Alberto Abruzzese

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Alberto Abruzzese
ALLE ORIGINI DEL CAPITALE
Alberto Abruzzese
L’esperienza è un viaggio ai limiti del possibile umano.
L’esperienza ha per scopo la conoscenza, la fusione di
soggetto e oggetto, il non sapere, in ultimo: l’estremità
del possibile.
G. Bataille, L’expérience interieure
Perché questo titolo privo di un riferimento diretto a Georges Bataille? Perché in
questo mio intervento non intendo sfruttare la sua opera per scavare in un momento
della cultura europea altissimo e tuttavia “eluso” e “marginale”. Non intendo cioè
partecipare al meritorio lavoro di quanti di volta in volta sono tornati a illuminare i testi
di Bataille per sottrarli all’oscurantismo della Storia e dei vincitori che la scrivono.
Intendo invece utilizzare alcune tra le più note e celebrate tracce di Bataille per restare
sul piano della nostra attualità. Per restare – ben consapevole di quanto sia paradossale
dirlo proprio in riferimento a Bataille – sul piano dell’utile, e quindi forse anche per
sottrarlo al culto o tutto nichilista o tutto estetizzante o persino pacificatorio di cui
continua ad essere oggetto. Intendo servirmi della traccia di Bataille per accostare la
recente espansione digitale di un fenomeno di dissipazione del desiderio come Youporn
alla crisi economica. Una crisi pienamente riconosciuta e vissuta su scala globale a cui
corrisponde una crisi di contenuti assai meno consapevole e dichiarata. Intitolerei il
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tema che voglio qui trattare “Youporn e crisi dei valori” se, così dicendo, non rischiassi di
far credere l’esatto opposto di quello che voglio dire, dando l’idea di condividere
l’opinione di chi instaura una “naturale” correlazione tra l’emergere della pornografia in
rete e il precipitare dei valori etici e morali nella sfera pubblica e privata. Ritengo invece
che Youporn rappresenti semmai una pratica dal basso – sorgente dalle esperienze più
remote del desiderio sessuale – dotata di un alto potenziale critico sui valori dominanti
nella società moderna. Ecco in sintesi l’utilità di Bataille: la traccia che ci suggerisce
tratta infatti di erotismo in termini di dépense del corpo, della carne e della società che la
ospita e la trattiene senza poterla mai veramente contenere o com-prendere. La carne, al
contrario delle forme di visibilità e trasparenza sociali, è cieca, non vede e non si vede, e
tuttavia proprio a ragione di questo suo limite ha il potere di percepire ciò che la società
non sa vedere e dunque reprime.
Questo è il tempo segnato da una grande crisi economica a cui corrisponde un grande
collasso delle forme di governo locali e globali. Una crisi appunto dei modelli di
sviluppo del Capitale (che, da garanzia di ricchezza, si è rovesciato in fattore di povertà)
e dei modelli di sviluppo della Democrazia (ovvero della profonda frattura della natura
pacifica dei suoi dispositivi di controllo sui conflitti sociali, nazionali e internazionali).
La situazione attuale riconduce con insistenza allo stesso dilemma novecentesco tra
progresso e catastrofe, dunque all’opposizione con cui il soggetto moderno ha costruito la
sua falsa coscienza. La soggettività della civiltà moderna ha fatto ricorso a una alterità
narrata, recitata, sceneggiata e dunque agita, al fine di creare l’illusione che la
congiunzione, l’oggettiva contaminazione, tra progresso e catastrofe dell’essere umano
potesse essere risanata da saperi e strategie schierate su fronti opposti, specularmente in
guerra tra male e bene, destra e sinistra, libertà e dominio, umanesimo e tecnica. La
complessità inestricabile del mondo, la sua resistente oggettività, è stata divisa ad
immagine e misura di due soggettività o meglio di un soggetto unico che, per meglio
dominare e assoggettare il mondo, ha inventato la propria duplicità.
L’immaginario contemporaneo si è fatto tanto più ricolmo di variazioni catastrofiche e
apocalittiche quanto più le narrazioni della scrittura e degli schermi sono andati
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sprofondando negli spazi immersivi dei linguaggi virtuali. Stando a queste narrazioni, ci
si potrebbe oggi porre una serie di domande riguardanti la natura, il significato e il
possibile futuro del capitalismo: il contenuto del capitalismo, ovvero il Capitale, con il
suo carico di significati economici e politici, è davvero separabile da queste sue
rappresentazioni? Esse sono soltanto l’alone, il fuoco fatuo, il fantasma del Capitale
oppure ne sono la sostanza, il suo vivo operare nelle cose? Sono la rivelazione del
capitalismo come tempo breve, terminale, ultimativo, in cui le macchine pesanti della
civiltà industriale, polverizzate dalle trame sensoriali dei linguaggi digitali, chiudono il
ciclo storico della fabbrica, delle culture della produzione, delle loro economie e della
loro egemonia sociale? Oppure sono la rivelazione finale del capitalismo come lunga
durata delle origini sempre di nuovo primordiali dell’essere umano attraverso il
possesso e la manipolazione della materia vivente che lo ha generato e continua a
generarlo? Il Capitalismo è dunque una forma di vita reale e simbolica nata con la
Modernità, oppure è il nome che il razionalismo funzionale dei sistemi sociali
industrializzati ha dato alle forme – desiderio, conflitto e sovranità – che andavano
emergendo nelle rappresentazioni della tecnologia? I classici della politica moderna –
quei classici che hanno elaborato teorie sociali, economiche e politiche ispirate al
conflitto tra lavoro e capitale e tra comunismo e capitalismo – sono stati
progressivamente dispersi, sommersi e distorti dalla dimensione post-industriale della
società dei consumi e dell’informazione; sviluppo biotecnologico e società delle reti
sono o non sono il piano metaforico e esperienziale, concreto, in cui le astrazioni del
capitalismo si incarnano per svanire oppure per rigenerarsi? Cosa dice, dunque, la
parola capitalismo se il nostro sguardo si rivolge ai processi di destrutturazione e di
tribalizzazione dei sistemi moderni?
La mia tesi è che nella condizione attuale di una modernità in transito dai linguaggi
analogici a quelli digitali, da società ancora radicate nelle trame geopolitiche della Storia
e società in formazione nelle trame interattive e relazionali delle Reti, si impongono tre
emergenze: 1) la portata della crisi economica induce a propagandare i valori del
risparmio e dell’investimento produttivo, dunque l’idea di dovere tesorizzare il passato
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del capitalismo e delle sue forme di governo per potere investirlo nel futuro; 2) la natura
dei media generalisti ha bruciato l’usabilità e la credibilità di ogni loro contenuto, tanto
che la messa in scena spettacolare dei soggetti del conflitto non è più in grado di
mostrare alcuna specifica capacità di argomentazione ma solo la violenza emotiva con
cui ogni interlocutore cerca di sommergere l’altro. Il rumore – l’eccessiva passione di
questa ingovernabile e insieme pilotata, caotica, sistematica deregolamentazione di ogni
patto interpersonale oltre che istituzionale e sociale – va oggi dritto al cuore di
quell’inconscio collettivo che le regole negoziate dalle democrazie rappresentative
hanno così a lungo temperato e dominato; 3) in epoche di crisi a imporsi sono
ibridazioni tra massimo liberismo e massimo autoritarismo. La restrizione della felicità
comporta forti appelli alla mortificazione degli appetiti oppure alla loro massima
eccitazione. La povertà e la sofferenza che montano sembrano essere in contrasto con
l’edonismo affermato e propagandato dalla civiltà dei consumi.
Queste tre emergenze sembrano potere essere affrontate entrando nella mentalità di
Bataille. Sembrano cioè criticabili facendo ricorso ai suoi concetti di “erotismo”, “non
sapere” e “dépense”. Concetti che peraltro non sono appartenuti solo a lui ma al clima
più generale delle avanguardie storiche, dunque a decenni in cui proprio la più radicale
contestazione dei paradigmi sociali della modernizzazione è servita ai sistemi moderni
avanzati per ricomporre e rilanciare le proprie strategie. Richiamare la mentalità di
Bataille proprio ora – nel punto di massima crisi dei modelli di sviluppo generati negli
anni Trenta e Quaranta – significa quindi rimettere in campo qualcosa di storicamente
superato ma socialmente attuale perché il suo-loro pensiero non fu superato ma eliso,
oscurato, escluso.
Veniamo quindi a Youporn e a cosa Bataille ci può dire su questo tipico dispositivo della
società in rete, dispositivo di intrattenimento personale che instaura un intenso regime
relazionale con la “parte interdetta” della sessualità moderna. La caratteristica
fondamentale di Youporn sembrerebbe consistere nel tentativo di riportare il desiderio
sessuale alla sua fonte primordiale, istintiva, remota, senza tuttavia potere oltrepassare il
carattere visivo, ottico, dell’erotismo moderno, la sua assenza radicale dei sensi
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dell’olfatto (che sono in azione negli stimoli istintivi, carnali, dell’accoppiamento
animale, privo di ogni cornice estetica e di ogni legame affettivo che non sia
geneticamente stampato nel comportamento della specie) e senza potere compensare
l’amputazione dei sensi del tatto (assenza tipica dell’esibizione schermica dei corpi, della
loro fantasmatizzazione). Ma è proprio così? Il vero testo di Youporn è l’azione che le
sue immagini producono sul corpo o sui corpi di chi vi accede. E dunque si può dire
solo in parte che Youporn non riguardi il tatto e l’odore. Anche se rimane il fatto che
l’eccitazione del desiderio è puramente ottica, ciò che accade è poi qualcosa di simile
alle lacrime che sgorgano di fronte a una immagine commovente, una immagine o
racconto che muove la carne, che la fa agire dal profondo.
L’Histoire de l’oeil si chiude con un’immagine emblematica, con la visione dell’occhio
stesso, dell’occhio che vede se stesso e, perdendosi di vista, scopre simultaneamente la
propria nudità, la propria vacuità.
E vidi esattamente, nella vagina pelosa di Simone, l’occhio azzurro pallido di
Marcelle, che mi guardava piangendo lacrime di urina. Filamenti di sperma
nel pelo schiumoso finivano per dare a questa visione lunare un carattere di
tristezza disastrosa.
Siamo nel pieno della differenza sostanziale tra linguaggi del vedere e linguaggi del
sentire enunciata da McLuhan. Differenza a cui corrisponde una discontinuità tra
regimi di senso moderni e regimi di senso tribali, tra esperienze del corpo ed esperienze
della carne. Per Bataille la massima esperienza interiore è fatta di commozione della
carne: l’erotismo, coincide con la percezione perfetta (ma al di là dell’implicazione
gerarchica della perfezione) e autentica (ma al di là della distinzione tra il vero e il falso)
del sè, delle cose e del mondo. L’occhio come veicolo tra interiorità del corpo ed
esteriorità del mondo si fa carne e si fa dunque comunione tra soggetto e oggetto.
Bataille definisce all’insegna del vuoto questa comunione tra sé e il mondo che solo
l’esperienza erotica rende possibile. Comunione possibile, dunque, non in quanto
desiderio senza reale soddisfacimento, cioè quel desiderio sempre insoddisfatto che
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garantisce il rinnovarsi stesso del desiderio (da cui dipendono le dialettiche tra società e
comunità, o le culture dei consumi), ma proprio in quanto desiderio che trova la sua
massima analogia nella “piccola morte” del coito. L’occhio, affondato nel sesso dove
doveva trovare la verità che si sottraeva alla luce della ragione, in realtà non vede nulla,
solo ed esclusivamente il proprio stesso vuoto. Una verità che è silenzio in quanto
lancinante, distruttiva congiunzione di soggetto e oggetto, organico e inorganico.
Parrebbe, in altri termini, un occhio tanto vivo da essere morto, tanto percettivo da
testimoniare soltanto la morte. Ma la morte come oltrepassamento, come possibilità
estrema. Dunque come esistenza, come “venir fuori” dell’impossibile. Sono queste
pagine a fare di Bataille un precursore della sensibilità post-umana che si manifesta in
Youporn. Quando il suo utente realizza – in senso proprio, cioè in senso reale – il
proprio contatto con l’immagine pornografica, l’esperienza non ha più nulla di ottico, è
vuota di mondo e insieme satura del mondo che lo invade da dentro.
Youporn rimanda ad un’esperienza psicosomatica che, come dice Bataille in riferimento
all’erotismo, supera e annulla al tempo stesso ogni tipo di sapere scientifico, analitico o
quantitativo, collocando direttamente l’io dinanzi alla verità. Una verità che è
godimento di null’altro che l’inabissarsi della propria carne nel mondo e del mondo
nella carne. È un piacere che si sostituisce a qualsiasi altro medium. Una trasfigurazione
del mondo per mezzo soltanto della propria carne.
L’erotismo, come la vita, non serve a nulla, non è che una continua celebrazione del
proprio stesso consumarsi. Tuttavia, secondo Bataille, l’erotismo trasgredirebbe la mera
animalità, la naturalità sessuale, per questa sua qualità specifica, facoltà specifica,
fonderebbe l’umanità autentica all’insegna del desiderio. Il desiderio umano coprirebbe il
vuoto e il silenzio della natura; al tempo stesso ne simulerebbe l’infinità, attraverso la
voglia e la “gioia spasmodica”, l’alternanza pur inutile tra nascita e morte, dunque il
tipico motore sociale costituito dal succedersi di illusioni e disillusioni.
Il discorso di Bataille, proprio rifondando il mondo come semplice illusione, ricorre
allora a qualcosa di più definitivo dell’erotismo. Nel vuoto o nell’insignificanza
dell’umano esistere, il sacrificio assume un alto valore simbolico, riproduce e illumina
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ancora l’esperienza del nulla che si nasconde e maschera dietro alla verità. Ed è qui che
l’io matura una nuova percezione della storia e della vita sociale, finalmente intesa come
semplice virtualità, desiderio, dépense in attesa della morte.
Il sacrificio è l’antitesi della produzione, è il consumo assoluto del presente.
In questo senso il sacrificio è al tempo stesso dono e abbandono: ció che
esso dona si trasforma immediatamente in nulla, si brucia e si consuma.
“Sacrificio per la divinità” è la formula che condensa l’essenza del sacro;
essa equivale a un fuoco dirompente che si consuma, senza altro obiettivo
che celebrare il proprio consumarsi.
G. Bataille, Théorie de la religion
Dépense: essa significa, nel modo più preciso, creazione per mezzo della
perdita. Il suo senso è dunque vicino a quello di sacrificio. Di fatto, nel modo
più universale, isolati o in gruppo, gli uomini si trovano costantemente tesi
in processi di dépense. La variazione delle forme non comporta alcuna
alterazione dei caratteri fondamentali di questi processi, il principio dei quali
è la perdita.
G. Bataille, La nozione di dépense
Non è un pensiero facile, quello di Bataille. Semplicissima è invece l’esperienza di
Youporn. Che non è pratica sapienziale ma insorgenza del vivente come non sapere.
Consumo della propria carne per mezzo della propria carne. Spreco e dissipazione del
corpo come soggetto sociale e dunque costituirsi di una soggettività che non cede alle
seduzioni dell’ordine come promessa di verità e di felicità. Youporn – pur così carico nelle
sue immagini delle gerarchie di potere sociale incardinate nella differenza di genere e nei
simulacri del piacere ad essa connessi – lavora sull’emergenza della sessualità rilanciando
la posta dei movimenti femministi, omosessuali e più in generale di ogni movimento
basato su differenze radicali tra la società e i corpi che essa imprigiona in sé.
Youporn educa la persona a costruire relazioni con sé e con gli altri al di fuori dei contesti
storici e delle loro economie politiche, facendo buio sulla loro apparente trasparenza.
Educa la persona a intrattenersi con la propria carne e con la carne del mondo. Il
principio della dépense, una volta esteso alla società, preme su una mentalità che ritiene
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irrilevante la politica della ricomposizione delle crisi per mezzo della restaurazione delle
condizioni di ricchezza perdute. Una mentalità che riconosce la carne sovrana rispetto
ad ogni patto sociale, che percepisce il piacere non come un mezzo utile alla
rivendicazione di un qualche diritto ma come una necessità, la necessità di non soffrire,
di non provare dolore. Nella piccola morte del coito riconosciamo dunque la morte che
fa da teatro e strumento al soggetto occidentale. Uscendo da ogni troppo facile
metafora, Bataille ci serve a capire che i segni del biopotere trovano nella loro
espansione digitale due esiti: la ricomposizione delle reti nella corazza della soggettività
moderna oppure il propagarsi di una mentalità sempre più in grado di prendere le
distanze da ogni credenza della storia e della civiltà. Una mentalità che – anche quando
costretta a servirsi delle illusioni di vita della società civile – non le desidera e non se ne
soddisfa.
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