IL COSMO COSCIENTE DI ERVIN LASZLO
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IL COSMO COSCIENTE DI ERVIN LASZLO
IL COSMO COSCIENTE DI ERVIN LASZLO di Silvana Camoni DALLA MUSICA ALLA SCIENZA Ammirando il cosmo ordinato e perfetto, che si riteneva composto da una serie di sfere concentriche con al centro la terra, i filosofi dell’antichità - che non erano altro che gli scienziati dell’epoca - immaginavano che il movimento di queste sfere producesse un suono meraviglioso: “la musica delle sfere celesti”. Anche Keplero, benché ormai lontano dall’idea di un universo geocentrico di sfere rotanti, parlava in termini musicali dell’armonioso funzionamento dei corpi celesti e della purezza delle leggi matematiche che li descrivevano. Il rapporto tra musica e cosmo dura dai tempi di Pitagora, passando attraverso Platone ed Aristotele. Quindi forse non è un caso se un giovane pianista prodigio, ad un certo punto della sua promettente carriera abbia deciso di abbandonare le sale da concerto e di mettersi a frequentare le stanze della ricerca scientifica, diventando uno dei più geniali scienziati della nostra epoca. Ma oltre che eminente studioso, Ervin Laszlo è anche un eccellente divulgatore delle sue teorie, e in molti libri dallo stile limpido e chiaro, riesce a rendere comprensibile anche al largo pubblico una nuova visione dell’universo, che comporta anche una netta e precisa presa di responsabilità rispetto a ciò che noi esseri umani del XXI secolo stiamo facendo del nostro pianeta. Il suo rivoluzionario approccio coniuga fisica e psicologia, matematica e spiritualità, le conoscenze scientifiche più moderne e quelle più antiche. Il nucleo di questa teoria si riassume in poche parole: tutto è uno. Un’affermazione che nel tempo è già stata declinata in mille modi e con mille sfaccettature anche all’interno della tradizione occidentale: espressa da filosofi come Parmenide, Spinoza, i neoplatonici e Giordano Bruno, è stata ripetuta e dagli alchimisti e dai mistici di tutti i tempi, e forma la base di scuole esoteriche come lo Gnosticismo e la Cabala. Da qualche tempo, quasi a contrastare la frammentazione del mondo operata dalla scienza meccanicista, sta vivendo una nuova stagione di attualità con le varie teorie a sfondo olistico e sistemico. La grande differenza, rispetto a tanti approcci intuitivi e spiritualisti – e spesso approssimativi - che circolano al giorno d’oggi, è che l’ipotesi di Laszlo nasce nel seno stesso di quella scienza che per alcune centinaia d’anni ha cercato in tutti i modi di liberarsi di ogni metafisica e teologia, per prestar fede solo al dato fisico e sensibile. OLTRE IL CASO, LA COERENZA Il nuovo incanto che conquista Laszlo, e altri studiosi prima di lui, è scorgere la meravigliosa coerenza dell’universo, una coerenza che non è spiegabile utilizzando concetti come “caso” o “entropia”, che tanta parte hanno avuto nella costituzione della scienza moderna. In realtà neppure la darwiniana teoria delle mutazioni casuali e della selezione naturale sembrerebbe più del tutto adeguata a spiegare il sorgere, in un tempo così breve (per quanto brevi possano essere 3,7 miliardi di anni!), di forme viventi così altamente ordinate, organizzate e intelligenti. Citando il fisico matematico Fred Hoyle, la probabilità che questo tipo di evoluzione possa realizzarsi “equivale più o meno a quella di un uragano che, soffiando attraverso una discarica di rottami, assembli un aeroplano funzionante.” (2008, p.16). La coerenza che pervade l’universo, Laszlo prova a spiegarla senza ricorrere al mistero o alla volontà imperscrutabile di un Creatore Trascendente, ma utilizzando termini naturali. Egli ipotizza l’esistenza di qualcosa che colleghi menti e corpi, quanti e galassie, la più piccola particella esistente e lo spazio universale, e che dunque metta in connessione anche gli esseri umani all’interno di se stessi, tra se stessi e gli altri e tra loro e il cosmo. E’ interessante notare che per denominare questa connessione, questo legame o intreccio tra gli enti dell’universo, Laszlo utilizza il termine inglese “entanglement”, che nel mondo delle costellazioni viene reso come “irretimento”. Dunque una connessione, un irretimento generale ci pervade e fa sì che, senza che ce ne accorgiamo, gli uni interagiamo con gli altri e con i più ampi campi che pervadono l’universo. UN MARE DI INFORMAZIONI Per cercare di spiegare come funziona un cosmo unificato, Laszlo ricorre all’esempio delle onde nell’acqua. E’ come se ci trovassimo immersi in una piscina: nuotando, io produco onde che influiscono sull’altro nuotatore, e a sua volta l’altro nuotatore influisce su di me provocando onde. Però in realtà noi non ci troviamo a nuotare in una piscina, bensì in un mare, anzi, in un oceano, anzi, in uno spazio cosmico, permeato di onde che si trasmettono dagli uni agli altri viaggiando praticamente all’istante. Siamo pertanto connessi in un modo molto sottile a tutti i luoghi dell’universo e ognuno di noi trasmette le sue onde, cioè il suo influsso, in ogni dove. Così collegati, siamo tutti in una condizione di reciproca dipendenza. Ma il cosmo unificato possiede anche un’altra caratteristica: la memoria. Cioè, è in grado di ricordare. Ancora una volta, Laszlo ricorre all’esempio dell’acqua. A tutti noi è capitato, guardando il mare dall’alto, in giornate in cui si presentava particolarmente calmo e tranquillo, di vederne la superficie segnata da sottili linee, pur senza scorgere nessuna nave o nessuna barca all’orizzonte. Sono le scie di navi e barche passate in precedenza, sono la memoria delle navi che hanno solcato quelle acque. Le scie si intersecano a vicenda e increspano l’acqua creando disegni complessi che si mantengono a lungo, per ore, a volte perfino per giorni. A poco a poco vento, gravità e linee di costa dissolvono le scie e cancellano questi disegni, rimodulando le increspature dell’acqua. Tuttavia è importante notare che in assenza di altre onde o di altre forze, le linee si manterrebbero per sempre, immutate. Come ben sa l’omeopatia, i cui rimedi risultano efficaci nonostante le innumerevoli diluizioni a cui vengono sottoposti e che escludono la presenza anche di una singola molecola di sostanza, l’acqua possiede una notevole capacità di registrare e conservare le informazioni. A differenza dell’acqua, però, nel vuoto non ci sono cose o forze che possano attenuare o cancellare le onde. Esse quindi permangono e si propagano senza annullarsi a vicenda. Tuttavia il vuoto della fisica contemporanea non deve essere concepito come un vuoto, un niente, un’assenza. Il vuoto quantico è un pieno di energie potenziali, un ribollire di particelle, è uno strato profondo di energia sottile sotteso a tutto l’universo e da cui tutto si può manifestare. Questa sorta di mare non lo si ritrova solo nello spazio esterno, ma ovunque: pervade gli atomi e le galassie, tanto quanto gli organismi viventi. Lo si deve immaginare come un mezzo superfluido, un elemento superconduttivo attraverso cui l’energia si trasmette senza sforzo e senza incontrare resistenza alcuna. Dunque: se tutto ciò che è energia o produce energia, crea onde che si mantengono indefinitamente, tutto ciò che esiste ed è esistito, lascia la sua traccia in questo vuoto quantico. La memoria di quello che è e che è stato pervade l’universo. L’informazione si dimostra una caratteristica fondamentale di questo campo in cui tutti e tutto siamo immersi. Ed è anche per questo motivo che le informazioni in esso contenute possono poi venire utilizzate dall’universo stesso, ogni volta che dal nulla si manifesta qualcosa. Se non è il contrario del pieno, il vuoto non è neanche contrapposto al solido. Come ormai ben si sa la fisica delle microparticelle, anche ciò che appare con caratteristiche di concretezza e materialità, in realtà di solido ha ben poco se non addirittura niente. Non è chiaro come le abissali distanze che separano tra loro le particelle subatomiche possano creare l’aspetto di durezza e consistenza che comunemente chiamiamo materia, del resto non è neppure chiaro cosa siano queste particelle, che cambiano e modificano il loro stato in continuazione, presentandosi, quando vengono osservate, a volte sotto forma di energia, altre sotto forma di particella. Il loro comportamento è veramente bizzarro, perché se non vengono registrate da uno strumento, le particelle non hanno una posizione specifica né occupano uno stato unico. Per dirla con Hans Peter Durr: “Qualunque cosa sia la materia, non è fatta di materia.” (2008, p176) IL CAMPO AKASHICO Per cercare di parlare di grandezze, concetti e dimensioni così fuori dalla portata dell’umana comprensione, la fisica contemporanea ricorre alla sapienza antica. Per definire questo grande campo che ci attornia e ci pervade, Ervin Laszlo usa una parola sanscrita: Akasha. Secondo gli Indù, l’Akasha è il più fondamentale degli elementi che compongono l’universo, insieme a aria, acqua, terra, fuoco. Esso è la base di tutti gli altri, l’elemento originario fuori dal tempo e dallo spazio da cui tutto emerge e in cui tutto riconfluisce. Nelle parole di Swami Vivekananda, esso è “l’esistenza onnipresente, che tutto pervade....è l’Akasha che diviene l’aria, che diventa i liquidi, che si trasforma nei solidi; è l’Akasha che diventa il Sole, la Terra, la Luna, le stelle, le comete; ed è l’Akasha che si trasforma nel corpo umano, nei corpi degli animali, delle piante, di ogni forma che vediamo...All’inizio della creazione c’era soltanto l’Akasha.” (2008, p 27) Dall’Akasha nascono nuovi universi e nell’Akasha tutto quello che accade viene conservato. In occidente, anche Aristotile aveva ipotizzato l’esistenza di un elemento di connessione universale che riempie tutto lo spazio, l’Etere. Ma bisogna arrivare ai giorni nostri per ridefinire gli antichi concetti di Akasha o Etere come vuoto quantico o ancora– secondo la definizione di altri scienziati - come “campo del punto zero” (H.Casimir) o “ordine implicato” (D.Bohm). Come il vuoto quantico, anche il campo Akashico registra ogni cambiamento ed è per questo che a volte viene definito la “biblioteca dell’universo”, o all’Akasha ci si riferisce come “Cronache dell’Akasha” o “Registri dell’Akasha”. Interagendo continuamente con la materia ad ogni livello, da quello subatomico a quello cosmico, il Campo Akashico forma un insieme altamente coerente, ben regolato e collegato, in cui tutto si riverbera su tutto grazie alla sua infinita capacità di memoria e informazione. L’universo, secondo Laszlo non è frutto di un evento casuale, nato all’improvviso e senza un perché da un Big Bang che ha scaraventato la sua energia solidificata in materia in uno spazio imprecisato e che magari infine collasserà in un nullificante Big Crunch. No, il cosmo è un insieme creativo, che conserva in memoria le informazioni di tutto ciò che è avvenuto nel passato e le utilizza per la creazione di nuovi universi nel futuro. E’ un universo capace di apprendere e di evolversi. In ultima analisi, è un universo capace di coscienza. LA COSCIENZA TRANSPERSONALE Con il termine “coscienza”, si entra in un terreno spinoso, perché è chiaramente difficile stabilire come possa essere concepita la coscienza dell’universo, viste, tra l’altro, le difficoltà che abbiamo a definire cosa sia anche la nostra stessa - piccola coscienza di esseri umani. E’ da tempo infatti che gli scienziati si interrogano sui rapporti che intercorrono tra la mente, entità di per sé immateriale, e il cervello, composto di materia. Come fanno pensieri e sentimenti a crearsi da cellule e molecole di pura materia e prive di ogni barlume di intelligenza? E dunque come si fa ad avere “coscienza” di sé o di qualunque altra cosa? Inoltre: da dove la mente riceve informazioni, solo dalle nostre 5 finestre sul mondo, cioè i nostri 5 sensi, oppure anche da altrove? E’ raro sentire uno scienziato parlare con serietà e competenza di “stati alterati di coscienza”, di “comunicazioni con l’aldilà”, di “esperienze extra-sensoriali” e di “ricordi di vite passate”. La scienza classica ha sempre bollato queste esperienze come vaneggiamenti senza fondamento se non addirittura come episodi francamente schizofrenici. Laszlo entra invece in questi territori esoterici armato di una teoria affascinante, quella del campo Akashico, per cercare di ri-comprendere, ri-connettere in un insieme coerente anche queste esperienze finora scientificamente inspiegabili. Secondo Laszlo, la coscienza è un fenomeno che va ben oltre il cervello. Del resto è dimostrato che le persone con tracciato cerebrale piatto, cioè clinicamente morte, se riescono a riprendersi a volte ricordano con chiarezza ciò che è avvenuto e che è stato detto attorno a loro durante la loro “assenza” cerebrale. Anche le esperienze extra-corporee e di pre-morte sembrano confermare che si possono avere esperienze coscienti scollegate dal cervello fisico. Le percezioni extrasensoriali e transpersonali fanno parte del retaggio culturale di figure speciali come sciamani e uomini/donne medicina, ma nel mondo antico e ancora oggi presso alcune tribù è più facilmente possibile, se non proprio consueto, attuare la trasmissione del pensiero attraverso stati alterati di coscienza. Da territorio della superstizione, questi fenomeni sono sempre più frequentemente oggetto di sperimentazione da parte della scienza ufficiale in laboratori appositamente allestiti e controllati. Sono esperimenti da cui emerge che siamo tutti in realtà un po’ “paranormali”, perché i risultati sembrano tendenzialmente confermare che molte persone possiedono capacità telepatiche anche a grandi distanze, con percentuali positive troppo alte per essere dettate dalla pura legge del caso. Un classico esempio, che ha sempre intrigato gli scienziati, sono le straordinarie correlazioni e le coincidenze che percorrono le vite dei gemelli, anche se separati alla nascita, e la loro capacità di percepire i sentimenti e le sensazioni dell’altro, pur non essendone in alcun modo informati. Tutto ciò sta a testimoniare che noi non siamo entità distaccate le une dalle altre e dal mondo che ci circonda, che non siamo esseri singoli e singolari, circoscritti entro il nostro involucro di pelle che è anche il nostro confine rispetto al mondo; non siamo leibniziane monadi; non siamo irriducibili gli uni agli altri, delle irripetibili individualità, racchiuse in quella coscienza pensante posta a fondamento della cultura occidentale dal “cogito” cartesiano. GLI OLOGRAMMI DELLA MEMORIA Tutto ciò induce a pensare che la coscienza non sia limitata al cervello, ma si estenda oltre. E si estenda nello spazio e anche nel tempo ad esempio come “coscienza di gruppo”. Concetti, questi, che ci sono resi familiari nella pratica dalle costellazioni familiari. E che aprono le porte anche a quel grande serbatoio della memoria dei popoli che è l’inconscio collettivo di cui parlava Jung. Afferma Laszlo: “Tutte le percezioni, le sensazioni e i processi mentali sono associati a funzioni cerebrali. Queste funzioni hanno forme d’onda equivalenti, dato che il cervello “crea onde”: come le altre cose nello spazio e nel tempo, esso crea vortici che trasportano informazioni. I vortici si propagano nella nostra regione del vuoto e interferiscono con i vortici creati dai cervelli delle altre persone. Gli schemi d’interferenza risultanti sono ologrammi complessi.” (2008, p. 65-66) Le informazioni che vengono fornite al Campo Akashico, o vuoto quantico, sotto forma di ologrammi si mantengono nel tempo. Le esperienze della vita continuano ad esistere anche dopo la morte. Così, entrando in risonanza con questi ologrammi presenti tutt’attorno a noi, è possibile, ad esempio, rivivere particolari momenti della propria esistenza o fare l’esperienza di situazioni mai vissute o ancora incontrare persone mai conosciute. Di qui i deja vu, la rimemorazione di vite passate che ha portato alla credenza nella reincarnazione o fenomeni come lo spiritismo. Si entra in risonanza soprattutto quando ci si trova in particolari stati di coscienza, ad esempio durante la meditazione, la preghiera, la contemplazione, nei momenti di esaltazione o anche all’approssimarsi della morte, quando si dice che si riveda tutta la propria vita. Senza necessariamente azzardarsi a considerare questa ipotesi una vera e propria “spiegazione”, sicuramente essa offre elementi per dare conto di tanti fenomeni inspiegabili. E apre altrettante domande su come interpretare queste olografiche presenze e che tipo di vita, di coscienza e di identità attribuire loro. UN UNIVERSO PSICOFISICO Laszlo arriva a dire che: “E’ molto probabile che la coscienza impregni di sé tutte le cose del cosmo, che sia tanto fondamentale quanto l’energia” perché “il cosmo deve essere concepito né come soltanto fisico né come puramente mentale. La cosa migliore è vederlo dal punto di vista psicofisico.” (2008, p. 68-69) Un cosmo che si evolve, le cui radici e il cui potenziale è contenuto in ogni particella e in ogni atomo e che tutti, in ultima analisi, contribuiscono a creare, anche le piante del giardino, anche gli insetti dell’aria e il cagnolino che mi sta correndo incontro. La realtà fisica e la realtà spirituale sono due aspetti di un’unica realtà. Dunque anche la coscienza non risiede né solo nella mente né solo nel cervello, in quanto tra queste due entità non c’è opposizione. “La coscienza ha la stessa origine delle cose che costituiscono la realtà fisica: la sua origine risiede nel vuoto quantico.” (2008, p. 102) Per quanto interessante, ritengo che l’attributo di “coscienza” che Laszlo riserva al cosmo debba essere preso con grande cautela, per non cadere nel tranello di creare un indebito parallelismo tra la possibile coscienza dell’Universo (qualunque cosa essa sia) e la nostra individuale coscienza umana (qualunque cosa essa sia), che tendiamo a identificare con l’auto-coscienza e a legare spesso alla spiritualità (che poi debba esistere un simile legame e di che natura possa essere, sarebbe materia di un’interessante discussione). Noi esseri umani abbiamo la tendenza a umanizzare ciò che umano non è e a dare volto e connotazioni umane agli animali, agli eventi naturali e a tutto ciò che ci è sconosciuto. Comunque quella di Laszlo non è un’ipotesi solitaria. Prima di lui altri scienziati si erano già spinti verso conclusioni altrettanto ardite. David Bohm, uno dei più illustri fisici dell’epoca contemporanea, recentemente scomparso, aveva parlato di un universo in cui i corpi celesti, con i corpi fisici di noi che li abitiamo, sono costituiti da ologrammi, sottolineandone così la natura virtuale e illusoria, una sorta di “velo di maya” di cui la filosofia indiana ha da sempre parlato. La realtà sarebbe frutto di un gioco di rifrazioni creato dalle particelle o dalle onde o da qualunque cosa siano questi bizzarri quanti. L’universo intero non sarebbe altro che un grande fantasma, in cui tutto è contenuto in tutto. Perché una delle caratteristiche degli ologrammi è che ogni frammento contiene l’informazione intera del tutto: se sezioniamo l’ologramma di una rosa, rivedremo l’identica rosa in ogni più piccola particella. L’ipotesi di Bohm è stata avvalorata in maniera indipendente dal neurofisiologo Karl Pribram, che in una serie di esperimenti sul cervello dei ratti, ha concluso che i ricordi non sono confinati in zone determinate del cervello, ma si comportano bensì come ologrammi. L’universo olografico deve perciò essere immaginato come un immenso magazzino, in cui è contenuto tutto ciò che esiste, è esistito ed esisterà. Qui spazio e tempo, materia e spirito, cervello e coscienza sono inestricabilmente correlati, anzi, sono la stessa e identica cosa. VARCARE LA SOGLIA L’analisi di Laszlo è ovviamente più ricca della sintesi fatta in queste pagine e utilizza –con estrema semplicità - concetti scientifici complessi e appassionanti visioni di apocalissi e di ricostruzioni cosmiche come Big Crunch, Metaverso, giganti rosse, nane bianche, buchi neri, universi a bolle, universi piatti, non-località e altre magiche e – per un non addetto ai lavori - perfino fantasiose immagini di fenomeni di cui è quasi impossibile farsi un’idea sensata perché le loro dimensioni sfuggono totalmente a ogni misura umana. Quello che interessa notare, e che Laszlo sottolinea in continuazione, è che la nuova fisica sta facendo emergere una nuova immagine olistica della realtà, in cui l’universo appare ben diverso da quello a cui la classica visione scientifica ci aveva abituato, non cioè un aggregato di parti di materia senza vita e senz’anima, ma piuttosto simile a un organismo vivente. Questa visione olistica deve diventare anche una precisa presa di responsabilità nei confronti di un pianeta troppo a lungo maltrattato e che ora sta rischiando di arrivare a un punto di non ritorno. Se tutto è interconnesso, tutto ciò che facciamo al mondo o a un altro essere vivente si ritorcerà su tutti noi. Guerre, conflitti sociali e politici, dissennato sfruttamento delle risorse, inquinamento ci stanno portando verso quello che Laszlo chiama “il punto del caos”. Questa definizione è anche il titolo di un suo libro, ricchissimo di informazioni precise e dettagliate sugli svariati punti critici della nostra epoca. Anche la scienza rintraccia nell’anno 2012, già indicato dal calendario maya, il momento che può portare a una svolta o al collasso del nostro pianeta, perché è in quella data che accadrà un avvenimento cosmico di portata eccezionale, i cui effetti si sommeranno alle nostre umane inadempienze: lo spostamento del campo magnetico terrestre. Ancora una volta, scienza moderna e sapienza antica si incontrano. E’ anche dall’evoluzione della nostra coscienza come esseri umani che potrà evolversi la coscienza che pervade il nostro pianeta e in ultima analisi l’universo intero. In cinese, la parola “crisi” si dice “Wei Ji”. Wei significa pericolo e Ji opportunità. Questa crisi globale ci può dare l’opportunità di creare qualcosa di migliore. Ma oggi è l’ultima chiamata, l’ultimo campanello, l’ultima finestra decisionale possibile, domani sarà già troppo tardi. A parte il monito di Laszlo a darci da fare per trasformare il punto del caos in un punto di svolta positiva, quello che alla fin fine accadrà sarà esclusivamente il riflesso del punto in cui effettivamente noi come esseri umani, e in ultima analisi l’universo intero, saremo arrivati. E’ lui stesso ad averlo insegnato: tutto è Olos. RIFERIMENTI: - Ervin Laszlo – Olos, il nuovo mondo della scienza – Edizioni Riza, 2002 - Ervin Laszlo –Il punto del caos – Urra’, 2007 - Ervin Laszlo – Risacralizzare il cosmo – Urra’, 2008 - Tessa Koop – Intervista a Ervin Laszlo – 28 marzo 2008 – Youtube - Dr. Richard Boylan - L’universo è un’illusione, ovvero, il paradigma olografico http://www.xmx.it/universoillusione.htm Massimo Tedorani – Madre Vuoto http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/madre-vuoto.php - Lucio Giuliodori – La realtà è un’illusione: David Bohm e i confini della fisica http://www.luciogiuliodori.net/content/view/20/3/lang,italian/