… 1. Strabone e il porto di Populonia1
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… 1. Strabone e il porto di Populonia1
… DUCIT IN ARVA SINUM… BREVE NOTA SULLA DEFINIZIONE DEL SISTEMA PORTUALE POPULONIESE 1. Strabone e il porto di Populonia1 Il golfo di Baratti, splendida insenatura naturale dominata dall’altura della Populonia etrusca, sembra essere storicamente ritenuto lo sbarco principale dell’antico centro metallurgico. Ed in questo senso si è mossa gran parte della bibliografia scientifica, soprattutto in base alla descrizione dell’ormai semiabbandonato centro etrusco riportata da Strabone. Il testo straboniano è stato, tuttavia, senza dubbio sopravvalutato nell’incertezza dell’interpretazione dei vocaboli marittimi2; di seguito se ne ripropone una breve rilettura. I tre passi principali della descrizione straboniana, infatti, così recitano (Geogr.,V, 2, 6): «…oggi [Populonia] è una piccola città completamente abbandonata, tranne i templi e poche case; più popolata è la zona del porto, che dispone di un ampio bacino ai piedi del colle e di due arsenali …»3, «… sul promontorio vi è anche un posto di vedetta per i tonni …»4, «… è il miglior punto di imbarco per le tre isole suddette [Elba, Sardegna e Corsica]»5. I dati disponibili dalla lettura, anche senza riscontro diretto sul territorio, fanno chiaramente evincere una serie di caratteristiche dell’insediamento populoniese primoimperiale, più 1 Il presente contributo nasce da un lavoro iniziato, seppure embrionalmente, con la collega Pamela Gambogi e presentato nel convegno internazionale Mar Exterior. El Occidente atlàntico Romano, tenutosi a Pisa nel 2003, i cui atti non hanno, purtroppo, ancora visto le stampe. È comunque di grande soddisfazione il fatto che la tesi di questo contributo, dopo una prima attenta messa in discussione nella sua versione seminariale, sia stata infine condivisa, anche se con le cautele del caso, dall’amica M. Pasquinucci (PASQUINUCCI 2004, p. 96). 2 Per un’esauriente trattazione della descrizione straboniana, e sul modello di discorso che l’ha generata cfr. PASQUINUCCI 1988, pp. 45-59. 3 …ò òò Per l’espressione si è preferita la traduzione ‘ampio bacino’ anziché la consueta ‘darsena’ in quanto quest’ultimo termine è di esclusiva pertinenza a bacini artificiali. Per una discussione sul problema terminologico sui concetti di ‘porto’, ‘darsena’ ecc. cfr. CAMILLI 2004a, CAMILLI 2004b. …ò … … ò … 203 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale volte sottolineate dalla consistente bibliografia sull’antico centro etrusco; tra queste, quelle più salienti ai nostri fini sono che, nel I secolo d.C., il centro antico è quasi completamente abbandonato, salvo una sporadica frequentazione attorno ai luoghi di culto6; che in quell’epoca esiste un quartiere basso, a carattere emporico (, nei pressi del porto; che la zona del porto è caratterizzata da un ampio e comodo bacino () e che vi si localizzano due arsenali ()7; nei pressi del promontorio è inoltre localizzata una tonnara (. La rilevanza del complesso portuale è infine sottolineata dal fatto che Populonia risulta essere il punto di imbarco preferenziale per raggiungere, oltre che l’Elba, la Corsica e la Sardegna. 2. Baratti ed i suoi rinvenimenti La descrizione, secondo l’interpretazione corrente9, farebbe riferimento agli apprestamenti portuali della baia di Baratti; in questo caso dobbiamo dapprima osservare come, a tutt’oggi, non sussista alcuna traccia dell’abitato al quale Strabone fa più o meno direttamente riferimento. Questo peraltro dovrebbe, se compreso nella cinta muraria10, come ci si aspetterebbe per ogni apprestamento con caratteristiche almeno in parte militari (), adattarsi in uno spazio estremamente esiguo. Le attestazioni di età romana identificabili sul golfo, anche considerate nel loro complesso, sono inoltre difficilmente da riferire ad un strutturato e di rilevante importanza, ma più probabilmente appartengono ad una serie di villae, una delle quali è stata parzialmente oggetto di scavo11. Anche le strutture in blocchi affioranti sulla probabile linea della spiaggia antica12 sono da interpretarsi come estremo lacerto di una basis monumentale, strutturata sul 6 Il complesso cultuale dell’acropoli – non è infatti verosimile dubitare che questo sia quello citato da Strabone – sopravvissuto alla distruzione sillana, è stato recentemente ridefinito, evidenziando un’area-piazza scoperta, sulla quale si affacciano vari edifici templari. Per il primo tempio cfr. ROMUALDI 2002; per la ricostruzione del complesso cfr. GUALANDI, MASCIONE 2004a; MASCIONE 2004. 7 Sulla definizione del concetto di ‘arsenale’, cfr. BLACKMAN 2003. 8 Un’esauriente discussione sulla tonnara populoniese in SHEPHERD 2003. 9 Cfr., tra tutte, la lettura di PASQUINUCCI 1988, pp. 167-175, ed il capitolo dedicato al sistema portuale populoniese in FEDELI 1983. 10 Vedi a questo proposito la sua più recente e definita delimitazione in BERTINI 2005. 11 Le presenze cui si fa riferimento sono, nell’ordine, le attestazioni presso la torre di Canessa (Fig. 1.3), la villa attualmente in corso di scavo sotto la direzione scientifica di Silvia Guideri, Franco Cambi e di chi scrive presso il fontanile di S. Cerbone (Fig. 1.5), le strutture a largo di S. Cerbone e del Casone (Fig. 1.6), la villa di poggio S. Leonardo (DE TOMMASO 1998) (Fig. 1.7). 12 Si tratta di due allineamenti di blocchi in opera quadrata (FEDELI 1983, pp. 170-171, nrr. 229-230; CASINI 1994, p. 107) paralleli alla spiaggia, a pochi metri dalla linea di riva. Cfr. anche SCHMIEDT 1972, p. 18. Nei pressi è segnalato anche il rinvenimento di una statua marmorea. 204 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 1 – Pianta schematica del golfo di Baratti con i principali punti citati nel testo: 1, acropoli; 2, tratto terminale noto della cinta muraria bassa (e ideale proseguimento a riva); 3, Canessa, luogo di rinvenimento di mosaico; 4, Chiesetta di S. Cerbone, strutture medievali rinvenute in recenti scavi; 5, fontanile di S. Cerbone, villa romana; 6, struttura in blocchi presso il «Casone»; 7, villa di S. Leonardo; 8, struttura in blocchi (peschiera?); 9, molo (?) segnalato dal Minto; 10, area della tonnara. fronte della riva13, magari anche dotata da apprestamenti di ormeggio14, se non di peschiere15. Per quanto riguarda invece i rinvenimenti segnalati a più riprese nella zona dell’attuale porticciolo turistico, gli unici peraltro compresi nella cinta muraria bassa della città16, non sono sufficienti a testimoniare strutture 13 Nell’ottica di quanto afferma il Ciampoltrini (1994-1995, p. 598), che dall’avanzata età giulio-claudia segnala il progressivo trasformarsi dei porti minori in ville-approdi. 14 Sono infatti segnalati a più riprese massi forati ‘da ormeggio’ in corrispondenza della struttura. Per le segnalazioni ringrazio qui, tra i tanti, il sig. Casini, peraltro autore di un contributo sulle presenze dell’area di Baratti (CASINI 1994). 15 Come forse le strutture in blocchi perpendicolari alla linea di riva, ad est del podere Casone, segnalate in FEDELI 1983, p. 172. 16 Da segnalare che lo spazio residuo del golfo definito dalle mura della città bassa è di dimensioni estremamente ridotte e non avrebbe potuto eventualmente ospitare che le infrastrutture militari (come definito in BLACKMAN 2003, pp. 71-72). 205 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale di ormeggio consistenti né rilevanti apprestamenti di scarico e gestione delle merci17. Teniamo inoltre presente che il rinvenimento di un ‘antico mosaico’, localizzato presso la torre di Canessa dal Ciampoltrini18, sembrerebbe escludere la presenza di strutture funzionali a favore dell’esistenza dell’ennesima villa maritima, al massimo localizzata su strutture ormai abbandonate della eventuale città bassa. Anche le campagne di prospezione subacquea, effettuate a più riprese da varie équipes nel golfo19, non hanno fornito alcun dato di supporto sulla presenza di strutture portuali di una certa consistenza. Il molo sommerso «in blocchi di tufo squadrati» segnalato dal Minto20, di pietra locale (panchina) secondo Olshki e Marinelli21, se così interpretabile, sembra essere una struttura assolutamente non proporzionata alle sue funzioni22 ed inoltre non è stato rintracciato già nelle ricerche effettuate dall’équipe italoamericana di N. Lamboglia, F. Pallarés e M. McCann23 mentre gli allineamenti di tagli nella panchina letti come presunti breakwater dalla McCann stessa24 non sono stati riscontrati dalle recenti prospezioni effettuate per le opere di ripascimento dell’arenile di Baratti25. Se l’assenza di attestazioni ‘portuali’ non è necessariamente un dato probante ai nostri fini, va comunque considerata la considerevole difficoltà di utilizzo della baia come approdo. Questa infatti è soggetta a correnti dominanti da N-N/NE, che impattano perpendicolarmente alla riva proprio in corrispondenza dell’attuale borgo. Se attualmente questa corrente rende il porticciolo ben utilizzabile solo per pochi mesi l’anno, il suo utilizzo con le imbarcazioni antiche, caratterizzate da ridotto pescaggio e stabilità, doveva risultare per lo meno arduo. L’identificazione della coppia di navalia testimoniata inequivocabilmente dal termine risulta, a questo punto, ancora più problematica26. 17 Anche le presunte strutture segnalate in CASINI 1994, pp. 104-105, sono per lo più nascoste da cumuli di scorie di ferro e quindi di fatto difficilmente leggibili. 18 CIAMPOLTRINI 1994-1995. 19 Cfr. FEDELI 1983, pp. 167-172. 20 MINTO 1943, p. 23. 21 OLSHKI, MARINELLI 1961, pp. 117-123. 22 Della stessa opinione FEDELI 1983, p. 167; anche l’ipotesi di ricostruzione del golfo proposta da Marinelli e Olshki e discussa nella stessa sede cit. da Fedeli è in realtà priva di qualunque fondamento geologico. 23 LAMBOGLIA 1979, pp. 170-175; MCCANN, OLESON 1974, pp. 398-402, FEDELI 1983, p. 171. 24 MC CANN 1971, p. 22. 25 Il progetto di ripascimento dell’arenile di Baratti è un’ambiziosa operazione in corso a cura della Provincia di Livorno, che vede il coinvolgimento di tutti gli enti preposti alla tutela e all’amministrazione dell’area. In concomitanza con le operazioni saranno effettuate dettagliate prospezioni su tutta la zona per documentare le preesistenze costiere e sommerse. I lavori di prospezione saranno seguiti da chi scrive e dalla collega P. Gambogi. 26 Si tratta comunque, verosimilmente, di una coppia di rampe, e non di due complessi distinti, come ritiene il CARDARELLI 1963, p. 510. 206 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Infatti la localizzazione di queste strutture nei pressi della chiesetta di San Cerbone, proposta dal Ciampoltrini27, è stata definitivamente esclusa dallo scavo dell’area, occupata all’epoca del geografo greco dalla già citata villa romana28. La localizzazione delle strutture militari all’interno del perimetro murario, unica altra soluzione praticabile29, è a questo punto del tutto insostenibile in quanto i neoria, vale a dire le strutture a rampa realizzate per il rapido ‘lancio’ delle navi da guerra, risulterebbero inutilizzabili se realizzate controcorrente. 3. Altre località del promontorio: Falesia e Punta delle Tonnarelle Un punto chiave per la definizione del porto populoniese è senza dubbio la sua relazione con l’approdo meridionale del promontorio e con il straboniano. A breve distanza da Populonia si trovava infatti anche il porto di Falesia, presso il quale con ogni probabilità è sorta Piombino30. Il porto doveva essere ubicato presso l’antica foce del fiume Cornia, in posizione intermedia fra il porto di Populonia e il Portus Scabris (Scarlino). Rutilio Namaziano31 lo nomina senza darne descrizione alcuna, ma accenna al villaggio vicino e allo stagno con i vivai dei pesci, probabile accesso allo scalo lagunare di Populonia. Lo stagno, oggi scomparso in seguito a bonifiche, doveva infatti comunicare col fiume Cornia ed era separato dal mare da un sottile tombolo. La viabilità era assicurata dal collegamento all’Aurelia. In sostanza l’antico porto di Falesia si trovava nella rada già chiamata ‘Falese’, poi ‘di Portovecchio’ e più tardi ‘Portovecchio di Piombino’, poco a nord-est del moderno centro. La rada è ubicata nel lato meridionale del promontorio, protetta dai venti di Maestrale, Ponente e Libeccio; la sua vastità ed esposizione inducono a pensare che anche questo piccolo porto abbia avuto sostanzialmente un ruolo di rifugio, mentre i vicini porti di Populonia svolgevano funzione predominante32. Un altro elemento da considerare, specie in relazione con l’analisi del CIAMPOLTRINI 1994-95. La sequenza, testimoniata da tre distinti progetti di scavo contigui, mostra una sorprendente continuità d’uso dell’area, seppure con alterne vicende, passando dalle propaggini della necropoli di S. Cerbone-Casone, alla presenza di un culto preromano, testimoniato dal deposito votivo recuperatovi (in corso di pubblicazione sui «MEFRA» da parte della collega e amica A. Romualdi), alla complessa stratigrafia degli scarichi di lavorazione del ferro e delle fornaci, all’impostazione della villa romana e infine alla fondazione del piccolo complesso monastico medievale. Per un quadro degli interventi in corso sulla spiaggia di Baratti cfr. CAMILLI 2005b. 29 Sulla strutturazione dei porti militari cfr. BLACKMAN 2003. 30 Cfr. CAMBI 2002, pp. 24-25, PASQUINUCCI 2004, pp. 77-79. 31 De red., I, 371. 32 Cfr. CAMILLI, GAMBOGI c.s. 27 28 207 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale sistema di approdi, è la presenza della tonnara e del straboniano (fig. 1.10). La dettagliata analisi e l’identificazione della struttura proposte dalla Shepherd33 non lasciano infatti dubbi; se tuttavia la torre di avvistamento dei banchi poteva, come accadeva fino a pochi anni or sono, essere realizzata in materiali deperibili e quindi difficilmente localizzabile se non su base toponomastica34, il rinvenimento a più riprese di un nucleo unitario di ancore, unitamente all’analisi delle correnti dominanti, permette di ipotizzare una localizzazione di massima della tonnara, approssimativamente orientata N-S e quindi vero e proprio ostacolo alla navigazione costiera, tale quindi da non poter non essere notata da chi doveva effettuare un percorso via mare35. 4. Correnti dominanti e itinerari Nella relazione tra il porto di Falesia e quello di Populonia la presenza della tonnara e le correnti dominanti non sono elementi da sottovalutare se si affronta il problema costituito dal computo delle miglia dell’Itinerarium Maritimum. Senza affrontare le problematiche relative a questa fonte36, osserviamone la sua estrema precisione di calcolo, dovuta principalmente alla sua natura ufficiale, nonché all’anomalia del computo delle distanze in milia passum anziché, come di norma via mare, in stadi, elemento che porterebbe a sottolinearne l’accuratezza e la pertinenza all’amministrazione statale. Nel tratto compreso tra Falesia-Piombino37 e Populonia, l’itinerarium (501, 1-2) riporta: «… ab Scabris Falesia, portus, m.p. XVIII, a Falesia Populonio, portus, m.p. XII». Il computo delle distanze, in questo caso, crea qualche problema (Fig. 2). Infatti, tenendo conto delle correnti, la rotta che collega la zona di Portovecchio-Falese a Piombino con la Canessa di Baratti è di circa 24 km. contro i 17,7 (=12 m.p.)38 dell’itinerario. Anche la rotta più breve e insicura, a ridosso degli affioramenti rocciosi, e che comunque andrebbe ad intersecare il complesso della tonnara, supererebbe i 19 km lineari39. A meno quindi di 33 SHEPHERD 2003; la localizzazione della tonnara è consentita dal rinvenimento di numerosi ceppi di ancora che dovevano trattenere i tiranti per le reti. A questi rinvenimenti vanno aggiunte le segnalazioni di numerose pietre «forate artificialmente» in CASINI 1994, p. 108. 34 Anche se il toponimo Punta delle Tonnarelle sembrerebbe fornire indizi inequivocabili. 35 L’osservazione consentirebbe di spiegare l’anomala attenzione del geografo per una struttura altrimenti piuttosto umile. 36 Cfr. le osservazioni generali sugli itinerari in CALZOLARI 1996 e il più recente ed approfondito, anche se su questi specifici temi non del tutto condivisibile, ARNAUD 2004. 37 Sull’identificazione di Falesia con Piombino cfr. CAMBI 2002, pp. 24-25, e bibl. citata. 38 E non 13, come in PASQUINUCCI 2004, p. 77. 39 Si potrebbe anche, al limite, ipotizzare una corruzione di tipo piuttosto consueto tra i numerali, vale a dire la trascrizione di V anziché X, dovuta alla separazione delle due aste oblique. 208 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 2 – Computo delle distanze marittime tra Falesia e Baratti. In grigio la rotta ideale (24 km, secondo le correnti dominanti ed evitando scogli e tonnara), in nero la rotta minima (19 km). Da notare come l’Itinerarium Maritimum assegni per la rotta tra Falesia e Populonio la distanza di 12 milia passum (=17,7 Km). non supporre un errore dei copisti, il Populonio dell’itinerario non può quindi collocarsi nel golfo di Baratti. 5. Rutilio Namaziano tra Falesia e Populonia Un’ultima necessaria rilettura in chiave topografica è quella di Rutilio Namaziano. Il senatore infatti, come è noto, costretto una mattina di aprile ad una sosta forzata per il maltempo40, giunge a Falesia il mattino successivo e, sempre per il vento avverso, è ulteriormente costretto a rimandare la partenza. La sosta viene tradizionalmente occupata dalla descrizione dell’escursione agreste di Rutilio, sulla quale non è il caso di dilungarsi41, se non per il fatto che l’autore descrive dei vivaria, necessariamente da localizzarsi nella laguna costiera a monte di Falesia, e quindi in direzione dell’antico centro urbano. La descrizione dell’abbandonata Populonia si colloca, invece, nella giornata 40 Le modalità dell’approdo ‘spiaggiato’ di Rutilio Namaziano sul litorale di Follonica sono discusse in CAMILLI, GAMBOGI c.s. Si tratta comunque del tipo di approdo che UGGERI (1968, pp. 247, 238) riconosce nel termine plaga, vale a dire «il tipo portuale più antico, perché la marineria primitiva, come ancor oggi quella minore, preferiva tirare a secco le imbarcazioni, per garantirsi contro gli incerti della notte». Lo stesso riconosce la presenza organizzata di questo tipo di scali intermedi: «sulle linee marittime saranno state dislocate quindi delle ‘poste’, laddove mancavano porti naturali». 41 Cfr. a tale proposito FO 2003. 209 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale successiva, inverosimilmente poco dopo la partenza da Falesia, mentre le imbarcazioni si dirigevano in direzione di Vada42. Si tratta senza dubbio di una licenza poetica; il poeta deve aver visitato (se mai lo ha fatto) il porto populoniese nella sosta forzata del giorno e mezzo precedenti, e forse riporta la descrizione del centro scorgendolo in partenza, in una sorta di saluto a distanza. L’ipotesi presentata potrebbe risultare forzata, se non per il fatto che la descrizione dell’ambiente del porto populoniese non rispecchia assolutamente quello che doveva essere il golfo di Baratti nel V secolo è d.C. (de red. I, 399402): «Adversus surgit Boreas, sed nos quoque remis / surgere certamus, cum tegit astra dies. 400 / Proxima securum reserat Populonia litus, / qua naturalem DUCIT IN ARVA SINUM». È qui, principalmente proprio sulle alture circostanti la baia, che per secoli si sono succedute le lavorazioni del ferro elbano, ricoprendo tutte le terre circostanti di una spessa coltre, talvolta alta più di due metri, di scorie ferrose. Occorre quindi considerare che la costa di Baratti, prima dell’asportazione delle scorie, che risale al secolo scorso, nonostante il supposto attuale arretramento della linea di riva43, doveva apparire come una sorta di muraglia di resti della lavorazione del ferro, o meglio come una falesia, sostanzialmente avanzata di diversi metri verso mare, che inglobava i consistenti depositi44. Ciò stride sensibilmente con la descrizione del porto populoniese riportata da Rutilio Namaziano45, il quale fa distintamente ed inequivocabilmente riferimento ad un braccio di mare (sinum) che s’insinua tra campi coltivati (ducit in arva)46. 42 La possibilità che in un giorno il poeta abbia coperto solo le 12 miglia dell’Itinerarium tra Falesia e Baratti, come proposto in MOSCA 2004, p. 323, è da escludersi per i motivi già esposti. Baratti non è infatti né sicuro né profondo, e la possibilità che la breve distanza sia stata causata dal vento contrario è da escludere, in quanto la cymba di Rutilio avrebbe dovuto incontrare dapprima un forte scirocco (che avrebbe reso ardua la partenza), percorrendo il lato meridionale del promontorio, e poi un opposto vento di libeccio per il resto del percorso, in una giornata di viaggio. La distanza tra Portovecchio di Falese e Baratti è peraltro di circa 1 ora di cammino. È decisamente più probabile che Rutilio sia giunto a Falesia nella tarda mattinata del primo giorno, vi abbia sostato, abbia tentato la partenza il mattino successivo rinunciandovi per il perdurare dello scirocco, abbia (se mai) visitato Populonia via terra, e il terzo giorno sia partito verso Vada. Di segno opposto PASQUINUCCI 2004, p. 77. 43 Esauriente discussione sull’argomento, seppure non completamente condivisibile, in FEDELI 1983, pp. 172-173. 44 Cfr. a tale proposito PASQUINUCCI, MAZZANTI 1987, p. 104. 45 De red., I, 401-402: cfr. supra. 46 È inoltre da discutere, data la struttura del verso 401, se il termine proxima sia da riferire all’osservatore, che doveva comunque trovarsi al largo, riportando caratteristiche della città visibili a distanza, ovvero, com’è più probabile, presupponga una prossimità dell’approdo urbano alla città. 210 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 6. Un ricovero per una flotta Altra caratteristica saliente che stride pesantemente con la conformazione di Baratti è il fatto che il sinum populoniese doveva essere di una certa ampiezza, , tanto da poter dare riparo all’intera flotta romana comandata dal console Tiberio Claudio nel 203 a.C. (Liv. XXX, 39, 1): «… Claudium consulem profectum tandem ab Urbe inter portum Cosanum Loretanumque atrox vis tempestatis adorta, in metum ingentem adduxit. Populoniam inde cum pervenisset, stetissetque ibi dum reliquum tempestatis exsavisset, Ilvam insulam, et ab Ilva Corsicam, a Corsica in Sardiniam traiecit…». 7. Prime conclusioni Abbiamo quindi raccolto una serie di notizie che ci permettono definitivamente di escludere, per il golfo di Baratti, il ruolo di porto principale di Populonia; del resto la difficoltà che il golfo possa essere servito come porto esclusivo per il centro etrusco, dovuta soprattutto a notazioni di carattere marittimo, fu notata già dal Milani47, che sottolineava la duplicazione del sistema di approdi, ascrivendo Populonia alla tipologia degli scali portuali doppi su promontorio e riservando Baratti ai momenti di scirocco dominante, Piombino a quelli di Libeccio48; fu invece il Minto che, pochi anni dopo, riportò l’attenzione sulla discussa serie di strutture ‘portuali’ allora visibili presso la torre di Baratti49. Rimane quindi il problema di localizzare il ‘porto’ populoniese, vale a dire quel complesso di infrastrutture civili e militari, l’emporio e l’abitato che dovette svilupparsi intorno a questo. 8. Le lagune interne di Populonia Una soluzione al problema può forse trovarsi nell’esame dell’evoluzione del sistema lagunare piombinese50, ben noto dagli studi di geografia storica e del quale sono state recentemente presentate alcune ipotesi di ridefinizio- 47 MILANI 1908, p. 225, propone come alternative a Baratti il porto di Piombino (l’antico Falesia, confronta infra) ed il ‘Porto Vecchio’, ad ovest del centro abitato medesimo. L’eccessiva distanza con il centro etrusco rende tuttavia la proposta di difficile applicazione. Cfr. in merito la discussione in FEDELI 1983, p. 167. 48 Come per molti sistemi portuali della toscana; per una tipologizzazione dei porti della costa toscana cfr. CAMILLI, GAMBOGI, c.s. 49 MINTO 1943, p. 23. Una sintesi generale del problema in FEDELI 1983, pp. 167-175. 50 Cfr. BARSANTI 2004, pp. 254-256. 211 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 3 – La laguna populoniese nella Tabula Peutingeriana (segm. IV,b). Fig. 4 – Presenze note sul promontorio populoniese. Da notare l’ampia fascia di assenza che coincide con l’isoipsa degli ‘attuali’ 2 m slm. 212 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 5 – Ipotesi di definizione delle lagune piombinesi e del sistema portuale di Populonia: A, Baratti (approdo); B, Buca delle Fate (approdo); C, Falesia (porto); D, Populonium (porto). ne51. Se infatti localizziamo su carta tutte le presenze archeologiche finora identificate e note, notiamo un’ampia fascia di ‘assenza’, che divide i siti dell’entroterra dal promontorio populoniese (Fig. 4). Quest’area di assenza porta a riconsiderare una vecchia teoria del Cardarelli52, che presupponeva, nell’entroterra populoniese, la presenza di una laguna racchiusa tra due tomboli, in stretta analogia con il promontorio dell’Argentario. È del resto interessante notare come nella Tabula Peutingeriana53 sia riportata la presenza di un consistente specchio d’acqua alle spalle di Populonia. Se la ricostruzione della laguna così come proposta dal Cardarelli è difficilmente accettabile54, e la definizione preliminare dei bacini lagunari interni proposta da Bardi55 va necessariamente integrata, si può tuttavia prendere in esame l’ipotesi di ricostruzione generata dal confronto tra l’assenza di attestazio51 Dopo la presentazione della presente relazione, il problema delle lagune in rapporto alla viabilità terrestre e marittima e la loro definizione anche sulla base dell’assenza di attestazioni è stata ripresa in modo sintetico e con esiti leggermente diversi in ISOLA 2005 e BOTARELLI, CAPRASECCA, PONTA 2005, pp. 18-19. 52 CARDARELLI 1963; l’ipotesi seppure sia stata piuttosto energicamente confutata dal Fedeli (1983, p. 170), non è del tutto da rigettare; va inoltre considerato come l’articolo del Cardarelli sia privo di apparato illustrativo in quanto pubblicato, incompiuto, dopo la morte dell’autore. 53 Segm. IV, b; l’osservazione è stata ripresa in ISOLA 2005. 54 Contra, ad es. FEDELI 1983, p. 170. 55 BARDI 2002, ora cfr. ISOLA 2005. 213 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale ni archeologiche, la sua coincidenza con le isoipse più basse del piano di campagna (non sembrano al momento documentati siti a quote inferiori ai 2 metri s.l.m.), e le testimonianze della cartografia storica (che riporta, più o meno accuratamente, l’estensione delle lagune56). Si propone quindi la presenza di un braccio lagunare (Fig. 5), proteso dal golfo meridionale fino a Poggio all’Agnello, a breve distanza dal centro etrusco, sulle rive del quale si dovevano distribuire una serie di approdi più o meno provvisori57, e uno o più punti di attracco principali, organizzati e dotati di infrastrutture. La presunta stagionalità degli approdi non è sostenibile sulla base di una presunta forte variazione di livello del bacino58, sia per il ridotto pescaggio delle imbarcazioni antiche, sia perché la laguna populoniese non doveva in antico essere soggetta a grandi variazioni di livello, dovendo principalmente la sua formazione al costante apporto del torrente Cornia. Certo non si trattava degli approdi più vicini alla città, che non possono essere che quello di Baratti o quello occasionale di Buca delle Fate59, ma sicuramente è qui che, nel 204 a.C., deve aver riparato l’intera flotta romana comandata da Tiberio Claudio. Il collegamento con la città bassa, non necessariamente industriale60, distinguibile nel termine nel senso di borgo portuale, separato dalla città vera e propria61, porterebbe ad ipotizzare in queste località, piuttosto che in corrispondenza di Baratti, i della testimonianza straboniana. A titolo del tutto provvisorio, un insediamento che potrebbe candidarsi ad abitato portuale potrebbe essere quello identificato all’estremità settentrionale del braccio lagunare, alla distanza più breve dalla città alta, proprio su Poggio all’Agnello62, in un sito al quale proprio per le sue caratteristiche è stato proposto un ruolo connesso con il cursus publicus63. ANDREA CAMILLI Cfr. BARSANTI 2004 e bibl. cit. Analogamente a quanto si sta attualmente ricostruendo per il sistema portuale pisano. Cfr. CAMILLI 2004b, pp. 54-59. 58 Come secondo BOTARELLI 2004, pp. 229-230. È inoltre discutibile proporre valutazioni decise sulla diversificazione dell’estensione delle lagune nelle varie epoche (come in ISOLA 2005) senza un approfondito approccio geologico, considerando soprattutto i risultati delle più recenti ricerche sul livello del mare in rapporto alle coste, che stanno scardinando convinzioni profondamente radicate. Cfr. a tale proposito in particolare ZARATTINI 2004, ANZIDEI et al. 2004 per la costa tirrenica, e più in generale quanto edito in DE MARIA, TURCHETTI 2004a. 59 Cfr. a tale proposito CASINI 1994, pp. 111-112. 60 La tradizionale identità terminologica tra città bassa e città industriale è generata dalla supposizione della coincidenza tra strutture produttive (fornaci della baia di Baratti) e supposto abitato portuale del quale, come visto non si è trovata finora traccia. 61 PESAVENTO MATTIOLI 1985-87, p. 638. 62 BOTARELLI, DALLAI 2003, pp. 237-238. 63 BOTARELLI 2004, pp. 232-234. 56 57 214 © 2005 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Bibliografia M. ANZIDEI, A. BENINI, K. LAMBECK, F. ANTONIOLI, A. ESPOSITO, L. SURACE, 2004, Siti archeologici costieri di età romana come indicatori delle variazioni del livello del mare: un’applicazione al mare Tirreno (Italia centrale), in L. DE MARIA, R. 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