La scelta del lavoratore alla previdenza complementare è realmente

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La scelta del lavoratore alla previdenza complementare è realmente
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La scelta del lavoratore alla previdenza
complementare è realmente irreversibile?
Vincenzo Silvestri Fondazione Studi Consulenti del lavoro
Alcuni spunti di riflessione in materia di irrevoca­
bilità della scelta del lavoratore di destinazione del
Tfr a un Fondo di previdenza complementare
N. 16 - 13 aprile 2007
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Il finanziamento delle forme pensionistiche com­
plementari può essere attuato mediante il versa­
mento di contributi a carico del lavoratore, del
datore di lavoro o del committente e attraverso il
conferimento del Tfr maturando (art. 8, Dlgs n.
252/2005).
Per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti il
finanziamento è attuato mediante contribuzioni a
carico dei soggetti stessi e per i soggetti diversi dai
titolari di reddito di lavoro o d’impresa e per i
soggetti fiscalmente a carico di altri, il finanzia­
mento è attuato dagli stessi o dai soggetti nei
confronti dei quali sono a carico.
Ferma restando la facoltà per tutti i lavoratori di
determinare liberamente l’entità della contribu­
zione a proprio carico, relativamente ai lavoratori
dipendenti che aderiscono ai fondi con adesione
su base collettiva, le modalità e la misura minima
della contribuzione a carico del datore di lavoro e
del lavoratore stesso possono essere fissati dai
contratti collettivi e dagli accordi collettivi, anche
aziendali; gli accordi fra soli lavoratori determina­
no il livello minimo della contribuzione a carico
degli stessi.
Riguardo alle modalità di determinazione del con­
tributo da destinare alle forme pensionistiche
complementari, questo è stabilito in cifra fissa op­
pure:
­ per i lavoratori dipendenti, in percentuale della
retribuzione assunta per il calcolo del Tfr o con
riferimento ad elementi particolari della retribu­
zione stessa;
­ per i lavoratori autonomi ed i liberi professioni­
sti, in percentuale del reddito d’impresa o di lavo­
ro autonomo dichiarato ai fini Irpef, relativo al
periodo d’imposta precedente;
­ per i soci lavoratori di società cooperative, secon­
do la tipologia del rapporto di lavoro, in percen­
tuale della retribuzione assunta per il calcolo del
Tfr ovvero degli imponibili considerati ai fini dei
contributi previdenziali obbligatori ovvero in per­
centuale del reddito di lavoro autonomo dichiara­
to ai fini Irpef relativo al periodo d’imposta prece­
dente.
Dal 1º gennaio 2007 è prevista la possibilità di
contribuire ai fondi pensione conferendo sola­
mente il Tfr maturando da tale data. L’adesione a
una forma pensionistica realizzata tramite il solo
conferimento esplicito o tacito del Tfr non com­
porta l’obbligo della contribuzione a carico del
lavoratore e del datore di lavoro (art. 8, comma
10, Dlgs n. 252/2005).
Il lavoratore può decidere, tuttavia, di destinare
una parte della retribuzione alla forma pensioni­
stica prescelta in modo autonomo ed anche in
assenza di accordi collettivi. In tal caso egli deve
comunicare al datore di lavoro l’entità del contri­
buto e il fondo di destinazione.
Il datore può a sua volta decidere, pur in assenza
di accordi collettivi, anche aziendali, di contribui­
re alla forma pensionistica alla quale il lavoratore
ha già aderito, ovvero a quella prescelta in base al
citato accordo.
Nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire
alla forma pensionistica complementare e qualora
abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro
in base ad accordi collettivi, anche aziendali, detto
contributo affluisce alla forma pensionistica pre­
scelta dal lavoratore stesso, nei limiti e secondo le
modalità stabilite dai predetti contratti o accordi.
Il conferimento del Tfr maturando alle forme pen­
sionistiche complementari comporta l’adesione al­
le forme stesse e avviene, con cadenza almeno
annuale, secondo modalità esplicite e tacite (art.
8, comma 7, Dlgs n. 252/2005).
La scelta sulla destinazione del Tfr riguarda esclu­
sivamente il Tfr futuro; infatti, il Tfr maturato fino
alla data di esercizio dell’opzione resta accantona­
to presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla
fine del rapporto di lavoro con le rivalutazioni di
legge.
L’art. 8, comma 7, del Dlgs n. 252/2005, recita
che il conferimento del Tfr alle forme pensionisti­
che complementari determina l’adesione alle stes­
se. Nel dettare i tempi per la scelta del lavoratore
per la destinazione del proprio Tfr alla previdenza
complementare, fissa quindi, il principio che è
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revocabile solo l’opzione volta a lasciare detto Tfr
in azienda. Se invece il lavoratore decidesse per il
contrario, cioè optasse per la destinazione a previ­
denza complementare, non sarebbe più possibile
revocare tale scelta, né in costanza di rapporto
con lo stesso datore di lavoro, né in futuro in caso
di cambio di attività lavorativa.
Il principio per cui la scelta della previdenza com­
plementare è irrevocabile è quasi un dogma in­
confutabile, a cui fa peraltro buona compagnia il
criterio del silenzio assenso che vuole, com’è no­
to, in caso di comportamento inattivo da parte
del lavoratore, il trasferimento del Tfr alla previ­
denza complementare.
Scelta irrevocabile e silenzio assenso sono i due
principi dai quali traspare la chiara volontà del
nostro legislatore nel voler introdurre automati­
smi al fine di «privilegiare» e «spingere» la diffu­
sione della previdenza complementare, in un regi­
me che si fonda pur sempre sul criterio della
libertà di adesione (art. 1, comma 2, Dlgs n. 252/
2005).
Ma il suddetto principio dell’irrevocabilità della
scelta, se in teoria non ammette eccezioni, in pra­
tica può essere violato indirettamente attraverso
un meccanismo, previsto dalla legge, che di fatto
snatura la qualificazione previdenziale degli ac­
cantonamenti che il lavoratore ha effettuato pres­
so l’eventuale fondo pensione.
Il meccanismo è quello previsto dall’art. 14 del
Dlgs n. 252/2005, che fissa i criteri per procede­
re al riscatto della posizione previdenziale accu­
mulata presso il fondo pensione o la conseguente
portabilità presso altro fondo.
Dlgs n. 252/2005 - Articolo 14
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(Permanenza nella forma pensionistica complementare e cessazione
dei requisiti di partecipazione e portabilità)
1. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di
esercizio relative alla partecipazione alle forme medesime, alla portabilità delle posizioni individuali
e della contribuzione, nonché al riscatto parziale o totale delle posizioni individuali, secondo quanto
disposto dal presente articolo.
2. Ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare gli statuti
e i regolamenti stabiliscono:
a) il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore acceda in
relazione alla nuova attività;
b) il riscatto parziale, nella misura del 50% della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12
mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure
di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;
c) il riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente che
comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione
dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.
Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di
accesso alle prestazioni pensionistiche complementari; in questi casi si applicano le previsioni di cui
al comma 4 dell’articolo 11.
3. In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli
eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In
mancanza di tali soggetti, la posizione, limitatamente alle forme pensionistiche complementari di cui
all’articolo 13, viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali. Nelle forme pensionistiche complementari di cui agli articoli 3,
comma 1, lettere da a) a g), e 12, la suddetta posizione resta acquisita al fondo pensione.
4. Sulle somme percepite a titolo di riscatto della posizione individuale relative alle fattispecie
previste ai commi 2 e 3, è operata una ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota del 15% ridotta di
una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali, sul medesimo imponibile di cui all’articolo 11, comma 6.
5. Sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si applica
una ritenuta a titolo di imposta del 23% sul medesimo imponibile di cui all’articolo 11, comma 6.
6. Decorsi due anni dalla data di partecipazione ad una forma pensionistica complementare
l’aderente ha facoltà di trasferire l’intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica.
Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche prevedono esplicitamente la predetta facoltà e
non possono contenere clausole che risultino, anche di fatto, limitative del suddetto diritto alla
portabilità dell’intera posizione individuale. Sono comunque inefficaci clausole che, all’atto dell’adesione o del trasferimento, consentano l’applicazione di voci di costo, comunque denominate,
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significativamente più elevate di quelle applicate nel corso del rapporto e che possono quindi
costituire ostacolo alla portabilità. In caso di esercizio della predetta facoltà di trasferimento della
posizione individuale, il lavoratore ha diritto al versamento alla forma pensionistica da lui prescelta
del Tfr maturando e dell’eventuale contributo a carico del datore di lavoro nei limiti e secondo le
modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi, anche aziendali.
7. Le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche sono esenti da ogni onere fiscale, a
condizione che avvengano a favore di forme pensionistiche disciplinate dal presente decreto
legislativo. Sono altresì esenti da ogni onere fiscale i trasferimenti delle risorse o delle riserve
matematiche da un fondo pensione o da una forma pensionistica individuale ad altro fondo pensione o ad altra forma pensionistica individuale.
8. Gli adempimenti a carico delle forme pensionistiche complementari conseguenti all’esercizio
delle facoltà di cui al presente articolo devono essere effettuati entro il termine massimo di sei mesi
dalla data di esercizio stesso.
Come si nota il suddetto articolo fissa il principio di base per cui sono i regolamenti dei fondi a dettare
le regole per i riscatti, totali o parziali, ferme restando le casistiche previste della legge stessa.
Il sistema, quindi, si fonda su un doppio binario:
a) libertà ai fondi di stabilire nei loro regolamenti le cause di riscatto;
b) cause tipiche previste dalla legge.
Sempre l’art. 14 cit., al comma 4, precisa inoltre i criteri di tassazione dei riscatti totali o parziali di cui ai
commi precedenti, fissando lo stesso parametro previsto per il riscatto cd. «naturale», e cioè al momento
del pensionamento col sistema pubblico (15% con riduzione massimo di 6 punti in base all’anzianità di
iscrizione al fondo pensione). Al comma 5, invece, si fa riferimento ad un generico «diverse cause» di
riscatto, che se realizzate comportano una percentuale di tassazione fissa pari al 23%.
Che queste altre cause di riscatto, in aggiunta cioè a quelle tipizzate dalla legge, siano quelle
eventualmente previste dai regolamenti degli stessi Fondi Pensione, aperti o chiusi, lo conferma
anche il Ministero (cfr. risposta n. 56 pubblicata sul Sole 24 Ore del 5.1.2007).
Ora, in quasi tutti i regolamenti dei fondi troviamo che causa di riscatto totale può essere il
licenziamento o le dimissioni (in verità per i fondi aperti tale clausola dovrebbe essere inserita
nell’accordo collettivo e/o plurisoggettivo che istituisce tale forma di previdenza).
Grazie al meccanismo di cui sopra, quindi, il Tfr che viene destinato a previdenza complementare
non verrebbe a perdere la sua natura di retribuzione differita, potendosi «recuperare» comunque le
somme accumulate per le stesse motivazioni per le quali normalmente se ne dispone quando il Tfr
rimane in azienda (licenziamento/dimissioni). Con un vantaggio in più: la tassazione non potrà
essere superiore al 23%! Un vero affare, che potrebbe spingere i lavoratori ad utilizzare surrettiziamente la previdenza complementare, non per i fini per la quale è nata, ma per «lucrare» su
rendimenti potenzialmente migliori e soprattutto sul generoso, finché dura, regime fiscale.
La Covip ha peraltro confermato tale interpretazione, nella recente deliberazione del 21.3.2007.
Rispondendo al quesito posto con la seconda domanda, spiega come il principio dell’irrevocabilità
della scelta subisca un’eccezione proprio quando il lavoratore abbia già riscattato la sua posizione
previdenziale ai sensi dell’art. 14 del Dlgs n. 252/2005: in tale caso, infatti, ricomincia a decorrere il
periodo transitorio dei sei mesi entro i quali potrà rifare la scelta sulla destinazione del suo Tfr,
derivante dal nuovo rapporto di lavoro.
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