Energia da fonti rinnovabili

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Energia da fonti rinnovabili
Energia
da fonti
rinnovabili
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Introduzione
Le tipologie di fonti rinnovabili
Eolico
Idroelettrico
Geotermico
Solare termico
Solare fotovoltaico
Biomasse
Biomassa solida: combustione, gassificazione e pirolisi
Biomassa umida: digestione anaerobica e fermentazione
Colture oleaginose: produzione di biodiesel
I meccanismi incentivanti
Legge 244/2007 (finanziaria 2008)
D.M. 18 dicembre 2008
D.M. 2 marzo 2010
Legge 99/2009
Tracciabilità degli oli vegetali puri: circolare ministeriale
n°5220 del 31/3/2010
D.M. 19 febbraio 2007: Conto Energia per il fotovoltaico
Circolare dell’Agenzia Entrate n°32/E del 6/7/2009
Le opportunità del Piano di Sviluppo Rurale della
Regione Lombardia
Misura 121
Misura 311b
Il procedimento autorizzativo
Autorizzazione Unica ai sensi del D.lgs n°387/2003
Agroenergia
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Introduzione
L’Unione Europea, tramite la Direttiva 2009/28/CE (meglio conosciuta come
“Pacchetto 20-20-20”), ha sancito tre diversi obiettivi al 2020 di fondamentale
rilevanza per la sostenibilità energetica:
• l’abbattimento del 20% delle emissioni di gas serra, espressi in anidride
carbonica equivalente, rispetto al 2005;
• la copertura attraverso le fonti rinnovabili del 20% dei consumi energetici;
• la riduzione del 20% dei consumi energetici previsti per il 2020.
Anche se gli obiettivi al 2020 per le fonti rinnovabili sono ancora molto
lontani, i risultati recentemente ottenuti a seguito della progressiva
introduzione di specifiche normative incentivanti sono molto incoraggianti.
In particolar modo per le biomasse, dopo un lungo periodo di incertezza
dovuto alla mancata piena attuazione della legge finanziaria 2008, si è
finalmente aperta con l’approvazione della Legge 99/2009 una fase di deciso
rilancio del settore agroenergetico; l’attività primaria, infatti, può ora
concorrere attivamente alla riduzione del fabbisogno energetico ed al
contrasto dei cambiamenti climatici attraverso lo sviluppo delle energie da
fonti rinnovabili quali i prodotti e i sottoprodotti derivanti dall’attività
agricola. Tali opportunità sono state colte anche dalla recente revisione della
Politica Agricola Comunitaria, che ha indicato tra le principali sfide
dell’agricoltura proprio la lotta ai cambiamenti climatici e lo sviluppo delle
energie rinnovabili, perseguendo un modello di microgenerazione
distribuita sul territorio che consenta contemporaneamente di realizzare i
principi della multifunzionalità dell’attività primaria e di integrare il reddito
agricolo. La sfida agricola, inoltre, riguarda anche i biocarburanti, avendo la
Direttiva Europea 2009/28/CE stabilito che almeno il 10% dell’energia
utilizzata nei trasporti dovrà provenire da fonti rinnovabili.
Nel presente testo verranno quindi illustrate le principali tipologie di fonti
rinnovabili, seguendo lo schema della ricerca “Le energie alternative e
rinnovabili in Lombardia nell’ambito delle attività produttive” (Istituto
Regionale di Ricerca, gennaio 2010), approfondendo ove esistente
l’opportunità di sviluppo all’interno dell’attività agricola; nelle parti
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successive, invece, verranno presentate le principali normative incentivanti
previste dalla legislazione nazionale e le opportunità fornite dal Piano di
Sviluppo Rurale della Regione Lombardia, approfondendo inoltre gli aspetti
riguardanti le autorizzazioni per procedere alla costruzione e all’esercizio
degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
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Le tipologie di fonti rinnovabili
Gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili si diversificano a
seconda della risorsa naturale che utilizzano e si possono distinguere
principalmente in:
• eolico;
• idroelettrico;
• geotermico;
• solare termico;
• solare fotovoltaico;
• biomasse.
2.1
Eolico
Un impianto eolico è costituito da una o più turbine (dette aerogeneratori)
che trasformano l’energia cinetica associata alle masse d’aria in movimento
(vento) in energia elettrica. La forza del vento fa ruotare un rotore,
normalmente dotato di due o tre pale collegate ad un asse orizzontale; la
rotazione è successivamente trasferita, attraverso un apposito sistema
meccanico di moltiplicazione dei giri, ad un generatore elettrico e l’energia
prodotta, dopo essere stata adeguatamente trasformata ad un livello di
tensione superiore, viene immessa nella rete elettrica.
Le turbine eoliche sono montate su una torre, sufficientemente alta per
catturare maggiore energia dal vento in quanto maggiore è la distanza dal
suolo minori diventano la turbolenza creata dall’orografia del terreno e
l’attrito causato dalla sua rugosità. La caratterizzazione della ventosità di un
sito rappresenta un fattore critico e determinante per decidere la concreta
fattibilità dell’impianto. Infatti, tenuto conto che la produzione di energia
elettrica degli impianti eolici risulta proporzionale al cubo della velocità del
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vento, piccole differenze nelle caratteristiche anemometriche del sito
possono tradursi in notevoli differenze di energia realmente producibile.
Le macchine eoliche di piccola taglia (1-100 kW) possono essere utilizzate
per produrre elettricità per singole utenze o gruppi di utenze, collegati alla
rete elettrica in bassa tensione o anche isolati dalla rete elettrica. Le macchine
di media e grande taglia (rispettivamente, oltre i 100 kW e oltre 1 Mw) sono
utilizzate prevalentemente per realizzare centrali eoliche collegate alla rete di
media oppure di alta tensione.
Un recente sviluppo delle tecnologie relative allo sfruttamento del vento,
sicuramente più interessante nel contesto territoriale lombardo rispetto agli
impianti tradizionali, è il settore delle piccole turbine eoliche (conosciuto
anche con il nome di mini-eolico). Con questo termine si intendono
impianti di potenza compresa tra poche centinaia di Watt e 30 kW, con
generatori a bassa velocità di rotazione (a partire da 3 m/s) e con un utilizzo
circoscritto ad utenze singole.
2.2
Idroelettrico
Un impianto idroelettrico è costituito da un sistema di opere civili e
idrauliche e dal complesso dei macchinari elettromeccanici. Le opere civili e
idrauliche comprendono la diga o traversa di sbarramento, il sistema di
presa, la vasca di carico, le opere di convogliamento e di restituzione, le
condotte forzate e l’edificio della centrale. macchinari elettromeccanici
sono invece rappresentati dalle turbine idrauliche, dai generatori, dai quadri
elettrici e dai sistemi di comando.
L’acqua viene opportunamente derivata tramite le opere di presa e
convogliata nella vasca di carico dalla quale si dipartono i canali e/o le
condotte forzate che vanno ad alimentare le turbine idrauliche; l’albero
della girante della turbina è collegato ad un generatore di elettricità
(alternatore). L’acqua utilizzata nella turbina viene quindi rilasciata a valle
dell’impianto senza alcun consumo dell’acqua prelevata a monte.
Il processo fisico di produzione di energia elettrica in un impianto
idroelettrico avviene sfruttando il dislivello topografico esistente tra la vasca
di carico e l’impianto di produzione, trasformando così l’energia potenziale
dell’acqua in energia meccanica di rotazione della turbina che viene
convertita direttamente in energia elettrica tramite il generatore.
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La potenza di un impianto idroelettrico dipende da due fattori:
• il salto (dislivello esistente fra la quota a cui è disponibile la risorsa idrica
svasata e il livello a cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso
la turbina);
• la portata (la massa d'acqua che fluisce attraverso la macchina espressa per
unità di tempo).
I grandi impianti (potenza superiore a 10000 kW) vengono realizzati
sbarrando con dighe, in opportune sezioni aventi caratteristiche
geomorfologiche idonee, un corso d’acqua. Si viene a creare in tal modo un
lago artificiale nel tratto a monte delle sbarramento. In Lombardia sono
presenti soprattutto nelle valli alpine, anche a quote molto elevate, ma tutte
le possibilità di utilizzo sono ormai esaurite e si può puntare solo su un
cambiamento della tecnologica che porti ad un miglioramento
dell’efficienza degli impianti esistenti.
I piccoli e i medi impianti (potenza compresa tra 1000 e 10000 kW) sono sia
ad acqua fluente sia con sbarramenti trasversali del corso d’acqua, con
infrastrutture di dimensioni più limitate di quelle dei grandi impianti, con a
monte aree a flusso rallentato più o meno grandi (a volte nullo) e canali per
la derivazione e la restituzione dell’acqua nell’alveo principale.
I microimpianti, talvolta integrati con altre fonti di approvvigionamento
energetico, sono quelli in grado di produrre da pochi kW fino a 100 kW;
variano da impianti che prevedono traverse e derivazioni a sistemi possono
avere la turbina inserita direttamente nel corso d’acqua.
2.3
Geotermico
L’energia geotermica è la forma d’energia dovuta al calore endogeno della
Terra, immagazzinato nella crosta terrestre e in grado di fluire verso l'esterno
con l’ausilio di fluidi vettori come acqua e vapore. Recentemente il Consiglio
Europeo dell’Energia Geotermica (EGEC) ha adottato una definizione
dell’energia geotermica che non fa riferimento al calore endogeno della
Terra, ma la considera “una fonte di energia rinnovabile, stoccata sotto
forma di calore sotto la superficie solida del suolo”.
La temperatura all’interno della crosta terrestre aumenta con la profondità
secondo un gradiente geotermico di 3°C ogni 100 metri, anche se esistono
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zone con gradienti geotermici anomali in cui il flusso di calore è maggiore
(9-12°C ogni 100 metri).
Si tratta di una massa energetica fortemente dispersa e solo raramente
recuperabile; per contro ha la caratteristica di essere costante nel tempo,
priva di fluttuazioni meteorologiche diurne o stagionali e, cosa che più
interessa dal punto di vista economico, può concentrarsi in zone
caratterizzate da anomalie termiche raggiungendo livelli di temperatura
industrialmente sfruttabili.
Le risorse geotermiche vengono classificate in base del loro contenuto di
calore in:
• alta entalpia (acqua e vapore a temperatura superiore ai 150-200 °C);
• media entalpia (tra 100 e 180 °C);
• bassa entalpia (minore di 100 °C).
Nel primo caso l’energia geotermica viene impiegata per la produzione di
energia elettrica (come avviene a Larderello, in Toscana) oppure per alcuni
usi industriali. Il geotermico a media e bassa entalpia viene invece impiegato
per usi diretti (agricoli, civili, industriali e termali) tramite la perforazione del
sottosuolo operata dalle cosiddette “sonde geotermiche”.
2.4
Solare termico
Nel caso della conversione termica l’energia solare, sotto forma di radiazioni
di diverse lunghezze d’onda, colpisce una superficie detta collettore solare
che la trasforma in calore. Il collettore solare consiste in una piastra captante
che, grazie alla sua geometria e alle proprietà della sua superficie, assorbe
l’energia solare e la converte in calore. Tale energia viene poi inviata ad un
fluido termovettore che circola all’interno del collettore stesso o in
particolari trasportatori di energia termica e viene da ultimo ceduta allo
scopo di produrre acqua calda o riscaldare edifici. Sulla base dell’efficienza
di trasformazione dell’energia solare incidente in energia termica, è possibile
individuare tre principali tipologie di collettori solari: piani, sottovuoto e
monoblocco.
Pannelli solari piani: vetrati e scoperti. I dispositivi più comunemente usati
per catturare la radiazione solare sono costituiti da superfici piane, non
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sempre orientabili, denominate collettori o pannelli solari piani. Essi sono
composti da una piastra assorbente scura, solitamente metallica, che
comportandosi da corpo nero assorbe la radiazione solare aumentando la
sua temperatura e provocando indirettamente il riscaldamento del fluido
termo-vettore che fluisce sopra, sotto o attraverso la stessa piastra. Il
collettore è ricoperto da una lastra di materiale vetroso o plastico che,
trasparente alla radiazione solare ma opaca a quella infrarossa, crea un
effetto serra favorendo il riscaldamento della piastra e impedendo che il
calore da essa assorbito possa disperdersi verso l'ambiente esterno; il sistema
così ottenuto è comunemente denominato collettore o pannello solare
vetrato. Nel caso in cui il collettore non sia provvisto della lastra trasparente
viene denominato collettore o pannello solare scoperto. I collettori solari
scoperti sono particolarmente adatti per gli utilizzi nella stagione estiva visto
che essi funzionano al meglio quando la temperatura ambiente è compresa
tra 20 e 40°C e il loro costo è notevolmente più basso dei collettori vetrati.
Questi ultimi, al contrario, grazie alla presenza della lastra trasparente sono
capaci di produrre acqua calda in tutti i mesi dell'anno e per tale ragione
sono più costosi di quelli scoperti, ma più diffusi nel settore domestico
tradizionale.
Pannelli solari sottovuoto. Si tratta di pannelli più sofisticati e costosi ma in
grado di fornire prestazioni assai performanti. Sono composti da due tubi
coassiali di vetro speciale, le cui estremità vengono fuse tra loro e l’aria
presente nell’intercapedine viene estratta creando il vuoto. Sono ricoperti da
uno strato altamente selettivo che trasforma la luce solare in calore. In
questo caso l'assorbitore di calore è di forma circolare ed è alloggiato nel
tubo all'interno della cavità sottovuoto; in questo modo il fluido assorbe
tutto il calore del sole senza dispersioni.
A differenza dei pannelli piani, questa tipologia di collettori sottovuoto non
conduce calore, essendo l'aria un ottimo isolante, per cui non si verificano
perdite per convezione e conduzione e pertanto il loro rendimento è
superiore. Inoltre, vista la loro maggiore resa, richiedono una minore
superficie espositiva rispetto alle altre tipologie di pannelli e sono capaci di
trattenere il calore accumulato anche in condizioni atmosferiche molto
rigide, garantendo prestazioni elevate e costanti durante l'intero arco
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dell'anno; per questi motivi possono essere utilizzati anche in zone con
un'insolazione medio-bassa o con condizioni climatiche particolarmente
rigide durante l'inverno, come in alta montagna o nei paesi nordici.
Collettori monoblocco. I collettori monoblocco sono di costruzione molto
semplice rispetto alle precedenti categorie e sono prevalentemente composti
da un serbatoio in acciaio inox che viene esposto direttamente al sole e
solitamente sono asserviti ad un collettore piano integrato.
Il serbatoio è generalmente dipinto di nero, termicamente coibentato e
coperto da una lastra di materiale trasparente termoisolante. Possono anche
essere montati direttamente in una cavità del tetto in cui si trova uno
specchio solare concavo che riflette la luce. Sono collegati direttamente alla
rete dell'acqua fredda e calda senza l'ausilio di scambiatori di calore né di
pompe e possono essere collegati ad una caldaia a gas ausiliaria che
interviene automaticamente quando la temperatura scende al di sotto di
quella richiesta. Rispetto alle precedenti tipologie hanno un costo più
modesto, sono compatti, maneggevoli, occupano poco spazio e possono
essere installati senza l'ausilio di tecnici specializzati. Generalmente il loro uso
è limitato alla sola produzione di acqua calda sanitaria e, inoltre, durante la
notte o nei giorni con scarsi apporti solari possono raffreddarsi facilmente.
Esiste un’altra categoria di collettori, meno diffusi ma sui quali le ricerca sta
volgendo il proprio interesse: i collettori solari a concentrazione. Il loro
principio di funzionamento prevede l’utilizzo di dispositivi capaci di
concentrare la luce solare riflessa da una molteplicità di “specchi” su una
superficie di piccole dimensioni detta ricevitore.
2.5
Solare fotovoltaico
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente in energia
elettrica l'energia associata alla radiazione solare. Essa sfrutta il cosiddetto
effetto fotovoltaico, basato sulle proprietà di alcuni materiali
semiconduttori (il silicio è ad esempio quello più comunemente utilizzato)
che, opportunamente trattati, sono in grado di generare elettricità se colpiti
da radiazione luminosa. L’intensità di corrente prodotta in una cella
fotovoltaica è proporzionale alla quantità di luce incidente sulla cella stessa,
pertanto la corrente aumenterà con la superficie della cella e con l’intensità
11
della luce. La corretta esposizione all’irraggiamento solare dei moduli
fotovoltaici rappresenta dunque un fattore chiave al fine di ottenere le
prestazioni ottimali dell’impianto in termini di producibilità di energia
elettrica.
I moduli fotovoltaici di piccola potenza sono generalmente costituiti da 36
celle di silicio mono e policristallino disposte su file parallele connesse in
serie. Più moduli collegati in serie formano un pannello, ovvero una
struttura rigida ancorata al suolo o ad un edificio. Un insieme di pannelli
collegati in serie costituiscono una stringa e più stringhe costituiscono il
generatore fotovoltaico.
A valle dei pannelli, è installato un inverter che rappresenta il sistema di
controllo e condizionamento di potenza che trasforma la corrente continua
prodotta dai moduli in corrente alternata capace di alimentare le utenze
domestiche. All’interno dell’inverter sono di norma contenuti anche il
trasformatore e il sistema di rifasamento, che garantisce la qualità della
potenza in uscita.
L’alternanza giorno/notte, il ciclo delle stagioni, le variazioni meteorologiche
fanno sì che la quantità di energia prodotta da un sistema fotovoltaico non
sia costante ma vari al variare delle ore del giorno e dei mesi dell’anno.
Questo significa che per dare piena autonomia all’utenza, bisognerà
collegare gli impianti alla rete elettrica di distribuzione nazionale o utilizzare
dei sistemi di accumulo dell’energia elettrica.
Le principali applicazioni dei sistemi fotovoltaici possono essere raggruppate
in due tipologie: i sistemi isolati (stand-alone) e i sistemi collegati alla rete
(grid connected). I sistemi isolati sono sistemi non collegati alla rete elettrica
e sono costituiti da un certo numero di moduli fotovoltaici, da un
regolatore di carica e da un sistema di batterie che garantisce l’erogazione di
corrente continua anche nelle ore di minore illuminazione o al buio.
I sistemi collegati alla rete sono invece sistemi stabilmente collegati alla rete
elettrica. Nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non è in grado di
produrre l’energia necessaria a coprire la domanda di elettricità, la rete
fornisce l’energia richiesta. Viceversa, se il sistema fotovoltaico produce
energia elettrica in più, l’eccedenza viene trasferita alla rete e contabilizzata.
Per quanto riguarda le modalità di installazione, esistono tre tipologie di
impianti: integrati, parzialmente integrati e non integrati. Gli impianti
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integrati sono installati in modo tale che i moduli sostituiscono (anche in
parte) gli elementi di un edificio o di una struttura (tetto, facciata,
rivestimenti, componenti accessori, ecc.). In questo tipo di installazioni la
corrente continua generata dai moduli viene trasformata in alternata ed
immessa nella rete interna dell’edificio utilizzatore, in parallelo alla rete di
distribuzione pubblica. In questo modo può essere consumata dall’utenza
locale oppure ceduta alla rete stessa.
Negli impianti parzialmente integrati i moduli sono ancora posizionati su
edifici o strutture ma non ne sostituiscono gli elementi, mentre gli impianti
non integrati sono invece collocati al suolo o comunque in modo diverso da
come descritto nelle altre due tipologie.
Per le aziende agricole la produzione di energia solare costituisce reddito
agrario; lo ha stabilito la legge Finanziaria 2005, la Legge n°81 del marzo 2006
ed infine la successiva finanziaria 2007 e la circolare n°32/E dell’Agenzia delle
Entrate (descritta nel seguito), chiarendo che la produzione e cessione di
energia termo-solare e di energia fotovoltaica sono di fatto considerate
attività agricole, generando di conseguenza reddito agrario ai fini fiscali;
inoltre, anche il fotovoltaico connesso ad attività primaria agricola può
accedere agli incentivi statali in Conto Energia (descritto nel seguito), in base
ai quali l’elettricità ricavata da impianti fotovoltaici viene pagata per 20 anni
a una tariffa vantaggiosa dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE).
2.6
Biomasse
Ai sensi della legislazione comunitaria (Dir. 2009/28/CE) sulla promozione
dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, con il termine “biomassa” deve
intendersi “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine
biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e
animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e
l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e
urbani”. Con il termine biomasse si indica quindi un insieme di materiali
molto variegato per provenienza, caratteristiche chimico-fisiche, costo di
acquisto e possibilità di impiego. Tutti questi materiali hanno però la
caratteristica comune di avere origine biologica non fossile.
Dal punto di vista energetico, la biomassa può presentarsi direttamente
sotto forma di combustibile solido, come ad esempio la legna da ardere e i
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residui agricoli e forestali, oppure richiede una trasformazione strutturale
del suo materiale organico per ottenere combustibili liquidi e gassosi.
L’impiego energetico delle biomasse è considerato uno dei più efficienti
sistemi per ridurre le emissioni di gas serra, come richiesto dagli accordi di
Kyoto, in quanto la CO2 emessa durante la produzione di energia è pari a
quella assorbita durante la crescita delle piante, al contrario dell’utilizzo dei
combustibili fossili che comporta emissione di CO2 che si accumula in
atmosfera concorrendo così al processo di riduzione della fascia di ozono
stratosferico. La conversione delle biomasse in energia avviene attraverso tre
principali processi tecnologici:
• i processi termo-chimici (combustione, gassificazione, pirolisi) cui è
destinabile la biomassa solida (ad esempio legno, sfalci, ecc.);
• i processi bio-chimici (digestione anaerobica, fermentazione) cui è
destinabile la biomassa umida (ad esempio, digestione anaerobica di
liquami e reflui zootecnici per la produzione di biogas e fermentazione di
colture amidacee e zuccherine per la produzione di bioetanolo);
• i processi fisico-chimici (estrazione ed esterificazione) cui sono destinabili
le colture oleaginose per la produzione di biodiesel.
2.6.1
Biomassa solida: combustione, gassificazione e pirolisi
Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono
la legna e tutti i suoi derivati, i più comuni sottoprodotti colturali (sfalci,
potature) e taluni scarti di lavorazione. Alcune tipologie di scarti
dell’industria del legno possono essere anche utilizzati per produrre un
combustibile alternativo detto “pellet di legno” caratterizzato da un basso
tenore di umidità (inferiore al 12%), elevata densità, regolarità geometrica e
l’assenza di corrosivi, colle o vernici. Il pellet è molto indicato, per la sua
praticità, per piccoli e medi impianti residenziali.
La combustione di legna è la forma di energia più antica usata dall’uomo.
Nel processo di combustione, l’ossigeno dell’atmosfera si combina con il
carbonio presente nelle biomasse per produrre biossido di carbonio ed
acqua. I residui principali di questo processo sono rappresentati da ceneri e
fumi. Il risultato ultimo delle reazioni è la produzione di calore che viene
recuperato tramite opportuni scambiatori che trasferiscono l’energia
14
termica ad altri vettori fluidi quali aria o acqua. La quantità di calore
prodotta dipende dalle caratteristiche fisico-chimiche della biomassa
(tipicamente il tenore di umidità) oppure dalle condizioni di esercizio
dell’impianto che ne determinano una completa o meno combustione.
Il processo di gassificazione consiste nella parziale ossidazione ad alta
temperatura di una biomassa per ottenere un prodotto gassoso composto
prevalentemente da ossido di carbonio e idrogeno. Questo prodotto può
essere utilizzato come combustibile per generare elettricità o vapore e trova
una sua applicazione anche nell’industria petrolchimica. La reazione richiede
temperature non inferiori agli 800°C per minimizzare i residui di catrame e di
altri idrocarburi presenti nel gas ottenuto, quali etano od etilene.
La pirolisi è il processo termico di conversione della biomassa solida in
assenza di agenti ossidanti quali ossigeno o aria. Durante il processo di
pirolisi, che avviene a temperature comprese tra i 300°C e i 700°C, la cellulosa
e la lignina vengono degradate a formare molecole più piccole e leggere
che, a queste temperature, sono sotto forma di gas. Quando questi si
raffreddano, i vapori condensano a formare un liquido, chiamato bio-olio,
che può essere facilmente stoccato, trasportato e utilizzato come
combustibile. La restante parte della biomassa, costituita prevalentemente da
lignina, viene lasciata in forma solida come carbone. La miscela di prodotti
ottenuti dipende da vari parametri quali temperatura di reazione, tempo di
residenza e pressione a cui è condotta la reazione.
2.6.2
Biomassa umida: digestione anaerobica e fermentazione
Per digestione anaerobica si intende la degradazione della sostanza organica
contenuta nei residui zootecnici, residui dell’industria agro-alimentare,
acque o fanghi reflui da parte di microrganismi in assenza di ossigeno
originando biogas, costituito prevalentemente da metano (almeno il 50%)
ed anidride carbonica. La legislazione comunitaria (Dir. 2009/28/CE) e
nazionale (D.Lgs 387/03) sull’incentivazione delle fonti rinnovabili include
esplicitamente tra di esse i “gas di discarica, gas residuati dai processi di
depurazione e biogas”. In effetti tutti i tre tipi di gas indicati sono dei
biogas, ma la loro elencazione separata nella normativa richiamata mette in
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evidenza la molteplicità di matrici organiche da cui il biogas può essere
prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica rifiuti urbani,
fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti
organici agro-industriali, residui colturali e colture energetiche. Dal punto di
vista impiantistico un impianto per la produzione di biogas è costituito da:
• una vasca per la raccolta e la miscelazione di liquami;
• un digestore, in cui avviene la fermentazione anaerobica con la
produzione di biogas;
• un sistema di trattamento e purificazione del biogas;
• un generatore/cogeneratore per la produzione di energia elettrica e/o
termica;
• uno stoccaggio del liquame digestato, in attesa dello spandimento sulla
Superficie Agricola Utilizzata (SAU);
• una torcia di sicurezza che garantisca la combustione del biogas in caso di
eccesso di produzione e per garantire il mantenimento dei parametri
operativi del sistema.
Il biogas così prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed
immagazzinato e può essere utilizzato come combustibile per caldaie a gas
per produrre calore o motori a combustione interna per generazione di
elettricità, anche in modo combinato grazie ad impianti di cogenerazione;
inoltre, l’energia prodotta può consentire di sostenere gli impianti di
abbattimento del contenuto di azoto nei reflui zootecnici.
Le biomasse ad alto contenuto zuccherino, quali barbabietola, sorgo, mais e
frumento, sottoposte ad un processo di fermentazione ad opera di un
lievito (Saccharomyces cerevisiae) e successiva distillazione, vanno a
produrre il bioetanolo, un etanolo che può essere utilizzato come
componente delle benzine (fino al 20%) per aumentarne le caratteristiche
ottaniche e per ridurre l’emissione di gas inquinanti e come combustibile in
biocamini.
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2.6.3
Colture oleaginose: produzione di biodiesel
I semi oleosi derivanti dalle colture di soia, girasole, mais, arachidi e colza,
sono le materie prime per la produzione di biodiesel. Attraverso un processo
di transesterificazione gli oli vegetali ottenuti dalla spremitura dei semi sono
fatti reagire con un alcool, in genere metanolo, per produrre esteri, cioè
biodiesel. Il biodiesel è il sostituto naturale del gasolio minerale, e trova
quindi le sue applicazioni principali come combustibile negli impianti di
riscaldamento o come carburante nei motori diesel.
3
I meccanismi incentivanti
I principali meccanismi di incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili
sono il “certificato verde” e la “tariffa omnicomprensiva”, nonché, per
quanto attiene specificamente il settore fotovoltaico, il cosiddetto “conto
energia” (una particolare forma di tariffa descritta nel paragrafo specifico
3.3, dipendente, oltre che dalla potenza, anche dalla tipologia di impianto
fotovoltaico). Tutti i meccanismi sono stati recentemente oggetto di
importanti evoluzioni normative, che verranno dettagliate nel seguito dopo
una breve descrizione dei meccanismi stessi.
Il certificato verde (CV) è una forma di incentivazione della produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta di titoli negoziabili che
corrispondono ad una certa quantità di emissioni di anidride carbonica;
sostanzialmente, il gestore di un impianto produce energia da fonti
rinnovabili, emettendo meno anidride carbonica di quanto avrebbe fatto un
impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone, ecc.),
ottiene dei certificati verdi che può rivendere a prezzi di mercato ad altri
produttori di energia “convenzionale” che sono obbligati a produrre una
quota di energia mediante fonti rinnovabili ma che non sono in grado di
farlo autonomamente.
In Italia i certificati verdi sono emessi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE)
su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili. I Certificati Verdi
sono introdotti dal decreto di liberalizzazione del settore elettrico noto
come Decreto Bersani; i produttori possono richiedere i certificati verdi per 8
anni (per impianti entrati in servizio o revisionati dopo l'aprile del 1999) e per
17
15 anni per impianti successivi al 31/12/2007 (legge finanziaria 2008). I
certificati verdi, quindi, permettono alle imprese che producono energia da
fonti convenzionali (petrolio, carbone, metano, ecc.) di rispettare la legge
che obbliga ogni produttore o importatore di energia a usare fonti
rinnovabili per il 2%.
La tariffa omnicomprensiva (TO) è un particolare regime di incentivazione
per la remunerazione dell'energia prodotta con impianti da fonti rinnovabili
il cui scopo è riconoscere un prezzo maggiore di quello di mercato per
l'energia elettrica immessa in rete proveniente da fonte rinnovabile. Può
essere applicata agli impianti da fonti rinnovabili di potenza inferiore ad 1
MW (0,2 MW per gli impianti eolici) e, per essere rilasciata, gli impianti
devono ottenere la qualifica IAFR di Impianto Alimentato da Fonti
Rinnovabili rilasciata dal GSE.
Sintesi dell’evoluzione normativa. Il 31 luglio è stata pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale la legge 23 luglio 2009 n°99 “Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, tramite
la quale, all’art. 42, è stato finalmente definito l’attuale sistema di
incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili agricole in
impianti entrati in esercizio dopo il 31/12/2007; tale provvedimento è giunto
dopo oltre 15 mesi dall’approvazione della Legge finanziaria 2008 (legge
244/2007) e del suo collegato (legge 222/2007), durante i quali era stato
emanato il solo Decreto Ministeriale 18 dicembre 2008 che aveva stabilito un
incentivo pari a quello previsto per le biomasse non da filiera, ovvero 0,22
/kwh per la tariffa omnicomprensiva ed 1,1 per il coefficiente moltiplicativo
dei Certificati Verdi. Con la legge 99/2009 la tariffa omnicomprensiva è stata
quindi innalzata a 0,28 /kwh per il biogas e le biomasse ad esclusione dei
biocombustibili liquidi ed oli vegetali di provenienza extraeuropea; il
coefficiente moltiplicativo dei Certificati verdi, invece, è stato elevato a 1,8 e
viene applicato successivamente all’emanazione del decreto 2 marzo 2010
volto a definire i criteri di tracciabilità e rintracciabilità delle biomasse “da
filiera” (intese di filiera e contratti quadro) e “da filiera corta” (prodotte
entro un raggio di 70 km dall’impianto). Tale decreto, secondo quanto
previsto in origine dalla Finanziaria 2008, avrebbe dovuto stabilire anche i
18
criteri di tracciabilità degli oli vegetali puri al fine di ottenere la piena tariffa
omnicomprensiva di 0,28 /kwh; essi, tuttavia, sono stati inclusi in
un’apposita circolare esplicativa del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali del 31 marzo 2010. Nei paragrafi successivi verranno presentati
sinteticamente i contenuti dei provvedimenti sopraccitati; nella loro
esamina, tuttavia, è sempre bene tenere presente l’evoluzione normativa
appena descritta.
3.1
Legge 244/2007 (finanziaria 2008)
Con la Legge 244/2007 - Finanziaria 2008 (commi da 143 a 157 dell’articolo 2)
e con il relativo collegato (Legge 222/2007) sono stati fissati i termini generali
per l’incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Per
quanto di interesse per il settore agricolo, l’attuazione della legge 244/07
prevede l’emanazione di altri due decreti attuativi, di cui uno stabilisce i
criteri per la destinazione delle biomasse combustibili a scopi alimentari,
industriali ed energetici, mentre l’altro (D.M. 2 marzo 2010) le modalità con
le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse
sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità
della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe
previsti dalla legge 244/07 (tariffa omnicomprensiva di 0,30 /kwh e
coefficiente moltiplicativo dei CV di 1,8 – tali erano in origine i valori previsti
dalla Legge finanziaria 2008, successivamente aggiornati dalla legge 99/2009
come anticipato e descritto nel seguito). Inoltre, così come indicato al
comma 150 dell’art. 2 della legge 244/07, è stato quindi emanato il Decreto
del Ministero dello Sviluppo Economico del 18 dicembre 2008, che stabilisce
le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di
incentivazione ai meccanismi di cui alla legge 244/07.
3.1.1
D.M. 18 dicembre 2008
Di seguito si descrivono brevemente le principali disposizioni del decreto 18
dicembre 2008 del Ministero dello Sviluppo Economico attuativo del comma
150, dell’art. 2 della legge 244/07.
• Valore incentivi: per quanto riguarda le biomasse agroforestali da filiera, in
attesa dell’emanazione del decreto attuativo previsto dalla legge 222/07 e
19
•
•
•
•
dalla legge 244/07 diretto a definire i criteri di tracciabilità e rintracciabilità
della filiera per accedere alla tariffa omnicomprensiva di 0,30 /kwh ed al
coefficiente moltiplicativo dei CV di 1,8 (valori originari previsti dalla
finanziaria 2008), l’incentivo riconosciuto dal decreto 18/12/08 è stato
stabilito pari a quello per le biomasse non da filiera e pertanto 0,22 /kwh
per la tariffa omnicomprensiva ed 1,1 per il coefficiente moltiplicativo dei
CV. Gli impianti aventi diritto di accedere al sistema di incentivazione sono
quelli entrati in esercizio dopo il 31/12/07.
Cumulabilità degli incentivi: per gli impianti che utilizzano biomasse da
filiera è consentito l’uso di altri incentivi fino al 40% del valore
dell’investimento, a condizione che nell’impianto si utilizzi al più il 20% di
biomasse non rientranti tra quelle di filiera.
Energia incentivata: nell’ipotesi che l’impianto opti per i certificati verdi,
viene remunerata la produzione netta (produzione lorda diminuita delle
perdite nei trasformatori principali, delle perdite di linea e dell’energia
assorbita dai servizi ausiliari). Nell’ipotesi che si scelga la tariffa
onnicomprensiva, viene incentivata la sola quota ceduta alla rete. La soglia
di 1 MW elettrico che fa da spartiacque tra tariffa e certificato verde si
applica ai valori di targa del generatore. La scelta tra tariffa e CV viene
effettuata al momento della richiesta di qualifica IAFR. Possono richiedere
l’incentivo solo gli impianti collegati alla rete di distribuzione.
Rilascio CV: i certificati verdi sono rilasciati per 15 anni: possono essere
richiesti a consuntivo o a preventivo (questo secondo caso è valido solo
per gli impianti in esercizio dopo il 31/12/08).
Tariffa onnicomprensiva: la tariffa onnicomprensiva viene rilasciata
esclusivamente in riferimento a misure a consuntivo.
3.1.2
D.M. 2 marzo 2010
Il decreto del Mipaaf 2 marzo 2010, di concerto con il Mise, stabilisce ai sensi
della Finanziaria 2008 le modalità per la tracciabilità e rintracciabilità della
biomassa e del biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e
forestali utilizzati per la produzione di energia elettrica e prodotti
nell’ambito di intese di filiera e contratti quadro o entro il raggio di 70 km
dall’impianto di produzione dell’energia. Il decreto, che riguarda
soprattutto gli impianti di potenza superiore ad 1 MWe, è finalizzato
20
all’incentivazione dell’energia elettrica prodotta in impianti alimentati dalle
fonti sopraccitate mediante il rilascio di certificati verdi con il coefficiente
moltiplicativo k=1,8, così come stabilito attualmente dalla legge 99/2009.
Per l’effettiva operatività di tali modalità il decreto rimanda tuttavia alla
successiva emanazione, sempre da parte del Mipaaf insieme ad Agea, di una
procedura tecnica contenente le modalità operative di dettaglio a cui gli
operatori della filiera dovranno conformarsi per accedere al coefficiente di
1,8. Nei termini generali, il produttore che intende accedere al coefficiente
moltiplicativo di 1,8 presenta al GSE domanda di qualifica ed è tenuto inoltre
a
• trasmettere al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, entro
il 30 novembre di ciascuno degli anni per cui si richiede l’emissione dei
certificati verdi, la documentazione indicata nell’allegato 1 al decreto (in
generale, documenti relativi ai contratti di fornitura delle biomasse, CUAA,
le specie di ciascuna materia prima e la relativa superficie con le
informazioni catastali, il quantitativo di prodotto ottenuto);
• conservare per l’intero periodo di emissione dei certificati verdi la
documentazione in relazione a ciascuna tipologia di biomassa, necessaria
per le verifiche da parte del Mipaaf.
Il MIPAAF, come anticipato, dovrà predisporre una procedura tecnica che
indica le modalità operative di dettaglio a cui gli operatori della filiera
devono conformarsi, in modo da consentire la tracciabilità e rintracciabilità
delle biomasse; entro il 31 gennaio dell’anno successivo il MIPAAF, verificata
la documentazione ricevuta ed avvalendosi delle procedure di controllo di
AGEA, comunicherà al GSE l’esito di tale verifica ai fini del controllo della
quantità delle biomasse utilizzate dal produttore di energia elettrica nel
corso dell’anno solare; nel caso di esito positivo e dopo aver verificato e
controllato gli impianti in esercizio o in costruzione, il GSE provvederà al
riconoscimento del coefficiente moltiplicativo pari a 1,8 con le modalità
fissate dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico 18 dicembre 2008.
21
3.2
Legge 99/2009
Come descritto precedentemente, con la legge 99/2009 (e in particolar modo
l’art. 42) vengono principalmente riviste le entità degli incentivi stabilite dal
decreto 18 dicembre 2008; in particolare, la tariffa omnicomprensiva è stata
innalzata a 0,28 /kwh per il biogas e le biomasse ad esclusione dei
biocombustibili liquidi ed oli vegetali di provenienza extraeuropea, mentre il
coefficiente moltiplicativo dei Certificati Verdi è stato elevato a 1,8 e viene
applicato successivamente alla pubblicazione ai sensi della Finanziaria 2008
dello specifico decreto ministeriale 2 marzo 2010, descritto in precedenza,
volto a definire i criteri di tracciabilità e rintracciabilità delle biomasse “da
filiera” (intese di filiera e contratti quadro) e “da filiera corta” (prodotte
entro un raggio di 70 km dall’impianto). Per quanto riguarda le altre forme
di produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, geotermico, idraulico,
ecc.), la Legge 99/2009 conferma sostanzialmente quanto stabilito dalla
Finanziaria 2008.
L’articolo 42, inoltre, conferma quanto già stabilito in precedenza dal D.M.
18 dicembre 2008, assicurando che gli impianti di proprietà di aziende
agricole, o gestiti in connessione con aziende agricole, agroalimentari, di
allevamento e forestali, alimentati da biomasse, possono cumulare, a
decorrere dall'entrata in esercizio commerciale, la tariffa fissa
onnicomprensiva con altri incentivi pubblici con capitalizzazione anticipata,
non eccedenti il 40% del costo dell’investimento. Oltre a confermare la
cumulabilità, l’art. 42 introduce il concetto di entrata in esercizio
commerciale per gli impianti a biomasse e biogas; tale novità dovrebbe far
superare la definizione di entrata in esercizio prevista dalla legge 244/07 e dal
D.M. 18 dicembre 2008, permettendo di applicare la tariffa omnicomprensiva
anche agli impianti che hanno effettuato il primo parallelo nel 2007 ma che
hanno richiesto gli incentivi nel 2008, attualmente esclusi dalle norme
vigenti.
22
Impianti di potenza elettrica superiore a
1MW
Coefficiente di
moltiplicazione dei
certificati verdi
Biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli,
di allevamento e forestali, ivi inclusi i
sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di
filiera o contratti quadro ai sensi degli artt. 9 e 10
del decreto legislativo 102/2005, oppure in filiere
corte, cioè ottenute entro un raggio di 70 km
dall’impianto che li utilizza per produrre energia
elettrica (D.M. 2 marzo 2010)
1,8
Rifiuti biodegradabili e biomasse generiche non di
filiera
1,3
Impianti di potenza elettrica inferiore a
1MW
Tariffa
omnicomprensiva
(/kwh)
Biomasse e biogas. Sono inclusi gli impianti
alimentati a oli vegetali puri a condizione che
siano ottenuti da colture oleaginose coltivate nel
territorio dell’Unione Europea e che siano state
incluse nel fascicolo aziendale (circolare Mipaaf
n°5220). Sono esclusi gli impianti alimentati da
altri biocombustibili liquidi (ad esempio biodiesel
e bioetanolo) e da oli di provenienza
extraeuropea
0,28
Biocombustibili liquidi e oli vegetali di
provenienza extraeuropea
0,18
23
3.2.1
Tracciabilità degli oli vegetali puri: circolare ministeriale
n°5220 del 31/3/2010
La legge 99/2009 ha stabilito che la tariffa onnicomprensiva di 0,28 /kwh si
debba applicare anche agli impianti di potenza inferiore ad 1 MW che
utilizzano “oli vegetali puri tracciabili” attraverso il sistema integrato di
gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n°73/2009. La Direttiva
2009/28/CE stabilisce, in particolare, che l’olio vegetale puro è quello
“prodotto a partire da piante oleaginose mediante spremitura, estrazione
o procedimenti analoghi, greggio o raffinato ma chimicamente non
modificato, nei casi in cui il suo uso sia compatibile con il tipo di motori
usato e con i corrispondenti requisiti in materia di emissione”. L’Agenzia
delle Dogane si è espressa ulteriormente sull’argomento tramite la circolare
37D/2007, stabilendo che gli oli vegetali non modificati chimicamente sono
oli che possono aver subito semplici trattamenti che non alterino la
composizione acidica, tra i quali si ricomprendono anche i processi di
raffinazione che hanno scarsa incidenza sulla variazione di predetta
composizione; in particolare, tali oli sono quelli identificati nei codici NC da
1507 a 1515 nel sistema di controllo e classificazione dell’Agenzia stessa.
Il sistema di tracciabilità, definito dalla circolare n°5220 del 31/3/2010 del
Mipaaf, si basa sui dati contenuti nel fascicolo aziendale già operativo per
l’utilizzo della PAC e si concretizza attraverso un portale informatico con
procedure predisposte da AGEA (il sistema utilizza la piattaforma
informatica del SIAN). La piattaforma informatica è stata elaborata in stretto
contatto con il GSE che ha predisposto le procedure amministrative
necessarie per la concessione dell’incentivo di 0,28 / kwh. In essa dovranno
convergere le informazioni provenienti da tutte le figure della filiera
(impresa agricola, collettore, trasformatore, operatore elettrico).
In sintesi, le procedure prevedono che i diversi soggetti della filiera
effettuino una serie di operazioni, in gran parte risolte costituendo fascicoli
aziendali su SIAN. Tutti i soggetti che effettuano operazioni che hanno
rilievo dal punto di vista amministrativo, contabile, fiscale, ecc. saranno
oggetto di controlli incrociati fino alla fase di produzione di energia
elettrica; l’AGEA infine definisce ed implementa un sistema di monitoraggio
e di statistica a supporto del sistema. Il modello proposto dalla circolare
dovrebbe in tal modo facilitare la rapida erogazione da parte del GSE
24
dell’incentivo previsto, consentendo la verifica in tempo reale della
tracciabilità del prodotto. Oltre alla procedura completamente
informatizzata, sarà resa disponibile anche una procedura che prevede
controlli manuali; in tale caso il collettore finale, accreditato al portale SIAN,
dovrà inserire tutte le informazioni relative alla provenienza della materia
prima ed alla successiva consegna dell’olio vegetale puro agli impianti di
produzione di energia. L’olio vegetale puro potrà essere certificato dal
Mipaaf solo a seguito dell’esito positivo dei controlli da parte di AGEA, che
avverranno entro 10 mesi dalla data di registrazione nel SIAN delle
informazioni da parte del collettore; fino alla fine della procedura l’olio è
considerato certificabile e può avere accesso alla tariffa incentivante.
3.3
D.M. 19 febbraio 2007: Conto Energia per il fotovoltaico
Il Conto Energia è l’incentivo statale che consente di ricevere una
remunerazione in denaro derivante dall’energia elettrica prodotta dal
proprio impianto fotovoltaico. Il vigente Decreto del Conto Energia è stato
approvato dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni il 16 febbraio 2007 e
firmato il 19 febbraio 2007 da parte del Ministro dello Sviluppo Economico e
del Ministro dell’Ambiente. Tale decreto disciplina l’accesso alle tariffe
incentivanti nel triennio 2008-2010 per un periodo di 20 anni per chi
produce energia attraverso impianti fotovoltaici, differenziandone il valore,
espresso in /kWh, in base alle potenze nominali e al livello d’integrazione
architettonica dell’impianto. In particolare, esso prevede che le tariffe
stabilite subiscano una diminuzione progressiva del 2% per ogni anno
successivo al 2008; sostanzialmente, per gli impianti che entrano in esercizio
entro il 31 dicembre 2010 le tariffe risultano più basse del 4% rispetto a
quelle indicate dal decreto e riassunte nella tabella seguente (tra parentesi è
indicata la tariffa valida nel 2010).
25
Tipologia di impianto
Potenza
nominale
dell’impianto
(kW)
Non
integrato
(/kWh)
Parzialmente
integrato
(/kWh)
Integrato
(/kWh)
1<P<3
0,40 (0,384 al
2010)
0,44 (0,422 al 2010)
0,49 (0,470 al
2010)
3 < P < 20
0,38 (0,365 al
2010)
0,42 (0,403 al 2010)
0,46 (0,442 al
2010)
P >20
0,36 (0,346 al
2010)
0,40 (0,384 al 2010)
0,44 (0,422 al
2010)
Sono previste maggiorazioni del 5% per impianti non integrati con potenza
nominale superiore ai 3 kWp (se almeno il 70 % della produzione è
autoconsumata dall’utenza), per impianti di scuole e strutture sanitarie
pubbliche, per impianti i cui soggetti responsabili siano enti locali di comuni
con un numero di abitanti inferiore a 5.000 e, infine, per impianti integrati in
edifici, fabbricati, strutture edilizie di destinazione agricola, in sostituzione
di coperture in eternit (cemento-amianto).
Per quanto riguarda la cumulabilità degli incentivi, la tariffa incentivante e il
relativo premio non possono essere richiesti nel caso in cui siano stati
concessi incentivi pubblici in conto capitale oltre il 20% del costo
dell’investimento. Non è possibile cumulare la tariffa incentivante con i
certificati verdi e i titoli di efficienza energetica e non possono usufruire
dell’incentivo gli impianti per i quali è stata riconosciuta o richiesta la
detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, come
da finanziaria 2007. Il provvedimento fissa un primo tetto di 1.200 MW agli
impianti finanziabili; una volta raggiunta questa quota le tariffe verranno
rimodellate in base all’andamento dei costi e del mercato.
26
Uno degli aspetti innovativi rispetto alla normativa precedente è la
semplificazione dell’accesso alle tariffe incentivanti, in quanto non sono più
presenti graduatorie o limiti annuali. L’utente interessato all’installazione di
un impianto fotovoltaico deve presentare sia il progetto preliminare sia la
richiesta di connessione alla rete alla società elettrica, senza alcun tipo di
bando o gara.
Al momento della redazione della presente pubblicazione è al vaglio della
Conferenza Unificata Stato-Regioni il decreto ministeriale che definirà gli
incentivi in Conto Energia per gli anni successivi al 2010.
3.4
Circolare dell’Agenzia Entrate n°32/E del 6/7/2009
Con la circolare n°32/E del 6 luglio 2009 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il
trattamento tributario da applicare agli imprenditori agricoli che
producono energia elettrica, calore, carburanti e prodotti chimici, alla tariffa
incentivante percepita dai produttori di energia fotovoltaica e ai certificati
verdi. L’Amministrazione finanziaria ha stabilito, in particolare, quali sono i
parametri cui fare riferimento per includere nel reddito catastale la
produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili
agroforestali; vengono chiariti, quindi, non solo i requisiti soggettivi ed
oggettivi in capo all’imprenditore agricolo (persona fisica o società), ma
anche i parametri per misurare la prevalenza affinché la produzione e la
cessione di energia elettrica possa essere considerata attività agricola
connessa ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e beneficiare del sistema
parametrale di determinazione del reddito.
Per l’esercizio delle attività connesse, infatti, la norma richiede la verifica di
due condizioni essenziali affinché possano essere considerate tali:
svolgimento da parte dello stesso imprenditore agricolo (prescindendo dalla
forma giuridica con cui è esercitata l’attività agricola) e impiego prevalente
di prodotti propri.
Il requisito della “prevalenza” si ritiene soddisfatto qualora i prodotti
utilizzati nello svolgimento dell’attività connessa ed ottenuti direttamente
dall’attività agricola svolta sul fondo risultino prevalenti rispetto a quelli
acquistati presso terzi. Nello specifico tale requisito sarà verificabile
nell’ipotesi in cui sia possibile un confronto quantitativo dei beni.
Nell’ipotesi in cui tale confronto non sia possibile in quanto i beni sono di
27
natura diversa, si dovrà procedere ad un confronto basato sul valore degli
stessi; nei casi in cui risulti difficile una comparazione in quanto i prodotti
non sono suscettibili di valutazione (è il caso dei residui zootecnici), sarà
sufficiente confrontare a valle del processo produttivo l’energia proveniente
dai prodotti propri rispetto a quella derivante dai prodotti acquistati da
terzi.
Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica derivante dai pannelli
fotovoltaici, è stato stabilito che la produzione di energia derivante dai primi
200 KW di potenza nominale complessiva si considera in ogni caso connessa
all’attività agricola; la produzione di energia fotovoltaica superiore a tale
limite può essere considerata connessa all’attività agricola nel caso sussista
uno dei seguenti requisiti:
• la produzione di energia fotovoltaica derivi da impianti con integrazione
architettonica o da impianti parzialmente integrati, come definiti
dall’articolo 2 del D.M. 19 febbraio 2007, realizzati su strutture aziendali
esistenti;
• il volume d’affari derivante dall’attività agricola (esclusa la produzione di
energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d’affari della
produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 KW;
• entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 KW di potenza installata
eccedente il limite dei 200 KW, l’imprenditore deve dimostrare di detenere
almeno 1 ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.
L’individuazione di tali requisiti comporta la considerazione ulteriore che
qualora l’imprenditore agricolo, persona fisica o società semplice, ecceda i
limiti, la parte in eccedenza costituisce reddito d’impresa. In riferimento,
inoltre, all’applicazione della ritenuta d’acconto del 4% sull’importo erogato
quale tariffa incentivante, la circolare dell’Agenzia delle Entrate ha fornito
chiarimenti stabilendo che è determinante lo svolgimento di un’attività
d’impresa. Pertanto, è stato stabilito che la stessa non va applicata quando i
percettori sono soggetti tassati sulla base del reddito agrario, ma che invece
deve essere calcolata qualora i contributi incassati siano riferibili alla parte
eccedente i limiti fissati per considerare la produzione di energia quale
attività agricola connessa.
28
Ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA, la cessione di energia derivante da
fonti agroforestali e fotovoltaiche da parte degli imprenditori agricoli
sconterà l’imposta nella misura ordinaria del 20%; qualora la cessione rientri
nei casi di uso domestico e di uso di imprese estrattive, agricole e
manifatturiere, l’aliquota da applicare sarà quella del 10%.
Ai fini dell’applicazione dell’aliquota IRAP nella misura dell’1,9%,
relativamente all’attività di produzione e cessione di energia elettrica e di
carburante, si ricorda che la determinazione della base imponibile per gli
imprenditori agricoli (art. 9 del decreto IRAP) è data dalla differenza tra
l’ammontare dei corrispettivi e l’ammontare degli acquisti destinati alla
produzione e soggetti a registrazione ai fini IVA. La circolare precisa che
l’aliquota ridotta andrà applicata per il valore della produzione riferito
all’attività svolta entro i limiti stabiliti dall’art. 32 del Testo Unico delle
Imposte sui Redditi, mentre si applicherà l’aliquota del 3,9% per il valore
della produzione che eccede i suddetti limiti.
Per quanto riguarda i certificati verdi, essi possono essere venduti in un
apposito mercato gestito dal GME (Gestore del Mercato Elettrico) ovvero
tramite contratti con terze parti; la vendita sul mercato o il ritiro da parte del
Gestore del Servizio Elettrico dei “titoli” attestanti i certificati costituiscono
cessioni di beni immateriali rilevanti ai fini IVA. Ai fini delle imposte dirette la
cessione dei predetti diritti non genera reddito imponibile tassato
autonomamente rispetto al reddito agrario se la produzione dell’energia
dalle biomasse soddisfa le condizioni per rientrare nel novero delle attività
connesse agricole.
3.5
Le opportunità del Piano di Sviluppo Rurale della Regione
Lombardia
Il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia prevede due
misure nel cui ambito è possibile richiedere contributi per la costruzione di
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili; esse sono, in
particolare, la misura 121 “Ammodernamento delle aziende agricole” e la
misura 311b “Diversificazione verso attività non agricole – energia”,
eventualmente integrabili tra loro tramite la Misura 112 “Insediamento di
Giovani Agricoltori” per gli imprenditori di età inferiore a 40 anni.
29
3.5.1
Misura 121
La misura 121 intende promuovere l’innovazione di processo e di prodotto e
la riconversione produttiva delle aziende agricole, siano esse imprese
individuali, società agricole, società cooperative agricole o Associazione
Temporanea d’Impresa.
Tra le tipologie di intervento ammissibili a contributo vi è anche
l’introduzione in azienda dell’impiego di fonti energetiche rinnovabili (ad
esempio, energia solare, biogas, oli vegetali, caldaie a legna, piccoli salti
idraulici, pompe di calore geotermiche) ad esclusione degli impianti
fotovoltaici Le potenzialità produttive degli impianti per la produzione di
energia rinnovabile devono essere proporzionate al fabbisogno energetico
aziendale; la biomassa utilizzata per il funzionamento degli impianti deve
provenire, in prevalenza, da aziende agricole e l’energia prodotta deve essere
utilizzata in prevalenza nel ciclo produttivo dell’azienda. In ogni caso, la
dimensione produttiva non può superare 1 MW.
Le percentuali massime di sostegno, fatti salvi i limiti di cumulabilità con i
meccanismi incentivanti nazionali definiti dalla Legge 99/2009 e dal Decreto
19 febbraio 2007, sono:
• 50% del costo dell’investimento ammissibile realizzato da giovani
agricoltori in aree svantaggiate montane;
• 45% del costo dell’investimento ammissibile realizzato da altri agricoltori
in aree svantaggiate montane;
• 40% del costo dell’investimento ammissibile realizzato da giovani
agricoltori in altre zone;
• 35% del costo dell’investimento ammissibile realizzato da altri agricoltori
in altre zone.
3.5.2
Misura 311b
La misura 311, in termini generali, intende incoraggiare l’agricoltore nella
diversificazione della propria attività verso la produzione di beni e servizi
non tradizionalmente agricoli per rivitalizzare, in termini economici e sociali,
le aree rurali. Inoltre, vuole favorire l’occupazione nelle aree più marginali e
svantaggiate, nonchè la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali. La
sottomisura 311b, in particolare, rivolta a imprese agricole nella forma di
30
impresa individuale, società agricola, società cooperativa e Associazione
Temporanea d’Impresa, intende favorire gli investimenti per realizzare
impianti fino a 1MW elettrico, per acquistare attrezzature e macchine e per
svolgere attività funzionali alla gestione degli impianti per la produzione di
energia a favore di utenze locali, quali:
• Impianti termici e di cogenerazione alimentati a biomasse vegetali;
• Impianti per la produzione e l’utilizzo di biogas;
• Impianti fotovoltaici (domande presentabili sino al 30 giugno 2010; per
giovani agricoltori, nell’ambito del “pacchetto giovani” della misura 112, le
domande sono presentabili sino al 13 luglio 2010)
• Impianti di gassificazione;
• Impianti per la produzione di pellet;
• Pompe di calore geotermiche;
• Impianti per l’utilizzo dei salti d’acqua in zona montana;
• Investimenti per l’acquisto di attrezzature e macchine per la raccolta di
prodotti, sottoprodotti e residui della produzione agricola, zootecnica e
forestale per l’alimentazione degli impianti energetici aziendali e la
movimentazione, consegna e commercializzazione delle biomasse
ottenute.
Fatti salvi i limiti di cumulabilità definiti dalla Legge 99/2009 e dal Decreto 19
febbraio 2007 in caso di accesso ai meccanismi incentivanti nazionali, per
importi di spesa ammissibile inferiori a 1.000.000 euro la percentuale di
contribuzione ammonta al 40% della spesa ammessa, elevata al 45% per le
aziende ubicate in zone svantaggiate montane; il massimale di contributo
concedibile in regime “de minimis” è di 200.000 euro nel triennio precedente
l’investimento (500.000 euro nel triennio 2008-2010 in caso di domande
presentate nel 2009-2010). Per importi di spesa ammissibile superiori a
1.000.000 euro, in luogo del regolamento “de minimis”, le percentuali di
contribuzione sono del 20% per le piccole imprese e del 10% per le medie
imprese.
31
4
Il procedimento autorizzativo
Ai sensi del D.lgs n°387 del 29 dicembre 2003 la costruzione e l’esercizio degli
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, gli interventi di
modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione,
nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all’esercizio degli impianti stessi sono in generale soggetti ad Autorizzazione
Unica, rilasciata in Lombardia dalle Province a seguito di una specifica
conferenza di servizi nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela
dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Il
procedimento di Autorizzazione Unica, tramite la Conferenza di Servizi,
deve concludersi entro 180 giorni dalla richiesta da parte del gestore
dell’impianto.
L’avvio del procedimento di Autorizzazione Unica non risulta tuttavia
necessario in caso di impianti al di sotto di particolari soglie di potenza
stabilite al comma 161, art. 2, della Finanziaria 2008 (vedere tabella seguente),
essendo essi soggetti alla disciplina comunale di Denuncia di Inizio Attività
(DIA).
Fonte
Eolica
Solare fotovoltaico
Biomasse
Gas di discarica, gas residuati dai processi di
depurazione e biogas
Soglie
60 kW
20 kW
200 kW
250 kW
Seguendo lo schema proposto dalle Linee Guida della Regione Lombardia
per l’autorizzazione degli impianti per la produzione di energia da fonti
rinnovabili (d.g.r. n°10622 del 25 novembre 2009, pubblicata sul 1°
supplemento straordinario del BURL del 1° dicembre 2009), sono tuttavia
assimilati ad interventi di manutenzione ordinaria, per la realizzazione dei
quali non è necessaria la DIA ed è sufficiente una comunicazione preventiva
al Comune, gli interventi con potenza inferiore alle soglie sopra esposte e
rientranti nelle casistiche di cui all’art. 11 comma 3 del decreto legislativo
n°115 del 30 maggio 2008; tali interventi, per i quali non vi è necessità di
32
acquisire preventivamente alcun atto di autorizzazione, valutazione, parere
o assenso, sono:
• Impianti eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e
diametro non superiore a 1 metro;
• Impianti solari (fotovoltaici e termici) con le seguenti caratteristiche:
1. aderenti o integrati a tetti di edifici esistenti;
2. con la stessa inclinazione e orientamento della falda esistente;
3. senza modificare la sagoma dell’edificio;
4. non eccedenti la superficie delle falde del tetto.
La sola comunicazione preventiva non è comunque sufficiente nel caso
particolare di immobili classificati come “Beni Culturali“ e “immobili ed aree
di notevole interesse pubblico” ai sensi del Codice dei beni culturali e del
paesaggio (D.lgs n°42/2004); in tali casi viene prevista la procedura di
Denuncia di Inizio Attività. In ogni caso, se si eccedono le soglie di potenza
sopra esposte, si deve procedere comunque con la richiesta di
Autorizzazione Unica.
4.1
Autorizzazione Unica ai sensi del D.lgs n°387/2003
Il procedimento di Autorizzazione Unica, da avviare in caso di impianti
aventi potenza superiore alle soglie indicate nel paragrafo precedente, si
articola nelle seguenti fasi:
1. Presentazione della domanda. La domanda, sottoscritta dal proponente o
dal legale rappresentante, deve essere presentata all’Amministrazione
territorialmente competente (in Lombardia è la Provincia) e redatta
secondo il modello presente in allegato alle Linee guida regionali già citate
in precedenza. La domanda deve essere corredata dalla documentazione
tecnica illustrante il progetto definitivo dell’impianto, delle opere ad esso
connesse, delle infrastrutture necessarie all’esercizio, della sua dismissione e
delle opere per il ripristino dei luoghi nelle condizioni ambientali
precedenti alla realizzazione dell’intervento (l’elenco esaustivo è presente
nelle Linee guida regionali). Per gli impianti fotovoltaici e a biomassa, il
proponente deve dimostrare all’atto della domanda oppure nel corso del
procedimento, e comunque prima del rilascio dell’Autorizzazione Unica,
la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto. Il progetto, in
33
relazione alle caratteristiche tecniche ed all’ubicazione del medesimo, deve
contenere l’elenco delle autorizzazioni, valutazioni, parei, assensi espressi o
silenzi assensi comunque denominati e l’indicazione delle relative
amministrazioni preposte necessarie per la valutazione dell’impianto
2. Avvio del procedimento e verifiche preliminari. Il procedimento si svolge
mediante Conferenza di Servizi, nella quale confluiscono tutti gli apporti
amministrativi necessari per la costruzione e il successivo esercizio
dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili.
L’Amministrazione provinciale competente, ricevuta l’istanza, valuta la
completezza della documentazione progettuale presentata ed entro 15
giorni comunica al richiedente l’avvio del procedimento, nonché eventuali
richieste di integrazioni a quanto allegato all’istanza; tali integrazioni
devono pervenire all’amministrazione competente entro 30 giorni dalla
richiesta.
3. Apertura della Conferenza di Servizi. La prima riunione della Conferenza di
Servizi è convocata entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza (se ritenuta
procedibile) da parte dell’Amministrazione Provinciale. Nell’ambito
dell’avvio del procedimento viene effettuata una ricognizione delle
competenze autorizzatorie, con titolarità decisionale, poste in capo alle
diverse amministrazioni interessate (prioritariamente Comune e Provincia;
in relazione alla particolare ubicazione dell’impianto o all’esistenza di
vincoli specifici, sono interessati: sovrintendenza ai beni architettonici e
del paesaggio; sovrintendenza archeologica; ente gestore aree naturali
protette, parchi regionali e riserve naturali; ente gestore del SIC/ZPS;
comunità montana; autorità d’ambito territoriale ottimale; vigili del
fuoco). ASL e ARPA possono essere invitate alla Conferenza dei Servizi
senza diritto di voto; i pareri tecnici eventualmente espressi fungono da
supporto all’espressione del giudizio da parte degli Enti locali sopraccitati.
4. Svolgimento della Conferenza dei Servizi e acquisizione dei pareri. Nel
corso della Conferenza dei Servizi la amministrazioni convocate aventi
titolo a rilasciare un’autorizzazione, valutazione, parere, assenso espresso o
di silenzio assenso comunque denominato, possono richiedere al
proponente del progetto la presentazione di integrazioni progettuali
rispetto alla documentazione allegata alla domanda e comunque ritenuta
originariamente procedibile. Le amministrazioni convocate possono
34
comunque far pervenire per iscritto le proprie osservazioni, pareri,
proposte e determinazioni.
5. Conclusione del procedimento e rilascio dell’Autorizzazione Unica. La
Conferenza deve terminare i propri lavori entro 180 giorni dalla
comunicazione di avvio del procedimento, rilasciando l’Autorizzazione
Unica a costruire l’impianto e a svolgere l’esercizio dello stesso; essa, in
particolare, può contenere eventuali prescrizioni che il proponente dovrà
adottare al fine di poter procedere alla costruzione e all’esercizio
dell’impianto. In caso di diniego, esso deve essere in ogni caso
adeguatamente motivato.
5
Agroenergia
Agroenergia è la prima associazione nazionale di produttori di energia da
fonti rinnovabili agricole. E’ nata nel 2005 per iniziativa di un gruppo di
imprenditori aderenti a Confagricoltura già impegnati con successo sui
fronti del biogas, delle biomasse, del fotovoltaico e della gassificazione, in
un momento in cui il settore primario avvertiva forte l’esigenza di orientare
l’attività d’impresa sul modello della multifunzionalità e della
differenziazione produttiva. Oggi Agroenergia conta più di 120 aziende
associate, tra piccole, medie e grandi realtà del nord, centro e sud Italia,
buona parte delle quali condotte dalle nuove generazioni dell’imprenditoria
agricola italiana. Agroenergia sostiene, informa e aggiorna gli operatori
delle bioenergie, dalla fase di produzione alla conversione della materia
prima fino alla vendita del servizio derivato, operando affinché le aziende
agricole colgano le opportunità di reddito date dalla produzione di energia
e da una gestione dell’attività di azienda attenta alle ragioni del risparmio
energetico; ciò perseguendo un modo di intendere l’azienda che rispecchia
fedelmente la visione moderna dell’agricoltura, in cui il mondo rurale è in
grado di rendersi autosufficiente dal punto di vista dei consumi energetici e,
soprattutto, diventa fornitore diretto di energia che produce e vende sotto
forma di servizio.
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Per informazioni sulle agroenergie e sulle modalità di adesione è possibile
contattare la segreteria di Agroenergia, ubicata presso gli uffici centrali di
Confagricoltura:
Tel. 06.6852 364/393
Corso Vittorio Emanuele II, 101
00186 ROMA
Contatti web:
www.agroenergia.it
[email protected]
[email protected]
In Regione Lombardia è inoltre stato costituito uno specifico Gruppo di
Lavoro “Energie rinnovabili”, comprendente i rappresentanti provinciali
degli imprenditori agricoli operanti nelle agroenergie e i funzionari delle
relative Unioni Provinciali Agricoltori, finalizzato a discutere le novità,
criticità o opportunità del settore alla luce dell’evoluzione normativa e
tecnica. Il coordinamento del Gruppo di Lavoro ha sede presso
Confagricoltura Lombardia a Milano in viale Isonzo, 27; per informazioni:
tel. 02.58302122 – e-mail: [email protected].
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