terremoto in alaska (usa-1964)

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terremoto in alaska (usa-1964)
Viale Kennedy 4
90014 Casteldaccia (PA)
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TERREMOTO IN ALASKA (USA-1964)
Il terremoto in Alaska vicino al golfo Prince William avvenuto il 27 marzo del 1964
scosse il territorio nei limiti della linea isosismica del 7° grado su una superficie circa
di 100.000 km2. La sua magnitudo era di 8-8,7 con l’ipocentro posto ad una
profondità di 33 chilometri. La durata delle scosse, con l’accelerazione alla superficie
di ≥ 0,02g, fu di circa 3 minuti.
Giudicando dalla magnitudo, dalla profondità del fuoco e dalle conseguenze
l’intensità era ≥ 9° grado nelle zone vicine all’epicentro. Furono registrate delle frane
in montagna, nei confini del litorale e sulle isole vicine. L’effetto distruttivo del
terremoto era aggravato dagli tsunami.
I danni materiali ammontarono a 312 milioni di dollari. Vi furono 125 vittime. Il
numero delle vittime ridotto e i danni materiali relativamente bassi si spiegano con
l’influenza positiva delle norme di resistenza sismica prese in considerazione
durante la costruzione degli edifici.
La città di Anchorage, il più grande dei centri abitati colpiti dal terremoto, distava
130 km dall’epicentro. Essa subì molte distruzioni.
Secondo i dati di V. Kloud, le accelerazioni orizzontali del suolo ad Anchorage furono
di 0,16g. Le distruzioni erano aggravate dalla grande durata del terremoto e dal
numero elevato di forti aftershocks.
Nelle prime 40 ore si verificarono 55 aftershocks con magnitudo di 4 e uno con
magnitudo di 6,7. Gli epicentri degli aftershocks si trovavano lungo il litorale del
golfo e dell’isola Kodiak per una lunghezza di 600 km, il che dimostra la grande
portata della spaccatura dell’ipocentro. Durante il terremoto avvenne il
sollevamento delle isole e del fondo del golfo approssimativamente lungo la linea di
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dislocazione degli epicentri. Il litorale della penisola Kenay e dell’isola Kodiak
sprofondò. La superficie di sollevamento totale oppure di depressione era di
250.000 km2. In alcune zone il fondo dell’oceano salì di 15 m, mentre la superficie
della sprofondò di 1,8 m; sono stati registrati anche spostamenti orizzontali. Infatti,
la distanza tra l’isola Montague e l’isola Latouche diminuì di 5-7 m, mentre il litorale
del golfo si spostò a Sud. Tutto ciò portò ad un mutamento di posizione delle isole,
del litorale e delle attrezzature portuali. Parte di esse finirono sott’acqua, altre si
sollevarono.
Alcune frane ebbero luogo ad Anchorage. Il fronte di distacco lungo la frana più
grande del litorale di Turnagain mostra una stratificazione inclinata dei terreni che
favorirono la frana (fig.II.14. b,I).
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C’era uno strato di sabbia e pietrisco, e sopra, uno strato di argilla di media densità
con strati intermedi di melma e sabbia.
Lo strato superiore di circa 5 m era composto di pietrisco congelato di 2-2,5 m che
durante le oscillazioni si spostava su quello inferiore umidificato, sprofondando
verso il mare.
La figura II.14 b, II mostra come si presentava la zona soggetta alla frana. In questa
zona c’erano soltanto case in legno ad un solo piano abitate pochissimo che,
trovandosi su crepacci, furono fortemente sinistrate (fig. II.14 b, III); le case al di
fuori delle zone dei crepacci furono poco danneggiate.
Giudicando dai danni agli edifici di Anchorage, si può supporre che le oscillazioni del
suolo abbiano avuto periodi relativamente più grandi, cioè non inferiori a 0,5 s.
Ciò è dovuto a due ragioni: 1) la grande lontananza dall’epicentro (circa 130 km), 2)
il fatto che in una serie di zone il suolo ha avuto periodi di oscillazioni proprie di oltre
0,4 s.
I periodi di oscillazione del suolo sono stati cause dei maggiori danni subiti dagli
edifici alti rispetto a quelli a pochi piani disposti vicino ad essi.
Due edifici di 13 piani, con la stessa costruzione e orientamento, distavano 1,6 km
l’uno dall’altro. I loro muri esterni, le pareti delle scale e i pozzi dell’ascensore erano
monolitici in cemento armato e calcolati per sopportare le sollecitazioni sismiche.
Monolitici erano anche i sotterranei, gli zoccoli, le colonne interne e i solai; questi
ultimi non avevano travi trasversali (fig. IV.1).
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Ambedue gli edifici presentavano danni uguali: tutte le piattabande sulle aperture
dei muri esterni andarono distrutte.
Numerose incrinature si formarono nelle pareti della scale, mentre in seguito alla
pressione nei pilastri delle pareti, il cemento armato si era frantumato facendo
sporgere le armature, oppure presentavano rotture dovute alla trazione con lo
spostamento, il che era avvenuto nel corso del cambiamento di direzione delle
oscillazioni dell’edificio, come una mensola interrata (fig. IV.2).
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I solai e i basamenti non presentavano danni.
In base ai dati di misurazione sono state costruite curve della ripetitività dei periodi
delle oscillazioni del suolo; vicino ad uno degli edifici dominanti sono stati 0,4 s,
vicino ad un altro edificio 0,38 s.
Con l’aiuto di una macchina vibratrice sono stati eseguiti anche i collaudi degli edifici
danneggiati.
Le caratteristiche degli edifici non danneggiati sono state valutate con il calcolo.
Il confronto dei dati ottenuti (tab. IV.1) indica una grande diminuzione della rigidità
degli edifici dovuta ai danneggiamenti.
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Nell’opera [IV.29] è indicato che questi edifici erano stati calcolati per una
sollecitazione sismica più bassa rispetto alle norme in vigore negli USA per la zona
data. Questo si ripercosse sul grado di danneggiamento degli edifici, ma la causa
determinante è stata l’imprecisione del loro schema costruttivo, cioè la loro
resistenza sismica era garantita esclusivamente dai due muri esterni, con aperture
fortemente indebolite.
Le pareti delle scale avevano una rigidità notevolmente inferiore rispetto alla rigidità
dei muri esterni e fino alla distruzione di quest’ultimi non poterono assorbire la
quota piuttosto notevole delle sollecitazioni.
Dopo la distruzione degli architravi la rigidità dei muri risultò fortemente indebolita
e cominciarono a svolgere funzione di sostegno le pareti delle scale che possedendo
però una capacità portante ridotta, non poterono assorbire la sollecitazione sismica
e subirono gravi danni.
Un certo indebolimento delle costruzioni dei due edifici poteva essere stato
provocato dal terremoto debole del 1954 (ottobre) che aveva avuto magnitudo 6,75
ed epicentro che distava 80 km dalla città. Steinbrugge ha indicato che ambedue gli
edifici avevano avuto danneggiamenti moderati.
In città rimasero fortemente danneggiati tutti gli edifici a 9 e più piani aventi sia
costruzioni in cemento armato, che in acciaio. Quest’ultimi avevano spesso
diaframmi in cemento armato e anime di irrigidimento.
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L’albergo “Westvard” di 13 paini (fig. IV, 3 a) era situato non lontano dalla frana, e
nel suolo sottostante passavano dei crepacci.
Nei telai di metallo dell’edificio si ebbero danneggiamenti insignificanti tra i muri in
cemento armato, però danni seri si verificarono nelle pareti e nelle anime rigide che
avevano assorbito il grosso del carico.
In una serie di zone di queste pareti andarono distrutte le piattabande sopra le
porte; si ruppero le pareti intermedie provocando il rigonfiamento dell’armatura
rigida.
Ciò avvenne nelle zone estreme dell’area compressa delle pareti durante la flessione
del proprio piano.
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Nella parte sottostante l’edificio dell’albergo a cinque piani (fig. IV.4) vi era uno
scantinato. Nel 1964 la costruzione dell’edificio non era stata portata a termine, ma
le strutture principali erano già state montate. L’edificio veniva eretto sollevando i
piani attorno a due torri monolitiche. Tra le due torri c’era un cortile interno. Dopo
aver sollevato le lastre presollecitate del solaio di 20 cm, la loro posizione veniva
fissata sulle colonne in acciaio (fig. IV.4.c); non vi erano travi. Questo edificio crollò. I
testimoni raccontano che nei primi 2-3 minuti si assisteva ad una “danza folle”
dell’edificio, dopo che esso si era afflosciato, coprendosi di una nuvola di polvere.
L’edificio si trovava non lontano dalla frana e durante le oscillazioni era sottoposto a
cedimenti non uniformi. Il crepaccio nel terreno vicino all’edificio aveva avuto uno
spostamento verticale di circa 0,6 m. Pur tuttavia, la causa decisiva del crollo fu
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l’insufficiente resistenza dell’edificio rispetto alle forze orizzontali. Questo fu
confermato dal fatto che gli edifici vicini, a 1-2 piani, sopportarono il terremoto
abbastanza bene. L’intera sollecitazione orizzontale dell’albergo crollato veniva
assorbita esclusivamente dalle due torri interne (non vi erano muri esterni e pareti
divisorie) che grazie alla loro diversa rigidezza venivano sollecitate in modo non
uniforme provocando il sovraccarico di una delle due.
Andò completamente distrutto l’edificio a 4 piani del supermarket che aveva
colonne monolitiche con una sezione 51 x 51 cm e le lastre del solaio senza travi
dello spessore di 25,5 cm.
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I muri esterni sopra il pianterreno si trovavano nei tre lati dell’edificio, invece sul
quarto lato tra gli assi 2-6 c’era una vetrata (fig. IV.5). La parete di fronte alla vetrata
era in cemento armato monolitico, le altre due erano fatte parzialmente in cemento
armato, in blocchi cavi e in lastre sospese. A giudicare dal carattere delle
deformazioni, la cause dei danneggiamenti dell’edificio fu dovuta alla torsione nel
piano aggravata da una cattiva disposizione delle pareti. Il progetto non prevedeva
l’assorbimento dei momenti torcenti.
L’edificio a 5 piani dell’albergo “Knik” non subì quasi danni, anche se si trovava
vicino alla frana e gli spostamenti orizzontali del suolo nella zona raggiunsero i 3 m.
L’edificio aveva su tutto il perimetro muri antisismici in cemento armato monolitici.
Per il terremoto in questione i muri hanno reagito favorevolmente assicurando un
periodo del tono principale delle oscillazioni proprie dell’edificio.
In città c’erano parecchi edifici a un sol piano con muri in pietra cava di calcestruzzo
che spesso avevano solai e coperture in legno. I muri degli edifici avevano
un’armatura orizzontale, anche se i progetti prevedevano quella verticale, mai
installata. In questo caso gli edifici subirono i danni maggiori. La danneggiabilità dei
muri in pietra di calcestruzzo dipendeva in grande misura dalla qualità della
muratura. Bisogna anche rilevare che la resistenza sismica delle costruzioni
monolitiche è determinata in grande misura dalla qualità di esecuzione dei giunti di
betonaggio. Gravi danneggiamenti si registrarono negli edifici con elementi
prefabbricati, dovuti ai vincoli scadenti, però essi di solito non andarono distrutti.
Crollò la maggior parte dell’edificio da un piano, in elementi prefabbricati a T
presollecitati, con il solaio su colonne prefabbricate. I muri dell’edificio erano in
pannelli prefabbricati. I vincoli tra gli elementi erano eseguiti mediante saldatura
delle sporgenze delle armature.
Il terremoto provocò gravi danni alle vie di comunicazione. Danni particolarmente
gravi furono causati da frane e valanghe, gli tsunami danneggiarono zone portuali.
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Questi ultimi avevano distrutto 2 bacini di carenaggio del valore di 4 milioni di
dollari. Soltanto sul tratto della strada Anchorage-Sevard furono danneggiati o
distrutti 17 ponti (fig. IV.6).
Bibliografia
 IV.29 – The Prince William Sound, Alaska Earthquake of 1964 and Aftershocks,
Us Government Printing Office, Washington, 1967;
 IV.30 - Steinbrugge K. U. Structural Engineering Aspects of the Alaska
Earthquake of March 17, 1964 III WCE, New Zealand, 1965
Casteldaccia (PA), lì 30.11.2016
Ing. Francesco Solazzo
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