All`ultimo giro

Transcript

All`ultimo giro
Prima
Lei si sveglia. Lo sento perché il suo corpo caldo, sotto le lenzuola, si
scosta dal mio. E¹ un fatto istintivo mettere una certa distanza in questi
casi. Era bello comunque osservare il velo sopra il suo corpo, le forme che
disegnava, il movimento del suo respiro, il calore. La guardo alzarsi e
andare ad aprire gli scuri. Lo fa sempre.
Poi dirà che è già il tramonto, che è tardi, che deve scappare via. Io la
prego di restare con me solo un altro po¹, ma lei no. Mi sorride, ma su
questo è inflessibile.
Così non posso fare altro che accendermi una Davidoff e guardare questa
meraviglia che si riveste nella mia camera da letto.
E¹ il quinto martedì pomeriggio di fila che mi faccio mandare lei. L¹agenzia
che pago per procurarmi un po¹ di compagnia extra non mi fa certo un
dispetto: da quando l¹ho avuta per la prima volta chiedo sempre lei, e con
quel che pago me la mandano sempre. Bellissima e puntuale.
E poi lei dice che le piaccio, perché sono giovane e ho un posto pulito.
Dice che le tocca spesso di peggio, fuori da casa mia. Forse sarà questo,
forse sono i cento euro di mancia che le lascio ogni volta sul mobiletto
dove appoggia i vestiti.
Per fare in modo che il prossimo martedì, sia sempre lei a bussare alla mia
porta.
Vedete, i cento in più non sono un problema. Sono ricco.
E sono anche solo.
Poi, come sempre, lei vede i diversi contenitori di pillole posati sugli
scaffali. Devo smettere di lasciarli in giro dappertutto.
Sai mi dice potresti anche pagarmi con un po¹ di queste.
Agita in mano una bustina di pillole. Sa bene cosa sono.
No le rispondo.
Perché no? A te non costano nienteŠ
Sono campioni. E poi te l¹ho già detto. Non posso darti quella roba.
Ma perché?
Per la ragione più semplice.
Perché fa male.
1
The white line
La sottile linea bianca
Comincia a essere tardi. Più di quello che all¹inizio avessi previsto per
concludere quest¹affare. Siamo tutti chiusi nel privé di una bettola da due
soldi e sappiamo tutti che non uscirà nessuno finché tutto non sarà
concluso.
Nessuno si farà scappare la pazienza. No. Sanno per chi lavoro. Mettersi
contro di lui è pericoloso. E poi con me ci sono Gas e Strauss, e alla
minima mossa sono pronti a scattare e a fare dei grossi buchi nelle piccole
teste di questi piccoli stronzi.
Il problema è che il materiale ce l¹ha fornito il capo, e l¹ho tagliato
personalmente. E quando dietro alla merce ci sono io, ogni dannato operatore
di questo dannato mercato, da Cesenatico a Riccione, sa che c¹è da fidarsi e
che il prodotto è buono. Un cliente soddisfatto è un cliente che torna.
La questione è che questi, tutto fumo e poco altro, credono di poter
decidere loro il prezzo. E allora è diventata una gara di resistenza. Perché
io quando tratto il risultato del mio lavoro non mi abbasso di un
millimetro.
Eh no.
Gas è già li che accarezza la Beretta e io gli faccio segno che no, non
perdiamo la calma anche noi, sennò qui va tutto a puttane. Però lo capisco.
E il terzo briefing di stanotte e ogni volta la situazione si fa più
difficile. Siamo usciti da casa mia alle dieci di sera e credevamo che fosse
tutta routine. Invece sono le 4 e un quarto di mattina e siamo chiusi qui,
con delle persone che non sanno fare il mestiere.
Basta, è ora di chiudere.
Questi ci fanno un¹offerta che è il settantacinque per cento di quello che
volevamo per la singola chilata. Ma io non mi abbasso e dico che troveremo
qualcun altro che farà il lavoro sulla costa. Noi riforniamo solo gente che
lavora con i nostri standard. Faccio segno a Strauss di prendere il
materiale. Ce ne andiamo.
Il bluff è lanciatissimo. Quando i miei due collaboratori sono sull¹uscio,
mi alzo dalla sedia, guardo questa specie di rincoglionito che mi sta
davanti e mi sembra uscito da un b-movie americano anni Ottanta con tutti i
suoi noi non ci stiamo fratello, porta rispetto fratello, lo guardo negli
occhi e sto per andarmene, e mi manca veramente poco per varcare la soglia
di questo privé, quando abboccano.
Va bene fratello, hai vinto tu.
Un¹altra palla in buca.
Ora vi chiederete cosa facciamo per vivere, vero? Forse qualcuno di voi ci
sarà già arrivato. E¹ semplice. Spacciamo droga. Non fatemi la morale, vi
prego. Là fuori c¹è un mondo difficile, sapete? E poi noi trattiamo sulle
grandi quantità, mica come la maggior parte degli idioti che vedete davanti
alle stazioni di mezzo mondo, o che scendono per strada quando voi andate a
dormire.
C¹è un mondo parallelo attorno a quello normale. Un mondo vischioso, sporco,
brutto e cattivo, ma anche triste, solitario y final, se capite quello che
voglio dire.
E comunque noi lavoriamo a un livello superiore. Teniamo un profilo basso,
ma guardiamo in alto. Siamo dentro a un meccanismo che funziona. Ecco.
Gas mi lascia di fronte a casa, io salgo e mi servo un¹acqua tonica.
Vogliamo fare una chiacchierata? Ma sì. Seduto sul mio tavolo, con i
pensieri che mi scivolano fuori insieme alle preoccupazioni di tutta una
vita, sono pronto a parlare.
Mi chiamo Mattia Raul Gallo. Quasi tutti mi chiamano Mister Gallo. Gli amici
mi chiamano Mattia, e così anche il mio unico e grande capo. Nessuno mi
chiama Raul: era il nome di mio nonno paterno.
Ho avuto una vita complicata.
Nasco quasi 30 anni fa in un paese di campagna del profondo nord. Inutile
dire che odio quel posto. Non ci vado da secoli. Mio padre muore che avevo
quindici anni, dopo una vita passata a lavorare in fabbrica in cambio di due
soldi.
Mia madre ebbe dei problemi da quel momento in poi, cominciò a bere.
Quando ho compiuto diciotto anni sono scappato via a gambe levate,
abbandonando lei e una sorella di sei anni. Una bambina che non ha
conosciuto il padre e ha visto andar via il fratello. Non la vedo da allora.
Vi faccio un po¹ schifo, vero? Non avete tutti i torti. Però c¹è dell¹altro.
Quando andai via ero una persona egoista, ma per una parte di voi non ero
ancora un criminale. Oggi per le leggi vigenti lo sono. Lasciamo perdere
tutte le cazzate sul fatto che un¹infanzia difficile possa rendere una
persona più cattiva della norma. O più insensibile. Non prestate attenzione
a questi discorsi, dentro non c¹è neanche un grammo di verità.
Bene, a diciott¹anni andai a Rimini. Come son diventato quel che sono negli
ultimi undici anni non vi riguarda più di tanto. Sappiate solo che la fame e
il bisogno spingono anche l¹uomo più onesto sulla via della perdizione. Ora
sono un pusher ben quotato, con qualche anno di esperienza sulle spalle e
un¹organizzazione che ha fiducia in me dietro le spalle. Lavoro per un uomo
importante che rifornisce tutta la costa e l¹entroterra romagnolo. Il mio
capo compra grandi quantità di droga direttamente dai produttori e la
rivende al dettaglio agli spacciatori locali. Il mio compito è vagliare la
qualità della merce in entrata e preparare al dettaglio la merce in uscita.
Arriva un carico? Il mio capo prima di acquistare si rivolge a me per capire
quanto vale al chilo. Una volta acquistata la droga, io coordino la squadra
che taglia il tutto e tengo i contatti con gli spacciatori locali, i quali
riforniscono la costa. Io faccio il prezzo, chi ci sta ci sta. La nostra
merce non è a buon mercato, ma la qualità è garantita. Certo, potremmo
abbassare i prezzi facendo saltare fuori quattro chili di coca invece che
tre dopo il taglio. Ma non bisogna essere ingordi. Questo è un business che
se fatto con degli elevati standard di qualità fa la fortuna di tutti,
garantito: dal produttore colombiano al consumatore locale, passando per i
vari intermediari. Me compreso. La ricchezza, a patto di seguire determinate
regole, pian piano arriva per tutti.
Ci sono comandamenti a cui una persona nella mia posizione deve
assolutamente attenersi. Per esempio mai attirare l¹attenzione. Il che vuol
dire non comportarsi come quei papponi da due soldi che riforniscono di
puttane tutta la costa. Fanno la bella vita per un anno o due, poi arriva
qualcuno che prende il loro posto. Quindi, attenzione. Volare basso. Mai
fare affari che non si è sicuri di portare a termine. L¹incompetenza costa
la vita. Si può fare qualcosa di grosso solo se si è sicuri al cento per
cento di portare a termine il tutto.
Poi bisogna avere le spalle coperte.
Chi fa questo deve avere qualcuno che gli guardi il culo.
Quando vado a trattare sul prezzo di una quantità di merce, non sono le armi
di Gas e Strauss a farmi sentire sicuro, ma il nome della persona per cui
lavoro. Un uomo che è capace di infliggere lunghe e inutili sofferenze prima
di una morte atroce a chi gli si mette di traverso.
Quindi se volete fare in proprio pensateci bene. Avete delle palle d¹acciaio
e la fortuna del Diavolo allo stesso tempo? Potete provare, ma forse non
basteranno.
Terza regola, mai usufruire della merce che si vende. Bisogna tenersi
lucidi. La dipendenza da qualsiasi sostanza alla lunga può nuocere
gravemente, lo sanno anche i bambini. Ma noi siamo esposti a grandi
tentazioni. Chi fa il mio mestiere si muove tra le ombre senza farsi notare.
Fidatevi di me, io al massimo mi concedo una Cuervo Gold e come vi dicevo
qualche sigaretta Davidoff.
A parte queste regole, è una questione di fortuna. Carpe diem. Bisogna
cogliere l¹attimo. Per quanto la droga faccia male, non lo fa più
dell¹utilizzo sconsiderato di alcol e tabacco. Quindi se sono legali loro,
prima o poi qualche governo deciderà di intascarsi una grossa fetta della
torta e dichiarerà tutto il business legale e statalizzato. E allora io,
come tanti altri pusher di alto, basso e medio livello, ci presenteremo in
fila dinanzi a un ufficio di collocamento.
Ah, non vi ho ancora detto cosa smerciamo. Con cosa intossichiamo le menti
vostre e dei vostri figli, e voi a non domandarvi mai che parte ha la vostra
prole in tutto questo.
Be¹, oggi va per la maggiore la cocaina. Tira il mercato ed è richiestissima
dalla middle class, come si dice. Non ci credete? Attenti. Ne fanno uso due
operai su cinque. Due ragazzi su dieci tra i diciotto e i trent¹anni. Uno su
dieci sotto i diciotto. Ed è un mercato in espansione. A volte trattiamo
anche l¹ecstasy, l¹hashish, la marijuana.
Anche gli acidi: vanno forte nei locali, nelle discoteche frequentate dai
ragazzi tra i sedici e i venticinque. Hanno gli ormoni in movimento, pensano
che calarsi un trip possa dar loro una mano. Sono convinti di piacere di
più. Ma se hanno comprato robaccia è come giocare alla roulette russa.
Non trattiamo eroina, invece. Sta tornando forte, è vero, soprattutto da
sniffare. Ma non ce ne crucciamo. C¹è sempre tempo.
La mattina mi sveglio alle nove. Alle nove e trenta vengono due ragazzi
della mia squadra per il lavoro che dobbiamo fare oggi. Sono arrivate
diverse partite di cocaina e dobbiamo tagliarla. Prima ne analizziamo la
purezza. I ragazzi si chiamano Paolo Canè e Filippo Barreca. Lavorano nel
laboratorio che ho ricavato nel mio salotto. Voi vi chiederete cosa ci fa un
laboratorio all¹interno di un salotto: e se devi far entrare qualcuno fuori
dal giro a casa tua, come fai, vi chiederete? Semplice, nessuno entra.
Volare basso, no? Sempre. Nel nostro giro non si frequentano persone fuori
dal giro. La mia vita è il mio lavoro. Certo, ogni tanto si festeggia con i
colleghi e si dà una bottarella a qualche fanciulla. La maggior parte delle
volte a pagamento. Avventure di una notte, sia chiaro. Comunque Filippo e
Paolo sono fantastici. Li ho addestrati personalmente. Riempiono per ogni
campione una scheda di valutazione ideata da me e alla fine la sottopongono
al sottoscritto.
Perché, vedete, la cocaina non è tutta uguale: innanzitutto bisogna
distinguere la roba pura da quella già tagliata. Di solito noi trattiamo
quella pura: questa parte dal Sudamerica con destinazione Spagna. Poi con
qualche gigantesco e insospettabile tir viene spedita in tutta Europa.
Oppure passa da qualche oscuro paese africano in cui, con qualche banconota
nelle tasche giuste, si può far entrare e uscire ogni cosa dalla frontiera
senza subire imbarazzanti controlli.
In questi casi, non ci rimane altro che tagliarla. Nessun problema, quindi.
Qualche pensiero in più ce lo danno i carichi che ci arrivano già tagliati.
Al giorno d¹oggi la cocaina si può tagliare con un numero infinito di
prodotti: caffeina in polvere, paracetamolo, efedrina, glucosio, destrosio,
barbiturici, insetticida, detersivo in polvere, gesso per intonaco, farmaci
di vario tipo, stricnina, amfetamina e perfino con lassativi in polvere.
Qualcuno, per darsi un tono, la taglia addirittura con la polvere da sparo,
ottenendo così la famosa brown-brownŠ il taglio con le anfetamine va per la
maggiore... per incentivare l¹effetto stimolante.
Noi però dobbiamo stare attenti. Quindi, se un fornitore ci propone una
merce tagliata con insetticidi o stricnina, meglio tirarsi indietro
dall¹affare. Perché a volte con un taglio sbagliato ci scappa il morto, e in
questi casi è meglio che le schifezze che gli troveranno nel sangue con
l¹inevitabile autopsia, non sia stato tu a mettergliele sotto il naso.
Questa è la parte del lavoro più semplice. In ogni caso, oggi bisogna
terminare il lavoro per mezzogiorno. Dopo arriva Gas a prendermi. Il capo
vuole vederci alla sua spiaggia privata.
E chi siamo noi per dire di no?
2
Mister Brando
Mister Brando
Gas mi viene a prendere abbastanza puntuale. Scendo dalle scale ed è freddo.
La primavera dei luoghi di mare tira di questi scherzi. Ho sempre desiderato
vivere in un posto di mare, fin da piccolo. Ora che ci vivo penso spesso a
come siano singolari le strade che ti portano dove desideri. La spiaggia
privata del capo è fuori città e ci vorrà un po¹ prima di arrivarci.
Gas, vecchio mio, abbiamo cominciato assieme. Era uno dei ragazzi che viveva
per le strade notturne di Rimini, un povero diavolo come tanti. Ma che
sparava come nessuno. La mano sinistra del diavolo. Poteva colpire una
moneta da un euro in volo e farci un buco perfettamente centrale con un
proiettile di piccolo calibro. Niente padre: morto. Niente madre: morta. Due
fratelli maggiori finiti chissà dove: uno forse in Thailandia, l¹altro
probabilmente in galera. Quando cominciai, l¹organizzazione per cui lavoravo
nove anni fa me lo mise a fianco. Da allora ci siamo sempre mossi allo
stesso modo. Quando il capo si fece vivo con me la prima volta, chiesi a Gas
di seguirmi e lui accettò. Da allora siamo una squadra. Io faccio il lavoro
che sapete, lui mi copre le spalle. Il che è impegnativo. No?
Aspetto trascurato, sguardo talvolta incazzato, bassotto ma atletico. Non è
esattamente la persona che fa paura al primo incontro, ma questo lui lo ha
sempre considerato un vantaggio.
Meglio che le persone ci sottovalutino. Faranno sempre in tempo dopo a
pentirsene.
Come dargli torto. Il nostro collaudato duo, è però recentemente diventato
un trio: ci è stato affiancato, non perché ne avessimo bisogno, dal capo in
persona una nuova recluta molto promettente: Sebastian Strauss.
Un vero psicopatico. Nazionalità spagnola, ma di padre tedesco, un passato
nei corpi d¹intervento dell¹esercito spagnolo: prima nelle forze speciali
stanziate in Catalogna, nei momenti caldi dell¹Eta, poi in Iraq.
Vi farò due esempi. Durante l¹addestramento, ai tempi in cui Strauss era
ancora una recluta, aveva un istruttore di tecniche di lotta corpo a corpo
che gli spiegava come si sarebbe dovuto comportare in caso fosse rimasto
disarmato durante un combattimento. Questo qui era un vero sadico, e
prendeva sempre di mira Strauss a causa della sua corporatura allora esile e
per nulla atletica. Alla terza settimana di corso, Strauss, prima del solito
scontro con il tizio istruttore, presagendo la solita tartassata, prese la
sua pistola d¹ordinanza e gli sparò a entrambe le rotule. Volevano cacciarlo
fuori. Ma qualche pezzo grosso rimase impressionato, e la fama da pezzo di
merda dell¹istruttore fece il resto. Alla commissione d¹inchiesta, alla
domanda su come intendeva cavarsela senza i fondamenti della lotta corpo a
corpo, Strauss rispose seccamente: Non intendo rimanere disarmato.
Capito il personaggio?
Fece carriera nell¹esercito, ma ai tempi di Aznar, quando il contingente
spagnolo era ancora in Iraq, Strauss ebbe la bella idea di sparare al piede
di un soldato semplice che si era rifiutato di eseguire un ordine. Davanti a
una troupe televisiva della Cnn. La faccenda era così grossa, che neanche le
reti filo governative spagnole potevano permettersi di non trasmettere il
filmato. Lo buttarono fuori dall¹esercito a calci nel culo. Doveva
affrontare la Corte marziale, ma qualche amico dei servizi segreti lo fece
fuggire in Argentina. Da allora per qualche mese girò il mondo. Poi apparve
a Rimini agli ordini del capo. Mistero. Viaggia sempre con una valigetta
nera: Dio solo sa cosa ci sia dentro.
Lavora con me e Gas, e vi dirò che se uno riesce a dimenticarsi che è un
fottuto psicopatico, allora è pure simpatico. Ci si può bere in compagnia
anche una birra. D¹altronde non è che noi siamo il Circolo dei boyscout...
Del capo nessuno conosceva il vero nome. Noi lo chiamavamo semplicemente
capo, come lui ci aveva semplicemente richiesto. In città era noto con il
nome di Mister Brando, ma eravamo tutti certi che non vi fosse alcuna
corrispondenza con il suo nome vero. Abitava in una villa da cui partiva un
sentiero che conduceva a un pezzo di spiaggia rigorosamente privata. Lui era
solito ricevere lì chiunque. Teneva approntato un tavolo a pochi metri dalla
battigia, con alcune sedie per la verità molto comode.
Noi tutti gradivamo questo tipo di riunioni in periodi più miti, come tarda
primavera o il caldo settembrino. Fatto sta che a marzo in spiaggia, a pochi
metri dal bagnasciuga c¹era sempre un freddo... comunque parcheggiammo sulla
collina e ad attenderci c¹era la signorina Zit, l¹assistente personale del
capo, colei che gli organizza gli appuntamenti di un¹agenda sicuramente
fittissima.
Mentre scendiamo il sentiero, potrei dirvi cosa so del mio datore di lavoro.
Peccato che sarebbe un discorso breve e conciso. In realtà nessuno sa molto
di lui. Io, dopo anni di onorato servizio sono diventato la persona a cui fa
riferimento per la compravendita nel nostro elitario settore, ma sono sicuro
che dietro a una persona come lui ci dev¹essere molto più che il commercio
di droga. In quella spiaggia c¹è sempre un gran via vai di gente, e si narra
anche di persone importanti ricevute da Mister Brando. Un anno e mezzo fa,
mentre stavo andando con Gas a fare rapporto su una partita che si era
conclusa in maniera molto favorevole, vidi allontanarsi dalla spiaggia
privata una figura che avevo già visto su molti giornali: era un ministro. E
le feste estive che il nostro capo organizza nella sua tenuta sono sempre
frequentate da personaggi in vista: alcune starlette, gente di televisione,
imprenditori, palazzinari, qualche onorevole. Tutto il cazzo del jet-set.
Quindi il capo contava molto di più di quel che si potesse credere. E già
quel che si credeva era notevole.
Stavamo percorrendo il sentiero. Nonostante fossimo gente fidata avevo
sempre la sensazione di essere sorvegliato. Doveva esserci un ulteriore
servizio di sicurezza, oltre ai bodyguard che bivaccano a non più di 20
metri dal capo in ogni singolo istante della sua vita. Una particolarità:
molti elementi del servizio d¹ordine sono donne. Un giorno Gas chiese a
Mister Brando il perché di questa particolare decisione e lui gli rispose:
Ogni donna che fa questo mestiere per essere rispettata al pari di uomo avrà
fatto sacrifici dieci volte superiori a quelli di un collega. Quindi sarà
più veloce, più preparata e più letale. Un consiglio per te Gas, che già in
questo mestiere sei saggio nonostante la tua giovane età: in una sparatoria
con più obiettivi da eliminare, spara sempre prima alle donne. Ricordatelo.
Il capo ama stupire.
Ora non crediate che sia una persona vecchia e saggia. Deve avere un¹età tra
i trentacinque e i quarant¹anni. Si taglia i capelli cortissimi e ha una
carnagione olivastra, non si sa se per le troppe lampade, o per qualche
lontano parente africano. Cela il suo sguardo sotto occhiali da sole, di cui
ha numerosi esemplari tutti identici.
Quando arriviamo al tavolo davanti alla battigia ci ha già fatto portare una
Cuervo Gold e un gin lemon per Gas.
L¹affare è andato bene dico alla fine hanno pagato quel che dovevano
pagare.
Sono lieto di sentirtelo dire. E gli altri incontri precedenti?
Come avevamo concordato.
Bene dice pensoso sorseggiando un cocktail variopinto e ora c¹è già
dell¹altro lavoro per voi.
Fa un segno con la mano e la signorina Zit gli portò una valigetta.
Stanotte arriva un carico di cocaina a cui non è ancora attaccato il
nostro nome. La portano qua dei Turchi, la vendono per finanziare un campo
di addestramento paramilitare.
Si ferma per bere una altro sorso del suo daikiri.
Adesso loro sanno che non possono vendere all¹ingrosso qui prima di
parlare con noi. Il loro capo è un certo Slatan. Ha un appuntamento con voi
alle 20 nella suite 66 dell¹Hotel Consorte. Dai un¹occhiata alla merce. Se
ci piace, Mattia, la compriamo al prezzo che decidiamo noi. Altrimenti che
la vendano a chi gli pare!
Faccio un segno di assenso con la testa.
Ricordatevi, i turchi sono una razza bastarda. Quindi all¹occhio anche tu,
Gas. E portatevi dietro Strauss. Se c¹è puzza di bruciato, lui la sente
subito. Qui nella valigetta ci sono tutte le informazioni che vi servono.
Potete andare... ah, un¹ultima cosa, Mattia, ci sono novità per te.
Quel che mi disse dopo era davvero strano: un tipo dei servizi sociali mi
aveva cercato negli uffici comunali di Rimini. Ora ci sarebbe da dire che la
maggior parte delle persone che lavorano per Mister Brando all¹anagrafe
risulta scomparsa o deceduta. Io stesso, qui, ho un¹identità fittizia.
Non so come sia possibile che qualcuno venga a cercarmi in questa città con
il mio vero nomeŠ comunque qualcuno aveva fatto domande su dove potermi
trovare e aveva lasciato un numero di telefono. Il capo, avendo molte
amicizie, sapeva tutto.
L¹assistente sociale cercava proprio Mattia Raul Gallo. Non c¹erano dubbi,
ero proprio io.
Aveva lasciato una busta con una lettera e un numero su un biglietto. E di
entrambi il mio capo era ovviamente già venuto in possesso. Me li aveva dati
insieme alla valigetta. E aveva aggiunto di informarlo degli sviluppi della
vicenda appena ne avessi saputo qualcosa di più.
Ma ora non avevo il tempo di farmi prendere dalla curiosità.
Alle 20.00, come diceva il capo, dovevamo essere al lavoro.
E c¹era ancora un dossier da leggere.
3
Turkish Rapsody
Rapsodia turca
Pare che Slatan sia il capo di un gruppo paramilitare collegato ai servizi
segreti turchi. Per finanziarsi spacciano cocaina un po¹ dappertutto sul
globo terracqueo. Più in direzione Europa che verso Est. Hanno la fama di
tagliagole.
E se devo dire la verità questo un po¹ mi preoccupa. Siamo abituati a
lavorare con gente che fa il mestiere. Gente certamente pericolosa, ma che
sa che fare cazzate non conviene a nessuno. Questi turchi sono teppaglia.
Spacciano coca solo per finanziare ad armi pari la loro guerra intestina con
il PKK. Non hanno il tipico modo di ragionare della categoria.
D¹altro canto noi abbiamo Strauss, che come figlio di puttana, in classifica
è ben piazzato. Leggo sul dossier che il fratello di Slatan, tale Serkann,
per scommessa a Dublino ha mangiato un uomo.
Anche lui deve essere ben piazzato. Pare che sia sempre al fianco di Slatan,
ma che stasera, eccezionalmente, non ci sarà. Meglio così.
I turchi saranno in quattro o cinque. Una cifra standard. Ma la cosa che mi
preoccupa di più e che la loro cocaina di solito se la tagliano da soli. E
di solito fanno un lavoro di merda. Da ingordi. Roba di pessima qualità. E
sicuramente, anche se varrà la pena di comprare, se ci piace, per dirla con
Mister Brando, daranno noie sul prezzo.
Alle sette congedo Paolo e Filippo . Oggi hanno già fatto abbastanza. Ora mi
devo preparare per la serata. Una doccia prima aiuta sempre a schiarire le
idee. Alle sette e mezzo suona Gas al campanello e dice che sarà Strauss a
passarci a prendere. Sale in casa e apre una valigetta. Dentro ci sono
quattro pistole di diverso calibro.
Ne vuoi una? fa.
... non so neanche come si impugna, lo sai.
Però ha ragione lui. Prima o poi dovrei imparare a difendermi.
Mentre mi cambio, Gas pulisce, olia e carica tutti i cannoni che si è
portato dietro. Alle sette e 40 arriva Strauss, stuzzicadenti in bocca e
valigetta nera sempre in mano.
Scendiamo tutti insieme e andiamo verso l¹Hotel Consorte. E¹ un hotel in cui
organizziamo spesso questo tipo di incontri. Conoscere i luoghi aiuta in
questo lavoro. Non è fondamentale, ma aiuta.
Arriviamo, nella hall c¹è un tizio dalla pelle olivastra, con una barbetta e
una faccia che non ci si può sbagliare. E¹ uno dei loro. Ci riconosce e ci
viene incontro. Non ci diciamo niente e lo seguiamo.
La suite 66 è all¹ultimo piano e dal balcone si vede il mare. Dentro ci sono
altri quattro turchi. In tutto, con il barbetta della hall sono cinque. Come
da dossier. Slatan è in piedi davanti alla finestra che dà sull¹immenso
balcone. Serkann non c¹è, e questa è una buona notizia.
Meno teste di cazzo in giro.
Vogliamo approfittare della splendida vista? chiede Slatan.
Strauss mi fa capire che no, la trattativa la facciamo dentro. Non so
perché, ma se lui dice così a me sta bene.
Meglio dentro faccio.
Spostano un tavolo sotto le luci al neon del soggiorno e mi fanno accomodare
su una sedia di fronte a Slatan. Strauss è in piedi dietro me e Gas, si va a
servire una soda all¹angolo bar. Non è una cosa educata, ma è un po¹ come
dire che siamo padroni della situazione. So che sembra una cazzata, ma farsi
i fatti propri in casa d¹altri funziona.
Slatan fa segno a uno dei suoi, un certo Basturk, di portare un campione
della merce. Questo prende una valigetta e in maniera plateale la appoggia
sopra al tavolo. Io non muovo lo sguardo dalla faccia di Slatan.
Slatan mi fa segno di aprire la valigetta. Prendo un campione a caso. Lo
apro, assaggio con la lingua.
Guardo Slatan.
Mi serve qualche minuto dico.
Venti, trenta minuti, è il tempo che mi serve per determinare la qualità.
Per vedere cosa c¹è dentro. Ho portato tutti gli strumenti del mestiere.
Quando ho finito so se quel che stiamo trattando ci piace o non ci piace. Ed
è qui che mi trovo a un fottuto stallo.
Sì, perché la cocaina di questi turchi non è roba né di serie A né di serie
B. C¹è qualità, ma non alta qualità. Così io devo fare due o tre
ragionamenti prima di fare un¹offerta: essendo noi a gestire il mercato, non
è consigliabile fare un investimento in cui abbiamo tutto da perdere e poco
da guadagnare.
Tuttavia... se non compriamo noi, lo farà qualcun altro. Certo... nessuno a
Rimini comprerebbe se prima vogliamo comprare noi. Ma se noi molliamo l¹osso
qualcun altro lo afferrerà al volo. Nella mia testa lancio una moneta.
Compriamo.
Quindi prendo un pezzo di carta, e ci scrivo sopra quanto siamo disposti a
pagare. Il prezzo fa riferimento al chilo. Passo il biglietto a Slatan. Lui
lo apre e guarda la cifra.
E¹ poco dice.
E¹ quello che possiamo offrire.
E¹quello che volete offrire.
No, senti. La tua roba non è purissima. Non mi fa schifo, quello no,
guarda. Però non gioca nella massima serie.
Vogliamo di più.
SentiŠ
Vogliamo di più.
E qui comincio a preoccuparmi, perché la faccia di Slatan carica al rosso
vermiglio. L¹esplosione di rabbia è un classico. Provo a far tornare tutto
sui binari.
Ragioniamo attacco voi avete questo carico... considerevole, come
quantità. Troppo per non passare da noi. Ma questo lo sapete. La qualità è
quella che è: diciamoci le cose fuori dai denti. Tu sai che se un carico del
genere arriva a Rimini, se noi lo vogliamo comprare, e così è, visto che ti
ho fatto un¹offerta, noi lo compriamo. Tu saprai dell¹uomo che noi
rappresentiamo a quest¹incontro. Se ora non vendi alla cifra che ti ho
proposto io, nessuno comprerà. Non perché nessuno voglia. Ma perché tutti,
in questa città, non oserebbero. Quindi, fai quello per cui sei venuto.
Accetta.
Vogliamo di più.
Cosa cazzo ha che non va questo turco? Un registratore al posto del
cervello? Mentre lo guardo e sbuffo quello comincia a sembrare una pentola a
pressione. Fra poco questo esplode. Odio trattare con i militari.
Io ti ho fatto un¹offerta. Se non la trovi di tuo gradimento puoi sempre
andare a vendere altrove. Ma non qui, straniero. La tua coca non esce dalla
tua cazzo di nave se non vendi ora. Ti è chiaro?
Questo mi guarda in cagnesco e ripete il suo leitmotiv preferito.
Vogliamo di più.
... allora vaffanculo!
Mentre mi alzo dalla sedia per andarmene, il turco mi punta un fottuto
cannone in mezzo alla fronte. Quello che succede nei decimi successivi è
meccanico.
Immediato.
Gas estrae due cannoni dal giaccone. Uno lo punta sulla testa di Slatan e
l¹altro sulla tempia del barbetta che gli era a fianco. Un altro turco, uno
con la testa a pera, estrae contemporaneamente e punta su Gas, mentre
Strauss ha già puntato su testa a pera e su un altro turco a caso.
Tutti tranne me hanno estratto un¹arma. Sono capitato in mezzo a uno
stracazzo di mexican stand off. O ce la caviamo tutti o non se la cava
nessuno.
Sono questi i miei momenti.
Bene. Ora io mi alzo lentamente e noi ce ne andiamo tutti. Nessuno spara.
Nessuno si fa male.
La tensione si taglia con il coltello.
Io mi alzo in un paio di secondi, interminabili, e vedo che nessuno fa una
piega. Gas e Strauss, tenendo i cannoni puntati mi vengono dietro. Arretrano
un passo alla volta.
Quando siamo fuori dalla suite chiudo di scatto la porta e ci incamminiamo
verso le scale. Di fretta.
Merda, penso, è andato tutto a puttane.
Saliamo sulla macchina di Strauss che io ho ancora una pulsazione media di
120 battiti al minuto. L¹unica consolazione che ho è che non riusciranno mai
a vendere il carico.
Andata male dice Gas Mister Brando non sarà contento di questo.
Io non ne sarei così sicuro fa Strauss.
Scusami, ma di cosa vai blaterando, cristo santo?Š e poi hai dimenticato
nella suite la tua valigetta nera.
Strauss prende il solito stuzzicadenti, lo porta alla bocca con tutta la
calma del mondo, poi ci gela.
Appunto.
Quello che ci racconta dopo ha dell¹incredibile: la valigetta di Strauss, è
di per sé una trappola. L¹ha lasciata nell¹appartamento apposta.
La valigetta è un regalino del Mossad. Non chiedetemi come l¹ho avuta. Se
si prova a scassinarla senza avere la combinazione con cui aprirla, come
quei cazzo di turchi staranno sicuramente facendo ora, si aziona un
meccanismo che libera un gas. Un nuovo tipo di gas, al cloro, che si propaga
rapidamente negli spazi chiusi. Dopo dieci minuti a contatto con l¹aria
diventa innocuo. Ma per i primi dieci minutiŠ dicono sia un po¹ come
annegare.
Arrivo a casa e ho voglia di farmi una doccia. Se penso che adesso Gas,
Strauss e un altro paio di ragazzi, tornano là per finire il lavoro, ho la
nausea.
Già, non si possono lasciare cinque cadaveri dentro una stanza d¹albergo.
Hanno tutta la notte per farli a pezzi, né grandi né piccoli, quel che basta
per farli entrare in cinque sacche da tennis, pulire tutto in maniera
scientifica, sbarazzarsi dei rimasugli.
Per sicurezza Gas ha chiamato il numero interno della suite 66 da un
telefono pubblico. Non ha risposto nessuno.
Ho proprio bisogno di farmi una doccia.