RAFFAGLIO Gialli al Giambellino

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RAFFAGLIO Gialli al Giambellino
GIALLI AL GIAMBELLINO Già malfamato negli anni ‘50/60, il Giambellino ospitava situazioni al limite della legalità. Gli illeciti erano geniali, spesso dovuti alla povertà, quasi tollerabili, meglio forse del degrado attuale. Allora ero garzone da un sciustrè. Mio padre magutt, mia mamma piscinina (anche a 60 anni avrebbe conservato quella qualifica). Poco scolarizzato, mi esprimo con termini derivati dal dialetto. Scusatemi. Ho amici ancor meno adatti di me a scrivere. NEDO 75 anni. Andato in Argentina nel 1955, è tornato nel 2000 povero in canna, diversamente da altri. A ricordo dei suoi trascorsi tra le mandrie porta sempre un cappellaccio da cauboi. Non sa più scrivere in italiano. TEO 80 anni. Vendeva stoffe. Girava con un fagotto nero a tracolla pieno dei suoi preziosi tessuti. Si sente reduce da quel mondo elegante e indossa un consunto trench. Si considera un gagà e tampina le donne. ELIO si fa di ossigeno. 81 anni. Gira con la bombola a tracolla e le cannucce nel naso. Poichè l’ossigeno euforizza, è il più brillante tra noi, ma parla e non scrive. Ci incontriamo al Bar del Giambellino (non quello di Cerutti Gino di Gaber, che è vicino a via Vignoli). Quello di P.za Tirana nato nel ’56, di proprietà della famiglia della allora signorina Tina. Poco prima ci sono i resti del cinema Cittanova. Bigiando scuola ci andavamo a vedere i uestern con le cavalcate dei cauboi. Ora è diventato il Pussycat: si possono ancora vedere cavalcate, ma a luci rosse. Ci chiediamo se sia in attività: è fatiscente. I vetri vonci, forse per nascondere chi entra. A volte ci tenta di dare una sbirciata dentro, ma temiamo che le mogli ci vedano e ci mettano a stecchetto. Ci limitiamo ad osservare chi entra. Sono insospettabili. Camminano seri lungo il marciapiede; davanti a quelle porte: zac, dentro. Noi, da giovani, dovevamo ricorrere ad altri sistemi per vedere le donne biotte. Ora invece, se ci sono lavori, osserviamo per ore i buldoser e la slandra degli operai, Sembrano avere tutti la cana de veder. La Tina del Bar nel ‘56 era ventenne; il papà la metteva alla cassa. La sua bellezza distraeva gli uomini. E lei decurtava il resto. Al banco c’erano i genitori che avevano in seguito assunto 2 aiuti. Tina sempre alla cassa. Il bar era diventato rivendita di sale e tabacchi; vendeva i minerva, le sigarette nasiunai; il Totocalcio e la Sisal. Tina sempre alla cassa. Tutti la tampinavano ma lei era malmostosa. Poi vennero la sala bigliardo, il giubbox e il calcio balilla. I liquori del tempo erano. Oro Pilla, Prunella Ballor, Strega Alberti, Sivestre e simili. Tina alla cassa. ll telefono a gettone a parete era bisunto dall’uso. Sullo specchio retrostante il banco o infilate nella macchina da caffè “Pavoni” si trovavano cartoline di ogni provenienza. Tra l’80 e l’85, morti i genitori, Tina aveva ampliato aggiungendo la tavola calda. A seguito di questo tra i clienti aumentavano i barlafus, i ganassa, i bulletti, i personaggi poco raccomandabili. Tina, senza muoversi dalla cassa, li sloggiava senza ricorrere alla pula. Molti tentavano approcci. La non più giovane Tina possedeva una miniera d’oro e questo attirava i pretendenti, benché avesse perso parte della sua bellezza giovanile. Vendeva i biglietti del tram. E proprio un tramviere strapelato, conducente dell’8 riuscì a far breccia nel suo cuore rendendola più cordiale. Così i vecchi, incassata la pensione, andavano al suo bar a giocare a carte. Era più caro della vicina cuperativa, ma le carte erano meno unte, i bicchieri più puliti, i tavoli coperti di plastica verde. Introdussero lì i loro ciapanò, scua, due, briscula. Tina, innamorata, offriva talvolta mezzo calice. Ma non mollava mai la cassa; vendeva i valori bollati, i gratta e vinci e tutto il resto. Le porte erano tappezzate da infinite reclam: ricariche telefoniche, spettacoli….. Dal ‘56 il Bar non aveva chiuso un giorno. Il 1 agosto 2010 la cler era abbassata e c’era un cartello: CHIUSO X NOZZE. RIAPRO il 14 AGOSTO A 74 anni Tina lasciava la cassa e sposava il suo tramviere. Panico tra gli abituè, 14 giorni di assenza! Ma sarebbe arrivato di peggio. Ritornata dal viaggio di nozze (meta Lugano) non era più lei. Il suo fisico non aveva retto. Nel cuore della finanza, aveva avvicinato un mondo che non era il suo. Forse il tramviere le aveva fatto cambiare l’oggetto delle sue attenzioni. Tina fu colpita da odio verso i soldi; ma anche da un infarto; in breve lasciò la cassa e la vita. Fu avvolta nel suo paltò di legno e sepolta a Musocco. I suoi soldi finirono al tramviere che si trasferì in Cina. In più, prima di andarsene, aveva venduto il bar ai musi gialli, che l’hanno chiamato: LIU BAR. Inaccettabile. E qui abbiamo fondato la CGIL (compagnia Giambellino in lutto) per la fine di Tina e per combattere le invasioni cinesi. Che venissero in Giambellino non era ammissibile. Arrivavano camioncini e scaricavano scatole contenenti tovaglie e bicchieri di plastica, liquori cinesi, caffè cinese, salami di maiali cinesi, persino briosc e dolci cotti in Cina, il pancarrè per i tost. Sembrava di essere in zona Sarpi, la ciaina taun milanese. Il banco esponeva salami e prosciutti tristi come certi salumi aperti da mesi ed abbandonati al loro destino, neppure con lo slim. Il pane lo portava un cinese in bicicletta chissà da dove. Due grossi televisori trasmettevano programmi cinesi e italiani. Lungo i muri c’erano quelle macchinette mangia soldi che chiamano slot mascin. Sui vetri esterni marchingegni luminosi lampeggiavano la scritta APERTO. Gli stessi che si trovano all’ingresso dei parrucchieri cinesi o dei loro ambigui centri benessere. Cosa lampeggiano? Se la porta è aperta è chiaro che il locale è APERTO. Dovevamo trovare il modo di allontanarli. Uno entrava alle 12 chiedendo un panino con prosciutto edile. Il cinese non capiva che volevi il panino con mortadella. “Pazienza. Lo cerco altrove.” Entrava un altro e chiedeva un sanguiss con il giambun. Espressione ebete dei cinesi e inutile conciliabolo. “Non importa. Vado da un altro” Poi un altro si dirigeva alla tavola calda chiedendo un uovo in cereghino. Sgomento del cameriere, ma Il cliente era già andato. Altri chiedevano inutilmente un piatt de buseca, uno sabaiun, una rusumada. Poi richieste di sanguiss con saracche, merluss, cuteleta. Cose che i cinesi ignoravano. Cominciavano ad aver dubbi sull’investimento. Anche il ghisa di zona partecipava. Un giorno entrò a chiedere il certificato d’origine dei salumi che infatti non c’era; aveva fatto verbale. Le slot mascin venivano sabotate. Quando nessuno vedeva anziché le monete si metteva nella fessura un ciuingum. Dopo giorni e giorni di incassi quasi nulli, benché ottus, avevano usmato che non era aria per loro. Il pubblico del Giambellino era troppo smorbio. Cercava cose ricercate che loro non potevano fornire. Quasi caragnando hanno abbandonato il campo. Abbiamo vinto la nostra battaglia. Ora la sera possiamo andare a slofen col cuore in pace. I barbari gialli sono stati debellati.