Storia in Rete, intervista, giugno 2013

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Storia in Rete, intervista, giugno 2013
Interviste
la storia rovinata in TV / 2
i
la fiction
si impegna
ma non rende
Scrittori ed esperti del Rinascimento
continuano a commentare per «Storia
in Rete» lo sceneggiato di Neil Jordan
«The Borgias». Che alla fine viene
bocciato non raggiungendo la
sufficienza e salvando solo gli
aspetti scenografici e lo sfarzo dei
costumi. Ma la Storia, quella vera,
sul piccolo schermo non passa…
di Elena e Michela Martignoni
U
na buona prova
di regia,
una sceneggiatura che
avvince,
eccellenti
costumi e scenografie. Ma la storia
della famiglia Borgia - e dell’Italia
fra 1400 e 1500 - è un’altra cosa.
Questo è il giudizio che Patrizia Debicke van der Noot, Luca Filippi e
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Mauro Marcialis, autori di romanzi storici ambientati durante il tumultuoso passaggio fra Medioevo
ed Evo Moderno, danno della serie
TV di Neil Jordan «The Borgias». Un
cocktail di ottima fattura che manca dell’ingrediente fondamentale:
la verosimiglianza storica. Il commento è unanime: lo sceneggiato
forse riuscirà ad avvicinare molti
spettatori alla vera storia dei Borgia
e dell’Italia rinascimentale, ma al
prezzo di aver diffuso errori, impre-
cisioni e vere e proprie
bufale, che la confezione accattivante e suggestiva della fiction
canadese renderà difficili da scalzare con
la verità storica.
Giugno 2013
Borgias Productions, Mid Atlantic Films, Octagon Films
Giugno 2013
Una delle immagini promozionali della serie TV «The Borgias» di Neil
Jordan, che punta a evidenziare gli aspetti più pulp e perfino para-storici
(come l’immeritata fama di avvelenatrice di Lucrezia) fino allo stucchevole
«La musica che accompagna l’incoronazione di Alessandro VI
nel 1492, “Zadok the Priest”, fu composta da Georg
Friedrich Händel solo nel 1727. Nel 1493 gli sceneggiatori
fanno dire a un indio portato da Colombo che proviene
dall’“America”, nome comparso per la prima volta nel 1507»
Patrizia Debicke van
der Noot, autrice de
«L’uomo dagli occhi
glauchi» e «L’oro dei
Medici». Giornalista e
scrittrice esperta di Rinascimento.
n Cosa ne pensa di questa Roma
americana e del Papa interpretato
da Jeremy Irons?
«Neil Jordan, il regista di “The Borgias”, e il produttore Micheal Hirst
hanno costruito una coproduzione
internazionale, diretta da un irlandese, girata in Ungheria e prodotta
in Canada. Ne è risultata una fiction
che televisivamente è di buon livello
destinata al grosso pubblico, farcita di tutti gli ingredienti ideali per
stuzzicare gli spettatori: amore, intrighi, delitti, sesso. Un prodotto di
gran successo, vincente al botteghino. Ma il risultato è ottenuto senza
badare troppo alla storia e qualche
volta surreale. Sono persino riusciti
a far interpretare dal geniale Jeremy
Irons, bello, magro e ascetico, la
parte di Rodrigo Borgia bruttarello,
grasso e sgraziato. Ma va alla grande e allora chi sono io per sindacare
i gusti del pubblico?».
n Ha riscontrato errori storici o
paradossi nella sceneggiatura?
«Tantissimi: errori stupidi e paradossi assurdi. Comincio dal aver dato
per spagnola Giovanna o meglio
Vannozza Cattanei che non era certo
iberica ma italianissima, figlia di genitori mantovani trasferiti a Roma,
dove divenne una cortigiana di prima classe, proprietaria della più
famose locande della capitale (Il leone, L’angelo e La vacca). Bella e pastosa, prima di diventare l’amante
di Rodrigo Borgia, lo fu di Giuliano
della Rovere, tanto che si narra che
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alla sua elezione come Giulio II, il
nuovo Papa abbia tentato di far passare Cesare Borgia come figlio suo…
Vannozza non si abbassò mai a sposare contadini e nel 1489 era felicemente coniugata con l’umanista
Carlo Canale, l’ultimo dei suoi quattro mariti. Un altro errore grossolano è nella colonna sonora: la musica che accompagna l’incoronazione
di Alessandro VI nel 1492, “Zadok
the Priest”, fu composta da Georg
Friedrich Händel nel 1727 per celebrare l’incoronazione di Giorgio II re
di Gran Bretagna e Irlanda. E vado
avanti. All’ascesa del padre al trono
pontificio, Cesare Borgia, il maggiore dei quattro figli di Vannozza,
aveva 17 anni, Juan probabilmente
16, Lucrezia 12 (non 14) e Joffrè 10.
Lucrezia poi sposò Giovanni Sforza
a tredici anni. Ma forse per gli americani è difficile accettare che allora
si cominciava presto… E ancora: il
dono dell’ambasciatore spagnolo ad
Alessandro VI di un l’indio portato
dal Nuovo Mondo. Cristoforo Colombo riportò effettivamente in Spagna
dal suo primo viaggio sette indigeni
Taino che furono battezzati, avendo come padrini il re Ferdinando
e Juan Borgia, ma i sette ripartirono con lui a settembre del 1493 per
fungere da interpreti alla seconda
spedizione… E il nome di America
che il Taino «pacco dono» usa alla
corte papale per definire le Indie è
del tutto anacronistico: venne usato
per la prima volta solo nel 1507 da
Martin Waldseemüller nella «Universalis Cosmographia» per una carta
dei viaggi di Vespucci [come sanno
bene i lettori di «Storia in Rete», vedi
il n. 77 NdR]. La dote di Lucrezia
non ha niente a che fare con la morte del principe Djem fratello di Bajazet II il Giusto, sultano dell’Impero
Ottomano. Niente dimostra che sia
stato eliminato dai Borgia in cambio
di una ricchissima mancia del fratel-
lo… Orsino Orsini, figlio di Adriana
Mila, prima cugina del papa Borgia,
era il marito di Giulia Farnese (Giulia la Bella, l’amante di Alessandro
VI, che i romani chiamavano Sposa
Christi) fu un condottiero e non un
cardinale. Morì nel 1500 quando la
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Borgias Productions, Mid Atlantic Films, Octagon Films
«Per fare degli sceneggiati TV migliori non ci vorrebbe
molto, un po’ più di attenzione ai particolari, alle date,
ai personaggi, lasciando, e va bene, spazio alla fantasia
ma senza snaturare la Storia con la S maiuscola.
Insomma, far passare un po’ di cultura senza troppa fatica»
Un’altra «foto di famiglia» dei Borgia
secondo Neil Jordan. Ancora una
volta torna lo stereotipo di Lucrezia
come provocante avvelenatrice
relazione tra sua moglie Giulia e il
Papa era finita. Il cardinale Giambattista Orsini fu fatto uccidere in
prigione da Alessandro VI nel 1503,
dopo il complotto di Senigallia contro Cesare Borgia, e non nel 1492…
Juan Borgia non ha mai affrontato
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i francesi come gonfaloniere della Chiesa perché nel 1494, alla discesa in Italia di Carlo VIII, era in
Spagna con la moglie, Maria Enriquez de Luna, prima cugina di re
Ferdinando d’Aragona ed ex fidanzata di Pedro Louis (figlio maggiore
di Rodrigo Borgia morto nel 1488)
che aveva sposato a Barcellona nel
1493. (Juan fece ritorno a Roma
solo nel 1496). La moglie di Francesco Gonzaga non era Bianca Gonzaga, ma l’indimenticabile Isabella
d’Este, sorella di Alfonso, terzo e ultimo marito di Lucrezia Borgia. Girolamo Savonarola con le sue manie
di austerità, quando era in carica un
papa come Alessandro VI, se l’andò
proprio a cercare e fu condannato al
rogo, ma fu bruciato non vivo ma
dopo essere stato impiccato, e a Firenze non a Roma… Il tetto della
Basilica di san Pietro non cadde mai
in testa al Papa. Il 29 giugno 1500
un violento temporale fece crollare un camino sul tetto del Vaticano: le macerie ricaddero all’interno
dell’appartamento papale affrescato
da Pinturicchio uccidendo tre persone, ma Alessandro VI se la cavò con
poco più di una impolverata, una
leggera ferita alla fronte e una gran
paura. E qui basta. Mi fermo!».
n Dopo tutto questo fuoco di fila
sulle sciocchezze raccontate dallo
sceneggiato di Jordan, crede ancora che la fiction storica possa
essere utile alla divulgazione?
«Francamente penso di sì. Una storia raccontata in modo facile e comprensibile piace. Certo non ci vorrebbe molto, un po’ più di attenzione ai particolari, alle date, ai personaggi, lasciando, e va bene, spazio
alla fantasia ma senza snaturare la
Storia con la S maiuscola. Insomma,
far passare un po’ di cultura senza
troppa fatica».
Luca Filippi, medico e
scrittore. Il suo ultimo
romanzo, «Sangue giudeo», è ambientato a
Roma durante il pontificato di Alessandro VI.
n Ha scritto diversi libri ambientati nel periodo dei Borgia. Perché
ha scelto questa epoca?
«Non so davvero se sono stato io a
scegliere i Borgia, o piuttosto il contrario. L’interesse è scaturito quasi
per caso, dalla lettura di una vecchia copia del romanzo “Lucrezia
Borgia” della Bellonci, regalatami
da mio suocero. Ho esordito nel
2009, con un romanzo ambientato nella Roma dei Borgia “L’arcano
della papessa”, in cui compare per
la prima volta lo speziale Tiberio
di Castro. “L’arcano della papessa”
è incentrato sul rapporto tra due
grandi casate, i Borgia e i Farnese, e si svolge in parte a Roma e in
parte a Bassanello (oggi Vasanello),
al tempo governato da Adriana de
Mila, cugina del papa Alessandro
VI. Nel 2012 ho pubblicato “Sangue giudeo”, ambientato nei rioni
ebraici della Roma borgiana, in cui
lo speziale Tiberio è incaricato da
Cesare Borgia di scovare un assassino che sceglie le proprie vittime
tra i figli di Davide. Per risolvere il
mistero, il giovane medico chiede
aiuto a Caterina Sforza, eccellente
alchimista, prigioniera del Valentino nella torre del Belvedere».
n Qual è il fascino che il Rinascimento italiano esercita su di lei?
«Ho cominciato a interessarmi del
Rinascimento, in particolare della
famiglia Borgia, perchè l’Italia rinascimentale ha regalato al mondo, in quei secoli in cui l’umanità
emergeva dal buio del Medioevo,
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«L’Italia rinascimentale destava l’ammirazione e l’imitazione
di tutta l’Europa.Come non essere affascinati da un periodo
tanto luminoso per il nostro Paese? Specialmente
in questi anni, che sembrano, dal punto di vista umanistico
e culturale, un nuovo crepuscolo»
n Jeremy Irons ha dichiarato di
aver letto testi di scarsa qualità
su Rodrigo Borgia. Lei che lettura gli avrebbe consigliato per
rendere più credibile la sua interpretazione?
«Sui Borgia si è detto e scritto molto,
ma non sempre in modo storicamente preciso. Di sicuro avrei consigliato
a Irons i libri della Bellonci, non solo
quello su Lucrezia, ma anche “Rinascimento privato”, che può essere molto utile per farsi un’idea di quali fossero gli usi e i costumi delle corti italiane. E poi anche il vostro “Requiem per
il giovane Borgia”: una ricostruzione
precisa e avvincente dell’omicidio di
Juan Borgia, figlio amatissimo di Alessandro VI. Per chi voglia documentarsi
sulla famosa dinastia catalana, il romanzo è doppiamente utile: sviscera
le congiure e gli intrighi dei molti nemici dei Borgia, ma rivela anche l’autentico affetto che legava il pontefice
ai primi tre figli avuti dalla cortigiana
Vannozza Cattanei. Rodrigo amava
Cesare, Juan e Lucrezia con grande intensità. Non altrettanto affetto
provava per Goffredo, quartogenito
di Vannozza, e per Laura, avuta forse da Giulia Farnese, proprio perché,
in questi casi, non era convinto della
sua paternità».
n Vedendo la fiction di Jordan ha
ritrovato gli ambienti vaticani
che ha descritto?
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«Al di là di qualche imprecisione,
ho apprezzato molto la ricostruzione degli ambienti e, soprattutto,
i costumi nella fiction di Neil Jordan. In questo gli americani non
sono secondi a nessuno e hanno
una grande capacità di ricreare le
atmosfere. Un plauso alla costumista, Gabriella Pescucci, già Premio
Oscar nel 1994».
Mauro Marcialis, autore di romanzi storici,
ha ambientato il suo
ultimo lavoro, «il Sigillo dei Borgia» (Rizzoli)
nell’Italia a cavallo fra
XV e XVI secolo.
n Qual è il suo parere riguardo
la fiction di Neil Jordan?
n Che ne pensa della sceneggiatura? crede che avvicinerà i telespettatori alla lettura di romanzi
storici o saggi sull’argomento?
«Penso che qualunque fiction, sia
televisiva sia letteraria, abbia sempre il merito di sollevare l’interesse del pubblico nei confronti di un
certo periodo o fenomeno storico.
Il linguaggio usato dagli autori
mi sembra eccessivamente forbito, per cui certi dialoghi risultano
artificiosi. Nel complesso, tuttavia,
la sceneggiatura di «The Borgias» è
avvincente, con protagonisti fisicamente gradevoli e trame anche più
efferate rispetto alla realtà storica.
Gli ingredienti per attirare l’interesse dello spettatore ci sono tutti».
n Pensa che «the Borgias» sia
godibile?
«Trovo la fiction di Neil Jordan un
buon prodotto mediatico e devo
riconoscere che la seguo con vivo
piacere. Una cosa, però, lasciatemela dire: non ho digerito che Ludovico il Moro, una delle menti più raffinate del nostro Rinascimento, sia
stato rappresentato come un orco
cattivo, intento a urinare sul nipote imprigionato in una botola sotto
la sua tavola... Povero Ludovico,
si starà rivoltando nella tomba. Se
fosse ancora vivo, avrebbe di certo
incaricato i suoi avvocati di preparare una bella querela...».
«Il mio giudizio è senz’altro positivo per
quanto riguarda costumi, fotografia, regia e scenografia. La (ri)costruzione degli ambienti non era affatto semplice e
mi sembra che sia stato fatto un lavoro
eccellente. Ho molte perplessità sulla
Borgias Productions, Mid Atlantic Films, Octagon Films
favolosi gioielli: Milano, Roma, Firenze, Napoli. Nei secoli successivi,
tutta l’Europa avrebbe guardato
con ammirazione le nostre città,
tentando di imitarne la grandezza e
lo stile. Come non essere affascinati
da un periodo tanto luminoso per il
nostro Paese? Specialmente in questi anni, che sembrano, dal punto
di vista umanistico e culturale, un
nuovo crepuscolo».
«Non si sopporta che Ludovico il Moro, una delle menti più
raffinate del nostro Rinascimento, sia stato rappresentato
come un orco cattivo, intento a urinare sul nipote
imprigionato in una botola sotto la sua tavola. Se oggi fosse
vivo starebbe preparando una querela agli sceneggiatori...»
sceneggiatura. I personaggi non sono
adeguatamente caratterizzati (fa forse
eccezione Giulia Farnese) e si scivola
un po’ troppo spesso nel cliché. Alcuni
dialoghi sono deboli, alcune situazioni
un po’ forzate, per non dire patetiche
(una su tutte: la scena con l’esposizione della tattica militare di Juan Borgia
con l’esercito francese alle porte di
Roma). In ogni caso rimane una serie
appassionante e soprattutto può ragionevolmente suscitare interesse e curiosità per ricercare approfondimenti su
temi e personaggi».
n Ha riscontrato errori storici o imprecisioni nella sceneggiatura?
Alessandro VI e Giulia Farnese
nella serie TV «The Borgias»
di Neil Jordan, interpretati
da Jeremy Irons e Lotte Verbeek
«Nella sceneggiatura sono presenti moltissimi errori. La serie è probabilmente
adatta agli appassionati di storia meno
rigidi e qui si solleva l’annosa questione delle licenze narrative. Ovvero: quale
dovrebbe essere per un autore il confine tra la rappresentazione della realtà
storica e la finzione? Premesso che la
versione romanzata (di un’opera narrativa o cinematografica) è, per definizione, fiction, generalmente tendo a essere
molto tollerante. L’aspetto più importante è per me l’intenzione dell’autore
dal punto di vista letterario, artistico,
politico che un pezzo di storia può farsi
da parte. Mi viene in mente una scena
memorabile (e totalmente inventata)
del film “Spartaco” di Stanley Kubrik. Il
generale romano Crasso chiede ai ribelli
costretti alla resa “chi di voi è Spartaco?” e questi, uno alla volta, si autoproclamano con quel nome».
n Che ne pensa degli sceneggiati
storici in genere?
Non ho avuto occasione di vederne
molti. Nella maggior parte delle fiction
estere (soprattutto americane) funzionano gli intrecci narrativi e le strategie
di suspense. Riguardo alla verità storica
o alla verosimiglianza l’autore dovrebbe
prestarvi maggiore attenzione e la sua
opera dovrebbe essere il più fedele possibile. Ho notato spesso che (immagino
per ragioni di cassetta) si tendono a enfatizzare gli aspetti più pruriginosi e violenti, ma se questi sono caratterizzanti e
non sfociano in un autocompiacimento
fine a se stesso, ben vengano. Ho trovato piacevolissima la serie “Roma”, per
esempio. Mi ha invece deluso «Spartacus»: il capo della più grande rivolta servile della storia avrebbe forse meritato
meno gladi e più idealità.
n Lei ha scritto un romanzo sulle vicende dei Borgia. Che tecniche
narrative ha usato per rendere quel
periodo storico?
«La narrazione del mio romanzo [«Il sigillo dei Borgia», Rizzoli 2012 NdR] abbraccia gli undici anni di pontificato di
Rodrigo Borgia ed è affidata a tre diverse voci: Drusilla Martelli, Miguel Corella
e lo stesso Papa. Ognuno di loro ha funzioni narrative specifiche (Drusilla, una
giovanissima dama di compagnia, mostrerà al lettore uno dei personaggi più
controversi del Rinascimento, Lucrezia,
figlia di Rodrigo; Miguel, il boia dei
Borgia, ha un accesso privilegiato alle
vicende di Cesare, il Valentino; il Papa
è il baricentro di tutte le questioni politiche e militari più rilevanti). Per amalgamare e raccordare tutte le vicende di
un così ampio periodo e per evidenziare
gli aspetti storici più rilevanti o curiosi, ho inoltre utilizzato delle parti con
voce onnisciente (sono anni impregnati
di trame politiche, complotti, intrighi e
guerre di conquista). Ho approfittato di
questi spazi anche per creare scene con
inquadrature e suggestioni particolari
(ci sono le voci irriguardose o benevole su Lucrezia, il drammatico epilogo
di Savonarola, le conquiste militari del
Valentino e la congiura ordita ai suoi
danni, alcuni omicidi eccellenti, il delirio del Papa di fronte alla bellezza della
Pietà di Michelangelo, le minacce dei
regnanti francesi, le gesta dell’indomabile Caterina Sforza…). Vengono inoltre
trattate (ovviamente dal punto di vista
romanzesco, che non necessariamente coincide con l’interpretazione o la
convinzione dell’autore, anzi…) alcune
delle vicende più misteriose e controverse: le gravidanze di Lucrezia, la morte
di Juan Borgia e dello stesso Rodrigo, i
diari segreti del cerimoniere Burcardo,
le paternità attribuite a Cesare, i ruoli di
Jofré, Giulia Farnese e Vannozza (la ex
amante di Rodrigo, madre dei suoi figli
prediletti)». [2 - fine. La puntata precedente è stata pubblicata su «Storia
in Rete» n. 91]
Elena&Michela Martignoni
www.elenaemichelamartignoni.com
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