Orme sull`AppiA AnticA: gli Antichi rOmAni tOrnAnO A vivere

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Orme sull`AppiA AnticA: gli Antichi rOmAni tOrnAnO A vivere
unitA' D'itAliA
culti ipOgei
BUON COMPLEANNO
UOMO DIO TERRA. DALLA
ITALIA: UNA SPLENDIDA
PREISTORIA AD OGGI
INIZIATIVA A ROMA
UNO STRETTO LEGAME
Periodico dei gruppi archeologici d’Italia
editore: gruppi Archeologici d’italia - sede legale e redazionale: via Baldo degli ubaldi 168 - 00167 roma (rm)
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Anno vii - numero ii
marzo - Aprile
2011
Orme sull’AppiA AnticA: gli Antichi
rOmAni tOrnAnO A vivere
più di 300 persone lungo la regina viarum tra archeologia, rievocazione e letteratura
In breve
Il progetto “Sulle orme degli antichi : a
spasso sull’Appia Antica tra storia, archeologia e letteratura” viene ideato dal
Gruppo Archeologico Romano allo
scopo di portare avanti il costante
impegno dell’associazione per la tutela e valorizzazione dell’Appia Antica, attraverso un insolito connubio
tra archeologia, rievocazione storica
e letteratura.
L’iniziativa, gratuita e rivolta a tutti,
nasce in occasione della XIII Settimana della Cultura in collaborazione con l’Associazione di
Rievocazione Storica S.P.Q.R. ed intende costituire un evento culturale,
per riscoprire la Regina Viarum. Un
evento costituito da una visita archeologica ma anche una passeggiata letteraria, una guida per riscoprire
testimonianze e monumenti e la letteratura come fonte inesauribile di
emozioni e memoria.
Ad impreziosire la giornata una visita guidata d’eccezione in lingua
giapponese condotta dal dottor Go
Ifuko per offrire l’opportunità ai
giapponesi in Italia di gustare appieno, guidati da un esperto, lo spirito dell’evento.
solato dell’Appia Antica. In 300 fra
uomini, donne e bambini arrivano a
gruppi sul luogo, romani e forestieri, italiani e stranieri, chi per curiosità, chi per passione, chi per la
prima volta.
L’occasione è rara: intraprendere un
viaggio tra le testimonianze, gli usi
e i sapori della Roma Antica per riscoprire la Regina Viarum. Lungo
l’itinerario, dall’incrocio con via Cecilia Metella a via Erode Attico,
DIarIo DI vIaggIo
Sabato 16 aprile è prevista pioggia, guide archeologiche esperte accomma in mattinata un timido sole pagnano i visitatori nella scoperta di
torna a specchiarsi sul secolare ba- reperti e testimonianze uniche,
mentre “apparizioni” di antichi romani, durante il tragitto, rievocano
colori, rumori e suggestioni della
più nota via romana, con letture di
autori classici e dialoghi rievocativi.
La scommessa è ardita: unire archeologia e rievocazione, letteratura
e teatro; ma la posta in gioco è alta:
far scoprire uno dei più importanti
ma meno noti e frequentati tesori di
Roma e ridestare l’interesse e l’attenzione per la cura, la manutenzione e la valorizzazione dell’Appia
Antica, scrigno segreto ma preziosissimo di testimonianze e memoria
storica.
E così, mentre si resta stregati dal
fascino immortale dell’Appia, rapiti
da un’epigrafe o dall’emozione di
toccare con mano i solchi impressi
a terra dai carri romani, ecco sbucare all’improvviso “fantasmi” di
matrone, senatori e soldati romani.
E ognuno di loro porta con sé la
propria storia, riportando in vita
frammenti di un passato insieme
lontano e vicino. Ognuno di loro
presta la voce a Orazio, Livio e Marziale che vivono l’Appia nel loro
presente e ci fanno intravedere ciò
che essa fu un tempo.
E così l’itinerario circolare tra Eros
e Tanatos, vita e morte, suggestione
e scoperta torna al suo punto d’origine, alla sua alfa, là dove per un
breve momento il nostro tempo è
sospeso e l’eco delle orme risuona
in noi attraverso emozioni universali
perché umane, insieme sconosciute
e familiari, proprie di ogni incontro
o scoperta.
Al termine della passeggiata archeologico – letteraria i viaggiatori nel
tempo trovano ristoro presso l’Appia
Antica Caffè, dove un “aperitivo romano” li porta a gustare ricette e bevande della migliore tradizione
luculliana, permettendo loro di immergersi nell’olfatto e nel gusto
dell’antica Roma. A pochi passi, nel
continua a pag. 2
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Anno vii - numero ii
giardino protetto da pini secolari,
viene rievocata una cena romana a
casa di un ricco senatore, allietata
dai ritmi ammalianti della danza.
Qualche nuvola offusca il tramonto,
la giornata giunge alla fine.
Nei sorrisi dei bimbi, negli sguardi
divertiti o curiosi degli adulti, nella
gratitudine dei passanti e dei visitatori va trovato il senso della giornata: una giornata di archeologia
viva, densa di ricordi e di emozioni.
Forse sta proprio in questo la forza
dirompente del volontariato culturale: nella sua capacità di essere
ponte della società civile, di allacciare sinergie inedite ma efficaci, di
dar voce al silenzio della storia, di
cacciare l’oblio dalla nostra memoria collettiva e riaccendere per un
istante lo spirito del nostro Bene
Comune, realizzando con passione
e tenacia un piccolo miracolo: far
rivivere l’Appia Antica per un
giorno.
Stefano Firrincieli
biografia di una strada eterna
All’interno del parco dell’Appia Antica, che si estende nel settore sud-orientale della città di Roma, è posta una delle
strade più conosciute della storia romana: l’Appia Antica. Per oltre 16 Km, quasi tutti percorribili, da porta San Sebastiano all’incrocio con la via Appia Nuova alle Frattocchie, la Regina Viarum offre monumenti e scorci paesaggistici inimitabili. Costruita nel 312 a.C. dal console Appio Claudio Cieco (Appius Claudius Caecus), il tracciato originale dell'Appia
Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l'Urbe a Capua ,l’odierna Santa Maria Capua
Vetere, nei pressi di Caserta, passando per Aricia (Ariccia), per il Forum Appi (Foro Appio), Anxur (Terracina), Fundi
(Fondi), Itrii, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno), e Sinuessa (Mondragone). Da Capua l'Appia raggiungeva Beneventum (Benevento). Dalla città sannita si dirigeva poi verso il mare a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa)
e Silvum (Gravina). Un'importante stazione era presente nella città di Uria (Oria) e da qui terminava a Brundisium (Brindisi). Durante l’impero di Traiano, tra il 108-110 d.C., l’Appia fu restaurata e l’imperatore creò la via Appia-Traiana che
da Benevento, dove ancora oggi è possibile ammirare l’arco dell’omonimo imperatore costruito per onorare la nuova
strada, raggiunge in maniera più rettilinea Brindisi. A Roma tra il I e IX miglio, la via Appia si esprime con tutta la sua
storia secolare, ricostruendo in tal modo l’utilizzo durante il periodo repubblicano e imperiale. Inizialmente edificata
per scopi militari, con il passare del tempo divenne luogo dove la gente più ricca di Roma, tra cui gli Scipioni e i Metelli,
si faceva seppellire; non a caso le iscrizioni che si leggono sulle tombe maestose della Regina Viarum ricordano i personaggi illustri che lì riposavano e che sarebbero stati ricordati da tutti, vista la centralità della stessa strada. Camminando
sull’Appia Antica è possibile ammirare la copia del primo cippo miliare, la zona ad catacumbas che significava presso la
depressione o la cava, infatti lì c’era un’antica cava di pozzolana dove poi venne costruita la Basilica Apostolorum (ipotetico
luogo in cui furono conservate le spoglie degli apostoli Pietro e Paolo) e annesse catacombe. In questo luogo oggi è
possibile ammirare la chiesa di San Sebastiano. Al III miglio si incontrano i possedimenti della gens Annia che vennero
ereditati da Erode Attico alla morte della moglie Annia Regilla e che durante il IV a.C. demolita la sontuosa villa, videro
la costruzione della residenza di Massenzio. Al III miglio è situata anche la tomba di Cecilia Metella costruita tra il 25
e il 10 a.C., costituisce il monumento più rappresentativo dei sepolcri a tumulo. Esso è rivestito in blocchi di travertino
e ornato nella sommità da ghirlande con teste di bue ed ecco perché nel medioevo fu denominato Capo di Bove. E
proprio dopo la tomba è possibile intravedere una struttura ben conservata con le sue terme detta Villa di Capo di
Bove. Procedendo sul lastricato romano si susseguono sepolture importanti come il monumento sepolcrale di Marco
Servilio Quarto, restaurato da Canova, il monumento dorico e dei festoni del IV a.C. Al V miglio si incontrano i sepolcri
degli Orazi e dei Curiazi e la Villa dei Quintili. Durante il percorso è possibile osservare numerose tombe ad edicola e
torrette medievali come Torre Selce e più avanti, ormai all’incrocio di via di Fioranello, un monumento funerario detto
Berretta del Prete, databile tra la fine del III e gli inizi del IV d.C., trasformato in chiesa dedicata a S.Maria Madre di
Dio durante il medioevo e un mausoleo circolare in cui fu sepolto Gallieno, morto nel 268 d.C., giungendo in questo
modo al IX miglio della via Appia.
Serenella napolitano
culti ipOgei nel lAziO meDievAle
Stefano Mecchia
L’interazione tra l’uomo e il sottosuolo e la sua evoluzione è un
fenomeno poco studiato dal punto
di vista archeologico, anche in una
regione come il Lazio in cui questo
rapporto prosegue quasi ininterrotto dalla Preistoria ai giorni nostri.
Un aspetto particolarmente interessante di questa interazione è la frequentazione di cavità naturali o
artificiali come santuari legati specialmente ai culti della fertilità, a cui
in molti casi si è sovrapposto il culto
cristiano, ma anche come eremi o
cenobi. Molti di questi siti non
sono mai stati studiati scientificamente, e versano in condizioni di
grave degrado, anche perché i dati
sono dispersi in vari catasti speleologici (non facilmente accessibili al
pubblico). Al momento le fonti più
complete sono uno studio di J.
Raspi-Serra (MEFRA 1976), e il sito
dello speleologo Giulio Cappa
(http://www.geocities.com/felici_C
appa/santuari_rup.htm), che censisce 120 chiese ipogee medievali.
Le prime testimonianze accertate di
monasteri rupestri cristiani si pos-
sono collocare già alla metà del VI
sec., e sono legate soprattutto alla
figura di S. Benedetto, se non addirittura antecedenti.
Altri santuari sono databili all’Alto
Medioevo, legati alla diffusione del
culto di S. Michele (che di solito va
a sostituirsi a culti pagani
preesistenti) da parte dei Longobardi e allo sviluppo della Via Francigena. Nel Basso Medioevo alcuni
monasteri rupestri vengono fondati
dagli ordini mendicanti (soprattutto
dai Francescani), mentre altri santuari preesistenti, in genere quelli dedicati a S. Michele, vengono intitolati
alla Vergine, e il culto si incentra
sulla raccolta delle acque sotterranee
(cui vengono attribuite proprietà
galattogene).
Nei secoli successivi molti di questi
santuari cadono in rovina, mentre
altri, in genere quelli legati a monasteri, continuano ad essere frequentati e monumentalizzati in età
rinascimentale e barocca, e alcuni di
questi siti sono frequentati ancora
oggi.
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AgOrA', gli Antichi visti DA nOi
Film spagnolo in lingua inglese di
Alejandro Amenábar, venne presentato fuori concorso a Cannes
nel 2009 e divise da subito profondamente la critica.
L'opera narra, in forma piuttosto
romanzata, la vita e la morte della
filosofa neoplatonica Ipazia di
Alessandria, sottolineando soprattutto le sue ricerche e i suoi interessi in campo astronomico, fino
alla triste fine, avvenuta storicamente nel 415 d.C., per mano di
un gruppo di fanatici parabalani.
La rappresentazione piuttosto
cruda che l'opera dà delle contese
e delle lotte tra i diversi gruppi religiosi alessandrini, cristiani ebrei
e pagani, dopo l'editto di Teodosio che rendeva il cristianesimo religione ufficiale dell'Impero
Romano e il fatto che uno dei personaggi ritratti in maniera più negativa ed estremista sia il vescovo
Cirillo, in seguito fatto santo e
padre della Chiesa, ha diviso le
opinioni tra chi sottolinea la non
convenzionalità e il coraggio di
una simile rappresentazione e chi
invece la condanna per avere presentato figure troppo monocordi
ed estremizzate (i cristiani tutti fanatici e ignoranti, i pagani sapienti).
Il regista, premio Oscar nel 2004
con Mare Dentro come migliore
film straniero, non ha confermato
nessuna delle due tesi, sostenendo
che voleva fare un film sull'astronomia e che, una volta scoperta la
figura di Ipazia d'Alessandria, ha
scelto di produrre un film che
condannasse i fondamentalismi
religiosi, da qualunque parte provengano. “Mi affascinava l'idea di
rappresentare la scienza attraverso
una donna che, in un'epoca di intolleranza, voleva diffondere la
conoscenza con una mentalità
aperta e tollerante.”
Il film ha avuto svariate vicissitudini, è stato per esempio proibito
ad Alessandria perché si temeva
che potesse fomentare gli scontri
e le persecuzioni contro la minoranza cristiana della città egiziana;
anche in Italia è stato distribuito
soltanto l'anno seguente, fatto che
ha spinto alcuni a ipotizzare un
tentato ostracismo da parte della
Santa Sede (ipotesi negata da un
bell'articolo di Umberto Eco rintracciabile facilmente su Internet).
Le difficoltà di distribuzione italiane pare fossero invece dovute al
timore da parte delle case distributrici per gli alti costi da sostenere
per un film costato oltre 50 milioni di dollari a fronte di uno
scarso interesse del pubblico – tesi
purtroppo poi rivelatasi corretta.
Il film merita comunque di essere
visto per la splendida ricostruzione di un'epoca quale quella dell'Egitto del IV secolo d.C., di cui
L'IPaZIa STorICa
Nonostante il florilegio di letteratura emerso anche e soprattutto in seguito all'uscita del film, ben poco si sa dell'Ipazia storica. Nata attorno al 370 a.C., alla
morte del padre Teone gli subentrò come capo della scuola neoplatonica di
Alessandria. Le fonti dell'epoca, quasi tutte a lei favorevoli, la descrivono come
una donna colta, aperta e pronta a fornire la propria scienza a chiunque lo desiderasse; il vescovo di Cirene Sinesio, che ne fu allievo, la definisce “madre,
sorella, maestra e benefattrice”. La sua sapienza pare fosse talmente elevata da
risultare una delle principali consigliere della classe dirigente di Alessandria,
fatto che l'ha forse condotta alla morte nel 415.
L'origine del suo omicidio sta probabilmente nel rapporto privilegiato che deteneva col prefetto della città Oreste che, nel 414, venne aggredito e ferito da
un membro della polizia privata del vescovo Cirillo, i parabalani. Il colpevole
venne torturato a morte ma il vescovo, in contrasto con il prefetto romano, organizzò per lui funerali estremamente solenni e lo dichiarò martire della fede.
Nel marzo successivo, pare in seguito a dicerie che la vedevano protagonista
della mancata riconciliazione tra Oreste e Cirillo, un gruppo di monaci parabalani tesero un agguato alla filosofa e “Tiratala giù dal carro, la trascinarono
fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la
uccisero usando dei cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro,
trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni
traccia bruciandoli”.
Da quel momento Ipazia scompare dalla storia, almeno fino all'Illuminismo,
che la adottò e la recuperò come prima figura di martire pagana e del libero
pensiero (così la descrive, per esempio, Voltaire). Da allora, e fino ai nostri
giorni, la filosofa neoplatonica alessandrina è divenuta un simbolo della questione di libertà di pensiero e di azione femminile e scientifica nei confronti
dell'ordine religioso, venendo tra l'altro citata da Proust nella Recherche e da Umberto Eco in Baudolino.
si conosce o è rimasto ben poco e
per la particolarità di vedere i
primi cristiani in un ruolo differente da quello che solitamente il
cinema concede loro, non poveri
martiri con gli occhi al cielo per-
seguitati dai fanatici delle altre religioni ma quello, storicamente
presente nel V secolo, di persecutori delle dottrine differenti dalla
propria.
Marco Mengoli
NEWS DAL TERRITORIO
Tornando a Roma con la Via Cassia, passiamo nella Valle del Baccano, accanto (a pochi metri !)
dal tratto basolato della Cassia Antica con i resti della Mansio Ad Vacanas (il tutto riportato in luce
dal GAR), ma nessun cartello segnala questo sito (che tanto non è visitabile neanche lui….ma si
può vedere da fuori della recinzione, fintanto che le erbacce non lo avranno fatto scomparire).
Un lettore
…aspettiamo le vostre segnalazioni con foto, articoli o semplici commenti che riguardano il
nostro patrimonio culturale. Segnalateci ciò che non va e noi provvederemo a pubblicarlo!
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Anno vii - numero ii
buon Compleanno Italia: i festeggiamenti del 150°anniversario dell’Unità
grande apertura del complesso monumentale della porta di san pancrazio
In occasione del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia Roma apre le
porte di un nuovo museo. Giovedì
17 marzo 2011, dopo gli interventi
operati dalla Sovraintendenza ai
Beni Culturali di Roma Capitale, è
stato riaperto sul Gianicolo il complesso monumentale di Porta San
Pancrazio e inaugurato il Museo
della Repubblica Romana e della
Memoria Garibaldina.
Il nuovo museo, allestito lungo i
quattro piani dell’edificio di Porta
San Pancrazio, approfondirà la storia, i luoghi e i personaggi della Repubblica Romana del 1849
raccontando personaggi ed avvenimenti che, nonostante la breve durata, fu evento cardine del
Risorgimento e della storia italiana.
Sarà proprio lungo i quattro piani
che si snoderà il percorso museale
che permetterà di ripercorrere e rivivere un pezzo di storia del nostro
paese. Si parte dalla sala ‘Moti del
’48- il biennio 1848-1849’, in cui, il
tema centrale è rappresentato dalle
rivoluzioni del 1848, che coinvolsero quasi tutta l’Europa e che presentavano aspirazioni politiche
comuni: introduzione di regimi costituzionali, indipendenza del potere
giudiziario, libertà di espressione e
di associazione. Centro del movimento fu ancora una volta la Francia
dove, nonostante la proclamazione
della Repubblica (febbraio), esplosero accese rivolte nei quartieri popolari di Parigi. Dalla repressione di
questi moti prese avvio l’involuzione conservatrice dell’elettorato
francese, che avrebbe portato al potere Napoleone III.
La sala Pio IX – la politica riformatrice di Pio IX con soddisfazione
degli ambienti liberal moderati in
quanto aveva manifestato qualche
simpatia per il progetto neo-guelfo
di Vincenzo Gioberti, soddisfazione
che si tramutò in autentico entusiasmo quando il nuovo pontefice concesse, nel luglio, un’amnistia
generale. Non solo, ma nel corso del
1847, Pio IX proseguì nella sua politica riformatrice con l’introduzione
della libertà di stampa, l’istituzione
di una Consulta laica, la formazione
della Guardia civica e la creazione
del Consiglio dei ministri.
La sala Roma - Repubblica, Venite
– la nascita della repubblica in cui
sono narrate le vicende della nascita
dell’entusiastica, seppur breve Repubblica Romana.
La sala Eroi a vent’anni – i giovani
difensori della Repubblica, nel momento in cui fu costituita la Repubblica, confluirono a Roma, da tutta
l’Italia, patrioti decisi a combattere
non solo per la difesa della città, ma
per il conseguimento dell’agognata
unità nazionale. Oltre a figure già
ampiamente note nel panorama italiano, ma anche internazionale,
come Mazzini e Garibaldi, troviamo
liguri quali Goffredo Mameli; emiliani quali Pietro Pietramellara; lombardi quali Giacomo Medici,
Luciano Manara, Enrico Cernuschi,
Emilio
Morosini,
Enrico
Dandolo,veneti come Giacomo Venezian; toscani come Pietro Cironi,
Nicola Fabrizi e Filippo De Boni;
napoletani come Carlo Pisacane, calabresi come Giovanni Nicotera,
solo per ricordarne qualcuno.
E poi ancora la sala ‘L’Assedio – i
giorni dell’assedio’. La sala ‘La
Costituzione - la Costituzione della
Repubblica Romana.’ Infatti suggello della Repubblica può essere
considerata la Costituzione, proclamata in Campidoglio il 3 luglio
1849, quando già le truppe francesi
avevano occupato la città. Dei principi fondamentali che compongono
la Costituzione risaltano, in particolare, il terzo, che stabiliva un impegno di carattere sociale volto al
miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini, e il
settimo, che ribadiva il principio
della netta seperazione tra stato e
chiesa. Nel quarto, di chiara ispirazione mazziniana, si precisava che
“la repubblica riguarda tutti i popoli
come fratelli, rispetta ogni nazionalità, propugna l’italiana”.
In ultimo la sala ‘Tradizione garibaldina’ dove sono raccontate tutte
le avventure del celebre Garibaldi e
i suoi seguaci.
A suggello dell’incredibile percorso
storico la Sovrintendenza ha informato che: “I 150 anni dell’Unità
d’Italia sono stati dunque l’occasione per un eccezionale intervento
di restauro e valorizzazione di quei
monumenti del Gianicolo nell’ambito del progetto ‘I luoghi della Memoria’ promosso dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri. Il gruppo
dei monumenti è significativo della
politica celebrativa del nuovo stato
unitario, volto a ricordare tanto le
grandi glorie nazionali, le figure dei
grandi politici e intellettuali, sia
degli eroi locali e spesso di estrazione popolare: il monumento al patriota Angelo Brunetti, detto
“Ciceruacchio” (1800-1849), fu realizzato da Ettore Ximenes e inaugurato nel 1907; il monumento al
filosofo, patriota e uomo politico,
Terenzio Mamiani (1799-1885),
opera di Mauro Benini e Ettore Bernich, fu inaugurato nel 1893; il monumento equestre a Giuseppe
Garibaldi (1807-1882) fu eseguito
da Emilio Gallori e inaugurato nel
1895, quello ad Anita Garibaldi
(1821-1849), opera di Mario Rutelli
fu inaugurato nel 1932. Gli 84 busti
e le 4 stele celebrative dei garibaldini e difensori della Repubblica
Romana del 1849 furono collocati a
partire dal 1885 e sono opera di importanti scultori tra cui Ettore Ferrari, Giuseppe Guastalla, Mario
Rutelli, Giovanni Prini e Publio
Morbiducci. Il Faro, commissionato
dagli Italiani residenti in Argentina
e realizzato su progetto dell’architetto Manfredo Manfredi, fu inaugurato nel 1911 in occasione del 50°
anniversario dell’Unità d’Italia”.
Gli interventi realizzati hanno portato al restauro di tutte le superfici
lapidee e di tutte le parti in bronzo,
al consolidamento delle strutture
portanti interne dei monumenti
bronzei e al restauro degli apparati
decorativi dell’ambiente interno al
Faro. E’ previsto inoltre il trasferimento al Gianicolo del monumento
a Ciceruacchio, già spostato nel
1960, in occasione della creazione
del sottovia di Passeggiata di Ripetta, dalla sede originaria in Lun-
gotevere Arnaldo da Brescia a
quella in Lungotevere in Augusta.
La nuova collocazione, accanto al
viale intitolato al figlio Lorenzo, restituirà a Ciceruacchio, il giusto decoro e la memoria, trasferendolo nel
luogo simbolo del Risorgimento romano.
Il museo, che entrerà a far parte del
Sistema Musei Civici di Roma Capitale, è stato ideato dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma
Capitale, dall'Unità Tecnica di Missione della Presidenza del Consiglio
dei Ministri e dall'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano Museo Centrale del Risorgimento di
Roma, con la collaborazione dell'Associazione Nazionale Veterani e
Reduci Garibaldini (ANVRG), che
avrà la sua sede nell'edificio, della
Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma e del Comitato
Gianicolo. Roma, 17 marzo 2011
serenella napolitano
NUOVA ARCHEOLOGIA
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