bentornato fratello
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bentornato fratello
immaginavi. Dodici ore al giorno a romperti la schiena giú in porto, per scaricare casse dai mercantili. Il lavoro. Soldi se ne vedono solo a fare il trafficante, o il contrabbando, proprio ció che aborrivi di Napoli e che ti aveva fatto decidere: fossi restato al Pallonetto, ti avrebbero inevitabilmente attratto come sirene nelle loro spire. Perché non ti piacevano quei soldi te n’eri andato. Donne si, ce n’erano. E belle. Johanna la incontrasti dopo un anno. Veniva dal nord, da Bors, ma stava anche lei a Costanza. Anche lei a sputare sangue in quella babele senza un passato, né un chiaro futuro e dove il presente coincideva con sopravvivere, giorno dopo giorno. Era bella, di profilo gitano e boccoli neri, come la pece. Due figli, la traccia della vostra relazione. BENTORNATO FRATELLO. Campi Flegrei, Mergellina, poi il treno inizia a rallentare, in vista della Centrale. Tre giorni di viaggio, Romania, Bulgaria, Grecia, Serbia, Slovenia: tutti luoghi sconosciuti, mai visitati e un interminabile trasferimento su un convoglio metá passeggeri, metá cargo, tra innumerevoli sganci e agganci di vagoni, controlli, timbratura di documentazione doganale a ogni confine di stato e visite del personale di controllo ad ogni stazione. Poi, finalmente Trieste, Venezia e giú fino a casa. Vent’anni. Lontano, senza tornare. Una vita in mezzo, un’esistenza che come tutte ha seguito un corso imprevedibile, come un rigagnolo d’acqua piovana che si apre la strada verso un acquitrino. Poi il ritorno, tutto d’un tratto e ti sembra di essere partito il giorno prima. Napoli, aggrovigliata come un’edera incolta sulla falda della Muntagna, non appare tanto diversa dal giorno che la lasciasti. Rallentando il treno, le cose assumono forme piú definite: i quartieri, i palazzi popolari, la gente sui marciapiedi. Vent’anni. Ti dicono: “Dopo il regime, la Romania diventerá un paese ricco. Ci sará lavoro, soldi e donne bellissime” e tu vai. Armato di speranza, solo speranza. Ció che trovi é lavoro, soldi e donne, ma non come li Johanna aveva un figlio di tre anni, Sergiu, ventidue anni oggi. Non gli hai mai negato il tuo affetto, né l’aiuto. A vent’anni aveva giá capito che restare a Costanza significava tirare alla pattumiera la sua vita, cosí lo hai spedito a Napoli, da tuo fratello, a lavorare. Non avresti potuto decidere meglio per lui. Le attenzioni se le era sempre meritate: un ragazzo mite, generoso e lavoratore senza pari. Non ostante ció e non ostante la tua predisposizione, dentro di te non hai mai potuto negare distacco per lui. Non é tuo sangue, questa la 1 ragione della tua insofferenza. Sei sempre rimasto imparziale, tuttavia e non gli hai mai lesinato ció di cui aveva bisogno. Sará ad attenderti? E Gigi s’era ritrovato sventurato davvero. Aveva sciupato le doti naturali di cui non era del tutto sprovvisto e presto aveva finito per conoscere il carcere minorile, dove era tornato spesso. Anche stavolta, per la stessa ragione, non aveva potuto salutarti come Dio comanda, al momento della partenza. Gigi si, é sangue tuo. Il tuo vero primogenito. Il suo arrivo al mondo aveva originato l’inizio della fine. Johanna, colta da depressione post-parto mai realmente curata, non si era mai ripresa del tutto. Era cambiata, dopo Gigi. Si era adombrata, indebolita e sempre piú spesso si era mostrata instabile. Aveva perso l’affezione per te e per il mondo. Aveva anche respinto Gigi, in cui impersonificava responsabilitá legate al suo stato di inferma. Cosí il ragazzo é cresciuto senza una educazione corretta e una vera direzione. “Non ci so’ Santi, né Madonne. Sventurata gioventú senza papá, mammá e nu poch’e Spirito Santo”, ricordava Don Donato, il parroco del Pallonetto, in flemmatico napoletano, quando ancora coi pantaloni corti giocavi a pallone nell’oratorio. Alla nascita di Chiara, due anni dopo Gigi, avevi sperato che Johanna trovasse un po’ di pace. Chiara, come santa Chiara, la napoletana. Alla tua Santa favorita avevi acceso tre ceri il giorno della nascita della bambina. Uno per tua figlia stessa, perché trovasse nella vita ció che era mancato a te; uno per Gigi, per la stessa ragione, in fondo; e uno per Johanna, perché si ridestasse e tornasse a sorridere. A te e Sergiu non avevi pensato neppure. Il sogno era durato pochi mesi. Quando era chiaro che il sole non sarebbe piú tornato a splendere su di voi, hai continuato con Johanna per abitudine, senza piú legami che non il puro istinto. Andavano controllati di piú, i ragazzi. Johanna era sempre piú abbrutita, praticamente si era trasformata solo in un’altra bocca da sfamare e tu, la sera eri troppo stanco e troppo incapace di seguire la famiglia da vicino. Impossibile correggerli, proteggerli dal mondo feroce di fuori, in quelle condizioni. Erano predestinati a farsi strada da soli, al prezzo che il mercato imponeva. Chiara, a sedici anni é mamma giá da un anno. Ritrovarsi nonno é una sensazione che appaga. Ti fa sentire arrivato, anche se Chiara la sua strada non l’ha ancora trovata. Si era messa a frequentare gli amici di Gigi, tutti sviati come lui e ora, da sola, 2 dovrá affrontare la vita che verrá. E non sará una strada facile. Solo tre anni fa era ancora una bimbettina senza forme. Usciva ancora con voi, la domenica. Andavate sul lungomare a prendere le granite. A Costanza il lungomare coincide quasi col porto, cosí come ogni piazza, ogni officina e quasi ogni attivitá umana. Il Mar Nero faceva da sudicia cornice alle vostre passeggiate domenicali. Sergiu, sempre giudizioso, vi accompagnava, ormai quasi ventenne con giá negli occhi la febbre di andarsene al piú presto a cercare altrove quello che non avrebbe mai trovato in quel paesone troppo corrotto e senza un certo avvenire. Il treno rallenta, sembra stanco della lunga corsa. Sbuffa, ormai giá quasi fermo, poi con uno stridore assordante i ceppi lo arrestano definitivamente. Eccoli, in testa al binario, Sergiu e tuo fratello. Che piacere siano lí ad attenderti. Si spostano lentamente percorrendo la pensilina, studiando il treno alla ricerca della tua carrozza. Ti vedono scendere, finalmente. Ti riconoscono e si avvicinano, titubanti. Alla fine, vincono la timidezza e con le mani incerte e leggermente tremanti ti salutano affettuosamente, accarezzando commossi la bara appena discesa. Bentornato fratello. 3