Pericolo: Uomini Al Lavoro

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Pericolo: Uomini Al Lavoro
PERICOLO:UOMINI AL LAVORO
By Ken Clay
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Tra Barrow e Broomie esisteva una guerra fredda che a volte diventava calda. Erano
opposti. L’unica cosa che avevano in comune era un lavoro nell’officina delle Industrie
Chimiche Carlisle. Barrow, considerato dai colleghi la miglior mente, era stato destinato ai
lavori tecnici mentre Broomie, visto come il peggiore, lavorava al trapano. Questo era solo un
livello superiore allo spazzino, lavoro che lui aveva svolto prima di lavorare al trapano.
Eppure era Broomie che si vantava di essere colto, che indossava sempre una cravatta, la tuta
da lavoro stretta al corpo, che prendeva le piante d’interni, leggeva il Daily Mail e trivellava
con la stessa complessitá responsabile che la mente di un chirurgo utilizza per aprire un
cervello. Barrow, dal canto suo, era un volgare spensierato che si depilava il petto persino in
inverno, cantava canzoni volgari a piena voce, a volte portava a penzoloni tubi di gomma rossa
nel cavallo della tuta da lavoro e sentiva una preoccupazione condiscendente per Broomie.
Questi, venti anni maggiore che lui, era giunto al punto di perdere la fiducia nel collega.
Nonostante ció, Broomie doveva ammettere che i consigli di Barrow avevano la loro logica
intrinseca, come quella volta che aveva caricato refrigerante bollente per evitare che facesse un
buco di due centrimetri e mezzo in un acciaio inossidabile a 2000 rivoluzioni. Altre volte aveva
sospettato essere stato preso in giro, come quella volta in cui Barrow aveva richiesto un buco di
otto sedici e Broomie si era affannato a cercarlo tra i suoi strumenti ed aveva persino discusso
violentemente con l’addetto al magazzino.
L’unico talento di Broomie era quello di rovistare tra i rifiuti e gli scarti. In questo senso, la
giornata per lui era iniziata bene. Avvicinandosi alla sua macchina di lavoro vide un nota che
fuoriusciva dal tappetino di gomma. L’avarizia superó ogni speculazione su come aveva potuto
finire lá; la sua reazione immediata fu di nasconderla sotto uno degli stivali dalla punta
d’acciaio numero trentanove, almeno fino a quando tutti avessero abbandonato la pianta.
Quando Barrow lo chiamó, lo coprí con un bordo di quindici centimetri.
- «Cavolo Broomie, tienilo per te! Non mi dire, é il tuo turno. Se uno degli altri lavoratori se
ne accorge, mi lincia». Si avvicinó a Broomie sussurrandogli all’orecchio: «Riguarda un
pacchetto, una giacca». L’anziano responsabile dell’officina, adesso pensionato, lasciava gli
scarti in vista di una distribuzione generale.
-«Dov’é?»
-«L’ho nascosto in pianta. Lo porto piú tardi quando tutto é piú tranquillo».
-«Bene. Ben pensato Barrow. Questi schifosi avari non sanno comunque apprezzare le cose
buone».
Furono interrotti da un rumore spento seguito da un grido agonizzante proveniente dalla zona
servizi. Ronnie, il nuovo apprendista, aveva aperto il suo armadietto quando fu travolto da una
valanga di vecchi stivali di gomma.
-«Il fantasma ha colpito ancora!» - gridó qualcuno.
La prima volta era successo tre mesi fa, quando lui aveva appena iniziato a lavorare lí. Allora
era stato messo lí a colpi di gomito, spinto, punteggiato e assemblato, gli era stato inchiodato il
corpo dentro quella bara verticale a forma di contenitore che avrebbe dovuto contenere
solamente i suoi effetti personali.
Immaginó che qualcuno avesse una chiave e pertanto cambió la serratura. Ma alcune
settimane dopo era successo ancora: questa volta il volgare porco aveva messo un riccio morto.
Pensó lamentarsi al dipartamento di Salute e Sicurezza su questo corpo marcio che giaceva
vicino i suoi panini, ma poi ci ripensó e parló con il capo reparto che emanó semplicemente una
nota d’avviso generale. La prossima serratura sarebbe stata indistruttibile, o almeno questo era
quello che pensava fino ad oggi.
Una piccola folla stava giá innalzando l’iiritazione di Ronnie fino all’ultimo grado di rabbia.
-«Come ha potuto lo stronzo mettersi dentro?»
-«Dev’essere un maledetto genio!»
-«Suppongo sia un fantasma della chiave maestra».
Ed accettó questa versione dei fatti.
-«Certo! Non ci sono dubbi: un fantasma della chiave maestra!»
-«Maledetta chiave maestra!» - gridó Ronnie sull’orlo della pazzia - «Com’é potuto
succedere?» Aprí la mano per mostrare l’Invincibile, l’Impenetrabile e l’Imprendibile a coloro
che erano sicuri di non averlo visto mai.
-«Una serratura con combinazioni!». Ci fu un silenzio improvviso mentre davano l’impressione
di pensar seriamente.
-«Deve aver azzeccato la combinazione esatta» - disse Barrow affontando il problema con
una logica impeccabile.
-«Con cinque schifose cifre!» disse Ronnie. Stava frecuentando la scuola serale per ottenere il
Diploma Tecnico e non perdeva occasione di insegnare ai suoi meno fortunati colleghi.
Solamente una settimana prima aveva trascorso tutto il pomeriggio cercando di convincere il
vecchio Barney che in Australia si avvita dello stesso modo che lí.
-«Ció vuol dire centomila combinazioni» - continuó - «Chi puó provarle tutte?»
- «Io sono riuscito ad effettuarne soltanto quarantotto».
- «Qualcuno é riuscito a farne di piú?»
- «Non ci rompere le palle! Quarantanove».
- «Impostando una combinazione ogni quindici secondi» - continuó Ronnie ricordandosi dei
calcoli fatti a suo tempo - «si impiega quattrocento sedici ore per provarle tutte. Ovvero piú di
diciassette giorni lavorando ventiquattro ore al giorno!»
- «Ma allora com’é arrivato lí?»
- «Se sapessi la risposta mi sorprenderei io stesso» - disse mentre premeva i lati d’acciaio in
cerca di una cucitura a molle - «Giuro che lo scopriró a tutti i costi!»
Ritornando al lavoro Barrow si lanció precipitosamente verso la zona di lavoro di Broomie.
-«Aaaaaaagh! Cavolo Broomie questo é un vero pericolo! Quasi ho avuto un incidente dei vecchi
tempi lí!» Si spostó per raccoglierlo ma Broomie uscí dalla sua zona cosí in fretta che sbatté la testa
contro la cornice della porta.
-«Lascia perdere! Hai cose migliori da fare che stare a mettere in ordine con me, e poi é tutto
ricoperto d’olio, ti potresti sporcare le mani».
-«Uff!» - esclamó Barrow con un orrore esagerato - «Non vogliamo nulla di tutto ció».
Presto in quel luogo non ci fu piú nessuno. Broomie si diresse alla porta per prendere un pó
d’aria, e poi ritornó al trapano. L’angolo alla vista del biglietto aveva i famosi bordi verdi e
persino ció che sembrava essere l’immagine della regina. Il resto risaltava a grandi lettere
rosse e gialle “Vinci la riffa Gran Premio Nestlè!”
Sul finire del pomeriggio Barrow e la sua squadra, un lavoratore e un apprendista, uscirono
dall’Exafluoruro di benzene passando per la pianta d’insaccamento mentre si dirigevano alla
caffetteria. La pianta d’insaccamento era un edificio cupo d’acciao con alte finestre grigie dove
i passeri avevano fatto il loro nido. Nella zona sottostante quaranta enormi macchine da cucire
sferragliavano e giravano rumorosamente, ognuna controllata da una donna vestita d’azzurro. La
Grande Irma era la responsabile. Aveva il pacchetto di Barrow giá preparato e lui glielo pagó
con un abbraccio entusiasta. Le grandi labbra gommose di Irma si spiaccicarono contro quello
che sembrava un utensile da idraulico; le mani sudicie di Barrow affondarono nelle sue natiche
belle zeppe dando cosí inizio ad una oscillazione pelvica. Un tumulto umano rimbombó al di
sopra del frastuono meccanico. L’abbraccio finí in un grande e istrionico ansito da parte di
entrambi. Appena la sua squadra si allontanó Barrow andó a parlare con un giovane dai capelli
rossi che si trovava nell’angolo.
Dopo un pó arrivó alla caffetteria recitando una poesia.
“Oh tu, peloso e oscuro taglio
Vicino della merda
Perché gli uomini ci sguazzano
Pensando sia gloria eterna
Son fottuto se lo so!”
La sua tazza di latta lercia sembrava piena di vernice oscura color caobab. Versó il latte
condensato e tre cucchiaiate di zucchero. Ingoió golosamente questo fluido viscido.
-«Arrivi dovunque sia con tutto ció?» chiese Owen il lavoratore.
-«Arriveró dovunque sia? Sto arrivando dovunque sia? Chiedimi solo se sto arrivando
dovunque sia!»
-«Arrivando dovunque sia?»
-«Sono praticamente fottuto, caro Owen!»
-«Anche prima del tempo. Ci hai lavorato su per mesi».
-«É valsa la pena aspettare. Che corpo!»
-«Ha senso dell’umorismo?» chiese Trelli l’apprendista.
-«Sa cucinare?»
-«Ti piace prenderti gioco di Fanny Cradock?»
-«Qual é allora il gran problema?» chiese Owen.
-«É il suo vecchio uomo: un pazzo geloso che non la lascia mai uscire. E poi sta fuori di testa
per la caccia». Barrow inizió a ridere come fosse una gallina lasciandosi cadere indietro sulla
panchina. - «E domani sera...lui e i suoi amici....andranno fino al sud del Galles...per la loro
SESSIONE DI UNA NOTTE INTERA alla quale partecipano una volta all’anno!»
-«Viscido schifoso!» disse Owen.
-«E se ritorna?» chiese Trellie.
-«Ci sei? Sicuro? Sei qui con noi? Dritti al lavoro? In nome del creatore!»
-«Non ci rompere le palle! Lei è una ragazza per bene Owen, no una delle tue donnacciuole per
cazzi e trombette. Ci conosciamo solo da tredici settimane quattro giorni e nove ore.
Semplicemente mi trovo nella posizione di portarla fuori a cena in uno dei ristoranti piú cari
della zona... E dopo, accessi dai nostri cognac....chi lo sa?»
-«E la signora?»
-«Non posso portare anche lei. Sarebbe troppo costoso».
-«Beh, spero tu abbia pensato ad una buona scusa».
“Porteró i miei migliori attrezzi al lavoro e tu le dirai che devo lavorare fino a tardi con gli
evaporatori, forse tutta la notte».
-«Le diró che lavori come un cane, come un labradore di pura razza».
-«Puoi lasciare le tue cose nell’armadietto di Ronnie» - disse Owen. Iniziarono a ridere.
-«Chi cavolo é il fantasma?»
-«Diamine Trellie! Pensavo lo sapessi» - disse Owen - «É questo nero bastardo qui!»
-«E come ci riesci?»
-«Ecco la mia chiave» - Barrow estrasse una perforatrice rotonda dalla sua valigietta degli
strumenti.
-«Puoi rompere un lucchetto economico con quello, ma che mi dici della serratura con
combinazioni?»
-«Non provare nemmeno a toccare la maledetta serratura. Questo lo usi per rompere il cardine
di una porta».
-«Il cardine! Che mostro che sei!»
-«É meglio se ce ne andiamo» - disse Barrow - «Broomie sta aspettando la giacca». Si alzó,
appoggió il resto del corpo a terra e prese il pacchetto.
Broomie impallidí quando Barrow entró nell’officina con il pacchetto vistosamente strapieno
di fronte la sua tuta da lavoro.
-«Dentro la stanza, svelto!» disse guardandosi attorno nervoso.
«Come pensi di arrivare a casa? Non ti puoi far vedere sull’autobus con questo».
-«Cavolo no!» - Broomie viaggiava regolarmente con uno degli altri lavoratori fino alla stessa
fermata. - «Andró a piedi!»
-«É meglio. Peccato stia iniziando a piovere».
Broomie si infradició ma sapeva che ne valeva la pena. Appena giunto a casa, si tolse gli
stivali e chiese le forbici. Sua moglie lo osservava mentre apriva il pacchetto sul tavolo pulito
della cucina. Dentro il pacchetto c’era uno dei sacchi di carbone piú sporchi che fosse mai
venuto fuori da una centrale elettrica. Una polvere umida e negra si trovava dentro le fibre
puzzolenti. La Grande Irma aveva tagliato un buco in alto e due ai lati e, come dolce pensiero
finale, cucí un’etiquetta dentro del collo dove si poteva leggere
“Specialmente confezionato per il signor Albert Broome.”
Alla scuola serale, nel corridoio, Trellie si scontró con Ron. Non riusciva a spiegare lo
scherzo del cardine. Sentiva un piacere strano nel vedere come i suoi compagni intelligenti
pendevano da ogni sua parola. Chiacchierarono a lungo riguardo Barrow, il tipo dai capelli
rossi e la giacca. Ron andó alle sue lezioni d’idraulica pensieroso.
La mattina dopo ci furono vari gridi mentre Broomie faceva fatica ad indossare la tuta da
lavoro: note sulla giacca; un vera alluvione di domande raggelanti. Qualcuno gli passo una
cravatta di nebulosa. Broomie faceva fatica a mantenere il segreto sul suo scherzo. Come
sempre l’officina era rimasta vuota; solo Ron era tornato indietro. Aggiustó i grandi cardini e le
sue estremitá e andó a parlare con Broomie. Il resto della giornata trascorse senza nessuna
novitá. Verso pomeriggio tardi Barrow ricevette una chiamata dalla pianta del solfato di sodio
ma quando giunse lí nessuno sapeva nulla. Quando fu di ritorno tutti erano giá andati a casa.
Collegó la teiera e si preparó un té super forte. Dapprima indossó la magliettina bianca
infiocchettta e poi con attenzione una costosa cravatta di seta. Si pettinó i brillanti capelli neri
piegandosi un pó per guardarsi allo specchio appeso al muro. Un ultimo sguardo d’ammirazione
e poi si fece forza. Strano! Quasi non aveva mangiato nulla!
Riempí la metá della tazza e avveertí, con crescente rabbia, come un calore umido si
diffondeva sul suo petto. Un grido di disperazione risuonó nella vuota officina. Tiró con
violenza il resto del té contro il muro e osservó la tazza attentamente. Proprio sotto il labbro
d’acciaio smaltato qualcuno aveva fatto quattro buchi. Era uno scherzo dei tempi
dell’apprendistato! Lui stesso lo aveva fatto venti anni prima. Sicuramente Broomie non poteva
averlo rivangato dalle profonditá della sua coscenza spastica. La ruppe con sette colpi di
martello, si tolse la magliettina ed andó a casa. Si sentí un poco come il Presidente Truman
quando scoprí la bomba atomica russa.