“Ricomincio da due”, avrebbe detto Massimo Troisi. Arte in Padella

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“Ricomincio da due”, avrebbe detto Massimo Troisi. Arte in Padella
“Ricomincio da due”, avrebbe detto Massimo Troisi.
Arte in Padella è arrivata alla seconda edizione, sull’onda del successo riscosso
dalla creatività di quattro artisti (Domenico Bianchi, Mimmo Paladino,
Michelangelo Pistoletto ed Ettore Spalletti) e quattro chef (Massimo Bottura,
Moreno Cedroni, Fulvio Pierangelini e Mauro Uliassi).
Se i primi avevano utilizzato le padelle della TVS per imprimervi un’immagine,
gli altri avevano trasformato in maniera giocosa la relazione tra la padella e il
cibo.
Una formula vincente, che quest’anno è stata leggermente modificata, affidando
a sei artisti italiani di due generazioni lo stesso compito, in modo da costruire
una campionatura di ricerche e sensibilità diverse ma complementari: Stefano
Arienti, Nunzio e Alfredo Pirri per la generazione emersa negli anni Ottanta;
Botto & Bruno, Flavio Favelli e Pietro Ruffo per gli anni Novanta.
Nonostante la distanza anagrafica non sia molta, in realtà l’atteggiamento nei
confronti dell’opera cambia radicalmente nell’ultimo decennio del Ventesimo
Secolo, quando da una parte l’affermazione di Internet e dei nuovi media
rendono accessibili milioni di immagini, e dall’altra l’annullamento dei confini
geografici verso una scena culturale globale spingono gli artisti a confrontarsi
direttamente con una realtà sempre più complessa. A partire dai primi anni
Novanta l’arte abbandona progressivamente la dimensione fisica dell’opera per
entrare in un flusso dinamico e processuale, in grado di stabilire relazioni
concettuali con istanze di tipo sociale, antropologico e politico, in maniera
diretta o metaforica.
Un cambiamento di linguaggi riscontrabile anche in questa occasione, attraverso
l’analisi delle opere realizzate dai sei artisti invitati, dove i primi hanno
interpretato la padella come oggetto fisico da manipolare e trasformare , mentre
gli altri l’hanno utilizzata in qualità di mera superficie dove depositare delle
immagini.
Così Stefano Arienti ne ha traforato il fondo con decine di piccoli buchi fino a
comporre l’immagine di un serpente, che ricorda le stampe popolari orientali,
secondo una pratica quasi maniacale presente nelle sue opere più recenti.
Nunzio ha ripiegato la padella su se stessa, trasformandola in una sorta di
piccola barca metallica, simile a quelle realizzate con la carta, puntando sulla
dimensione ludica dell’arte in grado di intervenire in maniera giocosa nella vita
quotidiana. Alfredo Pirri ha dipinto di bianco la superficie esterna , e l’interno
di una tinta rossa fluorescente, che emana una pallida luce colorata. Una volta
appoggiata alla parete l’oggetto viene circondato da un alone luminoso, che gli
conferisce un aspetto quasi sacrale.
L’attitudine degli altri tre artisti, come già sottolineato, tende a considerare la
padella come un semplice supporto per presentare immagini che hanno senso di
per sé, senza relazionarsi né alla sua natura fisica né alla sua funzione, ma come
spazio per veicolare un messaggio.
Così accade per Botto & Bruno, la coppia di artisti che costruisce alienanti
paesaggi urbani periferici abitati da giovani senza volto ma portatori di una
cultura alternativa e vitale, rappresentata dall’immagine stampata sul retro
della padella.
Ed è lo stesso procedimento utilizzato da Flavio Favelli, che riproduce l’emisfero
nord di un mappamondo in bianco e nero, giocando sulla natura planetaria
dell’oggetto, utilizzato in ogni parte del mondo per preparare il cibo.
Una dimensione globale che viene declinata in una connotazione geopolitica da
Pietro Ruffo. L’artista romano ha posizionato all’interno della padella una
carta geografica dell’emisfero australe, circondata dalle bandiere delle nazioni
che si contendono l’Antartide (Cile, Argentina, Gran Bretagna, Australia),
divorate a loro volta dalla sagoma ritagliata di un insetto che si ciba di carta.
Dei messaggi leggibili attraverso diversi livelli, che vanno dal ludico al politico e
che ci ricordano come l’arte sia in grado di affrontare argomenti complessi in
maniera leggera ma mai banale.
Ludovico Pratesi