viene chiamato
“Катанья” (Catania), mentre il suo cognome è “Cattani”.
p. 35: “Un contadino poverissimo fu ingannato dai comunisti, che gli avevano
venduto degli alberelli di mele”; mentre dopo qualche rigo si legge: “in autunno, i rami del
melo regalato dai comunisti”
p. 42 “7 novembre (25 dicembre) del 1917”; questa svista verrà corretta, però, nella
versione del 2009, dove troviamo la data esatta: “7 novembre (25 ottobre)”.
I periodi sono spesso lunghi, contorti e pieni di divagazioni, rendendo Restoran
Berezka più simile alla trascrizione di una narrazione orale, che ad un racconto:
p.21 Un tizio, a 20 anni d'età, si mise a ingozzarsi di vino con il compagno che era
più grande di lui di 5 anni e, come c'era da aspettarselo, si misero a criticare aspramente i
comunisti, che tutto, diamine, fa schifo, a che scopo ergere dighe, centrali atomiche, a che
scopo lanciano in cielo navicelle spaziali, arano terre incolte, aiutano Cuba, la Cina,
l'Albania, l'Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia, la DDR, la Bulgaria, la Mongolia, il
Vietnam, il popolo combattente dello Zimbabwe, l'imperatore Bokassa, a che scopo hanno
realizzato una collettivizzazione a tappeto, hanno liquidato i kulaki come classe – lui,
diamine, ha fatto mangiare tutti, avrebbe fatto mangiare anche Cuba e la Mongolia; perché
hanno dichiarato gli impianti chimici ecologicamente dannosi e, in generale, a che scopo,
diamine, c'è stata la rivoluzione del 7 novembre (25 ottobre) 1917?
p.22 Inizialmente se la cavò con osservazioni generiche, tipo che da noi, diamine, sì
che ci sono molte cose che non vanno, ma siamo noi che dobbiamo correggerle tutte, noi
stessi abbiamo molte colpe...ma in seguito, come c'era da aspettarselo, di nuovo passò il
91
limite, perché bevevano, anche se in tre, inclusa Tamara, quattro bottiglie; iniziò a gridare,
a farsi beffe e a offendere il cugino di secondo grado più grande di lui, per quale motivo era
comunista, perché lavorava per il KGB, violava i diritti umani, aveva esiliato Solženicyn,
messo in prigione Sinjavskij e Daniel'...ruppe un piatto costoso, orinò su una parete
decorata da un arazzo e il cugino di secondo grado più grande di lui, del tutto giustamente
lo buttò giù dalle scale, dopo averlo picchiato un po', per cui il giovane, con la camicia
questa volta strappata, di nuovo con la croce, ancora una volta correva con gli stivali per la
strada lungo le finestre buie, dalle quali ancora raramente provenivano le sigle musicali
delle già nominate stazioni radio.
p.41 Tutta questa inconsistenza dei temi, tutto questo ghigno di sazietà che si
strapperà definitamente al popolo dei subumani... dopotutto tutte queste fasi percorse molto
tempo fa, fasi non solo del grande cammino della nostra letteratura, ma anche della strada
maestra della nostra vita piena di tensioni, non solo sovietica, non solo comunista, ma
anche, in generale, della nostra vita piena delle tensioni di tutto il mondo, quando tutto il
mondo si trova sull'orlo dell' “essere o non essere”, davanti alla minaccia di un inverno
nucleare, quando nell'aria chiaramente si sono condensati l'atomo, gli antiparassitari, i
nitrati, i pesticidi, la violenza.
p.42 Lì, per l'appunto, si stava svolgendo la solita assemblea dell'associazione
informale degli scrittori in sostegno della perestrojka, dove intervenivano con sdegno
svariati scrittori, insoddisfatti degli schieramenti costituiti nel sottosuolo della struttura
ufficiale dell'Unione degli scrittori, della stagnazione, dell'arretratezza rispetto all'ampio
passo in avanti del progresso, nel momento in cui il partito conduce di nuovo tutto il popolo
sovietico in avanti con passi di sette leghe.
p. 47 Questo giocattolo si chiamava “Dziga”.Sì, “dziga”. Sono vecchio, calvo,
canuto. Per la sbronza cronica nel corso di decine di anni alla fine mi si è indebolita la
memoria, mi tremano le mani, ma questo nome, questa sciocchezza, la ricordo
precisamente. Dziga... Si chiamava “dziga”. (Cioè, un bel po' di tempo dopo averlo
descritto, io, certamente, ho saputo che c'era una certa personalità in campo
cinematografico, il fondatore del cinedocumentarismo in URSS, ingiustamente relegato
sullo sfondo dal sistema amministrativo-dirigente da caserma del socialismo, il regista
Dziga Vertov, autore del film “3 canti su Lenin” e altri film simili...)
92
E' forse colpa mia se anche questo gioco da bambini si chiamava “dziga”? Così
era scritto sulla scatola: “Dziga”...
Dopo questo passo, lo stesso autore si scusa per una “descrizione goffa: grigio, calvo,
vecchio, non voglio d e s c r i v e r e niente, voglio p a r l a r e, dal momento che c'è la
glasnost'”
Nel tradurre l'opera di Popov bisogna resistere alla tentazione di eliminare le
numerose ripetizioni e le ridondanze, come, ad esempio, nel seguente passo:
p. 14...Una volta, certi giocatori si diressero verso una casa da gioco per giocare a
briscola. Erano ragazzi non tanto intelligenti, ma soprattutto scaltri e sfacciati. La
compagnia riunita nella casa da gioco per giocare un po' a briscola li accolse non troppo
amichevolmente. Ma tuttavia non li cacciarono via subito, perché si diffusero voci che, si
dice, visto che c'è la libertà, e va bene, che giochino un po' a briscola pure questi teppisti,
perché se non li lasci giocare un po' a briscola, allora capita che all'improvviso si
incattiviscono e combinano guai più grossi che se giocano un po' e se ne vanno.
p. 22 Iniziarono a fischiare i fischietti
p. 29 Tra le chiome frondose delle querce del querceto
p. 31 Il primo compagno del comunista importante si scosse per rispondere qualcosa,
ma l'altro compagno fece al proprio compagno il segno “Taci!”
Spesso la frase finale dei racconti e' uguale o molto simile alla frase iniziale:
p. 26 Un comunista, che viveva in una dacia statale, verso sera andò a fare una
nuotata nello stagno / deciso a continuare a camminare per andare a nuotare nello
stagno...verso sera...vivendo in una dacia statale...un comunista.
p. 28 Camminava attraverso il boschetto, per arrivare a casa, una dacia che aveva
affittato per migliorare la sua salute, peggiorata per i due anni di lager in Mordovia, dove
lui era stato inviato nel cosiddetto “periodo di stagnazione” / una dacia che aveva affittato
per migliorare la sua salute, peggiorata per il cosiddetto “periodo di stagnazione”.
Alcune tra le ripetizioni precedentemente citate riproducono il linguaggio parlato,
altre hanno un intento ironico.
Altre ripetizioni, invece, sono state sapientemente “costruite” per creare una rete di
93
corrispondenze tra i vari racconti. Infatti, anche se quasi tutte le storie sono indipendenti, ci
sono personaggi e frasi che ritornano e che costituiscono il fil rouge di tutta l'opera: la satira
contro il regime comunista:
−
la data della Rivoluzione d'ottobre: 7 novembre (25 ottobre) 1917 (che si incontra
almeno 10 volte nell'opera), di cui si festeggia il solito anniversario;
−
il querceto del racconto di pag.29, al quale è legata una moltitudine di antichi e più
moderni racconti, leggende e storie vere (storie di eccidi, soprattutto) torna a pag. 50;
−
l'espressione non è rimasto più nessuno per lavorare (pp. 16, 34) rimanda alle “purghe”
staliniane: solo negli anni 1931 – 1953 furono sterminate circa 800.000 persone;
−
le opere letterarie dal contenuto ideologicamente dannoso e diffamatorio (pp. 22, 35, 40)
sono le opere non “di partito”, come si legge nello scritto di Lenin L'organizzazione di
partito e la letteratura di partito: “La letteratura deve diventare di partito...Abbasso i
letterati apartitici! Abbasso i letterati superuomini!”
−
pp. 13, 21 “Voice of America”, “BBC”, “Deutsche Welle”: radio occidentali, citate come
esempio di passatempi e interessi “pericolosi”, in quanto "cosmopoliti".
Per quanto riguarda i personaggi presenti in più di un racconto, a pag 53 ritroviamo
l'ufficiale G.U.Lag di pag. 13. Il “filosofo”, invece, ritorna tre volte nei racconti di pag. 19,
30 e 51. Alla fine, il personaggio del filosofo si sovrapporrà all'autore.
La frase “la città di K., che si trova sul grande fiume siberiano E., che sfocia nel Mar
Glaciale Artico”, ripetuta sei volte, sottolinea il legame dell'autore con la propria città
natale, Krasnojarsk.
Una delle difficoltà che si incontrano traducendo un testo letterario sta nella
riproduzione dell'“atmosfera” che l'autore crea grazie alle peculiarità del suo stile.
Nel caso di Popov, i suoi “marchi di fabbrica” sono:
- SARCASMO E IRONIA SUL REGIME E SUL PARTITO COMUNISTA
Nell'introduzione leggiamo un'ironica giustificazione preventiva dell'autore: “i testi
riportati di seguito appartengono non a me, coscienzioso cittadino dell'URSS, preso dalle
fatiche della perestrojka, ma al mio personaggio”.
Le notizie su Lbov ricordano un dossier dei servizi segreti:
94
“Celibe. Partecipa attivamente alla vita sociale. Sul lavoro si è dimostrato un
compagno operoso e pieno di iniziativa. Si è sempre preoccupato di accrescere la sua
creatività e di accumulare conoscenze tecnico-scientifiche.”
Satira sulla poca attenzione verso le problematiche ambientaliste:
p. 19 “Cessò il clamore delle battaglie della guerra civile, i comunisti ristabilirono
l'economia distrutta dalle azioni di guerra e i campi, ma dopo tutto fu distrutto di nuovo a
causa del totalitarismo.”
p. 48 “Sembrava che la natura, come tutto il popolo sovietico, fosse anch'essa in perfetto
accordo con i comunisti, fino a che non la deturpassero definitivamente.”
Riferimento al realismo socialista:
p. 25 Lui presentava della sciocchezze in forma di “nuova arte”, spazzando via tutta quella
vecchia, senza rendersi conto lui stesso di quale pericolosa stupidaggine stesse facendo.
Satira sull'ideologia ed il partito comunista:
p. 20 Purtroppo, in seguito tuttavia crebbe... poiché la quantità di cellule umane ancora non
dipende dall'ideologia comunista.
p. 23 Severi ma giusti metodi dei comunisti
p. 29 I loro volti nemici erano sfigurati da vodka, droghe e mancanza di fede in tutti quei
cambiamenti benefici che avvengono nel Paese per iniziativa dei comunisti.
p. 16 Questo comunista da non molto è uscito dal partito [...] E questa è la loro seccatura:
uscire, entrare, riorganizzare. In questa faccenda ancora non mi ci raccapezzo.
p. 29 La tessera del partito si illuminò di luce rossa e questo bagliore aumentava e
aumentava: la tessera emana una sorta di raggio laser che difende il comunista dagli
aggressori
p. 33 Il nostro cavallo comunista
L'opera del letterato decadente Fetisov viene definita una “sporca composizione”, “squallida
e mediocre” (secondo lo “stile di un verbale del GB”), in quanto si discosta dai dettami del
partito in materia di letteratura: E poi, non avrei voluto occuparmi di congetture, ma qui
traspaiono visibilmente certe negligenze nascoste con difficoltà nei riguardi dell'Esercito
Sovietico, in generale verso il popolo sovietico e l'inviolabilità del confine che questo
esercito protegge. Prendersi gioco dei sentimenti bassi dei lettori!
95
- GIOCHI DI PAROLE, per es. nella scelta dei nomi propri dei personaggi:
l'ufficiale G.U.Lag (con evidente riferimento ai campi di lavoro forzato), Lbov (da
лоб = fronte), probabilmente chiamato così a causa della sua calvizie, Ivan Ivanyč ricorda
Akakij Akakievič de Il cappotto di Gogol'.
Per il resto, quasi nessun altro personaggio ha il nome proprio: tranne l'attore
Aleksandr Nikolaevič, il ragazzo Ed'ka, la nipote del filosofo Manja, la donna operaia
Dusja, Tamara e l'autista Nikitin; gli altri sono: il comunista importante, la moglie del
comunista importante, il compagno del comunista importante, un comunista ignoto, un
filosofo, un giovane, un commerciante, un letterato, un kulak, un contadino...
- COMMISTIONE DI VARI REGISTRI LINGUISTICI

Linguaggio giuridico:
Erano comprese nei relativi punti dell'articolo del Codice penale della RSFSR 70 e
190/1 (agitazione e propaganda antisovietica, divulgazione di fatti inventati di cui è
manifesta la falsità, che denigrano il sistema statale e sociale sovietico).

Colloquiale-scurrile:
- Qualcosa tipo comitato cittadino, comitato distrettuale o comitato regionale.
- E anche loro sono per la libertà, e che, diamine, se qualche volta hanno preso una
strada sbagliata, non hanno fatto nessun grosso guaio: dopotutto non giochiamo
mica per soldi...
- Bisogna cacciarli dalle loro f... madri e fine della storia!
- Era uno stronzo, non un comunista!

Metaforico / poetico:
- Ed ecco che già una fitta nebbia cominciò a strisciare sulla terra buia ricoperta di
erba...era bianca, e i fili d'erba cominciarono a brillare come monete per la rugiada
appena caduta...
- Ona p'jana, besstyža, smjata. / Vo sne bormočet: “Mužika!” / Eë lico po-detski
svjato. / Duša pečal'na i legka.
- CITAZIONI LETTERARIE
p.10 Riscrivendo in modo nuovo il romanzo di Turgenev, intitolando la sua opera “La
vigilia della vigilia”
96
p. 12 Là, in regioni oltre le stelle (da Il demone di Lermontov)
p. 26 Vorremmo mettere in scena l'opera di Nikolaj Ostrovskij “Come fu temprato l'acciaio”
p. 26 La ragazzina incontrata dal comunista sulla strada per lo stagno ricorda la protagonista
di Lolita di Nabokov
p. 31 Gridavo, ma quando finirà tutto questo, tutte queste porcherie e questi cani pastore
dei lager ricorda l'opera di Vladimov Il fedele Ruslan, una satira sui gulag raccontata dal
punto di vista di un cane da guardia.
p. 32 I dodici comunisti ricordano il poema di Blok I dodici, che, a sua volta, si riferisce ai
dodici apostoli di Gesù.
p. 44 È presente anche un'autocitazione: il suo prototipo, a proposito, è stato il piccolo
impiegato G. P. Lbov. Vd. Pag. 134)
- uso di PAROLE STRANIERE, soprattutto in senso ironico: la lingua russa si è
intasata di parole come “iniziativa”, “alibi”, “confessione”, “conversione”, “consenso”.
Sono state utilizzate due diverse strategie traduttive delle parole straniere, a seconda
del caso; nel caso in cui si trattasse di un termine ormai entrato a far parte del vocabolario
russo, è stato tradotto con il vocabolo equivalente straniero, ma ormai d'uso anche nella
lingua italiana:
Per es. путч, è stato tradotto con putsch
Nel caso, ad esempio, di бюстгальтер e лифчике , la prima è una parola tedesca
(Büstenhalter) entrata nel vocabolario russo, la seconda è una parola russa (anche se di
origine olandese). Per un lettore russo, comunque, entrambi i vocaboli risultano familiari:
То есть на ней были такие трусы, что их как бы и не было совсем. То же самое
должно было бы сказать и о ее лифчике (бюстгальтере).
Nella traduzione italiana, si voleva rispettare la scelta dell'autore di due parole
diverse, una delle quali straniera, ma, non essendoci in italiano una parola con le stesse
caratteristiche, si è optato per la compensazione.
Traduzione letterale:
Cioè, portava delle mutande, che era come se non ci fossero proprio. Lo stesso si
sarebbe potuto dire del suo reggiseno (bjustgal'ter).
97
La traduzione è stata la seguente:
p.26 Cioè, portava un reggiseno, che era come se non ci fosse proprio. Lo stesso si
sarebbe potuto dire delle sue mutande (culottes).
I due capi di biancheria sono stati invertiti, poiché, per quanto riguarda il secondo
vocabolo (mutande), esiste un termine straniero (in questo caso, francese) corrispondente,
che ormai è entrato a far parte del vocabolario italiano (culottes).
- PROVERBI. Come si evince anche dall'intervista, Popov ama i detti popolari. Non
c'è esatta corrispondenza tra i proverbi russi ed italiani, quindi i primi sono stati tradotti con
proverbi italiani che utilizzano immagini e metafore differenti, ma di uguale significato:
p. 14 Brat' na gorlo = lett. Prendere per la gola, significato: cercare di ottenere
qualcosa con discussioni, grida.
Traduzione: alzare la voce
p. 15 Ni v kakie vorota ne lezet = lett. Non entra in nessun cancello.
Traduzione: non sta né in cielo né in terra
p. 21 Podlival masla v ogon' = lett. Gettava olio sul fuoco.
Traduzione: gettava benzina sul fuoco
p. 32 - Lenin , Trockij, daj ognja. Ne kuril četyre dnja = Lenin , Trockij, il fuoco, dai!
Per quattro giorni non fumai.
Il proverbio è stato tradotto in modo letterale, conservando la rima; è stato aggiunto il
punto esclamativo.
p. 32 Kulak byl ni živ ni mertv = lett. Il kulak non era né morto né vivo. Traduzione: Il
kulak era più morto che vivo
Chot' sto raz skaži “izjum”, slašče vo rtu u tebja ne stanet = lett. Anche se dici cento
98
volte “uva passa”, la bocca non ti si addolcisce.
Traduzione (p. 35): Anche se dici cento volte “miele”, la bocca non ti si addolcisce. L'
“uva passa” è stata sostituita dal “miele”, in quanto quest'ultimo è più presente nella cucina
italiana rispetto al primo; infatti, nei proverbi italiani, il concetto di “dolcezza” è spesso
associato a questo alimento: si dice “dolce come il miele” (e non “dolce come l'uva
passa”...)
S etim-to kak raz i vyšla osečka = lett. Colpo mancato / cilecca
Traduzione (p. 38): in questo modo fece proprio un buco nell'acqua.
Anche se non c'era un proverbio nell'originale, è stato aggiunto perché rendeva bene il
concetto ed era in linea con lo stile del racconto, ricco di frasi idiomatiche.
p. 42 Ne po zubam = Non è pane per i denti di...
p. 43 Ne deržat' figu v karmane libo kamen' za pazuchoj...
Traduzione: non tenere un corno in tasca o una serpe in seno... La “serpe” del
proverbio italiano sostituisce la “pietra” (kamen' ) del proverbio russo
p. 53 Ne razlej voda = il significato più o meno letterale di questa frase è “non si
versa l'acqua”, nel senso che le due persone sono così vicine che nello spazio tra loro non
passerebbe neppure una goccia d'acqua. Per questo motivo si è optato per la traduzione
sono cuciti a filo doppio
p. 55 Kakogo-nikakogo= traduzione: storto o morto
p. 47 Pust' s kašeju vo rtu = lett. Anche con la kaša in bocca. Traduzione: anche se
balbetta
- METALETTERATURA. C'è una forte interazione tra l'autore / narratore ed il lettore
(Il lettore ha il diritto di chiedere perché...) e, spesso, l'argomento della narrazione è la
narrazione stessa, il racconto: [Ivan Ivanyč] è uscito e sarà assente per tutto il racconto e,
alla fine: Lo so, l'ho letto: sembra che una fine del genere per un racconto si chiami “finale
aperto”.
La realtà si interseca e si confonde con la letteratura; Popov, per la stesura di
99
Restoran Berezka, si è ispirato a molte persone realmente esistite:
Si chiamava R. S. – L'ispiratore è il poeta Roman Solncev (1938-2007)
In alcuni casi, i personaggi sono addirittura più reali delle persone, tanto che l'autore
(nelle note del 2009), a distanza di 19 anni, non ricorda più la persona che ha ispirato un
personaggio del racconto: Ho dimenticato chi era l'ispiratore di questi due Aleksandr
comunisti.
La figura dell'autore e del personaggio-filosofo si sovrappongono (E io sono un
filosofo, ed io vivo in una dacia statale ed ho una tenera, affettuosa moglie, dei figli, e sono
oberato dal mio amato lavoro, e sono stato in Cecoslovacchia, in Finlandia, in Germania,
in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Italia, in Polonia, negli USA) fino a fondersi
completamente: E lui iniziò a provare angoscia e ripugnanza fino al punto che fece persino
il tentativo di convincere me, da un lato autore, dall'altro personaggio, a non scrivere più
“racconti sui comunisti” e il poema.
Il filosofo, che è l'alter-ego dell'autore, cerca di convincere l'autore (che si definisce
sia autore che personaggio...) a non scrivere più il racconto di cui entrambi sono i
protagonisti!
Se il filosofo e l'autore sono la stessa persona, chi è che cerca di impedire a Popov di
scrivere i racconti...? Se stesso? Una parte di sé?...
La letteratura diventa realtà e la realtà diventa un memoriale in forma letteraria.
100
INTERVISTA A E.A.POPOV
1) Il poema e i racconti che formano Restoran Berezka sono stati scritti
contemporaneamente o separatamente?
Separatamente. Il poema è stato scritto durante i primi anni '70, quando vivevo a
Krasnojarsk (1968- 1975) dopo la laurea all'Istituto di geologia di Mosca nel 1968. Il poema
intenzionalmente prolisso è stato scritto esclusivamente per lo svago dei miei amici e per
sbeffeggiare i comunisti. Mi sono ricordato del poema mentre scrivevo il testo in prosa
“Restoran Berezka” e ho assegnato al “positivo” attivista di partito l'invettiva sulla
perestrojka, questa volta parodiando la demagogia comunista della perestrojka sul “ritorno
alla norma leninista” e sul “socialismo dal volto umano”, che predicava allora Gorbačëv. Ho
scritto i brani in prosa separatamente un po' nel 1988 e un po' nel 1989 nei dintorni di
Mosca, quando ancora esistevano l'URSS, il PCUS e la censura. Il testo fu pubblicato per la
prima volta nella rivista “Znamja” nell'aprile del 1991 qualche mese prima del fallito putsch
comunista senza la prima novella (il comitato di redazione mi chiese di eliminare quel
brano, poiché alcuni tra i dirigenti comunisti ricordavano Gorbačëv e El'cin).
2) Di solito scrive di getto o ci mette molto tempo per completare le sue opere?
Come è andata per R. Berezka?
Ci sono testi che scrivo velocemente e praticamente senza brutta copia, come se
qualcuno me li dettasse. Ci sono testi che riscrivo 10-15 volte. Distinguerli è praticamente
impossibile, io stesso ora ho dimenticato cosa ho scritto facilmente e cosa in modo
tormentato. Ho scritto la parte in prosa di “Restoran Berezka” più o meno in un mese, prima
a mano e poi l'ho battuta a macchina. I versi li ho aggiunti dopo. L'idea di aggiungere i versi
e di chiamare tutto questo “Restoran «Berezka»” mi è venuta durante il processo di scrittura,
con i versi ho legato i brani in prosa, differenti per modo di composizione e per tema.
3) Come è nata l'idea di scrivere “Restoran Berezka”?
Da tempo volevo mostrare la quotidiana idiozia dei dirigenti comunisti dell'URSS di
vario rango. Ma capivo perfettamente che per un testo del genere mi avrebbero senza dubbio
101
messo dentro. Nel 1988-1989 iniziarono già a liberare i dissidenti e le persone che erano in
prigione per “propaganda antisovietica”. Inoltre non mi piaceva la nuova demagogia della
perestrojka con il suo slogan “più socialismo”. Pensavo che la perestrojka sarebbe durata
ancora due anni e poi finita, nel migliore dei casi, come la “Primavera di Praga” del 1968.
Tra l'altro, se nel 1991 avessero vinto i putschisti, sarebbe stato così. Per questo mi sono
affrettato a dire la mia, finché si poteva.
4) Il linguaggio usato in "Restoran Berezka" è molto vario (gergale, burocratico...)
e ricco di realia tipici dell'Unione Sovietica e della Russia; è una parodia, uno
straniamento o altro? O forse non aveva uno scopo preciso e Lei voleva semplicemente
mostrare la realtà e la lingua reale?
Non è né una parodia né straniamento. E’ il linguaggio quotidiano di un Paese in cui
l’assurdità e la realtà sono la stessa cosa e dove il gergo della malavita e il linguaggio
burocratico facilmente si intrecciano l'uno con l’altro nell’ambito della lingua russa
SOVIETICA.
5) Mi racconta un aneddoto, un episodio, legato alla creazione dell'almanacco
"Metropol'" che le è rimasto particolarmente impresso?
Di episodi forti ce ne sono stati molti. Quello che colpisce di più è il fatto che io
pubblicamente e ostentatamente stenografai la riunione sulla stroncatura di “METROPOL’”
che si tenne all’Unione degli Scrittori. Ved. http://magazines.russ.ru/nlo/2006/82/de14.html
6) Se non avesse partecipato alla creazione di "Metropol'", crede che la sua
carriera sarebbe stata diversa?
Il conflitto con la stampa ufficiale sarebbe stato inevitabile. Avrei prima o poi iniziato
a pubblicare in Occidente poiché al tempo di “METROPOL’” avevo già scritto moltissime
cose, ma gli organi ufficiali, nonostante la mia notorietà, non volevano pubblicarmi perché
temevano la censura e i dirigenti comunisti.
E in seguito – che fortuna avrei potuto avere. Forse mi avrebbero messo dentro,
anche se non mi sono mai occupato di politica.
102
Forse mi avrebbero mandato all'estero. Forse avrei aspettato silenziosamente la
perestrojka. E' poco probabile che la mia carriera si sarebbe realizzata. Per tutta la vita ho
scritto e scrivo quello che voglio io, non quello che vuole qualcun altro.
7) A differenza di altri scrittori che hanno partecipato alla creazione di
"Metropol'", lei ha deciso di non emigrare. Che rapporto ha con la Russia e, in
particolare, con la sua città natale Krasnojarsk?
La Russia è la mia patria e la amo, Krasnojarsk è la mia piccola patria, mi ricordo
sempre che sono nato proprio lì, so che non sono solo russo, ma anche siberiano. I siberiani
sono molto diversi dai russi europei della zona centrale della Russia. In Siberia non c'è mai
stata la servitù della gleba e la gente non aveva paura della prigione accanto.
8) Che ruolo hanno gli scrittori nella società odierna e che ruolo avranno, secondo
lei, nella società futura?
In Russia gli scrittori erano rispettati,sono rispettati e saranno rispettati. Come in
Germania lo sono, ad esempio, i professori. Anche l'ultimo degli scrittori in Russia è
considerato una guida. Per la gente semplice è qualcosa di simile ad uno sciamano o uno
stregone.
9) Cos'è per lei la libertà? Si sente libero come uomo e come scrittore?
Sì, mi sento libero. Come scrittore, mi sono sempre sentito libero. Come uomo, non ero
libero sotto il totalitarismo e sono RELATIVAMENTE libero ora.
La libertà è quando mi lasciano vivere ed io, da parte mia, lascio vivere gli altri.
Questa è un'utopia ed è impossibile, come l'assenza di impurità nell'acqua che beviamo o
nell'aria.
La libertà è quando la percentuale di MANCANZA DI LIBERTÀ è insignificante. Ed
ogni uomo decide da sé qual è questo limite.
103
10) Qual è la sua paura più grande? Come la affronta?
La paura che io inizi a sfruttare le altre persone. Non voglio essere a capo di nulla,
nemmeno di scrittori. Per questo ho rifiutato, ad esempio, la carica di vice-presidente del
PEN-centre.XL
11) Anche se vive da anni a Mosca, l'essere siberiano influisce sulle sue opere?
Sì, influisce. Molti temi e realia dei miei testi sono siberiani. Ved. risposta alla domanda n.
7.
Ho portato nella letteratura russa il nome idiomatico della mia città natale, che ora
nella letteratura russa è chiamata “la città di K., che si trova sul grande fiume siberiano E.,
che sfocia nel Mar Glaciale Artico.”
12) Lei viaggia molto. C'è un posto dove non è mai stato e vorrebbe andare? E un
posto dove ama tornare spesso?
Ho viaggiato molto in Russia, nelle sue città più piccole e per il mondo. Non mi va
più di andare da nessuna parte, persino dove non sono mai stato. Per esempio, in India o in
Africa. Da lunghi anni vivo a Mosca. Amo andare in Siberia, ma per brevi periodi. In
generale preferisco stare nel mio studio di scrittore, sebbene non rifiuti mai un invito,
soprattutto
se
il
viaggio
non
è
troppo
lungo.
13) So che è stato varie volte in Italia. Cosa le piace di più e cosa non le piace del
nostro Paese?
Mi piace la gente italiana e il loro atteggiamento verso i russi. Non è un
atteggiamento cerimonioso, né altezzoso né sprezzante, come in alcuni altri Paesi, non mi
metto a dire quali.
I russi e gli italiani hanno cose da dirsi, e bisogna tenersi stretti, difendersi dai pericoli
XL
PEN- centre — organizzazione internazionale non governativa che riunisce scrittori professionisti, redattori e
traduttori, che lavorano in vari ambiti letterari. Il nome del gruppo “PEN” viene dalle parole inglesi poet, essayist,
novellist nonché dalla parola inglese pen (penna).
104
del mondo attuale, nonostante siamo molto diversi e la vodka per un russo è più dolce del
vino. Io, grazie a Dio, non ho problemi con gli italiani. Mi sento perfettamente a mio agio,
anche senza sapere l'italiano, in tutte le trattorie. Ma non posso soffrire i ristoranti lussuosi e
alla moda. E non solo perché lì spillano molti soldi ai visitatori.
Ciò che non mi piace quando sono in Italia è non sapere l'italiano per capire di cosa
parlano tra loro gli uomini e le donne italiani. Ma, in generale, se ci fosse qualcosa che
proprio non mi piace, non ci andrei. In Italia persino i comunisti, che io generalmente non
posso
soffrire,
in
qualche
modo
mi
risultano
simpatici.
Una città, uno scrittore e un cibo italiano che ama particolarmente?
Sono stato molte volte in Italia. Ho tenuto delle lezioni a Bologna, Firenze, Pisa,
Pescara, Forlì, Bergamo, Padova. Sono stato ad una fiera del libro a Milano. Ho visitato
Roma, Venezia, Napoli, l'isola d' Ischia, Penne, una piccola città incantevole, sono andato da
Roma
a
Pescara
attraverso
le
montagne
dell'Abruzzo.
Più di tutto, dell'Italia mi piace la Toscana. Non le città toscane grandi e famose piene di
turisti, ma le piccole, a volte quasi paesini, come Borgo a Buggiano, non lontano da
Montecatini. Sogno persino di comprare un piccolo appartamento da qualche parte in
Toscana per venire più spesso sia da VOI che da ME STESSO.
Il mio piatto preferito è la Trippa alla Fiorentina, accompagnata dal vino della casa.
Sempre a Borgo a Buggiano, nel minuscolo ristorantino “Il contadino da Ave”, una
vecchietta prepara divinamente la pizza, che di solito non mi piace, ma lì mi piace.
Conosco piuttosto bene il cinema classico italiano. La letteratura del XX secolo di meno.
Ciononostante, mi piacciono vari italiani: D'Annunzio, Pirandello, Moravia, Pasolini e
Tonino Guerra, che ho l'onore di conoscere. Non mi piace Marinetti, così come non mi piace
Majakovskij.
14) Dai suoi racconti e dai "post" del suo blog si comprende che ama molto i
proverbi. C'è un proverbio che usa più spesso, che le piace più di altri?
105
Ho inventato un'espressione enigmatica, ma molto adatta alla mentalità russa: “per
circostanze NON indipendenti dalla nostra volontà”. È una parodia dell'espressione ufficiale
e burocratica, forse intraducibile in italiano, “per circostanze indipendenti dalla nostra
volontà”. Ma descrive bene il casino attuale e una situazione in cui nessuno risponde di
nulla. LA CASA È BRUCIATA PER CIRCOSTANZE NON INDIPENDENTI DALLA
NOSTRA VOLONTÀ. Inoltre, mi piace il proverbio degli svelti vagabondi siberiani che
parlano di sé con modestia: “Io non sono uno di quelli che si sono buttati sotto un carro
armato e sono entrati per primi nella città”.
Inoltre, mi piace la formula russa del pluralismo “Dove vive il gatto, può vivere anche
il cane”.
Anche il proverbio popolare piuttosto volgare, ma che si trova in una delle vecchie
edizioni del vocabolario Dal': “Non puoi fare una scorreggia più grande del culo” descrive
molto
bene
il
fallito
tentativo
di
instaurare
il
comunismo
in
Russia.
15) Su quale progetto sta lavorando attualmente (a parte il racconto che sta
pubblicando periodicamente su LiveJournal?)
Insieme allo scrittore Aleksandr Kabakov stiamo completando un libro di interviste sul nostro
vecchio amico Vasilij Aksënov che è morto l'estate scorsa. Sto preparando la versione cartacea del
romanzo «АRBEIT. Quadro ampio». Lentamente sto scrivendo un nuovo libro di racconti sulla
realtà della vita nella nuova Russia, che è ancora più fantasmagorica della realtà della vita sovietica.
106
Bibliografia
Opere di E.A.Popov
POPOV E.A., Restoran berezka, in “Znamja”, M. 1991, n.3, pp. 133-159.
POPOV E.A., Restoran berezka, M. 2009.
Traduzioni in italiano
POPOV E.A., Strane coincidenze, Milano 1990.
Articoli e interviste
POPOV E.A., Prekrasnost' žizni ili poiski smysla pročnosti in “Literaturnaja gazeta”, M.
1988.
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