Il Cavaliere della rosa

Transcript

Il Cavaliere della rosa
Musica Classica
Franz Coriasco
Il Cavaliere
della rosa
Libretto di H. von
Hofmannsthal, musica di
Richard Strauss. Roma,
Teatro dell’Opera.
■ Passare da Amica di
Mascagni, musicalmente
modesta nonostante il
bell’allestimento, e non
poco pretenziosa, al Cavaliere straussiano è come una ventata d’aria fresca dopo un pomeriggio
di scirocco. I tre atti dell’opera, anno 1911, in
una Vienna che ancora
non prevede la prima
guerra mondiale, brillano
per vivacità, scaltrezza
drammatica, umorismo
garbato e sinuosa sensualità. Strauss ha bene in
mente il Mozart delle
Nozze di Figaro, ne respira l’aria vaporosa, ma il
suo animo – e quello dell’amico librettista – contiene ambiguità, dolori,
ben più riposti e raffinati,
ed una malinconia che lo
scherzo, l’ironia, l’ambientazione in un Settecento idealizzato, non
riescono a nascondere. La
Marescialla, innamorata
del giovane Octavian, sa
che la sua storia d’amore
col diciassettenne è destinata a sfiorire non appena il ragazzo conoscerà il
vero amore: come puntualmente succede quando lui porta “la rosa” –
simbolo di fidanzamento
–, vestito d’argento abbagliante, alla saggia Sofia,
promessa sposa al grossolano barone Ochts. È
amore a prima vista. Nonostante duelli e ripicche,
destinato a finir bene.
Non per tutti. La Marescialla, che già nel finale
del primo atto ha meditato sul finire della bellez-
Falstaff verdiano. Ma la
ruota della vita che gira,
senza riuscire a fermare il
tempo, dona al valzer ricorrente una carica di verità e di dolce tristezza
che rende l’opera, oltre il
gioco teatrale e musicale,
una pensierosa osservazione della realtà. Le scene neoclassiche, luminosissime, di Ezio Frigerio e
C.M. Falsini
tempo una gran voglia
d’evolverne le grammatiche e le tematiche.
E in questo sapiente
equilibrio si sta dipanando anche la sua avventura esistenziale; quella di
un uomo di successo attento a non farsi fagocitare dal sistema. Con la
sua faccia da bravo ragazzo della middle-class,
Legend non solo è sceso
in campo per sostenere
l’amico Obama in campagna elettorale, ma è
anche impegnato in una
sua personale iniziativa,
Show me campaign a favore di alcune delle aree
più povere e degradate
della Tanzania. Un debito
di riconoscenza verso
quelle radici che tanto
hanno nutrito e continuano a vivificare la sua
musica. Tra le note di
questo Evolver trasuda
una grande fiducia nel
futuro e nella possibilità
di cambiamento implicita in ogni epoca di crisi:
la stessa che ha trasformato la scommessa di
Obama in una vittoria
sintomatica ed epocale.
I sei milioni di dischi
venduti finora, i Grammy
in bacheca, il prestigioso
Humanitarian
Award
2008, gli illustri ospiti di
sala del suo ultimo lavoro
(tra gli altri Kanye West,
Andrè 3000 e un vecchio
eroe del reggae come
Buju Banton) sono solo
alcune fra le tante soddisfazioni di un anno da incorniciare. Il mese scorso,
alla fine di un suo concerto newyorkese, a ballare con lui sul palco c’erano Barack e consorte, Billy Joel, e il boss Springsteen in persona. Non
male per uno che ha cominciato a cantare nel
coro della sua parrocchia.
ARTE E SPETTACOLO
za nello scorrere inesorabile del tempo, rimane
sola; ma sa, aristocratica
nell’anima prima che per
lignaggio, gioire per l’amore dei due giovani.
Strauss, reduce da lavori foschi e sanguinosi come Salomè ed Elektra, qui
ricama, con l’eleganza del
valzer – e non del minuetto di mozartiana memoria –, la leggiadria dell’amore, che non risparmia
nessuno, e sa essere delicato e appassionato, volgare e pulito. Ma l’Europa
dell’anteguerra con i suoi
sogni, la voglia di evasione
e le vestigia di una nobiltà
secolare, è fragile come
l’orchestrazione che ricama duetti innamorati,
cantabili dolci e “insieme”
di gaia ironia.
Sorride e gioisce
Strauss, sull’onda del
i costumi dai colori tenui
di Francia Squarciapino
hanno creato un ambiente di sofisticata eleganza
che la regia molto misurata di Nicolas Joel ha
sottolineato, dando scorrevolezza ad un lavoro
che non chiede di meglio
che d’essere lieve, per far
sognare e pensare. L’orchestra, diretta da Gianluigi Gelmetti con la
consueta dedizione, si è
misurata con sonorità
traslucide da far pensare
al cristallo, mentre il secondo cast ha offerto –
quasi sempre – una prova d’immedesimazione
in questo vero capolavoro, fuori dal suo tempo.
Tanto da desiderare subito di riascoltarlo nelle
splendide incisioni di
Karajan e Carlos Kleiber.
Scena da
“Il Cavaliere
della rosa”
di Richard Strauss,
rappresentato
all’Opera di Roma.
Mario Dal Bello
73
Città nuova • n.23 • 2008