Il bacio divino della tenerezza

Transcript

Il bacio divino della tenerezza
Il bacio divino della tenerezza
Il Cantico dei Cantici inizia con l’espressione Mi baci egli con i baci della sua
bocca (jiššaqenî minnešîqôt pîhû). Credo che affermazione più profonda e più bella
non ci possa essere, per vivere l’esperienza dell’incontro d’amore all’insegna del
gusto, del piacere e della tenerezza. Come già nel titolo (Cantico dei Cantici), anche
qui assistiamo alla ripetizione del medesimo concetto attraverso un verbo e un
sostantivo del medesimo significato. Nella lingua ebraica la ripetizione dei termini e
delle parole, anche attraverso l’utilizzo di sinonimi, indica sempre il superlativo, il
non plus ultra. Questo è il cantico per eccellenza, dal momento che parla d’amore; e
che cosa è più trasparente nell’amore se non il bacio della bocca? L’espressione Mi
baci egli con i baci della sua bocca è tale da provocare davvero una grandissima
emozione. Nel bacio si fa l’esperienza estrema della tenerezza, della vicinanza,
dell’affetto. Il bacio, infatti, è l’espressione più intima dell’amore. E nel ripetere il
concetto, utilizzando dapprima il verbo e poi il sostantivo, si crea nel testo una sorta
di dialettica, che dà all’esperienza del bacio un’intimità tutta particolare e tutta da
scoprire e verso cui tendere. Si tratta – avverte G. Ravasi – di “una raffinata
“onomatopea” del bacio, ritmata su un gioco di sibilanti e con un vocabolo (pîhû,
«sua bocca»), la cui pronuncia costringe le labbra a porsi nell’atteggiamento del
bacio”. Il suono dell’intera costruzione lessicale sembra richiamare esattamente il
rumore del bacio, plasticamente espresso dall’ultima parola ebraica. “La ripetizione –
continua il Ravasi – crea una sorta di superlativo, di intensità nel bacio”, per cui il
significato finale equivale esattamente ad un “Baciami con grande amore”.
Espressa alla terza persona del congiuntivo presente, l’espressione acquista di fatto
una sorta di profondo desiderio, cui la sposa si sente profondamente legata. Questa
particolare forma grammaticale esprime chiaramente l’idea di un desiderio, a cui la
sposa aspira, ma che diventa, di fatto, un programma di vita. Sembra che questo
desiderio di essere baciata è ciò che lei esattamente vuole e la cui tensione rimane
presente per l’intera opera: Che mi baci pure egli con i baci della sua bocca. Nella
sua traduzione dalla Vulgata Antonio Martini scrive:
«Questo esordio pieno di affetto e questa maniera di parlare tutta nuova sveglia l’attenzione di
chiunque legge od ascolta […] non si dice chi è chi parla né a chi parla, ma quello che chiede con
istudiata ripetizione vien detto: Mi baci e di poi Col bacio e finalmente Col bacio della sua bocca,
donde apparisce e l’ardentissimo desiderio di lei che domanda e la grandezza del bene ch’ella
domanda».
Ma chi è colei che desidera il bacio sulla bocca e chi è colui, al quale è richiesto il
bacio amoroso? Al di là delle tante possibili interpretazioni esegetiche, a me piace
vedere qui la Santissima Trinità: il Padre bacia me, suo figlio, con il bacio del suo
Spirito. È lo Spirito Santo che imprime a me i suoi baci d’amore e questo bacio è il
bacio del Padre, che mi viene donato, perché figlio nel Figlio suo Gesù Cristo. In
questa interpretazione trinitaria lo Spirito Santo è la bocca di Dio, che bacia con
amore il proprio prediletto e il proprio amato. Si tratta, pertanto, della contemplazione
del bacio di Dio nel Figlio suo, che è lo stesso suo Spirito, che bacia con riverenza e
delizia e con l’amore totale e gratuito l’oggetto desiderato del suo amore.
L’esperienza dei mistici
Su questa particolare esperienza del bacio divino, i Padri della Chiesa e, più in
generale, i mistici forniscono delle stupende pennellate ascetiche, dove però la “bocca
che bacia” è sempre quella del Verbo. Scrive San Bernardo di Chiaravalle nel
commento al Cantico dei Cantici:
«Queste parole: Mi baci con il bacio della sua bocca esprimono per me l’ardente desiderio e
l’affetto della pia attesa di quegli antichi giusti (ossia dei Patriarchi e dei profeti). Non altri dunque,
sia angelo, sia uomo, ma lui prego di baciarmi con il bacio della sua bocca. Comprendete! La bocca
che bacia è, per noi, il Verbo che assume la natura umana».
E Santa Caterina da Siena nel Dialogo della divina Provvidenza, in riferimento alla
sua teologia del Cristo ponte tra Dio e l’umanità, parla del contatto con il Crocifisso a
tre livelli e gradualità: il primo livello, quello dei prospicienti, è con i piedi del
Crocifisso, il cui contatto eleva l’uomo dalle passioni della terra; il secondo, quello
dei perfetti, è con il costato di Cristo; il terzo, infine, quello dei perfettissimi, è con la
bocca del Cristo:
«Dove è passata l’anima per arrivare sino alla bocca del Cristo? Per la via del cuore...costoro sono
giunti alla bocca, e ne danno prova mettendosi a svolgere l’ufficio della bocca. La bocca infatti
parla grazie alla lingua che possiede, mentre il gusto ha il potere di sentire il sapore. La bocca
inoltre trattiene il cibo, porgendolo poi allo stomaco, e i denti lo schiacciano perché, diversamente,
il cibo non potrebbe essere inghiottito. Così fa l’anima: prima parla rivolgendosi a me con la lingua
che sta nella bocca del suo santo desiderio, ossia con la lingua della santa e continua orazione […]
tu sai che proprio sulla bocca si da la pace. In questo terzo stato l’anima trova la pace nel modo così
saldo che nessuno la potrebbe turbare, in quanto ha perduta e annegata la propria volontà; e quando
la volontà è morta ne vengono pace e quiete».
Origene, da parte sua, vede qui l’anima,
«che desidera soltanto congiungersi ed unirsi col Verbo di Dio ed entrare nei misteri della sua
sapienza e della sua scienza come nel talamo dello sposo celeste».
E insiste:
«Anche quest’anima ha i doni che da lui le sono stati dati a titolo di dote […] e si parla al plurale di
baci, proprio perché noi comprendiamo che l’illuminazione di ogni concetto oscuro è un bacio che
il Verbo di Dio dà all’anima perfetta […] perciò ogni volta che nel nostro cuore scopriamo qualcosa
che ricercavamo sulle dottrine e gli argomenti divini, altrettanti baci crediamo che ci siano stati dati
dallo Sposo, il Verbo di Dio [...] il Padre conosce la capacità di ogni anima e sa a quale anima quali
baci del Verbo a suo tempo debba porgere».
Anche Gregorio di Nissa vede l’anima che
«viene ornata come una sposa […] e si avvia al congiungimento incorporeo e spirituale e
incontaminato con Dio»;
ed esorta:
«Penetrate all’interno dell’immacolata stanza nuziale e indossate le bianche vesti dei vostri puri e
incontaminati pensieri».
Il titolo del Cantico
Questo primo versetto del Cantico dei Cantici sembra avere una tale portata e
densità da far pensare a una sorta di titolo all’intera opera. L’attenzione è posta sulle
due immagini molto significative del bacio (nšq) e della bocca baciante (peh), perché
attraverso l’esperienza del bacio “bocca a bocca” i due amanti esprimano l’intenso
desiderio di entrare in una particolare e profonda intimità, che permetta loro di sentire
l’ebbrezza della loro relazione.
Del bacio, quale segno d’amore, nell’Antico Testamento si parla assai poco. A parte
l’accenno in Gn 29,11 (Giacobbe baciò Rachele) e in 1Sam 20,41 (Davide e Gionata
si baciarono l’un l’altro e piansero l’uno insieme all’altro; cfr anche Prv 24,26), per
il resto si parla del bacio o in riferimento al legame di parentela (Gn 27,26.27;
29,11.13; 31,28; 32,1; 33,4; 45,15; 48,10; 50,1; Es 4,27; 18,7; 2 Sam 14,33; 1Re
19,20) o come segno di affetto (cfr 1Sam 10,1; Es 4,27; 2Sam 19,40; Rt 1,9.14); nel
libro dei Proverbi, poi, il bacio è un elemento delle arti seduttrici della donna adultera
(Pr 7,13); esiste anche qualche accenno all’idea del bacio in vista di un qualche
interesse, come ad esempio il bacio di Assalonne verso i postulanti, motivato da una
chiara tattica politica (2Sam 15,5); il bacio del generale Ioab nei confronti del suo
giovane successore Amasa è semplicemente un inganno e perciò definito il bacio di
Giuda dell’Antico Testamento (2Sam 19,14; 20,9; cfr anche Prv 27,6). Interessante,
infine, è il bacio messianico tra giustizia e pace alla fine dei tempi (cfr Sal 84,11).
Anche il Nuovo Testamento ignora del tutto il bacio erotico e presenta
fondamentalmente tre tipi di baci: quello del padre, che accoglie il figlio (Lc 15,20),
da considerare essenzialmente come bacio di riconciliazione (katefílēsan); i molti
baci della peccatrice, da interpretare come segni profondi della conversione (Lc
7,38.45); e, infine, il bacio di commiato dei presbiteri efesini, da considerare come
espressione della riconoscenza per tutto ciò che Paolo aveva fatto per le sue comunità
(At 20,37). All’interno dell’espistolario paolino si parla del bacio santo (fílēma
aghion), che i fratelli possono scambiarsi con tenerezza e amore come segno di
fraternità nella fede (Rm 16,16; 1Cor 16,20; 2Cor 13,12; 1Ts 5,26; cfr anche 1Pt
5,14). Una questione a sé è data dal bacio di Giuda (Mt 26,49; Mc 14,45; Lc 22,48),
raccontato con dinamiche differenti nei Sinottici e totalmente ignorato da Giovanni,
segno questo che sin dai primordi della cristianità il bacio di Giuda ha costituito un
particolare e grave problema.
Pertanto, è solo qui in tutta la Bibbia che si parla del bacio tra l’uomo e la donna in
senso positivo e attraente. Il tutto, poi, è accentuato dalla particolare enfasi, con cui il
bacio viene presentato; ed è soprattutto un dato notevole il fatto che la scena del bacio
sia posta all’inizio del libro come un qualcosa di dinamico, significativo e
profondamente intenso. È, di fatto, la scena che apre il Cantico d’amore e nello stesso
tempo gli dà una forte portata ermeneutica e significativamente lo orienta. Del resto,
è l’unico caso in tutta la Bibbia, in cui si parla esplicitamente del bacio “bocca a
bocca”, dove la bocca che bacia è corrisposta amorevolmente dall’altra bocca, che
nello stesso tempo bacia. Si tratta, quindi, di un intreccio di baci, amorevolmente
corrisposti. Nell’esprimere l’azione amorosa del bacio, l’autore del Cantico dei
Cantici utilizza esplicitamente la parola “bocca”. Solo due casi nell’Antico
Testamento si avvicinano al nostro testo, dal momento che viene esplicitamente
menzionata la bocca, per richiamare questa particolare azione d’amore. Si tratta di
1Re 19,18, dove però si parla del bacio idolatrico, fatto con la bocca; e soprattutto di
Gb 31,27 (si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho
mandato un bacio). Per il resto, oltre ad essere normalmente utilizzato per indicare
l’organo della comunicazione vocale (Gn 45,12; Ger 32,4; 34,3; Sal 49,4; 63,12), il
sostantivo peh nell’Antico Testamento si riferisce spesso al dialogo tra l’uomo e Dio
(Is 57,4; Ger 9,7; Sal 10,7; 37,30; 39,2; 50,19; Gb 15,5; 20,12; Prv 10,31; 15,2;
26,28) e con il tocco della bocca l’uomo è reso profeta (Is 6,7; cfr anche Ez 3,26).
C’è, inoltre, un particolare rapporto tra la bocca e l’interno dell’uomo, dal momento
che ciò che la bocca pronuncia viene dalla sua intimità (Sal 5,10; Dt 30,14): la bocca
e le labbra possono muoversi, ma è il cuore che parla (1Sam 1,12ss.); la bocca forma
con il ventre un’unione più organica e materiale che con il cuore (Ez 3,3; Prv 18,20).
La bocca, inoltre, è l’organo che esprime e comunica sentimenti di lode (Sal 51,17;
71,8), di ringraziamento in risposta alle promesse venute dalla bocca di Dio (Sal
109,30; 138,4). È, ancora, con la sua bocca, che Dio trasmette la legge (cfr Sal
118,72) e pronuncia gli oracoli profetici (cfr Dt 8,3; cfr Mt 4,4; Lc 4,4); ed è con la
bocca che l’uomo nei Salmi entra a contatto con Dio mediante la preghiera. In questa
complessa e ampia prospettiva veterotestamentaria, la “bocca” viene ad esprimere la
totalità dell’azione comunicativa di Dio nei confronti dell’uomo. Anche il Nuovo
Testamento si apre proprio con il riferimento alla bocca di Dio da parte di Gesù, che
cita al diavolo il testo di Dt 8,3 = Mt 4,4 (Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni
parola che esce dalla bocca di Dio). Pertanto si realizza una chiara identificazione tra
la bocca di Dio e quella di Gesù, che è altrettanto autorevole e significativa.
L’espressione Dalla sua bocca (Lc 4,22; 11,54; 22,71) o Aperta la bocca (Mt 5,2)
risveglia automaticamente l’idea della sublimità di questa bocca e della validità e
verità di ciò che dice, ossia parole piene di grazia e di autorevolezza, che escono
dalla bocca del Cristo. E l’apostolo Pietro, ricalcando il testo profetico di Is 53,9 e
vedendolo pienamente compiuto in Cristo, afferma che non si trovò inganno nella
sua bocca (cfr anche Ap 14,5); quella bocca, secondo Mt 13,34, avrebbe parlato,
portando a compimento il Sal 78,2, rivelando all’umanità i segreti arcani e i misteri
del Regno. Quella del Cristo è, infine, la bocca potente, che vomita il tiepido (Ap
3,16) e il cui soffio spazza via l’empio (2Ts 2,8).
All’interno, dunque, di questa profonda e complessa immagine della bocca
all’interno del mondo biblico si percepisce come la bocca baciante del Cantico dei
Cantici esprima un’intensa intimità e una relazione amorosa del tutto particolare con
delle connotazioni teologiche di una forte valenza simbolica.
Desiderio del bacio divino
Desiderando il bacio di Dio e la sua bocca divina, la sposa del Cantico dei Cantici
sente l’intimità del suo diletto, ne avverte il fascino, vi gusta la profondità dell’amore.
Un’antichissima tradizione ebraica vuole che al momento della morte sul monte Nebo
Dio sia sceso dal cielo per dare a Mosè un bacio d’amore: è il suggello da parte di
Dio nei confronti del suo servo, che ora riceve il bacio finale dell’amore e la piena,
totale e appagante realizzazione dell’intera sua esistenza. Il primo versetto del
Cantico dei Cantici è, dunque, una forte provocazione a gustare il bacio del Verbo,
nel suo Santo Spirito e nella pienezza della misericordia del Padre, e di conseguenza
a dare, anche noi, il nostro bacio, tenero e amoroso, a Dio. A baciare, in sostanza, è il
Padre; la sua bocca è quella del Verbo; il suo respiro è quello dello Spirito. A seconda
delle sensibilità di ciascuno, nella meditazione, contemplazione e adorazione, ognuno
può assaporare il bacio divino sia come datogli attraverso lo Spirito Santo e sia come
datogli dal Verbo. Si tratta di sensibilità differenti, che probabilmente non intaccano
la sostanza dell’esperienza mistica ed ascetica, se non a un livello di differenti
spiritualità.
Nel romanzo Il rifugio del pastore luterano W. Paul Young, ad un certo momento si
assiste alla scena di Gesù, che bacia il Padre sulla bocca:
«A un certo punto Gesù si affacciò con la testa nella stanza per informare Pa (= Dio Padre), che
aveva messo gli strumenti di cui avrebbero avuto bisogno appena fuori dalla porta. Pa lo ringraziò,
Gesù si avvicinò per baciarlo sulle labbra e tornò fuori. Mack (è il nome del protagonista del
romanzo) stava aiutando a lavare i pochi piatti sporchi, quando gli venne in mente di chiedere: «Lo
ami proprio tanto, vero? Gesù intendo». «So bene a chi ti riferisci» rispose Pa, sorridendo. Stava
sciacquando la padella e si interruppe. «Con tutto il mio cuore! Credo che ci sia qualcosa di molto
speciale in un figlio unico». Ammiccò e riprese a maneggiare la padella. «È parte dell’unicità che
condivido con lui».
Colpisce il bacio di Gesù con il Padre sulle labbra. È il modo con cui l’autore del
romanzo intende evidenziare la particolare relazione di intimità del Padre verso il
Figlio e soprattutto l’unicità dell’amore che intercorre tra i due. Entrare nel sistema
agàpico della Santissima Trinità e contemplarne l’atmosfera divina, significa,
pertanto, gustare nella contemplazione la loro stessa vita e assaporare la loro intima
presenza in noi; e se ci riesce a percepire qualcosa del loro bacio divino, allora si
tratterà semplicemente di saperlo assaporare e gustare intensamente. È tutto qui, in
definitiva, lo scopo del Cantico dei Cantici, ossia non parlare di Dio e del suo
mistero, ma sentirlo nell’intimità della sua relazione e in riferimento con tutta
l’umanità.
Nel segno del bacio divino, con la cui immagine ha inizio il libro del Cantico
dei Cantici, viene dunque espressa una profonda relazione di amore, che è la
chiave di lettura dell’intero poema biblico. Lo scopo dell’opera, infatti, è
proprio quello di descrivere in termini propriamente umani quella che è la
trascendenza divina, tutt’altro che distante dall’esperienza umana, di cui il bacio
è il segno più emblematico e più paradossale dell’amore e dell’intimità,
esattamente come lo vive Dio e come intende comunicarlo all’umanità.