Geocentro Magazine

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Geocentro Magazine
12
NOV - DIC 2010
FONDAZIONE
GEOMETRI ITALIANI
Poste Italiane
Spedizione in a.p. -45%
art. 2 comma 20/b
L. 662/96
aut. n. DCB/CZ/17/2004
valida dal 19/01/04
anno II
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme.
Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa.
INTERVENTI
Per il Natale 2010
Il regalo dei Geometri
di Fausto Savoldi
COSTRUIRE
“Ai giovani
consiglio uno stage
prima dell’Università”
Incontro con Mario Botta
MATERIALI
Il ferro:
il materiale
della rivoluzione
industriale
SOCIETÀ
E COSTUME
“Costruire?
E’ cosa concreta
Impresa verticale
filo a piombo”
Intervista a Erri De Luca
INTERVENTI
Come dobbiamo
“motivare”
i giovani?
Risponde
Paolo Crepet
“Non basta sapere, si deve anche applicare;
non è abbastanza volere, si deve anche fare”
J.W.Goethe
12
numero
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
Anno II
N. 12 Novembre - Dicembre 2010
DIRETTORE
RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
email: [email protected]
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Leo Momi
Bruno Razza
Mauro Cappello
Gianfranco Dioguardi
Stig Enemark
Franco Laner
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Elisabetta Savoldi
Marco Simonotti
COORDINAMENTO
REDAZIONE
GMPRgroup - Claudio Giannasi
Luca Caprara
Tel. 051 2913901
[email protected]
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.spaziolandau.it
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Barberini, 68
00187 Roma
Tel. 06 42744180
06 485463
Fax: 06 42005441
www.fondazionegeometri.it
PER QUESTO NUMERO
SI RINGRAZIA
Andrea Cantile
Paolo Crepet
Marina Dragotto - Audis
Mario Vella
EDICIT Editrice Centro Italia
UTET Scienze Tecniche
STAMPA
Rubbettino
Industrie grafiche ed editoriali
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2010
Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 115
www.polyedra.com
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
novembre - DICembre 2010 12
7
InTervenTI
Riflettere
sul futuro
sostenibile
di Franco Mazzoccoli
8
Per il Natale 2010
Il regalo dei Geometri
di Fausto Savoldi
10
PrevIDenZA
La previdenza
complementare:
una nuova certezza
per il futuro
dei Geometri
20
di Fausto Amadasi
13
InnovAZIone
Geoweb
Servizi telematici
per i Geometri
Intervista a Giuseppe Simeone
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23
InTervenTI
Come dobbiamo
“motivare”
i giovani?
Risponde
Paolo Crepet
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AmbIenTe e TerrITorIo
Città innovative
Global City Report 2010
di Scenari Immobiliari
incorona Londra
Male le italiane
26
di Marina Dragotto (AUDIS)
PUBBLICITA’
Plusservice Srl
Tel. 051 2913911
[email protected]
VARIAZIONE INDIRIZZO
DI SPEDIZIONE
Per richiedere la modifica del
proprio indirizzo di spedizione della
rivista telefonare al
numero: 06 42744180
ONLINE
La rivista è consultabile
all’indirizzo web:
www.fondazionegeometri.it
Sezione “Geocentro”
32
CoSTrUIre
“Ai giovani
consiglio uno stage
prima dell’Università”
Incontro con Mario Botta
32
COPYRIGHT
è vietata la riproduzione, anche
parziale, di articoli, fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
Foto di copertina:
Immagine di un’acciaieria.
Dal volume “Atlante dell’acciaio”
UTET Scienze Tecniche
CITTà
Riqualificazione
urbana a Forlì
L’area ex Orsi-Mangelli
36
34
ConCorSI
3° Concorso Internazionale
per Interior Designers
Edizione 2010/11
“Progetta un Sorriso”
36
ProGeTTI
Nuova sede Schüco
Le facciate Energy²
aggiungono funzionalità
e significato
all’involucro edilizio
40
mATerIALI
Santiago Calatrava
Il ponte sul Canal Grande
Dinamismo morfemico
e ibridazione di materiali
con l’acciaio protagonista
di Franco Laner
40
45
Il ferro:
il materiale
della rivoluzione
industriale
50
reSTAUro
Torre del palazzo-castello
Orsini Barberini
a Monterotondo
Progetto di restauro
e tecniche d’intervento
58
PerCorSI D’ArCHITeTTUrA
Le realizzazioni
della modernità
e delle avanguardie
in Umbria
Futurismo
e Razionalismo
62
SoCIeTà e CoSTUme
“Costruire?
E’ cosa concreta
Impresa verticale
filo a piombo”
45
Replax T Sport:
il sistema ideale
per la recinzione
di impianti sportivi
Intervista a Erri De Luca
64
APProFonDImenTI
Stima dei tempi
di realizzazione
delle opere pubbliche
“VISTO”
uno strumento a supporto
di Enti Locali e tecnici
Sistemi
per il controllo
di fumo e calore
in caso d’incendio
Serisolar
e Unicredit Group-Fineco
a Milano:
schermatura solare
e messa in sicurezza
certificata delle vetrate
di Mario Vella
72
50
FormAZIone
Impianti termo tecnici
Teoria e pratica
del dimensionamento
dei corpi scaldanti
Gioco di squadra
per l’Aquila. Wolf Haus
e Fondazione Milan
inaugurano il complesso
didattico-sportivo
“Marco Cavagna”
di Mauro Cappello
77
CArToGrAFIA
Gli stimoli e le eredità del
Grand siècle nella cartografia
italiana
Topcon presenta
il nuovo
ricevitore HiPer II
di Andrea Cantile
90
72
reDAZIonALI
Marmomacc
fiducia nel futuro
Successo per la
45^ edizione
In crescita visitatori
e operatori esteri
Samoter 2011
I principali
appuntamenti
Gps
e riconfinazione
85
meDIATeCA
87
neWS
INTERVENTI
Riflettere
sul futuro
sostenibile
GEOCENTRO/magazine conclude il suo “2° anno”.
I numeri pubblicati, tra l’altro, hanno trattato i diversi
materiali per costruire: la pietra, il legno, il mattone, il
cemento, il vetro, ai quali si sono ispirate le diverse copertine.
Questo numero ha la copertina, dedicata all’ACCIAIO,
materiale del quale dovremmo tutti noi essere fatti per avere
la specifica qualità di resistenza e robustezza nei tempi di crisi
che stiamo vivendo. Diverse sono le voci relative a quanto
questa crisi durerà ed altre che ne dichiarano l’immediata
risoluzione. Il momento è difficile e come sostiene
qualcuno: “se siamo stati in grado di progettare modi per
renderci la vita difficile, possiamo progettare altri modi
per risolvere i nostri problemi”. Forse aiutandoci con le
quattro regole del metodo cartesiano:
- “La prima era di non accogliere mai nulla per vero che
non conoscessi essere tale per evidenza: di evitare cioè,
accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di
non comprendere nei miei giudizi nulla più di quello che
si presentava cosi chiaramente e distintamente alla mia
intelligenza da escludere ogni possibilità di dubbio.
- La seconda era di dividere ogni problema in tante parti
minori quante fosse possibile e necessario per meglio
risolverlo.
- La terza, di condurre con ordine i miei pensieri,
cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a
conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi,
sino alla conoscenza dei più complessi; e supponendo
un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono
naturalmente gli altri.
- In fine di far ovunque enumerazioni cosi complete e
revisioni cosi generali da essere sicuro di non aver omesso
nulla.”
(René Descartes, 1637)
Convinti che le attività umane hanno alla base il “progetto”,
dobbiamo con questo sempre anche voler raggiungere il
traguardo della “sostenibilità”.
Parlando di acciaio, se c’è una cosa naturale che spinge
i progettisti a dare la preferenza a questo materiale
in generale o nei casi particolari, è la coscienza ed il
senso di responsabilità di adattamento e flessibilità che
rappresentano un momento importante nello sviluppo e
nella utilizzazione della costruzione in acciaio. Può essere
smontata senza grandi spese, senza polvere e rumori né
inquinamenti, con la possibilità di utilizzare i suoi elementi
o fonderli a compensare le spese di demolizione. La
costruzione metallica è un modo di costruzione vantaggioso
e compatibile con l’ambiente come leggiamo nell’articolo
“Il ferro: il materiale della rivoluzione industriale” tratto dal
volume “Atlante dell’acciaio” di H. Schulitz, W. Sobek, K.
Habermann (UTET Scienze Tecniche, 1999).
A riflettere sulla sostenibilità ci porta anche l’iniziativa
presa in occasione del Natale 2010 dal Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati, raccontata dal Presidente
Fausto Savoldi. Un’iniziativa che contribuisce ad educare i
bambini.
In tema di educazione e specificatamente dei giovani,
interessanti le considerazioni di Paolo Crepet che portano
noi tutti a riflettere su comportamenti e modelli da seguire.
Aspetti di vita ed esperienza sono quelli raccontati nelle
interviste a Mario Botta, architetto, ed allo scrittore Erri
De Luca. Le loro risposte ed i pensieri sono elementi per
comprendere come dobbiamo comportarci e costruire il
futuro.
Parlando di futuro: “La previdenza complementare: una
nuova certezza per il futuro dei Geometri” è il titolo
dell’articolo a firma di Fausto Amadasi, Presidente della
Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri
Liberi Professionisti, il cui Comitato dei Delegati ha
approvato la realizzazione di un Fondo di previdenza che ha
sottoposto al parere dei Ministeri vigilanti.
Interessante l’articolo non sul futuro ma su: “Le realizzazioni
della modernità e delle avanguardie in Umbria. Futurismo
e Razionalismo” che ha visto tra i protagonisti di questo
movimento anche il geometra Arnaldo Marini di Terni.
Anche questo numero spazia in diversi campi e di grande
curiosità e si completa con gli articoli sui temi della
riqualificazione urbana a Forlì; la realizzazione della nuova
sede di Schüco International Italia, che si autoalimenta
attraverso l’uso di facciate vetrate “intelligenti”;
un’importante opera di restauro e la prima parte di
un’interessante percorso sulla nascita della cartografia
geometrica in Italia.
Come di consuetudine auguri di Buona lettura, ma questa
volta, uniti ai migliori Auguri di Buon Natale e Buon Anno,
che possa il 2011 essere l’Anno Superlativo, cosi come
sono superlativi gli attributi del colore rosso della nostra
copertina.
Il rosso è il colore che sta in cima all’arcobaleno …
Franco Mazzoccoli
(Direttore di GEOCENTRO/magazine)
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INTERVENTI
Per il Natale 2010
Il regalo
dei Geometri
di Fausto Savoldi
(Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati
e della Fondazione dei Geometri Italiani)
Tutti dobbiamo essere convinti che le situazioni che
interessano la nostra Terra sono dovute e dipendono
da quello che l’uomo progetta e realizza. Cosi, come
altri, anche i Geometri da tempo stanno riflettendo
su questi comportamenti e sulla responsabilità nei
confronti della sostenibilità. Sostenibilità che va oltre
l’ambiente e include le persone, soprattutto i bambini
che hanno bisogno di sviluppare inizialmente un
apprezzamento per l’ambiente naturale, le sue creature
e altri esseri umani di tutto il mondo. I bambini che
sono il nostro futuro, vanno aiutati a comprendere che
tutti noi siamo collegati ad altre persone e specie, ad
altre terre attraverso il cibo che mangiamo, gli abiti che
indossiamo, gli oggetti ed i materiali che utilizziamo e
la nostra fiducia in un ambiente sano. I bambini cosi
vengono educati a fare scelte quotidiane rispettando i
diritti altrui ed a questa interdipendenza globale.
Il Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri
Laureati ha deciso di contribuire a questa operazione
di educazione dando l’adesione agli appelli ed ai
Programmi dell’O.N.G. ActionAid. Per questo Natale
che chiude il primo decennio di questo nuovo secolo,
il dono dato ai Colleghi è l’adozione per l’anno 2011,
di quindici bambini che vivono nelle aree del Sud del
Mondo, sostenendone il diritto allo studio ed a una vita
migliore.
ActionAid (attiva in 32 Paesi) opera principalmente
in Africa, Asia e Sud America e utilizza un approccio
basato sui diritti umani che dia alle persone che vivono
in condizioni di povertà la possibilità di organizzarsi e
mobilitarsi per rivendicare, ottenere e godere i propri
diritti fondamentali.
Collaborando con le comunità locali mette in campo
progetti articolati su diversi temi fra i quali: il diritto
al cibo, all’educazione, la lotta per sconfiggere l’HIV/
AIDS, il sostegno alle popolazioni colpite dalle
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emergenze (principalmente guerre e disastri naturali).
In questa ottica, l’adozione a distanza non si limita
alla distribuzione di aiuti e beni di prima necessità
per arginare l’urgenza del momento ma prevede
l’individuazione di un’area di intervento specifica – un
villaggio, una regione – e la programmazione, condivisa
con le famiglie coinvolte, di una serie di interventi a
lungo termine che eliminino le cause della povertà e
gettino le basi per un futuro più dignitoso e giusto.
Ecco i bambini che, insieme, aiuteremo
Zahra vive nello Yakawlang, un distretto
dell’Afghanistan colpito dalla guerra. I raccolti sono
scarsi, mancano i servizi essenziali: solo il 5% della
popolazione ha accesso all’acqua potabile, i bambini
devono camminare in media 8 chilometri per andare a
scuola, i malati 10 per raggiungere il più vicino centro
medico.
Alejandra, invece, abita con la sua famiglia in una
piccola casa di fango con il tetto di paglia a Manuela
Maria Caballero, in Bolivia. Non va a scuola.
Camila vive nella regione di Minas Gerais, in Brasile
dove il massiccio disboscamento degli alberi ha
provocato l’aumento dell’inquinamento atmosferico
con la conseguente diffusione di malattie.
Anche Jackson abita in Brasile, nella zona di
Pernambuco, dove le grandi fattorie dei latifondisti,
create per l’allevamento e per le piantagioni del cotone,
hanno reso quasi impossibile alla popolazione accedere
alla terra e alle altre risorse naturali.
Non Khorn è cambogiano ed è nato nella provincia di
Oddar Meanchey dove si registra il più alto numero di
vittime causate dalle mine nascoste nei campi e nelle
foreste dai tempi del genocidio che ha colpito il Paese.
Xiaoyu e Yongfa vivono entrambi a Loudian, nel
sud-est della Cina. Una terra ingenerosa, coperta dalle
montagne, da dove gli uomini emigrano per lavorare
nelle grandi metropoli cinesi. Restano solo donne,
anziani e bambini. Su 300.000 abitanti un quinto non
riesce ad avere abbastanza cibo e dipende dagli aiuti
statali per la mera sopravvivenza.
Anifa è ghanese, nell’area dove si trova la sua città,
Tamale, la quantità di cibo prodotta dai raccolti di un
anno è sufficiente solo per otto mesi: gli altri quattro
mesi sono tristemente noti come il “periodo della
fame”.
Gerson Leonardo vive in Guatemala ad El Estor. E’
uno dei cinque bambini della sua famiglia. In quest’area
una famiglia mediamente è formata da sei bambini, ma
alcune arrivano ad averne dieci. Anche Hilda Stefania
e nata ad El Estor quattro anni fa.
Motanyane è di Leribe nel Lesotho dove una persona
su due cerca di sopravvivere con meno di un dollaro al
giorno e la speranza di vita alla nascita è molto bassa; 51
anni per gli uomini, 49 per le donne.
Alpha è un bambino di Kedougou (Senegal). Con
lui vivono 75.000 persone. Chi si ammala non ha
possibilità di farsi curare perché nel distretto operano
solo due medici che prestano le loro cure senza il
materiale sanitario necessario.
Kholofelo abita a Mokopane, Sudafrica. Nella sua terra
c’è il platino ma a guadagnare sono solo le Compagnie
minerarie. La disoccupazione sfiora il tasso del 75%.
Solo una persona su cinque sa leggere.
Thuan è vietnamita. Nella sua provincia, Soc Trang, la
denutrizione è un problema ampiamente diffuso. Molte
persone lasciano l’area in cerca di un lavoro e spesso
cadono nella rete della prostituzione. Un fenomeno
che insieme alle donne vede coinvolti anche i bambini.
Aggie vive a Mbala in Zambia ad oltre 1.000 chilometri
dalla capitale dello Stato. La sua casa non ha accesso né
alla corrente elettrica, né all’acqua potabile. Insieme a
lei, nella sua famiglia, vivono altri sei bambini.
Zahra
2006, Afghanistan
Alejandra Galvis Garcia
2005, Bolivia
Camila de Paula Moreira
1999, Brasile
Jackson Leandro Do Nascimento
2000, Brasile
Non Khorn
2004, Cambogia
Xiaoyu Zhang
2004, Cina
Yongfa Tang
2003, Cina
Anifa Kadiiru
2005, Ghana
Gerson Leonardo Yat Xo
2000, Guatemala
Hilda Stefania Col Chiquin
2006, Guatemala
Motanyane Makara
2006, Lesotho
Alpha Cire Ba
2002, Senegal
Kholofelo Pitjing
2001, Sudafrica
Thuan Minh Vo
2003, Vietnam
Aggie Nachula
2001, Zambia
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PREVIDENZA
La previdenza
complementare:
una nuova certezza
per il futuro
dei Geometri
di Fausto Amadasi
(Presidente della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza
dei Geometri Liberi Professionisti - CIPAG)
La strada da seguire nel campo della previdenza obbligatoria
dei professionisti ha avuto una svolta importante nel 2005,
quando il decreto legislativo n. 252 ha assegnato il ruolo di
completamento della tutela pensionistica a quelle che, fino
ad allora, erano state considerate soltanto forme accessorie di
previdenza. I sistemi pensionistici complementari sono di fatto
il secondo pilastro della previdenza italiana e, naturalmente,
la Cassa di Previdenza dei Geometri ha posto in essere le
propedeutiche attività alla disamina della questione. Si è
giunti, infatti, ad un voto del Comitato dei Delegati Cassa
che, nella riunione del 22-24 novembre 2010, ha approvato
le necessarie modifiche allo Statuto della CIPAG ed al
correlato Regolamento di attuazione delle norme statutarie.
Le modifiche, che consentiranno alla Cassa di Previdenza
dei Geometri di attuare la previdenza complementare per i
circa 96.000 professionisti iscritti, saranno definitivamente
vigenti dopo il parere favorevole dei Ministeri vigilanti. La
realizzazione di un fondo di previdenza complementare per
i geometri liberi professionisti, gestito direttamente dalla
Cassa, rientra nell’ottica dell’ampliamento dei servizi in
favore degli associati ponendo il nostro istituto tra i primi
enti di previdenza obbligatoria ad intraprendere un percorso
di questo tipo. La CIPAG, che nei mesi scorsi aveva inviato
appositi quesiti alla COVIP (Commissione di Vigilanza
sui Fondi Pensione), ha ricevuto ampie assicurazioni sulla
possibilità di istituire direttamente fondi pensione negoziali
attraverso l’adozione di apposita delibera da parte degli
organi della Cassa. Per le finalità del fondo di previdenza
complementare si ricorrerà, come previsto dalla normativa, ad
un patrimonio gestito in modo autonomo e separato da quello
destinato alla previdenza obbligatoria CIPAG. L’autonomia
e la separazione del patrimonio comporteranno la non
distraibilità dei contributi versati dal fine previdenziale, la non
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Fausto Amadasi
aggressività da parte di terzi sulle posizioni individuali, la non
ammissibilità sul patrimonio di azioni esecutive da parte dei
creditori del soggetto che crea il fondo o dei rappresentanti
dei creditori stessi, degli aderenti o dei rappresentanti degli
stessi e il non coinvolgimento del patrimonio nelle procedure
concorsuali riguardanti il soggetto che crea il fondo. Gli
organi del fondo saranno gli stessi della CIPAG (Consiglio di
Amministrazione, Comitato dei Delegati) mentre sarà cura
del C.d.A nominare il responsabile esterno del fondo e tutto
ciò garantirà a coloro che aderiranno al Fondo, unitarietà
nelle politiche di gestione oltre ad un contenimento delle
relative spese. Ma quali sono i vantaggi economici dei Fondi
pensione complementari? Le somme versate o accantonate
per la previdenza complementare sono deducibili (entro un
certo ammontare) e i fondi pensione sono soggetti ad imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dell’11 per
cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun
periodo d’imposta. Inoltre, nella fase di contribuzione non ci
sono vincoli legislativi al versamento, quindi l’aderente può
sceglier autonomamente il contributo in base alle proprie
disponibilità. E ancora, la normativa consente elevata
flessibilità nella gestione della propria posizione qualora si
verifichino impreviste situazioni per le quali sia necessario
interrompere o riscattare la contribuzione. Risulta evidente
la straordinaria convenienza e sicurezza della gestione fatta dal
proprio ente di previdenza. A tale proposito corre l’obbligo
di precisare che il Comitato dei Delegati Cassa ha approvato
i seguenti obiettivi di legge per una gestione sana e prudente
dei Fondi pensione complementari, inserendoli direttamente
nell’articolo 1, comma 2-bis, del Regolamento di attuazione
delle norme statutarie: a) diversificazione degli investimenti; b)
efficiente gestione del portafoglio; c) diversificazione dei rischi,
anche di controparte; d) contenimento dei costi di transazione,
gestione e finanziamento del fondo; e) massimizzazione del
rendimento netto. Per favorire la funzionalità del sistema
di contribuzione stiamo predisponendo un progetto per il
pagamento dei contributi sul Fondo pensione complementare,
anche attraverso un servizio integrato di scontistica. Si tratta
di agevolare l’accredito di contribuzione, attraverso sconti ad
accumulo concessi da esercizi commerciali convenzionati.
Il sistema permetterà di alimentare il proprio montante
contributivo versando al Fondo pensione complementare della
CIPAG, il corrispettivo degli sconti sugli acquisti concessi da
esercenti convenzionati. Ciò sarà realizzato grazie ad una carta
di credito prepagata ricaricabile dedicata, che ogni Geometra
iscritto alla CIPAG potrà utilizzare in tutti gli esercizi
commerciali abilitati. Infatti, l’innovazione consiste nel fatto
che lo sconto non si applica immediatamente a detrazione del
prezzo pagato, ma viene versato in accumulo nella posizione di
conto correlata alla carta prepagata. Ogni iscritto alla CIPAG
potrà dare indicazioni personalizzate al gestore sulla periodicità
e sull’entità dell’importo da versare sulla propria posizione del
Fondo di previdenza complementare, alimentando in parte o
completamente la propria posizione. La Cassa di Previdenza
dei Geometri ancora una volta ha voluto arrivare prima di tante
altre, per garantire ai propri iscritti gli strumenti finanziari ed
i trattamenti previdenziali migliori e più redditizi offerti dal
mercato. Ovviamente il progetto partirà solo se l’interesse
della base sarà confermato dai risultati di un questionario
ad hoc inviato a tutti gli iscritti a CIPAG. Agiremo con
prudenza, seguendo sempre le deliberazioni che lo Statuto ed
il Regolamento impongono che siano volta per volta votate ed
approvate dagli Organi competenti. Per la nostra previdenza
complementare la strada è appena iniziata, ma saremo sempre
aperti al contributo di idee e di soluzioni di ogni singolo
iscritto, affinché le scelte siano sempre trasparenti e ponderate.
Un interno di Palazzo Corrodi-Trilussa,
sede della Cassa Italiana Previdenza
ed Assistenza Geometri Liberi Professionisti, Roma
11
INNOVAZIONE
Geoweb
Servizi telematici
per i Geometri
Intervista a Giuseppe Simeone
Amministratore Delegato Geoweb
Si parla molto di Geoweb, una società che offre un
prezioso servizio ai professionisti della categoria dei
Geometri e Geometri Laureati, ci può illustrare meglio di
cosa si tratta?
“Geoweb, nata da un’iniziativa del Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati e della Sogei - Società
Generale d’Informatica, è una società per azioni, di cui
il Consiglio Nazionale detiene la quota di maggioranza,
costituita per lo sviluppo e la diffusione di servizi
informatici e telematici rivolti in prevalenza alla categoria
dei Geometri. L’obiettivo di Geoweb è quello di trasferire
virtualmente gli sportelli dell’Agenzia del Territorio e di
altri Enti, sul computer dei professionisti”.
Cosa si intende con trasferimento virtuale e quali sono i
servizi che offre Geoweb?
“I professionisti iscritti a Geoweb possono ottenere,
accedendo alle banche dati realizzate dall’Agenzia del
Territorio, le visure catastali sia del Catasto Terreni
che del Catasto Fabbricati, nonché le ispezioni sulle
Conservatorie dei Registri Immobiliari. Inoltre è
possibile visualizzare e stampare gli estratti di mappa
in scala, delle particelle del catasto terreni, trasmettere
telematicamente gli atti di aggiornamento catastale,
secondo le procedure Docfa e Pregeo, nonché prelevare
gli estratti di mappa per l’aggiornamento e consultare
telematicamente le planimetrie delle unità immobiliari
del Catasto urbano.
I Geometri iscritti a Geoweb non devono anticipare
alcun pagamento per la trasmissione telematica di Docfa,
Pregeo, prelievo estratti di mappa per aggiornamento
e per la consultazione delle Conservatorie dei Registri
Immobiliari; questo è possibile perché usufruiscono
del pagamento anticipato da Geoweb, dei corrispettivi
dovuti all’Agenzia del Territorio.
L’importanza di tale servizio è evidente, si pensi ad un
cittadino, che possiede immobili distribuiti sul territorio
Giuseppe Simeone
nazionale, che si reca dal professionista per effettuare
operazioni sugli stessi e riceve in tempo reale tutte le
informazioni richieste. Un bel risparmio di tempo e una
dimostrazione di efficienza”.
Quali altri servizi offre Geoweb?
“Tutti i servizi offerti da Geoweb sono presenti sul portale
www.geoweb.it; tra i più rilevanti: le consultazioni delle
banche dati delle Camere di Commercio, del Pubblico
Registro Automobilistico, della Dei (Tipografia Genio
Civile per i prezzari dell’edilizia e l’enciclopedia tecno
legislativa), della SEI (gare di appalto a livello nazionale).
Geoweb consente a tutti i Geometri, iscritti e non iscritti,
di fruire dei corsi di formazione, in modalità telematica
del tipo ‘distance learning’, con assegnazione da parte
dei Collegi dei relativi crediti formativi, necessari per
l’aggiornamento professionale.
Altro nuovo importante servizio è ‘Geo-Sit’, che
consente la sovrapposizione georeferenziata dell’estratto
di mappa, prelevato da Sister, alle ortofoto del territorio,
con conseguente memorizzazione e stampa del relativo
file.
L’utente può contare sull’assistenza da parte del
personale Geoweb mediante il servizio di ‘Help Desk’,
sia telefonico che via rete, per ottenere risposte in tempo
reale e risolvere rapidamente le problematiche segnalate”.
Quali saranno i futuri sviluppi di Geoweb?
“Sono in via di definizione numerosi ulteriori servizi: la
conservazione documentale; la fornitura di programmi
fiscali delle denunce dei redditi dei clienti; la consultazione
dell’archivio delle distanze tra i punti fiduciali ‘archivio
delle misurate’; l’organizzazione gestionale dello studio
del professionista. Sviluppi ulteriori potranno essere
progettati anche su suggerimenti ed idee degli utenti,
che contribuirebbero in tal modo al miglioramento dei
servizi Geoweb”.
13
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Come si fa per iscriversi a Geoweb?
“E’ sufficiente entrare nel sito e registrarsi; si verrà in
seguito contattati dalla nostra assistenza per espletare alcune
formalità e iniziare a lavorare immediatamente”.
I benefici per gli utenti generano inoltre una spirale virtuosa,
in quanto viene ad alleggerirsi anche il lavoro degli impiegati
dell’Agenzia del Territorio, che possono quindi dedicarsi
allo svolgimento di attività a più alto valore aggiunto”.
Quanto costa?
“Possono essere scelte due modalità:
• ‘CANONE’: con il pagamento di un canone annuo
che consente di effettuare gratuitamente un numero
illimitato di visure catastali e planimetrie. Tutti gli
importi, possono essere totalmente deducibili dalle
imposte e, comunque, sono inferiori a quelli di
mercato, con il vantaggio che Geoweb è uno strumento
di lavoro, un investimento che fa crescere la propria
professionalità.
• ‘ZERO CANONE’: contratto “a consumo”, prevede il
pagamento di un esiguo corrispettivo per ogni visura
catastale effettuata. Modalità contrattuale più utilizzata
dai professionisti che annualmente effettuano un
numero ridotto di richieste.
Per entrambe le modalità di iscrizione l’utente ha la
possibilità di controllare l’ammontare della propria spesa,
aggiornato in tempo reale, ed effettuare pagamenti on line”.
Possiamo affermare quindi che Geoweb è stata una
grande idea ed un successo!
“Assolutamente si, in dieci anni dall’avvio operativo della
Società, si sono iscritti oltre 22.000 Geometri che effettuano
più di 150.000 operazioni giornaliere; un numero
impressionante, superiore alle più rosee aspettative”.
A proposito di vantaggi, quali sono per il Geometra che si
iscrive a Geoweb?
“Numerosi. Abbiamo parlato dell’Agenzia del Territorio che
si trasferisce virtualmente nello studio del professionista, con
conseguente riduzione dei tempi necessari per raggiungere
gli uffici del Catasto e delle Conservatorie; eliminazione
del tempo di attesa agli sportelli; migliore organizzazione
dell’attività lavorativa, in quanto i servizi sono disponibili
24 ore su 24.
14
In conclusione, quale messaggio vuole inviare alla
categoria dei Geometri?
“Geoweb si pone l’obiettivo di costituire la comunità on
line dei propri utenti, per aggregare gli interessi dei singoli,
aumentare la rappresentatività della categoria ed estendere il
mercato delle attività professionali.
In tale ottica Geoweb diviene, strumento prezioso per la
sua vocazione all’innovazione, che il Geometra del Terzo
Millennio ha a disposizione, per realizzare in maniera sempre
più completa le proprie aspettative professionali, facilitare
l’inserimento nel mercato europeo e qualificare la propria
figura professionale anche nei confronti delle altre categorie.
Concludo sottolineando che Geoweb perseguirà anche in
futuro una politica di contenimento dei costi per gli utenti,
privilegiando l’allargamento della platea degli iscritti. A tal
proposito è utile ricordare che nel corso dell’ultimo decennio
Geoweb ha periodicamente e sensibilmente ridotto i costi
dei servizi.
Questa politica di mercato, tra l’altro, è in palese
controtendenza rispetto ad altre realtà in cui i costi hanno
subito e subiscono sensibili aumenti”.
photo©shutterstock.com/Pincasso
ANNO II
INTERVENTI
Come dobbiamo
“motivare”
i giovani?
Risponde
Paolo Crepet
Nell’ambito della sesta Assemblea Nazionale dei Presidenti
dei Collegi dei Geometri e Geometri Laureati d’Italia svoltasi
a Roma si è tenuto un incontro dedicato al futuro della
professione. Sono stati invitati: Paolo Crepet, psichiatra,
sociologo e scrittore, Monsignor Fabiano Longoni, membro della
Consulta Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana e
Responsabile del coordinamento per il Nord-Est della Pastorale
del Lavoro. Il Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e
Geometri Laureati Fausto Savoldi ha posto loro la domanda:
“Come dobbiamo motivare i giovani?”.
In queste pagine la risposta di Paolo Crepet. La risposta di
Monsignor Longoni verrà pubblicata nel nostro prossimo
numero.
Paolo Crepet (Torino, 1951) Laureato in Medicina e
Chirurgia presso l’Università di Padova nel 1976, in Sociologia
presso l’Università di Urbino nel 1980, nel 1985 ottiene la
specializzazione in Psichiatria presso la clinica psichiatrica
dell’Università di Padova.
E’ autore di diversi volumi, molti dei quali dedicati al mondo
dei giovani. Tra le sue ultime opere: “Sfamiglia. Vademecum
per un genitore che non si vuole rassegnare.” Einaudi, Torino
2009; “La Gioia di educare” Einaudi, Torino, 2008; “I
figli non crescono più” Einaudi, Torino, 2005; “Voi, noi.
Sull’indifferenza di giovani e adulti” Einaudi, Torino, 2003;
“Non siamo capaci di ascoltarli - Riflessioni sull’infanzia e
sull’adolescenza”, Einaudi. Torino, 2001
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Paolo Crepet
“Vi ringrazio perché ho sempre cercato nella vita di
incontrarmi, di confrontarmi con persone che non sono
simili a me per formazione, per lavoro e non so se sia la stessa
cosa anche per voi, ma insomma, a me fa particolarmente
piacere avere l’opportunità di un uditorio con il quale mai
vent’anni fa avrei pensato di potermi incontrare.
Lei mi ha fatto una domanda per la quale se avessi la
risposta sarei multimiliardario, nel senso che avrei risolto il
problema non solo in questo paese, perché quello a cui lei
ha accennato nella domanda, è un problema che riguarda il
mondo occidentale, nemmeno solo l’Europa, e tra un po’,
a caduta, toccherà anche quei paesi che oggi sono definiti
‘in via di sviluppo’, ma che con un PIL a due cifre, secondo
me, tra dieci anni ci avranno sicuramente raggiunto.
Fra l’altro mi fa anche piacere avere qui Monsignor
Longoni perché i miei buoni informatori mi dicono che
la CEI sta pensando a un documento sull’educazione e
anche questo mi fa molto piacere in quanto per me, laico,
è importante potermi confrontare su un problema che,
guardate, è il problema fondamentale anche per paesi più
avanti di noi dal punto di vista educativo, pedagogico, del
Nord Europa. Anche lì c’è un bisogno enorme di capire
qual è il futuro, perché la sua domanda è in realtà molto
più complicata perché è: qual è il futuro? Noi del futuro
ne parliamo quando c’è il nuovo modello del telefonino.
Allora, diciamo, tra sei mesi c’è il nuovo modello d’auto,
c’è lo smartphone, e questo è il futuro. Ma il futuro, in
realtà, è come vivremo tra 15 anni.
Venerdì scorso ero a Rovereto, al MART il Museo di arte
moderna, un luogo molto prestigioso dove si inaugurava
la mostra dell’Architetto Mario Botta. C’era Gillo Dorfles,
cioè il gotha. E’ stata una bellissima discussione perché
lì se lo domandavano gli architetti, ma ve lo domandate
ovviamente anche voi, dove vivremo, quali saranno i luoghi
tra dieci anni? Queste non sono domande peregrine, non
sono domande retoriche perché in base a questo dovremo
anche capire qual è la formazione.
Allora, noi siamo cresciuti in un paese in cui abbiamo
vinto la Coppa dei Campioni senza allenamento, per puro
talento, come se una squadra si fosse messa lì col Real
Madrid e per puro talento avesse fatto 3 a 0. Noi eravamo
un popolo con una cultura medio bassa, sto parlando degli
anni ‘50. Il boom economico è stato fatto da persone diciamo la verità - ignoranti, con un’enorme capacità di
lavoro, una cosa mostruosa. I coreani di oggi sarebbero
niente in confronto a quelli che hanno fatto il miracolo
economico.
Grande intuizione, grandissima intuizione non governata
dalla cultura. Naturalmente quella è stata una generazione
che ha fatto cose sbalorditive. Noi siamo passati – io
sono padano come lei – dalla polenta al SUV in 35, 40
anni. E’ un niente, un lampo nella storia dell’umanità,
un nulla. Siamo passati dalla miseria, che peraltro era la
miseria di quarant’anni fa, di centoquarant’anni fa, di
duecentoquarant’anni anni fa. Quindi per secoli non si è
mossa la miseria, è sempre stata così, si moriva a 50 anni.
Il mio papà faceva il medico del lavoro, c’erano gli operai
che venivano, i minatori, i veneti, poveretti, che andavano
in Belgio e tornavano con dei buchi sui polmoni, 52 anni
ciao Nina, e adesso finalmente siamo un popolo che vive
85 anni, così dicono le statistiche.
Ho fatto il viaggio con Gillo Dorfles che ha 100 anni, è
fresco come una rosa. Una volta era da considerarsi un
miracolo, andavi su tutti i giornali, un uomo di 100 anni
che faceva un viaggio da Roma a Rovereto, cioè una cosa
inimmaginabile, oggi è normalissimo. E’ sceso giù, si è
bevuto il suo bicchiere d’acqua e via. Quindi oggi abbiamo
delle straordinarie opportunità, la tecnologia. Riflettete
su una cosa. Quando io mi sono laureato, diciamo alla
prima metà degli anni ‘70, la quota parte di lavoro creativo
era 5-8%, sì e no, tutto il resto era lavoro subordinato e
ripetitivo, l’impiegato, l’operaio, la commessa, più o meno
questo era. Chi si laurea oggi, stamattina, appartiene ad un
mondo in cui il lavoro creativo è il 45-50%.
Da professionisti voi stessi potete fare una parte non
irrisoria del vostro lavoro dalla vostra casa in campagna,
da dove siete. Avete il vostro computer, avete le vostre linee
veloci, potete fare un progetto, rivedere le carte, mandare le
e-mail a mezzo mondo, tutto da dovunque, anche da una
barca. Se siete così fortunati, potete farlo anche da lì.
Questo apre delle considerazioni enormi e cambierà il
mondo. Già i nostri figli ragionano solo così. Noi siamo
a cerniera, io mi ricordo il telefono in corridoio, quello
nero di bachelite. Se dico a mia figlia una roba del genere
dice: ‘ma dove vivevi, da quale continente sub-sviluppato
sei venuto fuori?’. Quindi noi siamo cerniera, abbiamo i
ricordi di com’eravamo e siamo osservatori e partecipi di un
mondo velocissimo, dove cambia il modo di comunicare
enormemente e dove la comunicazione è diventata perlopiù
virtuale. E questo, naturalmente, ha dei pro. Per esempio,
io lavoro per un editore che è l’Einaudi che è a metà tra
Torino e Roma, una volta avrei dovuto utilizzare molto gli
aerei con il loro costo, adesso si fanno tele-conferenze, sei
tranquillo, non devi più prendere aerei, non devi pagare,
non devi affrontare la nebbia, non devi affrontare dei rischi
ecc. Naturalmente tutto questo è virtuale. Una volta ci si
dava la mano, si andava anche a prendere un caffé, magari
si parlava anche di un problema personale. Oggi tutto
questo è molto, molto difficile forse è impossibile.
Vengo al dunque. Partiamo dalla crisi. La crisi è come il
vento, dà fastidio però scrolla le foglie secche, aiuta. Se non
ci fosse il vento gli alberi sarebbero pieni di foglie secche.
Piaccia o non piaccia, esiste la stagione del vento da che
mondo è mondo. Io non ragiono in termini apocalittici.
Penso che le crisi – l’etimo della parola lo dice, crescita
– siano positive, in gran parte positive. Selezionano,
soprattutto in un paese dove ci hanno insegnato, purtroppo,
negli ultimi decenni, che va avanti il furbetto, che va avanti
quello approssimativo. Che se le cose le sai o non le sai più
o meno è uguale. Che se sai l’inglese o non sai neanche
parlare italiano tanto va bene lo stesso. Ecco, no. Abbiamo
capito che c’è stata una bella scrollata e forse qualcuno che
aveva buttato il cappello un po’ oltre l’attaccapanni adesso
annaspa. Vedo anche in giro che ci sono paesi come la
Germania, che non è poi così lontana da noi, che ha il 2,5
di PIL oggi, dopo la crisi. Vuol dire che la base di quella
comunità è forte e quindi con un fisico forte l’influenza
passa in 3 giorni mentre quello che ha il fisico deboluccio
ad uscirne ci mette 15 giorni. Forse noi siamo un po’ più
debolucci e quindi dovremo avere dei tempi più lunghi per
uscirne.
Dal punto di vista educativo questo è un danno?
Assolutamente no, è una grande opportunità, guai a buttarla
via. Noi abbiamo un problemino tra i tanti che c’è non da
oggi e da ieri, ma da un bel po’ di tempo. Il problemino si
chiama ricambio generazionale. Il ricambio generazionale
nelle aziende italiane, non riferendomi alle grandi aziende,
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ANNO II
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
ma parlando anche delle piccole, piccolissime aziende
familiari, soprattutto quelle, che come sapete sono il 90%
della struttura produttiva del paese e hanno un problema di
impossibilità di ricambio che arriva al 30%. Un terzo delle
aziende sono a rischio di morire, di chiudere o di essere
vendute per impossibilità. Ora l’impossibilità non è legata
al fatto che non hai figli, diciamoci la verità, questi casi
saranno l’uno per cento. E’ che il figlio, cresciuto col boom
economico, cresciuto con i sì, dalle mie parti in Veneto si
dice “poareto”. Ecco, quando le mamme dicono “poareto”
del figlio vuol dire che siamo messi già malissimo perché
i nostri figli hanno dei difetti, ma non sono poveretti, ma
proprio per niente poveretti... E’ invece l’averli coccolati ed
avergli detto sempre sì.
Potrei citare - l’ho scritto anche nei miei libri – decine e
decine di casi da me trattati di persone che si sono trovate
nella situazione drammatica di dover vendere un’azienda
che è un know-how, che aveva dei brevetti, creava ricchezza.
E venderla, magari ad un acquirente straniero, in cambio
forse di un posto in Consiglio di amministrazione per il
figlio, poverino, al quale tra cinque anni gli daranno la
liquidazione dicendogli: ‘senti vai a farti un giro perché
tanto è inutile che scaldi quella sedia visto non sai fare
nulla’. Questo è un problema per il paese? Io penso di sì.
Allora è scellerato non credere nell’educazione. Educazione
non vuol dire solo rapporti familiari, l’educazione vuol
dire strutture educative, non penso solo alla scuola. Se noi
continuiamo a togliere alla scuola, il risultato quale sarà?
Di una dipendenza economica non solo dal petrolio, ma da
tutto. Andate a chiedere ad una merchant bank americana,
che dà i soldi per la tecnologia, a chi li dà? E chiedetevi se
c’è un luogo in Italia dove quei soldi vengono erogati. La
risposta è no. Io trent’anni fa ho avuto la fortuna di lavorare
in India, all’Università di Chandigarh, costruita da Le
Corbusier. Bene, mi chiedevo come mai (io che non avevo
visto la fame, ma ne avevo solo sentito parlare, vedevo lì i
bambini morti per strada) un paese che ha i bambini morti
di fame investe i suoi soldi nei college? Adesso lo so, oggi lo
so. E’ stata una scelta strategica, dura, terribile, cinica per
certi versi, ma è stata una scelta strategica. Oggi Bangalore è
uno dei luoghi dove le merchant bank americane investono
miliardi per la tecnologia, per la semplice ragione che ci
sono dei validi ingegneri, fisici, chimici e informatici
preparati, quelli veri, quelli che sanno fare le cose, quelli
che a 25 anni si assumono la responsabilità di un’azienda.
Certo, come noi negli anni ‘50. C’erano dei ragazzi di 25
anni che avevano un’azienda e c’erano 5 operai sotto di loro,
e poi da quei 5 sono diventati 100. Perché? Perché c’era una
capacità anche di sopportare lo stress, i no, le frustrazioni.
Ma perché nella vostra vita non vi sono capitate? E allora
se sono capitate a voi, pensate che magicamente i vostri
figli saranno esentati, basta farsi un vaccino, come facciamo
con l’influenza? Allora bisogna che i ragazzi imparino ad
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affrontare le loro battaglie. D’altra parte il mare senza gli
scogli è anche noioso, o no? Ci sono le battaglie, sono belle
anche da vincere. Ma se voi avete avuto 20 anni di tutti
sì, di una scuola non meritocratica, della scuola del sei
meno meno, della scuola ‘ci vado io a parlare con quella
di matematica e vediamo se possiamo aggiustare le cose’
dove pensate che si arrivi poi? Che miracolosamente, a 20
anni, un giorno sulla strada di Damasco ... ? Lei che ha
la fede Monsignor Longoni ci crede, io un po’ meno, che
possano accadere queste cose perché bisogna meritarsele
nella vita, mi spiego? E oggi i nostri figli non solo hanno
noi, i genitori, come posso dire, fragili, ma hanno anche
un mondo che li illude. Pensate al mondo della televisione.
I nostri figli ogni giorno devono combattere per dire che
non è vero quello che hanno sentito nello spettacolo in tv.
E’ complicato dire non è vero a 16 anni, lo posso dire io
che non basta fare così e così davanti a una telecamera per
guadagnarsi la vita, che la vita non è fare il furbo per tre
giorni, mi spiego? La vita non è fare uno show in tv dove
per vincere basta mettersi il cappello così, lo stivale colà,
il rossetto. Però ci vuole uno che a loro faccia notare la
differenza tra lo show e la vita. Perché l’imbroglio è che gli
hanno detto, guarda che quella ha vinto la vita, quella per
30 anni diventerà la più grande ballerina, cantante, show
girl del mondo. Ma quella lì a Pasqua non la riconoscono
in un bar. E chi è che raccoglie su quella ragazzina illusa e
abbandonata? E i nostri figli corrono tutti i giorni il rischio
di essere illusi.
E guardate che non è solo la televisione. Magari fosse solo
la televisione. Io ti posso raggiungere ovunque perché hai
l’iPad dove ti raggiungo con la mia pubblicità, con i miei
prodotti, ma anche con la mia ideologia che a volte è quella
di vendere un prodotto che dura un mese, sei mesi, che
è fatto apposta per durare poco perché poi possa essere
ricomprato un’altra volta. E allora su questo dobbiamo
essere noi mediatori. Noi genitori, educatori, preti,
psicanalisti, siamo dei mediatori, non possiamo accettare
quel che c’è. Dobbiamo insegnare innanzitutto ai nostri
figli ad essere critici con le cose che hanno. Così come mi
hanno insegnato i miei maestri a essere critici anche con
loro stessi. ‘Non ti fidare neanche di me perché ti posso
anche imbrogliare un giorno. Abbi la testa tua, fatti i tuoi
progetti’. Questo mi diceva il mio maestro.
Allora come si esce? C’è un dato nuovo, straordinario,
siamo in Europa. Una notizia straordinaria. Noi, io, la
mia generazione avevamo 50 chilometri di raggio, il mio
mondo era 50 chilometri. Il nuovo mondo era andare da
Venezia a Bologna, una cosa che si faceva una volta ogni
tanto con il permesso di tuo padre. Non avevamo i soldi,
con l’auto R4 si arrivava a Ferrara e poi c’era la nebbia
quindi era complicato. Adesso, invece, con meno di 40
euro vado dall’aeroporto di Orio al Serio all’altra parte del
mondo. Uno si immagina che Orio al Serio sia affollata di
photo©shutterstock.com/RUI FERREIRA
giovani, invece sono solo pensionati perché i giovani non
vanno. Allora bisogna imparare a dire ai nostri figli che il
mondo è più grande.
Io se fossi ministro farei una legge sulla valutazione.
Quando si dice la valutazione degli atenei, è semplicissimo.
Quello che ha 100% di Erasmus, dove il 100% dei suoi
studenti fanno almeno, stiamo parlando del minimo,
sei mesi all’estero. Dove vuoi, tanto anche se non studi
comunque torni maturo perché hai cotto la pasta da solo,
hai fatto la doccia anche se ti sei scordato lo shampoo e non
c’è la mammina che nel frattempo è andata a comprartelo.
Allora questo vuol dire farsi le ossa per essere pronti.
Parlo a voi che siete uomini del fare. Bisogna però che
anche i nostri figli siano del fare perché non è cambiato
il mondo. Anzi si è più complicato. Dalla crisi economica
che stiamo vivendo un risultato è chiaro a tutti: che le
capitali del mondo non sono più quelle di prima della crisi,
non più Londra, New York, Parigi. Oggi c’è San Paolo,
c’è Shanghai, Bangalore. Il mondo è più largo, ci piace di
meno, ce ne faremo una ragione, è così. E se qualcuno ha
la buona grazia di andare in quei posti, viene a sapere che
a Bangalore hanno fatto 18 chilometri a sei corsie in due
anni e mezzo. Noi in Veneto abbiamo fatto 18 chilometri
di un’autostrada in 39 anni. Chi vince? Beh non lo so, fate
voi i conti. Ad oggi ancora non l’hanno inaugurata, dicono
che per Natale forse ci fanno la grazia. Perché? Perché
questo ritengo essere un paese governato dal TAR.
Voglio dire con questo che è necessario avere un’idea di
un’educazione che sia basata sull’autonomia dei nostri figli.
Meno sono dipendenti da noi più cresceranno. Capisco
che poi possa esserci anche un amor materno. Io per carità
non ho buona memoria delle famiglie dove i figli erano
cacciati a pedate o le figlie si prendevano due sberle enormi
solo se si sapeva che si erano fidanzate. Capisco che oggi
stiamo anche bene per tante ragioni anche di convivenza,
anche forse di maggior sentimento, non voglio parlare
di amore ma maggior sentimento. Ma questo non basta,
dato che può essere anche un boomerang e lo dobbiamo
sapere. Dobbiamo avere coraggio di investire i nostri soldi
sull’educare.
Questa primavera quando hanno fatto le elezioni politiche
in Inghilterra, vi ricordate che c’erano tre candidati.
C’è stato un giovedì sera dove ovviamente alla BBC
hanno trasmesso in diretta diciamo l’ultimo round e
c’era ovviamente un parterre di giornalisti che faceva le
domande. Il primo giornalista, il decano, quello a cui è
stato dato l’onere e l’onore di fare la prima domanda, si è
alzato e ha detto: ‘io vorrei sapere da questi tre signori quali
sono i vostri programmi per l’educazione?’. Io non so se in
Italia avremmo posto la stessa domanda. Temo di no. Una
domanda che considero la pietra miliare.
Vi faccio un esempio che non c’entra con l’Italia, ma che è
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di no, ci vorrà qualcuno, che dice, guarda, in mezzo ai
mattoncini ci inventiamo un altro giocattolo e questo sarà
venduto nel mondo. Questo sarà possibile con la creatività.
Chi è che insegna la creatività, altro grande problema? Mi
spiego. E’ come se io dicessi – e mi ricollego al dibattito
di Rovereto, secondo me importantissimo e giusto – dove
andremo a vivere? E tocco un problema che riguarda voi,
come categoria. Io penso che la città sia finita, la grande
città è finita per la semplice ragione che noi non siamo
più industriali. Ci metteremo un po’ ad adattarci a questa
idea, ma nessuno farà più la grande Fiat in Italia, non
la faremo più. Stiamo mettendoci d’accordo per lasciare
qualche cippo, qualche rimembranza, ma non ci sarà più.
Perché? Perché sarà in Cina, sarà in qualche altro mondo.
E allora cosa ci sarà qua? Cambierà, non ci sarà più una
photo©shutterstock.com/l i g h t p o e t
riconducibile all’Italia in un battibaleno, la Lego. Grande,
storica fabbrica di giocattoli danese che ha sede in Danimarca,
a Billund, paesino che è fatto tutto con i Lego fra l’altro. Ad
un certo punto cresce, cresce, cresce, cresce. Cosa succede?
Succede quello che pensa Marchionne, quello che pensa
qualsiasi buon amministratore delegato. Se i mattoncini
li facciamo in Messico o in Vietnam risparmiamo? Sì. E
allora andiamo in Messico, bene. Spostano la produzione
dal luogo dove era nata storicamente, quindi la stessa cosa
che farebbe la Fiat se spostasse il Lingotto da Torino in
Brasile, ciò che stanno quasi facendo. Qual è il futuro della
Lego, ovvero cosa rimane a Billund, Danimarca? La testa
dell’azienda, le strategie aziendali, il marketing, i nuovi
prodotti. Possiamo continuare a pensare di andare avanti
tre generazioni, venti generazioni con i mattoncini? Penso
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Torino che in 15-20 anni da cittadina diventa megalopoli
perché arrivano i treni con gli operai. Non c’è più, anzi
c’è il Sindaco che sta tentando di dire, fermatevi, almeno
un pezzo, Viale Marconi, quello lasciatecelo. La Telecom
è andata via, cosa rimane, la Juventus? Va beh, ma quella
non porta immigrazione.
Quindi questo è un grande tema. Dove andremo a vivere?
E i giovani cominciano a pensare per esempio che non
c’è più bisogno di andare a vivere in una grande città, che
non è più chic. Ci sono tanti ragazzi e ragazze che, per
economia, perché costa di meno e anche per qualità di
vita, vanno in una paesotto della Toscana piuttosto che da
qualche altra parte, mettono più volentieri i figli lì perché
magari è più facile organizzare le scuole, è più salubre
starci, hanno la gallina che ha fatto le uova e mangi quelle
buone e non quelle che chissà da dove vengono.
Tutto questo cambierà le nostre relazioni, ma per fare questo
dobbiamo aiutare a crescere una generazione in maniera
differente, questo è il problema. Le grandi opportunità
ci sono, certo che ci sono tutte, e sono tutte alla nostra
portata, però ci vuole la testa. Mi ricordo una bella litigata
tra padre e figlio (io lavoro da tanti anni con Oliviero
Toscani, che ha un figlio di 30 anni) perché il padre –il
figlio all’epoca lavorava con lui – tornava nel suo office
e vedeva questo figlio sempre davanti al computer. Non
è che facesse chissà cosa, lavorava. Mi ricordo che gli ha
detto: ‘guarda che noi non dobbiamo scaricare i computer,
dobbiamo riempirli e per riempirli ci vuole lo scatto
giusto, la foto giusta, il calendario diverso, la pubblicità
che non ti aspetti, ci vuole la testa, non l’esecuzione, prima
la testa e poi l’esecuzione. E per fare anche creatività ci
vuole una cosa che sembra in netto contrasto che è la
capacità di affrontare con tenacia la quotidianità, che vuol
dire in qualche modo quella cosa che una volta ci dicevano
i vecchi: la disciplina, un termine modernissimo, non
antico. Disciplina vuol dire che devi saper fare quelle cose,
te le devi organizzare con la tua testa, è uno, due, tre, non
tre, due, uno, è quella cosa funzionale. E smettiamola di
dire che se si laureano il prossimo anno o tra tre anni è la
stessa cosa. Non è la stessa cosa.
Noi generazione con i capelli bianchi non possiamo
rovinarci per essere quelli che consegnano le pensioni
sociali a dei figli di 25 anni. Noi non siamo l’INPS, siamo
dei genitori. Io vedo genitori che sono diventati l’INPS,
e la paghetta e la rata. Anche con i soldi si educa perché
è inutile che ci giriamo intorno, che i soldi non ci sono.
Ci interessano i soldi? Non diciamo sciocchezze. Quindi
è un valore, poi sarà criticato giustamente anche da me,
non solo dalla Chiesa, anche da me è criticato, però poi
alla fine la giacca me la compro. Allora io penso che con
i soldi si possa anche educare. Faccio un altro esempio:
mettiamo che io abbia un figlio di 20 anni che a giugno
venisse da me e mi dicesse, papà, vado a Ibiza con i miei
amici, mi dai i soldi? Posso dire di no, sì o no? Posso dirlo,
la Costituzione mi permette di dire no. Perché? Perché a
me quelli che vanno a Ibiza mi stanno sulle scatole, a me
papà. Siccome li chiedi a me, vai in banca e li chiedi in
banca, ma se li chiedi a me ti dico di no e ti spiego anche
il no, perché vai a fare le stesse cose che fai qua, vai con gli
stessi amici, invece che 5 birre ne bevi 25 e io non tengo
la scala alla tua mediocrità. Posso dirlo, posso esimermi
da contribuire anch’io al degrado morale ecc. ecc. di mio
figlio? Penso di sì, bene.
Mettiamo che quello stesso giovanotto venga da me e
mi dica, papà, ho un mio amico che studia a Utrecht,
in Olanda. Posso andarlo a trovare quest’estate? Quanto
costa? 200 euro. Pronti qua, uno e due bigliettoni. Perché
io metto i soldi dove fruttano, non li butto fuori dalla
finestra. Io metto i miei soldi, educativamente parlando,
dove fruttano. E fruttano a Utrecht? Sicuramente. Sapete
perché? Perché vostro figlio la sera stessa che arriva va
al pub con gli amici – giusto? – perché là ci sono delle
bellissime biondine, perfetto, e la biondina olandese ti
dice, te di dove sei? Italiano. Bene e dove vivi? Vivo con
papà, mamma, la nonna, la zia. E questa dice, beh va beh,
allora vado via. Uno, due, tre capisci che è meglio non
dirle quelle cose lì in Olanda, capisci che c’è un mondo
di giovani che a 20 anni vivono da soli in cinque in un
appartamento e non hanno la vasca con l’idromassaggio,
si divertono parecchio lo stesso e fanno gli esami quando
devono essere fatti, perché c’è un’università che tre volte
quell’esame non te lo fa fare, due sì, tre no. E allora cominci
a capire che esiste anche un altro mondo, poi lo critichi, va
bene, però capisci che c’è un altro mondo. Questo per me
vuol dire investire i soldi.
Allora siccome ognuno di noi fa quotidianamente
delle scelte da questo punto di vista, beh io credo che
sia importante cominciare a dire anche dei gran no.
Cominciamo a dire io a quella cosa lì non partecipo.
Dopodiché sapete benissimo che a 10 anni è un discorso, a
20 anni c’è anche una possibilità che lo facciano lo stesso,
ma che si assumano l’onere dei loro errori.
A questo incontro sono arrivato in ritardo perché ero con
una famiglia, l’ennesima famiglia con un figlio iscritto a
Ingegneria che non fa esami da tre anni. Cosa fa il padre?
Paga le tasse scolastiche. Ma smettiamola, no? Posso dire
stop, fine dei soldi. Vai a fare il muratore, non so, arrangiati.
Si può dire arrangiati, è una cosa meravigliosa, non è un
abbandonare. Vuol dire, io ti ho dato la possibilità, ti do
sei mesi di tempo, se non fai niente in sei mesi basta. Non
sono un imbecille che continua a pagare, a dare biada ai
cavalli quando si sa che troppa biada li ammala. Ecco,
allora queste sono le cose, un risorgimento anche morale,
etico, che fa parte anche io credo di un auspicio di un
rinascimento morale, etico di questa nostra comunità che
se lo merita, chissà mai?"
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AMBIENTE E TERRITORIO
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Città innovative
Global City Report 2010
di Scenari Immobiliari
incorona Londra
Quali sono le città più innovative del mondo? E, soprattutto,
come e secondo quali criteri e parametri si possono
individuare e classificare nel fermento e nella profonda fase
di trasformazione che attraversa il Pianeta nell’era della
globalizzazione?
Un interessante contributo arriva dalla terza edizione del
“Global City Report” elaborato dall’Istituto di studi e
ricerche “Scenari Immobiliari” con l’autorevole apporto di
Saskia Sassen, docente della Columbia University ed autrice
di diversi testi sulle Città contemporanee.
Detto subito che secondo lo studio (come si vede nella
tabella che riporta la graduatoria delle prime venti) la città
più innovativa è Londra, seguita da Chicago e Bilbao e
che le italiane brillano per la loro assenza (Roma e Milano
sono presenti solo nella classifica di “settore” relativa
all’innovazione dell’offerta culturale), particolarmente
interessanti risultano il percorso e le motivazioni che hanno
condotto i ricercatori a queste conclusioni.
Posto che le città più innovative, sono quelle che hanno
registrato un’evoluzione rapida, coerente ed efficiente
ed hanno saputo costruire un tessuto infrastrutturale,
economico e sociale in grado di attirare nuovi residenti,
funzioni, imprese e, soprattutto, i nuovi talenti creativi, la
“lente d’ingrandimento” utilizzata si è basata sull’analisi di
quattro principali parametri:
• il livello di innovazione tecnologica, prendendo in
considerazione i progressi effettuati negli ultimi anni
per quanto riguarda le comunicazioni, con particolare
riferimento alla velocità di accesso a Internet, alla
presenza di reti a fibra ottica e wi-fi
• l’innovazione dell’offerta culturale, considerando i
progetti legati alla realizzazione o all’ampliamento di
spazi culturali di particolare significato, spesso in grado
di rilanciare l’immagine dell’intera città
• il livello di innovazione architettonica e i grandi
progetti per la città, valutando i progetti in corso di
Londra
•
realizzazione caratterizzati da un particolare valore
architettonico o riguardanti la valorizzazione di interi
quartieri
il livello di sostenibilità, con gli aspetti legati
all’ecologia, al risparmio energetico, all’utilizzo di fonti
alternative di energia.
Innovazione tecnologica
Secondo l’aspetto tecnologico la città più innovativa è
risultata Stoccolma dove il 98% della popolazione è
raggiunto dalla banda larga, grazie anche ad un sistema
di fibra ottica la cui realizzazione è iniziata nel 1994 e che
raggiunge oggi un’estensione di un milione di chilometri.
Seguita da Seoul dove è possibile vedere la televisione sulla
propria auto, in metropolitana o nei treni veloci, attraverso
il proprio smartphone. E da Chicago, punta d’eccellenza
negli Stati Uniti soprattutto per quanto riguarda l’attenzione
verso gli aspetti sociali ed ai servizi in Rete ad essi dedicati.
Innovazione culturale
Il primato secondo questo parametro spetta (e non c’è in
fondo da stupirsi) a Parigi, grazie alla vivacità dell’offerta
culturale, una dotazione infrastrutturale in costante
evoluzione e la presenza di eventi importanti e spesso
all’avanguardia.
Per fare un esempio, nel maggio 2010 è stata portata a
23
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Toronto
termine la prima esperienza di decentramento di una
grande istituzione culturale nazionale e parigina, il Centre
Pompidou che ha aperto al pubblico la sua nuova sede a
Metz. La scelta della città è attribuibile ad una duplice
motivazione: si inserisce nell’ambito di un più ampio
processo di internazionalizzazione della cultura portato
avanti da Parigi e dalle altre grandi città francesi ed è il
punto di incontro tra due assi che attraversano l’Europa.
Inoltre Metz è collegata a Parigi in un’ora dal Tgv. L’edificio
ospiterà 5mila metri quadrati di spazi espositivi, ma anche
uno studio per proiezioni o performance artistiche, un
auditorium, una libreria ed un ristorante.
Al secondo posto si situa Berlino, la cui ambizione è di
diventare la capitale culturale europea. In quest’ottica, dopo
undici anni di lavori, nel 2009 è stato riaperto il Museo
Egizio, che era stato gravemente danneggiato durante la
Seconda Guerra mondiale e poi abbandonato. L’intervento
di ricostruzione restituisce alla capitale tedesca l’Isola dei
Musei. Si tratta del complesso dei cinque musei che nel
1999 erano inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale
dell’Unesco e che per la prima volta, dopo sessant’anni,
tornano ad essere tutti visitabili.
Al terzo posto Bilbao, che ha saputo riqualificare il
tessuto urbano e la sua immagine di città industriale
rinascendo intorno al nuovo Guggenheim Museum,
divenuto “emblema” della città e uno dei simboli più noti
dell’architettura contemporanea.
24
Innovazione architettonica, immobiliare e grandi progetti
Un aspetto particolarmente importante sul quale il rapporto
di Scenari Immobiliari correttamente si sofferma di più.
Anche in questo caso – si legge nel report – il concetto di
innovazione non è univoco ed è stato interpretato in modo
differente in ogni Paese, in base all’impronta culturale e
alle esigenze della popolazione. Tuttavia si sono individuati
alcuni caratteri fondamentali dai quali sembra non poter
prescindere:
• il rinnovamento si riflette nei processi di design e
costruzione, ad esempio attraverso l’installazione di
nuovi componenti e prodotti prefabbricati
• emerge un rapido e significativo miglioramento
dell’accessibilità e della flessibilità delle abitazioni, che
si adattano alle esigenze sempre più differenziate delle
diverse tipologie di utilizzatori e delle diverse fasce d’età
• l’enfasi maggiore viene posta sulla sostenibilità,
che comprende svariati aspetti legati all’efficienza
energetica, ambientale, idrica, alla salute e alla sicurezza
nella selezione dei materiali e nelle componenti
strutturali
• i nuovi sistemi di gestione degli edifici permettono agli
occupanti di controllare una varietà sempre più ampia
di funzioni per un maggiore confort, come ventilazione,
temperatura, illuminazione. L’alta tecnologia facilita la
supervisione remota e il controllo delle applicazioni e
dei sistemi di sicurezza
• i nuovi progetti hanno l’obiettivo di contribuire a
creare un mix urbano sociale più armonico, garantendo
una qualità adeguata delle abitazioni destinate alle fasce
deboli della popolazione
• la richiesta di maggiore efficienza energetica e
l’integrazione di energia rinnovabile influenza sia la
struttura degli edifici che le sue applicazioni in tutti i
segmenti di mercato
• gli uffici ed i locali produttivi devono presentare un
alto grado di flessibilità. Le richieste di adattabilità e
divisibilità degli immobili stimolano lo sviluppo di
nuove soluzioni strutturali e tecnologiche, che sono
facilitate dall’espansione della trasmissione dei dati
wireless
• nel comparto delle infrastrutture, gli investimenti
devono prevedere un approccio strategico verso
le caratteristiche funzionali a lungo termine
dell’infrastruttura e i costi associati al ciclo di vita
Anche se in questa classifica parziale compaiono numerose
città statunitensi, europee e cinesi (queste ultime
caratterizzate dalla capacità di cambiare radicalmente
aspetto nell’arco di pochi anni) il livello più elevato di
innovazione spetta a Toronto, che costituisce un valido
esempio di come una grande città possa essere “sostenibile”.
La rivitalizzazione del waterfront che avverrà nell’arco dei
photo©shutterstock.com/Elena Elisseeva
ANNO II
prossimi vent’anni – rileva lo studio – rappresenta il più
grande progetto di rivitalizzazione urbana attualmente in
corso nel nord America ed uno dei progetti più ambiziosi al
mondo in quanto prevede l’utilizzo dei più innovativi criteri
di sostenibilità, eccellenza nel design urbano, sviluppo
immobiliare, infrastrutture tecnologiche e perseguimento
di importanti obiettivi di politica pubblica.
L’area coinvolta, che sorge vicino al lago Ontario, misura
800 ettari su cui verranno realizzati immobili residenziali e
servizi in grado di ospitare una popolazione di circa 70mila
persone e di offrire lavoro a 30mila persone. Le tipologie
edilizie saranno differenziate, adatte ad ogni tipo di famiglia
e fascia d’età. Circa il 20% delle abitazioni sarà in regime
di social housing. Tutte le aree residenziali disporranno di
scuole e servizi ai cittadini, mentre sul waterfront sorgeranno
gli spazi pubblici e commerciali. Infine il 35% del progetto
sarà destinato a spazi verdi, nell’ambito dei quali verranno
piantati 34mila alberi.
La sostenibilità è riassunta in cinque obiettivi principali,
perseguibili attraverso una serie di azioni a breve, medio
e lungo termine: riduzione del consumo energetico,
realizzazione di edifici verdi, miglioramento della qualità
dell’aria e dell’acqua, potenziamento dei trasporti pubblici
e creazione di comunità dinamiche e vitali.
Al secondo posto si colloca Londra. Tra i numerosi progetti
destinati a contribuire all’evoluzione urbanistica della città,
emerge la cosiddetta “scheggia di vetro” progettata da
Renzo Piano, che dovrebbe essere terminata nel 2012, in
occasione dei giochi olimpici e diventerà il grattacielo più
alto d’Europa (vedi GEOCENTRO/magazine n. 11). Al
terzo ancora Chicago.
Il livello di sostenibilità
Questo aspetto innovativo – come si legge nel report –
è ritenuto univocamente il più significativo in quanto
prioritario riguardo agli aspetti relativi all’impatto ambientale,
ai timori legati ai cambiamenti climatici e al progressivo
esaurimento delle risorse naturali. Di conseguenza, nello
sviluppo delle città, centrale risulta essere lo sfruttamento
di fonti di energia alternative, fronte sul quale gli Stati Uniti
sono all’avanguardia. Il maggiore sistema di energia solare
si trova, infatti, nel centro congressi di San Francisco. Una
superficie di 5.400 mq genera 826mila Kwh all’anno, che
si possono tradurre nel soddisfacimento del fabbisogno di
184 abitazioni per un anno o nell’eliminazione di 7mila
auto dalle strade. Nel corso della sua vita la centrale ridurrà
le emissioni di anidride carbonica di 35mila tonnellate. E’
anche grazie a questo “plus” che la città della costa est si
colloca al terzo posto di questa classifica. Dietro a due città
già citate, Toronto e Stoccolma.
Nel tirare le somme, con un occhio alla classifica, il Report
di Scenari Immobiliari evidenzia in primo luogo che New
York, Londra, Parigi, emergono come metropoli globali,
cioè politicamente influenti a livello mondiale, cruciali
dal punto di vista economico e con un’offerta culturale di
livello internazionale.
Londra e Parigi, in particolare, sono le uniche che figurano
tra le prime venti città in tutti i settori considerati. Sono
all’avanguardia per la dotazione infrastrutturale, grazie
alla presenza dei due sistemi aeroportuali più importanti
d’Europa e tra i primi al mondo e al maggior numero di linee
di metropolitana, ma anche per l’offerta culturale, per lo
sviluppo tecnologico e per il grado di internazionalizzazione.
Sotto il profilo culturale le prime città sono tutte europee,
mentre per gli altri aspetti prevalgono le città americane.
Tra queste, insieme alla “Grande Mela”, emergono Chicago
e San Francisco, ma anche Boston, che fino a qualche anno
fa risultava in fondo alle classifiche nazionali, mentre ora si
situa al quarto posto del ranking mondiale.
Le grandi città asiatiche hanno superato quelle americane
quanto a sviluppo demografico ed edilizio ma sono ancora
arretrate sotto il profilo della sostenibilità, dell’offerta
culturale, dell’apertura verso i mercati internazionali e
della stabilità politica. Fanno eccezione le città-simbolo
del progresso e dello sviluppo tecnologico. Singapore, che
figura all’undicesimo posto nel mondo e Seul, che emerge
a sorpresa, tra le prime venti città globali ed è la seconda al
mondo quanto ad innovazione tecnologica.
È interessante, infine, sottolineare che l’innovazione
“complessiva” premia soprattutto le città storiche del
vecchio continente o degli States. Probabilmente chi ha
maggiore esperienza sa cogliere meglio le trasformazioni e
restare nella categoria delle eccellenze.
Le venti città
più innovative
La classifica è stata stilata dando un “peso” ad ogni città, a
seconda della posizione nelle classifiche relative ai diversi
aspetti/parametri ottenendo così un unico indice sintetico
che ha consentito di individuare la posizione delle prime venti
metropoli più innovative a livello mondiale.
1 Londra
2 Chicago
3 Bilbao
4 Boston
5 Parigi
6 Stoccolma
7 Toronto
8 San Francisco
9 Berlino
10 Helsinki
11 Singapore
12 New York
13 Seoul
14 Vienna
15 Copenhagen
16 Melbourne
17 Dubai
18 Abu Dhabi
19 Hong Kong
20 Francoforte
(Fonte: elaborazione Scenari Immobiliari)
25
CITTà
Riqualificazione
urbana a Forlì
L’area ex Orsi-Mangelli
di Marina Dragotto
(Coordinatrice AUDIS - Associazione Aree Urbane Dismesse)
Prosegue con questo articolo, dedicato alla città di Forlì
(e in particolare all’intervento sull’area ex Orsi-Mangelli,
un caso emblematico dei processi di rigenerazione urbana
sviluppati in Italia negli ultimi 15 anni), la collaborazione
con l’Associazione Aree Urbane Dismesse che propone la
presentazione e l’analisi secondo i principi della Carta della
Rigenerazione Urbana di alcuni significativi interventi di
trasformazione e riqualificazione realizzati nelle città italiane.
Con il Prg avviato nel 1996 e approvato nel 2003 il
Comune di Forlì fissa nella riqualificazione delle grandi
aree di trasformazione (sistema delle aree dismesse e aree
ferroviarie) uno degli assi portanti dello sviluppo urbano.
La relazione tra trasformazioni urbane, riqualificazione
del tessuto esistente e la necessità di promuovere la
creazione di luoghi urbani ricchi di opportunità di
fruizione è confermata nel Psc (2009) che nelle Norme
Tecniche di Attuazione dichiara la scelta di “privilegiare i
luoghi complessi per costruire, attraverso la riabilitazione
di vaste porzioni di territorio in disuso, la ricchezza di usi
e relazioni tipici della città tradizionale” (art. 8). La città
non si accontenta più di avere una buona vivibilità, ma
punta ad offrire ai suoi abitanti “vitalità e vivacità delle
opportunità e delle relazioni”, attraverso la creazione
di luoghi urbani più ricchi “lungo percorsi accessibili e
comodi in grado di costituire un insieme di complessi
attraenti”, assumendo nella progettazione la logica della
costruzione di sistemi (art. 8).
26
In questo quadro gli ambiti urbani da riqualificare
rappresentano la scelta strategica del Psc di Forlì per
elevare il rango urbano di tutta la città. I compiti loro
assegnati riguardano “il miglioramento della qualità urbana
ambientale e architettonica, dello spazio urbano, oltre ad
una più equilibrata distribuzione dei servizi, delle dotazioni
territoriali o di infrastrutture per la mobilità” (art. 11 Nta).
Tra gli ambiti più avanzati che in questi anni si sono
sviluppati in attuazione delle previsioni degli strumenti di
piano del Comune di Forlì ricordiamo, oltre al PRU n. 2
“Ex Orsi-Mangelli” (comparto AC1 del Poc) di cui questo
articolo si occupa nello specifico:
- il PRU n. 1 “Sistema ferroviario - via Pandolfa” relativo
all’area dell’Ex Foro Boario (comparto AC5);
- i comparti Ex Forlanini, Ex Cantina Sociale (comparto
AC4) ed il PRU n. 4 Ex Bartoletti (comparto AC2).
L’area ex Orsi-Mangelli
Scheda tecnica
• Funzione precedente: industria per la produzione di seta
artificiale, cellophane e nylon
• Funzione attuale: nuovo quartiere polifunzionale
(residenza, commercio, direzionale, servizi, parco)
• Committente/Promotore: Comune di Forlì, Regione
Emilia-Romagna, Provincia di Forlì-Cesena, Istituto
Autonomo Case Popolari di Forlì-Cesena (oggi Acer che
si occupa di attuazione e gestione degli alloggi di edilizia
sovvenzionata), Soc. Fortex Sidac (oggi Acmar s.c.p.a. di
Ravenna);
• Altri soggetti coinvolti già dalla fase iniziale: Poste
Italiane (che successivamente ha ceduto l’edificio di
proprietà), Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A.
(realizzazione nuova sede direzionale);
• Soggetti coinvolti successivamente: AUSL di Forlì
(realizzazione di una palazzina uffici); I.RO S.p.A.
(realizzazione di interventi residenziali e terziari);
S.CO.E.S. Società Cooperativa Stradale per Azioni con
sede in Forlì (realizzazione nuova sede Inail e edifici a
destinazione mista), della Società I.Rossi S.r.l con sede
in Forlì (realizzazione edifici a destinazione mista).
Nella pagina precedente,
Piazza Mangelli (Area ex Orsi-Mangelli, Forlì)
A sinistra,
Prospettiva dell’Area da Ovest (Studio Natalini)
• Strumenti urbanistici:
- Variante di anticipazione del PRG 1999
- Piani generali: Prg 2003; Psc-Poc 2009
- Accordo di programma ai sensi dell’art. 27 della
Legge n. 142/90 e dell’art. 14 della L.R. n. 6/95,
per il recupero urbano dell’Area Ex Orsi Mangelli
in variante al Prg (1999)
- Accordo di programma (Comune-Regione) per
l’approvazione del PRU n. 2 Ex Orsi Mangelli
(2003)
- Piano Urbanistico Attuativo di iniziativa pubblica:
approvazione e sottoscrizione della convenzione
1999
- Varianti al Piano urbanistico attuativo: 2007
per adeguamento della viabilità e recepimento
delle richieste della Soprintendenza; 2010 per
adeguamento delle destinazioni d’uso senza
aumento volumetrico complessivo.
• Piano urbanistico attuativo: Studio Natalini Architetti
di Firenze e Prococi Engineering di Como
• Progettazione esecutiva opere di urbanizzazione: Ufficio
tecnico Acmar s.c.p.a. Ravenna
• Progetto esecutivo pubblica illuminazione: Studio
tecnico ing. Marco Moretti di Rimini.
• Progettazione esecutiva del verde: Soc. GSA s.r.l. di
Gueltrini e Stignani Associati di Ravenna.
• Superficie territoriale area di intervento: 131.632 mq.
• Superfici edificabili: residenza 28.006 mq. (di cui
4.000 di edilizia residenziale pubblica a canone
sociale); commerciale-terziario privato 27.658 mq.,
terziario pubblico 18.516 mq. oltre a 13.844 mq. con
destinazione flessibile (terziario pubblico o in alternativa
terziario privato).
• Superfici pubbliche: 32.120 mq. fra piazza, parcheggi,
spazi di sosta e strade, 31.802 mq. fra parco, altre aree
verdi e percorsi ciclabili e pedonali nel verde).
• Finanziamenti previsti dall’Accordo di Programma
relativo al PRU n. 2 (aggiornamento 2010): Regione
Emilia-Romagna euro 6.043.469,09 (di cui euro
2.411.173,49 contributo per edilizia residenziale
pubblica, euro 1.500.000,00 contributo per bonifiche,
euro 2.132.295,60 contributo per realizzazione
parcheggio comunale); Comune di Forlì euro
10.525.754,52; soggetti privati euro 139.464.297,83
(stima del totale degli investimenti).
Descrizione
L’area ex Orsi-Mangelli, è parte integrante dell’ampio
programma di recupero delle aree dismesse di prima
industrializzazione che dalla fine degli anni ‘90 caratterizza
il territorio del comune di Forlì. La sua collocazione tra la
stazione ferroviaria e il centro storico, la sua importante
dimensione (13 ha), le dinamiche della sua ri-progettazione
e i problemi affrontati per la sua attuazione ne fanno un caso
emblematico dei processi di rigenerazione urbana sviluppati
in Italia negli ultimi 15 anni.
Il processo di dismissione dell’insediamento industriale,
iniziato nel 1984 e concluso nel 1993, vede da subito
l’affiancamento tra soggetto privato (Fortex Sidac Srl)
proprietario della maggior parte della superficie e soggetti
pubblici che rilevano parte delle aree (Comune, Poste
Italiane, Romagna Acque) o sono attuatori di specifici
interventi (Iacp Forlì, ora Acer). Nonostante i cambiamenti
subiti dal progetto in corso d’opera per le modifiche alle
destinazioni d’uso, per l’insorgere dei problemi di bonifica
e per i cambiamenti di mercato, questa forte base di
soggetti e il mix di funzioni ha consentito al programma
di rigenerazione di mantenere una buona coerenza rispetto
agli obiettivi iniziali senza modificare in modo significativo
l’assetto urbanistico.
Qualità urbanistica
Come si è visto, il progetto di rigenerazione dell’area è
perfettamente in linea con le previsioni dei piani urbanistici
della città che si stavano definendo negli stessi anni della
sua concezione. Per la sua attuazione il Comune e i soggetti
privati si sono avvalsi di strumenti di attuazione diversi,
tutti gestiti in coerenza con gli obiettivi del progetto di
rigenerazione (l.r. 19/98, delibere di Giunta Regionale n.
2966/96, 1629/98 e n. 88/00).
27
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
La fabbrica prima delle demolizioni
Aerofoto, 1997
Affidato agli Studi Natalini e Prococi Engineering il Piano
attuativo per l’ex Orsi-Mangelli, in attuazione di quanto
previsto dagli strumenti urbanistici generali, persegue i
seguenti obiettivi:
• trasformare il “vuoto urbano” della fabbrica in un nuovo
quartiere con destinazioni miste, integrate tra loro;
• realizzare vasti spazi pedonalizzati, ciclabili e a verde;
• connettere il nuovo quartiere al tessuto urbano
circostante;
• curare la qualità realizzativa attraverso un forte controllo
sul linguaggio degli elementi architettonici edilizi e
dello spazio pubblico.
Partito dalla necessità di intervenire su un’area industriale
nata nel 1926 e densificata per successive addizioni fino a
coprire quasi interamente la superficie territoriale, il progetto
riduce la superficie edificata al 50% del totale ricavando ampi
spazi per un parco urbano (27.000 mq), lo spazio pubblico
pedonale (20.000 mq) e i parcheggi.
La volontà di creare un “effetto città” è stata perseguita
attraverso tre elementi:
• un mix di funzioni articolato: residenze a libero mercato,
residenze a gestione pubblica, un centro commerciale,
ampi spazi direzionali (sia pubblici che privati), servizi,
spazi a destinazione culturale e un albergo (questi ultimi
non realizzati);
• il rifiuto della zonizzazione attraverso l’integrazione di
diverse funzioni all’interno dello stesso edificio;
• un impianto urbano unitario che attraverso la successione
dei pieni e dei vuoti e un linguaggio architettonico
coerente in tutte le sue parti crea un ponte tra l’area
della stazione e il centro storico.
L’elemento portante del nuovo quartiere è il grande viale
alberato che lo attraversa in direzione est-ovest biforcandosi
a “Y” verso il Viale della Libertà (stazione e prima periferia)
e a “T” verso Viale Manzoni (centro storico) definendo due
snodi fondamentali. In quello a “T”, nel cui centro viene
a trovarsi la ciminiera conservata, nasce una grande piazza
28
circolare che, insieme al parco a sud del viale, ordina lo
spazio pubblico.
A nord del viale sono collocate le zone per il commercio e
l’artigianato integrate con le residenze e servite da un ampio
parcheggio alberato collocato verso la ferrovia. A sud del
viale le residenze affacciano sul parco che, insieme al grande
parcheggio interrato (288 posti) costituisce la cerniera tra
l’area e il centro storico.
La scelta di privilegiare i percorsi pedonali e ciclabili,
senza trascurare l’attenzione alla mobilità veicolare
(prevalentemente perimetrale all’area), consente al progetto
di riconnettere la maglia dei percorsi alla città esistente.
La collaborazione tra pubblico e privato, prevista e perseguita
fin dai primi passi dell’intervento, si è sviluppata attraverso
un sistema articolato dei ruoli:
• Comune: coordinamento degli interventi e soggetto
attuatore di parte delle bonifiche e del parcheggio
interrato (dotazione extra standard urbanistico);
• Fortex Sidac Srl (oggi Acmar s.c.p.a.): soggetto attuatore
delle urbanizzazioni primarie e secondarie di tutta l’area
e di interventi edilizi e di bonifica sui lotti di proprietà;
• Ausl di Forlì, Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A.,
I.RO S.p.A., I.Rossi S.r.l., S.CO.E.S.: soggetti attuatori
degli interventi edilizi sui lotti di proprietà;
• Acer Forlì-Cesena: soggetto attuatore di interventi di
edilizia residenziale pubblica incaricato dal Comune.
I cambiamenti avvenuti in corso d’opera, sia nelle aspettative
di mercato (albergo non realizzato) che negli impegni di
alcuni soggetti pubblici coinvolti, ha comportato la necessità
di correggere alcune destinazioni d’uso attraverso la Variante
del 2010 che, senza comportare aumento volumetrico o un
cambiamento nella strategia complessiva del progetto, ha
aumentato la flessibilità delle funzioni insediabili per favorire
il completamento dell’intervento e per accompagnare l’area
verso una sempre crescente integrazione reale con la città
consolidata.
Qualità architettonica
La coerenza del linguaggio architettonico adottato in tutta
l’area, grazie al coordinamento dello Studio Natalini e
alle norme adottate per la definizione dei materiali e degli
elementi architettonici degli esterni, ha consentito di creare
uno spazio urbano unitario. L’impianto tipologico accentua
questa caratteristica adottando elementi tipici della città
consolidata italiana (portici, continuità edilizia, altezze, ecc),
pur in una interpretazione contemporanea.
Gli isolati hanno piccole dimensioni e gli edifici hanno
altezze contenute con un massimo di quattro/cinque piani
fuori terra.
Elemento fondamentale di questa impostazione è stato
aver affidato, per norma, il controllo formale esteriore di
ogni elemento architettonico agli stessi estensori del Piano
Urbanistico Attuativo.
Qualità dello spazio pubblico
La dimensione, la complessità e l’attenzione progettuale
dedicata allo spazio pubblico rappresentano uno dei punti
salienti della rigenerazione dell’area.
Gli elementi principali sono costituiti dal grande parco (3
ha) e dalla grande piazza circolare intorno alla ciminiera
collocata nello snodo del viale centrale.
Il parco è progettato con un andamento leggermente
ondulato, un manto erboso non costante resistente ad
un’alta frequentazione; il suo impianto si integra con i
giardini privati delle residenze, evitando la frammentazione
dei verdi di risulta.
Oltre al parco e alla piazza, costituiscono parte sostanziale
dello spazio pubblico i percorsi ciclo pedonali e il sistema
dei parcheggi scoperti, tutti caratterizzati dalla presenza di
alberature e, su via Manzoni, di un controviale di separazione
dalla viabilità esterna.
La rete dei percorsi suddivide l’area in porzioni misurate
(isolati), analoghe a quelle della città storica, riportando la
grande estensione dell’area industriale ad una dimensione
urbana.
Il ritardo nella realizzazione del parco e nel completamento
di alcuni edifici ha influito sulla piena occupazione delle
funzioni insediabili e di conseguenza ha determinato un
impoverimento nell’uso effettivo dello spazio pubblico. Un
deficit accentuato dalla gestione del centro commerciale,
tutta rivolta verso l’uso del corridoio centrale coperto
senza sfruttare l’affaccio sui portici e il viale centrale,
prevalentemente pedonale, sul quale è incardinata l’area.
Una valutazione piena della qualità dello spazio pubblico
sarà, perciò, possibile solo dopo il completamento dell’area
e con tutte le funzioni insediate.
Il viale centrale (via Bonali, vista verso Piazza Mangelli)
Qualità sociale
La qualità sociale del progetto, ricercata già nelle indicazioni
degli strumenti urbanistici generali, è rilevabile in alcuni
fattori centrali nella definizione di un brano di città
complesso:
• un’offerta residenziale mista: edilizia destinata al libero
mercato, edilizia pubblica;
• l’insediamento di nuove attività lavorative: terziario,
commercio e artigianato;
• la previsione di alcuni servizi alla persona per il tempo
libero (palestre, spazi a destinazione culturale);
• la realizzazione di un centro commerciale di scala urbana
con la presenza di esercizi commerciali diversificati e di
alcuni pubblici esercizi;
• la presenza di attività lavorative che hanno fino ad
oggi generato 255 addetti (130 nei servizi, 118 nel
commercio e 7 nel settore industria e ricerca);
• l’insediamento di una popolazione prevalentemente
giovane (anche se va rilevato che l’insediamento dei
residenti è iniziato da poco).
Tuttavia, anche sul piano sociale un bilancio completo
sugli esiti del progetto deve essere rinviato di qualche anno,
quando saranno completati tutti gli elementi indispensabili
a rendere pienamente attiva l’area in tutte le sue componenti.
Qualità economica
La tenuta delle previsioni economico-finanziarie iniziali è
stata messa in crisi da due fattori principali: l’imprevisto
costo di bonifica dei suoli e la mancata attuazione di alcune
funzioni sia pubbliche (nuova sede della Questura e nuova
sede ASL) che private (l’albergo).
La complicata vicenda della bonifica dei suoli, oltre ad un
aumento considerevole dei costi previsti, ha comportato
un danno d’immagine a tutta l’area influendo sulla sua
attrattività. La percezione di essere in un’area in continua
lavorazione e in presenza di possibili elementi di rischio
per la salute delle persone (che in effetti non ci sono) ha
avuto effetti su tutta l’area determinando un rallentamento
sia nelle vendite che nelle locazioni (che si è aggiunto alla
sfavorevole fase economica attuale), pur a fronte della
qualità del progetto e delle realizzazioni.
Nonostante ciò, grazie anche all’avvio del centro
commerciale che ha svolto una funzione di ancora, nell’area
si sono collocate diverse attività economiche. Le unità locali
insediate sono oggi 67: di cui 45 nel settore servizi, 19 nel
commercio e 3 nell’innovazione e ricerca.
Oltre al centro commerciale è prevista la realizzazione di
altre superfici a destinazione terziaria-commerciale capaci
di attirare l’insediamento di ulteriori imprese e servizi.
Qualità ambientale ed energetica
Il progetto comporta un netto miglioramento dell’area in
29
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
termini ambientali con un dimezzamento della superficie
edificata e l’introduzione di un parco urbano di 3 ha.
Tuttavia, come la maggior parte degli interventi di
rigenerazione di aree dismesse impostati prima dell’entrata
in vigore del Decreto Ministeriale 471/1999, nell’ex area
Orsi-Mangelli il tema della bonifica non è stato preso
in considerazione nella fase di impostazione del nuovo
impianto urbanistico. Ciò ha comportato una drammatica
dilatazione dei tempi di intervento e un sensibile aumento
dei costi di realizzazione.
In un primo tempo, infatti, sembrava che la bonifica da
amianto conclusa nel 1992 avesse risolto tutti i problemi
ambientali dell’area e la progettazione successiva si è svolta
senza considerare possibili problemi del sottosuolo.
Nel 2000, dopo l’approvazione del piano attuativo, le
indagini condotte dalla società proprietaria della maggior
parte dell’area (Fortex Sidac Srl), in accordo con Arpa
Forlì, non ha rilevato una situazione preoccupante non
risultando superati i limiti di cui al DM 471/99 per le
sostanze inquinanti del sottosuolo. Con l’avvio dei lavori
di urbanizzazione e di preparazione alle edificazioni, invece,
è emersa una situazione molto più compromessa che ha
imposto la redazione di un piano di caratterizzazione e
successivi progetti di bonifica prima sulle aree private e poi
su quelle pubbliche.
Tra sondaggi, caratterizzazione e progetti di bonifica,
influenzati anche dall’aggiornamento della normativa
ambientale (D.Lgs 152/06), i lavori di bonifica dell’area
comunale iniziano nell’ottobre del 2007 per concludersi
a inizio ottobre 2010 con un costo di intervento pari a
5.441.000,00 euro.
Per quanto riguarda i temi del risparmio energetico, poco
presenti alla scala edilizia, va rilevato che la concezione
dell’intervento risale ad anni nei quali tutti gli aspetti dei
costi di gestione, della razionalizzazione dei consumi e della
produzione di energie alternative non erano sviluppati.
Gli unici edifici nei quali sono riscontrabili tecnologie e
soluzioni architettoniche volte al contenimento dei consumi
energetici, tra quelli fin qui realizzati, sono quelli costruiti
dall’Acer che, essendo ente di gestione, per primo ha colto
i vantaggi di un rinnovamento del prodotto edilizio in
termini di riduzione dei consumi.
Qualità culturale e paesaggistica
Il progetto sceglie di cancellare completamente la maglia
del tessuto industriale esistente e si rapporta alla storia della
città di Forlì e dell’area attraverso:
• la conservazione di alcuni puntuali elementi
architettonici: la ciminiera, parte del muro di cinta
e del fabbricato della centrale termica (demolito in
quanto danneggiato e ricostruito);
• la costruzione di un tessuto urbano rapportato alla scala
degli isolati del centro storico;
30
• la definizione di un linguaggio architettonico che, pur
essendo contemporaneo, guarda agli elementi della
tradizione dell’Italia centrale.
La ciminiera, unico vero elemento di archeologia industriale
rimasto, sebbene abbassata per ragioni statiche, costituisce
il fulcro della nuova organizzazione dell’area.
Alla costruzione del nuovo paesaggio il progetto dedica una
particolare attenzione, non solo utilizzando la ciminiera
come un riconoscibilissimo e forse naturale elemento
di Landmark visibile da grandi distanze, ma pensando
nell’insieme il rapporto visivo fra l’area e il suo intorno.
Due elementi sono particolarmente interessanti:
• l’apertura, lungo il viale centrale, di un ampio cono
visivo sul centro storico e i suoi elementi verticali
(campanile di San Mercuriale e Torre Civica);
• la schermatura di edifici dissonanti esistenti all’esterno
dell’area, attraverso i volumi costruiti all’interno.
Tra gli altri nel Team di lavoro della Acmar scpa
Capoprogetto delle urbanizzazioni
Giorgio Morigi, Geometra
Tecnico di cantiere delle urbanizzazioni
Stefano Errani, Geometra
Capoprogetto della costruzione del Centro Polifunzionale
Sergio Mazzesi, Geometra
Tecnico di cantiere del Centro Polifunzionale
Carlo Ballardini, Geometra
Cos'è AUDIS
L’Associazione Aree Urbane Dismesse affronta le problematiche
riguardanti la trasformazione di quelle parti di città che hanno
interrotto il loro ciclo funzionale e che soffrono della frattura
tra la struttura urbana e i suoi nuovi utilizzatori.
Nel corso della sua attività, iniziata nel 1995, AUDIS ha saputo
cogliere l’evoluzione del tema delle aree dismesse, stimolando
il dibattito tra amministratori pubblici, operatori privati e tra
tutti coloro che sono coinvolti nei processi di trasformazione
urbana, ampliando continuamente il dibattito.
La Carta della Rigenerazione Urbana approvata nel 2008
costituisce il punto di arrivo dell’Associazione come promotrice
di una cultura volta alla riprogettazione della città dall’interno.
Gli associati AUDIS sono Comuni di grandi e medie città,
amministrazioni provinciali e regionali, imprese e società
private e pubblico-private, istituti di ricerca e associazioni,
università.
www.audis.it
(Si ringraziano per questo articolo: l’arch. Stefano Bazzocchi
del Comune di Forlì per le spiegazioni sul progetto, i materiali
forniti e la collaborazione nella redazione del testo; l’ing. Prosper
Wanner e il dott. Marco Vani per il contributo all’analisi)
COSTRUIRE
“Ai giovani
consiglio uno stage
prima dell’Università”
Incontro con Mario Botta
Mario Botta
Nato nel 1943 a Mendrisio, Canton Ticino, Mario Botta, dopo
un periodo d’apprendistato presso lo studio degli architetti Carloni
e Camenisch a Lugano, frequenta il liceo artistico di Milano e
prosegue i suoi studi all’Istituto Universitario d’Architettura di
Venezia, dove si laurea nel 1969 con i relatori Carlo Scarpa e
Giuseppe Mazzariol. Durante il periodo trascorso a Venezia, ha
occasione di incontrare e lavorare per Le Corbusier e Louis I. Kahn.
La sua attività professionale inizia nel 1970 a Lugano. Realizza
le prime case unifamiliari nel Canton Ticino e successivamente
numerosi progetti in tutto il mondo che gli sono valsi importanti
riconoscimenti internazionali.
Tra i 300 edifici recanti la sua firma vanno menzionati il teatro
e casa per la cultura a Chambéry; la galleria d’arte Watari-um a
Tokio; la mediateca a Villeurbanne; il SFMOMA museo d’arte
moderna a San Francisco; la cattedrale della resurrezione a Evry;
il museo Jean Tinguely a Basilea; la sinagoga Cymbalista e centro
dell’eredità a Tel Aviv; la biblioteca municipale a Dortmund; il
centro Dürrenmatt a Neuchâtel; il MART museo d’arte moderna
e contemporanea a Rovereto; la torre Kyobo a Seoul; gli edifici
amministrativi Tata CS a Nuova Delhi e Hydrabad; il museo
Fondazione Bodmer a Cologny; il centro pastorale Giovanni
XXIII a Seriate e la biblioteca a Bergamo; la ristrutturazione del
Teatro alla Scala di Milano, la chiesa del Santo Volto a Torino e il
centro wellness ad Arosa.
Architetto Botta, ha realizzato la sua prima costruzione
a 16 anni, praticamente da “apprendista”. Come ricorda
quell’esperienza?
“Svolsi un periodo di apprendistato, come disegnatore edile,
prima di andare a studiare per prendere la maturità. In pratica
ho iniziato facendo il percorso al contrario. Ed è stato un
bene perché credo che studiare architettura, come poi ho
fatto, conoscendo il mestiere, sia stato per me molto più
proficuo che partire dal punto di vista teorico e poi cercare
l’applicazione pratica. In sostanza studiare senza sapere quale
32
sarà l’applicazione futura delle proprie conoscenze.
Anche ai miei figli ho consigliato un percorso simile ovvero di
fare lo stage appena finito il liceo. Gli ho detto: fatevi prima
un’esperienza e poi decidete se fare l’ingegnere, il tecnico o
l’architetto. Poi, purtroppo, so che, in un certo senso sono
‘perdente’, perché non è che il mondo oggi segua questa teoria.
Ma per me, lo ripeto, è stata molto positiva”.
A proposito di stage, lei ne ha svolto uno presso lo Studio di Le
Corbusier e Luis I. Kahn. Cosa ha imparato da quei Maestri?
“Ho avuto il privilegio di confrontarmi con loro in età
giovanissima. Ero ancora studente e il rapporto con questi
grandi Maestri è stato non tanto di insegnamento diretto,
perché io ero lì a fare il ‘ragazzo di bottega’. Come dire, in
qualche modo, a rubare il mestiere. Però è stato interessante
poter entrare in contatto presto, perché ho potuto mettere in
campo certe doti di apprendimento, che richiedono umiltà.
Una predisposizione particolare e proficua che a diciotto,
vent’anni, uno può avere. Forse a trenta non più. E anche
questo, penso, fa un po’ parte del segno dei tempi. Andare
ad imparare un mestiere dopo una laurea come si fa oggi è
molto più difficile che impararlo con una licenza media o un
diploma. Perché sino ad una certa età si ha una disposizione
particolare ad imparare che invece dopo nel tempo non c’è
più”.
Svolge da sempre un’intensa attività didattica ed è stato
cofondatore dell’Accademia di Architettura di Mendrisio,
sua città natale. Come è nata l’idea e come si caratterizza
l’insegnamento dell’Accademia?
“L’idea dell’Accademia è nata da una serie di circostanze
politiche, culturali ed economiche oggi irripetibili. Comunque,
sostanzialmente per rispondere ad un bisogno che la disciplina
dell’architettura aveva di fronte alla tecnica. Noi avevamo già
due Scuole di grandissima qualità, il Politecnico di Losanna
photo©commons.wikimedia.org/LapoLuchini
MART, Museo d’arte moderna e contemporanea, a Rovereto
e il Politecnico di Zurigo. Realtà nelle quali, però, il sapere
disciplinare era sopratutto influenzato da una formazione
tecnica. Nel profilo che io avevo tracciato per l’insegnamento
dell’Accademia mi sembrava invece interessante prevedere una
formazione più umanistica. Ed è così che con l’Accademia
abbiamo voluto far nascere un nuovo profilo che prendeva
le scienze umane come elemento portante. Poi ovviamente
nell’insegnamento ci sono anche complementi di matematica,
di logica, di statica, di tutte quelle attività/conoscenze che
servono a svolgere il nostro mestiere. Però il quadro di fondo
parte dalla storia delle idee, quindi della filosofia, la storia
dell’arte, dell’architettura. Puntando molto sulla conoscenza
umanistica indispensabile per formare un nuovo tipo di
architetto che noi abbiamo chiamato “Territoriale”. Cioè che
abbia una consapevolezza del territorio e nel progettare vada
oltre al fatto della pura costruzione sapendo leggere l’identità
di un territorio”
Come si crea questa consapevolezza? Come si legge l’identità
di un territorio?
“Si legge da tanti punti di vista. Dalla geografia, ma soprattutto
dalla cultura, dalla storia, dalla memoria di quel territorio.
E’ una lettura molto complessa che non si lascia spiegare in
due parole. Ma, per semplificare, un conto è dire, mentre ci
apprestiamo a costruire una casa, un palazzo, una scuola, questi
sono i dati tecnici e i dati distributivi di cui ho bisogno... Un
conto è, invece, dire che quell’edificio insiste su un determinato
territorio per cui la progettazione diventa anche quella di quel
territorio. Andando oltre la semplice risposta tecnica. E’ una
grande responsabilità e di fatto la nostra sfida più importante”.
Si occupa da tempo dei temi della memoria rispetto
all’architettura. Cosa deve fare oggi l’architetto per lasciare
un messaggio corretto e una traccia utile per far comprendere
la nostra epoca alle future generazioni?
“Deve interpretare al meglio la sensibilità del nostro tempo.
Non dobbiamo fare degli interventi, degli edifici che
rispondono solo in termini tecnici e funzionali perché sia la
nostra tecnica, sia le nostre funzioni si esauriscono nel giro di
pochi anni. Ma il segno architettonico resta. Ecco allora che
prendere possesso della terra madre diventa importante al di
là della funzione. Perché l’oggetto dell’architettura una volta
realizzato si carica di valori simbolici, metaforici che vanno
oltre la risposta funzionale.
Non a caso, il primo atto di fare architettura consiste nel
porre una pietra sulla terra, non una pietra su una pietra. È
grazie a questo primo atto che da una condizione di natura si
passa a una condizione di cultura. Ecco perché l’architettura
ci appartiene, poiché rappresenta il nostro spazio di vita,
modellato dai segni che appunto costruiscono questo spazio”.
33
CONCORSI
ASSOCIAZIONE ITALIANA
PROGETTISTI D’INTERNI
I N T E R I O R
Associazione Italiana Progettisti d’Interni
Interior designers
D E S I G N E R S
3°
Concorso Internazionale
per Interior Designers
International competition
for Interior Designers
[email protected]
edizione
2010/2011
Con il riconoscimento / Under the auspices of
Presidenza della Repubblica con Medaglia
Presidenza del senato con Medaglia
Presidenza della Camera con Medaglia
info / www.aipi.it
media patners
| architettura | design | materiali |
con il patrocinio di
ADI
POLITECNICO
DI TORINO
Associazione
per il Disegno Industriale
CoLAP
partners
Ottagono
ABITARE IL TEMPO
GIORNATE INTERNAZIONALI DELL’ARREDO
AIPi è membro di
ifi
IDA
34
International Federation
of Interior Architects/Designers
A Partner of the International
Design Alliance
EUROPEAN COUNCIL OF INTERIOR ARCHITECTS
E • C • I •A
BEDA
socio fondatore di:
The Bureau of european
Design Association
lo spirito di Stella
Coordinamento
Libere Associazioni
Professionali
3° Concorso Internazionale per Interior Designers
Edizione 2010/11 “Progetta un Sorriso”
L’AIPi intende istituzionalizzare, identificare e valorizzare la figura dell’interior
designer e tramite questo concorso vuole mettere in risalto le qualità culturali, creative
e tecniche del progettista d’interni che:
•
identifica, ricerca e risolve creativamente i problemi appartenenti alla funzione
dell’ambiente interno;
•
esegue servizi relativi agli spazi interni, che includono programmazione, studio
del progetto, progettazione del posto, estetica ed ispezione del lavoro, impiegando
la pratica e la conoscenza specializzata di costruzione d’interni, sistema edilizio e
componenti, norme edilizie, attrezzatura, materiali e arredamento;
•
prepara disegni e documenti relativi al progetto dello spazio interno;
per intensificare la qualità di vita e proteggere salute, sicurezza e benessere del pubblico:
(Questo documento, adottato dall’Assemblea Generale dell’I.F.I ad Amburgo nel
Maggio 1983, è stato riconfermato nell’Assemblea ECIA del 1992, di cui AIPi è socio
fondatore).
Art.1 Tema del Concorso (edizione 2010-2011)
Il tema di questo Concorso “Progetta un Sorriso” verte sulla progettazione dello
spazio interno di un piano di una struttura ospedaliera esistente, destinata a Reparto di
Pediatria generale, Chirurgia Pediatrica, Day Hospital, e Onco-ematologia Pediatrica.
Il ricovero in ospedale è sempre un trauma per il bambino. Improvvisamente il piccolo
si trova in un ambiente sconosciuto e potenzialmente minaccioso, lontano dal mondo
di giochi che gli è familiare, tra persone che non ha mai visto prima e con la sensazione
di essere impotente, di fronte a strumenti e procedure sgradevoli. All’ansia e alla paura
si aggiungono il dolore e il disagio fisico della malattia, che spesso si protraggono
per molto tempo, e il senso di inadeguatezza nei confronti degli altri bambini. Nello
stesso tempo i genitori vivono con ansia i problemi del figlio e tendono a sviluppare
frustrazioni e paure che ricadono sul bambino. Il rischio che tutto questo comporta,
soprattutto nei casi di lungodegenze e di malattie gravi, è che dolore, angoscia, collera,
noia e tristezza diventino un ostacolo nella terapia medica del bambino malato,
diminuendo la sua capacità di reagire e affrontare i traumi.
Elementi principali del progetto
Lo studio di un reparto a “misura di Bambino” in grado di migliorare la qualità
delle degenze ospedaliere e degli interventi diagnostici e terapeutici e di aiutare ad
essere più rispettosi delle esigenze affettive, cognitive ed espressive del bambino, in
considerazione delle sue diverse fasi di sviluppo.
Un ambiente accogliente, fa bene all’umore e quindi concorre al successo delle cure, è
in grado di accogliere anche il genitore, dove il piccolo paziente trovi scuola, giochi e
magari clown che animano le corsie.
E’ richiesto lo studio di spazi ospedalieri idonei, sul piano strutturale, relazionale e
affettivo, ai problemi propri del bambino e dell’adolescente, così che possa esserci
l’adeguato rispetto dei bisogni di salute e di cura.
Il tema del concorso si colloca all’interno del 7° piano dell’ Azienda Opedialiera
Universitaria di Modena – Policlinico. Al 7° piano è sito il dipartimento Materno
Infantile del Policlinico ove si trovano i reparti di Pediatria generale, Chirurgia
Pediatrica, Day Hospital, e Onco-ematologia Pediatrica.
L’obiettivo è quello di rendere migliore, attraverso lo studio di spazi umanizzati, la
qualità della degenza dei bambini in ospedale.
L’interior designer deve attribuire al progetto valori significativi, attraverso la creatività,
l’utilizzo di nuove tecniche, materiali innovativi ed ecocompatibili, tenendo in
considerazione il rispetto delle normative, affinchè gli spazi siano accessibili, usufruibili
e funzionali a tutte le tipologie di utenti, in particolare valutando con attenzione che
il progetto rispetti tutte le normative affinchè sia accessibile a individui portatori di
handicap.
Art.2 Categorie e Partecipazione
Il Concorso è diviso in due categorie:
categoria 1: rivolta ai progettisti liberi professionisti quali interior designer, designer,
architetti, geometri e ingegneri italiani e stranieri che, per studio o per professione,
siano impegnati nell’interior design e nelle arti applicate;
categoria 2: rivolta agli studenti italiani e stranieri di Istituti Superiori, Università e
Accademie che, per studio, sono impegnati nell’interior design e nelle arti applicate.
La partecipazione è ammessa singola e/o in gruppo; nel caso di partecipazione in
gruppo, pur riconoscendo la paternità del progetto presentato a tutto il gruppo, sarà
necessario indicare un Capogruppo quale unico referente nei confronti dei rapporti
con l’organizzazione del concorso.
I candidati possono partecipare con una o più proposte purchè iscritte e presentate
separatamente.
Art.3 Iscrizione
Per partecipare al Concorso è obbligatoria un’iscrizione che avverrà compilando
l’apposito modulo reperibile sul sito www.aipi.it che, regolarmente compilato, dovrà
essere spedito tramite R.R. o via e-mail, con attestazione di avvenuto pagamento (solo
per la catg.1), presso la segreteria AIPi, con la seguente dicitura:
3° Concorso Internazionale per Interior Designer “Progetta un Sorriso” edizione
2010/2011 presso AIPi - via Borgazzi 4 – 20122 Milano Tel. 02/58310243 Fax
02/58312485 e-mail: [email protected]
A seguito dell’iscrizione i concorrenti riceveranno la cartella del Concorso contenente
tutte le informazioni e modalità di presentazione degli elaborati.
Per ulteriori informazioni e/o chiarimenti contattare la segreteria del Concorso, presso
la sede AIPi, tutti i giorni dalle ore 10,00 alle ore 13,00, escluso il sabato ed i festivi.
Art.4 Quote iscrizione
Per i candidati singoli e/o in gruppo appartenenti alla categoria 2 è a titolo gratuito.
Euro 25,00 per i candidati singoli iscritti alla categoria 1.
Euro 50,00 per i candidati in gruppo iscritti alla categoria 1.
La quota è da versare al momento dell’iscrizione, alla quale dovrà essere allegata la
ricevuta di avvenuto pagamento.
Le quote di partecipazione non potranno essere rimborsate in alcun caso.
I versamenti potranno essere effettuati, specificando la causale “Iscrizione al 3°
Concorso Internazionale per Interior Designers “Progetta un Sorriso” edizione
2010/2011”, mediante le seguenti modalità:
Vaglia postale, indirizzato a AIPi Associazione Italiana progettisti d’Interni – interior
designers, 20122 Milano, via Gerolamo Borgazzi 4
Bonifico Bancario sul c/c n° 100000009417 – IBAN IT 95 C 03069 01606
100000009417 – BIC BCITITMM ( abi 03069 – cab 01606 ) intestato a AIPi presso
Banca Intesa San Paolo spa.
Art.5 Elaborati e scadenze
Al fine di garantire la possibilità di una mostra, tutti gli elaborati, in forma anonima,
dovranno essere contenuti entro tre tavole tassativamente rigide, pena l’esclusione,
in formato 50x70, redatte orizzontalmente o verticalmente con qualunque tecnica
rappresentativa.
Gli elaborati dovranno essere accompagnati da una relazione descrittiva, in formato
A4, non superiore a tre pagine dattiloscritte, e da un supporto magnetico (CD)
contenente le foto dei lavori e dei partecipanti ed il loro curriculum.
Tutte le comunicazioni e diciture riferite al progetto in concorso dovranno essere
redatte in italiano e in inglese, maggiori dettagli saranno inclusi nella cartella di
concorso.
Tutti gli elaborati dovranno pervenire alla segreteria AIPi entro il 31 marzo 2011.
Gli elaborati potranno essere spediti a mezzo postale o con corriere espresso e farà fede
la data di spedizione; inoltre, gli elaborati potranno essere direttamente consegnati a
mano presso la segreteria ed in questo caso sarà rilasciata regolare ricevuta di avvenuta
consegna.
Tutte le spedizioni saranno a cura, spese e responsabilità dei concorrenti. In ogni caso
saranno ammessi solo gli elaborati pervenuti entro 7 giorni dopo la scadenza, ma
spediti entro la scadenza; tutti gli altri saranno esclusi.
La segreteria e l’organizzazione non si assumono responsabilità riguardanti ritardi o
smarrimenti postali.
Gli elaborati dei vincitori e dei segnalati non saranno restituiti; tutti gli altri, dopo l’uso
per le mostre, saranno restituiti, se richiesti per iscritto e se ritenuti non necessari da
AIPi ai fini dell’esercizio di quanto previsto dall’art. 11, a spese del richiedente.
Le richieste di restituzione dovranno pervenire entro sessanta giorni dalla fine
dell’ultima mostra del concorso, che avverrà entro il mese di Giugno 2011. I materiali
non ritirati entro 60 giorni successivi saranno distrutti al macero.
Gli elaborati non devono contenere “MOTTI “ previa esclusione, poiché è un modo di
individuazione del progetto.
Art.6 Esclusioni
Non possono partecipare al Concorso:
I membri della Giuria, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed i loro collaboratori;
I membri del CdA AIPi, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed i loro
collaboratori;
I membri della Commissione Soci AIPi, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed
i loro collaboratori;
I dipendenti delle società sponsorizzatrici, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado;
Coloro i quali hanno collaborato alla stesura del suddetto bando, i loro coniugi e
parenti fino al terzo grado.
Art.7 Giuria
La giuria sarà composta:
•
da rappresentante Politecnico di Milano
•
""
Politecnico di Torino
•
""
Università di Venezia
•
""
Board IFI
•
""
Board ECIA
•
""
ADI
•
""
AIAP
•
da rappresentanti AIPi (Presidente e Capo Progetto)
•
""
Riviste specializzate
•
""
Major sponsor
•
""
Mondo imprenditoriale
Art.8 Premi
Categoria 1:
1° classificato: opera di maestro italiano contemporaneo + premio pari ad € 4000,00
2° classificato: targa di menzione di merito + premio pari ad € 3000,00
3° classificato: targa di menzione di merito + rimborso spese di € 2500,00
Categoria 2:
1° classificato: € 2500,00 più targa di menzione di merito
2° classificato: € 2000,00
""
3° classificato: € 1500,00
""
Inoltre, si chiarisce che il progettista vincitore della categoria 2 sarà messo in condizione
di seguire la realizzazione di un comparto del suo progetto che sarà presentato in
occasione del Salone Internazionale del Mobile edizione 2011
Art.9 Risultati e Divulgazione
I lavori della Giuria si completeranno entro l’ 8 Maggio 2011, i risultati saranno resi
noti ai vincitori mediante comunicazione raccomandata ed inoltre diffusi a mezzo
stampa e con un’apposita manifestazione di premiazione.
La Giuria diffonderà, in occasione della cerimonia di premiazione, una relazione
conclusiva indicante i criteri di valutazione e la motivazione dei progetti premiati.
I progetti vincitori saranno esposti in una mostra e presentati al pubblico nella
cerimonia di premiazione che si terrà entro il mese di Giugno 2011.
L’organizzazione si riserva inoltre la possibilità di pubblicare i lavori pervenuti sulla
stampa specializzata, nonché di realizzare un catalogo delle opere pervenute.
I partecipanti al Concorso con l’invio dei progetti acconsentono all’utilizzo dei loro
materiali ai fini sopra elencati. Nulla sarà dovuto ai concorrenti per gli usi di cui sopra.
Art. 10 Accettazione
Con l’invio dei progetti e di una copia del presente bando regolarmente sottoscritta, i
concorrenti (siano essi singoli o gruppi di lavoro) accettano, senza riserve, le condizioni
espresse nel bando e le decisioni della Giuria, sia per l’interpretazione del bando che per
la valutazione delle opere in competizione. 4.
Art. 11 Controversie, competenza esclusiva
Per qualunque controversia a qualsiasi titolo derivante dalla adesione e partecipazione
al concorso di cui al presente bando, sarà (esclusivamente) competente a decidere
per territorio il foro di Monza con esclusione di qualunque altro foro eventualmente
concorrente anche per via di connessione.
Il Responsabile del Concorso
I.D. Sebastiano Raneri
Presidente AIPi
Il Capo Progetto
I.D. Roberto Blanzieri
35
PROGETTI
La nuova sede di Schüco International Italia, nata da
un'intelligente operazione di recupero di un ex magazzino
situato nella zona industriale di Padova, su progetto degli
architetti Renato Bredariol e Marco Bonariol dello studio
B+B Associati, rappresenta il principale esempio in Italia di
applicazione della filosofia Energy2 (risparmiare energia e
produrre energia), sulla quale l’azienda ha investito in questi
anni in termini di ricerca e sviluppo. Nonché l’emblema
realizzato delle tecnologie sviluppate e proposte da Schüco
sul mercato che in gran parte si ritrovano applicate in essa.
Elemento fondamentale e maggiormente innovativo del
complesso sono le facciate dove i principi Energy2 trovano
piena applicazione aggiungendo nuova funzionalità e
significato all’involucro edilizio anche attraverso l’utilizzo del
nuovo modulo fotovoltaico Schüco ProSol TF realizzato in
film sottile.
L’Edificio ha ottenuto la Classe A nella certificazione
energetica. Secondo il monitoraggio svolto dall’Azienda, nel
periodo febbraio 2009 – febbraio 2010, l’energia risparmiata
è stata pari 135.926 kW/h, l’energia prodotta, 554.541 kW/h
e le emissioni di CO2 evitate 319.550 kg.
A questi risultati concorre in maniera significativa il complesso
dei sistemi per l’automazione dell’edificio indirizzati
ad un utilizzo “intelligente” delle diverse componenti
architettoniche.
L’edificio
E’ costituito da due corpi di fabbrica collegati da una
passerella. Il corpo di fabbrica di più recente costruzione –
come si legge nella documentazione illustrativa del progetto
– è stato sviluppato con due zone d’uso differenti: la zona
nord-ovest, ad unico volume, destinata a show room e la zona
sud-ovest, che si sviluppa su tre piani, destinata ad uso uffici
e sala conferenze.
L’altro corpo di fabbrica vede una zona dedicata alla
36
Facciata Schüco Energy², particolare delle aperture
parallele motorizzate
ristorazione (piano terra zona sud-ovest) e le restanti zone ad
uffici.
Sul secondo edificio si attestano i capannoni che hanno
subito un intervento di ripristino limitato e non fanno
capo al sistema edificio-impianto oggetto della costruzioneriqualificazione ma che sono stati comunque utilizzati, data
l’ampia superficie di copertura, per l’installazione di un
significativo impianto fotovoltaico.
Le facciate
L’involucro esterno del complesso integra, sia nella nuova
costruzione sia nella parte ristrutturata, diverse soluzioni
per i sistemi di facciata, studiate in relazione all’uso degli
ambienti interni e alla loro esposizione, in una progettazione
globale che ha tenuto conto degli aspetti tecnologici e di
efficienza energetica, dell’impatto formale e della resa estetica,
unitamente al comfort interno degli ambienti di lavoro.
La facciata Schüco E2 di Via del Progresso recepisce alcuni
tra gli elementi che possono essere integrati in un sistema
Schüco E2, ed è stata realizzata su una struttura a montanti e
traversi ad elevato isolamento termico.
Le finestre installate, del tipo ad apertura parallela, oltre alla
gradevolezza estetica data dall’inserimento a scomparsa nella
struttura della facciata presentano un’elevata efficacia sotto il
profilo della ventilazione naturale degli ambienti. L’apertura
a tutta altezza, consente infatti l’ingresso dell’aria esterna
attraverso la parte inferiore e al tempo stesso la fuoriuscita
dell’aria viziata dalla parte superiore. Il sistema comprende
una schermatura solare Schüco CTB a micro-lamelle in
alluminio. Inserita a scomparsa nella zona marcapiano, la
schermatura è complanare al resto del sistema.
Grazie alla configurazione delle lamelle, la tenda associa ad un
elevato fattore ombreggiante un ottimo grado di trasparenza
anche quando è completamente abbassata, consentendo a chi
si trova all’interno di fruire della vista esterna ed evitando al
Schüco International Italia | foto Daniele Domenicali
Nuova sede Schüco
Le facciate Energy²
aggiungono funzionalità
e significato
all’involucro edilizio
Schüco International Italia
tempo stesso durante le ore diurne il ricorso all’illuminazione
artificiale.
La facciata Schüco FW60+. Una lunga facciata vetrata a
nastro ad altezza variabile, realizzata con il sistema a montanti
e traversi Schüco FW60+, fascia il fronte nord e il piano
terreno sui fronti est e sud (in parte) della nuova palazzina,
e costituisce l’involucro esterno di reception, sala riunioni,
showroom involucro edilizio, showroom energie rinnovabili
e passerella di collegamento.
Nell’ambiente della reception la vetrata, realizzata in vetro
camera con lastra basso emissiva, presenta due altezze
andando a formare una facciata doppia suddivisa da un
traverso intermedio. Il prospetto est è corredato di tende
esterne oscuranti motorizzate a rullo con cassonetti a
scomparsa all’interno dell’aggetto dei piani superiori, rivestiti
esternamente con pannelli in conglomerato di legno e fibra
di resina.
La facciata della sala riunioni è dotata sui prospetti nord
e sud di ante di ventilazione e di schermature oscuranti
interne, realizzate con un telo tecnico il cui lato esterno,
rivestito in alluminio, riesce a riflettere verso l’esterno parte
dell’irraggiamento solare entrato attraverso il vetrocamera.
Lo showroom involucro edilizio, oltre alla vetrata rivolta a
nord ha un ulteriore affaccio vetrato aperto a sud realizzato
con vetro selettivo.
La facciata a doppia pelle. E’ l’elemento caratterizzante il
lato sud dell’edificio. Con pianta ad U si estende su due piani
per un’altezza di circa 900 cm e dà l’affaccio ad uffici al primo
piano e sala del Consiglio di Amministrazione al secondo
piano. Un’unica intercapedine a tutta altezza con griglie per
l’ingresso e l’uscita dell’aria alla base e in sommità garantisce
la ventilazione naturale.
Le pareti esterne ( realizzate su sistema Schüco FW60+) sono
state trattate diversamente a seconda del loro orientamento.
Sui lati corti (est e ovest) sono stati inseriti infissi apribili
a sporgere realizzati con vetro sigillato strutturalmente,
mentre sul fronte sud sono stati inseriti moduli fotovoltaici
architettonici a film sottile. La trasmissione luminosa
garantita da questi moduli che fanno entrare il 20% di
luce è pari a quella ottenuta sulla facciata Schüco E2 con
la schermatura solare Schüco CTB, quindi garantisce
un’ottimale illuminazione naturale e al tempo stesso consente
visibilità dall’interno verso l’esterno.
L’intercapedine è ispezionabile esclusivamente dall’interno,
quindi la pelle interna della doppia parete è necessariamente
tutta apribile ed è stata realizzata con un doppio nastro di
infissi apribili a tutta altezza, con ante del tipo a sormonto
con sistema ad anta ribalta. Una schermatura solare a lamelle
da 35 mm posta nell’intercapedine e collegata alla stazione
meteorologica garantisce una corretta gestione in funzione
dell’irraggiamento solare.
Il modulo Schüco ProSol TF in film sottile
Si basa sulla tecnologia fotovoltaica amorfa e si presta a
soluzioni avanzate nell’utilizzo in facciate e finestre per
un’architettura “solare” applicata all’involucro edilizio, con
nuovi standard di efficienza e design.
Rispetto ai moduli cristallini, le cui caratteristiche estetiche
sono vincolate dalla rigida tecnologia costruttiva, il film
sottile – come spiegato nella presentazione del prodotto –
permette di produrre moduli fotovoltaici con un’ampia
flessibilità nelle dimensioni, nella forma, nel colore e nel
grado di trasparenza. A differenza dei moduli fotovoltaici
che vengono normalmente installati sulle superfici dei tetti
la cui disposizione è subordinata a puri aspetti tecnici, come
Rendering del complesso. In giallo, facciata a doppia pelle.
In arancio, facciata Schüco FW60+. In rosso, facciata Schüco Energy².
In blu, Impianto fotovoltaico Schüco in copertura
37
ANNO II
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
potenza, orientamento e riduzione dei costi, l’utilizzo in
facciata permette di aggiungere una nuova funzionalità e
significato all’involucro edilizio, senza tuttavia perdere di vista
la produzione di energia. L’impiego del fotovoltaico amorfo
nelle superfici di facciate non solo accresce l’immagine e
il prestigio dell’edificio ma tiene anche in considerazione
fattori puramente economici. Infatti, la disposizione verticale
dei moduli per facciate, esalta i vantaggi della tecnologia
amorfa che, nonostante l’orientamento non ottimale, riesce
a sfruttare al meglio la componente della luce diffusa.
Inoltre, il rendimento globale del modulo è influenzato solo
marginalmente dalla temperatura della cella, fattore che ha
un effetto molto positivo soprattutto nelle facciate ventilate e
nelle facciate isolate.
L’automazione
Il sistema di building automation sviluppato per l’edificio
permette il controllo completo dell’intero involucro e di
alcune zone interne.
Negli uffici, la cui facciata è realizzata con il “sistema Energy2”,
sono presenti alcune schermature solari esterne CTB e degli
apribili motorizzati paralleli, entrambi questi elementi di
automazione sono collegati ad un dispositivo locale che
permette tramite le proprie uscite di alimentare e quindi
alzare ed abbassare le tende ed aprire e chiudere le aperture. Il
comando può avvenire localmente mediante il collegamento
di pulsanti tradizionali agli ingressi del dispositivo locale o
in automatico dal sistema di controllo. Lo stesso dispositivo
conosce inoltre in modo logico la posizione in tempo reale
della schermatura solare e grazie ad un contatto magnetico
anche lo stato (aperto o chiuso) dell’apertura motorizzata.
38
La centralina di protezione solare è il cuore della gestione
automatica delle schermature solari esterne. Uno dei vantaggi
consiste nella gestione centralizzata di tutti i principali
programmi automatizzati che consente la realizzazione
di funzioni dipendenti da temporizzazioni, temperatura,
irraggiamento solare, pioggia e vento.
L’inseguitore solare
Nel corso di un giorno il sole traccia in cielo una traiettoria
che muta costantemente lungo le stagioni e che dipende
dalla latitudine geografica e del suo punto di osservazione.
Sono stati quindi rilevati gli orientamenti delle facciate e
la posizione geografica dell’edificio. In base a questi dati è
possibile determinare in qualsiasi momento l’esatto angolo di
incidenza solare su tutte le sezioni della facciata. Il comando
utilizza queste informazioni al fine di ottimizzare l’effetto
positivo dell’ombreggiamento per ottenere la massima
illuminazione all’interno senza abbagliamento, creare una
barriera al calore nei periodi estivi e sfruttare al massimo
l’apporto solare esterno nel periodo invernale.
Tra gli altri nel team di progetto
Progetto Architettonico, Direzione Lavori Generale
e Interior Design
B+B Associati, Studio di Architettura.
Renato Bredariol, Marco Bonariol, Architetti
Sicurezza Cantiere
Manolo Dal Col, Geometra
Schüco International Italia
Corte interna e showroom a doppia altezza, facciata Schüco FW60
MATERIALI
Santiago Calatrava
Il ponte sul Canal Grande
Dinamismo morfemico
e ibridazione di materiali
con l’acciaio protagonista
40
Nella pagina precedente,
Il Ponte di Calatrava che unisce Piazzale
Roma a Venezia (i lavori in corso per la
costruzione dell’ovovia per il trasporto dei
disabili, non consentono di apprezzare in
pieno la razionalità/bellezza del manufatto)
A sinistra,
Particolare del raccordo rivestito in pietra
d’Istria della struttura di acciaio con l’invito
al ponte. Molto, molto bello. Non solo per
il fluire delle tensioni, ma per la capacità di
risolvere il raccordo acqua-terra-cielo.
In basso,
Particolare del corrimano di bronzo e l’attacco
del parapetto di vetro. Sullo sfondo un altro
ponte di acciaio all’inizio del Rio Novo.
di Franco Laner
Architetto, Laner è professore ordinario di Tecnologia
dell’architettura ed insegna presso l’Università Iuav di Venezia.a
La sua attività di ricerca riguarda la storia della tecnologia,
sistemi costruttivi antisismici, sperimentazione di materiali
edili, in particolare legno e laterizio, in quanto è sperimentatore
del Laboratorio Ufficiale prove dell’Iuav. In quarant’anni di
attività di ricerca, ha pubblicato memorie ed articoli, circa 400,
fra cui diversi libri.
Quando scendo dall’autobus in Piazzale Roma, per recarmi
a far lezione, getto lo sguardo al Ponte di Calatrava. Così
l’hanno battezzato i veneziani, nonostante che il suo nome
ufficiale sia Ponte della Costituzione, dopo aver scartato
altre dizioni, come Quarto Ponte o Ponte della Zirada.
E così Calatrava ha già una consacrazione popolare.
Il ponte oggetto di polemiche a non finire, di giudizi
contrastanti, di scontri politici, di costi raddoppiati (14
milioni di euro contro i 7 preventivati) inagibilità per i
disabili, ecc., è per me bellissimo, capace di superare non
solo il Canal Grande, ma anche e soprattutto la dicotomia
ingegneria-architettura, perché l’opera è sintesi di razionalità
e bellezza.
Nel titolo di questa nota ho utilizzato alcune parole chiave:
l’Autore, il luogo e l’oggetto, il ponte, recentemente
41
ANNO II
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inaugurato alla chetichella (11 settembre 2008) che collega
Piazzale Roma – vergognosa porta della città di Venezia, per
la sua bruttezza e disfunzionalità, cerniera fra terra ed acqua
– con la stazione ferroviaria di S. Lucia. Ho inoltre aggiunto
dinamismo morfemico, per sottolineare come il Progettista
spagnolo sia capace di imprimere dinamicità alla necessaria
staticità dei suoi manufatti.
Egli stesso, durante una conferenza che tenne nella nostra
Aula Magna ad Architettura nel 1995, rimarcò come le
sue opere contenessero il concetto greco di tempo, di
freccia progressiva, dinamica. Capace di congelare l’attimo
precedente col presente e l’attimo successivo. Questa
42
intenzione di movimento, di forza, si percepisce passando in
rassegna la sua produzione progettuale, specie i suoi ponti
o stazioni ferroviarie, che hanno già in sé la nozione di
movimento e di passaggio.
L’altra parola chiave, ibridazione di materiali, vuol richiamare
la capacità di mettere insieme e governare materiali diversi.
Nel ponte veneziano, l’acciaio è protagonista, perché di questo
materiale è fatta la spina dorsale del dinosauro di 81m di
lunghezza, ma giocano un ruolo fondamentale anche il vetro,
declinato per alleggerire, rendere trasparente il manufatto in
uno splendido gioco di rimando con l’acqua, il cemento
armato, pur negato alla vista ma che consente di opporsi alle
enormi spinte dell’arco, la pietra d’Istria dei raccordi con le
spalle (e che più di altri si concilia con il costruito veneziano),
mentre il bronzeo corrimano aggiunge simbologia e sacralità,
per il suo tradizionale impiego in strumenti culturali e
religiosi e suggerisce un idea di ambivalenza, di luna e sole,
acqua e fuoco.
Due sono le principali critiche all’opera di Calatrava. Gli
viene imputato un manierismo tecnicistico e compiacimento
eccessivo nell’indugiare in giochi che i prodigi della tecnica
oggi consentono e inoltre, seconda più feroce critica, la
decontestualizzazione rispetto al luogo, così carico di storia e
tradizione. In altre parole il ponte poteva andar bene anche a
Stoccolma, al Cairo o a Rio.
Per superare entrambe le questioni insisterei sulla necessità
che un’opera ben riuscita e capace di emozionare, deve essere
in grado di contenere in sé opposti come regola e progetto,
economia e poesia, verità e bellezza. Ingegneria e architettura
se si vuole semplificare!
Da questo punto di vista l’opera di Calatrava mi sembra
paradigmatica. Il giudizio di molti architetti frena l’entusiasmo
distinguendo fra l’autentica bellezza e la “stupefacenza”
derivante dallo spregiudicato impiego di mezzi tecnici e
materiali e sospende il giudizio sull’incontestualità dell’opera,
neutra ed asettica rispetto al contesto veneziano.
Nella pagina precedente,
Impalcato del ponte con i gradini di vetro.
Attenzione a non inciampare per il cambio
di profondità della pedata!
A sinistra, in alto,
L’elegante raccordo dell’interfaccia pietra
d’Istria e acciaio
A sinistra, in basso,
Lo scheletro in acciaio del ponte che si
allarga in prossimità della mezzeria, dove è
obbligatoria una sosta, non solo per il riposo,
ma per far omaggio a Venezia che ti viene
incontro.
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Non è vero! Perché da una parte c’è Venezia, dall’altra
piazzale Roma. Il ponte è fra Venere e un moderno e
devastante Marte!
Gli ingegneri, se da una parte sembrano arretrare di
fronte all’intuizione e all’affrancamento da regole e vincoli
economici, dall’altra indicano con orgoglio le frontiere
raggiungibili dagli attuali strumenti tecnici, che superano
la necessaria proporzionalità esponenziale fra tensioni e
dimensioni dell’elemento resistente, che permette quasi di
conservare la stessa scala fra una scultura da tavolo e un
manufatto sul territorio.
Calatrava riesce a contenere questo passaggio di scala
riducendo esasperatamente le strutture resistenti, con
materiali impiegati al limite, con nodi costruttivi che mai
impediscono il fluire delle tensioni, senza spigoli ed intagli,
che scatenerebbero l’energia di frattura, con raccordi
sapientemente addolciti ed armoniosi nelle tre direzioni
dello spazio.
Riferendomi a questa materializzazione del sempre fluente
scorrere delle tensioni, segno caratterizzante del progetto,
rivolsi a Calatrava, durante la sua conferenza veneziana
del ‘95, una domanda sulla sua disinvoltura nel passaggio
di scala. Riferendomi alle lampade, alle sedie, ai tavoli,
all’arredo del Cabaret Tabouretti da lui progettato a Basilea,
chiesi appunto le motivazioni del perché avesse dato forma
aerodinamica agli oggetti. Senza scomporsi, mi rispose che
preferì disegnarli piuttosto che l’incarico venisse affidato ad
un arredatore o che venissero acquistati belli e pronti!
Ingegnere, architetto, artista. Ma anche manager e
professionalmente attento!
Un’ultima, piccolissima annotazione. Chi ha detto che chi
non sa insegna e chi sa fa? Ancora l’invidia mi rode per
la capacità dimostrata da Calatrava di trasmettere, con
semplicità, concetti essenziali di statica, di equilibrio,
di congruenza, senza ricorrere all’algoritmo, che spesso
nasconde il problema, e al contempo far nascere la voglia di
approfondire proprio la formalizzazione matematica, ostica
agli architetti, poiché all’intuizione deve seguire il sudore
della conquista.
Un’unica avvertenza. Non distraetevi nel passare il ponte
per guardare Venezia che vi viene incontro.
Ogni tanto guardate anche in terra, altrimenti il cambio di
pedata vi farà inciampare ed aggiungere il vostro nome alla
lista degli incidentati che protestano contro il Comune!
In alto,
Ponte pedonale Campo Volantin a Bilbao. L’apparente disequilibrio, l’inclinazione e la curvatura, conferiscono al
ponte una forte dinamicità e movimento
(Santiago Calatrava, 1994-1997).
A sinistra in alto,
Museo d’arte a Milwaukee, nel Wisconsin, USA, caratterizzato da un grande
brise soleil pieghevole (Santiago Calatrava,1994-2001)
A sinistra in basso,
Stazione ferroviaria dell’aeroporto LyonSaint Exupéry in Francia realizzata nel
1989-1993. Gli elementi della poetica di
Calatrava sono già presenti, come la plasticità strutturale e i raccordi fra i diversi
materiali
44
MATERIALI
1
Il ferro:
il materiale
della rivoluzione
industriale
(Dal volume “Atlante dell’acciaio” di H. Schulitz, W. Sobek,
K. Habermann. UTET Scienze Tecniche, 1999)
Nella rivoluzione industriale il ferro occupa un posto
fondamentale. In campo artistico, i processi di produzione
diventano un tema iconografico e rispecchiano in maniera
impressionante le condizioni di lavoro dell’epoca. Nel suo
quadro “La ferriera di Cyfarthfa” (Figura 1), il pittore inglese
Julius Caesar Ibbetson (1759-1817) ha riprodotto una scena
da una fucina. I masselli di ferro incandescenti vengono
posti sotto un pesante maglio, in genere azionato da acqua,
per essere fucinati.
“Nulla è più maestoso del modo in cui la mano dell’uomo
domina il metallo ribelle. Dovunque si volge lo sguardo si
Figura 1.
“La ferriera di Cyfarthfa”,
Julius Caesar Ibbetson (1759-1817)
incontrano mani attente. Un vigoroso artigiano lamina con
la pesante leva il pane di ferro nel forno di puddellatura,
che egli osserva attraverso un foro praticato nella parete del
forno. Si perderebbe infatti la vista fissando troppo a lungo
il metallo incandescente. Un altro lavoratore apre le porte
del forno di affinazione, prende con la tenaglia una enorme
barra e la trascina velocemente sulle piastre di ghisa del
pavimento sotto il possente maglio... È in queste officine che
si vede realmente il trionfo dello spirito umano sulla massa
informe, qui si può seguire al meglio il suo progresso. Qui si
trovano gli archetipi del corpo umano, in quanto un lavoro
così pesante raddoppia la forza muscolare, e i modelli adatti
agli scultori.”
Questa rappresentazione dell’attività lavorativa, come si
svolgeva nelle ferriere di Fourchambault, apparsa nella
“Illustrierte Zeitung” del 1849, idealizza con il suo tono
eroico le dure condizioni lavorative dell’epoca. Il passaggio
dal carbone di legna al carbon fossile e al coke nel caricamento
degli altiforni rende possibile la produzione di massa del
ferro, oltre a una serie di altri sviluppi. Le conseguenze
che tutto ciò avrebbe avuto per il paesaggio, l’urbanistica e
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ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Figura 2.
Altoforno degli stabilimenti Laura
Figura 3.
Sezione di altoforno
Figura 4.
Sezione di forno di puddellaggio
2
3
4
46
l’ambiente, vengono mostrate dal complesso di altiforni degli
allora avanzati stabilimenti Laura (Figura 2).
Le fasi essenziali della lavorazione vengono descritte con l’ausilio
di una sezione verticale di un altoforno (Figura 3). L’inclinazione
rende inutile l’impiego di un ascensore di caricamento.
Carbone, minerale e fondente vengono continuamente versati
dall’alto. I gas prodotti possono fuoriuscire senza ostacoli.
Il livello scende in relazione al processo di fusione. Dal basso
viene soffiata aria preriscaldata e la carica viene fatta colare a
intervalli regolari.
La ghisa ora prodotta in grandi quantità è caratterizzata da
fragilità e bassa resistenza alla trazione. La qualità del materiale
di partenza influenza il risultato finale. Ma, grazie a una
resistenza alla compressione 100 volte superiore alla pietra, non
bisogna attendere molto per vedere i primi impieghi in edilizia,
motivati soprattutto dalla possibilità di risparmiare materiale e
peso. Mancano i relativi procedimenti di calcolo e le proprietà
metalliche della ghisa non sono pienamente conosciute,
pertanto si fanno esperimenti su scala 1:1. I primi tentativi si
registrano nella costruzione di ponti e di strutture industriali.
Con la seconda lavorazione del ferro grezzo nel cosiddetto
forno di puddellaggio, inventato nel 1784 da Henry Cort
(figura 4), si riduce il contenuto di carbonio del ferro. Il ferro
viene portato a fusione, mescolato e formato in lingotti. Questi
lingotti vengono invece fucinati con il maglio a formare cilindri
di lunghezza di circa 50 cm e diametro di 7-10 cm. Dopo la
laminatura in barre, attraverso le ulteriori fasi di pacchettatura
e saldatura (le barre, squadrate a 50 cm, vengono affiancate
quattro a quattro, riscaldate al punto di saldatura e sottoposte
alla laminazione finale), si ha il confezionamento finale del
ferro puddellato.
Parallelamente al costante progresso della tecnica dei forni
e della metallurgica, la macchina a vapore e la ferrovia
rappresentano importanti pietre miliari dell’industrializzazione,
da un lato traendo vantaggio dallo sviluppo della tecnica del
ferro e dall’altro contribuendo direttamente al suo ulteriore
sviluppo. Mentre la macchina a vapore espleta importanti
compiti nell’azionamento di altiforni, fucine e laminatori, la
ferrovia diventa indispensabile per il trasporto delle materie
prime e dei semilavorati. Anche lo sviluppo delle macchine
utensili (invenzione del tornio di Maudslay nel 1810) è
determinante per la seconda lavorazione del nuovo materiale.
Le più importanti figure nella fase successiva della storia
della produzione del ferro sono Kelly negli Stati Uniti ed
Henry Bessemer in Europa.
Con l’invenzione del “convertitore Bessemer” (la prima
idea risale al 1855) (Figure 5 e 6) diventa possibile produrre
direttamente l’acciaio dalla ghisa di prima fusione. Con
l’iniezione di aria compressa il carbonio presente nella ghisa
si combina con l’ossigeno e viene eliminato. Purtroppo non
è ancora possibile garantire la qualità, e si possono lavorare
solo i minerali che non contengono fosforo. A partire dal
1879 viene utilizzato il procedimento sviluppato da Sidney
Gilchrist Thomas.
Il procedimento Martin-Siemens (principio del forno a
rigenerazione) viene all’inizio impiegato per la fusione di
rottami e scorie dei laminatoi. Dopo il superamento di molti
ostacoli tecnici, il nuovo “forno Martin-Siemens” diventa
idoneo anche per la produzione di massa di acciaio dal
minerale.
Un’ulteriore tappa nello sviluppo storico che stiamo
delineando è data dalla produzione di acciaio attraverso
l’elettricità, le cui radici risalgono al XIX secolo ma che
diventa economica solo in tempi più recenti, ovvero da
quando esiste una disponibilità di quantità sufficienti di
energia elettrica.
Figura 5.
Convertitore Bessemer
Figura 6.
Immagine dell’acciaieria Bessemer
Il miglioramento qualitativo della tecnologia del materiale
nel corso degli ultimi cento anni può essere illustrato
prendendo come esempio la Torre Eiffel. Se l’edificio, per la
sua epoca all’avanguardia in termini di struttura e impiego di
materiale, era composto da circa 7000 tonnellate di acciaio,
oggi si riuscirebbe a costruirlo con 2000 tonnellate. Anche
l’effetto ottico sarebbe sicuramente molto diverso...
In riferimento al periodo dal quale è noto il ferro (3000
anni), l’impiego di ferro e acciaio in edilizia occupa un
lasso di tempo (250 anni) relativamente breve. Per quanto
riguarda le strutture portanti, l’uso di ferro e acciaio può
essere diviso in tre periodi: il periodo della ghisa (17801850), il periodo del ferro battuto (1850-1900) e il periodo
dell’acciaio, dal 1880 fino ad oggi. I momenti di passaggio
tra un periodo e l’altro non sono tuttavia netti. A seconda
delle necessità, ghisa e ferro battuto vengono impiegati
anche insieme. Se nei primi anni dell’impiego di strutture
portanti in ferro in edilizia sono necessari molti tentativi,
tra il 1850 e il 1870 si nota una modifica nelle modalità
di dimensionamento, essendo ora possibile elaborare
con calcoli strutture portanti semplici. Grazie alla teoria
dell’elasticità elaborata da William Rankine nel 1859 in base
a considerazioni pratiche (“Manual of Civil Engineering”), a
un maturo procedimento grafico per la determinazione delle
forze (che si basa sulle precedenti esperienze dell’edilizia in
legno) e ai valori di resistenza dei chiodi, l’ingegnere è in
grado di determinare al tavolo da disegno le dimensioni
delle strutture portanti.
Il passaggio dal ferro fucinato all’acciaio (circa 1880-1900)
consente di incrementare le tensioni ammesse e di impiegare
sezioni laminate maggiori, ma solo negli anni Trenta
del nostro secolo si ha il salto successivo. L’introduzione
della saldatura modifica in maniera radicale le tecniche di
produzione e pure progetto e dimensioni devono adeguarsi.
Raggiungere la stabilità con spigoli resistenti a flessione invece
che con controventi diagonali porta al principio strutturale
6
5
47
ANNO II
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Figura 7.
Produzione di travi forate
con una tagliatrice
a controllo numerico
del portale, una struttura portante che ha caratterizzato in
maniera fondamentale l’architettura del successivo periodo.
Nei procedimenti di dimensionamento accanto alla teoria
dell’elasticità appare quella della plasticità. Oggi, grazie
ai computer, è possibile ottimizzare le strutture portanti
attraverso calcoli estremamente sofisticati, che riescono a
operare una valutazione della struttura generale, per esempio
inserendo gli effetti di tutti gli elementi secondari come
facciate, rivestimenti e pareti divisorie.
Lo sviluppo di semilavorati sempre più accurati (fusione
di precisione) con proprietà definite con esattezza e la loro
48
7
lavorazione con procedimenti di taglio, punzonatura e
saldatura a controllo numerico rendono le costruzioni in
acciaio una opportunità degna della massima considerazione,
anche in prospettiva futura. L’aspetto della riutilizzazione
e della riciclabilità del materiale occupa un ruolo non
marginale anche in edilizia, in un’epoca di aumentata
consapevolezza ecologica. Non è infatti necessario partire
sempre dall’impiego della materia prima e nessun altro
materiale mostra una analoga capacità di adattamento
alle situazioni più diverse e una uguale possibilità di
cambiamento, demolizione e ricostruzione.
RESTAURO
Torre
del palazzo-castello
Orsini Barberini
a Monterotondo
Progetto di restauro
e tecniche d’intervento
Cenni storici
Il Palazzo Orsini Barberini rappresenta, fin dai tempi
della sua primitiva costruzione, l’elemento emergente
dell’immagine urbana di Monterotondo e per la particolare
condizione di coincidenza tra potere Politico e Religioso,
le vicende storiche della città sono strettamente collegate
a quelle del palazzo fino alla fine del potere temporale del
papato.
La sua storia e le caratteristiche dell’attuale costruzione
architettonica, sono conseguenza delle diverse modifiche
ad opera delle diverse famiglie che si sono succedute nella
proprietà del palazzo, arricchendone di volta in volta il
suo impianto originario.
La costruzione della rocca risale al XII secolo intorno al
maschio (presumibilmente preesistente), ma nulla è noto
della sua forma originaria, prima del 1286, data in cui
Monterotondo sarebbe entrata a far parte dei beni della
famiglia Orsini, una tra le più illustri di Roma. Fondata sul
punto più elevato di Monterotondo la rocca rappresenta il
più recente dei castelli fortificati sorti nel territorio lungo
la via Salaria.
Al centro del cortile, contornato dai corpi di fabbrica,
si ergeva il mastio, alto circa 50 metri, isolato e con
base “a scarpa”, che doveva avere la funzione di torre di
avvistamento e che verrà poi gradualmente inglobata nei
portici ed altri ampliamenti del castello. L’unico elemento
superstite della struttura quattrocentesca del castello è un
portico a tre arcate su pilastri ottagonali affiancato alla
torre, che divideva il palazzo.
La pietra scelta per tali costruzioni consisteva in pesanti
blocchi di travertino, la cui corteccia, squadrata in misura
inferiore, caratterizzava la parte emergente del mastio e
la parete orientale della cinta muraria. Il paramento della
torre è invece realizzato a “tufelli”, o blocchi squadrati
50
La Torre del Palazzo Orsini Barberini, dopo i lavori
di scorza di travertino, materiale di buona resistenza
proveniente da cave del luogo.
In questa zona l’opera “a tufelli” sarebbe rimasta in uso
per tutto il secolo XIV, e forse oltre, specificatamente
in costruzioni militari, per rendere i paramenti
particolarmente resistenti. Caratteristiche queste, di
architettura militare assai rara nel Lazio.
Verso il 1400 gli Orsini intraprendono i primi lavori di
trasformazione del palazzo che sarebbe diventato sede
della loro residenza. Come attestano vari documenti
dell’archivio della famiglia a metà del secolo vi fu ospitato
Pio II, e sin dalle origini risultano strutturate nella rocca
due residenze distinte per i due rami della famiglia Orsini.
Il palazzo assume notevole importanza quando Clarice
Orsini, appartenente al ramo discendente da Giacomo
Orsini, sposa Lorenzo de Medici nel 1469.
Nel 1500, il borgo e la rocca di Monterotondo vengono
ereditati da Franciotto Orsini che trasforma e ampia la
struttura da fortezza a residenza nobiliare, ultimando i
piani inferiori e la scala reale, i cui due rami portavano
agli appartamenti nobili, per ospitare Leone X, cugino di
Franciotto Orsini.
Le opere proseguono agli inizi del Seicento, quando il
feudo diventa di proprietà dei Barberini, nel 1626, con
la vendita a Carlo Barberini, fratello di Urbano VIII, da
parte di Arrigo e Francesco Orsini. I Barberini si rendono
fautori di un importante ulteriore ampliamento del
palazzo allo scopo di renderlo più funzionale. La loro
opera si inserisce all’interno di un importante piano
di ristrutturazione urbanistica, che comprende anche
l’istituzione di un vescovato, il quale avrebbe elevato
Monterotondo a città.
Tutte le iscrizioni degli Orsini vengono ricoperte e
sostituite con quelle dei Barberini. In particolare nelle
Palazzo Orsini Barberini, 1865
stanze con gli affreschi del Siciolante e del Bril, l’incarico
di sovrapporre gli stemmi dei Barberini a quelli Orsini
viene affidato nel 1628 a Simone Lagi.
La crisi finanziaria del potente casato dei Barberini in
seguito coincide con la morte di Urbano VIII.
Monterotondo, nel 1727, viene venduto ai Grillo, marchesi
genovesi, il Palazzo subisce solo alcuni miglioramenti.
Nel 1814, la proprietà passa ai Boncompagni, che ne
fecero la loro residenza di campagna.
Nel 1890 l’Amministrazione Comunale di Monterotondo
acquista la proprietà destinandone gli ambienti ad aule
scolastiche.
In seguito ai crolli del 1898, si effettua un primo restauro
a cui fa seguito un secondo nel 1905. Dopo il terremoto
di Avezzano del 1915, che provoca la perdita del
coronamento originario del mastio, un terzo intervento
strutturale cambia l’ immagine del palazzo.
Dopo anni di abbandono che fecero perdere al palazzo tra
l’altro molti affreschi che ornavano i soffitti delle sale ed
il coronamento originario della torre, nel 1932 si inizia
un’opera di ricostruzione e restauro.
Altri lavori di ricostruzione vengono effettuati per porre
rimedio ai danneggiamenti dovuti agli eventi bellici.
Dopo anni di incuria l’Amministrazione Comunale ha
avviato importanti interventi di restauro attualmente in
corso per il recupero totale dello Storico Palazzo.
Il restauro della Torre
Come rileva l’attività di indagine svolta, la Torre del
Palazzo-Castello Orsini Barberini presenta, come spesso
succede nelle strutture murarie massive soggette a elevati
stati di compressione dovuti al prevalente effetto del peso
proprio (e quindi pressoché costanti nel tempo), uno
stato fessurativo riconducibile a due principali e distinte
tipologie di dissesto (ossia di danno strutturale), oltre che
a ben noti e ricorrenti fenomeni di degrado chimico-fisico
di malte e del cls.
La prima tipologia è indubbiamente la manifestazione di
comportamenti strutturali tipici e trova riscontro nella
manualistica tradizionale del settore che cerca e stabilisce
correlazioni dirette e indirette tra tali comportamenti
strutturali e i fenomeni fessurativi che vi si accompagnano.
Misurazioni in atto durante il monitoraggio diagnostico,
hanno evidenziato un lento ma costante progredire del
fenomeno fessurativo, denunciato dal suo allargamento,
accompagnato inevitabilmente dal prolungamento verso
l’alto, purtroppo non sufficientemente controllabile
(lesioni verticali sulle pareti si osservano in effetti, più o
meno pronunciate, pressoché sistematicamente nelle torri
murarie).
Analisi tensionali sotto l’effetto del peso proprio hanno
evidenziato che tendono a formarsi, collegate alla geometria
nello spessore delle pareti e in direzione orizzontale, zone
soggette a modeste tensioni di trazione. In tali condizioni,
anche modeste accentuazioni di tali sforzi, tipicamente in
corrispondenza di fori (porte, finestre), sono sufficienti a
innescare il processo fessurativo. Cedimenti differenziali
delle fondazioni possono da sole provocare l’innesco di tale
tipo di dissesto e amplificare ulteriormente il fenomeno
eventualmente già in atto, potendo causare, anche se si
manifestano in misura molto contenuta, la rottura delle
rigide strutture murarie di fondazione e in elevazione.
Qualora non siano adeguatamente contrastate da efficaci
incatenamenti ed eventualmente da opportuni interventi
sulle fondazioni, le lesioni descritte tendono ad ampliarsi
nel tempo e possono quindi comportare sia accentuazioni
locali di tensioni di compressione, con conseguenti
possibili schiacciamenti – e quindi danneggiamenti della
muratura, generalmente senza conseguenze “immediate”
per la stabilità – sia collassi dovuti alla perdita di equilibrio
(locali o globali). In questo caso gli spostamenti richiesti
sono molto elevati e sono quindi generalmente possibili
solo in periodi di tempo molto lunghi e, fatto ancora più
importante, largamente prevedibili.
Più controverso e più recente è stato il riconoscimento della
seconda tipologia di danno sostanzialmente indipendente
da quella appena descritta (fatta salva un’interazione legata
all’accentuazione locale delle tensioni di compressione cui
si è fatto sopra cenno) e riconducibile al comportamento
locale del materiale sotto costanti ed elevati (rispetto alla
sua resistenza) sforzi di compressione.
Lo stato fessurativo che vi si accompagna è caratterizzato
da fessure diffuse di piccole e grandi dimensioni, che
denunciano la frattura degli stati murari che si trovano
negli strati più esterni (fino a profondità variabili), più rigidi (oltre che più fragili) e quindi maggiormente sollecitati
rispetto a quelli interni. Un’ispezione eseguita rimuovendo
con cura i conci in pietra ha evidenziato profondità di propagazione delle fratture fino a oltre 40 cm in una fascia del
paramento interno delle pareti della Torre.
Come è noto, è stato in occasione delle prime indagini fatte
51
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Rilievo del diffuso stato di degrado della Torre e del Palazzo
per interpretare lo stato di salute del palazzo Comunale
Orsini Barberini e successivamente della Torre che per la
prima volta è stato evidenziato come, nelle condizioni di
carico sopra descritte, possono manifestarsi fenomeni di
danno progressivo (crepe) in grado di evolversi in periodi di
tempo molto lunghi (per secoli, come avviene nelle rocce)
fino al collasso improvviso del manufatto. Ciò avviene
anche in presenza di stati tensionali elevati, ma comunque
inferiori al limite di resistenza del materiale; com’è noto,
il tempo necessario per raggiungere il collasso è funzione
del livello di sforzo, ma il fenomeno può iniziare anche a
uno stato pari al 40-50% del valore di rottura. La situazione
può essere tuttavia peggiorata dalla sinergia con le prime
tipologie di danno che, innescando fessurazioni, riduce
la continuità delle strutture e provoca concentrazioni di
sforzo.
Risulta del tutto evidente che ai due fenomeni di dissesto
descritti sono connessi, in relazione ai problemi di sicurezza strutturale del monumento, gradi di pericolosità,
urgenza di intervento e strategie di mitigazione del rischio,
sostanzialmente diversi. Innanzitutto, il fatto che ci sia
molta più familiarità con i fenomeni di dissesto connessi
a specifici comportamenti strutturali – il che significa ad
esempio maggiore disponibilità di mezzi affidabili per
interpretarli, per controllarne l’evoluzione e per eseguire interventi in grado di mitigarne la pericolosità – piut52
tosto che con i fenomeni di danneggiamento progressivo
sotto carico costante dei materiali in esame, rende meno
pericolosi i primi rispetto ai secondi. È anche vero, inoltre,
che i primi:
a) hanno una lenta evoluzione nel tempo (è tipicamente
il caso di una delle classi più importanti di dissesto, quella
collegata ai cedimenti in fondazione) consentendo di fare
previsioni di largo respiro e piuttosto precise del momento
in cui il dissesto porta l’intera struttura o una sua parte
al collasso (si veda Heyman, 1999, per il calcolo delle
condizioni di ribaltamento di muri inclinati; Bettio et al.,
1995);
b) si prestano a precise modulazioni per valutare le condizioni di stabilità e i margini di sicurezza esistenti in un
determinato momento e in determinate condizioni d’uso
per l’intera costruzione o una sua parte (tipicamente i
casi di ribaltamento, di un muro di sostegno, delle spalle
di archi e volte, di pareti sotto l’effetto di terremoti, vedi
Giuffrè, 1990; Heyman, 1999).
La tradizione negli interventi
Esistono nella tradizione efficaci e consolidati metodi
di intervento per migliorare le condizioni di stabilità di
costruzioni murarie soggette a tali tipi di dissesto. Lorenzo
Pardi da Bologna discuteva, nel Cinquecento, sulle
dimensioni da dare ai pilastri della Chiesa del Santo di
Padova per conferire stabilità sotto l’effetto dei terremoti
(Guidoboni et al., 1997). Le catene, in legno prima e
in ferro poi, inizialmente inserite durante la costruzione
e, successivamente, in sempre maggior numero per
esigenze di consolidamento statico sono state “da sempre” il presidio più efficace contro i fenomeni di dissesto
in esame. I collegamenti tra i solai in legno e le pareti su
cui si appoggiano sono oggi unanimemente riconosciuti
come il mezzo più efficace per contrastare il ribaltamento
delle pareti e, quindi, l’effetto delle spinte orizzontali,
anche in situazione sismica (Regione Umbria, 1999).
Senza contare che i costruttori hanno sempre avuta ben
chiara l’importanza di “basare” solidamente le costruzioni
per evitare i cedimenti (Scamozzi nel suo Trattato del 1615
discute il problema per una sua costruzione a Padova,
Libro Vili, Cap. IV). Diverse considerazioni si applicano ai
fenomeni di dissesto legati al danneggiamento progressivo
del materiale sotto elevati sforzi di compressione pressoché
costanti nel tempo. Il fenomeno è, allo stato attuale delle
conoscenze, difficilmente prevedibile: solo di recente,
come già si è detto sono stati eseguiti studi sistematici,
in vista anche della messa a punto di adeguati modelli
di previsione. In particolare, è ora possibile riconoscere i
sintomi delle fessure verticali fini e diffuse, e verificare lo
stato di sforzo locale con la tecnica dei martinetti piatti.
Il cedimento, poi, ha conseguenze “disastrose” (porta al
collasso globale della torre) e avviene apparentemente “senza
preavviso” (fragile, nella terminologia della meccanica
strutturale), due caratteristiche che rendono estremamente
pericolosa la situazione in termini di sicurezza strutturale,
intesa come “margine garantito e quantificato” fra il
livello di carico agente e quello che porta al collasso. E’
quello che si è verificato sulla Torre in questione quando
il terremoto di Avezzano del 1915 provocò la perdita del
coronamento originario del mastio che andò ad infrangersi,
sfondandolo, sul tetto di copertura del palazzo sottostante.
La ricostruzione degli anni ’30 è stata effettuata allo scopo
di porre rimedio a danni causati da un lungo stato di
abbandono, utilizzando materiali e tecnologie del tempo
peraltro molto povere.
La scelte progettuali
Le scelte progettuali e la tecnica d’intervento sono state
mirate al miglioramento delle proprietà dei materiali
(malte e conci in pietra), importante ma assolutamente
ancora non sufficiente; l’efficacia delle iniezioni (che
certamente migliorano le caratteristiche della muratura,
non dei suoi singoli componenti) ancora non sufficienti;
gli incatenamenti, intervento di consolidamento per
eccellenza delle strutture murarie, non hanno utilità
in tale ambito, avendo efficacia, evidentemente, sulle
condizioni di equilibrio della struttura (o di sue parti), ma
non sulle capacità di resistenza del materiale. Trattandosi
di un problema di materiali, nulla possono, inoltre,
Esecuzione di prove meccaniche (martinetti piatti) sulla Torre
interventi provvisionali “classici”, come le puntellature
e gli incatenamenti, che intervengono efficacemente
– applicando reazioni, cioè forze – sui meccanismi di
collasso dipendenti dall’equilibrio della struttura (o di
sue parti), ma non dalla resistenza dei materiali. Non si
tratta di affermazioni generiche e qualitative, ma di solide
ragioni, strettamente connesse con le basi stesse della
sicurezza strutturale, che inevitabilmente chiede margini
più elevati e maggiore rapidità di intervento per tutte le
situazioni che si presentano incerte, meno prevedibili e
che comportano possibilità di collasso “fragile”. In recenti
evoluzioni di codici della sicurezza strutturale è addirittura
considerato come misura supplementare per aumentare la
sicurezza di una struttura esistente il fatto che vengano
attivati procedimenti di controllo e verifica periodica
(monitoraggi ecc).
Tutta l’impostazione del progetto, la sua lenta e dibattuta
attuazione e la sua evoluzione mano a mano che venivano
acquisite nuove “informazioni”, secondo un programma di
indagini integrative (rispetto a quelle del progetto iniziale)
inserito a tutti gli effetti come aspetto fondamentale del
progetto iniziale, deriva direttamente dall’interpretazione
dei fenomeni di dissesto e dalla conseguente impostazione
del problema della sicurezza strutturale illustrato, oltre
che dalla ricerca del miglior compromesso possibile fra
esigenze connesse alla sicurezza strutturale e problemi di
conservazione del bene architettonico. Per perseguire gli
obiettivi progettuali individuati e nel guidarne l’attuazione,
si sono rese necessarie due perizie di varianti di fondamentale
rilevanza, nonché l’ottenimento di tutte le necessarie
autorizzazioni degli enti preposti per la valutazione
dell’intervento sotto l’aspetto conservativo-tecnicoeconomico. Gli interventi di rinforzo strutturale con
materiali compositi, progettati sulla base di considerazioni
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endoscopie, ecc) e carotaggi sulle parti murarie su cui
non era stato possibile indagare in fase preliminare;
• prove di laboratorio, per definire proprietà chimicofisiche e meccaniche di malte da utilizzare per la
ristilatura dei giunti nei quali sarebbero state inserite le
armature, le miscele da iniettare, tenendo presente sia gli
aspetti di resistenza e durabilità connessi alla sicurezza
strutturale, sia gli aspetti di compatibilità chimicofisica-estetica (colore, tipo e dimensioni dell’inerte) più
strettamente legati, oltre che ancora alla durabilità, ad
accettabili criteri di conservazione del monumento.
Da ciò è derivata la stesura del progetto, che prevedeva, per
quanto riguarda la sicurezza strutturale:
• iniezioni e “cuci-scuci” in tutte le zone che apparivano
fessurate e/o deteriorate;
• intervento mediante l’utilizzo di tessuto bidirezionale
in fibra di carbonio ad alta resistenza inserita sotto
l’intonaco nella parte superiore della torre;
• interventi di rinforzo all’azione sismica mediante
l’utilizzo di lamine pultruse in carbonio di varia
larghezza, opportunamente dimensionate e anch’esse
per nulla invasive.
L’intervento di restauro
L’evoluzione del progetto è avvenuta in base a:
• una precisa mappatura del degrado, eseguita in presenza
del ponteggio;
geometriche (da cui dipendono le condizioni di
equilibrio), sono stati definiti grazie al lavoro di un gruppo
pluridisciplinare in collaborazione con l’Impresa De Feo
di Roma specializzata in Restauro e Consolidamento dei
Monumenti, composta da Architetti, Ingegneri, Docenti
Universitari, Restauratori-Conservatori che ha condotto
un approfondito studio conoscitivo dell’intero organismo
architettonico, (facendo emergere numerosi punti deboli
della “fabbrica”) propedeutici ai fini della valutazione
“strutturale”. E a migliorare i margini di sicurezza relativi
ai problemi del danneggiamento progressivo del materiale
che si basano sulla combinazione di interventi tradizionali
di miglioramento delle caratteristiche meccaniche della
muratura (iniezioni e “cuci-scuci”) con una tecnica più
innovativa, tesa ad aumentarne la “tenacità”, che prevede
l’inserimento di rinforzi in lamine e fibre in carbonio,
scelti come tipologia sulla base delle indagini eseguite,
definite per quanto riguarda estensione e modalità esecutive sulla base di:
• accurati e specifici rilievi, soprattutto sul paramento
esterno, sul quale non era stato possibile effettuare
ispezioni in fase preliminare (ispezioni demandate
alle fasi esecutive di cantiere, utilizzando il ponteggio
necessariamente installato);
• ulteriori prove meccaniche (martinetti piatti,
54
• alla scelta definitiva (indifferente ai problemi di sicurezza
strutturale, e fatta in base a criteri “conservativi”,
rimovibili e minima invasività) di eseguire un intervento
non invasivo e che lasciasse l’estetica della Torre invariata;
• alla sinergia creata dal gruppo pluridisciplinare di esperti
composto da: progettista, direttore dei lavori, consulente
strutturale dell’Università di Perugia, funzionari
della Soprintendenza del Lazio, direttore tecnico ed i
tecnici dell’Impresa Appaltatrice, che hanno valutato
le caratteristiche dei materiali da adottare definendo le
aziende/fornitori.
La realizzazione
Le poche considerazioni relative alle prestazioni meccaniche delle murature rinforzate, sono state soddisfatte
attraverso le prove di laboratorio che hanno confermato
la rispondenza attraverso le schede tecniche dei prodotti
applicati confermando che le armature di piccolo diametro,
messe in opera con malta a base di calce opportunamente
miscelata, forniscono un contributo significativo nel
contrastare lo sviluppo dei fenomeni di microfessurazone
sotto carico, precedentemente illustrati.
L’utilizzo di fibre in CFRP (Carbon Fiber Reinforced
Polymer), sicuramente ugualmente efficaci da un punto di
vista meccanico di un intervento di cerchiatura e rinforzo
Intervento di consolidamento strutturale della
Torre con fibre di carbonio. Sezioni verticale e
orizzontale
in ferro, ma assolutamente di gran lunga più costoso e
senza dubbio assolutamente non invasive e ritenute più
durevoli e “inerti’” (ossia non soggette a reazioni chimiche
che, per quanto molto modeste, interessano anche gli
acciai inossidabili, tra l’altro anche per la presenza di
cloro) e quindi più compatibili.
La parte sommitale del mastio murario, la parte intonacata,
è stata completamente avvolta e fasciata all’esterno e
all’interno da un tessuto bidirezionale in fibra di carbonio
allettata su malte apposite.
Nella parte centrale e bassa l’intervento si è spostato
all’interno data la obbligatoria necessità di lasciare la pietra
abbastanza regolare a vista. Quindi sono state realizzate
delle controventature a X (vedere figure in alto) sulle
pareti interne mediante l’utilizzo di lamine poltruse in
fibra di carbonio accoppiate di larghezza variabile secondo
gli sforzi reagenti, tra 6 e 12cm, con spessore di pochi
mm. Tali lamine sono state poste in opera utilizzando
particolari resine bi componenti e malte appositamente
studiate dalla ditta fornitrice per rispondere alle richieste
strutturali del progetto ma soprattutto entrando a far
parte integrante della struttura. Anche qui il tutto è stato
nascosto al di sotto dell’ intonaco.
L’intervento ha cosi permesso di dare alla Torre l’aspetto
originale a livello estetico. La parte in pietra è stata
completamente ristabilizzata, consolidata, stuccata, e
55
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restaurata. La stilatura dei giunti è avvenuta, grazie ad
uno stretto lavoro di collaborazione tra l’Impresa De
Feo, i funzionari della Sovrintendenza ai Beni Culturali,
Direzione Lavori ed i tecnici Comunali, confrontandosi al
fine di concordare ed individuare una corretta metodologia
d’intervento con lo studio della granulometria, il livello
dei giunti, il colore della malta di allettamento dei giunti
nonché delle opere in pietra. Così come anche il colore
della tinta a calce posta in opera in tre mani oltre la
velatura, è stata decisa di concerto con la Sovrintendenza.
I prodotti utilizzati
Il tessuto bidirezionale in fibra di carbonio è un composito
strutturale costituito da una rete di carbonio, che funge
da rinforzo continuo, e da una matrice inorganica
stabilizzata, studiata per rendere solidale la rete al supporto
in muratura.
E’ un sistema brevettato che introduce un’innovazione
mondiale nel campo dei sistemi di rinforzo strutturale a
base di fibre ad alte prestazioni, quali il carbonio, il kevlar,
il vetro, ecc., genericamente denominati FRP. Questi
ultimi compositi impiegano come legante una matrice
organica (resina epossidica o poliestere) per garantire
l’adesione al supporto.
A differenza degli FRP, impiega una matrice inorganica,
costituita da un legante idraulico pozzolanico e da
additivi specifici, perfettamente compatibile sotto il
profilo chimico, fisico e meccanico con il supporto, con
particolare riferimento alle murature.
Il team di lavoro
Progettisti
Direttore Lavori
R.U.P.
Responsabile per la sicurezza
Direttore tecnico
Direttore di cantiere
Indagini e Ricerche
Collaboratori
Impresa esecutrice
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Proprietà
• Caratteristiche meccaniche della fibra di carbonio
di cui è costituita la rete
- Carico di rottura a trazione (MPa) 4.800
- Modulo elastico (GPa) 240
- Densità fibra (g/cm3) 1,78
- Allungamento a rottura (%) 1,8
• Caratteristiche
- Peso di fibra di carbonio nella rete (g/m2) 168
- Spessore per il calcolo della sezione di carbonio
a 0° e 90° (mm) 0,047
- Carico di rottura sia in direzione 0° sia in direzione
90° (kg/cm)* ≥160
* Carico di rottura riferito ad una larghezza unitaria di 1 cm
• Caratteristiche della malta
- Resistenza a compressione (N/mm2) 38
- Resistenza a flessione (N/mm2) 7,5
- Modulo elastico (MPa) 15.000
* Valori a 28 gg
Nota
La campagna di restauri condotta sulla Torre è ancora in
esecuzione nel Palazzo con l’obiettivo di preservarla dai
danni causati dall’incuria e dal tempo.
Massimo Pasanisi
Ingegnere
Roberto Silvi
Architetto
Luca De Feo
Dottore in Ingegneria/Architettura
Massimo Pasanisi
Ingegnere
Roberto Silvi
Architetto
Patricia Pavese
Architetto
Antonio De Feo
Conservatore-Restauratore
Luca De Feo
Ingegnere - Architetto
Federico De Feo
Project Management
Arch. Rosa Cipollone - Arch. Mario Scalone Solarino - Arch. Roberto
Silvi - Dott. Antonino Lupi - Dott. Mauro Alessandri - Sig. Vincenzo
Donnarumma - Geom. Roberto Carocci.
Impresa Antonio De Feo Restauri
PERCORSI D'ARCHITETTURA
Le realizzazioni
della modernità
e delle avanguardie
in Umbria
Futurismo
e Razionalismo
(Dal volume “Percorsi d’architettura in Umbria” di Francesco
Quinterio e Ferruccio Canali, a cura di Raffaele Avellino.
EDICIT Editrice Centro Italia, in collaborazione con il Collegio
dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Perugia)
Il rapporto «ambiguo» che il Regime fascista ebbe con il
Medioevo – da una parte celebrazione neo-medievale alla
ricerca dei ‘miti delle origini romanze’, dall’altro un certo
sospetto verso la possibile nostalgia di particolarismi antiimperiali e anti-unitari – ebbe come corrispettivo un rapporto
altrettanto ambiguo con la Modernità, a volte favorita, a volte
frenata, ma comunque assai viva esattamente come lo era, in
contemporanea, lo spirito neoprimitivista. Architettura di
Regime era quella storicista, architettura di Regime era quella
avanguardista.
In una tale situazione articolata, all’interno della quale ogni
occasione architettonica comportava lo scontro tra le due
tendenze e la vittoria di una o dell’altra non era mai scontata
se non sulla base dei desiderata della committenza, anche in
Umbria i Movimenti d’Avanguardia poterono svolgere un
proprio ruolo, seppur ovviamente minore rispetto ad altre
realtà dove la concezione neo-medievale era meno forte.
Anche il movimento artisticamente più eversivo come il
Futurismo aveva trovato nella regione terreno fertile fin
dalla sua fondazione (1909) anche se, dal punto di vista
architettonico, nulla era stato prodotto. Erano però emerse
figure notevoli come quella di Gerardo Dottori, rampollo
di una nobile famiglia eugubina decaduta, o come Alberto
Presenzini Mattoli o Renato Profeta; Gruppi e Cenacoli erano
nati ed erano morti, però, con troppa velocità (futurista). Nei
58
Terni, Scuola XXVIII Ottobre (Progetto Filippo Ramaccioni,
Direzione Lavori, Geom. Arnaldo Marini, 1933)
primi anni Venti, con la rinascita del Movimento («Secondo
Futurismo») dopo le dispersioni della Guerra e grazie ad una
fama ormai conseguita, toccava a Gerardo Dottori, a Perugia,
aprire una ‘fase decorativa’ del Movimento che vedeva la pittura
dialogare strettamente con l’architettura e con lo spazio in una
serie di imprese come la ristrutturazione del Bar Ricci e del
ristorante «L’altro mondo» del 1923, di gusto marcatamente
futurista.
Per il Bar Ricci (oggi distrutto), si trattava di un locale articolato
in più sale tra le quali si ricordano la «Sala del Paradiso o di F.T.
Marinetti» e la «Sala dell’Inferno» che Dottori ebbe l’incarico
di decorare e che, prima dell’inaugurazione, il 29 ottobre
1923, accolse in una cena privata Marinetti con sua moglie
Benedetta, Presenzini, Dottori e l’editore Campitelli di Foligno
(Marinetti era giunto a Perugia il 24 per una conferenza dal
titolo «Futurismo e fascismo», poi stampata dallo stesso editore
folignate). Dottori aveva suddiviso le pareti delle sale in due
registri: in quello più basso, a mo’ di zoccolatura, erano delle
dinamiche linee zigzaganti che dovevano fornire movimento
all’ambiente, mentre al di sopra si ponevano grandi pannelli
figurati. Anche il soffitto, in aderenza al grande lucernaio
centrale, mostrava un’ampia fascia a motivi geometrici
triangolari, mentre, sulla parete di fondo dell’ambiente
rettangolare, era una grande composizione pittorica con
elementi celesti, girandole e spirali (il moto perpetuo).
Insieme a Prampolini, poco prima, Dottori era divenuto
consigliere editoriale e illustratore della casa editrice «Franco
Campitelli» di Foligno, recensendo, in particolare, le mostre
artistiche sulla rivista «Aperusen» (Campitelli sarebbe infatti
divenuto un vero e proprio editore ‘futurista’ pubblicando la
prima edizione de “L’architettura futurista” di Virgilio Marchi
nel 1926, poi l’“Arte teatrale” di Anton Giulio Bragaglia, il
catalogo delle opere di Boccioni nel 1927, quindi “Futurismo
e fascismo” di Marinetti nel 1927, “Liriche” di Folgore e
romanzi di Paolo Buzzi.
Nel 1926, intanto, Dottori si trasferiva a Roma e del 1931
era il “Manifesto dell’aeropittura futurista”, sottoscritto
dallo stesso pittore e divenuto una sorta di vademecum per
gli artisti umbri, che avrebbero fatto del «Futurismo rurale»,
enucleato dallo stesso Dottori, e del «paesaggio moderno» i
fulcri principali della loro ricerca artistica. E il lago Trasimeno,
con i suoi futuristi aerovolanti che atterravano sulle sue acque
e le sue industrie aeronautiche a Passignano, non poteva
che costituire uno dei soggetti preferiti di quella Modernità
(ribadita anche dalla costruzione dell’aeroporto di Perugia).
Nel 1939 Dottori rientrava stabilmente a Perugia per ricoprire
la cattedra di “Pittura” all’Accademia e dunque con l’incarico
di Direttore: il Futurismo era assurto, dunque, alle più alte
vette della cultura artistica regionale.
Il secondo, e più ‘dinamico’ centro del Futurismo architettonico
umbro era costituito, ovviamente, da Terni, la «città dinamica
e dell’acciaio» dove si perseguiva un ricerca artistica connessa
al ciclo produttivo dell’acciaieria. Il Gruppo Futurista ternano
era nato soprattutto per volontà di Arnaldo Marini, geometra
dell’Ufficio Tecnico del Comune, grande estimatore di Sant’Elia
ed entrato in amicizia con Gerardo Dottori; ma vi era anche
Giuseppe Preziosi, diplomato all’Accademia di Belle Arti di
Perugia, e coinvolto all’interno della Commissione Edilizia del
Comune, oltre a Fabrizio Ramaccioni, addirittura l’Ingegnere
Capo dell’Ufficio Tecnico. L’architettura costituiva, dunque, il
tema dominante degli interessi del Gruppo.
Nel Concorso bandito dal comune di Terni nel 1932 per la
sistemazione di piazza Tacito (un problema ancora aperto
dopo oltre cinquant’anni), per la collocazione di una fontana
al posto del Monumento ai Caduti e per l’introduzione
di «parallelepipedi di verde», cioè chiome di lecci che
armonizzassero con l’edificio della Banca d’Italia e con il
‘neoclassico’ Palazzo del Governo di Bazzani, il Gruppo
Futurista sostenne il progetto del futurista Ernesto La Padula,
la cui fontana a base quadrata, ma con vasca circolare, grazie
ad una serie di intersecazioni di forme geometriche avrebbe
creato getti dinamici, rimandando all’«aspetto generale di
Terni, asserragliata dai fumaioli delle sue fonderie».
Inizialmente La Padula aveva collaborato con Vincenzo
Fiordigiglio presente come Artista nel primo progetto; poi
il Concorso venne annullato «e ripetuta la gara per i tre
ritenuti migliori (La Padula ormai solo; Aliotta-Martini;
Ridolfi-Fagiolo). La Padula inviava, dunque, un progetto
completamente diverso dal primo, producendo, in definitiva,
«due progetti di diversa concezione e forma, ma ambedue
pregevoli».
Marinetti era stato a Terni, dopo una prima visita tra il 1919
e il 1920 per un «giro teatrale di sintesi futuriste»; vi tornava
ancora nel 1932 con una conferenza su «Aviazione fascista e
aeropittura futurista», probabilmente proprio in occasione di
quanto si stava consumando per piazza Tacito. Dava risalto,
non a caso, all’avvenimento la rivista romana «Futurismo»,
sottolineando come ormai il clima fosse cambiato rispetto alla
«romanità di Cesarino Bazzani (colonne, colonne, colonne
… al Palazzo delle Poste, alla centrale in riva al Nera, al
costruendo Palazzo del Governo) e con il fritto misto di tutti
i rinascimenti scolastici più pacchiani … Per la fontana …
soltanto un futurista potrà interpretare ed esprimere al cento x
100 la misura dinamica dell’ambiente».
A sinistra,
Terni, Piano Regolatore del 1960 (M. Ridolfi e W. Frankl)
A destra,
Gerardo Dottori, “Umbria, primavera” (1945)
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Vinto il concorso da Ridolfi, a Terni, invece che una
fontana futurista, toccò una fontana razionalista (anche se
alla fine si realizzò la fontana ideata da Ridolfi-Fagiolo non
al secondo, ma al primo grado del Concorso). Il Gruppo
Futurista ternano si mantenne comunque piuttosto vivo,
con una serie di proposte, nell’ambito della progettazione
architettonica, partecipando, il 28 ottobre 1933, alla «Prima
Mostra Nazionale Futurista» di Roma, organizzata da Mino
Somenzi, con diversi progetti elaborati da Marini, Minocchi e
Ramaccioni: Mario Minocchi esponeva la proposta, avanzata
per piazza Tacito, di una «Fontana-Luce», composta da un
corpo centrale a tre riseghe circolari e concentriche oltre a
quattro corpi in aggetto, con caduta dell’acqua frenata da
«quattro morse a diga»; di Arnaldo Marini erano invece l’idea
per un albergo a Piediluco e per una piccola villa, con netta
ispirazione al Razionalismo di Sartoris; Filippo Ramaccioni
presentò alcuni progetti per il Mattatoio di Terni e per arredi
d’ufficio. Si trattava in genere di proposte impostate su linee
rettilinee, chiari ed elementari volumi parallelepipedi, senza
nulla aggiungere al nitore della composizione, in un’ottica
assai vicina, appunto, alla sensibilità razionalista.
Dal punto di vista delle realizzazioni, Ramaccioni, che
dal 1924 era a capo dell’Ufficio Tecnico, aveva proposto
per anni architetture di gusto corrente, tardo eclettiche o
storicistiche influenzate dalla presenza di Cesare Bazzani,
come anche nel caso del nuovo Piano Regolatore della città,
un Progetto di Ampliamento che sfruttava il sistema degli
sventramenti, espandendo il tessuto sulla base di una griglia
priva di spazi attrezzati e di aree verdi (tanto che nel 1932
venne invece bandito un Concorso nazionale). La vicinanza a
Marini e l’adesione al Futurismo portarono però Ramaccioni
ad un repentino aggiornamento del proprio linguaggio
architettonico, come si vede in alcuni progetti non realizzati
come la nuova chiesa di Campomicciolo (1931), la scuola di
Borgo Bovio “G. Oberdan”, come la Caserma M.V.S.N., il
Mattatoio di Terni (idea esposta a Roma nel 1933), anche
se poi la «Scuola XXVIII Ottobre» fu l’unica a giungere a
compimento con la Direzione Lavori del geometra futurista
Arnaldo Marini.
L’edificio mostra il suo fronte principale scandito da una griglia
di intelaiatura bianca che gerarchizza la parte centrale aperta
da finestre seriali; sul lato minore è un corpo semicilindrico,
svettante che, nel suo andamento quasi lenticolare, ricerca
effetti di dinamismo stagliandosi rispetto alla mole bloccata
dell’edificio (era l’’effetto Angiolo Mazzoni’, che era solito
apporre paratatticamente, su blocchi rigidi e stereometrici,
volumi dinamici autonomi).
Da in alto a sinistra: Progetto di Mattatoio per Terni (presentato alla
I Mostra Nazionale Futurista di Roma; Filippo Ramaccioni, 1933);
Progetto per la Chiesa di Campo Micciolo (Filippo Ramaccioni,
1932), Progetto per la Caserma milizia (1932); Progetto di Casa
Rurale (Alfredo Innocenzi, 1935)
60
Per la chiesa di Campomicciolo, Ramaccioni e Marini
riflettevano sul tema della Mediterraneità, optando per una
forma curvilinea della parte centrale della chiesa (in linea
con le proposte avanzate da Concezio Petrucci per Segezia –
Foggia), ma senza dimenticare, soprattutto, le ricerche formali
barocche, tenute ben presenti dall’Estetica avanguardista. Per
la Caserma M.V.S.N. la ricerca si incentra invece sull’uso
della bicromia (riprendendo le polemiche di Marinetti e Fillia
nei confronti dell’evanescenza monocromatica razionalista)
specie nella svettante torre bicroma e nelle finestre a nastro.
Nella pianta del nuovo Mattatoio di Terni, invece, la ricerca
si incentrava sui volumi cilindrici e semicilindrici isolati,
posti a formare un fronte sfuggente e dinamico. La mancata
realizzazione delle opere privò però Terni di quella ricerca
futurista.
Migliori gli esiti per esempi di minore impegno come il
Monumento funerario a Mario Umberto Borzacchini (pilota),
nel Cimitero Monumentale del 1933-1935, dove linee ricurve
e raggiere movimentano la rigida stereometria volumetrica
del complesso; oppure per i numerosi stand espositivi che
Giuseppe Preziosi venne chiamato a realizzare prima per il
teatrale “carro di Tespi”, poi per le Mostre del Dopolavoro della
“Società Terni” (vero committente di opere avanguardiste), poi
per i prodotti della stessa Società (stand per l’Esposizione di
Bologna nel 1935, per l’Esposizione Mondiale di Arti, Scienze
e Industrie di Bruxelles e per la Mostra dei Vini tipici a Siena,
sempre del 1935, dove si pubblicizzava la «calciocianammide»,
il più importante fertilizzante prodotto dalla Società Terni, per
la Fiera Campionaria di Tripoli del 1936, per la IV Biennale
della Floricoltura di San Remo del 1938).
Preziosi non mancò però di partecipare anche a interventi
architettonici veri e propri con la propria consulenza
e soprattutto con le proprie decorazioni artistiche: da
Ramaccioni venne chiamato a collaborare, nel 1932, alla
sistemazione del Monumento ai Caduti, dopo che era stato
spostato per la realizzazione della nuova fontana.
Ma soprattutto dal 1934 il centro di Collestatte, dove la
Società Terni aveva un proprio insediamento produttivo,
divenne luogo di sperimentazioni avanguardiste.
Se Preziosi venne incaricato dell’organizzazione della
«Seconda Mostra d’Arte del Dopolavoro della “Società
Terni”», il borgo fu anche interessato da un aggiornamento
architettonico che prevedeva la nuova chiesa del Sacro Cuore
(1933), in cui il tema tradizionale del campanile a vela
centrale veniva modernizzato e rivissuto in chiave futurista
con una mostra continua, mentre l’interno mostrava una
nudità contrapposta all’uso di paramenti in mattoni e alla
scultura sull’altare del futurista Mario Minocchi; la sede
del Dopolavoro Aziendale di Papigno veniva trattata con
forme e materiali evocativi della produzione industriale,
con all’interno una dinamica scala semielicoidale e nuovi
arredi in ferro, mentre l’arco del secondo ingresso era
evidentemente esemplato sulla grafica futurista di gusto
deperiano.
Altrettanto interessante la realizzazione della chiesa di
San Giuseppe del villaggio operaio di Nera Montoro,
sempre della metà degli anni Trenta, caratterizzata da tre
grandi fornici scavati in facciata e da porre, dunque, in
relazione con il contemporaneo edificio religioso realizzato
da Ernesto La Padula a Pisticci (che ne avesse fornito una
versione variata dopo la vicenda della fontana di Terni?):
la carica avanguardistica in un tema delicato quale quello
dell’Architettura sacra e delle sue declinazioni futuriste
prendeva corpo nella riduzione delle forme strutturali,
mentre sull’altare era esposta una pittura di Preziosi con San
Giuseppe e il Bambino e dietro un paesaggio «aeropittorico».
Da ricordare, ancora, la Colonia lacustre “IX Maggio”,
quasi terminata nel 1936 e definitivamente finita nel 1938 a
Collesanto (oggi Mazzelvetta) sul lago di Piediluco, donata
dalla “Società Terni” alla Federazione dei Fasci ternana.
Sorta su uno sperone roccioso a dominare il lago già «la
sua ubicazione può considerarsi ardita… perché è stato
scelto un impervio costone trasformato mediante opere di
sistemazione in un parco pittoresco con piazzali e viali …
l’edificio è costituito da due corpi di fabbrica collegati tra
loro dal corpo centrale ove si sviluppa la luminosa scala che
dà accesso alle camerate e al refettorio … la Colonia è stata
costruita con criteri di severa semplicità, ma con festosità
di colori». L’edificio era imponente, con torri monumentali
aggettanti dalle accentuate profondità (anche se poi una
ristrutturazione degli anni Sessanta per realizzare un albergo
ha in buona parte offuscato la Modernità del complesso); ma
già il progetto aveva avuto diverse trasformazioni a partire da
una prima proposta, non realizzata, dell’ingegner Leopoldo
Paganelli, un dipendente della Società Terni; sappiamo
che Giuseppe Preziosi venne contattato come «consulente
artistico e decoratore» per caratterizzare l’ambiente di
ingresso, con bassorilievi e ornamentazioni in cui le linee
con moto obliquo intersecavano quelle orizzontali e anche
i carattere tipografici della scritta «Marcia su Roma»
contribuivano a creare un effetto dinamico, come esempio
di «plastica murale futurista» che utilizzava materiali diversi.
La stagione futurista ternana, pur non troppo ricca, si
stagliava comunque nel panorama complessivo se non altro
proprio per la sua caratterizzazione architettonica (anche
se con risultati nei quali la ricerca morfologica risultava
certamente innovativa, sebbene non dirompente).
Non molto meglio, almeno in questa fase, andava ai
rappresentanti del Movimento Razionalista in Umbria, con
in prima linea, sempre a Terni, Mario Ridolfi, che aveva
vinto la competizione per la fontana di piazza Tacito con
la sua proposta, presentata insieme a Fagiolo, non priva di
influenze futuriste, anche se stemperate da echi metafisici.
Del resto la rivista razionalista per eccellenza «Casabella»
in Italia, registrava per l’Umbria il solo intervento
di Agnoldomenico Puca nello stadio di Narni; e,
probabilmente, non doveva sembrare un granché come
numero, se non per qualità.
A sinistra,
Terni, Papigno, Dopolavoro Aziendale, prospetto (G.
Preziosi, dopo il 1930)
A destra,
Terni, la Fontana monumentale in Piazza Tacito (Mario
Ridolfi e Mario Fagiolo
61
SOCIETà E COSTUME
“Costruire?
è cosa concreta
Impresa verticale
filo a piombo”
Intervista a Erri De Luca
Erri De Luca
Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950 in una famiglia della
media-borghesia.
Ha diciotto anni nel 1968 e si trova allora a Roma. E’ a partire da quest’epoca che abbraccia l’azione politica, respingendo la
carriera diplomatica alla quale era avviato. Negli anni ‘70, è dirigente attivo in seno al movimento d’estrema sinistra Lotta Continua diretto da Adriano Sofri. Sarà in seguito operaio qualificato
alla FIAT, magazziniere all’aeroporto di Catania, camionista,
poi muratore, e come tale lavorerà in diversi cantieri francesi,
africani o italiani. Benché non avesse smesso di scrivere dall’età
di vent’anni, il suo primo libro, “Non ora, non qui”, è pubblicato in Italia soltanto nel 1989. Ha praticamente quarant’anni al
momento di questa prima pubblicazione e continua a lavorare
nell’edilizia. Durante la guerra nella ex Jugoslavia, è conducente
di convogli umanitari a destinazione della popolazione bosniaca.
Ha imparato numerose lingue da autodidatta, tra cui lo yiddish
e l’ebraico per tradurre la Bibbia, alla quale dedica ogni giorno
un’ora di lettura, anche se si dichiara non credente.
Collabora a diversi giornali (La Repubblica, Il Manifesto, ecc.)
ed oltre ai suoi articoli d’opinione, scrive anche sulla montagna.
E’ ugualmente un alpinista emerito.
Erri De Luca ha ricevuto, in Francia, il premio France Culture nel 1994 per “Aceto, arcobaleno”, il Premio Laure Bataillon
nel 2002 per “Tre cavalli” (congiuntamente alla sua traduttrice
francese, Danièle Valin) ed il Femina Étranger, ugualmente nel
2002, per il romanzo “Montedidio”.
Vive oggi nella campagna romana.
62
De Luca, riferendosi alla sua casa ha dichiarato: “l’ho costruita
con le mie mani, toccando ogni mattone”. In questa opera ha
seguito un progetto e qual è per lei il significato del “costruire”?
“Costruire vuol dire per me cosa concreta. Non costruisco un
libro, un racconto: quello lo scrivo come una stesura a voce.
Sono stato per venti anni operaio, per lo più in edilizia e ho
nel corpo una definizione precisa del verbo costruire. La casa
dove abito, che per comodità chiamo mia, ma era una stalla e
dunque apparteneva prima di tutto alla magnifica specie dei bovini, è stata trasformata in abitazione da me e da altri due operai
nell’inverno e primavera del 1978. Non aveva acqua né corrente
elettrica. Ogni sua malta è stata impastata a mano adoperando
acqua piovana. Ho scritto da qualche parte che è fatta attingendo alla fontana delle nuvole”.
Nello scegliere questa casa ha considerato il “genius loci”? E
come lo ha avvertito?
“Non mi intendo di emanazioni, anche se mi dicono che la
pietra vulcanica di queste parti emette radon, un elemento radioattivo che si elimina aereando bene gli ambienti. So che
per ottenere l’acqua scavammo un pozzo nel punto indicato da due anziani rabdomanti, che camminarono sul campo
stringendo nelle mani un rametto scortecciato. Ci dissero la
profondità e la quantità di acqua che avremmo trovato. E così
fu. Ora nelle stanze ci sono i respiri di mio padre e mia madre
che qui sono morti. I vecchi devono morire nei loro letti e non
in quelli di un ospizio o di un ospedale. E sul campo ci sono
gli alberi che ho piantato. La loro ombra che si allarga con il
crescere dei tronchi è quanto di meglio ho potuto compiere
negli anni a me affidati”.
Lei è stato, tra l’altro, “muratore”, quali i suoi suggerimenti
per i tecnici progettisti e per quali risultati?
“Da muratore, da operaio consiglio ai competenti, architetti, ingegneri, geometri di ascoltare in ultimo il parere anche
sgrammaticato di chi sta eseguendo materialmente l’opera”.
Qual è il rapporto con la sua casa e quali i caratteri principali
dell’abitare?
“Mi sento un ospite in casa mia. Quando rientro da un viaggio,
da giorni passati lontano, apro la porta e pur sapendo che non
c’è nessuno chiedo: permesso?”.
Vive da molti anni in campagna, qual è il suo rapporto con la
natura, con il suo “tempo” e come questo si inserisce nella
sua scrittura?
“Sto attento alle fasi della luna per le potature necessarie, gli
alberi contengono la più grande esperienza di biologia vivente,
sono sul pianeta da così tanto tempo precedente a me.
Ho un camino in cucina con il quale mi scaldo, adopero la
cenere per concime, cerco di consumare poca acqua”.
Quale è la differenza fra costruire “edifici” e scrivere romanzi. Solo quella fra mattoni e pagine?
“Scrivere una storia somiglia per me a percorrere un sentiero
che poi un lettore seguirà se ne ha voglia. Un libro serve a tenere compagnia, costruire è opera completamente diversa da
quella orizzontale di percorrere linee sopra pagine. Costruire è
impresa verticale, filo a piombo”.
Erri De Luca, bibliografia
Narrativa e saggistica
“Non ora, non qui”, Feltrinelli, 1989 (nuova edizione, 2003);
“Variazioni sopra una nota sola – Lettere a Francesca”, Alfredo
Guida Editore, 1990; “Una nuvola come tappeto”, Feltrinelli, 1991; “Aceto, arcobaleno”, Feltrinelli, 1992 (nuova edizione, 2002); “I colpi dei sensi”, Fahrenheit 451, 1993; “In
alto a sinistra”, Feltrinelli, 1994; “Prove di risposte”, Nuova
cultura, 1994; “Pianoterra”, Quodilibet, 1995; “Ora prima”,
Qiqajon, 1997; “Alzaia”, Feltrinelli, 1997; “Tu, mio”, Feltrinelli, 1999; “L’urgenza della libertà”, Filema, 1999; “Tufo”,
Edizioni Libreria Dante & Descartes, 1999; “Cattività”, con
Marco Delogu. Nuovi Equilibri, 1999; “Tre cavalli”, Feltrinelli, 2000; “Un papavero rosso all’occhiello, senza coglierne
il fiore”, Interattiva, 2000; “Elogio del massimo timore. Il secondo salmo”, Filema, 2000; “Altre prove di risposta”, Dante
& Descartes, 2000; “Parteras, sapienza e arte”, con Danilo de
Marco, G. Paolo Giri, Interattiva, 2002; “Nocciolo d’oliva”,
EMP, 2002; “Bagnoli”, Motta Federico, 2002; “Lettere da una
città bruciata”, Dante & Descartes, 2002; “Montedidio”, Fel-
trinelli, 2002; “Immanifestazione, Roma 15 febbraio 2003”,
Dante & Descartes, 2003; “Il contrario di uno”, Feltrinelli,
2003; “Precipitazioni”, Dante & Descartes, 2004; “Lettere a
Francesca”, Dante & Descartes, 2004; “Mestieri all’aria aperta.
Pastori e pescatori nell’antico e nel nuovo testamento”, con
Gennaro Matino, Feltrinelli, 2004, “Sulla traccia di Nives”,
Mondadori, 2005; “Chisciottimista”, Dante & Descartes,
2005; “Napòlide”, Dante & Descartes, 2005; “In nome della
madre”, Feltrinelli, 2006; “Sottosopra. Alture dell’Antico e del
Nuovo Testamento”, con Gennaro Matino, Mondadori, 2007;
“Lettere fraterne”, Dante & Descartes, 2007; “L’isola è una
conchiglia”, La Conchiglia, 2008; “Almeno 5”, con Gennaro
Matino, Feltrinelli, 2008; “Senza sapere invece”, Nottetempo,
2008; “Il cielo in una stalla”, Infinito edizione, 2008; “Il giorno prima della felicità”, Feltrinelli, 2009; “Penultime notizie
circa Ieshu/Gesù”, Edizioni Messaggero, 2009; “Tentativi di
scoraggiamento (a darsi alla scrittura)”, Dante & Descartes,
2009; “Il peso della farfalla”, Feltrinelli, 2009.
63
Stima dei tempi
di realizzazione
delle opere pubbliche
“VISTO”
uno strumento
a supporto
di Enti Locali e tecnici
di Mario Vella
(Responsabile Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici
- Ministero dello Sviluppo Economico. Dipartimento per lo
Sviluppo e la Coesione Economica)
Il finanziamento degli investimenti pubblici, soprattutto
nella fase di crisi economica attraversata nell’ultimo biennio,
assume particolare importanza per il rilancio economico di
un Paese. Tuttavia, solo in limitati casi la disponibilità del
finanziamento è veramente la variabile critica per il successo
di un’iniziativa pubblica di riqualificazione di un territorio
o area urbana; in diversi casi la criticità è invece riscontrata
nella insufficiente capacità delle amministrazioni competenti
di portare effettivamente a compimento l’investimento, per
di più in tempi “normali” e credibili (non lontani da quelli
inizialmente dichiarati).
Per questo tipo di analisi e controlli in Italia esiste un
ufficio con apposite competenze di controllo sull’attuazione
degli investimenti finanziati con fondi pubblici. Si tratta
dell’Unità di verifica degli investimenti pubblici (UVER)
del Ministero dello Sviluppo Economico. Abbiamo chiesto al
suo Responsabile, il Dott. Mario Vella di illustrare le attività
condotte dal suo ufficio in merito al monitoraggio sui tempi
di realizzazione delle infrastrutture in Italia ed al collegato
nuovo strumento di supporto decisionale - denominato
VISTO - messo dall’UVER a disposizione di amministratori
e tecnici. Economista, specializzato in sviluppo territoriale
con un Master all’Università di Strathclyde (Glasgow), Mario
Vella dal 1995 lavora nel campo della programmazione,
monitoraggio e controllo degli investimenti pubblici.
64
L’Unita di Verifica degli Investimenti Pubblici: la struttura e
le competenze
L’UVER opera all’interno del Nucleo Tecnico di
Valutazione e Verifica degli investimenti pubblici del
Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica
del Ministero dello Sviluppo Economico.
L’Ufficio si compone di 30 esperti, denominati
“Componenti,” oltre a funzionari e personale
dell’Amministrazione.
La collocazione organica dell’Ufficio all’interno
del Ministero dello Sviluppo Economico è definita
dall’articolo 14, comma 3 del D.P.R. 28.11.2008, n. 197
che recita “Alle dirette dipendenze del Capo Dipartimento
per lo sviluppo e la coesione economica opera il Nucleo
tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici,
istituito con decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430
che se ne avvale per lo svolgimento dei compiti attribuiti al
Dipartimento, per l’eventuale supporto all’attività del CIPE
e per le funzioni delle altre strutture del Ministero”.
L’Unità svolge funzioni di controllo, monitoraggio ed
analisi degli investimenti pubblici e dei loro risultati, sia
in termini economici (avanzamento della spesa) che in
termini sociali (fornitura di servizi alla collettività).
I progetti di investimento su cui l’UVER concentra
la propria attività sono prevalentemente di natura
infrastrutturale, segnatamente opere pubbliche (trasporto,
idriche, ecc.).
L’attività dell’Unità è svolta con le modalità proprie di un
nucleo ispettivo, quindi anche tramite l’accesso diretto
del Componente presso gli uffici dell’Amministrazione
attuatrice e gli stessi cantieri.
La verifica sull’attuazione dei programmi e dei progetti di
investimento riguarda sia progetti realizzati unicamente
con risorse nazionali che progetti cofinanziati da risorse
nazionali e comunitarie. Per questa tipologia di interventi,
www.shutterstock.com/mammy
APPROFONDIMENTI
all’Unità è stato tra l’altro attribuito il ruolo di Autorità
di Audit, ai sensi del regolamento (CE) n. 1083/2006
(Fondi strutturali).
L’Unità è suddivisa in tre aree di attività: Area Verifica
dei progetti; Area Monitoraggio e Statistica ed infine Area
Valutazione di efficacia.
Unità di Verifica
degli
investimenti pubblici
Area Verifica
dei progetti
Area monitoraggio
e Statistica
Area Valutazione
di efficacia
Figura - 1 Le aree operative UVER
Area Verifica dei progetti
L’Area Verifica dei progetti svolge la propria attività
attraverso verifiche desk ed in loco su progetti selezionati
in base a specifici criteri.
Il processo di programmazione delle verifiche si articola
nelle seguenti fasi:
• selezione, anche su proposta degli enti finanziatori o
attuatori, degli interventi da esaminare;
• organizzazione e successiva esecuzione delle verifiche
in loco, finalizzate ad accertare l’avanzamento
procedurale del progetto e le eventuali criticità nella
realizzazione dello stesso;
• supporto agli enti attuatori, con l’eventuale
formulazione, da parte dell’UVER, di possibili
soluzioni che consentano il superamento della
criticità;
• diffusione dei risultati.
Area Monitoraggio e Statistica
Ha il compito di analizzare i dati contenuti all’interno del
sistema di monitoraggio del Dipartimento, provenienti da
tutte le Amministrazioni italiane titolari di un qualunque
progetto di investimento.
Le analisi svolte dal personale dell’Area Statistica mirano
a dare informazioni attendibili in merito all’effettiva
realizzazione degli interventi a livello di sistema Paese.
Lo studio dell’evoluzione dei principali parametri di
riferimento (per esempio: avanzamento della spesa in
conto capitale, tempi di realizzazione delle infrastrutture,
ecc) consente di elaborare modelli predittivi della spesa
pubblica (per esempio l’Indicatore Anticipatore, il
progetto “Visto”) utili per il decisore pubblico impegnato
nella programmazione e valutazione degli investimenti
futuri.
Area Valutazione di efficacia
L’Area Valutazione di efficacia degli investimenti pubblici,
infine, verifica e valuta il risultato conseguito, in termini
di servizio reso alla collettività, dal singolo progetto di
investimento.
L’infrastruttura oggetto di analisi viene posta sotto
osservazione esaminandone i parametri fisici di
realizzazione (per esempio km di strada od autostrada
costruita, quantità in metri cubi di reflui trattati da un
impianto di depurazione, lunghezza in km e portata
in metri cubi relativi ad una condotta, ecc) e le sue
conseguenze in termini di servizio introdotto oppure
migliorato per la collettività (per esempio riduzione dei
tempi di percorrenza di una tratta stradale, ampliamento
del numero di utenze servite da un depuratore, ecc).
I tempi di attuazione delle opere pubbliche
Le infrastrutture sottoposte al monitoraggio ed alla verifica
dei componenti dell’UVER sono spesso programmate
tramite gli Accordi di Programma Quadro (APQ) di cui
all’art. 2 comma 203 della Legge 662/1996. La stipula
degli APQ tra lo Stato e la singola Regione o Provincia
Autonoma avviene in seno al Dipartimento per lo sviluppo
e la coesione economica del MISE.
I dati del monitoraggio degli interventi finanziati tramite
APQ, sono inseriti in una particolare banca dati chiamata
“Applicativo Intese” residente presso lo stesso Dipartimento
e vengono aggiornati ogni sei mesi. Per ogni investimento
sono raccolti tra l’altro i dati relativi a costo e copertura
finanziaria dell’iniziativa, localizzazione, stazione
appaltante ed il crono programma delle progettazioni (e
relative approvazioni), delle aggiudicazioni, dei lavori,
collaudo ed entrata in funzione dell’opera.
Al fine di approfondire la delicata questione dei tempi
necessari in Italia per completare gli investimenti
pubblici, l’UVER ha deciso di mettere a frutto la ricchezza
informativa dell’Applicativo Intese e nel corso dell’anno
2009 ha elaborato i dati di monitoraggio al 31/12/2008
degli oltre 21.000 interventi presenti in questa banca dati.
Le analisi sono state effettuate con riferimento agli interventi
appartenenti alla sola categoria “opere pubbliche”, con
esclusione quindi degli appalti di forniture e servizi e degli
aiuti, per un totale di circa 16.000 casi considerati e per
un valore complessivo di circa 65 miliardi di euro.
In dettaglio, per ogni intervento, la banca dati rende
disponibili le date di inizio e di fine relative alla singola
fase (studio di fattibilità, progettazione preliminare, ecc)
distinguendole a seconda che si tratti di una previsione
(data prevista) o un dato reale, indicativo della reale
conclusione della singola fase (data effettiva).
Nella figura 2 è rappresentata la sequenza logica e
temporale delle principali fasi di un appalto di opera
pubblica; le fasi sono separate da spazi evidenziati con una
65
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
linea tratteggiata che rappresentano i cosiddetti tempi di
attraversamento, riconducibili ad un insieme di attività
prevalentemente amministrative che sono propedeutiche
all’inizio della fase successiva.
P. prel.
P. def.
P. esec.
Aff. lavori
Realizzazione lavori
Figura 2, Le fasi di un appalto pubblico
Per esempio, i tempi di attraversamento tra la progettazione
preliminare e quella definitiva, comprendono le attività di
esame della progettazione da parte dei tecnici della stazione
appaltante, approvazione della stessa e predisposizione
dell’incarico ad un tecnico per il livello progettuale
successivo.
Per elaborare i dati ed essere fedeli alla realtà osservata, si
è scelto di definire la durata di una fase come l’intervallo
di tempo intercorrente tra la sua data di inizio e la data di
inizio della fase successiva.
La scelta adottata, di considerare all’interno della durata
delle fasi i relativi tempi di attraversamento, deriva dal
fatto che essi, pur non essendo assimilabili alle fasi in
senso stretto, contribuiscono, come vedremo anche in
maniera rilevante, alla definizione del tempo complessivo
di attuazione delle opere.
Uno specifico controllo sulla qualità del dato è stato
effettuato a valle della selezione degli interventi,
verificando l’assenza di eventuali dati anomali sulle code
ovvero durate eccessivamente brevi od eccessivamente
lunghe.
I tempi di attuazione per aree territoriali
I risultati delle elaborazioni - concernenti le analisi su
interventi conclusi e le stime su interventi ancora in
corso - hanno permesso di porre a confronto i tempi di
realizzazione delle opere pubbliche distinguendo tre aree
territoriali, ovvero Nord, Centro e Sud.
2,2
0,4
1,4
2,4
0,4
1,8
2,3
0,5
1,7
Figura - 3 I tempi di realizzazione distinti per aree territoriali
Le analisi territoriali riportano le differenze rilevate nelle tre
aree, illustrate nella figura 3, peraltro di lieve entità e non
significative dal punto di vista statistico.
Tuttavia, vale la pena sottolineare come il Nord mostri
tempi più brevi, rispetto alle altre aree, in ciascuna delle
macrofasi considerate (progettazione, affidamento, lavori).
66
Il Mezzogiorno evidenzia tempi più lunghi in fase di
aggiudicazione dei lavori; viceversa il Centro Italia fa
osservare tempi di progettazione e di realizzazione dei lavori
di poco superiori alle altre aree e tempi di aggiudicazione in
linea con quelli delle regioni settentrionali.
I tempi di attuazione per classi di costo
I tempi di attuazione delle opere infrastrutturali crescono
progressivamente al crescere del valore economico dei
progetti e la crescita riguarda indifferentemente le tre fasi
procedurali considerate.
Nella figura 4 vengono riportati i risultati delle analisi
condotte dall’UVER distinguendo gli interventi sulla base
della dimensione economica in classi di importo.
In particolare, la fase di progettazione presenta durate medie
variabili tra 1,7 e 4,4 anni, mentre la fase di aggiudicazione
lavori oscilla tra 0,3 e 0,9 anni, infine i tempi medi di
realizzazione lavori variano tra 0,7 anni ed oltre 5 anni.
In Italia per la realizzazione di un’opera pubblica di importo
maggiore di 100 milioni di euro sono necessari più di dieci
anni.
I tempi di attuazione per settore
Un’ulteriore dimensione di analisi sviluppata è relativa alla
tipologia settoriale degli investimenti.
E’ importante premettere che nella scelta dei settori da
evidenziare si è tenuto conto della loro dimensione in
termini di numerosità dei relativi interventi, ciò ha reso
necessario l’accorpamento di tutti i settori scarsamente
rappresentati in una voce residuale denominata “Varie”.
Osservando la figura 5 si nota che il settore caratterizzato
dalle durate più lunghe è quello degli “Altri trasporti”,
che comprende interventi infrastrutturali nei trasporti
ferroviari, marittimi, aerei, lacuali e fluviali, compresi porti,
aeroporti, stazioni e interporti.
Viceversa il settore Ambiente, che comprende opere per
l’assetto idrogeologico, la conservazione del suolo, il
recupero e la protezione di siti naturali e/o degradati, il
monitoraggio ambientale, ecc. si caratterizza per le durate
più brevi.
In maniera sintetica, la figura 6 prende in considerazione
congiuntamente le analisi a livello settoriale e territoriale;
appaiono allora alcune specificità territoriali, ad esempio i
tempi particolarmente lunghi nei settori “Altri trasporti” e
“Ciclo integrato dell’acqua” nelle regioni centrali, il settore
Ambiente nelle regioni meridionali, il settore Industria e
servizi nelle regioni settentrionali e centrali.
Per il settore Viabilità, le maggiori durate riguardano le
regioni centrali e meridionali.
VISTO: Visualizzazione Interattiva della Stima dei Tempi
delle Opere pubbliche
La possibilità di attingere alla vasta mole di informazioni
Figura - 4 Tempi di attuazione degli interventi infrastrutturali per classi di costo e fasi di realizzazione - Italia
4,4
0,9
4,4
0,9
4,0
2,6
2,3
0,5
2,0
1,7
1,3
0,4
0,3
1,0
0,7
5,8 anni
1,9
1,7
0,4
6,4 anni
2,3
0,5
7,3 anni
2,7
0,6
8,2 anni
3,0
0,7
2,9
9,2 anni
3,4
0,8
3,1
10,4 anni
3,9
0,8
3,5
1,8
5,1
5,1 anni
4,4 anni
3,7 anni
3,2 anni
2,7 anni
Figura - 5 Tempi di attuazione degli interventi infrastrutturali per settore e fase
2,8
1,9
0,6
0,4
1,3
2,4
2,1
0,5
1,6
0,4
2,5
1,7
0,5
2,6
2,5
2,4
2,2
1,7
0,6
0,5
0,5
1,9
1,6
1,5
Figura - 6 Tempi di attuazione degli interventi infrastrutturali per settore e area geografica
Settore
67
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
residenti nella banca dati APQ ha permesso di costruire
uno strumento che, sulla base di appositi modelli statistici,
potesse fare delle stime sui tempi di realizzazione delle opere
pubbliche.
Questo strumento, la cui elaborazione è stata avviata nel
2008, si chiama VISTO (acronimo di Visualizzazione
Interattiva della Stima dei Tempi delle Opere pubbliche),
disponibile presso il sito del Dipartimento per lo sviluppo e
la coesione economica all’indirizzo www.dps.it/uver.
VISTO è uno strumento decisionale utile per rispondere
ad alcune domande: quanto tempo è necessario in Italia
per realizzare un’opera pubblica in uno specifico settore?
Quanti mesi si impiegano per progettare od affidare i lavori
o per completare i cantieri?
Come variano questi tempi in funzione del territorio in cui
l’opera viene realizzata?
In dettaglio, la stima dei tempi viene costruita a partire
dalle durate effettivamente osservate per decine di migliaia
di fasi, relative a progettazione preliminare, definitiva,
esecutiva, affidamento, realizzazione lavori.
La durata di ciascuna fase dipende fortemente dalla natura
dell’intervento, dal soggetto attuatore e dal contesto socioeconomico dove viene realizzato.
L’applicazione sviluppata dall’UVER (figura 7) affronta
anche questo aspetto, consentendo all’utente di conoscere
le stime dei tempi necessari per completare l’opera per
68
ogni combinazione -selezionata dallo stesso utente- delle
principali variabili descrittive dell’intervento: importo,
settore, tipologia, categoria dell’ente attuatore, procedura
di affidamento lavori e provincia di localizzazione.
Un esempio di applicazione di questo strumento è fornito
dalle analisi relative al monitoraggio degli interventi del
Programma Infrastrutture Strategiche (PIS) (delibera CIPE
21/2004) finanziati con il Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS).
La tabella 1 riporta lo stato di avanzamento degli interventi
alla data del 31/7/2010 dei singoli progetti, compresa la
percentuale di tempo contrattuale trascorsa alla data di
riferimento (Colonna H) e la percentuale della spesa
prodotta (Colonna G).
I risultati dell’applicazione dello strumento VISTO ai
principali appalti (esclusi i servizi e le forniture) afferenti alla
manovra di accelerazione PIS sono riportati nelle colonne
A-D. In dettaglio, la colonna A rappresenta il percentile
relativo alla durata (calcolato da VISTO) dichiarata dal
RUP, mentre la colonna C è la durata riscontrata sul 50
percentile, in altre parole la durata posta centralmente nella
distribuzione riscontrata su interventi simili in Italia.
Il concetto di “percentile” deriva dalla statistica e rappresenta
una generalizzazione del concetto di “mediana”.
Se prendiamo una serie di dati, per esempio le durate
effettivamente osservate di una certa tipologia di appalti e
le ordiniamo in senso crescente, la mediana è proprio quel
Tabella - 1 Valutazioni sulla durata degli interventi con l’applicazione di VISTO
N
Titolo intervento
Percentile
Durata
osservata
Durata
attesa VISTO
(mediana)
Differenza
rispetto alla
mediana
(%)
Data
inizio
lavori
Data
fine lavori
(dichiarata
dal RUP)
Costo
realizzato
(%)
Tempo
contrattuale
trascorso
al 30/7/2010
(%)
A
B
C
D
E
F
G
H
77,7
1
S.S. n. 106 JONICA - Megalotto 2
50
2419
2385,0
1,4
06/06/2005
20/01/2012
58,1
2
S.S. n. 106 JONICA - Megalotto
5 - lotto 2
40
1430
1725,6
-19,4
30/08/2006
30/09/2010
22,0
3
Salerno - Reggio Calabria Macrolotto 6 dal km 423+300 al
km 442,900
60
2664
2327,5
14,5
21/04/2005
06/08/2012
5,3
72,3
4
Salerno - Reggio Calabria dal km
47+800 al km 53+800
45
1629
1840,8
-11,5
13/02/2007
31/07/2011
61,4
77,5
5
Salerno - Reggio Calabria dal km
222+000 al km 225+800
60
2140
1788,9
19,6
19/09/2006
29/07/2012
16,3
65,9
6
Salerno - Reggio Calabria Macrolotto 2 dal km 108+000 al
km 139+000
15
1576
3276,5
-51,9
15/02/2008
09/06/2012
45,5
56,9
7
Agrigento - Caltanissetta dal km
9+800 al km 44+400
35
1260
1648,8
-23,6
25/02/2009
08/08/2012
5,2
41,3
9
Acquedotto Molisano Destro
30
1139
1723,6
-33,9
08/10/2007
20/11/2010
87,0
90,1
10
Acquedotto Molisano Centrale
35
1514
1929,5
-21,5
08/10/2007
30/11/2011
22,2
67,8
11
Completamento dello schema
idrico sulla diga del torrente
Menta: condotte di distribuzione
(3°lotto)
25
1115
1842,1
-39,5
12/12/2007
31/12/2010
90,6
86,2
12
Completamento dello schema
idrico sulla diga del torrente
Menta: centrale idroelettrica e
relativa condotta forzata (2°lotto)
20
963
1731,6
-44,4
12/12/2007
01/08/2010
95,3
99,8
69
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
elevata probabilità dovranno essere riviste, al rialzo, dal
momento che a fronte di un 41%-67% di tempo trascorso
il valore economico delle attività realizzate oscilla tra il
5% ed il 45%. Le date di conclusione lavori slitteranno in
avanti, i tempi si allungheranno; in questi casi le iniziali
stime che sembravano presagire performance di indubbio
rilievo riporteranno questi interventi ad un’altra realtà, ad
un’altra posizione nel contesto nazionale.
Questi risultati – purtroppo negativi – possono essere
collegati a diversi fattori; tra questi spesso è presente
la carenza delle previsioni contrattuali, che per diverse
ragioni tendono a sottostimare i tempi di realizzazione.
Attraverso VISTO è possibile affrontare questo fenomeno e
contribuire a ridurre sensibilmente gli spazi per deboli (poco
attendibili) stime dei tempi di conclusione di un’opera
pubblica, consentendo ai RUP ed agli amministrazioni
pubblici (ministeriali, regionali, comunali) di confrontare
le proprie previsioni con quelle provenienti da concrete
esperienze riscontrate su analoghi interventi in Italia.
In questo modo sarà possibile ridurre i casi di promesse
poco credibili a cittadini ed imprenditori sui tempi di
consegna delle opere, promesse che poi svaniscono in fretta
e che quindi costringono gli operatori a rivedere i propri
progetti e piani di sviluppo. Si auspica quindi che VISTO
fornisca un contributo alla crescita dell’affidabilità nella
programmazione delle opere pubbliche, ed in tal modo
all’accelerazione del loro completamento, un fattore di
grande rilievo per lo sviluppo del nostro paese.
www.shutterstock.com/ETIENjones
dato (nel nostro caso una durata temporale) che delimita il
primo 50% dei dati da quelli che seguono. Il percentile di
ordine p è invece quel dato che delimita il p% dei dati da
quelli che seguono.
In diversi casi i valori dei percentili relativi ai progetti della
manovra di accelerazione (colonna A) sono al di sotto
del 50%, e questo vuole dire che per questi interventi i
RUP dichiarano una durata dei lavori (ovvero i contratti
stipulati tra stazione appaltante ed impresa) che appare
minore, quindi più efficiente, rispetto a quella mediamente
riscontrata per opere con analoghe caratteristiche. In altre
parole, attraverso VISTO è possibile collocare la stima
della durata di un certo intervento all’interno del contesto
nazionale, ad esempio ad un valore percentile del 15%,
e quindi inquadrare la previsione temporale del RUP in
termini di durata dell’appalto nell’ambito della realtà
italiana, in questo caso compresa nell’intervallo delle prime
15 migliori prestazioni, quindi di una “performance”
temporale abbastanza brillante.
Ma queste previsioni di efficiente gestione dell’intervento
paiono talvolta scontrarsi con la realtà. Osserviamo infatti
quanto rilevato negli interventi relativi al macrolotto 2
della Salerno-Reggio Calabria (n. 6) o alla AgrigentoCaltanissetta (n. 7) o all’Acquedotto Molisano Centrale
(n. 10). I tempi indicati in sede di contratto posizionano
questi interventi – utilizzando VISTO – tra il 15° ed
il 35° posto nell’ipotetica classifica nazionale. I dati di
monitoraggio ci mostrano però che queste durate con
70
FORMAZIONE
di Mauro Cappello
Si conclude con questo sesto articolo la pubblicazione del corso
curato dall’Ingegnere Mauro Cappello, sul tema degli Impianti
termici nell’edilizia. Corso che si è posto l’obiettivo di fornire
gli elementi utili ai tecnici che lavorano nel settore dell’edilizia
(in particolar modo nella Direzione Lavori).
Mauro Cappello, attualmente ispettore presso l’Unità di
Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello
Sviluppo economico, è stato consulente del Ministro dei Lavori
Pubblici e del Vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e ha
organizzato la 1ª Conferenza Nazionale sui Lavori Pubblici.
È autore di diverse pubblicazioni specialistiche.
Criteri generali per il dimensionamento dei radiatori
Prima di procedere al dimensionamento dei radiatori da
installare in un ambiente caratterizzato da un determinato
fabbisogno di energia, è necessario introdurre ed illustrare
i principali parametri che caratterizzano questo corpo
scaldante, in particolare:
• potenza termica nominale;
• temperatura di progetto del fluido termovettore;
• potenza termica effettiva;
• fattore correttivo per la diversa temperatura dei
fluidi;
• fattore correttivo per effetto dell’altitudine;
• fattore correttivo per protezione del radiatore;
• fattore correttivo relativo alla tipologia di attacchi;
• fattore correttivo relativo alla tipologia di vernice.
Potenza termica nominale
Potenza termica nominale
Il parametro “potenza termica nominale” definisce il
valore della potenza termica scambiata da un radiatore
con l’ambiente nelle condizioni standard o di prova. Le
72
condizioni di prova sono definite dalla norma UNI 6514 e
sono principalmente:
• temperatura dei fluidi:
- te = 85 °C (temperatura di entrata del fluido
termovettore);
- tu = 75 °C (temperatura di uscita del fluido
termovettore);
- ta = 20 °C (temperatura dell’aria nell’ambiente di
installazione);
• caratteristiche di installazione del corpo scaldante:
- distanza dalla parete = 5 cm;
- distanza dal pavimento = 12 cm;
• tipologia collocazione degli attacchi delle tubazioni:
entrata in alto – uscita in basso dallo stesso lato;
• pressione atmosferica di prova: pressione al livello
del mare 1 atm =101,3 kPa
L’espressione per il calcolo della potenza termica nominale
è data dalla formula:
Qn= c x (Dtn)n
www.shutterstock.com/Mark William Richardson
Impianti termo tecnici
Teoria e pratica
del dimensionamento
dei corpi scaldanti
(1)
dove:
c rappresenta una costante tipica di ciascun radiatore;
Δtn rappresenta la differenza di temperatura media tra la
superficie del radiatore e l’ambiente
n è un coefficiente che dipende dallo scambio termico del
corpo scaldante.
Tabella 1 - Specifiche tecniche radiatori (Global)
Dimensioni in mm
A
B
altezza lunghezza
C
D
n°
n°
ø
elementi
vuoti
attacchi
Potenza termica EN 442
Peso Contenuto
Esponente
a vuoto
acqua
DT 50°C
DT 60°C
n.
Kg circa
in litri
Watt Kcal/h Watt Kcal/h
profondità
interasse
730
492
42
450
7
2
1”
9,00
1,30
377
325
472
407
1,22850
970
492
42
450
10
2
1”
12,80
1,60
488
421
611
526
1,22922
1210
492
42
450
12
3
1”
15,40
2,00
597
515
747
644
1,22995
1540
492
42
450
15
4
1”
19,50
2,40
743
640
930
802
1,23095
730
592
42
550
7
2
1”
9,20
1,50
417
359
523
450
1,23930
970
592
42
550
10
2
1”
12,80
2,00
561
482
704
606
1,25160
1210
592
42
550
12
3
1”
15,70
2,40
682
586
856
736
1,25030
1540
592
42
550
15
4
1”
19,60
3,10
871
749
1093
940
1,24525
Normalmente il valore della potenza termica nominale
del radiatore è fornito dal produttore insieme ai dati
dimensionali del corpo scaldante (tabella 1).
Il dato presente nel catalogo, solitamente espresso in Watt
e Kcal/h, costituisce il punto di partenza del calcolo dei
radiatori (fermo restando che sia precedentemente stata
determinata la potenza termica necessaria ai singoli locali
da riscaldare).
Temperatura di progetto del fluido termovettore
Generalmente il valore di questo parametro viene
impostato in un intervallo compreso tra 65°C e
75°C e questo perché l’esperienza insegna che valori
più elevati indurrebbero moti convettivi del fluido
termovettore molto forti, i quali determinerebbero
squilibri di temperatura tra zone prospicienti il soffitto
(che verrebbero a trovarsi a temperature elevate) e
zone prospicienti il pavimento, che al contrario delle
precedenti sarebbero caratterizzate da temperature
sensibilmente più basse.
Potenza termica effettiva
Il parametro “potenza termica effettiva” definisce il
valore della potenza termica che viene effettivamente
scambiata dal radiatore con l’ambiente, nelle previste
condizioni di posa.
Si tratta di una frazione della potenza termica
“nominale”, viene calcolata applicando al valore di
quest’ultima una serie di coefficienti riduttivi, che
tengono conto dell’altitudine, della temperatura
dell’acqua, della tipologia di attacchi, della verniciatura
e della eventuale protezione.
Nella pratica quindi sarà necessario provvedere in via
preliminare alla determinazione del valore numerico
dei cinque coefficienti citati, quindi moltiplicarli per il
valore della potenza termica nominale, ovvero:
Qeffettiva= Qnom x (FT x Falt x Fprot x Fattacchi x Fvernice)
(2)
excel e procedere al calcolo del fattore FT per i vari valori
di temperatura.
La tabella a pagina 74 raccoglie tutti i valori per
l’intervallo di temperature ta da 10 a 25 °C e tm da 40 a
100°C il relativo file è scaricabile dal sito www.filotecna.
it nella sezione download.
Come si vede dalla tabella, alle condizioni standard
corrisponde proprio il valore 1, ovvero non si applica
alcuna riduzione.
Determinazione del fattore correttivo Falt
L’altitudine relativa alla località dell’edificio incide sulla resa
termica del radiatore, in particolare l’espressione che viene
sovente utilizzata è:
Pmare
(4)
Falt=
1,3Pmare _ 0,3P
dove:
Pmare: pressione atmosferica al livello del mare (kPa);
P: pressione atmosferica della località di installazione
(kPa)
Come noto il valore della pressione atmosferica al livello
del mare è di 101,3 kPa mentre per quanto riguarda la
pressione atmosferica relativa ad una data altitudine
H, con una certa approssimazione si potrà utilizzare la
formula:
P = 101,3 _ 0,0113 x H (5)
Determinazione del fattore correttivo Fprot
La trasmissione del calore dal radiatore all’ambiente viene
fortemente influenzata dalla tipologia di installazione che
viene adottata.
In particolare si usano generalmente quattro tipologie,
ovvero quattro casi notevoli:
• installazione con mensola Fprot = 0,95 – 0,97
• installazione con nicchia Fprot = 0,92 – 0,94
• installazione con lamiera perforata Fprot = 0,80 –
0,85
• installazione con carter aperto Fprot = 0,95 – 1,00
Determinazione del fattore FT
Il fattore FT, tiene conto delle variazioni di temperatura
relative rispettivamente al fluido scaldante e all’ambiente,
rispetto alle stesse temperature che vengono considerate
nelle condizioni standard. La formula per la determinazione
di questo fattore:
FT =
(
Tm _ Ta
80 _ 20
)
1,3
(3)
La differenza al denominatore della formula esprime
proprio la differenza di temperatura nelle condizioni
standard.
E’ quindi possibile impostare una tabella in formato
73
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Tabella 2
Temperatura dell’aria
Tm
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
100
74
10
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
1,60
1,62
1,65
1,67
1,69
11
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
1,60
1,62
1,65
1,67
12
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
1,60
1,62
1,65
13
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
1,60
1,62
14
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
1,60
15
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
1,57
16
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
1,55
17
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
1,52
18
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
1,50
19
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
1,48
20
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
1,45
21
0,22
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
1,43
22
0,21
0,22
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
1,41
23
0,19
0,21
0,22
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
1,38
24
0,18
0,19
0,21
0,22
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
1,36
25
0,16
0,18
0,19
0,21
0,22
0,24
0,26
0,27
0,29
0,30
0,32
0,34
0,35
0,37
0,39
0,41
0,42
0,44
0,46
0,48
0,50
0,51
0,53
0,55
0,57
0,59
0,61
0,63
0,65
0,67
0,69
0,71
0,73
0,75
0,77
0,79
0,81
0,83
0,85
0,87
0,89
0,91
0,94
0,96
0,98
1,00
1,02
1,04
1,07
1,09
1,11
1,13
1,15
1,18
1,20
1,22
1,24
1,27
1,29
1,31
1,34
Determinazione del fattore correttivo Fattacchi
Il fattore correttivo Fattacchi deve essere portato in conto,
come per tutti i coefficienti correttivi citati, nel caso in
cui le condizioni degli attacchi (intesi come ingresso ed
uscita) del radiatore siano differenti da quelle standard,
per esempio quando l’entrata e l’uscita sono entrambe in
basso.
H
scaldate e caratterizzate da una temperatura media di 10 °C.
In prima approssimazione si trascuri l’effetto degli apporti
gratuiti e si tracci lo schema di principio di un impianto a
collettori e corpi radianti, quindi si determini la taglia ed
il numero degli elementi necessari a riscaldare l’ambiente.
intonaco interno 2 cm l= 0,9 [W/m°K] Uinfissi = 1,7 [W/ m²K]
muratura 8 cm R=0,2 [m² K/W] Uporta = 2,0 [W/ m²K]
sughero 5 cm l= 0,048 [W/m°K]
muratura 10 cm R=0,3 [m² K/W]
intonaco esterno 2 cm l= 0,9 [W/m°K]
hi= 8 [W/m2K] he = 23 [W/m² K]
Per prima cosa si deve calcolare la trasmittanza termica
della parete esterna, la cui espressione è data dalla formula
seguente:
1
W
(6)
Uparete =
2
s1
1
1
s2
sn
K
m
+
+
+ ... +
+
he
hi
l1
l2
ln
[ ]
I valori del fattore correttivo variano in funzione
dell’altezza del radiatore, in particolare:
H < 1,2 m Fattacchi = 1
1,2 ≤ H ≤ 1,8 Fattacchi = 0,95 – 0,98
H > 1,8 Fattacchi = 0,9
Determinazione del fattore correttivo Fvernice
L’ultimo fattore correttivo serve a portare in conto l’effetto
riduttivo che la vernice esercita sulla resa termica del
radiatore, in genere si considerano i seguenti valori:
Fvernice = 1,00 per vernici ad olio
Fvernice = 0,85 ÷ 0,90 per vernici a base di alluminio o di
bronzo
Esempio di un dimensionamento locale
servito da corpi scaldanti radiatori
Come esempio di applicazione si consideri un locale, le
cui dimensioni esterne sono: 10 metri per 5 metri, dotato
di due finestre aventi dimensioni 2 metri per 1 metro
ed una porta di dimensioni 2,2 metri per 1 metro. Le
caratteristiche stratigrafiche dei muri e le trasmittanze delle
superfici opache sono riportate di seguito. Il locale si trova
collocato al terzo piano di un edificio, i piani inferiore e
superiore sono scaldati, mentre due delle quattro pareti del
locale oggetto di studio sono a contatto con locali zone non
Impostando un veloce foglio elettronico in excel, si
inseriscono i valori dati dall’esempio e si ottiene un
valore per la trasmittanza termica pari a U=0,45 [W/m²K].
MATERIALE
SPESSORE
LAMBDA
s/l
s [m]
l [W/m K]
[m2K/W]
2
intonaco interno
0,020
muratura
0,080
lana di roccia
0,060
muratura
0,100
intonaco esterno
0,020
0,900
0,022
0,200
0,039
1,538
0,270
0,900
0,022
hi =
8,000
1/hi =
0,125
he =
23,000
1/he =
0,043
U=
0,450
Il valore ottenuto è molto basso ed è caratteristico di un
buon livello di isolamento della struttura.
Il passo successivo sarà quello di calcolare le dispersioni
termiche per trasmissione attraverso le superfici opache
disperdenti che sono: muro di separazione tra interno ed
esterno, muro di separazione tra vano interno scaldato e
vani interni non scaldati, infissi e porte.
I solai non vanno considerati tra le superfici disperdenti
in quanto gli ambienti superiore ed inferiore sono
riscaldati alla medesima temperatura del vano in oggetto.
Si passa adesso alla stima del coefficiente di dispersione
termica H secondo la formula:
Ht = SUA _ Slc
+ Sx
(7)
Il primo termine rappresenta il prodotto della trasmittanza
del singolo elemento edilizio per la propria superficie
espressa in metri quadrati, il secondo termine descrive
l’influenza dei ponti termici lineari mentre il terzo termine
75
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
si riferisce alla presenza di ponti termici puntuali.
Nell’esempio in studio si ipotizza l’assenza dei ponti termici
puntuali mentre relativamente ai ponti termici lineari, per
semplicità, si considerano solamente la tipologia W4 cui
compete un valore di trasmittanza termica lineare ce=0,05
[W/mK] e la tipologia C6 cui compete un valore di
trasmittanza termica lineare ce=0,10 [W/mK].
Il primo termine della formula (7) ammonta a 52,976 [W/K].
ELEMENTO
U
A
UA
EDILIZIO
[W/m2K]
[m2]
[W/K]
parete
0,450
92,800
41,776
infisso 1
1,700
2,000
3,400
infisso 2
1,700
2,000
3,400
porta
2,000
2,200
4,400
52,976
Per quanto riguarda il secondo termine, ovvero i ponti termici
lineari, si ottiene il valore di 2,240 [W/K], per un valore
complessivo di Ht = 52,976 + 2,240 = 55,216 [W/K].
Si passa adesso a determinare il valore del coefficiente di
dispersione per ventilazione, che serve a portare in conto le
dispersioni dovute alla ventilazione del locale, per il quale si
impone un valore di n=0,3 ricambi d’aria orari.
Si ricava Hv = 11,39 [W/K], da cui il valore del coefficiente totale
di dispersione termica H = 55,216 + 11,39 = 66,606 [W/K].
Considerando la stagione invernale, il valore della potenza
termica massima, necessaria a mantenere la temperatura a
20 °C corrisponde al mese in cui si registra la temperatura
esterna più bassa, quindi se al mese di gennaio corrisponde
la Tgennaio = 280,25 K (pari al valore di 7,1 °C che è il più
basso della stagione), la potenza termica massima che
l’impianto dovrà garantire ammonta a:
P = H*ΔT = 66,606 [W/K] * 12,9 [K] = 859,221 [W].
Noto il valore della potenza termica da fornire al locale,
si passa al dimensionamento dei radiatori da installare,
facendo riferimento alla figura 1, si seleziona il primo corpo
scaldante della tabella cui compete una altezza di 730 mm
76
ed una potenza 472 [W]:
tenendo presenti le seguenti condizioni di installazione e
altezza:
- temperature coincidenti con le condizioni standard per
acqua ed aria;
- altitudine località edificio 1.200 m sul livello del mare;
- installazione con mensola;
- radiatore verniciato ad olio;
- attacchi standard.
I coefficienti riduttivi della (2) da prendere in considerazione
sono:
- Altitudine pari a 1.200 m da cui:
Falt=
Pmare
dove P = 101,3 _ 0,0113 x H
_
1,3P
0,3P
mare
quindi la pressione relativa all’altitudine di 1.200 metri è
pari a P = 101,3 – (0,0113*1200) = 87,74 [kPa] mentre il
valore del fattore Falt = 0,961.
- Installazione con mensola cui compete un valore di Fprot
= 0,95
Il valore totale del fattore riduttivo è pari a F = Falt * Fprot
= 0,961*0,95 = 0,913, ciò significa che il corpo scaldante
trasmette il 91,3% della potenza nominale, ovvero Peffettiva
= (Pnominale * F) = 472 * 0,913 = 431 [W].
Il numero dei radiatori (della tipologia scelta) da installare
è quindi pari a:
N = P/Peffettiva radiatore ovvero N = 859/431 = 2
Nel calcolo svolto sono state effettuate una serie di
semplificazioni: trascurare gli apporti gratuiti, considerare
solamente alcuni ponti termici, ecc. Tuttavia esso mette in
evidenza che per la determinazione della taglia e del numero
dei corpi scaldanti è fondamentale il calcolo delle dispersioni.
Non è quindi possibile determinare la struttura dell’impianto
ed il numero dei suoi radiatori tramite l’equivalenza tra il
valore del volume scaldato ed un numero di potenza termica
volumetrico.
www.shutterstock.com/Péter Gudella
ANNO II
CARTOGRAFIA
Gli stimoli
e le eredità
del Grand siècle
nella cartografia
italiana
di Andrea Cantile
Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (I principi matematici
della filosofia naturale): opera in tre volumi di Isaac Newton,
pubblicata il 5 luglio 1687, unanimamente considerata una delle più
importanti opere del pensiero scientifico. In essa Newton enunciò le
leggi della dinamica e la legge di gravitazione universale.
Andrea Cantile è Professore a contratto di Cartografia presso
l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna (Corso di laurea
magistrale in “Geografia e processi territoriali”) e di Cartografia
storica, presso l’Università degli Studi di Firenze (Corso di laurea
magistrale in “Architettura del paesaggio”).
È inoltre Direttore cartografico dell’I.G.M., Membro del Comitato
scientifico dell’Osservatorio Ximeniano – Firenze e collabora al
History of Cartography Project, della Chicago University Press.
È autore di numerose pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero
e svolge attività di ricerca nel campo della storia del rilevamento e
della rappresentazione cartografica del territorio.
La rivoluzione scientifica che caratterizzò il corso del XVII
secolo aprì una fase di profondo rinnovamento anche
nell’ambito degli studi afferenti alla conoscenza ed alla
rappresentazione della Terra. Da questa derivò tra l’altro
la definitiva affermazione di una nuova categoria di carta,
definita geometrica perché con essa si realizzava per la prima
volta una corrispondenza metrica con lo spazio geografico, che
già nel secolo precedente aveva fatto le prime comparse alla
scala urbana.
Ai meriti dal Grand siècle va ascritto in generale l’incrinatura
del tentativo della Philosophia naturalis di spiegare le realtà e
le dinamiche del mondo fisico solo attraverso procedimenti
logici, ponendo alla base di ogni ragionamento l’esistenza di
leggi naturali riscontrabili nei fenomeni stessi e senza ricorrere
necessariamente al volere divino come ultima ratio. Nel corso del
secolo si comprese che per intendere le leggi della Filosofia della
natura, scritte in quel «grandissimo libro che continuamente ci
sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo)», era necessario
acquisirne il linguaggio (matematico) ed apprenderne
preliminarmente i caratteri (geometrici), senza i quali sarebbe
stato «un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto» (G.
Galilei, Il Saggiatore, 1623, VI, p. 232). La lenta rivoluzione
nello studio della forma e delle dimensioni della Terra e della
sua rappresentazione cartografica raggiunse poi l’acme con
la pubblicazione dei Principi matematici di Filosofia Naturale
(Philosophiae naturalis principia mathematica, Londini, 1687),
di Isaac Newton (1642 - 1727), dove il professore lucasiano
illustrò tra l’altro lo schiacciamento polare dell’ellissoide di
rotazione terrestre, solido che meglio approssimava la figura
della Terra.
Astronomi e matematici, qualificati al tempo come “geografi”
e/o “geometri” e mossi da interessi scientifici legati alla
definizione della forma e delle dimensioni del pianeta, si
cimentarono in memorabili imprese di rilevamento terrestre
e di calcolo; formularono ipotesi cosmologiche sull’ancora
non definitiva questione della “figura della Terra”; elaborarono
algoritmi per la creazione di modelli spaziali; escogitarono
nuove procedure di misura; stimolarono la creazione di nuovi
strumenti ed il perfezionamento di quelli esistenti.
77
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
Ai lontani calcoli ed alle ipotesi classiche sulla forma del
pianeta e sulle sue dimensioni, nuove avvincenti esperienze
si aggiunsero in varie parti d’Europa, sia grazie alle rinnovate
conoscenze scientifiche e alle conquiste della tecnologia, che
avevano messo a disposizione degli studiosi strumenti più
affidabili e condizioni operative un tempo impensabili, sia
grazie all’intervento degli Stati nazionali che offrirono alla
ricerca finanziamenti ad hoc, sia grazie al ruolo svolto dai primi
cenacoli scientifici che favorirono la circolazione delle nuove
idee.
La misura, dunque, ebbe decisamente il sopravvento sulla
descrizione, quando, tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII
secolo, si comprese appieno l’importanza della carta come
medium, modello del reale, dotabile di affidabilità semantica
e geometrica, sul quale poter eseguire rilevamenti indiretti di
distanze, di direzioni, di superficie e, più tardi, anche di acclività,
di esposizione, sul quale poter stendere piani in rapporto diretto
con territorio il reale. Il concetto di precisione geometrica
si affacciò sulla scena della rappresentazione cartografica,
governandone le regole di composizione e di utilizzazione, fino
al punto di sacrificare talvolta quella precisione semantica che
aveva invece ispirato certi allestimenti cartografici del passato
[Cfr. “Geocentro”, a. I (2009), n. 6, pp. 52-71; a. II (2010),
n. 7, pp. 53-70]. Il rapporto col vero divenne col tempo la
finalità ambita da ogni allestimento cartografico, il cui grado
di attendibilità fu espresso dalla capacità della carta di restituire
tutte le informazioni geografiche che il suo denominatore di
Antiporta dell’Almagestum Novum del gesuita P. Giovanni Battista
Riccioli.
La figura femminile sulla destra non è Urania, benché ne presenti
alcuni degli attributi tipici (la veste stellata, la cintura con le costellazioni, la sfera armillare tra le mani), ma Astrea. La complessa allegoria del sapere astronomico del tempo è spiegata dallo stesso Riccioli
nella dedicatoria dell’opera: sulla sinistra Argo, il corpo cosparso da
cento occhi, regge un telescopio con il quale rivolge le osservazioni
al cielo; lo strumento poggia sull’occhio che Argo ha sul ginocchio,
a significare che l’uomo di scienza deve sempre mantenere un atteggiamento di genuflessione a Dio nelle sue speculazioni, senza insuperbire. La figura femminile sulla destra (Astrea) è un personaggio
mitologico noto anche come Diche, dea della giustizia che sarà poi
catasterizzato come Venere celeste; essa ha in mano una bilancia con
la quale soppesa due sistemi del mondo, uno copernicano ed uno
elaborato dal Riccioli stesso. Il sistema del Riccioli è visivamente
compendiato dai putti che sovrastano l’incisione, reggendo da un
lato Venere, Marte e Mercurio con il Sole, di cui sono considerati satelliti; dall’altro i putti sorreggono Giove, Saturno e la Luna che, con
il Sole, ruotano intorno alla Terra. In basso, Tolomeo sorregge il proprio sistema, accanto al blasone dei Grimaldi, cui l’opera è dedicata.
L’incisione è opera del bolognese Francesco Curti (1603-1670), probabilmente allievo del Guercino, che riprodusse opere dei Carracci,
di Guido Reni e del Calvaert.
78
scala consentiva di riconoscere, informazioni comunque
congruenti con le finalità della rappresentazione e dotate di
un grado di permanenza sul territorio, tale da sopravvivere
all’obsolescenza della carta stessa.
Per dare risposta ai quesiti di base sulla forma e sulle dimensioni
della Terra si seguì dunque la via sperimentale e si avviarono
in varie parti d’Europa determinazioni di lunghezza di archi
sulla superficie terrestre, al fine di verificare e quantificare le
variazioni locali di curvatura del pianeta, anche se l’apporto
italiano alle prime esperienze per la determinazione della
lunghezza del grado di meridiano terrestre fu all’inizio di
scarso rilievo.
Un contributo comunque degno di nota può ritrovarsi nelle
attività dell’astronomo e geografo ferrarese, padre Giovanni
Battista Riccioli (Ferrara 1598 - Bologna 1671), e del fisico
bolognese, padre Francesco Maria Grimaldi (Bologna 1618 1663) a metà del secolo XVII. Riccioli, autore tra l’altro di
Astronomia reformata, Geographia et Hydrographia reformata,
fornì una rettificazione delle posizioni geografiche di molte
località, rispetto alle precedenti collocazioni, indicò la
corrispondenza toponimica tra antiche e nuove denominazioni
delle stesse località e compì, tra il 1644 ed il 1655, con
Osservatorio Astronomico di Bologna
ANNO II
l’assistenza di Grimaldi, alcune operazioni di rilevamento e
di calcolo per la determinazione della lunghezza dell’arco di
meridiano tra Bologna e Modena e tra Ravenna e Ferrara.
Nel cercare una via alternativa alla strada tracciata pochi anni
prima dalla rivoluzionaria esperienza di Willebrord Snel van
Royen (1580 – 1626), dalla quale si sarebbero poi aperte le
porte della metodologia di rilevamento geodetico divenuta
poi classica, l’anziano padre gesuita, ancora lungo la scia
della tradizione tolemaica, propose un metodo alternativo,
che espose nel suo Almagestum novum (1651). Le esperienze
condotte con Grimaldi lo condussero ad originali, quanto
infruttuose, determinazioni della misura del grado terrestre,
sfociate nella definizione di un valore medio pari a 122.321,23
m, non convergente rispetto alle precedenti determinazioni di
Snell e di Richard Norwood e più tardi confutato da Jacque
Cassini II (1677 - 1756), in Réflexion sur les mesures faites par
Picard, Snellius et Riccioli.
Il primo contributo italiano alla determinazione della misura
della Terra, pur non ottenendo risultati apprezzabili, saggiò in
pratica la possibilità di non ricorrere alle laboriose e complesse
misure di distanze e di angoli azimutali e provò a quantificare
la lunghezza dell’arco di meridiano attraverso l’osservazione di
distanze zenitali tra punti relativamente lontani. Il risultato di
tale esperienza non fu dunque soddisfacente, sia perché essa
non tenne in considerazione l’errore derivante dalla rifrazione,
più tardi scoperta da Gian Domenico Cassini (1625 - 1712),
già allievo a Bologna dello stesso Riccioli, sia perché essa
Ritratto di Monsignor Francesco Bianchini (Verona, 13
dicembre 1662 – Roma, 2 marzo 1729), astronomo e
storico italiano
si affidò alle scarse precisioni del rudimentale quadrante
disponibile per le misure, sia perché, fondandosi sulla visibilità
dei punti osservati, limitava le osservazioni a porzioni di archi
di geodetica troppo piccole per poter consentire inferenze sulla
forma e sulle dimensioni della Terra.
Molto tempo dopo tali esperimenti, nel 1718, la geodesia
operativa dimostrò che il grado meridiano a nord di Parigi
risultava più corto che a sud della stessa città, il che “provava”
che la Terra era in realtà schiacciata all’equatore e non ai
poli, introducendo una confutazione empirica della teoria
newtoniana e generando tra gli scienziati del tempo grandi
riflessioni e discussioni.
Mentre i circoli scientifici d’Europa erano pervasi dalla
querelle tra newtoniani e cassiniani e l’Accademia di Francia
poneva le basi per la definitiva soluzione della “questione
geodetica”, con le celebri spedizioni del Perù (1735) e della
Lapponia (1736), grazie alle quali la teoria newtoniana fu
definitivamente confortata dai dati empirici ed universalmente
riconosciuta come valida, in Italia il secolo dei Lumi si aprì con
la correzione dell’orientamento della penisola e con l’esecuzione
di apposite operazioni astronomico-trigonometriche, per
opera del monsignor Francesco Bianchini, tra il 1717 ed il
1725, finalizzate alla realizzazione di una carta geometrica del
Ducato di Urbino.
Sul piano cartografico, invece, le nuove conquiste geodetiche
non trovarono immediate e sistematiche applicazioni, se non
a distanza di anni. L’eccezione più significativa, nel panorama
cartografico del Seicento e del Settecento, fu la Carta
corografica degli Stati di S. M. il re di Sardegna, maggiormente
nota col nome di Carta di Madama Reale, per la dedica alla
duchessa Giovanna Battista di Savoia Nemours (1644 - 1724),
che si pose in modo speculare nei confronti delle tendenze in
atto nei settori di punta della nascente rivoluzione geodetica,
privilegiando decisamente la componente informativa rispetto
a quella geometrica.
Pur trattandosi di una realizzazione che non tenne affatto in
considerazione i problemi legati alla forma ed alle dimensioni
del pianeta e che non si basò su un rigoroso inquadramento
geometrico del territorio da rappresentare, tale carta costituì
un punto di arrivo importante nella descrizione delle terre
piemontesi – che mantenne validità per oltre un secolo e
mezzo dalla sua realizzazione – ed un termine di paragone
fondamentale per la nascente cartografia ufficiale preunitaria
italiana.
I criteri di costruzione del documento, che nella sua prima
versione fu composto da quindici fogli di varie dimensioni,
restituiti alla scala di 1:190.000 circa, non furono mai
definitivamente chiariti, ma molto probabilmente furono
fondati su rilevamento diretto, con l’impiego di una bussola
topografica. Nel cartiglio di dedica, l’autore scrisse infatti che
la carta era stata “col favor della Bussola e del Controguardo
delineata”, ma, mentre l’uso della bussola nelle attività
di rilevamento del territorio era già da oltre due secoli
79
documentato in varie opere precedenti, nulla risulta circa il
menzionato controguardo, né nessuno degli autori che per il
passato si occuparono di questo documento fornì indicazioni
in proposito. Dal momento che tra gli strumenti topografici in
uso nel XVII secolo alcun accenno si riscontra a proposito di
tale suppellettile tecnico-scientifica, l’unica ipotesi che potrebbe
trovare un minimo di fondamento è che per controguardo, il
Borgonio intendesse un dispositivo di puntamento elementare,
abbinato alla bussola dallo stesso impiegata nelle operazioni
di rilevamento, che consentiva la collimazione dei particolari
da rilevare, traguardando attraverso due pinnule opposte gli
oggetti posti in lontananza, rispetto al punto di stazione, e
di leggere quindi sulla linda i valori angolari delle direzioni
osservate.
Certo è che la mancanza di operazioni astronomiche di
inquadramento geometrico del territorio, l’assenza di
indicazioni in merito alla definizione della lunghezza degli
archi di meridiano ed il difetto di una chiara indicazione
dell’origine delle longitudini, pur in presenza di un reticolato
geografico regolarmente riportato lungo la cornice esterna,
nella sua versione originaria, lasciano pensare che le operazioni
di costruzione della Carta di Madama Reale fossero state
condotte ancora nell’ipotesi di Terra piana e senza alcun ricorso
a proiezioni cartografiche, ma semplicemente riportando sul
piano orizzontale i vari particolari topografici e mutuando
da altri documenti cartografici preesistenti i valori delle
longitudini e delle latitudini.
Questa operazione sarebbe quindi alla base delle notevoli
deformazioni osservabili sulla carta e, nel contempo, origine
delle notevoli difficoltà occorse nella definizione della scala,
che fece registrare dai vari studiosi del passato valutazioni
differenti, con valori variabili tra 1:225.000, 1:216.000,
1:144.000, 1:168.000 ed 1:191.480, mentre ancora oggi il
denominatore medio più attendibile sembra quello di 190.000
(Mori A., Tommaso Borgonio e la sua opera cartografica, in
“Rivista Geografica Italiana”, a. XIII (1906), fascicolo IIIII.), ancorché, a rigore, sia da sottolineare come anche tale
rapporto esprima solo una scala indicativa, dal momento che
le variazioni del modulo di deformazione lineare risultano
contenute soltanto in una limitata zona della carta, mentre
presentano forti discrepanze nel resto del documento.
La notevole attenzione di critica che essa ebbe nei secoli
successivi alla sua realizzazione, registrando una generale
concordanza di apprezzamenti, anche in autori d’oltralpe, è da
attribuire al fatto che essa costituì per circa centosessant’anni
Tomaso Borgonio, Carta Generale de’ Stati di Sua Altezza Reale,
conservato in BRT, Inc. III, 311, f.8, dettaglio relativo al quadrante
nord-ovest del torinese, in cui si sviluppano le connessioni con
Rivoli e la val Susa, e con Venaria e la valle di Lanzo; si riconosce la
vasta foresta che dalle Vaude scende nella pianura tra Stura e Orco,
fino a connettersi con le sponde fluviali a Settimo e al Regio Parco.
l’unica rappresentazione omogenea dei territori piemontesi,
dotata di una ricchezza di particolari topografici e di una
toponomastica prive di precedenti. La dovizia di particolari
fece dunque di questa carta un vero e proprio monumento della
corografia piemontese, con una dettagliata e ricca descrizione
delle reti idrografica e stradale della regione, l’indicazione di
numerose località abitate, della copertura boschiva, di alcune
colture preminenti e delle denominazioni dei luoghi: “di quasi
tutto questo e forse di tutti i nomi sarebbe facile trovare la
fonte nelle carte di altri autori più antichi, soprattutto negli
Atlanti del Sanson, del Visscher, del Blaeu, ma in nessuno
di essi la rete stradale è così abbondante, e così numerosi i
nomi dei centri abitati nelle valli alpine del versante italiano”
(Errera C., Sull’opera cartografica di Giovanni Tommaso
Borgonio, estratto da “Archivio Storico Italiano”, dispensa 3,
1904, Tipografia Galileiana, Firenze, 1904), segni questi di
un’evidente esecuzione di ricognizioni e di rilevamenti diretti e
non di semplice derivazione d’atelier.
Il contenuto informativo della carta era strutturato secondo i sei
strati canonici: planimetria, orografia, idrografia, vegetazione,
toponomastica e limiti.
La planimetria presentava una ricca presenza di centri abitati,
rappresentati secondo una simbologia di tipo iconico-imitativo
e differenziati tra loro in base all’importanza del sito per
dimensione e per funzione (spicca certamente la delineazione
schematica in pianta delle fortezze e delle città fortificate),
mentre le strade, per quanto accresciute di numero rispetto alle
precedenti carte, non presentavano particolari differenziazioni
di sorta, non indicavano la presenza di poste, rari erano i
riferimenti alla presenza di ponti, desumibile esclusivamente
dalle indicazioni toponomastiche.
L’orografia era rappresentata secondo un’efficace tecnica
prospettica, che mostrava monti e colline come se fossero
osservati da un punto di vista rialzato, e perciò detta “alla
cavaliera”, ma comunque ancora privo di qualsivoglia elemento
metrico.
L’idrografia risultava, a parere di Errera, molto più accurata
delle precedenti realizzazioni cartografiche, con taluni fiumi
delineati con una maggiore attenzione al tracciato, prova
di una rappresentazione effettuata con previi rilevamenti
diretti e non per derivazione da altri documenti analoghi. I
corsi d’acqua presentavano, comunque, una differenziazione
secondo i soli interassi dei bordi che ne delimitavano l’impegno
in planimetria; gli attraversamenti degli stessi erano, come
accennato, poco evidenziati, per quanto effettivamente scarsi
nella realtà; mentre poco evidenti risultavano i riferimenti ad
altre forme idrografiche, ad eccezione delle superfici lacustri.
La vegetazione offriva una descrizione che, mentre forniva
indicazioni sulla presenza di coperture boschive e di superfici
a destinazione agricola, poco riferiva in merito alle coltivazioni
praticate, limitandosi a segnalare la presenza di coltivi, con una
sorta di segno convenzionale che richiamava l’immagine del
campo arato.
81
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
La toponomastica concentrava prevalentemente l’attenzione
sulla denominazione degli abitati e degli edifici religiosi
distribuiti sul territorio, per la loro evidente funzione di
orientamento, pur segnalando comunque anche molti
idronomi ed alcuni importanti oronimi.
Quanto ai limiti, infine, furono segnalate con grande evidenza
le linee confinarie con gli stati limitrofi, e rimarcate, con minor
enfasi, i limiti amministrativi interni dello Stato, accompagnati
da stemmi e denominazioni ufficiali.
Il dettaglio dell’informazione geografica giocò dunque un
ruolo preminente rispetto alla correttezza geometrica della
carta, anche se tali informazioni si presentavano talvolta molto
prossime all’elenco: il tipo di inferenza che consentiva tale
documento agli utilizzatori poggiava ancora su indicazioni
generali di tipo topologico, più che metrico.
La carta fu ultimata nel 1680, con incisione su rame di tal
Giovanni Maria Belgrano e fu corredata da una “Descrittione
de Stati di Sua Altezza Reale tanto di qua che di là dei monti”,
che forniva un elenco di località, corsi d’acqua, numero di
abitanti e particolari notevoli nonché da un’estesa dedica: “A
Madama Reale, Maria Giovanna Battista, di Savoia, /Duchessa
di Savoia Principessa di Piemonte Regina di Cipro,/ Madre e
Tutrice dell’Altezza Reale di / Vittorio Amedeo II, /e Reggente
de’ suoi Stati. // Madama Reale, // Presento a V. A. R.le la Carta
Generale dei Stati di S. A. R. suo degnissimo figliuolo, la quale
per essere parto de’ regij / suoi comandi è stata da me col favor
della Bussola e del Controguardo delineata, e descritta con
quella maggior diligenza c’ho potuto. Quivi sono esposte /
ai suoi occhi non solo le Provincie, dove abitano qui Popoli,
c’hanno fortuna d’esser sotto il suo giusto, e prudentissimo
Governo, ma vi restano con /particolar essattezza notati i
limiti delle medesime con i Principi Confinanti. La supplico
humilmente di gradire questo piccolo testimonio del mio
ossequio/ e compatire, se nell’angustia di queste linee non ho
potuto far cosa corrispondente alla grandezza del suo merito, e
con profond.ma riverenza me le inchino / D.V.A.R.le// Humil.
mo
Fedel.mo et Obbed.mo Serv.re e Suddito / Gio. Tomaso
Borgonio”.
L’accennata importanza del documento attrasse l’attenzione di
vari cartografi, non solo coevi al Borgonio, che impiegarono
il documento per derivazioni cartografiche o per integrazione
dei dati in loro possesso, fino al 1751.
La fortuna della carta durò per più di un secolo e mezzo, tanto
che, come riferiscono le note dei primi studiosi del Borgonio,
Particolare della tavola 6 della carta del barone Samuel von Schmettau, realizzata tra il 1720 ed il 1721, Nova et Accurata Siciliae
Regionum, Urbium, Castellorum, Pagorum, Montium, Sylvarum,
Planitierum, Viarum, Situum, Ac singularium quorumq. locorum et
rerum ad Geographiam pertinentium Descriptio Universalis, Iuxta
regulas Astronomicas et Topographicas diligentissimo labore exarata, et
inchoata, Biblioteca Nazionale di Vienna.
82
SiciliAntica - Associazione per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali
ANNO II
83
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
essa ricevette la massima attenzione per scopi militari,
principalmente da Napoleone Bonaparte (Aiaccio 1769 Sant’Elena 1821) che, dopo la requisizione del 1798, la fece
riprodurre per i suoi generali, la impiegò per la preparazione
della battaglia di Marengo (1800) e la restituì al Regno di
Sardegna solo dopo il trattato del 20 novembre 1815.
La carta fu nuovamente riprodotta nel 1765, a Londra, con
addizioni ed aggiornamenti, sotto il titolo di Chorographical
Map of the King of Sardinia Dominions on twelve sheets
from the famous map of Borgonio with many additions and
improvements [...] by A. Dury, e, a quasi cento anni dalla
sua prima pubblicazione, per opera dell’incisore Giacomo
Stagnone (o Stagnon), che, oltre ad aggiornarla ed integrarla
con nuovi elementi, nella riproduzione riportò erroneamente
come data di prima edizione l’anno 1683, invece che il 1680:
Carta Corografica degli Stati di S. M. il Re di Sardegna data in
luce dall’Ingegnere Borgonio nel 1683 corretta ed accresciuta nel
1772.
Il continuo interesse verso questo documento e le sue
successive riproduzioni si ponevano evidentemente in notevole
contrasto con le nuove conquiste in campo geodetico. Mentre
sul piano scientifico si sostanziava l’assoluta necessità di
un inquadramento geometrico rigoroso di ogni impianto
cartografico, sul piano operativo si rinnovava l’attenzione verso
un documento pregeodetico, e per giunta datato, sostanziando
così l’importanza del contenuto informativo, anche in presenza
di deformazioni geometriche.
Molte carte continuarono a seguire la strada dell’empirismo
tradizionale, ma, sia pure lentamente, le nuove conoscenze si
fecero strada tra gli scienziati d’Europa e per il loro tramite,
anche i cosiddetti cartografi minori, impegnati in operazioni
di carattere locale, e gli atelier cartografici privati iniziarono ad
avvicinarsi alla nuova scienza.
Ancora in linea di controtendenza, è da segnalare l’attività del
barone Samuel von Schmettau, che tra il 1720 ed il 1721 portò
a compimento la sua Nova et Accurata Siciliae Regionum, Urbium,
Castellorum, Pagorum, Montium, Sylvarum, Planitierum, Viarum,
Situum, Ac singularium quorumq. locorum et rerum ad Geographiam
pertinentium Descriptio Universalis, Iuxta regulas Astronomicas
et Topographicas diligentissimo labore exarata, et inchoata [...]. Si
trattò di un’impresa colossale, apparentemente impossibile per un
solo uomo, che, pur non partecipe delle grandi dissertazioni sulla
figura della Terra, diede corpo ad un’opera che segnò chiaramente
la transizione verso la cartografia di tipo geometrico e che mostrò
abissali differenze con la carta del Borgonio.
Ancora una volta, il lungo cammino compiuto dalla geodesia
non aveva avuto immediati risvolti sul piano della produzione
cartografica ed in Italia si dovette attendere il cimento dei più
grandi uomini di scienza del Settecento per segnare l’inizio di una
nuova era.
Tra i protagonisti della rivoluzione geodetica italiana vanno
certamente ricordati innanzitutto i padri gesuiti Ruggiero
Giuseppe Boscovich (1711 - 1787) e Cristoforo Maire (1697 1767), che condussero le prime operazioni per la determinazione
della lunghezza del grado in Italia centrale, con campagne di
triangolazione, condotte tra il 1750 ed il 1753 nei territori dello
Stato della Chiesa, e con la misurazione di due basi geodetiche,
tra le quali la celebre base dell’Appia antica in Roma. A questi
fecero seguito poi le imprese realizzate dal padre Giovanni Battista
Beccaria (1716 - 1781) in Piemonte nel 1760, da Giovanni
Antonio Rizzi Zannoni (1736 - 1814) in Veneto nel 1776 e nel
Regno di Napoli dal 1781, dagli astronomi dell’Osservatorio
astronomico di Brera in Lombardia nel 1788.
Il passaggio all’Era geodetica non fu dunque immediato, tra la
realizzazione di carte rilevate col solo uso della bussola e di carte
basate su previi inquadramenti geometrici del territorio, passarono
decenni, fino alla nascita di quella monumentale opera, che fece
da vero spartiacque, in Italia, tra la produzione cartografia pre- e
post- geodetica: la Nuova Carta geografica dello Stato Ecclesiastico
realizzata dal gesuita inglese, p. Christopher Maire.
Nuova Carta geografica dello Stato Ecclesiastico del gesuita inglese, p. Cristopher Maire: alcuni dettagli del cartiglio decorato
84
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M. Visconti (a cura di), I Progetti. Acciaio, UTET Scienze
Tecniche, 2004, 216 pagine. Formato 23x29,7. Brossura
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08/07/10 14:47 Pagina 1
“L’insostenibile leggerezza del ponte”
Da Rubbettino Editore
un volume di Domenico Marino
DOMENICO MARINO L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL PONTE
Domenico Marino è professore associato di Politica economica presso
l’Università Mediterranea di Reggio
Calabria. Autore di numerosi articoli e saggi apparsi su riviste nazionali e internazionali su temi di
politica economica, economia regionale e dinamica economica. È stato Consulente del Comitato per
l’Emersione del lavoro non regolare
della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Copertina di Ettore Festa, HaunagDesign.
MEDIATECA
Dopo molti volumi tecnici in cui sono stati
espressi pareri più o meno autorevoli circa il
Ponte sullo Stretto, questo libro vuole tentare
di raccontarne, con il rigore attento del ricercatore e con lo sguardo divertito del filosofo
scettico, la storia. Un percorso intricato, costellato da molti dubbi e molte domande a cui si
cercherà di dare risposta e che porterà a dimostrare che il Ponte non è una priorità per l’Italia; che molto probabilmente non è utile allo
sviluppo di Calabria e Sicilia, anzi è potenzialmente dannoso.
Il Ponte è un annuncio perenne, che ha generato e continua a generare un considerevole impegno di spesa pubblica (improduttiva); che crea
aspettative (lecite e illecite), visioni e sogni di
sviluppo, ma che bisognerebbe attentamente
evitare di realizzare perché il sogno diventerebbe realtà e il risveglio in questa realtà sarebbe
un incubo senza fine.
Rubbettino
Dopo molti volumi tecnici in cui sono stati espressi pareri
più o meno autorevoli circa il Ponte sullo Stretto, questo
libro vuole tentare di raccontarne, con il rigore attento del
ricercatore e con lo sguardo divertito del filosofo scettico,
la storia. Un percorso intricato, costellato da molti dubbi
e molte domande a cui si cercherà di dare risposta e che
porterà a dimostrare che il Ponte non è una priorità per
l’Italia; che molto probabilmente non è utile allo sviluppo
di Calabria e Sicilia, anzi è potenzialmente dannoso. Il
Ponte è un annuncio perenne, che ha generato e continua
a generare un considerevole impegno di spesa pubblica
(improduttiva); che crea aspettative (lecite e illecite), visioni
e sogni di sviluppo, ma che bisognerebbe attentamente
evitare di realizzare perché il sogno diventerebbe realtà e il
risveglio in questa realtà sarebbe un incubo senza fine.
Domenico Marino è professore associato di Politica
economica presso l’Università Mediterranea di Reggio
Calabria. Autore di numerosi articoli e saggi apparsi
su riviste nazionali e internazionali su temi di politica
economica, economia regionale e dinamica economica. È
€
10,00Consulente del Comitato per l’Emersione del lavoro
stato
non regolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
DOMENICO
MARINO
L’INSOSTENIBILE
LEGGEREZZA
DEL
PONTE
Rubbettino
“Notte di stelle” con Hack e Domenici
Le costellazioni tra scienza e mito
Le più belle storia scritte nel cielo
I nostri antenati hanno trovato nel cielo le conoscenze
più utili alla sopravvivenza: hanno imparato a orientarsi
in mare o nei deserti, a costruire orologi e calendari.
Incantati dai movimenti degli astri e dei pianeti, intimoriti
da inspiegabili fenomeni come le eclissi o le comete,
hanno anche popolato il firmamento di dèi ed eroi che ne
spiegassero il mistero.
In un percorso che tocca l’astronomia e l’archeologia, la
scienza e il mito, gli autori ci insegnano a “leggere” il cielo
notturno. Partendo dalle costellazioni, visibili a occhio nudo
e ben riconoscibili, Margherita Hack spiega la formazione
e la struttura delle stelle e i fenomeni astronomici che vi
sono legati, accompagnandoci attraverso galassie, buchi
86
neri e nebulose. Viviano Domenici racconta le leggende e
i miti legati alle stelle nelle differenti culture, raccogliendo
notizie e curiosità dalle cosmogonie, dall’archeologia,
dall’arte e dalla letteratura di tutti i tempi e di tutti i
Paesi. E così, sul filo delle appassionanti storie collegate a
Cassiopea e a Orione, all’Orsa Maggiore e al Sagittario, il
libro riporta alla vita il cielo che le troppe luci delle nostre
città hanno oscurato, svelando il suo presente e il suo
passato: l’esperienza degli uomini che hanno denominato
le stelle e decifrato i loro segreti; i sogni e le paure degli
antichi che hanno riposto fra gli astri più brillanti le loro
favole più belle, rendendole immortali.
Atelier Ramdam Architect
NEWS
GREEN BUILDING
Un castello nel cielo di Latina
Riqualificazione e metamorfosi
dell’ex acquedotto
A Latina sta prendendo forma un progetto di riqualificazione
molto interessante e decisamente originale. L’ex acquedotto del
capoluogo pontino, la “Torre dell’acqua”, oggetto di un bando
di riqualificazione del 2008, subirà una trasformazione radicale.
L’impianto, ripensato dallo studio d’architettura francese
Atelier Ramdam Architect, si chiamerà “Le Chateau dans
le Ciel” (il Castello nel Cielo), per via della conformazione
che lo contraddistinguerà una volta ultimato. La struttura,
vero esempio di eco-design, sarà realizzata seguendo uno
stile architettonico molto particolare. Grandi parchi verdi
avvolgeranno i 2000 metri quadrati a disposizione per l’opera,
che si divide sostanzialmente in due parti: una prima area sarà
quella della torre, attualmente esistente, che consentirà di far
confluire l’acqua piovana attraverso un sistema di filtraggio
dell’acqua nel serbatoio che si trova per una parte anche
sottoterra.
L’altra area sarà quella dedicata interamente ai parchi pubblici
e alle terrazze panoramiche che troveranno posto nei due
piani rialzati e ai negozi e alle attività commerciali che saranno
sistemati alla base della grande torre. Tutta la struttura portante
del “Castello nel Cielo” sarà creata in acciaio inox e degli
ascensori permetteranno a chiunque di salire in modo agevole
nelle due piattaforme rialzate. L’acqua raccolta verrà utilizzata
per l’irrigazione del giardino pensile.
FOTOVOLTAICO
Pannelli solari autopulenti
Dalla sperimentazione sulle sonde spaziali
Una soluzione per il problema della polvere
Da una sperimentazione condotta per risolvere il problema
della polvere sui pannelli solari delle sonde spaziali può
arrivare una svolta importante da utilizzarsi anche per i
comuni impianti fotovoltaici sulla Terra.
L’idea concepita da un team di ricercatori della Boston
University e della Nasa consiste nel realizzare un pannello
fotovoltaico “autopulente”, ricoperto di un materiale
trasparente elettricamente sensibile integrato nella pellicola
di vetro o plastica che ricopre il pannello stesso. Alcuni
sensori si occupano di monitorare il livello di polvere
sedimentato sulla superficie e quando tale livello viene
superato rilasciano una scarica energetica che funziona da
“onda repellente” capace di far scivolare via le particelle di
polvere sino a oltre gli orli del pannello.
Il sistema, secondo i ricercatori, dovrebbe consumare
solo una piccola percentuale dell’elettricità generata da
un pannello solare, ma in compenso sarebbe in grado di
eliminare circa il 90 per cento della polvere stratificata in un
processo repellente della durata di un paio di minuti.
Un’abilità, questa, che potrebbe essere di grande beneficio
specialmente nelle zone desertiche del Pianeta dove i venti
fanno precipitare rilevanti quantità di sabbia e gli accumuli
di polvere possono ridurre l’efficienza dei pannelli fino
all’80%.
87
ANNO II
| n. 12 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2010
ARCHITETTURA
È stata inaugurata lo scorso ottobre l’opera architettonica
“Casalgrande Ceramic Cloud”, prima realizzazione italiana
dal maestro giapponese Kengo Kuma e nuova porta simbolica
al distretto ceramico emiliano. Localizzata nel comune di
Casalgrande, provincia di Reggio Emilia, su di un’area di oltre
2.800 metri quadri destinata a verde pubblico, l’opera domina la
rotonda stradale situata di fronte al sito produttivo dell’azienda
Casalgrande Padana, leader nella produzione di grès porcellanato
(e committente della realizzazione stessa) e si configura come
un’inconsueta struttura tridimensionale che sperimenta innovativi
utilizzi applicativi dei componenti ceramici di ultima generazione.
Interamente realizzata con speciali lastre di grandi dimensioni
in grès porcellanato fissate meccanicamente a un’intelaiatura
metallica appositamente concepita, la costruzione si sviluppa
per oltre 40 metri per un’altezza di 7, definendo un oggetto
architettonico di raffinata eleganza, destinato a identificare
simbolicamente un territorio con una chiara vocazione produttiva
e un forte legame con la cultura del progetto.
L’architettura, realizzata in occasione delle celebrazioni per i
cinquant’anni dell’Azienda, è stata sviluppata con la collaborazione
delle Facoltà di Architettura di Ferrara e di Siracusa e si configura
come un imponente dispositivo tridimensionale filtrante che
sperimenta innovativi utilizzi di componenti ceramici di ultima
generazione.
RICERCA
Eccellenze ad alta quota
Made in Italy ‘l’occhio’ più alto
dell’Osservatorio Atmosferico Globale
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha
conferito all’Osservatorio Italiano Everest-Pyramid del
Comitato Ev-K2-CNR il ruolo di stazione globale del
programma Global Atmosphere Watch (GAW), la rete
ad alta efficienza creata per monitorare l’andamento
dell’atmosfera terrestre. Otto obiettivi collocati in punti
strategici e le oltre 600 stazioni tra regionali e globali
fanno del GAW un network ben collaudato, in grado non
solo di migliorare la disponibilità dei dati e il loro utilizzo
ma anche potenziare la comunicazione e la cooperazione
tra tutti i componenti dell’Osservatorio e la comunità
scientifica.
L’Everest-Pyramid del Comitato Ev-K2-CNR., con la sua
localizzazione a oltre 5.000 metri di quota ai piedi del
Monte Everest, è da tempo fonte di informazioni preziose
e uniche sulla composizione dell’atmosfera e ora anche
il 33° punto ‘focale’ di monitoraggio della composizione
dell’atmosfera terrestre; il più elevato di questa rete e la
prima stazione italiana, seppure al di fuori del territorio
nazionale, che ottiene questo importante riconoscimento.
NUOVE TENDENZE
Architetture sull’acqua
In Olanda il primo complesso
residenziale galleggiante d’Europa
Per secoli l’Olanda ha incessantemente cercato di strappare
a fatica territorio al mare, costruendo su terre prosciugate,
i polder, protette da una ingegnosa rete di dighe e con
l’ausilio di pompe, canali e mulini a vento.
Koen Olthuis, giovane architetto olandese fondatore
di Waterstudio (inserito nel 2007 da Time Magazine
nell’elenco degli uomini più influenti del mondo, per il
suo lavoro sull’acqua come nuovo spazio abitabile) sostiene
invece che è giunto il momento di cambiare approccio,
essendo molto più facile costruire una casa galleggiante che
una casa tradizionale bisognosa di scavi per le fondamenta
(per la maggior parte, le case galleggianti sono, infatti,
edificate su zattere).
Olthuis è inoltre l’ideatore di “The Citadel”, il primo
88
complesso residenziale d’appartamenti galleggiante in
Europa, la cui costruzione dovrebbe iniziare quest’anno.
Alcuni ricercatori come Rutger de Graaf dell’Università
di Delft invece, intravedono addirittura la possibilità
di progettare una città intera, costruita su elementi
galleggianti connessi tra loro.
L’architettura galleggiante, secondo i suoi maggiori
esponenti, è una chance per riconciliare l’uomo con la
natura, lasciando intatto il territorio, ed è una soluzione
per il rispetto dell’ambiente, dai pannelli solari, ai sistemi
di depurazione delle acque e ai trattamenti dei rifiuti.
Le confortevoli case galleggianti di oggi hanno ben poco
a che vedere con i rifugi improvvisati di una volta, e si
differenziano esteticamente dalle case sulla terraferma.
Sono più economiche, hanno tutti i comfort, a volte più
piani, utilizzano spesso materiali ecologici e per godersi
appieno l’acqua come spazio di libertà, offrono grandi
aperture e vetrate trasparenti che possono essere oscurate.
Casalgrande Padana
Casalgrande Ceramic Cloud
Opera tridimensionale in lastre di grès
porcellanato a firma Kengo Kuma
INTERNET
photo©shutterstock.com/Elena R
Sempre più in Rete
Entro il 2010 i “navigatori”
del web supereranno i 2 miliardi
Più di 2 miliardi di persone connesse ad Internet entro la
fine di quest’anno. Ovvero il 30 per cento della popolazione
mondiale, attualmente stimabile in poco meno di 7
miliardi di individui. Il dato, particolarmente significativo,
è contenuto nel report pubblicato di recente dalla
International Telecommunication Unit (ITU), l’agenzia
delle Nazioni Unite che definisce gli standard nell’ambito
delle TLC.
Nel solo anno 2010 si sono “connessi” nel mondo per la
prima volta 226 milioni di persone, con una consistente
fetta (162 milioni) di nuovi “netizen” (ovvero, cittadini
della rete) proveniente da Paesi emergenti.
Il report ITU ha tuttavia sottolineato come solo il 21%
degli utenti globali proverrà entro la fine del 2010 da Paesi
come l’India. Mentre il 71% del totale avrà residenza nei
Paese più ricchi.
Un divario consistente che, secondo il Segretario Generale
di ITU, Hamadoun Toure, potrebbe essere colmato con
lo sviluppo della banda larga e un più alto livello d’accesso
pubblico.
A livello “regionale”, il continente più connesso è l’Europa
(65% della popolazione), seguito dalle Americhe (55%) e
dalle regioni asiatico-pacifiche (21,9 %). Ultima l’Africa,
con il 9,6 %.
CITTà
PlanIT Valley, villaggio eco-sostenibile
e intelligente. Un supercomputer
regolerà attività e consumi delle case
Entro il 2015, a Paredes (distretto di Oporto, Portogallo)
sorgerà “PlanIT Valley”, un villaggio progettato da un team di
architetti, ingegneri e informatici per diventare un esempio di
eco-sostenibilità anche grazie all’aiuto di un supercomputer
che gestirà con “intelligenza” i consumi d’acqua, energia e le
principali attività delle abitazioni.
Tra circa un anno inizieranno a insediarsi le prime persone e,
come detto, nel giro di quattro anni il villaggio sarà completato.
Tra i punti di forza del villaggio (voluto dal governo portoghese
e costruito da una società di Paredes, la PlanIT): case dai
tetti ricoperti di vegetazione per assorbire pioggia e sostanze
inquinanti e scaldare di più; edifici (prefabbricati) a forma
esagonale, per risparmiare spazio (i software per progettarli
sono gli stessi usati dall’industria aerospaziale); un controllo
da remoto del consumo di acqua ed energia elettrica per
evitare sprechi; un computer in ogni casa per misurare i livelli
di umidità e non solo la temperatura e calcolare in che modo
dispensare il calore o l’aria condizionata; un programma di
riciclo di materiali, dall’acqua (per esempio quella usata per
cucinare viene riutilizzata nel wc) ai rifiuti solidi, che non
lascerà nulla al caso.
L’investimento economico più oneroso riguarda il
supercomputer che, a detta dei progettisti, si comporterà
come un cervello umano e regolerà da remoto le attività
delle singole case, all’insegna del risparmio, della tutela
dell’ambiente e del consumo critico.
89
REDAZIONALI
Marmomacc
fiducia nel futuro
Successo per la
45^ edizione
In crescita visitatori
e operatori esteri
Bilancio largamente positivo per la 45^ edizione di
Marmomacc la Mostra internazionale di marmi, pietre,
design e tecnologie (svoltasi nella consueta cornice di
Veronafiere) che si conferma leader mondiale del settore.
Nei quattro giorni la manifestazione, aperta ai soli operatori
professionali, ha accolto oltre 56 mila visitatori (+6% rispetto
al 2009), con un incremento del 13% degli operatori esteri
provenienti da più di 130 Paesi. I 1500 espositori, dei quali
circa il 50% esteri da 56 Paesi (in crescita del 9% rispetto alla
precedente edizione), sono stati ospitati in 11 padiglioni su
una superficie complessiva di 172.000 mq.
«La manifestazione – ha detto Ettore Riello, Presidente di
Veronafiere – si è confermata una volta di più piattaforma
economico commerciale al servizio delle imprese del settore.
I risultati raggiunti, anche in termini di contrattazioni ed
affari con le numerose delegazioni presenti, tornano a dare
fiducia, dopo un biennio molto pesante, ad uno dei settori
storici e maggiormente specializzati del made in Italy».
In questa ottica, sono stati promossi numerosi eventi e
iniziative rivolte al BtoB. Da ricordare i seminari dedicati alle
opportunità dei mercati emergenti (Libano, Siria, Emirati
Arabi Uniti ed Egitto) ma anche l’interessante workshop
sulle opportunità di marketing per il mercato Usa, offerte dai
new media e dalle nuove tecnologie informatiche.
Organizzato da Marmomacc, il seminario ha illustrato come
utilizzare i social network ed i software di progettazione per
far conoscere i prodotti ad architetti e progettisti. Una vera e
propria lezione di marketing, dedicata alle nuove opportunità
che le imprese italiane del settore hanno per promuovere i
loro prodotti sul mercato USA, e farli apprezzare ai decision
maker nella scelta dei materiali.
«La crisi non è superata, ma l’inversione di tendenza c’è,
soprattutto per le esportazioni – ha evidenziato Giovanni
90
Mantovani, Direttore Generale di Veronafiere – hanno ripreso
a comprare Cina, Brasile, Russia, Medio ed Estremo Oriente. Le
chiavi di successo del settore sono l’origine naturale del prodotto
marmo-lapideo e la capacità di offrire soluzioni su misura per
il mercato. L’importanza del mercato USA – ha aggiunto –
rimane cruciale e l’edizione di StonExp/Marmomacc America
del prossimo gennaio è pensata proprio per essere al servizio dei
distretti italiani del settore».
Riguardo ai dati del settore, la produzione mondiale del
2009 è stata pari a circa 215 milioni di ton. ed ha indotto
un consumo pari a 1.140 milioni di mq equivalenti, riferiti
allo spessore convenzionale di 2 cm. L’impiego pro-capite
è rimasto quasi invariato, confermandosi in 187 mq per
mille unità (184 nel 2007, 135 del 2003). I sette maggiori
produttori (Cina, India, Turchia, Italia, Iran, Brasile, Spagna)
hanno espresso da soli il 75% dell’estrazione mondiale,
superando di circa due punti la quota del 2008 e di sei quella
del 2005. In Italia il comparto occupa circa 60 mila persone
impiegate in 11 mila aziende tra industriali ed artigiane per
un giro d’affari di 3 miliardi di euro, confermandosi come
uno dei paesi capaci di esprimere le migliori tecnologie e
macchinari e i prodotti lavorati e finiti di grande valore
aggiunto.
Nel primo semestre 2010 le esportazioni complessive
nazionali di marmi e graniti, grezzi e finiti hanno toccato
quota 771 milioni di euro (+6% sul 2009). In sensibile ripresa
anche l’export di macchinari e tecnologie che si è attestato a
quota 402,9 milioni di euro (+28,9% rispetto al 2009).
REDAZIONALI
Samoter 2011
I principali
appuntamenti
Dal 2 al 6 marzo 2011 si terrà a Verona, Samoter, 28°
Salone Internazionale Triennale delle Macchine
Movimento Terra, da Cantiere e per l’Edilizia. Numerosi
gli eventi e le iniziative previste.
Convegno di apertura (Mercoledì 2 marzo - Ore 10.30/12.30)
Sustainable Design & Construction: Explorations in Trends
& Best Practices
L’evento sarà dedicato al tema della sostenibilità. Nel
progettare un’area edilizia, un orientamento integrato
all’edilizia sostenibile può dare un contributo molto più
significativo, migliorare la disposizione delle aree, ridurre
gli scarti, impiegare materiali più sostenibili, ottenendo
benefici economici ed ecologici a lungo termine. Tavola
rotonda con best practice internazionali e nazionali divise in
due “sessioni” condotte dall’architetto americano Stephanie
Vierra e dal moderatore scientifico italiano, Prof. Benno
Albrecht.
A seguire consegna del Premio Internazionale Samoter
che viene assegnato a quanti si distinguono per aver operato
per lo sviluppo e l’affermazione dell’attività edilcantieristica
a livello nazionale ed internazionale nella piazza
dell’innovazione tecnologica e della ricerca scientifica.
Le 5 categorie sono: Stati esteri, Progettisti, Costruttori
macchine, Imprese italiane ed estere.
Concorso Novità Tecniche Samoter (Cerimonia di consegna
2 marzo 2011 - h. 18.30/20.00)
In occasione del ventennale verrà consegnato il premio
ai vincitori e alle menzioni speciali del 2011, oltre a un
riconoscimento ai vincitori delle passate edizioni dell’Albo
d’oro del Concorso Novità Tecniche.
SAMOTER SPECIAL: anteprima degli eventi dei percorsi
dedicati ai singoli settori
ROAD DAY per gli operatori del settore stradale, macchine
ed impianti
Giovedì 3 marzo, ore 10.00-13.00 Convegno: “Riforme
giuridiche e appalti”
Venerdì 4 marzo, ore 10.00-13.00 Convegno: “Sostenibilità
ambientale e sicurezza nel mondo dell’asfalto”
in collaborazione con SITEB (Associazione Italiana Bitume
Asfalto Strade)
QUARRYING DAY, per gli operatori del settore
frantumazione e cave
Venerdì, 4 marzo - Convegno dedicato ai temi sensibili
del mondo cava e frantumazione: innovazione, sicurezza,
ecosostenibilità. Al convegno presenzieranno ospiti
internazionali e i principali esponenti della Federazione
Europea dei Produttori di Aggregati (UEPG). In collaborazione
con Anepla (Associazione Nazionale Estrattori Produttori
Lapidei ed Affini) e media partner Edizioni Pei.
HOISTING DAY, per gli operatori del settore del
sollevamento
IPAF (International Powered Access Federation) e la rivista
“Macchine Cantieri” organizzeranno un’area dimostrativa
esterna dove verranno messe in opera una piattaforma
autocarrata a braccio, una piattaforma auto sollevante su
colonna e una piattaforma di trasporto, utilizzate per effettuare
dimostrazioni pratiche di sbarco in sicurezza in quota. L’area
è in collaborazione con Setif, Centro di formazione IPAF,
autorizzato anche per le piattaforme di lavoro autosollevanti
e di trasporto, presente con l’Unità Mobile di formazione.
TUNNELING DAY, per gli operatori del settore gallerie e
lavori in sotterraneo
Mercoledì 2 /Giovedì 3 marzo - Convegno: “Terre e rocce
da scavo nelle opere in sotterraneo: problematiche tecniche
di scavo e giuridico amministrativo di smaltimento”. In
collaborazione con SIG (Società Italiana Gallerie)
RENTAL DAY per gli operatori del noleggio
Mercoledì 2 marzo, ore 14.30 - Convegno: “La distribuzione
snella dei beni strumentali”
Venerdì 4 marzo, ore 14.30 - Tavola Rotonda: “Il Noleggio
in Europa”.
In collaborazione con Assodimi (Associazione Distributori e
Noleggiatori di Macchine Industriali)
91
REDAZIONALI
Replax T Sport:
il sistema ideale
per la recinzione
di impianti sportivi
Replax T Sport è una rete metallica a semplice torsione e a
maglia quadrata. I fili della rete, in acciaio zincato, sono rivestiti
con PVC. La plastificazione è ottenuta mediante l’esclusivo
processo di sinterizzazione “Galvaplax Process”, messo a punto
da Cavatorta. Questo processo di sinterizzazione permette
quindi di ottenere un intimo e solido legame tra la superficie
metallica del filo o della rete ed il PVC, esaltando al contempo
le proprietà estetiche del rivestimento quali uniformità e
brillantezza. Le polveri di PVC utilizzate nel “Galvaplax
Process” non contengono metalli pesanti, come il cadmio ed
il piombo, la cui presenza sarebbe pericolosa per chiunque
venisse a contatto con il prodotto.
L’impiego della Replax T Sport è rivolto alle recinzioni che
devono garantire un elevato assorbimento d’urto e assicura
un’ottima visibilità frontale e laterale del terreno di gioco anche
da posizione molto ravvicinata alla rete. Corredata dagli accessori
di sistema, nelle altezze 220 e 250 cm, Replax T Sport è in grado
di assicurare le prestazioni richieste dal D.M. 18 marzo 1996,
dalla norma UNI 10121-2 e dal D.M. 6 giugno 2005 (Decreto
Pisanu) per quanto attiene la sicurezza dei separatori perimetrali
interni ed esterni negli stadi di calcio. In normali condizioni di
impiego la Replax T Sport è garantita contro la corrosione per
più di 10 anni.
92
La rete Replax T Sport è prodotta in rotoli stretti da 10 m, con
cappucci di protezione alle estremità, in fasci da 9 rotoli ciascuno.
Pali T Sport
Pali di acciaio profilato a sezione quadrata/rettangolare,
ricavati da lamiera zincata a caldo, plastificati con pvc di colore
verde (RAL 6005), con testata chiusa ermeticamente da un
cappuccio in materiale plastico di colore verde. Indispensabili
per completare la recinzione di impianti sportivi rispondenti
al sistema D.M. 18 Marzo 1996 (e s.m.i.) ed alla norma UNI
10121-2:1992. La rispondenza è subordinata al rispetto delle
modalità di corretta applicazione dettate dal produttore.
Cancelli T Sport
Cancelli carrai e pedonali, plastificati giallo (RAL 1012 ), con
telaio perimetrale delle ante e pali di sostegno con cerniere
regolabili, in tubo quadro d’acciaio, con specchiature in
rete metallica elettrosaldata, con maglia a forma quadrata, e
componenti dei sistemi di chiusura in acciaio.
Rigorosamente Made in Italy
Restare fermamente ancorati al made in Italy è il segno più
tangibile di quanto sia prioritario per il Gruppo Cavatorta
salvaguardare il livello qualitativo delle produzioni attraverso
il rispetto scrupoloso delle norme di qualità di processo e di
prodotto,
Certificazione: Marchio di Qualità Istituto Giordano
L’Ente Istituto Giordano, inserito nel gruppo degli organismi
notificati CE e operante nel campo della certificazione di
prodotti e delle prove in laboratorio sui materiali, certifica
che il sistema Replax T Sport possiede le caratteristiche
tecniche di idoneità applicabili per essere utilizzato negli
impianti sportivi di cui al Decreto del Ministero degli Interni
del 18.03.96 come emendato dal D. 6 Giugno 2005.
Per informazioni. www.cavatorta.it
REDAZIONALI
Sistemi
per il controllo
di fumo e calore
in caso d’incendio
L’Evacuazione Naturale di Fumo e Calore quale sistema
di protezione attiva antincendio è regolamentata secondo
la norma UNI 9494:2007, la norma EN 12101-2:2003
e la Direttiva Europea “89/106/CEE, recepita dall’Italia,
che introduce il concetto di “idoneità dei prodotti” alla
realizzazione di opere che rispondono a requisiti essenziali
fra cui la “sicurezza in caso d’incendio”.
Caoduro, già presente sul mercato italiano con i suoi
Evacuatori Naturali di Fumo e Calore (ENFC) prima
della pubblicazione della norma UNI, dedica da sempre
risorse per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni e prodotti
antincendio le cui elevate prestazioni sono confermate sia
da prove di laboratorio sia da incendi reali che ne hanno
dimostrato efficienza ed affidabilità.
Caoduro è in grado oggi di proporre Sistemi di Evacuazione
Forzata di Fumo e Calore per parcheggi ed edifici a più
piani, dispositivi automatici per l’ingresso dell’aria, barriere
al fumo e al fuoco che rendono più efficienti i sistemi di
protezione antincendio attraverso un’azione integrata di
controllo del fumo e del calore e di compartimentazione
dei fumi e gas.
Tra questi sistemi l’evacuatore naturale di fumo e calore
a battente da tetto Smoke Out, disponibile in una vasta
gamma di dimensioni e adatto a ogni tipo di copertura.
Il suo funzionamento si basa sull’azionamento tramite
gas compresso, che ne garantisce l’apertura anche nelle
situazioni più critiche di neve e vento. I due punti di
chiusura del serramento rendono il sistema stabile evitando
le aperture accidentali. Per andare incontro alle esigenze di
ricambio d’aria con un sistema di ventilazione giornaliera,
lo Smoke Out può essere integrato con un’apertura elettrica
comandata a distanza.
Per informazioni: http://www.caoduro.it
93
REDAZIONALI
Serisolar
e Unicredit Group-Fineco
a Milano:
schermatura solare
e messa in sicurezza
certificata delle vetrate
Anche la sedi di Unicredit e Fineco di piazzale Durante, via
D’Aviano e Via Padova a Milano si sono rivolte a Serisolar
Group per schermare e riqualificare oltre 3100 mq di vetrate.
Il dubbio principale da risolvere, da parte dell’Energy e
Building Manager, era il rapporto efficienza/durata effettiva
del sistema vetro esistente+pellicola da esterni.
Che le pellicole da esterni siano molto efficienti ormai
è conoscenza diffusa nell’ambito degli esperti delle
schermature solari, ma che esse siano durevoli nel tempo
e che mantengano inalterate le prestazioni riflettenti è
tutt’altra cosa. Serisolar è da anni considerata la migliore
azienda del settore pellicole in poliestere sul mercato
italiano, e dal 2000 installa in esclusiva territoriale il marchio
Madico, ovvero l’unica gamma di pellicole al mondo da 75
micron di spessore, con 10 anni di garanzia del produttore
sia sul prodotto, sia sulla posa in opera, ed oltre 15 anni di
vita media attesa. Ecco fugato qualsiasi dubbio su durata ed
efficienza del sistema installato da Serisolar.
Come per FieraMilano (Rho), Museo Mart di Rovereto,
Museo Maxxi di Roma, ed altre 5000 realtà edilizie in
Italia, anche per Unicredit e Fineco i principali problemi
da risolvere erano:
a) surriscaldamento primaverile-estivo-autunnale dei
locali vetrati;
b) abbaglio sui videoterminali;
c) messa in sicurezza certificata delle vetrate esterne;
d) rinnovo architettonico delle facciate perimetrali.
In circa un mese di lavoro, attraverso l’utilizzo di 5 installatori
specializzati, e mediante l’utilizzo di 4 piattaforme aeree,
Serisolar Group ha materialmente trasformato le precedenti
vetrocamere in vetrate ad alte prestazioni schermanti con un
fattore solare medio G = 0,13 e classe di sicurezza EN12600
– 3B3 certificata. Rispetto al 100% di energia incidente
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sulle vetrate, oltre l’87% viene adesso totalmente riflesso
all’esterno, garantendo un ottimo microclima ambientale
da marzo a novembre. L’ammortamento dell’intero
intervento, sulla riduzione dei costi di condizionamento
dell’aria, è stimato in circa 4 anni. La garanzia dei prodotti
Madico SB221EXSR sputtered installati è di 10 anni su
prodotto e posa in opera; 2 brevetti esclusivi permettono
una durata media attesa oltre i 15 anni.
Per informazioni:
SERISOLAR
Via Kempten, 28
38121 Trento (TN)
Tel. 0461 950065
[email protected]
SERISOLAR MILANO
Via Dante Alighieri, 8
20051 LIMBIATE (MB)
Tel. 02 99682861
[email protected]
SERISOLAR ROMA
Via dei Sindacati, 16 - Loc. Poggino
01100 VITERBO
Tel: 06 97625850
[email protected]
Serisolar Trento – Milano - Roma www.serisolar.com
IL PROBLEMA DA RISOLVERE:
forte surriscaldamento degli ambienti lavorativi e messa in
sicurezza delle vetrate
RISULTATO:
forte abbattimento dell’effetto serra e dei costi per il
raffrescamento.
RIFERIMENTO:
DPR 59-09 Rendimento energetico estivo degli edifici
REDAZIONALI
Gioco di squadra
per l’Aquila. Wolf Haus
e Fondazione Milan
inaugurano il complesso
didattico-sportivo
“Marco Cavagna”
Il fortissimo temporale che si è abbattuto sull’Aquila per
tutta la giornata stava per rovinare un giorno di festa per
tutto il capoluogo abruzzese. Ma proprio all’arrivo dei
giocatori del Milan il sole ha squarciato le nubi illuminando
il bellissimo complesso didattico e sportivo che Wolf Haus,
RiLAQUILA Onlus e la Fondazione Milan hanno donato
alla città. Alla presenza di tutte le autorità locali ed oltre
1.000 persone accorse per l’occasione, hanno inaugurato
l’asilo e il centro ludico sportivo anche il capitano del Milan
Massimo Ambrosini e due campioni del Milan che vinse
tutto negli anni ‘90 come Franco Baresi e Daniele Massaro.
RiLAQUILA, nata anche grazie al prezioso contributo
di Wolf Haus, è divenuta in tutti questi mesi del post
terremoto la “Onlus del fare”, una specie di stella solitaria
in un universo fatto spesso di molte promesse e pochi fatti.
Inoltre è sicuramente una nota positiva per una città che è
ancora piegata dal terribile terremoto dell’anno scorso.
Anche per questo l’asilo donato da RiLAQUILA è stato
intitolato a Marco Cavagna, il vigile del fuoco che ha perso
la sua vita per salvare quella di uomini, donne e bambini
aquilani che erano rimasti sotto le macerie in quella tragica
notte. “Una scelta consapevole” ci tengono a sottolineare i
responsabili di RiLAQUILA, “poiché ci piace pensare che
tutti i principi e i valori che animano il Corpo dei Vigili del
Fuoco, e per i quali i loro uomini si sono contraddistinti
in tutte le fasi del terremoto, come l’altruismo, la profonda
umanità con la quale si sono rapportati alla popolazione e la
dedizione incrollabile alla loro missione, fossero le basi e gli
elementi attorno i quali questi bambini riceveranno la loro
prima educazione”.
Presente all’inaugurazione anche la vedova di Marco Cavagna,
la signora Simonetta Panzeri, che molto commossa ha tagliato
il nastro di un asilo costruito totalmente in bioedilizia che
accoglierà 75 bambini. Ed è proprio a questi ultimi, ossia
al futuro di questa città, che è andato immediatamente il
pensiero di RiLAQUILA, che in questo progetto è riuscita
a coinvolgere la Fondazione Milan, ente da sempre molto
sensibile alle cause di forte valenza sociale, che ha aderito
finanziando il centro ludico sportivo, composto da una
palestra polivalente e un campo di calcio a 5.
Il raggiungimento di questo pregevole risultato è stato
possibile grazie alla partecipazione di alcune aziende che
hanno operato nel Progetto C.a.s.e., e hanno creduto
fortemente nella possibilità di rinascita di questa città, tanto
da voler lasciare un segno indelebile, che fosse veramente
utile per tutte le famiglie che hanno trovato la loro nuova
dimora in questa zona dell’Aquila che, ancor più di prima,
è divenuta una città territorio. “La scelta di un asilo spinge
tutti a impegnarci sempre di più a ricostruire un futuro
certo per le nuove generazioni” dichiara orgoglioso Kurt
Schoepfer, direttore di Wolf Haus, che aggiunge: “penso
che tutta questa gente che è intervenuta sia il più bel
ringraziamento per la nostra azienda che ha deciso di portare
avanti questo grande progetto di solidarietà, e credo che sia di
stimolo per continuare ad aiutare L’Aquila in questo difficile
cammino di rinascita e ricostruzione. Tutte queste strutture
permetteranno a molti bambini dell’Aquila di appropriarsi
di un nuovo spazio per giocare e crescere insieme, per
ritrovare quella spensieratezza che deve appartenere all’età
dell’infanzia, e alle loro famiglie di essere più serene per il
futuro dei propri figli”.
Asilo Marco Cavagna, Sassa (Aq).
Donato da Wolf Haus e realizzato
in classe energetica A.
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REDAZIONALI
Topcon presenta
il nuovo
ricevitore HiPer II
La serie HiPer di ricevitori GNSS rivoluzionò il Sistema di
Navigazione Satellitare quando venne introdotto più di 10
anni fa.
I ricevitori HiPer hanno fissato lo standard di accuratezza
del settore ed hanno eliminato la necessità di zaini e cavi
voluminosi. La rivoluzione continua con l’introduzione
di HiPer II, un ricevitore più piccolo, più leggero e più
conveniente, per tutte le applicazioni di posizionamento
GNSS.
HiPer II è un ricevitore integrato statico e RTK (Real Time
Kinematic), che oggi riceve i segnali GPS e GLONASS. Il
ricevitore a 72 canali riceverà anche tutti i segnali disponibili
da costellazioni satellitari supplementari che diverranno attive
in futuro.
Stefan Naumann, direttore vendite GNSS di Topcon Europe
Positioning, afferma, “In qualsiasi industria il perfezionamento
del prodotto migliore è sempre una sfida. Topcon ha accettato
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questa sfida e garantisce che Hiper II, ancora una volta,
rivoluzionerà la tecnologia della rilevazione di precisione nella
topografia, nell’ingegneria civile, nelle applicazioni GIS, nei
rilevamenti forensi e nel settore delle costruzioni.”
Naumann annuncia che il nuovo HiPer ha “funzionalità
totalmente personalizzabili e fornisce la maggiore flessibilità
del mercato, per soddisfare tutte le richieste di rilievo, dai
lavori di routine più semplici fino agli incarichi più complessi.”
Oltre a ricevere il solo segnale GPS, o i segnali GPS e
GLONASS, HiPer II riceve anche i segnali L1 o L1/L2. Con
una radio interna e un modem cellulare, la flessibilità dell’unità
permette all’utilizzatore finale di scegliere le frequenze digitali
UHF o ad espansione di spettro, il GSM o il CDMA, e
fornisce anche una scelta di memorie, controller e soluzioni
software, incluso Mercurio, TopSURV e Topcon Tools.
Con un valore di protezione ambientale IP67, HiPer II
può resistere “alle condizioni di lavoro più dure,” afferma
Naumann. “Inoltre, può immagazzinare un grande volume di
dati (4GB o più) su schede SD o SDHC, per assistere progetti
di lungo periodo.”
Caratteristiche aggiuntive di HiPer II includono:
• Struttura in lega di alluminio leggera e resistente
• Operatività wireless Bluetooth
• Pannello di controllo a LED facile da leggere
• Messaggi vocali per lo stato del ricevitore
• Batteria Li-ion, rimovibile e ricaricabile
“Hiper II è il perfetto sistema rover RTK, ed elimina tutti
i problemi legati all’uso di un modem esterno e dei cavi”,
afferma Naumann. “Il sistema di messaggistica vocale è chiaro,
multi-lingua, e informa l’utilizzatore sullo stato dell’RTK, la
batteria bassa e lo stato della memoria”.
CAMPANILE
REDAZIONALI
BASE GPS
Gps
e riconfinazione
CAMPANILE
CAMPANILE
Il Kit di rilievo PFGPS K800 proposto da S.C.S survey
CAD system srl è stato ora ampliato con specifiche
funzioni software relative alla riconfinazione.
Normalmente, quando si parla di una strumentazione GPS
da utilizzare nei lavori di riconfinazione, si pensa subito alle
operazioni di tracciamento della dividente o del confine,
ma si sottovaluta quasi sempre la fase più importante e
delicata e cioè quella dell’inquadramento preliminare dei
punti di confine.
Mentre le operazioni di tracciamento risultano semplici
con un sistema GPS RTK, altrettanto complessa e spesso
impossibile, risulta essere la prima fase di inquadramento
cartografico dei punti di confine se non si utilizza un sistema
POST-PROCESSING.
Infatti se viene utilizzato un sistema RTK BASE-ROVER
con radiomodem abbiamo portate ridotte delle baseline con
impossibilità di rilevare un numero adeguato di punti
Trigonometrici o Punti Noti dislocati su ampie distanze.
Se invece utilizziamo una sola ROVER collegata alla Stazioni
Fisse Pubbliche via GSM, dobbiamo di continuo riportare
la posizione a punti fissi sul terreno rendendo impossibile
anche in questo caso la realizzazione di un sistema globale
di inquadramento. In pratica, con entrambi i sistemi, siamo
costretti ad operare sempre in ambito locale stretto e non
possiamo gestire i rilievi in Coordinate Catastali Assolute
in maniera agevole.
La soluzione POST-PROCESSING proposta da S.C.S.
srl nel sistema GPSK800, utilizza una stazione fissa con
baseline di precisione fino a 50 km.
In questo modo è possibile:
- rilevare Trigonometrici, costituiti da Campanili e
Torri, mediante due punti GPS a terra riferiti alla
stazione GPS fissa;
- rilevare Trigonometrici costituiti da cippi anche in
modalità statica;
- rilevare punti noti rilevanti al fine dell’inquadramento;
- rilevare Trigonometrici a cavallo di colline e
montagne.
per la determinazione delle Coordinate Catastali precise
della propria stazione GPS fissa.
Dopo l’inquadramento della stazione fissa nel sistema, tutti
i rilievi elaborati saranno georiferiti nel sistema catastale
con elevata precisione. Quindi, anche la riconfinazione in
zone con pochi o senza riferimenti, viene risolta in maniera
molto veloce e molto precisa.
Nello schema:
I punti GPS1 e GPS2 sono rilevati con la ROVER
GPS e riferiti alla BASE FISSA
Sul punto GPS1 viene messa la stazione totale,
orientata sul punto GPS2 e viene letto il campanile
con angolo e distanza (linea blu). La sequenza di
misure GPS+Stazione Totale determina la posizione
del Campanile rispetto alla Stazione GPS FISSA.
I triangoli verdi sono Trigonometrici o punti noti a
terra. PFCAD CATASTO ne può utilizzare un numero
illimitato. Su ogni punto noto o Trigonometrico è
possibile attribuire un peso. La rototraslazione inversa
può essere rigida o conforme. Possono essere controllati
gli sqm dei singoli punti utilizzati
Il raggio di precisione si sviluppa fino ai 50 KM.
Tutti i rilievi sono salvati in singoli file elaborati
mediante il programma PFCAD CATASTO con una
ROTOTRASLAZIONE BARICENTRICA INVERSA
Maggiori info su:
[email protected] - [email protected] - www.pfcad.it - www.gpskit.it
S.C.S. srl 045 7971883
RAGGIO
BASELINE
50KM
CAMPANILE
PUNTO GPS 1
PUNTO GPS 2
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NELL’ANNO 2011, CHE FESTEGGIA I CENTOCINqUANT’ANNI DELL’UNITà D’ITALIA
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continuerà a pubblicare:
articoli, opinioni, interventi,
idee, novità sulla professione
del Geometra, ricerche su
nuove tecnologie, materiali
per costruire ed abitare,
riflessioni sull’economia, la
sostenibilità, progetti...
E ogni numero proporrà il
contributo che i tecnici hanno
dato nei diversi periodi dei 150
anni alla storia d’Italia al suo
sviluppo ed alla formazione
di una identità nazionale.
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