Claudio Ghia, Alvise Vergerio di Cesana e Federico Mazzella

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Claudio Ghia, Alvise Vergerio di Cesana e Federico Mazzella
RIVISTA DI DIRITTO DEI GIOCHI E DELLE SCOMMESSE
N. 11/2011
Claudio Ghia, Alvise Vergerio di Cesana e Federico Mazzella
(Avvocati in Roma)
Commento agli articoli 2 e 3 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, a seguito
delle modifiche apportate dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148
I - ANALISI
DEI PROFILI DI INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ART. 2, CO. 3, D.L. N. 138 DEL
CONVERTITO CON MODIFICAZIONI CON LEGGE N. 148 DEL 2011 (A CURA DI CLAUDIO GHIA)
2011,
Art. 2
(Disposizioni in materia di entrate)
3. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato,
con propri decreti dirigenziali adottati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare
maggiori entrate, potendo tra l'altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad
estrazione istantanea, adottare nuove modalità di gioco del Lotto, nonché dei giochi numerici a
totalizzazione nazionale, variare l’assegnazione della percentuale della posta di gioco a
montepremi ovvero a vincite in denaro, la misura del prelievo erariale unico, nonché la
percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita. Il Direttore
generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può proporre al Ministro
dell’economia e delle finanze di disporre con propri decreti, entro il 30 giugno 2012, tenuto anche
conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi
lavorati eventualmente intervenuti, l’aumento dell’aliquota di base dell’accisa sui tabacchi lavorati
prevista dall’allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni.
L’attuazione delle disposizioni del presente comma assicura maggiori entrate in misura non
inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. Le maggiori entrate derivanti
dal presente comma sono integralmente attribuite allo Stato.
Ancora una volta il legislatore primario, introducendo le disposizioni di cui all’art. 2,
comma 3, decreto legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni con legge n. 148 del 2011,
sembra aver coniato una norma del tutto astratta rispetto alla elaborazione della giurisprudenza
comunitaria ed interna che si è sviluppata negli ultimi dieci anni.
Il testo normativo in lettura, infatti, desta molte perplessità, sia sotto il profilo della
costituzionalità della delega, che sotto quello della compatibilità con i principi e le indicazioni che,
con sempre maggior dettaglio e forza, provengono dal Giudice comunitario.
1
Procedendo per gradi, la norma rischia anzitutto di presentare profili di incostituzionalità in
conseguenza dell’omessa indicazione da parte del legislatore delegante dei principi e criteri direttivi
di cui all’art. 76 Cost.
Come peraltro già rilevato dal Servizio Studi del Senato nella scheda analitica di lettura che
ha accompagnato il decreto legge n. 138 del 2011 nella fase di conversione, il primo periodo del
comma 3 prevede, infatti, che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto,
l’AAMS possa, con propri decreti dirigenziali, emanare “tutte le disposizioni in materia di giochi
pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate”1.
Trattasi evidentemente di una delega senza limiti che concede all’Amministrazione un
vastissimo potere discrezionale, omettendo qualsiasi forma di perimetrazione dello stesso attraverso
l’indicazione dei principi cui l’azione regolamentare dovrebbe essere ispirata.
L’unico elemento certo che viene fornito dal legislatore all’Amministrazione delegata
affinché quest’ultima possa orientare le proprie determinazioni, e quindi la futura normazione del
settore, è l’obiettivo finale da conseguire, ovverosia la massimizzazione delle entrate erariali; per
ciò che concerne l’individuazione delle modalità e dei mezzi attraverso i quali il riferito risultato
deve essere conseguito, il legislatore delegante ha rimesso interamente la questione all’arbitrio di
AAMS.
Tralasciando per il momento di considerare le ragioni del possibile contrasto della delega
con le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia Europea – su cui, seppur brevemente, ci
soffermeremo in seguito –, appare utile evidenziare che non deve fuorviare la successiva
elencazione dei settori sui quali l’AAMS potrà esercitare la propria azione innovativa
(l’introduzione di nuovi giochi, l’indizione di nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea,
l’adozione di nuove modalità di gioco del Lotto, l’adozione di nuove modalità dei giochi numerici a
totalizzazione nazionale, la variazione dell’assegnazione della percentuale della posta di gioco a
montepremi ovvero a vincite in denaro, la variazione della misura del prelievo erariale unico, la
variazione della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti
vendita).
Tale elencazione, infatti, come testimonia l’uso dell’espressione “tra l’altro”, è meramente
esemplificativa e non esaustiva; ciò, peraltro, è stato evidenziato anche dal Servizio Studi del
Senato che, nella scheda di lettura della disposizione in esame, ha rilevato come “al di là del
riferimento di carattere generale alla necessità di conseguire maggiori entrate, il testo in esame non
individui alcun criterio puntuale finalizzato a circoscrivere l’ambito dell’attività di normazione
attribuita all’AAMS”.
La norma contenuta nell’art. 2, comma 3, del decreto in commento pone, dunque, all’AAMS
un difficile dilemma da risolvere, dovendo la stessa ponderare autonomamente i criteri interpretativi
utili ad evitare che la decretazione attuativa possa incorrere nei rilievi di incostituzionalità sopra
evidenziati.
1
Nelle more della pubblicazione del presente lavoro, l’AAMS, in data 12 ottobre 2011, ha adottato un primo
decreto direttoriale (pubblicato sulla G.U.R.I. del 14 novembre 2011), con il quale, al fine di assicurare
“Maggiori entrate” (dalla rubrica dell’art. 1 di tale decreto), ha stabilito: “Nuove modalità di gioco del Lotto”
(art. 2), “Nuove modalità di giochi numerici a totalizzatore nazionale” (art. 3), la “Introduzione di nuovi giochi”
(art. 4), la “Variazione della misura del prelievo erariale” (art. 5) e, infine, “Altre disposizioni utili al fine di
assicurare maggiori entrate” (art. 6).
2
Cosicché, l’AAMS, nel dare attuazione alla delega, sarà tenuta a individuare
preventivamente i criteri e principi limitativi della propria discrezionalità, con il rischio che
l’impronta d’innovazione che originariamente permeava la ratio della norma di delega –
evidentemente pensata per consentire l’introduzione di nuove formule di gioco con caratteristiche
diverse, soprattutto sotto il profilo del pay out – possa dissolversi come “polvere nel vento”.
Va infatti considerato un precedente che è già stato vagliato dalla Corte Costituzionale
allorché la stessa si è pronunciata in merito alla questione di legittimità costituzionale sollevata in
relazione alla norma di delegificazione contenuta nell’art. 3, comma 78 della legge n. 662 del 1996,
che così disponeva: “Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo
parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede al riordino della materia dei giochi
e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi,
funzionali, fiscali e sanzionatori, nonché al riparto dei relativi proventi […]”2.
Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Provinciale di Chieti sollevò la questione di
costituzionalità in merito alla disposizione sopra evidenziata, sostenendo che la stessa non
conteneva alcuna previsione dei criteri direttivi in ordine all’individuazione dei soggetti passivi
dell’imposta unica sulle scommesse dei cavalli.
Si noti che, a differenza della fattispecie oggetto dell’odierno commento, la disposizione di
cui all’art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996 individuava con precisione i criteri ed i
principi direttivi in forza dei quali il Ministero avrebbe dovuto orientare la propria azione di
2
Per completezza si riporta il testo integrale della disposizione richiamata: “Con regolamento da emanare ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede al riordino della materia dei
giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e
sanzionatori, nonché al riparto dei relativi proventi. Il regolamento è ispirato ai seguenti princìpi:
a) individuazione dei casi in cui alla organizzazione ed alla gestione dei giochi, secondo criteri di efficienza e di
economicità, provvede direttamente l'amministrazione ovvero è opportuno rivolgersi a terzi;
b) scelta del terzo concessionario secondo criteri di trasparenza ed in conformità alle disposizioni, anche comunitarie;
c) gestione congiunta tra i Ministeri delle finanze e delle politiche agricole e forestali, dell'organizzazione e della
gestione dei giochi e delle scommesse compatibilmente con quanto indicato nel criterio di cui alla lettera a) e
assicurando il coordinamento tra le amministrazioni;
d) ripartizione dei proventi al netto delle imposte in modo da garantire l'espletamento dei compiti istituzionali
dell'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE) ed il finanziamento del montepremi delle corse e delle
provvidenze per l'allevamento secondo programmi da sottoporre all'approvazione del Ministro delle politiche agricole
e forestali;
d-bis) revisione e adeguamento del sistema sanzionatorio applicabile alla materia dei giochi e delle scommesse relativi
alle corse dei cavalli in funzione della ridefinizione degli ambiti della materia conseguente all'osservanza dei criteri di
cui alle lettere precedenti, con la previsione, in particolare, di sanzioni anche pecuniarie coerenti e proporzionate alla
natura e alla gravità delle violazioni delle nuove fattispecie definite nonché di termini di prescrizione ridotti quanto
all’azione di accertamento delle infrazioni e del diritto alla restituzione delle imposte indebitamente pagate (48) (49).
d-ter) previsione di procedure finalizzate ad un costante monitoraggio del benessere degli animali e alla prevenzione
delle pratiche del doping;
d-quater) realizzazione di un sistema organico di misure volte alla promozione della salute e del benessere del cavallo
nonché definizione di un codice che regoli il mantenimento, l'allevamento, la custodia, il commercio e la cessione dei
cavalli.
d-quinquies) partecipazione dell’UNIRE, attraverso soggetti allo scopo indicati, nelle commissioni competenti in
materia di giochi e scommesse relativi alle corse dei cavalli
d-sexies) individuazione di adeguate fonte di concertazione dell’UNIRE in relazione ai procedimenti riguardanti la
materia dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli;
d-septies) accesso dell’UNIRE in tempo reale a tutti i dati concernenti i giochi e le scommesse relativi alle corse dei
cavalli e ai rapporti con i concessionari”.
3
regolamentazione in sede di attuazione. Secondo il giudice rimettente, dunque, l’unico nervo
rimasto scoperto, in quel caso, era l’omessa indicazione dei principi direttivi che avrebbero dovuto
ispirare, in sede attuativa, l’individuazione dei soggetti passivi dell’imposta sopra richiamata.
Ebbene, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 303 del 22 luglio 2005, ha
preliminarmente rammentato – richiamando la sentenza n. 354 del 1998 già richiamata dalle
sentenze n. 66 del 2005 e n. 239 del 2003 – che “nelle ipotesi di delega legislativa volta al riordino
di una materia […] in mancanza di principi e criteri direttivi che giustifichino la riforma della
normativa preesistente, la delega deve essere intesa in un senso minimale, tale da non consentire, di
per sé, l’adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo”.
Successivamente, dirimendo la questione e respingendo le tesi addotte dalla Commissione
Tributaria rimettente, il Giudice delle leggi ha stabilito che la norma di delegificazione tacciata di
incostituzionalità “non prevedendo alcuna specifica direttiva in ordine ai soggetti passivi di
imposta, lascia immutata la disciplina legislativa concernente gli elementi strutturali del suddetto
tributo e, quindi, impone al regolamento di delegificazione di mantenere gli stessi soggetti passivi
indicati dalla legislazione preesistente”.
Pur coscienti del fatto che il caso ora richiamato si riferiva ad una ipotesi di mero riordino di
una materia attraverso l’adozione di strumenti di delegificazione, mentre la disposizione di cui
all’art. 2, comma 3, del decreto de quo, appare configurarsi maggiormente come una fattispecie di
innovazione della normativa del settore, attraverso il ricorso allo strumento della delegificazione,
non possiamo non notare come il principio coniato dalla Corte Costituzione con la richiamata
pronuncia ben possa essere utilizzato da AAMS come parametro di riferimento per compensare
l’”eccesso di delega” in cui sembra essere incorso il legislatore.
Ebbene, laddove l’Amministrazione dovesse seguire la strada sopra indicata ispirandosi al
principio sancito dalla richiamata sentenza n. 303 del 2005 resa dalla Corte Costituzionale, emerge
con evidenza quanto sopra anticipato, ovverosia che il fine innovativo cui aspirava la delega
contenuta nel citato art. 2, comma 3, in realtà, sia destinato a risolversi in un nulla di fatto.
Se l’interpretazione della delega da parte di AAMS, infatti, deve essere “minimale” e,
quindi, in assenza di principi direttivi indicati dal delegante, orientata a mantenere fermo il quadro
normativo previgente, appare difficile ipotizzare l’introduzione di nuove formule di gioco che, a
titolo meramente esemplificativo, possano erodere la quota della posta di gioco destinata all’erario a
beneficio del “cespite” destinato, a seconda della tipologia di gioco, a montepremi o a pay out.
Fermo restando quanto sin qui considerato, per completezza di esposizione, va comunque
menzionato quanto disposto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 158 del 23 maggio 1985,
ovverosia che “le direttive, i principi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della
delega, sì da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalità che l'hanno
determinata, ma, dall'altro, devono consentire al potere delegato la possibilità di valutare le
particolari situazioni giuridiche da regolamentare. In particolare, la norma di delega non deve
contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti
vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalità, inidonee o insufficienti ad indirizzare
l'attività normativa del legislatore delegato”.
Ad ogni buon conto, è evidente come la mera indicazione della finalità di massimizzare le
entrate erariali, enunciata dal potere delegante nella disposizione in commento, risulti assolutamente
generica e inidonea a indirizzare l’attività regolamentare dell’Amministrazione, soprattutto laddove
si consideri che il Giudice europeo, da ultimo con la Sentenza Ömer Dickinger del 15 settembre
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2011 (C-347/2009), giorno successivo alla emanazione della legge di conversione in commento, ha
chiaramente ribadito che:
- il solo obiettivo della massimizzazione delle entrate dell’Erario non può consentire una
restrizione alla libera prestazione dei servizi che, di per sé, un sistema di monopolio sempre
comporta (punto 55);
- anche qualora lo Stato membro – come nel caso dell’Italia – non intenda ridurre le
opportunità di gioco, ma cerchi soltanto di canalizzare tali attività e i giocatori in circuiti controllati
al fine di impedirne la degenerazione criminale, la politica espansiva dell’offerta di gioco deve
comunque essere controllata.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, l’attuazione delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 3,
del D.L. n. 138 del 2011 dovrà essere condotta da AAMS tenendo ben presenti le indicazioni fornite
dalla Corte di Giustizia Europea non solo con la sentenza sopra citata, ma anche nelle precedenti e
ben note pronunce (Zenatti, Gambelli, Placanica, etc.); ciò con la finalità di prevenire e proteggere
il nostro “sistema gioco”, non enfatizzando la necessità di implementare le entrate erariale ma
dando la giusta preminenza alle diverse e superiori esigenze di tutela della pubblica sicurezza
nonché del consumatore e dei minori.
II - ANALISI DELL’ART. 3, COMMI 1, 3 E 8, DECRETO LEGGE N. 138 DEL 2011, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI CON LEGGE N. 148 DEL 2011 (A CURA DI ALVISE VERGERIO DI CESANA E FEDERICO
MAZZELLA)
Art. 3
(Abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni
e delle attività economiche)
1. [In attesa della revisione dell’articolo 41 della Costituzione,] Comuni, Province, Regioni e Stato,
entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata
sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:
a) vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;
c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale;
d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie
animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;
e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano
effetti sulla finanza pubblica.
2. Il comma 1 costituisce principio fondamentale per lo sviluppo economico e attua la piena tutela
della concorrenza tra le imprese.
3. Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine di cui al comma 1, le disposizioni
normative statali incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, con conseguente diretta
applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell’autocertificazione con
controlli successivi. Nelle more della decorrenza del predetto termine, l’adeguamento al principio
di cui al comma 1 può avvenire anche attraverso gli strumenti vigenti di semplificazione normativa.
Entro il 31 dicembre 2012 il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti ai sensi
dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con i quali vengono individuate le
disposizioni abrogate per effetto di quanto disposto nel presente comma ed è definita la disciplina
regolamentare della materia ai fini dell'adeguamento al principio di cui al comma 1.
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4. L’adeguamento di Comuni, Province e Regioni all’obbligo di cui al comma 1 costituisce
elemento di valutazione della virtuosità dei predetti enti ai sensi dell’art. 20, comma 3, del decreto
legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
[Omissis]
8. Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste
dall’ordinamento vigente sono abrogate quattro mesi dopo l'entrata in vigore del presente decreto,
fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente articolo.
Com’è noto, il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, contenente “Ulteriori misure urgenti
per la stabilizzazione e per lo sviluppo” (cd. Manovra bis), ha inteso disporre, all’art. 3, la
“Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività
economiche”, prevedendo che “In attesa della revisione dell'articolo 41 della Costituzione, Comuni,
Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e
l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato
dalla legge nei soli casi” indicati nelle successive lettere da a) ad e) del primo comma.
La disposizione in questione tradiva delle indubbie incongruenze – puntualmente rilevate nel
commento pubblicato su questa Rivista, a firma di C. BENELLI – solo parzialmente, come si dirà,
corrette in sede di conversione dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; la quale ha, innanzitutto,
eliminato l’incipit dell’articolo che preannunciava una riforma dell’art. 41 Cost.3. Di questo, però, è
rimasto il richiamo al contenuto, laddove viene imposto a Comuni, Province, Regioni e Stato di
adeguare, entro un anno, “i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività
economica privata sono libere”. Mentre è la seconda parte dell’enunciazione di tale principio a
presentare caratteri marcatamente innovativi – al limite, quasi, della non conformità alla norma
costituzionale (v., in particolare, il comma 3 dell’art. 41 Cost. in esame) –, nella misura in cui,
fornendo una sorta di anticipazione della direzione nella quale sarebbe dovuta intervenire la attesa
revisione dell’art. 41, e ricorrendo ad una formulazione che richiama quella dell’art. 117 della
medesima Carta costituzionale (nel testo rivoluzionato – nel senso copernicano dell’accezione –
dalla nota riforma del Titolo V), viene stabilito che “è permesso tutto ciò che non è espressamente
vietato dalla legge nei soli casi […]”.
Ed appare utile notare, con le schede di lettura predisposte dal Servizio Studi del Senato,
come “il divieto non è più condizione sufficiente per ritenere che l’iniziativa (e l’attività
conseguente) economica privata non sia libera. Occorre anche che la disposizione normativa recante
il divieto appartenga ad una precisa tipologia di atti di rango primario, cioè quelli
contenutisticamente qualificati dall’ipotiposi di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1” (v. pag.
166). In altri termini, non ogni legge potrà imporre una qualsivoglia limitazione alla libertà
economica privata ma solo quella “qualificata” dal riguardare le materie ivi indicate; con buona
pace della previsione di cui all’art. 41, co. 3, Cost., ai sensi della quale “La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Tra le materie nelle quali è ammessa l’introduzione di divieti all’iniziativa ed all’attività
economica privata, la legge di conversione del decreto in commento ha inserito le “disposizioni
3
Ai sensi del quale: “L’iniziativa economica privata è libera (comma 1). Non può svolgersi in contrasto con l'utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (comma 2). La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata
a fini sociali (comma 3)”.
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relative alle attività di raccolta di giochi pubblici” (art. 3, co. 1, lett. e)). Tale inserimento, invero, se
ha posto rimedio alla clamorosa svista in cui era incorso il legislatore nella stesura del decreto
legge, non ha, tuttavia, eliminato tutte le rilevate incongruenze che, in materia di giochi e
scommesse, hanno caratterizzato la “Manovra bis” in esame.
A cominciare dal fatto che il richiamo alle “disposizioni relative alle attività di raccolta di
giochi pubblici” non è stato portato mediante l’aggiunta di una lettera ad hoc, bensì interpolando la
lett. e) che, prima, riguardava le “disposizioni che comportano effetti sulla finanza pubblica”,
mentre, ora, contempla le “disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che
comunque comportano effetti sulla finanza pubblica”. Con una formulazione finale che rimanda al
contenuto del precedente art. 2 del medesimo d.l. n. 138 del 2011 – ai sensi del quale l’AAMS
“emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate,
potendo tra l'altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea,
adottare nuove modalità di gioco del Lotto, nonché dei giochi numerici a totalizzazione nazionale,
variare l'assegnazione della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero a vincite in
denaro, la misura del prelievo erariale unico, nonché la percentuale del compenso per le attività di
gestione ovvero per quella dei punti vendita” – riproducendone, se non addirittura accentuandone,
quei profili di contrasto con il diritto comunitario già evidenziati nel relativo commento.
In proposito, può ricordarsi come, ancora da ultimo, la pronuncia della Corte di Giustizia del
15 settembre 2011 sulla causa C-347/2009 (Ömer Dickinger) abbia premesso, da un lato, che “gli
obiettivi perseguiti dalle normative nazionali adottate nel settore dei giochi d’azzardo e delle
scommesse, considerati nel loro complesso, si ricollegano, il più delle volte, alla tutela dei
destinatari dei servizi in questione e, più in generale, dei consumatori, nonché alla tutela dell’ordine
sociale” e, dall’altro, che “siffatti obiettivi rientrano nel novero dei motivi imperativi di interesse
generale che possono giustificare menomazioni della libera prestazione dei servizi” (punto 44), per
ribadire come “il solo obiettivo della massimizzazione delle entrate dell’Erario non può consentire
una […] restrizione della libera prestazione dei servizi” (punto 55)4.
L’altro aspetto di criticità della norma in commento risiede nel concreto atteggiarsi, nel
settore che qui interessa, del duplice meccanismo della cd. “ghigliottina” previsto ai commi 3 ed 8,
in relazione alla decorrenza del termine annuale assegnato dal comma 1 a Comuni, Province,
Regioni e Stato affinché adeguino i rispettivi ordinamenti al principio della libera iniziativa
economica privata.
Com’è noto, infatti, la materia dei giochi e delle scommesse è governata da un paradigma
opposto rispetto a quello indicato dal citato comma 1: se la predetta iniziativa economica privata,
nell’interpretazione – per così dire “revisionista” dell’art. 41 Cost., nei termini che si sono visti –
fornita da tale disposizione, verrebbe ad essere libera, salvo specifici divieti; nel campo del gioco la
regola base è il divieto, salvo quanto specificamente consentito dall’AAMS. In proposito, possono
richiamarsi le autorevoli parole di S. CASSESE, per il quale “Il settore del gioco e della scommessa è
[…] un’attività consentita, sottoposta a una riserva originaria in base all’art. 43 della Costituzione,
poi concessa a privati, quanto all’esercizio e non quanto alla legittimazione, in virtù di una
concessione che non è esclusiva, e consente quindi la presenza di più di un privato”5.
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Nello stesso senso, si rimanda al testo del Considerando 25 della Dir. 2006/123/CE su cui infra.
V. “Il regime giuridico del gioco e la sentenza Gambelli”, relazione alla tavola rotonda su “I nuovi orientamenti della
UE in materia di gioco pubblico: il principio della riserva di legge da parte dello Stato e i riflessi sul libero mercato”
tenutasi a Roma in data 10 maggio 2004.
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Ed è in questo contesto che si devono ricondurre la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi
nel mercato interno (meglio nota come “Bolkenstein”) ed il successivo D.Lgs. n. 59/2010 di
recepimento di questa nell’ordinamento interno: la prima, infatti, ha espressamente considerato
“opportuno escludere dal [proprio] campo di applicazione […] i giochi con denaro, ivi comprese le
lotterie e le scommesse, tenuto conto della natura specifica di tali attività che comportano da parte
degli Stati membri l’attuazione di politiche di ordine pubblico e di tutela dei consumatori”
(considerando 25) e, conseguentemente, ha previsto di non applicarsi a “le attività di azzardo che
implicano un posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo
nei casinò e le scommesse” (art. 2, par. 2, lett. h)); il secondo, a sua volta, ha inserito tra gli “altri
servizi esclusi” dall’applicazione delle disposizioni in esso contenute, il “gioco d'azzardo e di
fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché alle reti di
acquisizione del gettito” (art. 7, co. 1, lett. d).
Ciò posto, il terzo comma dell’art. 3 in commento stabilisce – riferendosi al solo Stato – che,
“Nelle more della decorrenza del predetto termine [annuale], l’adeguamento al principio di cui al
comma 1 può avvenire anche attraverso gli strumenti vigenti di semplificazione normativa”;
mentre, scaduto tale termine, “Sono in ogni caso soppresse […] le disposizioni normative statali
incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, con conseguente diretta applicazione degli
istituti della segnalazione di inizio di attività e dell'autocertificazione con controlli successivi”.
Il successivo ottavo comma, invece, prescrive – a tutti gli enti territoriali interessati (e non,
quindi, al solo Stato centrale) e, dunque, a tutti i livelli di atti (di natura normativa come
provvedimentale) da questi adottati6 – che “Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle
attività economiche previste dall'ordinamento vigente sono abrogate quattro mesi dopo l'entrata in
vigore del presente decreto, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente articolo”.
In questo quadro, occorre rileggere la disposizione di cui al primo comma dell’art. 3, ai sensi
della quale “Comuni, Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui
l'iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è
espressamente vietato dalla legge nei soli casi […]”; dove, in primo luogo, viene imposta un’attività
di normazione adeguatrice – con una prescrizione pro futuro (“adeguano i rispettivi ordinamenti
[…]”) – nella direzione della massima liberalizzazione e, in seconda battuta, vengono fornite le
uniche coordinate, in senso limitativo, da seguire in tale processo (i casi di cui alle lett. da a) ad e)).
E la duplice “ghigliottina” prevista dai successivi commi 3 ed 8 citati, deve far intendere come
necessariamente “positiva” l’attività di adeguamento in questione.
Di qui, il cruciale – per la sopravvivenza dell’attuale disciplina (interna) che regola il
comparto dei giochi pubblici – quesito relativo alla sorte di “tutto ciò che […] è espressamente
vietato dalla legge nei soli casi […]”, qualora in tali “casi” non intervenisse alcun adeguamento
delle rispettive discipline nel termine annuale di cui al comma 1: opererebbero le soppressioni e le
abrogazioni automatiche stabilite dai commi 3 ed 8? In altre parole, i divieti di legge attualmente
vigenti nelle materie di cui alle lett. da a) ad e), devono essere espressamente confermati e/o
riformulati nel quadro dell’attività positiva di adeguamento normativo in esame o
sopravviverebbero, comunque, all’indicata scadenza annuale perché non interessati dal meccanismo
della “ghigliottina” ?
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Sul punto, si vedano le schede di lettura predisposte dal Servizio Studi del Senato (pag. 184).
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In proposito, la tesi interpretativa più rigorosa e, alla luce di quanto osservato in precedenza,
“comunitariamente” orientata, appare quella volta a sottrarre dall’applicazione delle ghigliottine di
cui ai commi 3 ed 8 i divieti che si è visto essere alla base del sistema dei giochi e delle scommesse;
senza necessità, quindi, di una loro positiva conferma. In questa prospettiva, quindi, i confini
dell’attività di adeguamento dei rispettivi ordinamenti che il comma 1 impone a Comuni, Province,
Regioni e Stato, non si estenderebbe fino ad interessare “tutto ciò che […] è [già] espressamente
vietato dalla legge nei soli casi […]”.
Una diversa interpretazione, invece, imporrebbe una positiva conferma dei divieti normativi
in questione, con una loro rimodulazione – e, dunque, testuale riformulazione – alla luce del
“principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò
che non è espressamente vietato dalla legge”; ossia, nel quadro del processo di adeguamento degli
ordinamenti (normativi, regolamentari e provvedimentali) a livello locale e centrale.
In questo ultimo senso, invero, porta a far propendere la circostanza per la quale né il
comma 3 né il successivo 8 utilizzino formule del tipo, “fermi restando i divieti di legge di cui alle
lett. da a) ad e) del comma 1” o “ad eccezione dei casi indicati alle lett. da a) ad e) del comma 1”,
ma presentino formulazioni più generiche quali “le disposizioni normative statali incompatibili con
quanto disposto nel medesimo comma” e “fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1”; dove il
riferimento ad una valutazione di compatibilità sembra sottintendere che non tutti i divieti
attualmente vigenti nei “casi” di cui alle lett. da a) ad e) del comma 1 siano “adeguati” al principio
ivi enunciato.
E le conseguenze di un siffatto filone interpretativo in una materia come quella dei giochi e
delle scommesse, avrebbero effetti devastanti, mettendo in discussione le stesse fondamenta della
relativa disciplina; con una “rivoluzione copernicana” non si comprende se e fino a che punto
consapevolmente prevista dal legislatore. Emblematico, in proposito, il fatto che il comma 3
preveda, una volta scattato il meccanismo della ghigliottina, la “conseguente diretta applicazione
degli istituti della segnalazione di inizio di attività…”; applicazione che, come è noto, è
espressamente esclusa in relazione agli “atti rilasciati dalle amministrazioni preposte …
all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito,
anche derivante dal gioco” (art. 19, co. 1, legge n. 241 del 1990).
Tuttavia, alla luce dei ben noti canoni ermeneutici fissati dall’art. 12 delle c.d. preleggi,
secondo i quali “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore”, ognuna delle suddette interpretazioni, ove adeguatamente argomentata, appare invero
sostenibile.
Pertanto, in assenza di un intervento correttivo sul testo, la parola è dunque destinata a
passare agli interpreti del diritto e, in tal caso, stante la delicatezza e la rilevanza degli interessi in
gioco, si può esser certi che dibattiti e discussioni non mancheranno affatto.
Resta, in conclusione, evidente che proprio la rilevanza degli interessi in gioco avrebbe reso
auspicabile, sul punto, una ben maggior chiarezza nel testo della manovra agostana.
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