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Codice cliente: 8727381 CULTURA Corriere della Sera Martedì 27 Settembre 2016 43 # Premi letterari Annunciata in Canada la shortlist del Giller Prize Il vincitore il 7 novembre È stata annunciata la rosa dei sei finalisti per il premio più ricco dedicato alla letteratura in lingua inglese in Canada, lo Scotiabank Giller Prize, noto come Giller Prize. Tra gli scrittori della shortlist, tra l’altro, c’è un’autrice che è in lizza in contemporanea anche per il Man Booker Prize inglese, la canadese Madeleine Thien, con il suo romanzo Do Not Say We Have Nothing (Alfred A. Knopf Canada), storia di una donna cinese dopo il massacro della Tienanmen. La giuria del Giller, composta da scrittori come Lawrence Hill, Samantha Harvey e Alan Warner, ha selezionato tra i 161 candidati, oltre alla Thien, anche Mona Awad per il romanzo 13 Ways of Looking at a Fat Girl (Penguin Canada), Gary Barwin con Yiddish for Pirates (Random House Canada), Emma Donoghue per The Wonder (HarperCollins), Catherine Leroux per The Party Wall (Biblioasis International Translation Series) e Zoe Whittall per The Best Kind of People (House of Anansi Press). Il vincitore, che verrà proclamato il 7 novembre, riceverà un premio di 100 mila dollari canadesi (circa 75 mila dollari Usa), ma anche ciascuno degli altri finalisti otterrà un premio di 7.500 dollari. Il Giller è nato nel 1994, in memoria della giornalista letteraria Doris Giller, e ha premiato nella sua storia noti autori canadesi come Margaret Atwood, Alice Munro, Mordecai Richler e il singalese naturalizzato canadese Michael Ondaatje. (Ida Bozzi) © RIPRODUZIONE RISERVATA L’evento avrà più «aree tematiche» La mostra al Museo Fabre di Montpellier Salone di Torino dal 18 al 22 maggio e Bray presidente L’impressionismo di Frédéric Bazille irruento e pieno di entusiasmo di Alessia Rastelli L’evento D opo la rottura con Milano per una manifestazione condivisa, Torino accelera sul Salone del Libro. «Si terrà dal 18 al 22 maggio e Massimo Bray, che ha sciolto le riserve, sarà il presidente», annuncia la sindaca Chiara Appendino dopo l’assemblea dei soci della Fondazione per il Libro (l’ente promotore dell’evento), che si è svolta ieri. «Le date non sono solo una conferma di quanto già annunciato a suo tempo — spiega la prima cittadina — ma il frutto di un’analisi condotta ex novo con gli editori, a partire dagli 80 dell’associazione “Amici del Salone”». La kermesse si svolgerà un mese dopo la fiera di Milano (dal 19 al 23 aprile). «Gli editori potranno decidere se partecipare anche alla manifestazione milanese. Non siamo noi a obbligarli a scegliere», aggiunge Appendino. Quindi, su Bray: il suo progetto è «molto innovativo. Porterà esperienza e rapporti con l’editoria internazionale, lavorando intorno a una rosa di temi». All’incontro hanno partecipato, oltre alla sindaca, il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino; gli assessori alla Cultura di Comune e Regione, Francesca Leon e Antonella Parigi; Michele Coppola per Intesa Sanpaolo; i rappresentanti dei ministeri dei Beni culturali (Mibact) e dell’Istruzione (Miur). L’appuntamento era fissato per lavorare al nuovo Statuto, in modo da consentire l’accesso tra i soci fondatori di Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo. Obiettivo raggiunto, Statuto approvato. Anche se ora dovrà affrontare un iter Qui sopra: Massimo che potrebbe durare alcuBray. In alto: Chiara ne settimane, passando al vaglio di Intesa Sanpaolo, Appendino (Ansa) dei due ministeri, della giunta e del consiglio di Comune e Regione, dopo il parere tecnico della Prefettura. Un intervallo durante il quale non potrà formalmente accettare la nomina neppure Bray. Nella conferenza stampa post riunione arrivano le prime anticipazioni sulla nuova formula. Il Salone 2017 sarà organizzato per aree tematiche con, a capo di ognuna, un responsabile culturale che potrà essere espresso dai soci fondatori o scelto all’esterno. A coordinarli non ci sarà il direttore editoriale ma una figura-cerniera, una sorta di «caporedattore», come lo definisce Chiamparino. Ancora nessun nome ufficiale, anche se resistono le voci su Giuseppe Culicchia. Importante sarà differenziarsi da Milano. Per ora si sa che saranno centrali i progetti con i ministeri soci: l’alternanza scuola-lavoro e l’educazione alla cittadinanza attiva con il Miur, la promozione del libro e della lettura con il Mibact. «Stiamo dialogando con i più importanti festival d’Italia, da Torino Comics alla Città del libro, che avranno nel Salone un’anteprima nazionale», fa sapere l’assessora Leon. La sede resterà il Lingotto ma verrà potenziata la parte off (quella esterna, con eventi a partire dalle 20 nelle librerie, biblioteche, palazzi di Torino, incluso il Grattacielo di Intesa Sanpaolo). Prezzi più bassi inoltre per gli espositori (se l’anno scorso erano sui 100-110 euro al metro quadro, quest’anno potrebbero più che dimezzarsi). La Fondazione sarà titolare degli incassi provenienti dagli stand e dalle biglietterie ma per la gestione di questa parte commerciale sarà indetto un bando pubblico. Per assicurarsi operatività immediata, infine, l’assemblea dei soci ha nominato il vicedirettore generale della città di Torino, Giuseppe Ferrari, segretario generale della Fondazione. Soddisfatti gli «Amici del Salone», che ieri hanno incontrato le assessore di Comune e Regione, registrando un «felice avvicinamento» con la Fondazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Sebastiano Grasso N Frédéric Bazille, la jeunesse de l’impressionnisme, a cura di Michel Hilaire, Montpellier (Francia), Museo Fabre, Esplanade Charles De Gaulle, fino al 16 ottobre (Info Tel +33 4 67 14 83 00; http://museefa bre.montpellier 3m.fr/). L’esposizione proseguirà al Musée d’Orsay di Parigi (novembremarzo 2017) e alla Washington National Gallery of Art (aprile - luglio 2017) Esposte una sessantina di opere dell’artista (sopra: Autoritratto (1865, olio su tela) morto in battaglia nel 1870 durante la guerra francoprussiana a soli 28 anni el ritratto del 1867 che gli fece il coetaneo Auguste Renoir, il pittore Frédéric Bazille dimostra più dei suoi 25 anni. Seduto, barba lunga con pizzetto, tavolozza e pennello in mano, sta ultimando un quadro. Da cinque anni vive a Parigi, dove è venuto dalla natia Montpellier per studiare Medicina. Ma il richiamo della pittura è più forte e il giovane si dedica totalmente ai colori. Frédéric agisce d’impulso e dicono che in questo somigli alla madre. Il padre, notabile di Montpellier e ricco possidente, invece viene descritto come una persona estremamente raziocinante. La «conversione» di Bazille (1841-1870) avviene dopo avere visto i lavori di Eugène Delacroix. Nel 1862 ai corsi di Charles Gleyre impara il disegno e la pittura accademica. I suoi compagni d’avventura si chiamano Monet, Renoir e Sisley. Significativo, in questo senso, il dipinto L’atelier di Bazille, lo studio condiviso, dal gennaio ’68 al maggio del ’70, dall’artista di Montpellier e da Renoir. Descrizione: «Al centro si trova Bazille, con la tavolozza in mano (scrive al padre: “Manet ha dipinto la mia persona”). Manet, che indossa un cappello, osserva la tela sul cavalletto. Sulla destra, Edmond Maître, amico di Bazille, siede al pianoforte. Sopra di lui, una natura morta di Monet sta a ricordare che Frédéric lo aiutava finanziariamente acquistandogli alcune tele». Bazille è amato dai colleghi non solo per la sua generosità, ma anche per il suo carattere cordiale. Tant’è che il suo atelier, fra i mercatini di Batignolles, spesso sostituisce il Café Guerbois — dove si riuniscono gli amici che amano l’en plein air di Boudin — per diventare un punto d’incontro degli artisti che, più avanti, daranno vita all’Impressionismo. Purtroppo il carattere impulsi- Frédéric Bazille (1841-1870), La Réunion de famille (1867, olio su tela), Parigi, Collezione Museo d’Orsay vo dell’artista — di cui s’è accennato — sarà la causa della sua morte a soli 29 anni. Infatti allo scoppio della guerra franco-prussiana del 1870, Frédéric parte, volontario, per il fronte, nonostante gli amici facciano a gara per dissuaderlo. E a Beaune-la-Rolande, il pittore è fra i primi a cadere. Nella sua breve vita Bazille dipinge una sessantina di quadri: 45 di essi sono adesso esposti — assieme a una settantina di opere di Delacroix, Corot, Courbet, Fantin-Latour, Cézanne, Monet, Renoir, Manet e Sisley — al Museo Fabre di Montpellier (Bazille, la giovinezza dell’Impressionismo, sino al 16 ottobre). Un’esposizione parallela di moda del tempo (l’artista indossava spesso pantaloni a scacchi, in voga) e oggetti preziosi (sezione Arti decorative del Fabre e all’Hôtel Cabrieres Sabatier d’Espeyran) completa la panoramica sulle radici dell’Impressionismo. Dalla città natale, la rassegna — curata da Michel Hilaire, Paul Perrin, Kimberly Jones, Marie Lozòn de Contelmi e Stanislas Colodiet — proseguirà per Parigi (Musée d’Or- say) e Washington (National Gallery of Art). Nello scandaglio dell’opera di Bazille non mancano le scoperte. Talvolta Frédéric dipinge sopra un quadro di cui non è più convinto. Sotto Rooth e Booz, per esempio, è stata trovata la Ragazza al pianoforte; quadro che, secondo alcuni critici, ha influenzato Degas e Manet. Certo anche se la presenza dell’artista è stata come una Universi I suoi compagni di avventura si chiamano Monet e Renoir, con cui condivideva lo studio meteora, ci si accorge di come egli resti una figura importante nel gruppo che va formandosi e che, dal realismo e dall’accademismo presente nelle scuole di pittura (compresa quella di Charles Gleyre), approda a un impressionismo iniziale, sino a conviverci. Bazille muore nel 1870; quattro anni dopo si terrà la prima esposizione ufficiale del gruppo. Frédéric è un enfant prodige. Brucia le tappe e ben presto riesce ad avere uno stile riconoscibile — anche se ancora in fieri — soprattutto quando dipinge sulle rive di Lez, dove la sua famiglia (protestante del Midi) possiede una tenuta a Méric, paradiso della sua infanzia. La sua «scoperta»? Un mélange tra la figura umana stilizzata e il paesaggio. Si vedano Il vestito rosa (1864), Riunione di famiglia (1867), Vista di Castelnau le Lez (1868), Bagnanti (1869). Anche i ritratti intimi hanno una resa straordinaria. Si veda Grande nudo disteso (1864), dipinto l’anno dopo l’Olympia di Manet. La protagonista di quest’ultimo si mostra altera e provocante? Quella di Bazille è pudica e distoglie lo sguardo dallo spettatore. Ed ecco, ancora, di Frédéric, La toiletta (1869) e Dopo il bagno (1870), due lavori di grande attrattiva: «Voglio dipingere l’epoca moderna che trovo più vitale per gente vitale» scrive alla madre. Vitalità spenta, purtroppo, su un campo di battaglia. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Jean Toschi Marazzani Visconti sulla minaccia del fondamentalismo islamico (Zambon) Una miccia accesa nella polveriera bosniaca di Andrea Pasqualetto L a Bosnia Erzegovina non è uno Stato unitario. È un insieme artificiale di nazioni, di culture, di religioni. Un protettorato sotto tutela occidentale che non è riuscito a fondere le sue etnie: la bosniaca musulmana, la serba ortodossa e la croata cattolica. Gli accordi di Dayton del 14 dicembre 1995, che hanno sancito la fine della feroce guerra civile scoppiata tre anni prima, hanno fermato le armi, ma cristallizzato i risentimenti delle tre nazioni, relegando a una chimera l’equilibrio laico della vecchia Jugoslavia che fu laboratorio di multiculturalismo. Questa situazione di apparente quiete sociale, ma di grandi abissi fra gli abitanti e di fiato politico sospeso, ha favorito il consoli- damento della componente musulmana fondamentalista. La Bosnia Erzegovina è così diventata La porta d’ingresso dell’Islam, titolo del libro di Jean Toschi Marazzani Visconti (Zambon), già collaboratrice del «Manifesto» e della rivista di geopolitica «Limes». Un saggio molto documentato che ripercorre gli anni del conflitto, rileggendo con occhi diversi e scomodi il ruolo dei serbi, non più «i nuovi spietati» del XX secolo, ma strumento mediatico dell’Occidente. In un quadro nel quale esplodono le anime religiose, l’autrice vede incombere la minaccia del terrorismo di matrice islamica. «In considerazione di quanto sta avvenendo in Medio Oriente, in Libia, in Siria, in Iraq e in particolare all’avanzata del Califfato... c’è da chiedersi perché gli Stati Uniti e la Ue, soprattutto, non si attivino per evitare Il saggio Jean Toschi Marazzani Visconti, La porta d’ingresso dell’Islam (Zambon editore, pagine 300, e 18) futuri disastri causati da questi cittadini bosniaci che vivono a poche centinaia di chilometri dal cuore dell’Europa». Aiuti finanziari provengono dall’Arabia Saudita e dall’Iran. «In tutta la Bosnia si costruiscono moschee e molto denaro è dedicato alle madrase, scuole coraniche, e agli allievi che le frequentano». Giovani spesso poveri e disoccupati. Toschi è tornata sulle strade della guerra dove «colpisce il clima d’ordine... ma la normalità è solo apparente... gli abitanti non vivono insieme, ognuno nel suo quartiere con il proprio gruppo etnico». Viaggio che l’ha portata a intervistare importanti leader politici, militari, religiosi. Sono 300 pagine da studiare, sottolineare e da tenere a portata di mano, se si vuol capire com’era, com’è e forse come sarà la Bosnia Erzegovina. © RIPRODUZIONE RISERVATA