Doma Vaquera verdadera
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Doma Vaquera verdadera
Doma Vaquera verdadera di Roberto Bruno Presidente AAEE Italia Per capire la Doma Vaquera la si deve praticare e non solo: occorre anche conoscerla in profondità e quindi ripercorrere la storia dalle sue origini. L'origine della Doma Vaquera è in stretta correlazione con l'origine del Toro Bravo dato che la caratteristica di questo tipo di doma è in funzione degli usi delle distinte faenas che sono necessarie per la gestione di una ganaderia Brava. Il percorso deve tener conto di tre elementi chiave: l'area sociale, il gruppo familiare, e l'ambiente rurale dei vari territori. Il sociale. Dobbiamo risalire al Medioevo periodo in cui l'intera Penisola Iberica era suddivisa tra tre entità distinte e collegate: La Chiesa, il Feudalesimo e l'Aristocrazia. Allora il Toro Bravo non viveva in nuclei riuniti ben precisi e soggetto alla selezione da parte dell'uomo. Era un animale selvatico che vagava quasi indisturbato tra le grandi steppe, pianure e zone palustri, las marismas, boschi e montagne, selvatico come il cervo, la capra iberica, il cinghiale..e tutti gli altri animali selvatici non addomesticati e selezionati dall'uomo. La sopravvivenza di questi animali selvatici era garantita dalla selezione naturale, obbedendo alle leggi della natura. Nel medioevo dunque il toro deve essere definito Toro Iberico Selvatico. I signori dell'aristocrazia feudale, in previsione di speciali celebrazioni tipo matrimoni e/o eventi stabiliti e concordati con la Chiesa, permettevano - o anzi ordinavano - al popolo di invadere le loro terre e cacciare alcuni esemplari di tori selvatici per assicurarsi scorte sufficienti di carne per la durata dei festeggiamenti. Uomini a cavallo si incaricavano di radunare i tori selvatici e condurli in gruppi più o meno numerosi fino al centro dell'abitato che normalmente era una piazza, quasi sicuramente la cosiddetta Plaza Mayior. In questo luogo altri cavalieri erano incaricati di Lancearlos cioè colpirli con le lance, per dar morte agli animali. Questo è sicuramente da considerare come il primo tipo di encierros, che ancora oggi viene praticato in regioni come la Navarra, Pays Bascos, Extremadura e Andalucia. Come dicevo il tutto si svolgeva a cavallo e per questo si può intravedere il principio del Rejoneo. Certo è che nei luoghi interessati da questi eventi il Toreo de a piè non esisteva. Anche se a volte comunque era necessario l'intervento piè a tierra per “puntigliare” (apuntilliar) il toro, e cioè recidere il midollo nella zona immediatamente dietro le corna all'attaccatura della testa l'animale. In questa fase si intravedono figure rimaste celebri nel tempo noti con la definizione di Chulo o Matatoros. L'Aristocrazia dell'epoca era molto impegnata nell'esercizio della guerra; sopratutto si ritrovava e si esercitava nelle Reales Maestranzas servendosi del Toro Iberico per addestrare i cavalli ed esercitarsi loro stessi “all'arte della guerra”, come allora era definita, ed anche per i tornei. A Jerez de la Frontera erano celebri i tornei e le feste, dove venivano chiuse le strade adiacenti a el Arenal e si toreavano con la lancia (la terminologia corretta dice: agarrochar) tori che il giorno precedente erano stati radunati e, con il sistema del encierro,accompagnati dal Campo all' Arenal de Jerez. Nomi ancora oggi noti e famosi tra i Jinete dell'epoca sono: I Ponce de Leòn, Nunez de Villavicencio, i Dàvila ed altri, mentre altri ancora che non si avventuravano ad agarrochar toros, si dedicavano ai giochi equestri tipici come “Juego de cannas” o “Escaramuzas”. Indossavano vestiti in broccato d'oro e sete preziose e come copricapo il Ciambergo cioè un cappello con ala larga, dove una era ripiegata verso la coppa ed adornata di sontuosi piumaggi. Naturalmente tutto si svolgeva con il bene placito ( approvazione concessa agli inferiori) dalla Chiesa per il Popolo. Fiestas de Toros:da fonti scritte di carattere storico e letterario dei secoli XVI e XVII, il toreo a cavallo dei Nobili si definiva “ fiestas de toros” che avevano luogo nelle Plazas Mayores e del Mercato, quando questo spazio era all’aperto. Importato dall’Italia nel Rinascimento, con maggior fasto che nel periodo medioevale, si estende per l’Andalucìa, Levante e Castiglia. In Madrid, nel Palazzo Real de El Buen Retiro così come si realizzano le rappresentazioni di Prosa, novelle teatrali e poesia del “ Siglo de Oro”, si celebrano in privato Fiestas al cospetto delle Maestà di Spagna. ( Tratto da: Il Diccionario del Arte De Los Toros dello Scrittore critico ed investigador della scuola Cervantes, D. Josè Carlos De Torres, Edito da Allianza Editorial del 1996). La famiglia Allora come oggi, sia riguardo ai Ganaderos che ai Peones o Cavalieri, la famiglia assume una enorme importanza . Il saper pratico era - e lo è anche oggigiorno tradizione trasmetterlo tra nonni e padri e da padre ai figli: in quei luoghi si è letto poco e scritto ancora meno, quindi non sono mai esistiti trattati o manuali al riguardo: il tutto veniva trasmesso oralmente e nella pratica quotidiana. Attualmente grazie alla scolarizzazione, ai libri, allo stravolgimento tecnologico di internet esiste del materiale scritto eppure ancora oggi questo tipo di sapere viene tramandato “al campo”. L'uffizio della Doma Vaquera è quindi stata trasmessa oralmente da generazioni in generazioni. Sono molte le immagini a noi pervenute che ritraggono l'ambiente familiare di un Vaquero durante una notte invernale davanti al fuoco di un camino con i propri figli e nipoti magari con qualche jinete esperto, nell'atto di raccontare e spiegare come si deve eseguire una “suerte” o come montava il famoso... o come si era scampati da una “embestida” di un irascibile “Civico”; o con altri aneddoti sul metodo di costruirsi una sella vaquera senza che essa potesse danneggiare il garrese del cavallo, o come si dovrebbe tosare un tupè o pelare le orecchie lasciando in punta “la mosca”. Questo avveniva ed avviene anche durante il giorno continuando a trasmettere ai membri della propria famiglia i dovuti insegnamenti per poter svolgere la professione come e con gli stessi metodi utilizzati dal nonno e dal bisnonno; le differenti imboccature che il vaquero stesso preparava, avvalendosi dei metodi e delle misure tradizionali come si vedeva in antichi disegni e forme arabesche gradevoli alla vista e sopratutto efficaci per l'uso. Spiegavano come si doveva tenere in debito conto l'equilibrio di una imboccatura che è dovuto al rapporto che c'è tra la lunghezza delle aste e la parte centrale che deve entrare nella bocca del cavallo, ancora oggi in uso.. e sentirete questo commento: La medida del porta-mozo tiene que ser la mitad de la pierna para que el bocado vaya en equilibrio passando poi a descriverne le differenze mantenendo equilibrio senza trascurare l'efficacia appropriata ad un cavallo piuttosto che un altro, quindi costruirne uno adatto e personale con una curva propria e non in quel caso come “cuello pichòn” o “asa caldera” che riposi sulle barre e non pizzichi il labbro della sua preziosa “ jaca.” Ai figli ad esempio, insegnavano come, prima di iniziare la marchiatura - “el herradero” - bisognasse accendere il fuoco di sterco (boñigas) per arroventare i ferri. Come si ripassano le vacche dopo el herradero, a ricordare qual è il vitello della retinta n° 103, a conoscere le fasi lunari ed in qualunque momento conoscerne gli effetti e le influenze climatiche addivenire di lì a poco e in caso di necessità come intervenire. Questo sapere ed apprendere non è scritto in nessun libro ma si trasmettere oralmente da generazioni in generazioni ed è il frutto di un’esperienza e di una cultura quotidiana. L'ambiente rurale L’ambiente rurale è il terzo punto per arrivare a capire ed a conoscere la Doma Vaquera Siamo certi che, come abbiamo detto precedentemente, la presenza del Toro Ibèrico Selvatico si estendeva per tutta la Penisola Ibèrica in maniera indiscriminata senza alcun intervento da parte dell'uomo, però man mano che si evolve la Tauromaquia e si va abbozzando una sorta di regolamentazione, parallelamente si evolve anche la nostra Doma Vaquera. La prima parte di Tauromaquia conosciuta e regolamentata è attribuita al Goya e la seconda viene attribuita ad un altro grande artista, Pablo Picasso, dove si va imponendo il Chulo o Matatoros surclassando la “Figura” equestre e il “Toreo piè a tierra” si va imponendo al “ toreo a caballo”. Per questo i Picadores si vestono de” Luces” (oro) come i Toreri, i Banderilleros si vestono de “Plata”( argento). Il Toro Ibèrico Selvaggio subisce una evoluzione: passa da essere considerato animale selvatico incontrollato, ad essere un animale raggruppato controllato e selezionato ad opera dell'uomo. da qui inizia ad essere definito “ Toro Bravo” e quindi inizia così l'uffizio ganadero, per il quale si richiede che un nucleo di capi possano essere allevati e destinati per una funzione ben precisa “ La Lidia”. Così nasce la Ganaderia Brava, con la separazione tra maschi e femmine, l'elezione di alcuni esemplari giudicati miglioratori a tori riproduttori, con il tentarli per provarne la “Bravura” che si definisce selezione ed è qui che l'uffizio del maneggio del Toro Bravo viene elevato a “ Doma Vaquera”. Si evince comunque che nuclei di “Toro Ibèrico” si incontravano ancora sparsi ed incontrollati per la Penisola Ibèrica. Con la selezione del nuovo Toro Bravo, oserei tracciare, per comprendere la diffusione delle mandrie, una linea geografica ideale. Questa parte dall' Andalucia, e più precisamente dalle valli dei fiumi Guadalquivir e Guadalete con incluso le proprie aree ambientali tipo “las marismas”, e risale fino all 'Extremadura, il Portogallo, Castilla ed al Campo Chiarro cioè la zona di Salamanca. In tutte queste zone si diffonde similmente lo stesso sistema ganadero, quindi sempre con uomini a cavallo. Un excursus a parte lo si deve per i nuclei dei Tori della Navarra, piccoli, agili, forti e fibrosi, che però data l'asperità dei luoghi, non erano vigilati montando a cavallo. Essi erano - e lo sono ancora oggi - sorvegliati da pastori a piedi, uomini armati di lunghe pertiche terminanti con ingrossamento sferoidale detto”porros”. Illustrata la diffusione generale in Spagna, ritorniamo in Andalucia dove troviamo testimonianze documentate in cui si avvia la selezione del Toro Bravo. Iniziano a formarsi i primi stereotipi, le “ Castas Fundacìonales”, cioè le famiglie di coloro che hanno dato vita alla ganaderia brava e precisamente la Vazquena e la Vistahermosa che comunque ancora oggi sono considerate il vero e proprio Nucleo della Razza Brava, tra le più importanti di tutta la Spagna, il Portogallo e la così denominata Hispanoamèrica. Va detto anche quanto deve aver influito sia nel mondo del cavallo sia per quello del Toro Bravo la scoperta dell'America. E' certo che ad esempio il Toro Bravo che oggigiorno viene allevato e selezionato per la Lidia nelle aree Centroamericane come Mexico, Colombia, Venezuela e Perù fu importato dai Gesuiti, senza alcuna intenzione di destinarli per l'arte di Torear ma bensì per difendere i loro possedimenti terrieri che venivano spesso invasi da banditi ed aggressori. Ancora una volta riscontriamo l'intervento e l'influenza della Chiesa nell' evolversi dell'allevamento della Razza Brava,quindi la Chiesa in questo caso si è servita del Toro Ibèrico per difendere i suoi possedimenti oltreoceano. L'Andalucia è il punto di origine del Toro Bravo selezionato, e si colloca certamente nei territori compresi tra tre “Pueblos”, che verso sud, provenendo da Sevilla sono: Dos Hermanas, Los Palacios y Villafranca ed infine Utrera dove erano ubicate le marismas del Guadalquivir. Certo è che nel 1697 nasce in Utrera D.Pedro Luis de Ulloa I Conte de Vistahermosa che sposa D.na Maria Teresa Halcòn de la Cala, sorella del Marchese di San Gil. Considerato un buon Aficionado al Toro Bravo come altri di nobile casta, Don Pedro Luis acquistò nel 1770 da D.Tomàs de La Riva che teneva nei possedimenti a Dos Hermanas una quantità di vacche che avevano già assunto un certo prestigio nel “ Mundillio Taurino” che naturalmente spostò nei suoi possedimenti di Utrera aiutato dai suoi uomini a cavallo. Così il Conte di Vistahermosa iniziò la selezione che si definisce ancora oggi “a Campo abierto”con l'ausilio di Garrochistas che correndo dietro le vacche infliggevano la “ Voltareta” cioè letteralmente le ribaltavano puntando la garrocha nella fossetta dell'attaccatura della coda (penca del rabo) e le preparavano per essere tentate con la picca, arma nella mano del picador della casa. A quell'epoca non si tentavano le vacche nelle “ placitas de tienta “ in uso tutt'oggi ma a Campo Abierto: i Garrochistas la derribaban precisamente dove aveva indicato il ganadero ed i Tentadores (i picador de la casa a servizio della Tienta): così sono definiti con questo termine i cavalieri in funzione dell'uffizio che svolgono e non devono e non vengono detti “Picadores”. Questo termine infatti è riservato ai cavalieri che svolgono uffizio nelle Plazas de Toros affrontando la carica di un animale considerato adulto compiuti 5 anni e di peso non inferiore a 450kg, mentre durante il tentadero gli animali hanno circa 2 anni e pesano meno della metà. E' con questo uffizio che si determinano i canoni di identificazione e metodo del maneggio a cavallo del Toro Bravo e così nasce la Doma Vaquera.