ANICA CITAZIONI ANICA SCENARIO

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ANICA CITAZIONI ANICA SCENARIO
ANICA
ANICA CITAZIONI
29/08/2014 L'Espresso
NUOVO CINEMA PARADISE
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ANICA SCENARIO
29/08/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Dakota, Kirsten, Valeria: messaggi e giochi nella cena dei divi
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29/08/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Quei massacri in Indonesia evocati con forza straordinaria
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29/08/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Cercando Charlot
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29/08/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Jolie-Pitt, elogio della perfezione
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29/08/2014 La Repubblica - Torino
Nuovo Cinema (Gran) Paradiso
15
29/08/2014 La Repubblica - Napoli
" Schermi d'arte" per La Capria e Zeffirelli
16
29/08/2014 La Repubblica - Bologna
Interviste e tagli, così il cinema riabilita Andreotti
17
29/08/2014 La Repubblica - Nazionale
Angelina e Brad sposi in Francia a sorpresa
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29/08/2014 La Repubblica - Nazionale
Ferrari: "Il mio film è scomodo e in Italia nessuno lo vuole"
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29/08/2014 La Stampa - Aosta
Per il Gran Paradiso Film Festival l'amicizia tra un orso e un bambino Proiezioni .
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29/08/2014 La Stampa - Nazionale
Il regista di "Uomini di Dio" "Il mio omaggio a Chaplin"
22
29/08/2014 La Stampa - Nazionale
De Maria e Ferrari "Il nostro film in famiglia"
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29/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
Beauvois e la bara di Chaplin: «Il mio film , omaggio a un poeta»
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29/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
La vita oscena: storia choc divide il Lido
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29/08/2014 Avvenire - Nazionale
«La mia Teheran vista dai giovani»
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29/08/2014 Il Manifesto - Nazionale
«Melbourne», assedio familiare via skype
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29/08/2014 Il Manifesto - Nazionale
Charlot e i soliti ignoti
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29/08/2014 Il Manifesto - Nazionale
Il silenzio colpevole degli innocenti
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29/08/2014 Il Gazzettino - Nazionale
Grande Guerra, il fango e la gloria
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29/08/2014 Il Piccolo di Trieste - Nazionale
Indonesia, il genocidio nelle voci delle vittime
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29/08/2014 Il Tirreno - Nazionale
La "prima volta" di Crestacci a Venezia
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29/08/2014 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Bari
Imaginaria «ridisegna» Napoli
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29/08/2014 La Liberta
Abbiati: «Con Rubini sul set di un film vero»
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29/08/2014 La Liberta
«Mazzacurati maestro di leggerezza»
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29/08/2014 ItaliaOggi
Gomorra - La Serie va in sala . Domenica Sportiva: ecco la Gandolfi
42
29/08/2014 ItaliaOggi
Cinema , Venezia vale 50 mln
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29/08/2014 Messaggero Veneto - Nazionale
Film Fund, 50 mila euro in più a chi sceglierà come set il Fvg
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29/08/2014 La Sicilia - Nazionale
L'Iran clandestino invade la Laguna
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29/08/2014 L'Espresso
Se Sky finisce all'angolo
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29/08/2014 L'Espresso
Che bello, merita un remake
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29/08/2014 Il Venerdi di Repubblica
E A VENEZIA CI SARÀ UN'ANIMAZIONE STRAORDINARIA
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29/08/2014 Il Venerdi di Repubblica
Credete a me: queste saranno le uniche cose serie che vedrete in tv
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29/08/2014 Il Giornale - Nazionale
L'arte di guardare l'orrore con gli occhiali del coraggio
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29/08/2014 Libero - Nazionale
LA LAGUNA DEI SOLDI BUTTATI
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29/08/2014 Gazzetta del Sud - Nazionale
L ' Iran clandestino al Lido
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29/08/2014 Il Giornale di Vicenza
Si gira un film brasiliano Vicentini in fila ai provini
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29/08/2014 MF - Nazionale
Armani vola al Toronto film festival
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29/08/2014 Internazionale
Dagli Stati Uniti Richard Attenborough, 1923-2014
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29/08/2014 Il Fatto Quotidiano
NON SOLO RAI TUTTI GLI AFFARI DEI SIGNORI DELLA TELEVISIONE
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29/08/2014 Corriere della Sera - Sette
Il talento di Stieg Larsson svelato dai suoi eroi dalla doppia anima
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ANICA CITAZIONI
1 articolo
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 Settembre 2014
Pag. 74
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
NUOVO CINEMA PARADISE
Sorrentino, Gamme, Tornatore. E tanti I registi italiani girano film in inglese, con divi e storie internazionali. E
provano così a rilanciare per superare la crisi
MARCO CONSOLI
Quando
ha
un'ispirazione
Paolo
Sorrentino
parte
sempredai
personaggi»,raccontaa"l'Espresso"NicolaGiuliano, storico produttore del regista napoletano. «E scrivendo il
suo prossimo film ha pensatoa Michael Caine per il protagonista ». Certo è stato più facile scritturare l'attore
britannico e colleghi del calibro di Harvey Keitel, Rachel Weisz e Jane Fonda, grazie al recente trionfo agli
Oscar di "La grande bellezza" e a una carriera ricca di riconoscimenti. In " La giovinezza ", girato tra Venezia,
la Svizzera e Londra, e in uscita a primavera, un regista (Keitel) e un direttore d'orchestra (Caine), amici di
lunghissima data, si incontrano in vacanza sulle Alpi, ripensano al passato e all'opportunità di lavorare per
un'ultima volta in carriera. Con attori così importanti la pellicola ha un chiaro appeal globale e infatti è già
stata acquistata in Gran Bretagna, Germania e Spagna. Ma Sorrentino non è l'unico che ha deciso di
realizzare il suo nuovofilm in lingua inglese, all'estero o con star straniere. Dopo qualche tentativo isolato ma
non sempre felice del passato, ora la pattuglia di autori con ambizioni internazionali è nutrita e comprende
anzitutto Gabriele Muccino, ormai diviso tra Hollywood e Roma, e Giuseppe Tornatore, reduce dal successo
di " La migliore offerta". «Se si gira una storia italiana,con pochi soldi,si può ancora usare l'italiano, ma se si
vuole raggiungere tutto il mondo serve un budget più sostanzioso e allora usare l'inglese è imprescindibile»,
spiega Arturo Paglia, produttore di Tornatore. «E più difficile vendere un film se il protagonista è un attore
molto famoso in Italia ma sconosciuto all'estero.Tra l'altro la presenza di un premio Oscar, come Geoffrey
Rush ne "La migliore offerta", attira altri interpreti di livello». Infine per riuscire contano l'universalità dei temi e
l'ambientazione: «II fatto di aver lasciato indefinito il luogo in cui si svolge "La migliore offerta" ci ha
sicuramente aiutato a venderlo anche in Paesi lontani». Ecco perché, come racconta Paglia, questi
ingredienti torneranno anche nel nuovo film di Tornatore, "The Correspondence", girato tra Edimburgo, il
Lago d'Orta «e altre località italiane che serviranno a creare un indefinito sfondo britannico». Il film ha al
centro la pericolosa storia d'amore tra un professore e una giovane donna e sarà interpretato da un attore
inglese premio Oscar e un'attrice americana. Anche Gabriele Muccino ha un cast stellare per "Fathers and
Daughters", in arrivo il 15 gennaio: i premi Oscar Russell Crowe, Jane Fonda e Octavia Spencer, più Diane
Kruger, Amanda Seyfried e Aaron Paul. «Il mio film è un viaggio emotivamente molto forte in cui chiunque si
potrà riconoscere», commenta il regista al telefono da Los Angeles «e racconta la relazione tra un
romanziere colpito da una malattia mentale, e sua figlia, in un arco temporale che passa da quando è
bambina fino all'età adulta a New York». Muccino ha realizzato "La ricerca della felicità " negli Usa otto anni
fa ed è il più indicato per spiegare lo sguardo degli americanisulnostrocinema,ancheallaluce dell'Oscar di
Sorrentino: «"La grande bellezza" è piaciuto molto negli Usa, ma il pubblico qui non è in grado di interpretare
il film come noi italiani, che ci vediamo la deriva culturale degli ultimi vent'anni e l'omaggio a "La dolce vita" e
"8 e Va". Fellini e Visconti ormai negli Usa sono apprezzati solo dai cinefili e forse l'unico regista italiano
conosciuto è Sergio Leone, i cui film passano spesso in tv ». Non a caso Muccino cita Leone, che ha preso il
genere americano per eccellenza, il western,e lo ha reinventato,girando in inglese con attori come Henry
Fonda, Clint Eastwood ed Eli Wallach. «Il problema di molti film italiani incapaci di sfondare all'estero»,
spiega ancora Muccino, «è che non hanno carattere universale. Ad esempio "L'ultimo bacio" era una vicenda
semplice, priva di connotazioni geografiche, ma aveva al centro una profonda esplorazione umana. E questo
l'ha fatto apprezzare anche in America». «Una volta si diceva che i film italiani non superavano Chiasso»,
dice Nicola Giuliano, «ma non è più così da almeno dieci anni ». A giudicare dai dati pubblicati da Media
Salles, che promuove il cinema europeo, in effetti molte pellicole italiane negli ultimi anni sono state
ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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L'Espresso - N.35 - 4 Settembre 2014
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acquistate all'estero, come "II capitale umano" di Paolo Virzì, venduto in 30 Paesi, e ambientato in Brianza
ma ispirato al romanzo dell'americano Stephen Amidon. «Anche se un film vende ovunque», sottolinea però
Arturo Paglia «bisogna vedere le cifre, perché magari da 15 nazioni diverse a volta racimoli solo 1 milione di
euro». In effetti a fronte delle vendite i dati econo- t mici sono impietosi, come emerso nella tavola rotonda sul
rilancio del cinema italiano all'estero, durante il recente festival di Bari: dal 2003 al 2012 i ricavi per
esportazioni sono passati da 162 a 66 milioni di euro, mentre è raddoppiata la spesa per le importazioni, da
120 a 240 milioni. «Uno dei problemi è che il Governo da solo 1 milione per la promozione all'estero, contro i
9-10 milioni della Francia»,spiega RiccardoTozzi, presidente dell'Anica, che rappresenta l'industria del
cinema. Ma il problema per molti rimane quello della lingua. «Quando un film è in italiano i margini di
guadagno sono bassissimi », sostiene Paglia. « E vero che all'estero i film stranieri sono sottotitolati
ovunque», commenta Muccino, «ma proprio per questo sono visti da un pubblico molto ristretto». Se si
analizza il successo negli Usa de "La grande bellezza", il guadagno (fonte: Boxofficemojo) pari a 2,8 milioni di
dollari rappresenta poco più del 10% degli incassi totali: troppo poco per il Paese che guida i gusti del cinema
mondiale. E se si consulta la classifica dei maggiori incassi italiani di sempre in America, dominata da "La vita
è bella" con 57 milioni, è vero che si trovano tutti film in lìngua originale, ma pur sempre trainati dagli Oscar (
"La vita è bella ", "II postino", "Nuovo cinema Paradiso", "Mediterraneo"), i Golden Globe ("Pane e tulipani") o
dal trionfo a Cannes ("Gomorra","La notte di SanLorenzo"). L'inversione di tendenza potrebbe però partire
dalla nuova ondata di film italiani pensati per il mercato globale. Luca Guadagnino, già osannato negli Usa
per "Io sono Pamore"con un cast italianoeTilda Swinton, girerà a Pantelleria il suo primo progetto in inglese
intitolato "A Bigger Splash". La pellicola è interpretata oltre che dall'amica Tilda anche da Ralph Fiennes, dal
belga Matthias Schoenaerts e da Dakota Johnson. L'ispirazione è il thriller erotico del 1969 "La piscina", con
Alain Delon, Romy Schneider e Jane Birkin, sulla spensierata vacanza di una coppia che prende una piega
drammatica quando marito e moglie ricevono la visita di un vecchio amico arrivato a trovarli con la figlia.
Anche Saverio Costanzo, dopo "La solitudine dei numeri primi", porta ora al festival di Venezia in concorso
"Hungry Hearts". Il film è tratto dal romanzo breve "II bambino indaco" di Marco Franzoso (Einaudi), ma
anziché ambientarlo a Padova, il regista ha trasportato la vicenda a New York, affiancando ad Alba
Rohrwacher un cast internazionale, in cui spicca l'emergente Adam Driver, prossimo protagonista del nuovo
"Star Wars". Dopo essersi conosciuti e innamorati, Mina e Jude hanno un figlio, che diventa presto oggetto di
feroce contesa, a causa delle ossessioni new age della madre che ne mettono a rischio la salute.
Rohrwacher poi è nel cast de "II racconto dei racconti" di Matteo Garrone, che ha scelto anche lui l'inglese e
protagonisti stranieri: Salma Hayek, Vincent Cassel e Toby Jones. L'ambientazione, tra Toscana, Sicilia e
Puglia, corrisponde all'italianità della fonte d'ispirazione, ovvero l'omonima raccolta di fiabe (Adelphi) scritte
da Giambattista Basile nel XVII secolo, ma è probabile che verrà resa irriconoscibile dagli effetti speciali, per
realizzare quello che Garrone stesso ha definito « un fantasy ambientato nel '600, in cui l'aspetto visivo è
predominante». Forse l'autore di "Gomorra" ha pensato di cavalcare il genere a base di trucchi digitali che,
come conferma Tozzi «da tempo domina il box office non soltanto italiano». E forse proprio per questo anche
Gabriele Salvatores punta sul fantastico con "II ragazzo invisibile", storia di un adolescente che un giorno
scopre di avere dei superpoteri. Nicola Giuliano che lo produce rivela a "l'Espresso" di avere pensato
all'inglese e a un cast internazionale, ma di aver rinunciato perché i ruoli per potenziali star erano marginali,
dato che i protagonisti sono ragazzini. « È vero che l'inglese o i grandi nomi aprono più mercati», spiega
Giuliano «ma non sono garanzia di successo, come dimostra "This must be thè piace" con Sean Penn che è
andato peggio di " La grande bellezza ". Ciò che conta è il valore cinematografico in sé, che non si può
programmare a tavolino». In ogni caso il produttore spiega che c'è in questo momento una grande richiesta di
cinema italiano e attenzione ai nostri registi da parte degli attori stranieri: lo conferma la partecipazione di
Juliette Binoche a "L'attesa", piccolo film di esordio di Piero Messina, ma anche quella di Sharon Stone a "Un
ragazzo d'oro" di Pupi Avati o di John Turturro che sarà in "Mia madre" di Nanni Moretti e in "Tempo instabile
con probabili schiarite" di Marco Pontecorvo. La domanda è se interpreti internazionali, recitazione in inglese
ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 Settembre 2014
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e storie tagliate (anche geograficamente) su misura per un mondo globalizzato riusciranno a riportare in auge
il cinema e gli autori di casa nostra, come avveniva quando Visconti realizzava "II gattopardo" con Burt
Lancaster e Alain Delon o Bertolucci girava "Novecento" con Robert De Niro e Gerard Depardieu. La risposta
ancora una volta passa da una necessità di riforme del sistema Paese. «Sono molto ottimista sulla qualità »,
spiega Giuliano, «ma anchepessimista sul nostro mercato. Ci vorrebbero non tanto soldi, ma regole per il
settore, come è avvenuto in Francia, che ha fatto del cinema il volano della sua economia. Serve una
liberalizzazione per avere una concorrenza vera invece del duopolio televisivo Rai-Medusa che condiziona
ogni scelta. Perché quando c'è competizione vera si alza il livello della qualità. E forse tra i tanti problemi seri
che ha l'Italia varrebbe la pena di concentrarsi anche su quelli del cinema. Perché in fondo quando un film
italiano viene visto all'estero, non solo promuove il made in Italy, ma diventa il biglietto da visita di tutto il
Paese».»
Foto: SOPRA, PAOLO SORRENTINO SUL SET DE "LA GIOVINEZZA". A FIANCO. UN RITRATTO DEL
REGISTA
ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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ANICA SCENARIO
40 articoli
29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Le feste Parata di stelle all'appuntamento voluto da Miuccia Prada per il nuovo episodio di «Woman's Tales»
e per la app creata dalla regista Miranda July
Dakota, Kirsten, Valeria: messaggi e giochi nella cena dei divi
Stefania Ulivi
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA - Si fa fatica a immaginare gli invitati della cena riservatissima che Miuccia Prada ha voluto per
festeggiare la nuova tappa della serie Women's Tales che smanettano sui cellulari come adolescenti
malmostosi. Eppure è quello che ieri sera buona parte delle star giunte a Ca' Corner - Kirsten Dunst, Lena
Dunham, Dakota Fanning, Felicity Jones, Kate Mara, le sorelle Alba e Alice Rohrwacher, Edward Norton, Kim
Ki-duk, Alejandro Iñàrritu, le coppie Golino-Scamarcio, e Frances McDormand e Joel Coen - ha fatto. Merito
di Somebodyapp, frutto della fantasia di Miranda July, scrittrice, regista, artista dalle mille facce che ha preso
alla lettera l'invito di Miu Miu e Giornate degli Autori di partecipare al progetto sulla creatività femminile.
Ha ideato non solo un corto ma anche un sistema di messaggistica che unisce tre utenti: quello che invia il
messaggio, il destinatario e l'ambasciatore che trovandosi nelle vicinanze di quest'ultimo può comunicare a
voce le parole scritte dal primo, e il tono con cui dirle. «Finito il mio romanzo, volevo tornare al cinema racconta July -. Mi è venuta questa idea che ha iniziato a ossessionarmi: una app che permetta di recuperare
una dimensione fisica del comunicare». Ed ecco, appunto che nel corto Somebody presentato ieri ai Venice
Days insieme all'altro nuovo capitolo della serie Women's Tales (Spark and Light della coreana Kim So Yong)
vediamo una delle protagoniste, Jessica, che per comunicare a Caleb che lo vuole lasciare si affida alla app.
Sarà uno sconosciuto, l'utente geograficamente più vicino, a dire tra i singhiozzi le sue parole all'ormai ex.
Grazie a Somebodyapp due amiche faranno la pace, una solitaria cliente (interpretata dalla stessa regista di
Me and You and Everyone ) di ristorante riceverà la più sorprendente richiesta di matrimonio, due guardie
carcerarie scopriranno le gioie di un'insolito ménage a trois con una pianta.
«Come tutti uso sms, mail, WhatsApp, ho una dipendenza dalla tecnologia ma questo mi rende un po' triste.
Sento bisogno di parole, di contatto fisico. Sviluppare la app e il film con il supporto di Miu Miu è stato
grandioso. Una vera collaborazione tra artisti». Chi l'ha appoggiata subito è stata Lena Dunham. «È una mia
amica, ne è stata una sostenitrice fin dall'inizio». La creatrice di Girls ieri pomeriggio era in prima fila con
Kirsten Dunst, Dakota Fanning, Felicity Jones e Kate Mara alla proiezione in sala «Perla» dei capitoli 7 e 8 di
Women's Tales (che dal primo settembre approderanno sul canale LaEffe insieme a una programmazione
tutta al femminile) per la gioia degli spettatori che hanno festeggiato a suon di flash mentre sullo schermo
scorreva l'invito a visitare il sito somebodyapp.com ed entrare nel favoloso mondo di Miranda. Lena e le altre
sono state le prime cavie.
Il leone d'oro dell'ineleganza è già intanto stato assegnato: a Andrew Garfield, il signor Stone, che è sceso
dalla lancia con barbone (per Silence di Scorsese che sta girando), camicione di flanella a scacchi, scarponi
e cappellaccio. E bastone di legno. Un taglialegna in laguna.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'artista Eclettica
Miranda July, americana, 40 anni, nella sua carriera ha fatto musica, scritto racconti brevi e girato numerosi
cortometraggi. L'ultimo, «Somebody», è un progetto multimediale presentato ieri a Venezia
Foto: Sorriso Dakota Fanning (20 anni)
Foto: Al Lido
Foto: Garfield boscaiolo Emma Stone (25) con il fidanzato Andrew Garfield (31)
Foto: Coppia Scamarcio (34 anni) e Valeria Golino (48), insieme da 8 anni
Foto: Trio Kirsten Dunst (32), Kate Mara (31) e Lena Dunham (28)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
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Quei massacri in Indonesia evocati con forza straordinaria
«The Look of Silence» tra passato e presente
PAOLO MEREGHETTI
Si esce ammutoliti dal film The Look of Silence di Joshua Oppenheimer, così come resta a lungo in silenzio il
protagonista, l'indonesiano Adi Rukun, di fronte alla protervia e all'ignavia delle persone cui ha rivolto la
medesima domanda: perché? Perché nel 1965, alla presa del potere di Suharto, parteciparono quasi con
gioia, certamente senza farsi alcun problema, al massacro di un milione di oppositori? E perché da allora
nessuno ha mai pensato non si dice di pentirsi ma almeno di riflettere su quello che era avvenuto? Di
chiedere scusa?
Sul massacro e su alcuni dei suoi autori, Oppenheimer aveva già girato un film, The Act of Killing , che l'anno
scorso era stato anche nominato agli Oscar: un documento agghiacciante dove gli assassini non esitavano a
ricostruire di fronte alla macchina da presa le tecniche con cui uccidevano e torturavano le persone. Proprio
durante quelle riprese, intorno al 2005, il regista incontra Adi, il fratello di una delle persone uccise e fatte
sparire nello Snake River, Ramli Rukun. Adi era nato nel 1968, due anni dopo i massacri, e per vivere
vendeva occhiali: non aveva mai saputo molto sulla sua fine, anche perché nessuno voleva parlarne,
nemmeno la madre. Le interviste di Oppenheimer riaprirono quelle ferite, visto che alcuni dei massacratori
facevano anche il nome di Ramli, e così Adi convinse il regista a scavare ancora di più intorno a quella morte,
filmandolo mentre chiedeva ai vecchi della comunità cosa ricordavano di quegli anni.
«Volevo che chi aveva ucciso ammettesse di averlo fatto, ammettesse di aver sbagliato», dice oggi Adi,
venuto a Venezia con il regista a presentare il film. «Per essere davvero una comunità non basta vivere
fianco a fianco, bisogna anche farsi carico delle responsabilità delle proprie azioni passate. Altrimenti
avrebbero continuato a vincere la paura e il risentimento». Paura e risentimento che ognuno cerca di
nascondere dentro di sé e che invece le semplici e dirette domande di Adi costringono a venire allo scoperto.
La forza straordinaria del film è tutta qui, nei primi piani che Oppenheimer riprende e che sono più eloquenti
di mille discorsi. Perché nel film non ci sono colpi di scena o rivelazioni sconvolgenti. Se qualcuno non
conoscesse la storia di quegli anni, un servizio coevo della tv americana spiega quello che non era un
segreto: l'appoggio americano per difendere gli insediamenti industriali Usa (a cominciare dalle piantagioni di
caucciù della GoodYear), l'eliminazione o la detenzione degli oppositori, etichettati tutti come «comunisti».
Adi cerca invece qualcos'altro: l'ammissione di responsabilità, la presa di coscienza. Chiede alle persone di
comportarsi da esseri umani.
Per questo i silenzi sono più lancinanti di un grido, perché straziano dieci volte di più delle «ammissioni» o
delle «confessioni» che non arrivano mai. Mentre restituiscono al cinema la forza dirompente del suo
linguaggio: quei primi piani silenziosi parlano più di mille battute; i mezzi sorrisi, gli occhi sfuggenti, le mani
che si tengono e si nascondono, ridanno alle immagini la coscienza e la certezza della propria forza. È
cinema allo stato puro, deflagrante e sconvolgente.
Nel primo film, The Act of Killing , restava il dubbio che qualche volta la macchina da presa avesse come
«eccitato» i massacratori, innescando in loro la voglia di «recitare» di «mettersi in scena» in maniere ancor
più spettacolari e crudeli. In questo The Look of Silence quel dubbio si dissolve e sparisce: proprio
l'essenzialità dei dialoghi cancella ogni dubbio sulla messa in scena e restituisce al cinema il suo ruolo di
testimone. È così quando Adi cerca di scavare nella memoria delle persone reticenti o bugiarde, ma è così
anche quando registra con tenerezza l'operazione di lavaggio che la vecchia madre fa al marito ancora più
vecchio, che sembra portare nella carne le prove del dolore che non ha più la forza di dire.
Alla fine Adi resta con molte domande inevase, mentre il lungo elenco di «anonymous» che nei titoli di coda
coprono le persone indonesiane che hanno collaborato al film riporta lo spettatore alla concreta drammaticità
di un Paese che non vuole fare i conti col proprio passato e preferisce ancora una volta chiudersi nel silenzio
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Il documentario Oppenheimer e l'uccisione di un milione di comunisti nel '65
29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
Pag. 53
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
e nascondere la testa sotto la sabbia .
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The Look of Silence
È il seguito di «The Act of Killing» girato da Joshua Oppenheimer
Foto: da evitare interessante da non perdere capolavoro
Foto: Eredità Una scena del documentario di Joshua Oppenheimer «The Look of Silence»
Foto: In gara L'iraniana Rakhshan Bani-Etemad (60), regista di «Storie», con due dei sui attori
Foto: Insieme Renato De Maria (56) con la moglie Isabella Ferrari (50), che sfoggia dei gioielli Bulgari
Foto: In rosso La top model Alessandra Ambrosio (33) ha sfilato in un lungo abito rosso
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
Pag. 52
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Cercando Charlot
Il furto della salma di Chaplin diventa una fiaba grottesca Sul set anche uno degli 11 figli
Valerio Cappelli
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA - Questo film è un omaggio all'omino coi baffi e il bastone. Il fantasma di Charlot aleggia sulla
Mostra. «Rubare la bara di Charlie Chaplin, per loro, fu come trovare la lampada di Aladino», dice Xavier
Beauvois, il regista francese in gara con La Rançon de la gloire («Il prezzo della fama»).
La storia è ispirata a un fatto vero. Chaplin morì il giorno di Natale del 1977. Tre mesi dopo la sepoltura, la
bara fu trafugata in Svizzera da due immigrati, uno polacco e l'altro bulgaro. «Avevo una vaga conoscenza di
questa vicenda - dice il regista -; quando la raccontai a mia moglie pensava che scherzassi. Un giorno stavo
rivedendo Luci della ribalta e ho fatto delle associazioni di idee. Chaplin è stato il primo ad avere esplorato e
scavato le possibilità espressive del cinema, mi è rivenuta alla mente una sua immagine con una pala. Così
mi sono messo a scrivere il film». I due vagabondi sono Benoît Poelvoorde e Roschdy Zem. Ci sono particine
per uno degli undici figli di Chaplin, Eugène, che nella vita fa il documentarista, e per la nipote Dolores. Lui
interpreta il manager di un circo, lei fa il ruolo di Oona, la quarta moglie di Charlot (nella vita era sua nonna).
Eugène è al Lido, ha la stessa testa argentata del padre: «All'inizio ero diffidente, non vedevo cosa ci fosse di
buffo nel raccontare questa storia. Ho visto il talento del regista, il suo umorismo cupo, e mi sono ricreduto. A
rubare la bara furono piccoli briganti, la moglie di uno dei due mandò dei fiori a mia madre, che li perdonò.
Non voleva pubblicità, temeva che qualcuno pensasse che si fosse pagato un riscatto per un cadavere. La
polizia al contrario voleva una punizione esemplare per scoraggiare eventuali emulatori». Beauvois si è
messo in contatto con la famiglia Chaplin: «Avevo bisogno del loro assenso, che ho avuto subito, senza porre
condizioni». Dice di essere stato aiutato dal successo di Uomini di Dio , il film sull'assassinio dei monaci ad
opera di integralisti islamici sulle montagne algerine, con cui nel 2010 vinse il premio della giuria a Cannes.
«Ho avuto accesso agli archivi, ho visionato le lettere che i malviventi spedirono a Oona. E poi ho potuto
girare nel maniero di Chaplin. Magico».
Il maniero, Chaplin lo acquistò nel 1954 e ci visse fino alla morte. C'era un progetto di farne un museo, «per
mia fortuna è stato rinviato. Tutto è rimasto com'era, la biblioteca, il pianoforte, la camera da letto». Ha girato
nel cimitero in cui è stato sepolto, accanto alla tomba in cui c'è solo la scritta «Charlie Chaplin». Il regista
voleva andare al di là di una crime story, avvicinandosi a «una fiaba ilare». Il plot dei due protagonisti, l'ex
galeotto che propone all'amico del cuore, bisognoso di denaro per l'operazione della moglie malata (Nadine
Labaki) è completamente inventato. «Chaplin è stato il mio eroe, esibiva il suo corpo, il torace, le gambe,
senza smorfie né gesti. Una lezione di cinema moderno».
Poelvoorde, l'attore che interpreta uno dei due ladruncoli, trova impiego come clown di un circo dando il ruolo
di direttrice a Chiara Mastroianni. «Il circo è una storia parallela e simboleggia il potere del cinema». Ma
l'omaggio di Beauvois comprende anche le scuse dei malviventi davanti alla tomba. «Provo tenerezza per
quei due, grazie a loro Charlot è potuto tornare in scena». In fondo, due disgraziati che somigliano a Chaplin,
il vagabondo dall'andatura che ondeggia, l'amico dei senzatetto e dei poveri immigrati, che al Lido torna sotto
le luci della ribalt a.
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Foto: Protagonisti A sinistra, l'arrivo in Laguna ieri della regista libanese Nadine Labaki (40 anni), interprete di
«La rançon de la gloire». A destra, l'attore belga Benoît Poelvoorde (49 anni) protagonista del film diretto da
Xavier Beauvois
Foto: Mito Charlie Chaplin (1889 - 1977)
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Venezia 2014 La commedia amara di Beauvois ispirata al fatto di cronaca accaduto nel 1978
29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Jolie-Pitt, elogio della perfezione
DANIELA MONTI
Il matrimonio, a sorpresa, dei due attori più famosi al mondo è una festa per tutti. Esagerato? Forse: ma la
coppia trasmette una bellezza pacata, buona come quella degli eroi greci. Ed è la metafora di ciò che
ciascuno vorrebbe per sé. A PAGINA 29
Se la fragilità, la cagionevolezza, la vulnerabilità delle unioni caratterizza tutti i tipi di legami sociali - lo ha
insegnato Bauman e in tanti siamo stati ad ascoltarlo grati per la lucidità del suo sguardo - il matrimonio di
Angelina Jolie, 39 anni, e Brad Pitt, 50, celebrato sabato scorso in un castello del Sud della Francia, Château
Miraval, una costruzione senza torri e pinnacoli, più casa colonica che reggia, ha l'effetto del sole che buca la
foschia della nostra quotidianità un po' troppo arrendevole quando si parla di sentimenti, ad indicare ciò che
davvero conta. Conta l'amore che non ne vuole sapere di diventare liquido e conta quel senso profondo di
bellezza pacata - a dispetto della sensualità di entrambi - che la coppia trasmette, una bellezza che va oltre
l'estetica, buona secondo l'ideale greco degli eroi. E dato che la bellezza non è un di più nella vita, ma ne è il
cuore, le nozze dei due attori più belli e più buoni è un po' una festa per tutti. Esagerato? Forse. Ma
l'opprimente dilagare della banalità del brutto merita un freno, non importa in fondo se questa felicità altrui
che sbirciamo da lontano sia reale. È la metafora perfetta di ciò che ciascuno vorrebbe per sé.
Il sì della coppia all'interno della piccola cappella privata, alla presenza di parenti e amici, con i figli coinvolti
nella cerimonia, Maddox e Pax, i due maggiori, al fianco della sposa lungo la navata, Zahara e Vivienne a
cospargere di petali il cammino, Shiloh e Knox fidati custodi degli anelli, è la rappresentazione di un mondo di
cui tutti vorremmo far parte. Sei figli, naturali e no, e la capacità di farli camminare insieme. Poi magari
prenderanno altre strade, ma intanto sono lì, uniti. Vite piene di tutto che però danno l'impressione di non
aver davvero bisogno di nulla al di fuori della loro complicità per continuare a esprimersi e restare se stesse,
e questa è davvero una magia, forse una magia hollywoodiana, ma è comunque la forza del bello che fa
amare l'esistenza.
Se c'era un'incrinatura, nella coppia più bella e più buona, era il fatto di non essere ancora arrivati fino in
fondo, di aver lasciato aperto uno spiraglio al ripensamento, al prendersi e lasciarsi, al soddisfatto o
rimborsato, alla logica del telefonino gettato via ancora funzionante perché è uscita la versione aggiornata. Il
matrimonio è un rischio calcolato, certo, e lo sanno bene loro che ne hanno già collezionati: uno lui, con
Jennifer Aniston nel 2000; due lei, nel 1996 con l'attore inglese Jonny Lee Miller e nel 2000 con Billy Bob
Thornton. Ma le relazioni sono investimenti sul futuro e il senso di appartenenza dell'uno all'altra che la
coppia trasmette - un'appartenenza fondata su quella loro bellezza così distante da tutto e da tutti - lascia
viva in chi guarda la possibilità che questa volta sia per sempre. «Pensavo che non mi sarei mai innamorata
e che non avrei mai incontrato la persona giusta. Quando vieni da una famiglia difficile, accetti il fatto che
certe cose siano come una favola», aveva detto lei. «Sposarsi è una prospettiva entusiasmante, anche se per
quanto ci riguarda, siamo andati ben oltre. Vuole dire moltissimo per i nostri figli», aveva detto lui. Ora che
anche il sì davanti al giudice californiano che ha officiato la cerimonia è stato detto, l'opera d'arte è completa,
lei, lui e i loro sei figli. Lui che mostra la fede agli amici appena tornato sul set, le missioni in Sierra Leone e
Tanzania, Kosovo e Ecuador di lei, l'impegno con le Nazioni Unite, anche i sospetti di anoressia e lo strazio
dei due interventi al seno, tutto fa parte della stessa ricerca di felicità a cui siamo disposti ad accordare il
beneficio dell'autenticità. Il basso profilo, la cerimonia tenuta nascosta, la scelta di sposarsi a casa propria
(hanno acquistato il castello Miraval tre anni fa), il non apparire un minuto in più del necessario: anche questo
conta nel conformismo dei gusti e degli stili che si respira ovunque.
Trecento milioni di dollari, a tanto ammonterebbe la loro fortuna. La star di «Maleficent» ne avrebbe
guadagnati 18 di milioni l'anno passato e il doppio l'anno prima, secondo le stime di Forbes . Ora sia lui che
lei hanno film in uscita. La seconda opera da regista di Jolie, «Unbroken», arriverà nelle sale italiane nel
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Belli, famosi, impegnati, 6 figli. Ora anche sposi
29/08/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
Pag. 1
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gennaio 2015. Il film di lui, «Fury», ambientato durante la Seconda guerra mondiale, sarà distribuito a partire
da fine ottobre. I soldi c'entrano nella costruzione del loro mito, ma restano un elemento sullo sfondo. Quanto
alla pubblicità che il matrimonio può portare, pare una faccenda troppo meschina per toccarli. Sono abituati
ad altre vette.
Fromm diceva che gli uomini di tutte le età e culture sono chiamati a risolvere l'unica e sempiterna questione:
come superare lo stato di separatezza, come raggiungere l'unione, come trascendere la propria vita
individuale. Forse è semplicistico guardare ad una coppia di attori per rispondere, però l'illusione che
qualcuno ce l'abbia fatta ridà fiato a tutti. La coppia quasi reale, che ha entrature nelle più alte sfere del
potere, sembra non avere scheletri nell'armadio. Sono due icone perfette (senza ma, per una volta).
Daniela Monti
@danicorr
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Foto: Brad Pitt e Angelina Jolie «sposi» nella pellicola «Mr. & Mrs. Smith» (regia di Doug Liman, 2005): i due
si sarebbero innamorati proprio durante le riprese del film. Sopra una delle ultime apparizioni pubbliche della
coppia, alla consegna degli Oscar, lo scorso marzo. A destra «Domaine de Miraval», la villa della coppia - tra
Correns e Châteauvert, nel sud della Francia - che è stata anche il set del loro matrimonio, quello vero (foto
Olycom, Reuters, Ansa/Epa) Angelina Jolie e Brad Pitt a Los Angeles con i sei figli: 1) Vivienne Marcheline,
nata a Nizza, Francia, sei anni fa con il gemello Knox; 2) Shiloh Nouvel, 8 anni, nata a Swakopmund,
Namibia (è il primo figlio naturale con Brad Pitt); 3) Knox Léon; 4) Zahara Marley, 9 anni, nata in Etiopia
(chiamata Yemsrach dalla madre biologica) e adottata nel 2005 mentre si trovava in un orfanotrofio di Addis
Abeba; 5) Pax Thien, 10 anni, adottato nel 2007 da un orfanotrofio di Ho Chi Minh, Vietnam; 6) Chivan
Maddox, nato in Cambogia 13 anni fa: Jolie decise di adottarlo dopo aver visitato due volte il Paese, durante
le riprese di «Lara Croft: Tomb Raider» e un viaggio per l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (foto Olycom)
29/08/2014
La Repubblica - Torino
Pag. 13
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Nuovo Cinema (Gran) Paradiso
Sullo schermo il viaggio sul fiume irlandese Shannon e la scoperta della foresta pluviale
(r.t.)
TERMINANO stasera le proiezioni dei film in concorso al 18° Gran Paradiso Film Festival.
Due i titoli in programma: in "On a River in Ireland" (Un fiume in Irlanda) di John Murray e "Il était une fôret"
(C'era una volta una foresta) del francese Luc Jacquet. Il primo racconta un viaggio lungo lo Shannon, il
fiume più lungo dell'Eire e del Regno Unito, attraverso paesaggi rurali, piante e animali selvaggi, isolee
canoe, dall'alba al tramonto e nelle quattro stagioni dell'anno. Il secondo porta gli spettatori in un mondo mai
visto, fatto di meraviglia per la natura e di bellezza mozzafiato: una foresta pluviale, un polmone verde del
pianeta, che si può veder crescere sullo schermo.
L'appuntamento è alle 21 alla Maison de la Grivola di Cogne, alla Maison Pellissier di Rhemes-St-Georges,
nel Municipio di Valsavarenche, alle Scuole medie di Villeneuve, al Centro visitatori del Parco Gran Paradiso
di Ceresole Reale. Chi se li perdesse questa sera ha un'altra occasione per vederli: domani alle 10 la
proiezione si replica alla Biblioteca comunale di Cogne. Sempre oggi, alle 10, la Maison de la Grivola di
Cogne ospita la replica dei due film proiettati ieri: "Scandinavie, l'appel du Nord" (Scandinavia, il richiamo del
Nord) di Laurent Joffrion e "Butterfly Stories" (Storie di farfalle) di Christoph Schuch.
Domani, ultimo giorno del festival, alle 21 alla Maison de la Grivola Fabio Fazio conduce la cerimonia di
premiazione del film vincitore.
Foto: C'ERA UNA VOLTA...
Un fotogramma di "C'era una volta una foresta"
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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IL FESTIVAL STASERA GLI ULTIMI DUE FILM IN CONCORSO , DOMANI LA PREMIAZIONE
29/08/2014
La Repubblica - Napoli
Pag. 13
(diffusione:556325, tiratura:710716)
" Schermi d'arte" per La Capria e Zeffirelli
PAOLO DE LUCA
TUTTO ruota intorno al tema della "Bellezza". La ricerca del "perfetto", nell'arte, nella pagina di libro, o in
un'inquadratura dopo il ciak.
Se Dostoevskij sostiene che sarà questo a salvare il mondo, Franco Zeffirelli rilancia, auspicando
"un'esplosione improvvisa della bellezza, in questi anni bui". Al regista toscano, classe 1923, sarà dedicato
uno degli appuntamenti di "Schermi d'arte", rassegna di cinema e letteratura al debutto stasera alle 19.30
(ingresso libero), tra le sale e i belvedere di Villa San Michele, consolato onorario di Svezia nel cuore di
Anacapri. Tre le giornate in programma, "incentrate su artisti e scrittori - spiega il giornalista Paolo Spirito,
ideatore e curatore della kermesse, in collaborazione con Ciro D'Aniello e la Fondazione Axel Munthe - che
inseguono e realizzano in ogni loro opera il concetto di Bellezza". Ad aprire la manifestazione (alle 19.30)
sarà Raffaele La Capria, che presenterà con Lorenzo Capellini il volume fotografico "Capri: l'isola il cui nome
iscritto nel mio" (Minerva edizioni). L'incontrò sarà preceduto dalla proiezione del documentario "Raffaele La
Capria: scrittore d'acqua", girato da Serafino Amato ed Emanuele Trevi, in cui l'autore di "Ferito a morte"
traccia un inedito autoritratto di luci e ombre, ripercorrendo i momenti cruciali della letteratura italiana del
Novecento. Domani sarà il turno di Franco Zeffirelli che però, per problemi logistici, non potrà partecipare alla
serata. Alle 21.30, sarà proiettata un'intervista inedita registrata lo scorso 30 luglio nella sua villa romana
sull'Appia antica, in cui il regista ed ex senatore dialoga sulla "Bellezza incontrata nella mia vita": dal legame
con Firenze, città natale, al suo rapporto con la religione, l'arte e la musica (è di 50 anni esatti fa la sua regia
dei due concerti di Maria Callas a Covent Garden a Londra). Sarà Filippo Zeffirelli, suo figlio,a ritirare per lui il
primo premio alla carriera "Axel Munthe", consegnato dal console onorario di Svezia Staffan de Mistura (che
a settembre volerà in Siria come inviato internazionale di pace su delega Onu). L'evento sarà preceduto alle
19.30 con la visione di "Ritratto di sceneggiatore in un interno" di Rocco Talucci e dedicato a Enrico Medioli,
sceneggiatore di capolavori del cinema italiano come "Il Gattopardo" di Luchino Visconti, "La ragazza con la
valigia" di Valerio Zurlini e "C'era una volta in America" di Sergio Leone. Ultimo appuntamento, domenica
(sempre alle 19.30), con Emilio Casalini. Il giornalista presenterà il suo libro "Fondata sulla Bellezza. Come
far rinascere l'Italia a partire dalla sua vera ricchezza" (Sperling & Kupfer), che esamina idee e progetti legati
al turismo e alla valorizzazione delle ricchezze artistiche nostrane. Seguirà il film "Klimt" con John Malkovich,
diretto Raoul Ruiz.
Foto: Villa San Michele ad Anacapri
Foto: I MAESTRI Lo scrittore Raffaele La Capria e il regista teatrale e cinematografico Franco Zeffirelli
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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VILLA SAN MICHELE AD ANACAPRI
29/08/2014
La Repubblica - Bologna
Pag. 15
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Interviste e tagli, così il cinema riabilita Andreotti
(emanuela giampaoli)
«LA COSA più difficile? Liberarsi dal pregiudizio che in questi anni ha accompagnato Giulio Andreotti, che
almeno per il cinema italiano ha fatto moltissimo».
Parola di Germano Maccioni, il regista bolognese di "Lo stato d'eccezione" e di "Fedele alla linea" a Venezia
come curatore dell'edizione e del montaggio di una delle opere più attese, il doc di Tatti Sanguineti "Giulio
Andreotti. Il cinema visto da vicino" che si vedrà oggi nella sezione Classici. Con lui, al film hanno lavorato
pure gli archivisti bolognesi Valerio Cocchi e Valeria Dalle Donne, mentre Gianluigi Toccafondo firma le
"forbici animate" del film, a rappresentare i tagli della censura. «Dal 2003 al 2005 - racconta Maccioni Sanguineti ha incontrato ogni sabato mattina il senatore a vita Andreotti, che ha accettato di rispondere
all'intervista più lunga della sua vita. Tre anni di chiacchierate e di riprese che sono sfociate in 70 ore di
girato.
Io sono partito da lì, per arrivare ai 90 minuti finali». Incalzato da Sanguineti, il divo Giulio ripercorre i suoi
anni da Sottosegretario, dal 1947 al 1953 con delega al cinema. «Ci siamo concentrati sulla censura, con
documenti, tagli e immagini emersi dagli archivi, compresi quella della nostra Cineteca. Non è un'apologia,
ma dal punto di vista cinematografico Andreotti viene riabilitato». Prodotto dall'Istituto Luce per le sale, si sta
già pensando a una seconda puntata.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Bologna Venezia 2014
29/08/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 49
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Angelina e Brad sposi in Francia a sorpresa
Dopo mesi di tira e molla sabato le nozze a Chateau Miraval La storia d'amore tra Pitt e Jolie era cominciata
nove anni fa sul set di "Mr e Mrs Smith"
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANAIS GINORI
PARIGI LA vera notizia è che la coppia più celebre del mondo è riuscita a sposarsi in incognito, depistando
legioni di paparazzi e curiosi. Brad Pitt e Angelina Jolie sono finalmente convolati a nozze, dopo nove anni e
sei figli.
Il portavoce dei due attori ha annunciato che il matrimonioè avvenuto sabato scorso. Una cerimonia
privatissima, con la famiglia "arcobaleno", sei figli, di cui tre adottati, i parenti stretti e pochi amici, nello
Chateau Miraval, il castello che hanno comprato nel sud della Francia. La licenza per le nozze è stata
preparata da un giudice della California che ha anche officiato il rito nella cappella privata del castello. Jolie
ha percorso la navata con i figli più grandi, Maddox e Pax, 13 e 10 anni, mentre Zahara e Vivienne hanno
sparso petali di fiori e Shiloh e Knox hanno portato le fedi.
Eppure i paparazzi erano allertati. Tanto che avevano beccato Pitt e Jolie venerdì scorso, il giorno prima del
matrimonio, al loro arrivo all'aeroporto di Nizza. Negli scatti rubati, si vedono Jolie e Pitt scendere dal loro jet
privato, per farsi poi portare in macchina a Correns, la cittadina in cui sorge Chateau Miraval. Il bello è che
nessuno però aveva capito che erano sul punto di sposarsi. Da quel momento infatti si sono perse le loro
tracce, tanto che la notizia delle nozze è riuscita a non filtrare per ben cinque giorni, quando ormai i due attori
erano di nuovo andati via, già in volo per Malta. È nell'isola del Mediterraneo che inizieranno le riprese di By
The Sea , scritto e diretto dalla stessa Jolie, primo film in cui appariranno insieme sullo schermo da Mr and
Mrs Smith del 2005, che segnò l'inizio della loro relazione. Per Jolie, 39 anni, sono le terze nozze, dopo
quelle con Jonny Lee Millere Billy Bob Thornton. Pitt, 50 anni, è stato sposato prima con l'attrice Jennifer
Aniston.
Belli, ricchie famosi, Pitte Jolie sono anche impegnati politicamente. Jolie è ambasciatrice per l'Unhcr ed è
andata più volte in zone di guerra. Sono tra le poche coppie che più contano a Hollywood tanto che hanno
pure un soprannome "Brangelina", che ieri è diventato uno degli hashtag più popolari di Twitter. Il portavoce è
stato costretto a confermare la notizia ieri soltanto perché Pitt si è presentato a Londra con la fede al dito
davanti ai fotografi per la promozione del suo nuovo film Fury .
Secondo Le Parisien , alla cerimonia erano presenti i genitori di Pitt ma non l'attore da premio Oscar Jon
Voight con cui i rapporti sono tesi. L'idea di un matrimonio in Francia era nell'aria da tempo. Jolie ha una
madre di origine francese e la coppia frequenta il Chateau Miraval dal 2008: prima hanno affittato l'immensa
tenuta, con parco privato, e poi l'hanno comprata per 60 milioni di dollari. È un luogo a cui la coppia è molto
affezionata. È qui che Pitt ha fatto la richiesta di matrimonio a Jolie, nel 2012, ed è sempre qui che l'attrice ha
passato la sua convalescenza dopo essere sottoposta a una mastectomia preventiva. La coppia ha anche
avviato la produzione del vino a Chateau Miraval, associandosi alla famiglia di viticoltori Perrin.
Già l'estate scorsa, il sindaco di Correns, il socialista Michael Latz, aveva dovuto respingere l'assedio di
cronisti e teleobiettivi. Ieri Latz non ha voluto rispondere ai giornalisti, anche lui ha fatto di tutto per difendere
la privacy che ha circondato il lieto evento. «Ci sposeremo quando sarà possibile per il lavoro, la famiglia. Ne
stiamo parlando anche con i figli», aveva spiegato qualche mese fa l'attrice, mentre il divo aveva detto di
voler convolare a nozze solo dopo che fosse stato approvato negli Usa il matrimonio per le coppie
omosessuali. Alla fine, gli astri si sono allineati. E senza gli ospiti indesiderati. LE TAPPE L'INCONTRO Si
conobbero sul set di "Mr. e Mrs Smith" nel 2005 Lui era sposato con Jennifer Aniston LA FEDE Brad Pitt si è
presentato ieri a Londra con la fede al dito davanti ai fotografi per la promozione del suo film "Fury" PER
SAPERNE DI PIÙ www.dailymail.co.uk/home/ index.html
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R2 SPETTACOLI La storia
29/08/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 49
(diffusione:556325, tiratura:710716)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Foto: LA COPPIA Brad Pitt, 50 anni, e Angelina Jolie, 39: hanno sei figli. La coppia più bella di Hollywood si è
sposata sabato in Francia
29/08/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 47
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Ferrari: "Il mio film è scomodo e in Italia nessuno lo vuole"
"Ho fatto la produttrice per passione Quanto al personaggio faccio la madre che avrei voluto essere e avere
MARIA PIA FUSCO
VENEZIA «NON ho fatto solo la madre in questo film, sono anche coproduttrice, ho partecipato al lavoro sul
set. Un'opera girata in 21 giorni e con un budget di 500 mila euro richiede la passione di tutti». Isabella
Ferrari è la prima attrice italiana a calamitare le attenzioni del festival. Bella, in abito rosa a fiori, parla di La
vita oscena , il film del marito, il regista Renato De Maria, presentato nella sezione Orizzonti , tratto dal libro di
Aldo Nove che dice di lei: «La sensibilità di Isabella mi ha stupito. Ho rivisto gli sguardi e le parole di mia
madre». «Quando ho letto il libro mi sono commossa - spiega la Ferrari - Ho detto a Renato che non era un
film da fare, ma se lo avesse fatto volevo il ruolo della madre.
Leggendo ho sentito un'onda bella, positiva, una donna che comunica amore per la vita, la madre che avrei
voluto essere, che avrei desiderato avere, una specie di richiamo ancestrale. Interpretandola mi sono lasciata
andare alle suggestioni del libro».
Quali? «Non avevo mai indossato quei vestiti hippy del personaggio, è stata una gioia vedermeli addosso, mi
faceva pensare alla generazione delle donne che volevano cambiare il mondo. Confesso che avevo in mente
Marianne Faithfull».
Perché è stato così difficile realizzare il film? «Intanto il titolo: alla parola "oscena" le banche scappavano. Ma
per Renato era troppo importante farlo, abbiamo insistito, finché abbiamo trovato due produttori coraggiosi,
De Marchi e Mazzoni e alla fine è entrato Riccardo Scamarcio, veniva dalla bella esperienza di Miele . È
importante che un attore appoggi un progetto scomodo, in America è un'abitudine, in Italia sta cominciando.
E speriamo che l'ultimo decreto del ministro Franceschini incoraggi gli investimenti».
È vero che non c'è ancora la distribuzione? «Purtroppo il problema è lì. Riccardo ha lanciato un appello
perché qualche distributore si faccia avanti. Fa paura la parola "oscena", ma non c'è niente di osceno nel film
, anzi la vicenda di un ragazzo che supera l'inferno della disperazione e della droga è positiva. Io lo farò
vedere ai miei figli di 13, 16 e 19 anni».
Non è la prima volta che lei accetta il rischio di personaggi scomodi.
«A volte si paga. Le critiche e le reazioni negative fanno parte del rischio. La cattiveria no. Ricordo la
reazione aE la chiamano estate al festival di Roma: cattiveria pura. Non ero preparata. In passato sarei
rimasta davvero ferita, ma con gli anni e la maturità ho imparato a lasciarmi tutto alle spalle. Ed è prezioso
l'insegnamento di Renato, lo ripete sempre sul set "Tanta luce, poco pensiero, tanto amore. È utile anche
nella vita"».
Il suo rapporto con Venezia? «Sono nata in provincia di Piacenzae già da ragazzina sognavo di fare l'attrice,
per me Venezia era tutto, era il cinema, era Hollywood. La prima volta come attrice ci sono stata con il film di
Marco Tullio Giordana Appuntamentoa Liverpool , ero frastornata, felice. Due anni fa ero nella giuria delle
opere primee vedere film giovani, fatti con pochi soldi e tanta passione mi ha incoraggiato a spingere Renato
ad andare avanti con La vita oscena ».
Lei viene da La grande bellezza e Il venditore di medicine. E poi? «Ho finito di registrare Una grande famiglia
per la tv e farò il prossimo film di Mimmo Calopresti. Poi c'è il teatro: nel 2015 porterò in scena Veronica Voss
con la regia di Antonio Latella, un progetto che mi spaventa e mi entusiasma».
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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R2 Spettacoli
29/08/2014
La Stampa - Aosta
Pag. 47
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Per il Gran Paradiso Film Festival l'amicizia tra un orso e un bambino
Proiezioni .
E' un racconto articolato, quello del Gran Paradiso Film Festival, che si prepara al gran finale di domani con
una giornata densa di appuntamenti che arrivano da Cogne al fondovalle. E' a Chatel Argent a Villeneuve,
infatti, che sin dalle 11 prendono il via le azioni teatrali del Teatro Instabile di Aosta, in scena anche alle 15 e
alle 17,30. Risalendo nelle valli laterali, alle 15 torna «Cortonatura», la pagina dedicata ai cortometraggi: i
mini-film che sono in gara in un concorso parallelo a quello per lo Stambecco d'Oro vengono proiettati sia a
Valsavarenche (nella sala consiliare del comune) sia a Cogne. Qui, la serie è aperta da un estratto de «Il mio
amico Nanuk», produzione internazionale che ha come protagonisti un orso polare e un bambino: a
presentarlo è il produttore e co-regista Brando Quilici, che sarà intervistato da Danilo Mainardi.
I protagonisti degli incontri del pomeriggio (dedicati al rapporto tra la natura e la genetica) sono Alberto
Piazza, professore di genetica all'Università di Torino, e Bruno Bassano, responsabile del servizio scientifico
del parco nazionale del Gran Paradiso.
Con la serata di oggi si concludono anche le presentazioni dei film in concorso nella diciottesima edizione del
festival. Alle 21, tutte le sedi di proiezione (Cogne, Valsavarenche, Villeneuve, Rhêmes-Saint-Georges e
Ceresole Reale) ospitano anzitutto la proiezione di «On a river in Ireland» di John Murray, viaggio sulle rive
del più lungo fiume irlandese, lo Shannon. La seconda parte della serata è invece dedicata a «Il était une
forêt» di Luc Jacquet, che racconta l'affascinante ciclo di vita di una foresta tropicale. [d. j.]
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Per il Gran Paradiso Film Festival l'amicizia tra un orso e un bambino Proiezioni .
29/08/2014
La Stampa - Ed. Nazionale
Pag. 30
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Il regista di "Uomini di Dio" "Il mio omaggio a Chaplin"
DALL'INVIATA A VENEZIA F.C.
Illuminato dal faro di Charlie Chaplin, il regista francese Xavier Beauvois racconta in La rançon de la glorie ,
storia di piccoli uomini e grandi problemi dove il personaggio Charlot s'incarna nei protagonisti e ne diventa
l'inconsapevole modello. Lo spunto viene dalla storia vera dei due balordi che, tre mesi dopo la morte del
grande artista (il giorno di Natale del 1977, a Vevey, in Svizzera) ne profanarono la tomba, rubando la bara e
chiedendo un riscatto alla famiglia: «Conoscevo la vicenda solo vagamente, l'ho raccontata a mia moglie che
non l'aveva mai sentita ed era convinta che scherzassi. Avuta la conferma che i fatti erano realmente
accaduti, ho deciso di farne un film». Sullo schermo, naturalmente, vari elementi sono stati modificati, ma la
sostanza, ovvero l'epopea tragicomica dei protagonisti, il furto del feretro, e la reazione accomodante della
famiglia Chaplin, è rimasta uguale: «Mia madre - commenta Eugene Chaplin, ieri al Lido - ha dimostrato
grande sensibilità, e anche coraggio, la polizia svizzera avrebbe voluto una punizione esemplare, lei invece si
è opposta con forza, non ha voluto neanche costituirsi parte civile. Quando la moglie di uno dei due ladri le
inviò un mazzo di fiori per scusarsi, rimase commossa dal gesto». In quello stesso periodo, aggiunge l'erede
Chaplin, «in Italia c'era il sequestro Moro, una coincidenza non bella. Quanto a quei briganti, beh, andarono a
seppellire mio padre in un altro posto che, tra l'altro, non era niente male». Affidato a Benoit Poelvoorde
(Eddy) e Roschdy Zem (Osman), con l'attrice e regista Nadine Labaki che interpreta la moglie malata di
Osman e Chiara Mastroianni nei panni dell'affascinante signora del circo che ingaggia Eddy fiutandone le
potenzialità clownesche, La rançon de la glorie è soprattutto un omaggio al maestro inimitabile del cinema di
tutti tempi: «Circa 5 anni fa ho rivisto Luci della ribalta in dvd - racconta Beauvois -, non avevo ancora girato
Uomini di Dio , e sono rimasto sorpreso perchè quel film, che pensavo di conoscere a memoria, continua ad
essere una miniera inesauribile di idee. Chaplin ha inventato tutto, è stato il primo a esplorare le immense
possibilità del cinema. Per me "è" il cinema». Inevitabile, quindi, citare esplicitamente l'ispiratore dell'opera,
girare solo dopo aver preso contatto con la famiglia, ma soprattutto trasformare i personaggi principali in una
versione Anni 70 dei poveri diavoli chapliniani: «Volevo realizzare una commedia agrodolce, buffa e insieme
commovente. Ho pensato anche al modello italiano. Qualcuno mi ha detto che, dopo un film sul sacro come
Uomini di Dio , ho voluto fare un film sul profano. Ma non è così, perchè per me Chaplin è circondato da un
alone sacrale». Nella scena iniziale Eddy, appena uscito di prigione, riceve la raccomandazione di un
secondino: «Smettila di fare il pagliaccio». In quella finale è diventato un applauditissimo clown da circo:
«L'idea di fondo sta proprio in questo, raccontare un percorso dal buio alla luce».
Foto: La rançon de la gloire
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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«La rançon de la gloire»
29/08/2014
La Stampa - Ed. Nazionale
Pag. 30
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"La vita oscena" dal romanzo di Aldo Nove, storia di formazione Il regista : "Girato come un'odissea pop, un
viaggio spettacolare e poetico" L'APPELLO Il produttore Scamarcio «Può attrarre i giovani ma è senza
distribuzione»
FULVIA CAPRARA INVIATA A VENEZIA
Toccare il fondo e poi risalire, un percorso semplice e insieme difficilissimo, comune alle esistenze di tanti e
per questo universale: «È la storia di un passaggio, dall'adolescenza all'età adulta, che finisce bene, con una
luce positiva. A molti ragazzi capita di attraversare fasi complesse, periodi in cui prevalgono ossessioni
autodistruttive e sembra impossibile riuscire ad accettare la vita così come viene. Ma imboccare il tunnel, non
significa, per forza, restarne prigionieri. Anzi». Tratto dal romanzo autobiografico di Aldo Nove, La vita oscena
, ieri in cartellone nella sezione Orizzonti, è il frutto di un desiderio imperioso, una necessità artistica che non
poteva essere ignorata: «Le immagini del libro - spiega il regista Renato De Maria - mi hanno ossessionato,
sono stato subito attratto dall'idea di girare una specie di odissea pop, un viaggio in un mondo deforme,
onirico, colorato, vicino alla grafica e al fumetto, spettacolare e insieme poetico». Il primo, importante,
risultato sta nei commenti dell'autore: «Di De Maria avevo visto Paz , il film italiano degli ultimi vent'anni che
ho più amato, per questo incontrarlo è stata una grande emozione, così come quella di sapere che voleva
fare un film dal mio libro. Abbiamo lavorato insieme al testo, nella fase della sceneggiatura, e trovo che, alla
fine, l'alchimia complessa tra poesia scrittaevisivasisiarealizzatain piena armonia. È stata una scommessa
che abbiamo giocato senza risparmiarci, una sfida radicale e entusiasmante». Sulla scena, dalla prima
all'ultima inquadratura, c'è Andrea (Clement Metayer), poeta adolescente costretto a vivere il dramma della
scomparsa ravvicinata dei due genitori, prima il padre (Roberto De Francesco), poi la madre (Isabella
Ferrari), tutti e due amatissimi e quindi destinati a lasciare un vuoto nero, profondo, incolmabile: «Il punto dice Nove - era restituire l'intensità del racconto attraverso la potenza delle suggestioni visive. Sono stato
varie volte sul set, e oggi posso dire di essere molto felice». Vivida e attraente, si staglia subito, nel racconto,
la figura della madre, figlia dei fiori che ha allevato il suo ragazzo con la libertà di un affetto intenso ma non
oppressivo. La sua cifra è il sorriso, mai abbandonato, anche quando la malattia impone dolore, parrucca e
spossatezza: «Il libro mi ha commosso - spiega Ferrari -, ho detto subito a Renato che, se ne avesse tratto
un film, io avrei voluto il ruolo della madre. Una madre idealizzata, quella che tutti vorremmo avere, con tanta
luce e tanta voglia di vivere...». Costruirla non è stato complicato: «È un personaggio che mi è venuto
incontro da solo, ad Aldo Nove non ho chiesto granché, anche per una questione di pudore». Il marito che
l'ha diretta dice che «Isabella non si è mai lasciata andare come stavolta. Continuavo a ripeterle "stai leggera,
non pensare", volevo quello che ho avuto, una mamma pop che sa rallegrare anche i momenti più bui».
Fondamentale, naturalmente, la scelta del protagonista, perchè intorno al suo fisico esile, alle sue acrobazie
sullo skateboard, alle espressioni impaurite e smarrite, si snoda l'intero viaggio del film: «Quando si recita
spiega Métayer, scoperto da Olivier Assayas in Apres mai -, è inevitabile attingere al proprio vissuto. Non ho
mai avuto le tendenze suicide del protagonista, ma, come tutti i ragazzi, ho vissuto quel periodo delicato di
transizione verso la maturità che comporta spesso momenti di estrema angoscia». Nella versione italiana del
film, le oscillazioni dell'umore di Andrea, mentre s'inoltra nei meandri della droga e del sesso estremo, sono
descritte dalla voce di Fausto Paravidino: «È una scelta che abbiamo discusso a lungo - dice il regista -, poi ci
è sembrato che Fausto avesse il timbro adatto, logoro e graffiato, e anche una particolare sintonia derivante
dal fatto che, a teatro, ha messo in scena uno spettacolo dedicato a sua madre». Sul tappeto rosso, ieri sera,
insieme alla famiglia De Maria al completo, c'era anche Riccardo Scamarcio, produttore associato del film
che è costato in tutto 650 mila euro (di cui 200mila provenienti dal Ministero), ma non ha ancora una
distribuzione: «Lanciamo un appello affinchè venga data al pubblico italiano la possibilità di vederlo. Il
mercato, nel nostro Paese, è sbilanciato, per il cinema sperimentale e indipendente c'è un numero di schermi
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De Maria e Ferrari "Il nostro film in famiglia"
29/08/2014
La Stampa - Ed. Nazionale
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(diffusione:309253, tiratura:418328)
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esiguo, mentre il Sud è schiacciato dallo strapotere dei multiplex. Credo che La vita oscena abbia tutte le
carte per poter attrarre un pubblico giovanile, è un film di sensazioni forti, con un finale poetico».
Ferrari-De Maria Marito regista, moglie attrice per La Vita Oscena (foto)tratto dal romanzo di Aldo Nove
Scamarcio-Golino Nel cinema fanno tutto: gli attori, i produttori (per La vita oscena ) lei anche la regista
Zingaretti-Ranieri Qui al Lido lei è la madrina del Festival, lui è attore protagonista di Perez di De Angelis
Foto: fotogallery lastampa.it/Venezia
Foto: Marito regista, moglie attrice per La Vita Oscena tratto dal romanzo di Aldo Nove, storia di un passaggio
dall'adolescenza all'età adulta
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
Pag. 27
(diffusione:210842, tiratura:295190)
CON AMARO UMORISMO RACCONTO LA STORIA DEL FURTO DELLA SALMA DI CHARLOT
Gl. S.
VENEZIA IL CASO Nel 1978, tre mesi dopo la morte del grande cineasta, la salma di Charlie Chaplin venne
trafugata dal cimitero di Vevey, in Svizzera, da due balordi immigrati. Ora la Mostra applaude Le rançom de
la glorie , il film di Xavier Beauvois che ricostruisce, con molte libertà e momenti di umorismo amaro,
quell'episodio culminato con la cattura dei ladri. Applausi convinti, anche perché il film rappresenta una
rinfrancante eccezione nel programma di quest'anno farcito di drammi, guerre, atrocità di ogni genere. «Sono
sempre stato un fan di Chaplin», racconta Beauvois, il regista francese amato per film profondi, toccanti e
premiatissimi come Uomini e dei . «Stavo rivedendo per l'ennesima volta Luci della ribalta quando mi è
tornato in mente il furto della bara. Sono andato a documentarmi su Internet e ho deciso di raccontarlo sullo
schermo: è il mio omaggio al poeta che considero la quintessenza del cinema». Ma quanto c'è di vero nel film
? Innanzitutto la circostanza che i ladri (interpretati dal comico belga Benoit Poelvoorde e da Roschdy Zem,
francese di origini marocchine) sono degli immigrati. «Ho raccontato la storia di due disgraziati che compiono
un atto inqualificabile ma sono talmente maldestri e disperati che paradossalmente finiscono per stare
simpatici», spiega Beauvois. «Con la collaborazione della famiglia ho filmato la vera casa di Chaplin e
ricostruito il processo, ma tutto il resto l'ho inventato». IL FIGLIO Al Lido è venuto anche Eugene Chaplin, il
sessantunenne figlio cineasta di Charlot. «All'inizio diffidavo del progetto di Beauvois. Il furto della bara di mio
padre è un episodio che tutti noi preferiremmo dimenticare e l'idea di ricavarne una commedia mi
preoccupava: c'è poco da ridere», spiega Eugene, stessi occhi del padre e faccia rubata alla madre Oona
O'Neill. «Ma poi ho visto i film del regista e sono rimasto colpito dalla sua sensibilità, così mi sono messo a
disposizione». In seguito al trafugamento della salma la famiglia Chaplin attraversò settimane durissime,
racconta il figlio di Charlot: «La pressione della polizia e dei media era enorme. Prima che la bara venisse
ritrovata e i ladri fossero presi ricevemmo molte minacce e non sapevamo con chi avevamo a che fare. Poi,
dopo l'arresto, la moglie di uno di loro chiese scusa a mia madre mandandole dei fiori... noi non abbiamo mai
voluto infierire, non ci siamo nemmeno costituiti parte civile perché speravamo che l'episodio venisse
dimenticato al più presto». LA REDENZIONE In Le rançom de la gloire è il circo a salvare uno dei
protagonisti che trova lavoro come clown: «È una metafora del cinema che può redimere le persone», dice
Beauvois. «Il film parla di un uomo che viene dal buio e poi conosce la luce». Conclude Eugene: «Papà lo
apprezzerebbe: in M. Verdoux in fondo ha dimostrato che si può sorridere anche di un feroce assassino».
Foto: Xavier Beauvois
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Beauvois e la bara di Chaplin: «Il mio film , omaggio a un poeta»
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
Pag. 27
(diffusione:210842, tiratura:295190)
La vita oscena: storia choc divide il Lido
IL PRODUTTORE SCAMARCIO: «NON ABBIAMO ANCORA UNA DISTRIBUZIONE» IL REGISTA : «LA
MIA SFIDA VISIVA»
Gloria Satta
L'ANTEPRIMA Biglietti esauriti in una giornata, spettatori in fila, Isabella Ferrari e Valeria Golino abbracciate
sul red carpet in nome dell'amicizia, del cinema d'autore e della comune passione per i gioielli Bulgari. E
Riccardo Scamarcio preso d'assalto dai fan urlanti. Alla fine la platea si è divisa (applausi, qualche fischio) e
l'intero cast è andato a far festa sulla spiaggia. La vita oscena , il film di Renato De Maria ispirato al romanzo
autobiografico di Aldo Nove (Einaudi) e presentato nella sezione Orizzonti, primo italiano della Mostra, ieri ha
messo a rumore il Lido. E nel giorno dell'anteprima c'è spazio anche per una polemica. «Siamo felicissimi di
essere a Venezia», dice Scamarcio, produttore con Gianluca De Marchi e Fabio Mazzoni, «ma non abbiamo
ancora una distribuzione malgrado il film sia costato solo 650mila euro e riunisca grandi nomi: a parte il
regista e lo scrittore, abbiamo l'interpretazione di Isabella Ferrari, la fotografia di Ciprì, il montaggio di Jacopo
Quadri, le musiche di Riccardo Sinigallia con deProducers. Il mercato italiano è dominato dalle commedie e
chi prova strade diverse ha la vita difficile». Lui però non demorde: con la società Buena Onda fondata con la
Golino, dopo Miele produrrà e interpreterà Pericle il nero , ispirato al fosco romanzo di Ferrandino (Adelphi)
con la regia di Mordini: è la storia di un uomo assoldato dalla camorra per punire i traditori. Con poche parole,
molta musica e un linguaggio "psichedelico", in La vita oscen a De Maria racconta invece la discesa agli inferi
del protagonista, un Aldo Nove giovanissimo che ha l'espressione stralunata e il corpo acerbo dell'attore
francese Clément Metayer (già visto in Qualcosa di nuovo di Assayas): dopo la morte dei genitori sprofonda
nella droga, nel sesso estremo e nell'autodistruzione. LA SFIDA «Il libro mi ha folgorato per la sua sincerità
assoluta», racconta il regista, «è una storia universale di formazione. La mia sfida è stato puntare su forma
visiva anticonvenzionale». Aggiunge Nove, che ha preso parte alla sceneggiatura: «Da tempo apprezzavo De
Maria: il suo Paz è, con Amarcord , uno dei miei film di culto. Ora è riuscito a trasformare la poesia scritta in
poesia visiva con un risultato di grande intensità. Storie come la mia sono abbastanza comuni, ma raramente
vengono raccontate...». Metayer, classe 1991, look neo-grunge ed espressione malinconica, è stato scelto
quando si sperava in un coproduttore francese. «I soldi a Parigi non li abbiamo trovati, ma lui è rimasto
perché mi ha conquistato con la sua espressività», racconta De Maria. «Per interpretare il mio ruolo», spiega
il giovane attore, «ho attinto alla mia esperienza personale: anche se non ho mai avuto istinti suicidi, ho perso
mio padre a dieci anni e come tanti adolescenti ho attraversato momenti di depressione». Isabella Ferrari
interpreta l'amatissima madre hippy che, nonostante la malattia, non rinuncia al sorriso, agli abiti colorati e
alla gioia di vivere. «Ho spronato io mio marito Renato a fare il film che sembrava irrealizzabile», racconta l'
attrice. «Il mio personaggio è un concentrato di emozioni e l'ho interpretato senza chiedere, per pudore,
istruzioni a Nove: penso che la ferita sia ancora aperta». DRAMMA Racconta invece un dramma sociale
contemporaneo Dearest di Peter Chan, passato ieri fuori concorso: il rapimento dei bambini nella Cina
proiettata verso lo sviluppo e la ricchezza. «Da almeno dieci anni è una piaga della nostra società in cui si ha
bisogno di un figlio per continuare la linea di sangue», spiega Chan, «per questo migliaia di bambini vengono
rapiti e adottati illegalmente da coppie sterili. Sono felice di essere riuscito a farne un film».
Album
Dal Libano con glamour Nadine Labaki sul red carpet per il film "La rançon de la Gloire"di Xavier Beauvois.
Attrice, sceneggiatrice e regista, è autrice anche di un film, "Caramel", presentato a Cannes nel 2006
Sfilano anche le Winx Le fatine Winx e il loro creatore Iginio Straffi, presidente e di Rainbow, hanno sfilato
sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia per festeggiare il nuovo film "Winx Club - Il mistero degli
abissi" in uscita il 4 settembre.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Presentato a "Orizzonti", il lavoro di De Maria ispirato al romanzo autobiografico di Aldo Nove: una vicenda
estrema di sesso e autodistruzione, con Metayer, Valeria Golino, Isabella Ferrari
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
Pag. 27
(diffusione:210842, tiratura:295190)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La Roma pro Favino Domani verrà presentato il film Senza nessuna pietà di Pierfrancesco Favino e la
Roma, la sua squadra del cuore, ha voluto fargli un in "bocca al lupo". Ecco Daniele De Rossi con la t shirt
dedicata all'attore romano e romanista.
La madrina anti-lucchetti «Basta lucchetti dell'amore nei ponti veneziani». Il ministro Franceschini e la
madrina della Mostra Luisa Ranieri hanno aderito alla campagna lanciata dallo scrittore Alberto Toso Fei.
Foto: LA COPPIA Scamarcio & Golino, produttori del film in cui recita lei
Foto: SCANDALO Clément Metayer e Isabella Ferrari in una scena del film di Renato De Maria accolto da
applausi ma anche da fischi, storia di sesso estremo tratto dal romanzo di Nove
29/08/2014
Avvenire - Ed. Nazionale
Pag. 22
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«La mia Teheran vista dai giovani»
Intervista all' attore protagonista di "Melbourne" di Havidi e di "Storie"
EMANUELA GENOVESE
Futuro senza coscienza. Coscienza senza futuro. Diretto dall'esordiente iraniano Nima Havidi, Melbourne , il
film fuori concorso che inaugura a la 29ma Settimana della Critica, è una storia avvincente che crea, nel giro
di pochi minuti, un'atmosfera tesa capace di togliere il fiato. Eppure ci troviamo in un appartamento di un
quartiere di Teheran dove Amir e Sara, una giovane coppia sposata, stanno organizzando la loro partenza
per Melbourne. Un viaggio che dura tre anni per perfezionare i propri studi. In questo appartamento spoglio,
Amir si accorge che la neonata, affidatagli dalla babysitter del vicino che ha finito il suo turno, non respira più.
Ogni parola, ogni decisione non ha più la leggerezza di una partenza verso un futuro migliore e diverso.
Girato quasi interamente in un unico spazio senza salti temporali, Melbourne ha come protagonisti due grandi
attori del cinema iraniano, Negar Javaherian e Payman Maadi, insieme a Venezia anche per Storie , pellicola
iraniana in competizione per il Leone d'oro. Maadi, apprezzato in Italia per il suo ruolo da protagonista in Una
separazione di Asghar Farhadi, Oscar per il miglior film straniero, si racconta ad Avvenire . Maadi, cosa l'ha
colpita di più durante le riprese di "Melbourne"? «Scelgo pochi progetti e solo quelli in cui posso mettermi alla
prova. Melbourne era uno di questi e in più era diretto da Nima Havidi, un esordiente. In due mesi di riprese
abbiamo lavorato molto per poter creare emozioni vere. La scelta di una scenografia povera ha aiutato noi
attori a cercare la verità dei nostri personaggi». "Melbourne" e "Tales", i due film iraniani presentati ieri a
Venezia, sembrano parlare della paura del futuro in Iran. «Il futuro è un tema centrale di Melbourne : la scelta
è tra la propria responsabilità e un futuro nella migliore città del mondo. Due domande attraversano il film:
Cosa è morale? Cosa è umano? Anche in Storie , il film diretto da una delle registi più talentuose del nostro
Paese, Rakhshan Banietemad, si focalizza su una questione centrale e universale: come possiamo occuparci
dell'altro? L'amore è capace di superare le difficoltà? Io comunque vedo speranza nel futuro del mio Paese».
Da pochi mesi lei ha ritirato un premio in Italia per "Snow on Pines", il suo esordio come regista. Vorrebbe
continuare a dirigere pellicole? «Sto scrivendo il mio secondo film che girerò l'anno prossimo. Ho iniziato la
carriera nel cinema come sceneggiatore. Nel 2008 ho conosciuto Asghar Farhadi, il regista di Una
separazione , durante la proiezione di un mio cortometraggio. Gli era piaciuto e dopo due mesi mi ha
mandato la sceneggiatura di About Elly , chiedendomi se volevo avere un ruolo da attore. Fino a quel
momento avevo rifiutato proposte come interprete perché la vita è breve e non amo girare film solo per stare
sul set».
Foto: Maadi nel film
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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AGORÀ spettacoli/ Parla la star Maadi
29/08/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 15
(diffusione:24728, tiratura:83923)
«Melbourne», assedio familiare via skype
Un colloquio di lavoro in Australia, un neonato in affido nel film d'esordio di Nima Javidi
s.s
VENEZIA
Inquadrato tra l'arrivo e la partenza i un taxi, Melbourne di Nima Javidi è il primo film d'esordio presentato
dalla Settimana della Critica. Le generazioni di cinema iraniano si susseguono, con la caratteristica di un
livello sempre alto di realizzazione e questo non fa eccezione, anzi ci porta una visione nuova della realtà
iraniana soprattutto perché il racconto si fa geometrico, astratto. Un calcolo di sceneggiatura abbastanza
vicino allo stile del protagonista, un giovane ingegnere chiamato per un colloquio di lavoro a Melbourne, dove
si sta trasferendo per alcuni mesi con la moglie Sara (Negar Javaherian). Lo interpreta Payam Maadi un
attore ormai famoso anche internazionalmente dopo il premio Oscar a Una separazione, nato a New York da
famiglia iraniana ed effettivamente laureato in ingegneria. Regalando alla figura di Amir quelle sfumature di
apparente solidità, incertezza, pavidità, gentile irresolutezza e scoramento controllato che abbiamo già notato
nei personaggi maschili di alcuni film della nuova generazione. I due hanno preparato le valigie, stanno
aspettando il rigattiere perché venga a ritirare i mobili che gli hanno venduto, scherzano su skype con un
amico.
Solo fanno attenzione a non svegliare il neonato che la babysitter del vicino ha lasciato nella loro casa per un
impegno urgente da sbrigare fuori. Un quadretto familiare che promette novità piacevoli per la coppia. Ma già
un indizio è seminato, con l'arrivo dell'addetta all'anagrafe che sta controllando gli abitanti del condominio,
prima presenza esterna che si intromette nella loro vita, indizio di catalogazione. Come fosse un controcampo
dei film iraniani ambientati per le strade (e in particolare pensiamo al film in concorso Tales di cui parliamo qui
accanto e che espone numerosi spaccati di vita), qui tutto avviene tra le mura dell'appartamento che si
trasforma un po' alla volta e sempre più convulsamente in una cittadella assediata, colpita come da proiettili
dagli squilli dei cellulari, del telefono fisso, del videocitofono, dello schermo del computer, tutte «armi di
distrazione di massa» moderne che qui giocano un ruolo chiave. Come dicono gli sceneggiatori, in un film
deve esserci il «deragliamento del treno»: in questo caso il momento culminante è segnato dal fatto che Amir
si accorge che il neonato che dormiva sul lettone non respira più, è sicuramente morto. Entra in scena il
thriller dotato di una interessante connotazione che unisce due tipici elementi cari al cinema iraniano: il senso
di panico che deve crescere nello spettatore e la catalogazione della società.
Poiché i personaggi sono chiusi in trappola nell'appartamento non riuscendo a prendere una decisione su
come risolvere il drammatico evento, è la società intera ad affacciarsi via via alla porta, sotto forma di vicini,
rigattieri e ragazzi di bottega, padroni di casa, madri, sorelle, nipotini. Sotto forma di squilli ossessivi di
cellulari che incrociano e moltiplicano le visite. Protettivamente Amir fa in modo che la moglie resti il più
possibile chiusa nella camera da letto per evitare di dover interagire con il padre del neonato (dietro cui si
indovina una oscura storia parallela) ma poi non è in grado di prendere alcuna decisione in merito.
Procrastina, depista. Che fare? Certo non sveleremo l'intreccio, possiamo solo dire che si tratta di un
fantastico congegno, un esordio eccellente.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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SETTIMANA DELLA CRITICA
29/08/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 15
(diffusione:24728, tiratura:83923)
Charlot e i soliti ignoti
In gara anche l'iraniano «Ghessha» di Rakhshan Bani-Etemad, un viaggio nel disagio per le strade di Tehran
Silvana Silvestri VENEZIA
VENEZIA
Lo spirito di Chaplin e dei Soliti ignoti arriva alla Mostra con La Rançon de la gloire (Il riscatto della gloria) di
Xavier Beauvois, l'assistente di Manoel de Oliveira, regista di Nord, Le petit lieutenant, Uomini di Dio.
Lungometraggio francese di coproduzione svizzero belga ha tra i suoi sostenitori i fratelli Dardenne oltre che
il figlio in persona di Charlot, Eugène. Dalla memoria emerge il fatto di cronaca raccontato nel film, il furto
della bara di Chaplin a scopo di riscatto, avvenuta nel 1977 pochi giorni dopo la sua morte, ma certo in quegli
anni c'erano ben altre notizie da seguire.
Eddy (Benoit Poelvoorde) esce dal carcere accolto dal vecchio amico Osman che lo ospita nella roulotte
vicino alla sua baracca pur disapprovando la sua condotta, poiché un tempo, quando arrivò dall'Algeria come
clandestino fu lui a salvargli la vita. Osman (Roschdy Zem l'attore di L'autre coté de la mer di Dominique
Cabrera, miglior attore a Cannes per Indigènes di Rachid Bouchareb) fa il manovale occasionale, alleva una
figlia con scrupolosa attenzione mentre la moglie si trova in ospedale per una malformazione all'anca che
dovrà operare. Eddy non ha lavoro, è fantasioso e scanzonato e prende a cuore il problema dell'amico,
trovare i cinquantamila franchi per l'operazione della moglie. Dalla televisione che si è procurata chissà come,
apprendono la notizia della morte dell'attore avvenuta a due passi dalla baracca, nella villa di Vevey sul lago
di Ginevra, e la straordinaria ricchezza del defunto mette in moto la mente di Eddy, già ben allenata in
carcere. I suoi amici calabresi già lo facevano, quindi perché non tentare? Infatti dopo la risposta negativa
della banca in una scena che ricorda Benigni alle prese con il direttore della filiale, a quale amico ricco ci si
può rivolgere? Proprio a Charlot che era amico dei poveri, dei diseredati e dei senzatetto, solo lui può
aiutarli..
Il piano è pronto e l'intreccio è costruito sulla distanza caratteriale dei due protagonisti, la comicità di
Poelvoorde in evidenza rispetto alla serietà dignitosa messa a dura prova di Zem, la totale incapacità a
procedere nel piano (in francese si direbbe che sono «pieds nickelés», proprio come il titolo di una rivista che
usciva negli anni Settanta. Più la solerte attenzione del segretario dell' attore, Peter Coyote in gran forma (nel
cast Chiara Mastroianni è una bella circense, non mancano le luci della ribalta e la regista Nadine Labaki Caramel - la moglie). Una commedia un pizzico nera, appena appena di denuncia, molto più giocata sui toni
del divertimento, della recitazione, un occhio alla commedia all'italiana. Eugène Chaplin che è stato
fondamentale per la realizzazione (nel film ci sono anche brani di Charlot) ha detto: «All'inizio non vedevo
cosa ci fosse di tanto buffo nel rubare una bara, poi ho visto il talento e ho detto: perché no?».
Con il secondo film in concorso della giornata ritorniamo al cinema iraniano: Ghessha (Tales, racconti) di
Rakhshan Bani-Etemad, la «signora del cinema iraniano» è un viaggio a incastro per le strade di Tehran
dove con ritmo sostenuto si alternano diverse storie caratterizzate dalla povertà, dal disagio, dai problemi
spesso irrisolvibili.
Come in un film a episodi entrano ed escono dal campo pensionati disperati ma indomiti, operai disoccupati
per la chiusura delle fabbriche, burocrati inetti, ragazze drogate, donne picchiate, giovani problematici cacciati
dall'università per aver manifestato, tassisti occasionali E anche un cineasta che cerca di riprendere un po'
tutto, quando non gli sequestrano la camera (film realizzato grazie alla famiglia cinematografica iraniana, c'è
scritto nei titoli). Bani-Etemad è stata la prima cineasta iraniana, destinata dapprima all'insegnamento, ma
dopo studi di cinema e il lavoro in televisione, premiata nel '91 come miglior regista iraniana per Nargess,
premiata a Mosca per Under the Skin of the City e prima regista ad aver affrontato il tema della guerra IranIraq. Anche in Ghessha le sue due tematiche principali, i problemi sociali, la povertà causata ora dalla
disoccupazione e dai prezzi aumentati del 40% e il ruolo fondamentale della donna nella società emergono in
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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CONCORSO Il furto della bara dell' attore nel film di Xavier Beauvois
29/08/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 15
(diffusione:24728, tiratura:83923)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
primo piano: proprio dalla platea veneziana la regista lancia un appello perché venga tolto l'embargo al suo
paese.
Nel film vediamo centri di accoglienza che accolgono donne da proteggere da mariti violenti, eroinomani da
disintossicare (sono centri per uomini e donne che ci sono in tutto il paese, dice, per fronteggiare le
emergenze e portare aiuto al popolo) e soprattutto donne di tutte le età che si fanno carico oltre che dei
problemi sociali, anche di quelli familiari, spesso oggi le uniche a portare a casa un salario. «La posizione di
emancipazione della donna nella società iraniana resiste», sottolinea la regista, «nel processo di istruzione,
vita sociale e politica è comunque vincente. Ci sono due realtà parallele: da una parte le difficoltà che
incontra, dall'altra la sua resistenza».
Il film racconta in maniera fluida la molteplicità di queste vicende, proprio come in un libro di racconti, con la
consistenza di un tessuto inestricabile. E torna come interprete della nuova generazione problematica
Peyman Moaadi in una intensa scena finale che sintetizza la sensazione che proviamo attraverso questa
cinematografia di un paese che si arrovella in maniera dialettica senza poter trovare soluzioni concrete.
Intanto Ghessha è stato realizzato dopo una lunga preparazione, in soli 17 giorni e la regista sa già che sarà
distribuito nelle sale, il vero problema dei registi iraniani. «Altrimenti», dice con sicurezza, «i miei film non li
farei partecipare ai festival».
Foto: «LA RANCON DE LA GLOIRE» DI XAVIER BEAUVOIS, SOTTO «GHESSHA» DI RAKHSHAN BANIETEMAD
29/08/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 14
(diffusione:24728, tiratura:83923)
Se in «The Act of Killing» i protagonisti erano i massacratori, qui sono le vittime come Adi il cui fratello è stato
assassinato dai paramilitari del villaggio con ferocia Il paese non ha mai aperto una discussione sui crimini,
non c'è mai stato il riconoscimento delle responsabilità
Cristina Piccino VENEZIA
VENEZIA
«Se abbiamo ucciso i comunisti è perché l'America ci ha insegnato a odiarli». Indonesia 1965, Sukarto, primo
presidente dopo la dichiarazione di indipendenza del paese dal colonialismo olandese, viene rovesciato dal
colpo di stato militare guidato dal generale Suharno. Quell'area dell'Asia era troppo ricca e troppo importante
per lasciarla a chi voleva ripartire le risorse in modo più equo, impedendo a pochi di saccheggiarla in accordo
con le multinazionali del tempo, come la Good Year.
Il Partito comunista indonesiano, che allora era uno dei più forti al mondo viene messo subito fuori legge e
accusato di avere ucciso sei generali, cosa che scatena il massacro: un milione di persone, contadini,
intellettuali, sindacalisti, soci delle cooperative della terra, ma anche i cinesi, componente etnica sgradita
nella società indonesiana vengono uccise in meno di un anno dall'esercito e dai paramilitari che hanno mano
libera a ogni atrocità. Di questo genocidio dimenticato dalle Storie ufficiali, anche perché i governi e i media
occidentali ne furono complici, Stati uniti in testa, che applaudirono gli omicidi pubblicamente - Joshua
Oppenheimer, regista di Austin, Texas, che vive e lavora in Danimarca, aveva fatto il cuore del suo lavoro
precedente, The Act of Killing. Sulla scelta del punto di vista, e della posizione del cineasta espressa in quel
film, si possono avere dei dubbi, gli si può forse «rimproverare» di non avere controllato i suoi «personaggi»:
lì i protagonisti sono i massacratori, uno in particolare, capo degli squadroni della morte, Anwar Congo, che
davanti alla macchina da presa mette in scena i suoi omicidi come se fosse l'eroe di un gangster movie. Le
«vittime» invece rimangono fuori dall'inquadratura, è una scelta precisa, non c'è un campo/controcampo
come accade nei film del regista cambogiano Rithy Pahn, il quale però a differenza di Oppenheimer, è stato
«vittima» lui stesso dello sterminio di cambogiani compiuto dal regime di Pol Pot.
The Act of Killing però in Indonesia ha scoperto il tabù del genocidio costringendo a guardarlo in faccia, e a
parlarne, a ricordare pubblicamente. L'Indonesia infatti a differenza di altri paesi, come ad esempio il
Rwanda, o l'Argentina pensando alla dittatura militare, non ha mai aperto una discussione sui crimini, e
soprattutto non è mai stato formalizzato a livello istituzionale un «riconoscimento» delle responsabilità,
perché al potere ci sono sempre, seppure sotto altre forme, coloro che li hanno compiuti. Questo rende la
posizione delle vittime ancora più dura. Non solo: i familiari dei comunisti sono stati emarginati, privati dei loro
diritti, e ancora oggi a scuola ai bambini si insegna che i comunisti erano mostri pericolosi, e chi ne aveva uno
in famiglia deve vergognarsi.
Ecco allora che The Look of Silence, il nuovo film di Oppenheimer (prodotto ancora da Errol Morris e Werner
Herzog, splendida scelta di concorso), è ancora più destabilizzante. Perché stavolta chi parla, e «provoca»
con la pacatezza composta delle sue domande è una «vittima», Adi, il cui fratello è stato ucciso dai
paramilitari del villaggio in modo orrendo - lo hanno sventrato e poi gli hanno tagliato il pene - e poi gettato
nello Snake River, con decine di migliaia di altre persone, al punto che come dicono i due assassini, per tanto
tempo nessuno mangiò più pesce né molluschi. Adi è un oculista, va in giro a controllare con i suoi
apparecchi la vista della gente, e intanto pone domande, cercando di dare uno sguardo a quel silenzio che
avvolge i fatti, alla paura di chi è sopravvissuto o dei parenti di chi è morto che temono di ripiombare in
quell'orrore, e le parole di un politico locale, al potere da oltre quarant'anni, non ne sono che la conferma.
Come fa parlare con quelli a cui ha ucciso i familiari chiede Adi, E l'uomo si arrabbia, accusa lui e il regista di
voler riaprire una ferita, di sollevare delle proteste, rischiando così che quanto è successo nel 1965 accada di
nuovo.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Il silenzio colpevole degli innocenti
29/08/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 14
(diffusione:24728, tiratura:83923)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Oppenheimer utilizza una forma visuale spogliata dalle incursioni surreali del precedente, vicino al suo
personaggio, Adi, di cui cattura frammenti di vita quotidiana coi figlioletti, i loro giochi, gli scherzi della più
piccola, il disorientamento del ragazzino quando ascolta le lezioni a scuola. La tensione con la moglie,
spaventata dagli incontri con gli assassini, e soprattutto la relazione tra Adi e la madre, che con chi ha
ammazzato il figlio ha smesso allora di parlare, vive isolata, conosce uno a uno i carnefici ma tutto è rimasto
sotto silenzio. Persino suo fratello era una guardia nel carcere dove il ragazzo, Ramli, era stato rinchiuso
prima di essere ammazzato, lei dice che non lo sapeva, poi il volto si chiude. Lo zio invece alle domande di
Adi si irrigidisce: obbedivo agli ordini risponde, cosa potevo fare?
Adi però non è un super eroe, non sbraita, non grida, non accusa: pone delle questioni sostanziali che
riguardano la vita comune, perciò il Paese, e quella necessità di affrontare il passato per superarlo, che non
vuol dire dimenticare ma comprendere insieme, cosa che spaventa le classi di potere ma anche chi, come i
figli dei massacratori, non sapeva o ha fatto finta di nulla e all'improvviso è costretto a questo confronto
Man mano che Adi procede coi suoi incontri, e con le sue domande, è come se anche il regista interrogasse
le sue stesse immagini. Adi guarda i materiali girati da Oppenheimer anni prima, in cui gli assassini
raccontano come hanno ammazzato il fratello, Ramli, che è anche la sola vittima «ufficiale», perché è riuscito
a fuggire ferito. Tornando sugli stessi luoghi, anche la posizione di Oppenheimer cambia, non è più colui che
ascolta i racconti degli orrori, e li filma, ma è qualcuno che li mostra perché ne nasca una consapevolezza
collettiva. C'è un passaggio molto bello, in cui Adi va a casa di uno degli assassini del fratello, e chiede
perché, come è stato possibile, come riescono a fare finta di nulla. L'uomo è morto, la moglie è vecchia, i figli
prima sono imbarazzati, poi diventano aggressivi: Joshua ti abbiamo accolto ma ora non sei più il benvenuto
a casa nostra dicono quando Oppenheimer mostra le immagini in cui il padre si vanta, contraddicendo i
dinieghi, quel loro non sappiamo nulla. «Stiamo parlando di politica» chiedono increduli, perché quei morti
nella percezione collettiva continuano a essere giustificati come necessari per salvare l'Indonesia. Possono
dirlo però al fratello di uno di loro?
Non è il semplice contrappunto tra un film dei «carnefici» (The Act of Killing) e il film delle «vittime» anche
perché, e questa è la sua grandezza, The look of Silence non è un film sulle vittime. È piuttosto una sfida al
silenzio che unisce Adi e Oppenheimer - entrambi lavorano con gli occhi - nel rendere visibile l'invisibile. Non
è questa anche la potenza del cinema?
Joshua Oppenheimer torna con «The Look of Silence», in gara, sul terribile genocidio in Indonesia, Quando
il dittatore Suharno e i suoi sgherri uccisero un milione di comunisti: contadini, intellettuali, sindacalisti, soci
delle cooperative della terra e anche cinesi, componente etnica sgradita. Un massacro dimenticato delle
Storie ufficiali
29/08/2014
Il Gazzettino - Ed. Nazionale
Pag. 29
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Grande Guerra, il fango e la gloria
Diretto da Leonardo Tiberi, il film fa interagire la fiction con immagini di repertorio attualizzate con colore e
sonoro
Daniela Ghio Standing ovation per il film "Fango e gloria" di Leonardo Tiberi, con cui la Regione Veneto ha
aperto ufficialmente ieri al Teatro Goldoni di Venezia le celebrazioni del centenario della Grande Guerra, alla
presenza del ministro della Difesa Roberta Pinotti e delle più alte cariche militari dello Stato. Quelle del film
sono immagini decisamente forti: è la guerra vera, con le trincee, il sangue, il fango, i milioni di morti e
dispersi. Ma è anche una fiction a colori con le storie, gli amori e i sogni di due ragazzi e di una ragazza
perduti nel disastro che sconvolse il mondo tra il 1914 e il 1918. Prodotto col sostegno della Regione del
Veneto da Maurizio e Manuel Tedesco per Baires Produzioni, in collaborazione con Istituto Luce - Cinecittà,
"Fango e gloria" (presentato a latere della mostra del Cinema) è un'operazione culturale e tecnica sofisticata
prima ancora che un film sul conflitto. Nelle sale arriverà il prossimo ottobre, mentre in tv lo vedremo su Rai
Uno, ma certamente sarà molto utilizzato in tutte le c e l e b r a z i o n i del centenario. "Il film è costruito con
fiction e filmati di repertorio - ha spiegato il regista Tiberi - che interagiscono continuamente tra loro, al punto
che il repertorio non rappresenta più, com'è prassi, solo e unicamente il passato, l'inoppugnabile
testimonianza dell'accaduto, ma entra ed esce dalla ricostruzione di fantasia sostanziandola del pathos della
realtà e imprimendole il marchio della verosimiglianza. I personaggi stessi migrano dal girato al repertorio LA
LOCANDINA Il film è stato girato sul Baldo. Sopra la presentazione col ministro Pinotti, Rodrigo Cipriani (Ist.
Luce) e l'assessore Zorzato e viceversa. Per realizzare tutto questo mi sono posto come primo obiettivo
quello di "attualizzare" i filmati storici, colorandoli e sonorizzandoli, per farli vedere soprattutto ai giovani che
non conoscono la Grande Guerra". "Voglio ricordare questa giornata - ha detto il ministro Pinotti - La memoria
è fondamentale per capire il nostro futuro: è importantissimo trasmettere tutto il nostro vissuto e i valori
fondamentali alle giovani generazioni. Per questo il 4 novembre, giornata delle forze armate, oltre alle
tradizionali celebrazioni proporremo che il film verrà proiettato nelle scuole". "Abbiamo deciso di aprire i
quattro anni di celebrazioni del centenario della Grande Guerra ha spiegato Marino Zorzato, vice presidente
della Regione Veneto e assessore alla cultura - con una iniziativa che guarda al futuro per offrire una
riflessione su un momento importante della storia d'Italia e allo stesso tempo le trasformazioni che ha subito il
nostro Veneto, i nostri valori e le prospettive future".
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
VENEZIA IL CENTENARIO Presentata, con l'intervento del ministro Pinotti, la pellicola con cui la Regione
Veneto apre le iniziative sul conflitto
29/08/2014
Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale
Pag. 48
(diffusione:44247, tiratura:212000)
Indonesia, il genocidio nelle voci delle vittime
Indonesia, il genocidio
nelle voci delle vittime
Convince "The look of silence" dello statunitense Oppenheimer
di Beatrice Fiorentino wVENEZIA Seconda giornata in assenza di "big" alla Mostra di Venezia, non per
questo più povera di cinema. Alla conferenza stampa di apertura, due giorni fa, il direttore Alberto Barbera,
convinto dell'impronta data alla presente edizione, aveva già espresso la sua ferma intenzione di sottrarsi a
qualsiasi polemica, riferendosi in particolare all'assenza dei "grandi" David Fincher e Paul Thomas Anderson
che hanno preferito prendere altre direzioni, ma chiamandosi fuori anche da qualsiasi paragone con gli altri
festival in termini di anteprime e di divi in passerella. «Non si tratta di mostrare i muscoli e fare a gara a chi
presenta più anteprime mondiali - dichiarava -, il nostro compito è quello di proporre buon cinema». Va dato
atto a Barbera e ai suoi selezionatori di aver riconosciuto il merito dell'ottimo film, visto ieri in concorso, "The
look of silence". Il regista statunitense Joshua Oppenheimer, aveva già lasciato a bocca aperta con il suo
precedente "The act of killing", per il quale è stato nominato all'Oscar come miglior documentario. Nel suo
coraggioso film affrontava con spietata lucidità il genocidio avvenuto nell'Indonesia di Suharto tra il 1965 e il
1966, che ha visto sterminate in maniera atroce e del tutto arbitraria oltre un milione di persone accusate di
comunismo. Qui Oppenheimer riparte dagli stessi luoghi per tornare ancora sullo stesso tema, convinto che
quella storia non si fosse esaurita nel suo precedente film. Dopo aver quindi sentito le voci dei carnefici, che
con dovizia di particolari raccontavano gli orrori di quella mattanza, Oppenheimer offre stavolta l'altra faccia
della medaglia, raccogliendo la testimonianza delle vittime di quella barbarie passata sotto silenzio. In
particolare il regista sceglie lo sguardo di Adi Rukun, il cui fratello è stato trascinato via dallo squadrone della
morte per seviziarlo fino a ucciderlo e gettarlo nello Snake River, dove ogni notte scorrevano i cadaveri dei
dissidenti. Il lavoro di Oppenheimer svela quel mondo atroce con mano delicata, senza esibizionismo visivo di
alcun genere. "L'anatomia di un genocidio" che descrive è semmai agghiacciante nella sua pretesa
oggettività. Adi Rukun visita le case degli aguzzini, oggi anziani malfermi, con il semplice intento di parlare.
Parlare di qualcosa che non deve tassativamente essere dimenticato o rimosso. Non desidera vendetta Adi,
né si esprime in tono d'accusa. Ciò che invece pretenderebbe (perché doverosa) è un'ammissione di
responsabilità, processo necessario per poter un giorno arrivare a una condizione di convivenza non
condizionata dalla paura. «Viviamo in un'unica comunità - dichiara - e vorrei che finisse il risentimento tra
vittime e carnefici. Questo lavoro non può guarire le ferite inferte alla mia famiglia, non può cancellare il
trauma, ma i miei figli forse avranno la possibilità di migliorare le cose». «Il governo indonesiano - spiega il
regista - non è consapevole di questo film, come non lo era di "The act of killing" visto clandestinamente da
milioni di persone in Indonesia. Ma si è aperto un dibattito e quando il film fu candidato all'Oscar, lo stesso
governo che aveva fatto di tutto per ignorarlo, ammise gli errori del passato auspicando una riconciliazione
che tuttavia sarebbe arrivata con tempi propri». Girare questo film è stato rischioso. I titoli di coda elencano
una lunga serie di "anonimi" per non comprometterne la sicurezza, mentre Oppenheimer, oggi, è "persona
non gradita" in Indonesia. «Mi ha catturato - ammette - non riesco a lasciar andare quel luogo che mi è così
familiare. Ma adesso sono pronto a lasciarlo andare, anche se mi mancherà. Cercherò di approfondire le
stesse modalità di racconto utilizzate finora, affrontando nuovi temi». Per alleggerire il tono la mattinata di ieri
si è inaugurata con la commedia francese (ma di chiara "ispirazione italiana") di Xavier Beauvois "La rançon
de la gloire", ispirato a fatti realmente accaduti nel 1977, quando due "poveri diavoli", oppressi dalla
mancanza di prospettive, trafugarono la salma di Charlie Chaplin, appena scomparso, per chiederne un
riscatto. «L'idea non è quella di tracciare in maniera verosimile la triste epopea dei due amici - dichiara il
regista - né di documentare un evento in fondo trascurabile, ma piuttosto di scivolare verso una commedia
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Indonesia, il genocidio nelle voci delle vittime Convince "The look of silence" dello statunitense Oppenheimer
29/08/2014
Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale
Pag. 48
(diffusione:44247, tiratura:212000)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
agrodolce, un film sia buffo che commovente». L'occasione diventa anche opportunità di rivolgere un
affettuoso omaggio al grande Chaplin, a cui il regista dedica diverse citazioni: dalla musica di Legrand che
riprende il tema di "Luci della ribalta", alla trasformazione del personaggio Eddy in una sorta di "Calvero",
mentre si trucca davanti allo specchio. L'Iran è il terzo protagonista della giornata. In concorso il film "Tales Storie" della regista Rakhshan Banietemad, e alla Settimana della Critica l'opera prima del giovane Nima
Javidi "Melbourne", accomunati dalla presenza nel cast di Payman Maadi (protagonista del film premio Oscar
"Una separazione") e Negar Javaherian. Nel primo una serie di personaggi, soprattutto femminili, si passano
il testimone per descrivere l'Iran di oggi, tra difficoltà e coraggio, mentre il secondo racconta la storia di Amir e
Sara, una giovane coppia che, sul punto di partire per l'Australia, a poche ore dal volo viene
involontariamente coinvolta in un tragico evento. «Un film drammatico al tempo stesso teso come un thriller descrive Francesco Di Pace, delegato generale della Sic - in cui la menzogna e il senso di colpa rischiano di
segnare il destino di due esseri umani in procinto di cambiare radicalmente la propria vita: un'opera che ci ha
ricordato il cinema di Asghar Farhadi, nel migliore dei suoi significati». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
29/08/2014
Il Tirreno - Ed. Nazionale
Pag. 47
(diffusione:80832, tiratura:102004)
La "prima volta" di Crestacci a Venezia
La "prima volta" di Crestacci a Venezia
Protagonista con Matteo Creatini in Short skin alla Biennale College Cinema: «Sono emozionato»
di Virginia Tonfoni wLIVORNO Da due anni il Festival del Cinema di Venezia offre la possibilità a 3 giovani
autori di lavorare con professionisti del settore cinematografico e girare il proprio film. L'iniziativa si chiama
Biennale College Cinema ed è rivolta a registi e produttori in erba che vogliano presentare un progetto di
lungometraggio e vincere 150.000 euro per realizzarlo. Tra i 12 progetti selezionati ne vengono scelti 3: tra i
vincitori di quest'anno, un regista toscano, Duccio Chiarini, che domani siederà nella sala Casinò del Pala
Lido dove alle 17.30 il suo lungometraggio "Short skin" verrà presentato al pubblico della Mostra del Cinema.
Il film racconta la storia di un adolescente alle prese con le prime esperienze sessuali. «La storia nasce dai
ricordi adolescenziali. Ho cercato di recuperare e trasmettere quella sensazione di fragilità rispetto agli altri,
tipica di chi non ha ancora provato qualcosa, in questo caso il sesso, ed è ossessionato dal pensiero che gli
altri siano più esperti», spiega Chiarini. Già vincitore nel 2012 del premio Miglior documentario del Sindacato
Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani e del Premio del Pubblico al 52° Festival dei Popoli con "Hit the
road, Nonna", Chiarini è fiorentino, ma dopo una laurea in legge si è trasferito a Londra, dove ha vissuto per
5 anni e dove si è diplomato alla London Film School. Qui ha conosciuto il produttore iraniano Babak Jalali.
«È stato con Babak che abbiamo iniziato a parlare del progetto, sapevamo che sarebbe stato un film a basso
budget e invece di aspettare finanziamenti che spesso non arrivano, abbiamo deciso di candidarci al
Biennale College Cinema». Insieme hanno creato una piccola società per produrre il progetto, la Règle du
jou, e si è dimostrata la giusta intuizione. C'è molta aspettativa per questa prima opera di fiction di Chiarini,
soprattutto in Toscana: il film è stato interamente girato a Forte dei Marmi e vanta nel cast due giovanissimi
livornesi Matteo Creatini (di Rosignano) che interpreta Edoardo, il protagonista, e Nicola Nocchi, il suo amico.
Inoltre tra gli interpreti adulti, spicca un livornese ben più conosciuto, Michele Crestacci, nella ruolo del padre
di Edoardo. «Andrò a Venezia per la proiezione di sabato (domani ndr), e devo confessare che non sto nella
pelle - dice Crestacci - Nel cast c'è anche Bianca Nappi, unica interprete femminile adulta, già attrice di
Ferzan Ozpetek, un'artista strabiliante, che mi è stata di grande aiuto in quella che è la mia prima esperienza
cinematografica. Anche con il resto del cast c'è stata una grande intesa, e forse è anche per questo che
l'emozione è davvero moltissima». La proiezione sarà visibile in streaming, a 4 euro
(http://www.labiennale.org/it/cinema/collegecinema/).
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
La "prima volta" di Crestacci a Venezia Protagonista con Matteo Creatini in Short skin alla Biennale College
Cinema : «Sono emozionato»
29/08/2014
La Gazzetta Del Mezzogiorno - Bari
Pag. 54
(diffusione:48275, tiratura:63756)
Oggi il film di animazione di Rak, «L'arte della felicità»
. FA N TA S I A AL POTERE Una sequenza del film « L'arte della felicità» che sarà proiettato oggi nel festival
Imaginaria di Conversano di LIVIO COSTARELLA Si avvia alla conclusione, con il quarto giorno di
programmazione (domani il quinto e ultimo), la dodicesima edizione di Imaginaria Film Festival: dal 26
agosto, infatti, il ricco cartellone con anteprime regionali, incontri speciali e le nuove avanguardie dell'ani
mazione, proposto dal direttore artistico Luigi Iovane (organizzatore del festival con il Circolo del Cinema
Atalante), sta offrendo un programma molto stimolante, per quello che è senza dubbio il più importante
festival pugliese dedicato al cinema d'anima zione internazionale. Con qualche novità: da quest'anno sono
presenti anche il mondo dell'illustrazione e del fumetto d'a u t o re. L'Imaginaria Film Festival si sta svolgendo
a Conversano, nel complesso monastico di San Benedetto situato nel centro storico, ed oggi e domani
sparerà le ultime cartucce con importanti ospiti d'autore: si parte alle 18,30, oggi, nella Sala Conferenze del
Monastero di San Benedetto, con il regista napoletano Alessandro Rak . L'iniziativa è parte del progetto
«Testimonianze», sostenuto dal programma diLaboratori dal Bassodella Regione Puglia. Grazie alla Mad
Entertainment, Rak ha realizzato nel 2013 il film L'arte della fe l i c i t à , il primo caso di film italiano
d'animazione pensato e prodotto per un pubblico adulto. Dietro alla creatività di Rak c'è l'iniziativa di una
manifestazione culturale che ha contribuito alla rinascita del movimento creativo napoletano includendo
disegnatori, animatori, esperti di 3D, musicisti e informatici: il nome del laboratorio-simposio è curiosamente
lo stesso del film, « L'arte della felicità». Il film è stato la ciliegina sulla torta, la summa dell'espe rienza della
Mad Entertainment, prima factory napoletana della musica, dell'anima zione e del documentario. Una realtà
dalle molteplici anime, che si muove da pioniere per diffondere il cinema animato alla conquista di un mercato
in Italia finora poco esplorato. All'interno di Imaginaria, il regista napoletano potrà testimoniare non solo il
«case history» di successo del film, ma anche spiegare il fenomeno dell'evoluzione della giovane factory
napoletana, fucina di giovani talenti e di nuove idee per l'i n n ova z i o n e nel mondo dell'arte e della
creatività made in Italy. Dopo i cortometraggi in concorso, proiettati nel Chiostro di San Benedetto a partire
dalle 21,30 (saranno 15 oggi), alle 23 sarà proiettato L'arte della felicità : nel film, sotto un cielo plumbeo, tra i
presagi apocalittici di una Napoli all'apice del suo degrado, il tassista Sergio riceve una notizia che lo
sconvolgerà e niente potrà più essere come prima. Domani, dopo gli ultimi cortometraggi in concorso,
proiettati dalle 21, la chicca sarà la proiezione in anteprima regionale di Mr Hublot , premio Oscar 2014 per
l'animazione; tra gli eventi speciali domani ci sarà anche un omaggio speciale al grande Hayao Miyazaki,
mentre alle 00,30 scatterà il party di chiusura del festival. Il programma in dettaglio è su
www.imaginariafilmfestival.org (infotel: 338.922.21.18).
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Imaginaria «ridisegna» Napoli
29/08/2014
La Liberta
Pag. 40
(diffusione:30736, tiratura:172000)
Parla il protagonista del corto realizzato nell'ambito del corso FareCinema
ma. mol.
Protagonista del corto La tela di Sergio Rubini (realizzato con la presenza dei ragazzi del corso di
cinematografia di FareCinema) è Roberto Abbiati, ottimo attore con piglio teatrale, voluto per questo ruolo da
Paola Pedrazzini che aveva avuto modo di apprezzarne doti e qualità già nel 2008, quando Paola era
direttore artistico al Teatro Verdi di Fiorenzuola e Abbiati aveva portato in scena sia un originale Riccardo III
di Shakespeare che Moby Dick. Per il cinema Abbiati ha collaborato tre volte con Carlo Mazzacurati ne La
giusta distanza, La passione, che presentò a Venezia nel 2010 attraversando di corsa il red carpet, tra
l'imbarazzato e il divertito, e infine ne La sedia della felicità, ultima opera che il grande regista veneto ci ha
lasciato e che sarà proiettata questa sera al Chiostro di San Colombano alle 21,15.
Tornando a FareCinema, in questo lavoro a cura di Rubini, con Pier Giorgio Bellocchio come aiuto regista ed
Enzo Carpineta nel ruolo di direttore della fotografia, Abbiati interpreta il bifolco che dovrà consegnare la tela
al principe: «Un lavoro interessante - dice - non pensavo che in quindici giorni si potesse fare un lavoro
cinematografico così ben organizzato e ben strutturato. Ognuno di noi ha un compito, un set a tutti gli effetti e
i ragazzi del corso sono bravissimi a capire in poco tempo il loro ruolo, giorno per giorno si rendono conto di
cosa voglia dire stare sul set, l'impegno, la fatica, i tempi che si dilatano, le attese, la lavorazione complessiva
e la scenografia. Credo che questa esperienza, di cui ringrazio Paola Pedrazzini, sia molto positiva per i
ragazzi e lo è anche per noi, che abbiamo modo di cimentarci in un film a tutti gli effetti e in tal senso la
bravura e la professionalità di Sergio Rubini, un regista che ha ancora voglia di insegnare cinema, sono
fondamentali».
Nella parte iniziale del corto c'è anche Bob Messini, interpreta il sacerdote che consegna la tela al contadino
perché la faccia avere al principe. Messini è un attore che nasce con il teatro ed esordisce nel cinema nel
1983 con il film Una gita scolastica di Pupi Avati. Dopo avere fatto diversa tv, da Drive in a Quelli che il calcio
, prende parte a pellicole come Caterina va in città e Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, Gli amici del bar
Margherita di Pupi Avati e Bar Sport: «Un'esperienza che ha un sapore particolare - spiega - certamente
positiva per noi e per i ragazzi, che stando sul set un'intera giornata apprendono segreti e realtà del cinema».
29/08/2014
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Abbiati: «Con Rubini sul set di un film vero»
29/08/2014
La Liberta
Pag. 40
(diffusione:30736, tiratura:172000)
La Ragonese stasera accompagna il film "La sedia della felicità"
di MAURO MOLINAROLI
E' un compito. Quasi una missione che si è data. Isabella Ragonese ha accompagnato il film di Carlo
Mazzacurati La sedia della felicità di cui è protagonista con Valerio Mastandrea e Giuseppe Battiston, in
questa estate dedicata ai festival. E nonostante il carnet denso di appuntamenti, stasera sarà a Bobbio alle
21,15 al Chiostro di San Colombano, dove verrà proiettata questa commedia leggera, l'ultimo film del regista
prima della prematura scomparsa.
«Sono tornata tre giorni fa dal Festival di Montreal dove è stato presentato il film Una storia sbagliata di
Gianluca Lavarelli, ambientato tra Gela e Nassiriya in cui interpreto un'infermiera. Presto girerò un film per la
tv sulla storia di Altiero Spinelli e I ragazzi di Ventotene, poi l'opera seconda di Giorgia Cecere, il cui titolo
provvisorio è Un posto bellissimo», dice. Stasera sarà a Bobbio con Marco Bellocchio e in questi giorni partirà
per Venezia dove è in programmazione il film di Mario Martone, Il giovane favoloso, film dedicato alla vita di
Leopardi impersonato da Elio Germano; Isabella Ragonese è la sorella Paolina, c'è anche Michele Riondino:
«Credo di fare parte di una generazione di attori con i quali è molto bello lavorare, perché c'è una chiara
affinità. Con Elio è la terza volta che lavoriamo insieme, con Michele la seconda, ma già ci conoscevamo dai
tempi dei laboratori. È bello ritrovarli ora che sono più conosciuti ma decisi comunque a portare avanti un tipo
di lavoro basato su studio, applicazione, passione. Sono attori che stimo e ti facilitano molto il lavoro. E poi
sul set con loro mi sono sentita in famiglia».
Torna a Bobbio, al festival voluto e ideato da Marco Bellocchio, un grande maestro del cinema italiano; è già
stata altre volte e questo posto rappresenta una piacevole oasi di cinema: «Ho una profonda stima per
questo maestro, uno dei più grandi cineasti del nostro cinema. Con lui ho anche fatto un provino per Vincere,
un grande film che considero un capolavoro. Ma quando penso a I pugni in tasca, opera che ho amato
moltissimo e che ho anche avuto modo di studiare per un esame universitario, provo una grande emozione.
Mi chiedo come un Marco Bellocchio venticinquenne abbia potuto realizzare questo film».
Ma torniamo a La sedia della felicità, commedia ambientata in Veneto che racconta, parole di Isabella, «la
storia di due disgraziati. Penso che sia un insegnamento bellissimo quello di Mazzacurati, ci ha lasciato un
film leggero che si conclude con un finale ricco di grazia e di delicatezza, la stessa delicatezza che abbiamo
spesso trovato nei suoi film, intrisi di poesia e di storie dense di contenuti. Mazzacurati era veneto e io,
siciliana, ho avuto la fortuna di vedere la realtà del Nord Est con gli occhi del regista, una terra che
Mazzacurati conosceva profondamente e che è presente in tutti i suoi film. E' stato il primo a sdoganare
territori, storie e personaggi che hanno spesso desiderato di andarsene dal nostro Paese, pur rimanendo
imprigionati nella tradizione e nelle vicende di un Veneto in cui ricchezza e miseria si contrappongono».
Ricorda: «Era allergico alle frasi fatte. Mi ha fatto capire nei giorni in cui abbiamo lavorato insieme e nei quali
era già segnato dalla malattia, che facciamo un mestiere che ci fa vivere ancora per tanto, rivedere i suoi film
ce lo fa risentire vicino. La sua non è mai una risata forzata, piuttosto il suo era un modo di vedere le cose
con la giusta distanza. L'ironia erano i suoi occhiali per vedere il mondo».
Nel film di Mazzacurati interpreta Bruna, un'estetista; le ha dato molta soddisfazione: «Carlo costruiva
fisicamente ed esteticamente i personaggi, osando. Bruna è molto colorata, tutta smalto e ciocche colorate».
Prosegue: «Mazzacurati mi ha detto che Bruna gli ricordava un'eroina di un film di Miyazaki». Un personaggio
da fiaba, ma con un legame profondo con la realtà. Dice: «La sedia della felicità è una commedia
contemporanea. Cercando il tesoro con Dino (Mastandrea) tra loro nasce prima un'amicizia, poi anche altro».
Conclude: «Con leggerezza Carlo ci dice che siamo così impegnati a cavarcela nel quotidiano che non ci
accorgiamo che vicino abbiamo persone speciali che ci rendono la vita più luminosa. Come ha fatto lui con il
suo cinema».
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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«Mazzacurati maestro di leggerezza»
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La Liberta
29/08/2014
(diffusione:30736, tiratura:172000)
29/08/2014
29/08/2014
ItaliaOggi
Pag. 3
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Gomorra - La Serie va in sala . Domenica Sportiva: ecco la Gandolfi
GIANFRANCO FERRONI
Dopo la messa in onda italiana e il trionfale debutto in Inghilterra, continua il successo di Gomorra - La Serie,
sia in Italia sia all'estero. La produzione internazionale di Sky con Cattleya e Fandango, in collaborazione con
La7 e in associazione con Beta Film, verrà presentata il 6 settembre al festival di Toronto nella sezione
Special Presentations. Inoltre, l'intera serie arriverà nelle sale cinematografiche italiane, distribuita da The
Space Movies in collaborazione con Universal Pictures. Due traguardi che si vanno ad aggiungere ai
numerosi record già raggiunti dalla serie firmata da Stefano Sollima nel ruolo di showrunner, e diretta con lui
da Claudio Cupellini e Francesca Comencini: in Italia Gomorra è la serie targata Sky più vista di sempre e nel
mondo è stata venduta a oggi in 70 paesi. All'inizio di agosto la serie ha debuttato nel Regno Unito facendo
scattare la «Gomorrah-mania» con solo i primi due episodi, tra recensioni delle principali testate internazionali
e tweet entusiasti da parte del pubblico inglese. Sabrina Gandolfi sarà il nuovo volto della Domenica Sportiva
dopo i tre anni di conduzione targati Paola Ferrari. Prende le redini della storica trasmissione della Rai, nata
insieme alla televisione italiana, e guidata negli anni da giornalisti come Enzo Tortora, Adriano De Zan e
Gianni Minà. Si parte domenica 31 agosto alle 22,30, su Rai2, con il primo turno serale di serie A. La prima
conduzione per Gandolfi era arrivata con Domenica Sportiva Estate, senza dimenticare Sabato Sprint, e i
programmi per Mondiali ed Europei di calcio. Ora il salto alla Domenica Sportiva, rimasto un punto di
riferimento anche nell'epoca del calcio in diretta. Sigla rinnovata con un motivo Britpop e immagini che
richiamano alla Domenica Sportiva degli anni '70-'80. Cambia anche la scenografia con un ritorno all'azzurro,
il colore della nazionale. Il fenomeno Violetta tornerà in Europa nel 2015 con un nuovo tour di concerti,
«Violetta Live». Dopo il successo della serie tv su Disney Channel e delle esibizioni dello scorso anno che
hanno registrato numeri da record in tutta Europa, The Walt Disney Company Emea ha annunciato che
Martina Stoessel e gli attori del cast originale del telefilm arriveranno il prossimo anno in Spagna, Italia,
Francia, Portogallo, Belgio e Olanda e a seguire in America Latina. Nel 2013-14 c'è stato il primo tour di
concerti, «Violetta - Il Concerto», che ha debuttato lo scorso settembre 2013 ad Asunción in Paraguay, prima
di sbarcare in Europa con 62 spettacoli in 15 città in Spagna, Italia e Francia. In totale il tour ha venduto quasi
un milione di biglietti per oltre 200 spettacoli in 12 paesi, seguito dal lancio cinematografico dedicato al
concerto, «Violetta Backstage Pass». Ma «Violetta» è stato un successo in ogni mercato in cui è stato
lanciato e al momento sono in corso le riprese della terza stagione tv. Tradotto in 15 lingue, ha avuto più di 40
milioni di spettatori nella messa in onda tra aprile e giugno 2014 ed è il primo personaggio preferito tra le
ragazze 6-14 anni in Italia, Belgio del Sud, Francia, Polonia e Spagna. Il cast ha ottenuto inoltre diversi dischi
di platino con, ad oggi, più di 2 milioni di vendite. È anche questa un'istituzione musicale amata dal pubblico
televisivo, quasi come il festival di Sanremo: domani sera su Rai 1 si svolgerà la finalissima dell'edizione
numero cinquantasette del festival di Castrocaro «Voci nuove volti nuovi», la kermesse dedicata ai nuovi
talenti della canzone italiana che ha lanciato, nel corso degli anni, artisti del calibro di Eros Ramazzotti,
Zucchero e Caterina Caselli, trasmessa in diretta da Piazza d'Armi a Terra del Sole e condotta, dopo il
successo dello scorso anno, da Pupo, autore e interprete di brani storici della canzone italiana come Su di noi
e Gelato al cioccolato ma anche conduttore televisivo. I veri protagonisti sul palco saranno però i dieci
finalisti, tutti giovanissimi (dai 16 ai 24 anni), scelti tra i quasi 600 ragazzi iscritti a questa edizione e approdati
sul palco della finale dopo un percorso durato un'intera estate nelle piazze d'Italia per un totale di oltre 30
tappe di selezione.A valutare le performance sarà una giuria formata da Gigi D'Alessio, Giancarlo Magalli e
da Gigliola Cinquetti, vincitrice del festival di Castrocaro nel 1963. Grazie a Miley Cyrus un rifugio per
senzatetto di Los Angeles ha ricevuto oltre 200 mila dollari di donazioni in un solo giorno. Durante la
cerimonia di premiazione degli Mtv Video Music Awards, l'ex Hannah Montana ha autorizzato un giovane
homeless a ritirare il premio di miglior video musicale dell'anno in sua vece, sfruttando l'attenzione mediatica
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TELEKOMMANDO
29/08/2014
ItaliaOggi
Pag. 3
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per rivelare di essere un senzatetto e invitare il pubblico ad aiutare con una donazione la campagna My
Friend's Place. Dopo appena 24 ore dalla diretta tv dell'evento, le donazioni hanno già raggiunto i 200 mila
dollari e continuano ad aumentare. Problemi in vista, però, per il giovane senzatetto, Jesse Helt, ricercato dal
2011 dalle autorità dell'Oregon per aver violato la libertà vigilata e riapparso sul palco dei Video Music
Awards. [email protected]
29/08/2014
ItaliaOggi
Pag. 3
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Cinema , Venezia vale 50 mln
Costi per 13 mln. Dai contributi pubblici arrivano 7,8 mln
CLAUDIO PLAZZOTTA
La 71esima Mostra del cinema di Venezia, che fino al prossimo 7 settembre proporrà una settantina di film in
Laguna,è una allegra macchina da guerra che costa poco meno di 13 milioni di euro all'anno: la copertura
arriva per 7,8 milioni di euro dai contributi pubblici per il settore cinema, per circa 1,2 milioni dalla biglietteria
(nel 2013 ci sono state in sala 36.576 presenze, +20% sul 2012), e per circa 2,5 mln di euro dagli sponsor.
Certo, l'indotto che genera il grande cinema del Lido per il business veneziano è molto alto, valutato in circa
50 milioni di euro all'anno. E la kermesse serve pure per dare lustro sia alla città lagunare sia, quando ci
riesce, all'industria tricolore del grande schermo. Poi, va anche detto, quando si leggono i rendiconti e ci si
accorge che il restyling della Sala Darsena, appena inaugurata e passata da 1.300 a 1.430 posti, è costato 6
milioni di euro, ecco, qualche perplessità sorge sull'utilizzo virtuoso dei fondi pubblici. Tuttavia la Fondazione
Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta e con Andrea Del Mercato direttore generale, sta facendo
complessivamente un buon lavoro, riuscendo comunque a chiudere i bilanci in pareggio o in utile. E
aumentando il pubblico che sbarca a Venezia per gli eventi organizzati: per esempio, la Biennale d'arte del
2013 ha avuto 475 mila visitatori, in crescita dell'8% sulla edizione 2011. E, come anticipato, anche i biglietti
della Mostra del cinema sono in netta crescita (+20% nel 2013). I bilanci della Biennale vanno letti con
attenzione, perché gli anni buoni sono quelli dispari, in cui c'è la Biennale d'arte, mentre quelli pari, dove è in
cartellone la Biennale di architettura, che attira meno visitatori, hanno ricavi più bassi. Nel 2013 i ricavi
complessivi da vendite e prestazioni sono stati pari a 20,7 milioni di euro, in crescita del 13,1% sul 2011. In
particolare, i ricavi da abbonamenti, biglietti, tessere sono stati pari a 8,5 milioni (+25% sul 2011), e quelli da
sponsor sono ammontati a 5,4 milioni (-2% sul 2011). La Biennale di Venezia, ovviamente, può anche
contare su altre fonti di ricavi: i contributi pubblici, per esempio, che nel 2013 sono a quota 14,3 mln, in calo
rispetto al passato (in questa voce pesano molto i contributi del settore cinema, a quota 7,8 mln nel 2013, giù
dell'11,7% sul 2012); e i contributi privati da fund raising, in netta crescita a quota 1,7 mln (+70% sul 2012). I
ricavi totali della Biennale di Venezia, quindi, sono pari a 37,4 milioni, con costi operativi di 33 milioni, un mol
positivo a quota 4,4 mln (senza i contributi pubblici sarebbe negativo per dieci) e un utile 2013 di quasi due
milioni di euro. I dipendenti, nel 2014, sono saliti a 79 unità, rispetto ai 76 del 2013 che pesavano sul bilancio
per 4,9 milioni di euro di costi del personale. Ovvero, circa 65 mila euro a testa. Tornando, infi ne, al Lido e
agli storici spazi della Mostra del cinema, le opere di riqualifi cazione, iniziate nel 2010, hanno consentito di
rifare le Sale Volpi, Pasinetti, Casinò, il tendone del Palabiennale che ora ha 1.800 posti, la Sala Darsena e il
tunnel che la collega con la Sala Grande del Palazzo del Cinema (già modernizzata insieme al foyer) che
consentirà quindi le anteprime simultanee di fronte a una platea complessiva di 2.500 persone. L'anno
prossimo toccherà alla Sala Perla e subirà un restyling pure lo spazio delle conferenze stampa. «In questo
modo», dice Baratta, «la capienza complessiva delle sale della Mostra arriva a quota 5.500 unità, più di
Berlino e Cannes». Ci sarebbe da capire quante persone vanno al cinema a Berlino o a Cannes durante
l'anno, e quante, invece, frequentano le sale del Lido di Venezia fuori dai dieci giorni della Mostra. Ma sono
ragionamenti fuori luogo perché Venezia è Venezia. Bella, bellissima, anche se non ci vivrei. © Riproduzione
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ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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I conti della Mostra. Ricavi da biglietteria a 1,2 mln. Gli sponsor versano 2,5 mln
29/08/2014
Messaggero Veneto - Ed. Nazionale
Pag. 47
(diffusione:51393, tiratura:61353)
Film Fund, 50 mila euro in più a chi sceglierà come set il Fvg
Film Fund, 50 mila euro in più
a chi sceglierà come set il Fvg
Oggi la presentazione del piano a Venezia. Poillucci: «Meno giorni e più soldi»
Calopresti girerà a Trieste con Panariello e Ferrari. E a Casso salirà Amir Naderi
di Gian Paolo Polesini Aveva l'aria (brutta) di essere un amore finito, chiuso, irrecuperabile. La politica
regionale dell'era Tondo riuscì a inibire, fortunatamente non per molto, l'ascesa della Film Commission Fvg
con già in collezione un'opulenta raccolta di pellicole che scelsero noi come sfondo. Anni di fatica per far
conoscere ai romani del cinema luoghi nuovi da sfruttare in questo Nord-Est dimenticato e che fecero quelli
del palazzo? Un colpo di bora e buonanotte ai suonatori. Be', poi sappiamo com'è finita, no. Bene, diremmo.
Per l'arte e per il vil denaro. Una produzione di griffe in zona - e ne abbiamo avute parecchie ospiti di gente
unica - porta una milionata d'indotto. Vogliamo buttarlo via? Di step in step giungiamo a un oggi che
contempla un passo successivo, giusto per spingere ancora sull'acceleratore dell'accoglienza. Proprio
stamane, all'Excelsior del Lido nel bel mezzo della Mostra veneziana, il presidente Fc Federico Poillucci, in
compagnia di Francesca Cima della Indigo e di Guido Cerasuolo, presenterà la nuova formula del Film Fund
per il 2015. «I contributi destinati a chi allestirà un set in regione passeranno da 150 a 200 mila euro e non
saranno necessari i soliti trentacinque giorni di riprese, ne basteranno ventiquattro. Per meglio distinguere i
generi, di fondi ce ne saranno due: uno per film e fiction e l'altro destinato ai documentari. Aggiungiamo: sarà
del 30 per cento, e non più del venti, la percentuale relativa all'impiego di personale locale specializzato».
Buone nuove per i cineasti, dunque, semmai venisse loro voglia di piantar tende in Friuli Venezia Giulia.
Giusto per stare sulla notizia, dal 13 ottobre, e per cinque settimane, salirà a Trieste Mimmo Calopresti,
portandosi appresso Giorgio Panariello, nella sua prima parte drammatica, e Isabella Ferrari. Con un punto
interrogativo per Stefano Accorsi. Non è ben chiaro se lui sarà il terzo della combriccola. Uno per tutti
s'intitolerà l'opera noir, assai somigliante a Sleepers, ricordate?, o a Mistic River, per capirci. Avremo il tempo
per approfondire. Altro giro, molto friulano stavolta. Si arrampicherà invece a Erto e a Casso il regista iraniano
Amir Naderi, con in valigia il sogno del suo Monte, la storia di un uomo che vuole spostare le montagne. Con
Maya Sansa. Rientrando in un presente per nulla spoglio, giovedì 4 al Festival di Venezia, Abel Ferrara
toglierà il telo dal Pasolini con Willem Dafoe, Maria de Medeiros, Riccardo Scamarcio. A proposito di questo
debutto, l'aggressivo regista newyorchese, ben prima del ciak d'avvio, si fece quattro passi per Casarsa, un
paio di giorni, in compagnia di Angela Felice, direttore del Centro Studi intitolato al poeta e con Poillucci,
appunto. «Gli frullavano in testa alcune scene sul Pier Paolo giovane - ricorda il presidente della Film
Commission - e così lo accompagnammo nei luoghi giusti. Anche sulla tomba, naturalmente. Sorseggiando
un caffè nel bar agli Amici di Piazza Italia, l'americano srotolò una lunga sequenza di emozioni. Mangiò
qualcosa e ripartì. Non tornò, ecco qui volevo arrivare. Durante la successiva gestazione evidentemente
Ferrara preferì concentrarsi sul Pasolini uomo, scegliendo location soltanto romane». ©RIPRODUZIONE
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ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Film Fund, 50 mila euro in più a chi sceglierà come set il Fvg Oggi la presentazione del piano a Venezia.
Poillucci: «Meno giorni e più soldi» Calopresti girerà a Trieste con Panariello e Ferrari. E a Casso salirà Amir
Naderi
29/08/2014
La Sicilia - Ed. Nazionale
Pag. 17
(diffusione:64550, tiratura:80914)
Fumo sul red carpet, ma è per i 20 dell´associazione Emergency. Sotto, l´attrice libanese Nadine ... MARIA
LOMBARDO Venezia. Invasione di iraniani alla Mostra di Venezia. Dopo il film di Makhmalbaf visto mercoledì
in apertura, è toccato a registi esordienti come il trentaquattrenne Nima Javidi al suo primo lungometraggio
molto bello e applaudito, Melbourne inaugurare la Settimana della critica. Amir Naderi che vive e lavora negli
Stati Uniti (autore del bellissimo Manhattan by numbers) ha presentato Mise en scène with Arthur Penn. A
conversation, documentario-intervista realizzato a partire dal 2005. Arthur Penn autore di capolavori quali
Furia selvaggia (1958), Mickey One (1965), Gangster Story (1967), Alice's Restaurant (1969), Piccolo grande
uomo (1970) è stato uno dei più importanti e scomodi cineasti moderni. Naderi è il primo importante regista
iraniano a lasciare il suo Paese nei tardi anni '80. Ha tenuto banco, anche perché in concorso, Ghesseha
(Tales) della regista Rakhshan Banietemad. Varie storie si sfiorano, lasciano, riprendono. «I vari racconti spiega la Banietemad bella signora dal capo coperto dal velo - hanno costruito la struttura. Volevo raccontare
le microstorie in sinergia. Il cinema è il riflesso della vita stessa, rappresenta dolori, gioie, emozioni». È un
film on the road (la maggior parte dei personaggi raccontano i loro problemi mentre viaggiano in auto o taxi).
Molte protagoniste sono donne che soffrono, che sono picchiate dai mariti. «Tuttavia la donna iraniana,
qualunque sia la sua posizione sociale e politica resiste, la sua resistenza nel processo della vita sociale e
politica la rende comunque vincente». Fra gli interpreti del fim c'è Payman Maadi, già protagonista di Una
separazione (Oscar al miglior film straniero 2013). «I premi vinti da Una separazione incoraggiano registi e
produttori - dice Maadi che nella stessa giornata abbiamo visto in Melbourne - a proseguire. Però la cosa
principale è che il prodotto dev'essere accettato nel Paese». «Crediamo - dice la regista - che dall'autunno
partirà la distribuzione nelle sale. Io ho un principio che ho seguito sempre: se non sono sicura che il film sarà
visto in Iran non lo faccio partecipare a festival internazionali». Parlare di cinema iraniano significa parlare di
un grande Paese che si sforza di uscire dall'isolamento. «La situazione economica è critica a causa
dell'embargo che riguarda anche i medicinali: bambini con gravi malattie tipo cancro o sclerosi multipla ne
stanno pagando le conseguenze». Melbourne è invece una storia claustrofobica ambientata come Tales a
Tehran ed è stato scelto - dice Annamaria Pasetti del comitato selezionatore - perché la Settimana della
critica mira a scoprire esordienti: «Creare un universo all'interno di un appartamento è cosa che riesce solo ai
grandi registi». Melbourne ha già un distributore italiano. «L'idea di fare questo film è nata quando sono
andato a fare una gita con amici che avevano un bambino piccolo. Mi hanno lasciato solo in casa con lui e
dopo un'ora mi sono accorto che non si muoveva. Ho cominciato a spaventarmi, ho fatto rumore e il bambino
si è mosso. Ma cosa avrei fatto se il peggio fosse successo? Il tema è la responsabilità». Il film è un thriller:
una giovane coppia lascia l'appartamento e parte per l'Australia. E proprio il giorno della partenza la
babysitter dei vicini di casa per improvvisa necessità affida loro la neonata che aveva in custodia. Dopo un
po' viene notato che la bimba non si muove e non respira: la coppia terrorizzata compie un errore sull'altro. Il
film inchioda lo spettatore e viene a lungo applaudito. 29/08/2014
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
L'Iran clandestino invade la Laguna
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 Settembre 2014
Pag. 106
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Se Sky finisce all'angolo
L'annuncio ufficiale risale solo a un paio di mesi fa, a giugno. Telecom Italia e Sky hanno siglato un'intesa per
dare il via a cinque canali televisivi sul digitale terrestre. Per la tv di Rupert Murdoch è un accordo che vale
oro, hanno spiegato in quei giorni gli analisti. Grazie a Telecom, infatti, Sky si è aperta un varco per
sviluppare la pay tv digitale in aggiunta all'offerta sul satellite, dove ormai i margini di crescita sono limitati.
Tutto chiaro, chiarissimo, se non fosse che le trattative per l'ingresso di Vivendi in Telecom Italia rimettono in
discussione gli equilibri sul mercato. Vediamo come. Si parte da Mediaset Premium, da tempo alla ricerca di
partner per sviluppare un business che per ora viaggia in perdita. A luglio è arrivata Telefonica, che ha
comprato l'il per cento del capitale della pay tv berlusconiana. È noto però che anche Vivendi, tramite la
controllata Canal+, nei mesi scorsi ha preso in considerazione un'alleanza con Mediaset. Vivendi, però,
adesso sta trattando per entrare nel capitale di Telecom Italia. Se l'operazione dovesse andare in porto, il
gruppo francese avrebbe tutto l'interesse a rafforzare ulteriormente la propria posizione italiana e l'opzione a
portata di mano sarebbe Mediaset Premium. Alcuni analisti si spingono ancora più in là, ipotizzando una
combinazione d'affari tra una Telecom Italia a guida Bollore e le tv di Fininvest. C'è anche un'opzione
spagnola. Se a sigiare l'intesa con Vivendi fosse Telefonica, la quota dell'll per cento in Mediaset Premium
potrebbe essere utilizzata dal gruppo di Madrid come mercé di scambio con i francesi. Risultato: anche in
questo caso sarebbe Canal+ a trovare un varco sul mercato italiano della pay tv. Sull'esito della partita tra
Milano e Madrid c'è ancora grande incertezza, ma qualunque sia il risultato finale è Sky che corre i rischi
maggiori. La tv di Murdoch si troverebbe infatti a fronteggiare la concorrenza di una Mediaset Premium
rafforzata dall'alleanza con Canal+. Se poi Vivendi dovesse diventare socio di riferimento in Telecom Italia c'è
da domandarsi quale sarebbe la tenuta dell'intesa con Sky sul digitale. L'accordo prevede che i nuovi canali
partano entro il giugno 2015, ma con Bollore al comando del gruppo telefonico non è da escludere che il
finanziere francese trovi il modo di non tirare la volata a un concorrente come Murdoch.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
economia
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 Settembre 2014
Pag. 77
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Chi gira un film senza pensare al mercato internazionale rischia che a "scippargli" gli incassi globali sia un
remake, necessario ad aggirare l'ostacolo della lingua, dei sottotitoli e degli interpreti poco riconoscibili fuori
dai confini nazionali. Ma la moda, che impera negli Usa dove il marketing vince sull'originalità, è anche un
indice di quanto sono esportabili le idee di un movimento cinematografico. Da questo punto di vista l'Italia con
15 remake americani (fonte: IMDB) è dominata da Francia (71 rifacimenti) e Danimarca (27), ma comunque
si piazza davanti a Gran Bretagna (8), Svezia (7), Germania e Spagna (5). In attesa della lunga lavorazione
dell'edizione americana di "Suspiria", e mentre Tarantino saccheggia il cinema di genere nostrano, il
prossimo remake potrebbe essere quello di "Perez", noir di Edoardo De Angelis già acquistato negli Usa e
che uscirà in Italia il 2 ottobre, dopo il passaggio al festival di Venezia: storia di un avvocato napoletano (Luca
Zingaretti) che dovrà scendere agli inferi per difendere la figlia (Simona Tabasco) dal fidanzato, il criminale
Corvino (Marco D'Amore). Non sempre però l'operazione coincide con un successo: il rifacimento di "L'ultimo
bacio" di Muccino, intitolato "The Last Kiss", ha incassato meno dell'originale, e "Swept Away" di Guy Ritchie,
con Madonna e Addano Giannini, tratto da "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto" della
Wertmùller, è stato un clamoroso fiasco. Altre volte come nel caso di "Scent of a Woman" con Al Pacino,
ispirato a "Profumo di donna" di Dino Risi, o "Big" con Tom Hanks, che reinventa "Da grande" di Franco
Amurri, la nuova edizione ha riscosso il gradimento del pubblico, col rischio di far dimenticare l'originale. Negli
ultimi anni l'Italia però stenta a produrre idee che piacciono all'estero e ha cominciato a investire sui remake,
come con Benvenuti al sud e il suo seguito, tratti da un film francese, e Una famiglia perfetta, ispirato ad uno
spagnolo. M. C
Foto: UNA SCENA DI "HUNGRY HEARTS" DI SAVERIO COSTANZO. A SINISTRA: RUSSELL CROWE E
GABRIELE MUCCINO SUL SET DI "FATHERS AND DAUGHTERS". SOTTO. DA SINISTRA: NICOLA
GIULIANO, LUCA GUADAGNINO, GEOFFREY RUSH E GIUSEPPE TORNATORE, SAVERIO COSTANZO
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Che bello, merita un remake
29/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1380 - 29 Agosto 2014
Pag. 92
(diffusione:687955, tiratura:539384)
E A VENEZIA CI SARÀ UN'ANIMAZIONE STRAORDINARIA
Valentina Della Seta
I mergono dal bianco o - dal nero, per poi finirci I di nuovo dissolti dentro, i personaggi dei film animati di
Simone Massi. Alberi, cani, donne, colline, treni e uomini accigliati sono i soggetti dei disegni di questo artista
marchigiano, classe 1970, premiato in tutto il mondo ma ancora poco conosciuto in Italia. Sembra però che le
cose stiano per cambiare. Il 3 settembre infatti alla Mostra del Cinema di Venezia ci sarà una serata dedicata
a lui, con la presentazione di un cofanetto con la sua opera omnia, Nuvole e mani (minimum fax, a cura di
Fabio Tassi, libro + dvd, euro 14,90), la proiezione in anteprima del film animato L'attesa del maggio e quella
del documentario Animata resistenza, di Alberto Girotto e Francesco Montagner, una sorta di biografia
concettuale di Massi, con molte immagini e poche parole. Simone Massi è nato e vive a Pergola, in provincia
di Urbino, con la moglie Julia Gromskaya (anche lei animatrice) e il figlioletto. Viene da una famiglia
contadina e da una terra di tradizione partigiana, e sono questi i temi di cui si occupa nel suo lavoro: la
Resistenza, il rito dell'uccisione del maiale, i ritmi lenti della campagna. La passione per il disegno c'è l'ha da
sempre, anche se a quattordici anni è costretto ad andare a lavorare in fabbrica: «La ricordo come una
specie di inferno» scrive Massi nel libro, «tra pezzi di lamiera in movimento frenetico e un ritmo di lavoro che
non ti consentiva di alzare la testa dalla catena di montaggio. Tornavo a casa sfinito, con una stanchezza
innaturale, insana. Alle sette di sera ero già a letto». A ventitré anni si iscrive all'Istituto d'Arte di Urbino,
superando l'imbarazzo di sedere al banco con ragazzini quattordicenni e iniziando a sperimentare varie
tecniche di disegno e animazione. Massi sceglie la via più faticosa, lavorando solo con le mani e armandosi
di dedizione e pazienza: «Un autore» scrive di lui l'artista Fabio Tassi, «che ha pensato e realizzato da solo
ogni singolo fotogramma dei suoi film, disegnandoli uno per uno, in un lavoro instancabile, faticoso,
minuzioso, dieci ore al giorno senza un attimo di pausa». Il calcolo può dare le vertigini: un giorno dopo l'altro
Massi siede al suo tavolo e produce sei o sette fotogrammi, quaranta disegni alla settimana, e dunque venti
secondi di cinema in un mese. In vent'anni di lavoro crea 19 piccoli film, un'ora e venti minuti di cinema in
tutto. I primi riconoscimenti arrivano nel 2006, con La memoria dei cani, e poi il successo internazionale (33
premi vinti in giro per il mondo) con Nuvole, mani (2009). Nel 2012 Alberto Barbera lo seleziona come autore
della sigla di Venezia. Massi si ispira ai romanzi di Pavese e al cinema di Tarkovskij e la sua non è una
narrazione facile. I personaggi non sorridono mai. Come scrive l'autore e storico dell'animazione Olivier Cotte
in Nuvole e mani: «Non c'è quasi avvenire, ma il nero dell'oblio, del ricordo e del cedimento, oppure il bianco,
il vuoto, che consuma l'angoscia». •
Foto: Fotogrammi dai film animati contenuti nel cofanetto Nuvole e manici Simone Massi (qui sopra) 1
Adombra. 2 Animato resistenza. 3 Fare fuoco
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CON I SUOI FOTOGRAMMI DISEGNATI UNO PER UNO, LARTE DI SIMONE MASSI ARRIVA ALLA
MOSTRA DEL CINEMA
29/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1380 - 29 Agosto 2014
Pag. 120
(diffusione:687955, tiratura:539384)
Credete a me: queste saranno le uniche cose serie che vedrete in tv
IL DIRETTORE DEL ROMAFICTIONFEST, Carlo Freccerò, ANTICIPA LE NOVITÀ DELLA SUA RASSEGNA
: «CHE SARÀ IL MANIFESTO POLITICO DELLA NOUVELLE VAGUE TELEVISIVA. È QUESTO IL NUOVO
CINEMA D' AUTORE »
Elena Martelli
ROMA. «Dunque: questo è un festival molto serioso e molto impegnato perché rappresenta I una mappa
della fiction d'autore di oggi che, soprattutto in America, ha sostituito per quel che concerne la funzione critica
dell'esistente, il cinema degli anni 70. Proprio per questo motivo, penso sia anche più importante di un festival
del cinema». Metti un maitre àpenser di matrice avanguardista come Carlo Freccerò alla direzione del
RomaFiction Fest (dal 13 al 19 settembre all'Auditorium Parco della Musica, www. romafcitionfest.org) e il
festival diventa subito il manifesto politico di un'altra nouvelle vague. Affinchè la sparata non sia a salve, ecco
la sua analisi ontologica: «II cinema di oggi, a livello industriale, ha l'ansia dei teenager. Perciò fa prequel,
sequel, e serializza tutto per un pubblico globalizzato» spiega categorico ed entusiasta. «La fiction
americana, invece, ha trovato modi di produzione che si sono liberati dall'audience generalista e infatti
produce per reti, favorendo così una creatività più selettiva, che il cinema non può più permettersi. Quindi, la
fiction lavora per quel pubblico che una volta era del cinema - ossia per la borghesia illuminata - e per i
ragazzi che frequentano il web. Un pubblico ultracompetente. Ecco perché la definisco fiction d'autore. Ed
ecco perché dico che questo è un festival politico, o il mio modo di fare politica culturale». Oltre che linee
guida, questo suo atto politico ha già prodotto scaramucce estive, lanciate nell'etere con quel guizzo dadaista
proprio della comunicazione di Freccerò. Per dire, il Corriere ha intervistato l'ex direttore di Rai2 e
sottolineato, nel titolo, il suo attacco alla fiction «troppo conservatrice» di Rail. Ed è scoppiato un caso: Rai
offesa, Gubitosi indignato e la Lux, che produce quel Don Matteo strapazzato da Freccerò, incredula. «Per
quella storia ho già fatto un po' di Canossa» risponde oggi Freccerò, con tempi comico-drammatici degni di
Cechov. «Ho naturalmente chiesto scusa alla Lux, ma ho anche spiegato perché le serie che io porto al
festival hanno una creatività che non si può chiedere a quel tipo di televisione che vive nel perimetro dei vari
tabù. Ben vengano le fiction di Rail, ma è chiaro che un festival ha lo scopo di spiegare il futuro della fiction.
Non il presente e non il passato». Ecco, dunque, alcune chicche del programma (diviso tra fiction americana
ed europea, con master class e focus sul Turchia e Benelux), che costituiscono «una proiezione fedele
dell'immaginario contemporaneo che non è per nulla sereno. Per ogni genere abbiamo un prototipo, che è
un'anteprima per l'Italia». Quel che gli altri chiamano thriller, Freccerò lo definisce psycho. «E uno dei generi
più importanti della fiction americana perche esprime le paure ineonsce. L'eroe positivo dei tempi d'oro di
Hollywood è sostituito dal protagonista psicopatico che usa la sua patologia come punto di forza. Penso a
Dexter, a Jack Bauer di 24, e anche ad House of Cards, dove Kevin Spacey per scalare il potere usa la sua
sociopatia. In quest'ottica abbiamo Fargo, curioso anche dal punto di vista produttivo, Mgm per la rete Fx.
Altra cosa che mi interessava era esplorare tramite il festival il punto di vista industriale della fiction, per
riuscire a fare anche il palinsesto dell'immaginario delle tv. E infatti nell'altro genere, quello politico, ritroviamo
House of Cards di Netflix, altro modo di produrre per la tv, di cui diamo i primi due episodi della seconda
stagione». Non è un'anteprima (così come non lo sarà quella di Orangels thè New Black), ma era
fondamentale, racconta Freccerò, «perché è una serie che spiega molto bene cosa significa fare politica oggi
- ossia conquistare maggioranze e dare vita a riforme-laboratori dell'ego - e dimostra come e perché oggi sia
priva di sogno e ridotta a mera lotta per il potere». E col piglio del filosofo imprestato alla tv, Freccerò dice
che siccome l'informazione è manipolata, sarà sempre di più la fiction a svelare ì meccanismi di
manipolazione creati dalla politica. «Ed è una cosa importante» aggiunge con levità. Poi c'è il filone queer o
GBLT «che spiega la perdita dell'identità nella società contemporanea» e ci propone Transparent di Amazon
«che, con uno stile che ricorda quello di Paul Thomas Anderson, parla di un capofamiglia che vuole cambiare
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PUNTATE VINCENTI spettacoli
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Il Venerdi di Repubblica - N.1380 - 29 Agosto 2014
Pag. 120
(diffusione:687955, tiratura:539384)
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sesso». E, come un fulmine, passa al genere horror: «Qui cito The After, prodotto anche questo da Amazon e
scritto dal grande Chris Carter, l'autore di XFìles. E poi TheStrain, scritta da Carlton Cuse di Lost, che
potrebbe essere il nuovo The WalkìngDead sui vampiri». A questo punto si arriva all'Europa, dove, dice, ci
sono cose molto interessanti. Come TroìsfoìsManon di Arte «che ieri sera mi ha fatto piangere: più forte di un
film dei Dardenne, con l'archeologia di Truffaut». E, sempre dalla Francia, P'tìt Quinquìn di Bruno Dumont.
«Restando in Italia sono contento, perché dovrei avere un'anticipazione di 1992, la serie di Sky su
Tangentopoli. Mi dispiace che L'Oriana sulla Fallaci abbia scelto il Festival di Roma. Però ho II Bosco, Ragion
di Stato e II candidato con Filippo Timi. Tutte cose che s'incastonano perfettamente nella chiave del festival
». Dopodiché lancia un appello accorato: «Se Sky, che è stata generosissima, come Fox e come tutti del
resto, non mi da TrueDetective, io mi dimetto!». E ride, guardando i suoi collaboratori in cerca di complicità.
«Questo festival lo facciamo in quattro gatti: con me Gaia Tridente, Marco Spagnoli, Simone Rainieri e
Andrea Fornasiero». Si fa pensoso, infine riflette ad alta voce: «Certo. Bisognerebbe omaggiare David Lynch,
è cominciato tutto da Twin Peaks. Forse questo festival bisognerebbe dedicarlo a lui». •
Foto: Nelle foto, alcune scene delle serie che vedremo al RomaFictioinFest (dal 13 al 19 settembre
all'Auditorium Parco della Musica) diretto da Carlo Freccerò (qui sopra, a sinistra) L'informzione è manipolata:
sarà sempre di più la fiction a smascherare i segreti del potere
29/08/2014
Il Giornale - Ed. Nazionale
Pag. 26
(diffusione:192677, tiratura:292798)
L'arte di guardare l'orrore con gli occhiali del coraggio
Joshua Oppenheimer nel documentario «The Look of Silence» racconta vittime e carnefici del genocidio
indonesiano. Una vera opera-evento VELARE LA VERITÀ Il regime militare uccise un milione di persone Di
cui nessuno parla
Maurizio Caverzan nostro inviato a Venezia
Anonymous... Anonymous... Anonymous... Quando scorrono i titoli di coda della sconvolgenteindagine sul
genocidio indonesiano dimenticato contenuta in The Look of Silence di Joshua Oppenheimer si scopre che
l'intero elencodei cineoperatorinonhanome. Maquell'« anonymous»non è unamaschera furba adottata nell'era
della globalizzazione online. Bensì, come rivela il regista, «il modo per proteggere la sicurezza della troupe.
Tecnici e operatori correrebbero gravissimi pericoli se la loro identità fosse conosciuta». In Indonesia la
dittatura militare è ancora al potere e dal 1965 è difficile e assai rischioso far luce sull'epurazione perpetrata
dal regime militare. Al punto che persiste notevole discordanza sul numero delle vittime degli squadroni della
morte di Suharto. Alcune fonti parlano di qualche centinaio di migliaia di morti, altreaddiritturadi due milioni.
Nel film, ed è la cifra più accreditata, ci si ferma a un milione. The Look of Silence è il seguito di The Act of
Killing , nominato per l'Oscar 2013. Lì erano gli esecutori delle torture a raccontare con orgoglio le loro
imprese, qui il punto di vista è quello delle vittime. Adi, fratello minore di Rumli, ammazzato brutalmente prima
che lui nascesse, vuole conoscere le ragioni del massacro che ha colpito il suo villaggio. «Erano comunisti e
non credevano in Dio»,ripetono gli assassini,alcuni dei quali abitano nella stessa strada della sua famiglia.
Com'è possibile vederli ogni giorno? Come convivere con i carnefici del proprio fratello? Adiè un ottico che
vende occhiali porta a porta e, con il pretesto di migliorare la vista degli anziani, entra nelle loro case per
interrogarli. Pian piano l'indagine realizza un confronto raggelante fra gli aguzzini che rimuovono il loro
passato e quest'uomo mite che nonpensaavendette.E chesi documenta con un video in cui si narra di corpi
decapitati gettati nello Snake River: «La gente non mangiavapiù il pesce chesi cibava di cadaveri». Il fratello
è stato evirato. Qualche sgozzatore racconta di aver bevuto il sangue delle vittime «per non diventare
pazzo». Adi ascolta paziente e senza mai perdere il controllo chiede ragione di queste azioni salendo le
gerarchie degli assassini. Il regista alterna il racconto degli orrori con immagini poetiche della terra in cui sono
avvenute («Volevocreare unelemento di speranza, una possibilità per ricordare quelle vite che non
torneranno»). Le risposte dei carnefici sono reticenti, omertose, minacciose. Solo una giovane donna
ammette la tragedia e si scusa per conto del padre, ora affetto da demenza senile. «Con le mie domande
volevo chechi alloraaveva ucciso loammettesse», ha detto Adi Rukun in conferenza stampa parlando
lentamente.«Viviamo inun'unica comunità attraversata dai risentimenti e dalle paure. Io voglio che tutto
questo abbia fine. Non credo che questo lavoro possa guarire le ferite della mia famiglia, ma spero che i miei
figli abbiano almeno la possibilità di migliorare le cose». Il cinema prova a surrogare l'assenza di un processo
ufficiale. Oppenheimer: «Non bastano ammissionisingole, serve unagrande autocritica collettiva com'è
avvenuta per esempio con l' apartheid inSudafrica. Il precedente documentario è stato visto
clandestinamente da milioni di indonesiani, ma il governo non aveva mai risposto, continuando a celebrare
con fierezza le epurazioni. Solo dopo la candidatura all'Oscar - svela il regista - ha ammesso che sono stati
commessi degli errori. Ma la riconciliazione arriverà con i tempi decisi da loro». Texano di nascita,
Oppenheimer vive a Copenaghen. The Look of Silence è una coproduzione danese, finlandese,
indonesiana,norvegese.Traiproduttori esecutivi figura Werner Herzog. Forse non vincerà il Leone d'oro come
miglior film dopo il successo nel 2013 di Sacro Gra , altro documentario. Ma difficilmente la giuria che riserva
due sedie vuote alla regista iraniana Mahnaz Mohammadi e al regista ucraino Oleg Sentsov, entrambi in
prigione nei loro Paesi, potrà ignorare quello che si è proposto come il primo vero evento della Mostra.
Foto: TESTIMONIANZA «The Look of SIlence» racconta il genocidio in Indonesia del 1965 visto dall'inedita
prospettiva di un sopravvissuto
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Venezia 2014
29/08/2014
Il Giornale - Ed. Nazionale
Pag. 26
(diffusione:192677, tiratura:292798)
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Foto: COPPIA Isabella Ferrari ha presentato al Lido il film «La vita oscena», diretto dal marito Renato De
Maria (foto piccola). La pellicola concorre nella sezione «Orizzonti» ed è tratta da un romanzo di Aldo Nove
29/08/2014
Libero - Ed. Nazionale
Pag. 29
(diffusione:125215, tiratura:224026)
LA LAGUNA DEI SOLDI BUTTATI
I film italiani a Venezia? Li paghiamo tutti noi (tranne due)
FRANCO GRATTAROLA
Mostra che va, sovvenzione statale che viene. Anche quest'anno, inesorabile come ilfisco e la morte, la
Mostra del Cinema di Venezia presenta la solita parata di film realizzati grazie al denaro pubblico. Finita
l'epoca di Riccardo Gualino, Carlo Ponti, Dino De Laurentiis, Goffredo Lombardo e Franco Cristaldi, che
possiamo considerare a tutti gli effetti come i produttori vecchi fusti del cinema italiano del bel tempo che fu,
l'attuale nouvelle vague cinematografara esibisce il volto impudico di chi vivacchia, in attesa di restituire
(come purtroppo non sempre avviene) allo Stato il 70% di quanto ottenuto, succhiando migliaia di euro dalle
ormai sgonfie mammelle del ministero dei Beni culturali. Nel passare in rassegna i film italiani che
partecipano a quest'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, si fa prima a elencare le uniche due
opere non supportate dallo Stato: Belluscone. Una storia siciliana di Franco Maresco, un falso documentario
che si avvale della partecipazione di un autentico berlusconiano come l'ex senatore Marcello Dell'Utri, e La
trattativa di Sabina Guzzanti, un film che ha l'ambizione di ricostruire i retroscena della (presunta) trattativa tra
lo Stato e la Mafia. C'è però da aggiungere che se il ministero non avesse bocciato, causa lo scarso
punteggio ottenuto dalla sceneggiatura, la richiesta della produzione de La trattativa di accedere ai contributi
pubblici, l'unico film italiano a potersi fregiare del titolo di produzione indipendente a questo punto sarebbe
stato Belluscone. Una storia siciliana . Tutte le varie sezioni che compongono la mostra veneziana sfoggiano
infatti, immancabilmente, pellicole sovvenzionate. Tra i film in concorso troviamo l'atteso Pasolini del regista
italoamericano Abel Ferrara, una coproduzione italo-francese messa in piedi dall'ex attrice Conchita Airoldi
che ha ottenuto dal ministero 350.000 euro; Hungry Hearts di Saverio Costanzo, prodotto dalla Wildside dei
golden boys renziani Mario Gianani (consorte della ministra Marianna Madia), Lorenzo Mieli, Fausto Brizzi e
Marco Martani, e foraggiato con 250.000 euro; Il giovane favoloso di Mario Martone, biografia del poeta
Giacomo Leopardi firmata dalla Palomar di Carlo Degli Esposti che, oltre a incassare una sovvenzione statale
record (1.250.000 euro), ha potuto contare anche sui contributi finanziari di Rai Cinema, Fondazione Marche
Cinema Multimedia-Marche Film Commission e delle regioni Marche e Lazio, e Anime nere di Francesco
Munzi, epopea 'ndranghetista ispirata a un omonimo romanzo di Gioacchino Criaco prodotta, tra gli altri, dalla
Babe Films di Fabio Conversi con i soldi del ministero (400.000 euro) e Rai Cinema. La sezione Orizzonti
presenta invece due film entrambi sovvenzionati con 200.000 euro: Senza nessuna pietà dell'esordiente
Michele Alhaique, un noir interpretato da Pier Francesco Favino e prodotto dalla Lungta Film di Maurizio
Piazza con l'ausilio diRai Cinema, e La vita oscena di Renato De Maria, tratto dall'autobiografia dell'ex
cannibale Aldo Nove e ideato dalla Filmvision di Gianluca De Marchi. Nella sezione Biennale College Cinema
, appositamente creata per finanziare lungometraggi a basso costo, spicca Short Skin di Duccio Chiarini,
commedia sostenuta dai denari della Toscana Film Commission, mentre nella sezione che raggruppa le
opere fuori concorso si distinguono Perez di Edoardo De Angelis, un film drammatico d'ambientazione
partenopea (protagonista Luca Zingaretti) prodotto dallo stesso regista mettendo insieme i soldi del ministero
(200.000 euro) e quelli della berlusconiana Medusa, Italy in a day. Un giorno da italiani di Gabriele Salvatore,
antologia di videotestimonianze di italiani qualunque realizzata dall'Indiana Production Company di Fabrizio
Donvito e Marco Cohen con l'apporto del ministero (350.000 euro) e Rai Cinema, e il documentario La zuppa
del demonio di Davide Ferrario, prodotto dal regista in sinergia con Rai Cinema. Non mancano neppure nella
sezione autonoma Giornate degli Autori, gestita dalle associazioni di categoria ANAC e 100 Autori, un paio di
film sovvenzionati: I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, un dramma familiare che la Rodeo Drive di Marco
Poccioni e Marco Valsania ha prodotto servendosi del collaudato tandem ministero (450.000 euro) e Rai
Cinema, e Patria di Felice Farina, film operaista finanziato tramite la società Nina Film (di proprietà dello
stesso regista), il ministero (200.000 euro) e la Film Commission Torino Piemonte.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Finanziamenti pubblici al cinema
29/08/2014
Libero - Ed. Nazionale
Pag. 29
(diffusione:125215, tiratura:224026)
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Foto: Sopra, Alba Rohrwacher nel film «Hungry Hearts» di Saverio Costanzo
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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29/08/2014
Gazzetta del Sud - Ed. Nazionale
Pag. 11
(diffusione:49872, tiratura:67738)
L ' Iran clandestino al Lido
E ad Orizzonti passa " La vita oscena " . Scamarcio: aiutateci a trovare una distribuzione
Alessandra Magliaro «Nessun film resta chiuso in un cassetto, prima o poi si vedrà, che ci siamo noi o no»
dice Rakhshan Bani-Etemad nei titoli di coda di Ghesseha, " Storie " , il film iraniano in concorso a Venezia
71, accolto con applausi dalla stampa. E sembra un appello alla visibilità, alla riconoscibilità non solo di una
cinematografia importante e premiata (l ' Oscar per " Una separazione " di Asghar Farhadi ad esempio)
quanto di una società intera, stretta dalle sanzioni economiche imposte da Onu, controllata dal regime tutt '
altro che moderato di Rohani, dilaniata internamente dalla diaspora. In giuria due sedie sono vuote: una è per
il regista ucraino Oleg Sentsov e un ' altra è per l ' iraniana Mahnaz Mohamadi, in carcere da giugno, che da
anni lotta per il riconoscimento dei diritti delle donne nel suo Paese. Ad ulteriore ribalta, " Melbourne " , di
Nima Javidi che ha aperto fuori concorso la Settimana della critica. A prescindere dai temi che tratta, quasi
mai direttamente politici, quello iraniano è sempre un cinema clandestino che cerca di sfuggire ai controlli
prima, durante e dopo la produzione. Bani-Etemad per 8 anni ha evitato di fare film perché chiedere l '
autorizzazione a persone prive di qualsiasi competenza artistica equivaleva a riconoscerli. Un cinema di
«resistenza» il suo come ha ribadito a Venezia, «un cinema che voglio sia visto non all ' estero nei festival ma
dagli spettatori iraniani. Questa per me è la condizione più importante del mio fare cinema». Dopo 8 anni di
auto-esilio c ' è riuscita con " Storie " : «Questo film non aveva budget, né l ' au torizzazione alla riprese.
Malgrado questo c ' è stato il sostegno volontario di validi tecnici e In " Storie " va in scena la gente " invisibile
" che lotta tutti giorni contro la mancanza di libertà e di diritti di un gruppo di grandi attori». Uno degli interpreti
principali, con Habib Rezaei, è Payman Maadi, l ' attore di " Una separazione " , a Venezia con due film
essendo anche il protagonista di " Melbourne " . Tra le donne, Fateme Motamedaria e Baran Kosari erano
interdette dal lavoro. La questione femminile " Storie " racconta la vita di persone «invisibili» della società
iraniana, gente comune che si affanna contro la burocrazia (un pensionato che non riesce a presentare la
domanda per il rimborso di spese mediche), la mancanza di libertà (uno studente leader politico che fa il
tassista), la crisi economica. Ma due temi emergono su tutti: la questione femminile, in fuga da mariti che non
accettano la nuova emancipazione, e il dilagare dell ' eroina. «Sono storie che riflettono la vita del paese ma
al tempo stesso assolutamente universali», ha detto la regista. Ma ieri è stato anche il giorno de " La vita
oscena " , film psichedelico e generazionale passato a Orizzonti. «La cosa sorprendente è che un film tutto
italiano costato solo 650.000 euro e che ha coinvolto De Maria, Aldo Nove, Ciprì e Isabella Ferrari non abbia
ancora una distribuzione»: è l ' appello di Riccardo Scamarcio, produttore associato con la Ferrari. «Non
abbiamo distribuzione - dice rivolto ai giornalisti -, dite ai distributori se ci danno una mano». E la Ferrari che
nel film interpreta la madre che avrebbe voluto essere gli fa eco: «Il tax credit per noi è stato fondamentale.
Ora c ' è nuovo decreto che lo ha aumentato, non c ' è più motivo di non investire sul cinema». Di scena il
libro di Aldo Nove, che nel libro omonimo (Einaudi) racconta se stesso. Ovvero la storia di un Andrea
(Clement Metayer) ragazzino, amante di Trakl, che perde i genitori a distanza di qualche mese. Fatto che lo
getta in un percorso estremo di droga, sesso bulimico e solitudine. A raccontare questo percorso agli inferi,
con voce fuori campo, è appunto il regista Renato De Maria (Paz!). Nel cast, oltre alla Ferrari, Iaia Forte ed
Eva Riccobono.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Al Lido. Nella foto grande l ' attore Habib Rezaei, la regista Rakhshan Banietemad e l ' attore Payman Maadi,
del cast di " Storie " A destra Isabella Ferrari, nel cast de " La vita oscena " , di cui Riccardo Scamarcio e
Valeria Golino (in alto) sono produttori Cinema " di resistenza " alla Mostra di Venezia
29/08/2014
Il Giornale di Vicenza
Pag. 19
(diffusione:41821, tiratura:51628)
Si gira un film brasiliano Vicentini in fila ai provini
Un momento dei provini in corso alla Camera di commercio|Il regista Saglia cerca una quindicina di ... Si
arricchisce di un capitolo la lunga relazione tra Vicenza e il cinema. All´ottantina di film girati all´ombra della
Basilica Palladiana dagli anni Quaranta ad oggi, si aggiunge una produzione brasiliana che avrà come set il
centro storico e alcuni degli scorci più suggestivi della provincia, da Bassano a Marostica fino ad Asiago. Ma
di vicentino, il film carioca non avrà soltanto le ambientazioni. A confermarlo, ieri, il via vai di attori in via
Montale 27, nella sede della Camera di commercio e nell´orbita di Vicenza Film Commission che assiste la
troupe. Qui si sono svolti i provini in presenza del regista brasiliano (di origini calabresi) Bruno Saglia che del
lungometraggio firma anche la sceneggiatura. Si concluderà oggi infatti il casting artistico e tecnico che
attingerà quasi completamente dal bacino di professionisti berici. Saglia sta scegliendo una quindicina di
attori che interpreteranno alcuni ruoli secondari, più quello del protagonista da bambino, ed è alla ricerca di
maestranze che lavoreranno dietro la cinepresa: dai macchinisti al truccatore, dal parrucchiere alla sarta fino
al microfonista. Spazio anche alla valanga di comparse - ben 500 - che verranno individuate a partire dalle
prossime settimane. Il film che sarà girato a partire da ottobre, godrà dei contributi della Regione Veneto e
servirà a veicolare l´immagine del Veneto in Brasile. Parte della troupe è in città in questi giorni non solo per
selezionare il cast ma anche per effettuare alcuni sopralluoghi. La mappa dei ciak, tutti tra Veneto e Brasile,
sarà definita nei prossimi giorni, ma secondo le prime indiscrezioni, per la parte vicentina il regista punta a
girare alcune scene in centro storico, al conservatorio Pedrollo e al Teatro Olimpico. Il film, dal titolo
"Diminuta" (in italiano "Diminuita", termine mutuato dalla scrittura musicale), racconta la storia di un
sassofonista brasiliano che ha radici venete e in Veneto ritorna dopo essere diventato un grande artista.
L´opera segue la vita del protagonista, dall´infanzia fino all´età adulta. A prestargli il volto, cresciuto, sarà il
sex symbol brasiliano Reynaldo Gianecchini, ex modello e attore di soap opera. «Vicenza è una città
cinematografica - dichiara il regista -. Adoro in particolare il Teatro Olimpico, qui vorrei girare la mia scena
finale». Ad attendere fuori dalla porta, una decina di artisti, alcuni convocati direttamente dalla produzione,
altri selezionati dopo l´invio di un curriculum. Il film uscirà nelle sale cinematografiche brasiliane per poi
essere commercializzato nei circuiti televisivi. L´obiettivo, fanno sapere dalla società di produzione ArteOn, è
raggiungere una platea di 3 milioni di spettatori. «Questa è un´opportunità importante per promuovere
Vicenza in Brasile - assicura Vladimiro Riva, direttore di Vicenza Film Commission - alla produzione piacciono
così tanto questi luoghi che le scene girate qui aumenteranno rispetto a quelle ambientate Oltreoceano. La
televisione e il cinema, sono gli strumenti più efficaci per attrarre il turismo». © RIPRODUZIONE RISERVATA
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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LA SELEZIONE. Il regista di origini calabresi Bruno Saglia sta scegliendo il cast e le location
29/08/2014
MF - Ed. Nazionale - Fashion
Pag. 1
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Armani vola al Toronto film festival
Fabio Maria Damato
Giorgio Armani annuncia la sponsorizzazione del Toronto international film festival 2014, al via ieri. Roberta
Armani e il regista e produttore premio Oscar Edward Zwick ospiteranno il prossimo 6 settembre la prima
mondiale di Films of city frames, con la proiezione di cortometraggi realizzati da studenti di sei scuole di
cinema internazionali, seguita da un cocktail party esclusivo. Con questo progetto congiunto di ampio respiro,
Giorgio Armani continua la sua attività di sostegno ai talenti emergenti in vari ambiti, dalla moda al cinema.
Realizzato in collaborazione con Luxottica e Rai Cinema, Films of city frames mette in scena il lavoro di
aspiranti registi provenienti da sei prestigiose scuole internazionali. La proiezione sarà seguita da un ecocktail
party ospitato da Roberta Armani e da Oscar Edward Zwick presso l'iconica Cn tower, dalle ore 20 alle 23.
(riproduzione riservata)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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29/08/2014
Internazionale - N.1066 - 29 Settembre 2014
Pag. 75
(tiratura:130000)
Dagli Stati Uniti Richard Attenborough, 1923-2014
The Independent
Il regista e attore britannico è morto a Londra il 24 agosto. Aveva novant'anni Richard Attenborough (lord
Attenborough of Richmond upon Thames) è stato uno degli attori più importanti del cinema britannico
(quando tuttavia la cinematografia del Regno Unito era davvero molto debole) prima di diventare un regista di
enorme successo a livello internazionale. In sessant'anni di carriera, dopo tanti film britannici, ha raggiunto il
successo per il ruolo di Bartlett nella Grande fuga . Molti lo ricorderanno anche nei panni di John Hammond
nei due film della serie di Jurassic Park diretti da Steven Spielberg. Come regista, il suo film di maggior
successo è Gandhi , con cui si è aggiudicato due premi Oscar (miglior film e miglior regia). Ma vale la pena di
ricordare anche Chorus line e Chaplin . Quella di Attenborough è stata una figura universalmente amata nel
cinema internazionale e un punto di riferimento importante per quello britannico: fu proprio lui a convincere il
primo ministro John Major a lasciare che il denaro raccolto con la National lottery potesse essere destinato
alla produzione di film, fatto che ha ridato grande vigore alle produzioni nazionali. La sua grande attività sul
piano sociale, umanitario e filantropico lo conferma come un uomo convinto che il cinema dovesse tentare di
migliorare il mondo. JOHN ROgERS (BAFTA/gETTy)
Foto: Richard Attenborough
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Cultura Cinema
29/08/2014
Il Fatto Quotidiano
Pag. 6
(tiratura:100000)
ECCO I SEGRETI DEI BILANCI DELLE ' HAPPY FIVE ' , LE SOCIETÀ REGINE DEGLI APPALTI TV I
SOLITI NOTI La Luxvide dei Bernabei aumenta i ricavi di 3 milioni. Magnolia e Fremantle calano del 29%. E
Barbareschi brinda con più 4 milioni
Marco Lillo
Il consigliere della RAI in quota Pdl Antonio Pilati le ha definite le " happy five " , cioè le cinque società
televisive esterne alla RAI che fanno la parte del leone nell ' aggiudicazione delle produzioni milionarie di
programmi e fiction. La direttrice di RAI fiction, Eleonora Andreatta, davanti alla Commissione, ha detto che
tre società, Luxvide, Publispei e Fremantlemedia, sono negli ultimi anni in testa e si alternano sempre nei
primi cinque posti. Il Fatto ha provato a verificare come stanno realmente le cose dal punto di vista
economico. LA SOCIETÀ in testa per fatturato (ovviamente comprendendo anche le commesse di Mediaset,
Sky, La7 e le altre reti) è Endemol Italia con i 56 milioni di euro dichiarati nell ' ultimo bilancio disponibile alla
camera di commercio, quello del lontano 2011. Segue Magnolia. Fondata dall ' ex manager di Canale 5 ora
sindaco del Pd di Bergamo, Giorgio Gori, è controllata dal gruppo Zodiak-De Agostini. Nel 2013 ha perso X fa
c to r ma l ' amministratore Leonardo Pasquinelli nella sua relazione al bilancio depositato pochi mesi fa
contrappone la perdita " allo straordinario successo di M a s te rc h e f " (successo ampiamente superiore a
quello dello stesso X Factor ) " . Va male invece con la rete di Urbano Cairo: " La7 con il passaggio di
proprietà ha deciso di tagliare gli investimenti e di mantenere solo i titoli irrinunciabili del Prime Time, tra cui il
talk di Corrado Formigli Piazza Pulita , che è stata rinnovata per tutto l ' anno 2014 " , scrive l ' ammini
stratore " . Va meglio invece con la RAI: " si riconfermano le serie di Pechino Express e la longeva striscia
access di Rai Uno L ' Ere dità " . Nel 2013 è mancato il grande introito garantito a Magnolia dalla RAI con l '
Isola dei famosi . Così la prima delle five non è happy: " il fatturato realizzato da Magnolia S.p.A. è stato di
euro 44.643.212 con un decremento di circa il 29% su base annua " , scrive l ' amministrato re Pasquinelli
che aggiunge: " il decremento è da imputare alla mancata produzione dell ' Isola dei famosi e al ridotto
turnover di produzioni per La7. La perdita netta è pari a euro 3.768.526 " anche se " sconta svalutazioni di
partecipazioni per euro 3.619.970 " . Magnolia ha ceduto il ramo fiction alla Cross Production del gruppo
tedesco Beta Film GMBH che ha realizzato ricavi per 11 milioni e 468 mila euro grazie soprattutto alla RAI.
Nel piano di produzione 2014 è stato confermato lo sceneggiato Una grande fa m i g l i a che garantirà ben
10,4 milioni di euro di introito a Magnolia più i 7,4 milioni dei 12 episodi della fiction La scelta di Anna . Subito
dietro Magnolia c ' è Fremantlemedia (amministrata da Lorenzo Mieli e di proprietà del gruppo tedesco RTL
controllato da Bertlesman AG) con 45,8 milioni di fatturato. Produce Un posto al sole nel centro RAI di Napoli,
una megaproduzione da 250 puntate all ' anno per 13 milioni e 170 mila euro, confermata nel 2014.
Fremantle però guarda altrove, soprattutto a Sky e continua a specializzarsi nei talent come X factor e I ta l i
a ' s Got Talent . ANCHE Fremantlemedia comunque non è così ' happy ' per ché ha visto ridursi del 29 per
cento il suo risultato operativo mentre l ' utile precipita nel 2013 da 1 milione 469 mila del 2012 a 167 mila
euro. Incredibilmente a essere felice è proprio la Luxvide. La società controllata dalla famiglia Bernabei è
stata al centro di uno scandalo quando si è scoperto che lo IOR ha donato una partecipazione indiretta in Lux
Vilanci è la Casanova Multimedia di Luca Barbareschi. Nel 2013 ha visto salire il suo fatturato a 16 milioni e
200 mila euro dai 12 milioni del 2012. Per la prima volta Mediaset ha commissionato a Casanova una fiction (
Angeli con Raoul Bova in onda in autunno) ma è grazie alla RAI che Barbareschi ha fatto i suoi grandi
numeri. Rai cinema ha speso 2,5 milioni di euro per il film Something good, un flop al botteghino. Mentre Rai
fiction dopo il film sulla vita di Adriano Olivetti nel 2013 ha messo in produzione per il 2014 La Freccia del sud
su Pietro Mennea, altri 4 milioni di euro. ridiana Bixio ha incorporato la sua controllante Rockfeller Srl. Nel
prospetto di fusione sono riportati i ricavi previsti per il 2014 pari a 25 milioni. Per l ' esattezza 11 milioni e 658
mila euro da I Cesaroni su Mediaset e 13 milioni e 352 mila da Un medico in famiglia sulla RAI. Cifre ben
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NON SOLO RAI TUTTI GLI AFFARI DEI SIGNORI DELLA TELEVISIONE
29/08/2014
Il Fatto Quotidiano
Pag. 6
(tiratura:100000)
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lontane dai fasti del 2011 quando Publispei fatturava 37 milioni di euro. Nel 2015 però la società guidata da
Verdiana Bixio stima di risalire a 35 milioni di euro di fatturato soprattutto grazie alla RAI che ha attivato E '
arrivata la felicità per 12,8 milioni di euro. Chi ride davvero, a vedere i bide a una Fondazione. La quota era
stata pagata 15 milioni ma per l ' ex presidente dello IOR Ernst Von Freyburg, non li valeva. Eppure, grazie
soprattutto alla RAI, la società che produce tutti i film e le fiction di argomento religioso, dalla Bibbia a Don
Matteo , ha fatturato 39,8 milioni di euro nel 2013 (in aumento rispetto ai 37,3 milioni del 2012) con un utile di
626 mila euro. Mediaset ha commissionato a Luxvide la miniserie Romeo e Giulietta ma è la RAI che ha
garantito le grandi commesse per il solito Don Matteo 9 e poi nel piano 2014 per Che Dio ci aiuti (10 milioni e
250 mila euro) e I medici per ben 8 milioni e 750 mila euro più i 10 milioni di A un passo dal cielo . Anche
Publispei, citata con Luxvide e Fremantle dal direttore di Rai fiction Eleonora Andreatta un anno fa come una
società ' happy ' , ha vissuto momenti migliori. Il 7 luglio 2014 la società di Ve- LUX VIDE-39.8 Milioni
FREMANTLE.MEDIA-45.8 MILIONI MAGNOLIA-46.5 MILIONI
29/08/2014
Corriere della Sera - Sette - N.35 - 29 Agosto 2014
Pag. 72
Il talento di Stieg Larsson svelato dai suoi eroi dalla doppia anima
Personaggi eterogenei e a volte ambigui. L'esempio principe è la protagonista della trilogia Millennium
Lisbeth Salander, figura di una fragilità estrema unita a una forza devastante
Gian Arturo Ferrari
Tra le molte crudeltà del destino, una delle maggiori è quella riservata agli autori che muoiono prima che la
loro opera sia conosciuta e apprezzata. O addirittura prima che il loro libro - atteso poi da grande successo e
celebrità - venga pubblicato. Il caso più atroce è stato probabilmente quello di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa. Il quale, dopo aver incassato due rifuti, da Einaudi e Mondadori (entrambi a opera del
conterraneo Elio Vittorini), ebbe tra le ultime preoccupazioni quella che gli eredi non si svenassero per
pubblicare a proprie spese il suo romanzo. Che era, naturalmente, Il Gattopardo, con tutto il futuro corteggio
di un giovane e brillante editore (Gian Giacomo Feltrinelli), di riconoscimenti letterari, di immenso successo
prima nazionale e poi mondiale, del flm di Visconti, grandi attori, bellissime attrici e valzer di Verdi. Ma nella
classifca della crudeltà anche Stieg Larsson non se la cava male. Quando morì dieci anni fa, nel novembre
del 2004, niente lasciava prevedere che la trilogia di Millennium, di cui non era stato allora pubblicato
neppure il primo volume, Uomini che odiano le donne, avrebbe avuto in tutto il mondo l'enorme successo che
ha avuto. Larsson stesso, uno scaruffato praticante della vita alternativa, non se lo sarebbe mai aspettato.
Dalla sua famiglia e ancor più dalla sua generazione aveva ereditato passioni (mitologie?) profonde - la
guerra in Vietnam, la lotta anti-imperialista - tradotte in una assidua militanza comunista, nella versione mite
però - e per defnizione perdente - quella cioè della Quarta Internazionale. E, purtroppo, di quella generazione
aveva anche ereditato lo stile di vita disordinato e poco igienico - oltre sessanta sigarette al giorno - che lo
avrebbe ucciso a cinquant'anni. Non è neppur detto che di un simile successo avrebbe completamente gioito.
Troppo sfacciato, troppo volgarmente commerciale o addirittura capitalista per uno come lui, abituato alla
lateralità e al rigore delle posizioni. A quel modo d'essere idealista, appassionato e totalizzante, tipico della
sinistra radicale europea. Aveva creato prima la fondazione, poi il sito, poi la rivista Expo, un trimestrale
dedicato principalmente ai movimenti di estremissima destra in Svezia ma non solo. Era appena entrato
appunto nella redazione di Expo dopo aver fatto sette piani a piedi perché l'ascensore era rotto quando crollò
a terra stroncato da un infarto. In realtà di tutto questo nella trilogia non c'è, in superfcie, quasi traccia. Certo
la descrizione della rivista Millennium (che dà il sovratitolo alla trilogia) rifette senza dubbio l'esperienza
diretta di Expo. Ma il giornalismo di Millennium è sì investigativo, ma non militante. E il direttore di Millennium,
Kalle (Mikael) Blomqvist, che è anche il protagonista maschile, così sciolto, fascinoso ed esperto di mondo,
non sembra derivare da Stieg Larsson, se non in una versione generosamente idealizzata. Già qui vi è
qualcosa di inconsueto. Uno dei principali espedienti della narrativa di evasione è la tecnicità. Si mostra al
lettore un ambito particolare, ben conosciuto e spesso praticato dall'autore, con proprie regole e codici - lo
spionaggio, la criminalità organizzata, l'esoterismo, le sottigliezze delle professioni legali - e gli si fa vedere
come appare il mondo da quello specifco punto di vista. In Larsson niente di tutto questo. Della sua militanza
politica non c'è quasi traccia, mentre l'investigazione giornalistica ha sì un ruolo importante, ma in forme e
terreni molto lontani dal modello reale. La scrittura di Larsson ha una ricchezza di particolari e sfumature,
soprattutto un respiro molto più ampio della usuale narrativa di genere. Qui non c'è il rumore metallico dei
meccanismi che scattano per intrappolare il lettore. Al suo posto un procedere per cerchi concentrici, come di
un'onda che si allarga. Crediamo di avere una spiegazione suffciente, di aver capito, ma invece scopriamo
che è solo una parte di un disegno più grande e che a sua volta anche quest'ultimo non è che uno dei
versanti di qualcosa di ancora maggiore. Si dirada il fumo e sotto si scopre altro fumo e così via in una
successione che nella mente di Larsson non era probabilmente destinata a fermarsi alla trilogia pubblicata,
se è vero che il suo progetto originario comprendeva dieci romanzi. Eppure, anche se il mistero si infttisce
invece si schiarirsi, anche se le tenebre sono sempre più tenebrose, le efferatezze più efferate e i sadismi più
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 29/08/2014 - 29/08/2014
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Ritratti di scrittori / 9 Nello specchio di un lettore "speciale"
29/08/2014
Corriere della Sera - Sette - N.35 - 29 Agosto 2014
Pag. 72
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sadici, il tono rimane cordiale e generoso, come se in Larsson la curiosità da una parte e la simpatia per gli
esseri umani dall'altra non venissero mai meno. Il giornalista buono. È questo tono, mai cupo e mai arido,
ricco di umanità, il lascito probabilmente maggiore della passione politica di Larsson. E una delle ragioni
profonde del suo grande successo di pubblico. Un'altra ragione, forse la principale, è l'arte in cui Larsson
veramente eccelle e cioè l'invenzione dei personaggi. I quali appartengono a due distinte categorie. Ci sono
innanzitutto i personaggi di impianto abbastanza tradizionale, ma tutti lievemente disassati rispetto al modello
classico. Come il protagonista maschile "Kalle dannatissimo Blomqvist", come lo chiama la protagonista
femminile che ne è innamorata, giornalista buono che però fnisce in galera. O come il serial killer, che
esibisce ovviamente una facciata rispettabilissima, ma che - meno ovviamente - nasconde di molto peggio
dell'essere un semplice serial killer. Ma la maggior novità di Larsson sono personaggi di nuovissima
concezione, costruiti accostando elementi eterogenei. Sia nel male, come l'orrendo pediatra pedoflo venduto
ai servizi segreti deviati (ci sono anche in Svezia, pare) o il tutore che è uno stupratore sadico. O come il
padre di Lisbeth Salander, l'agente russo che ha defezionato e che spara in testa alla fglia (la quale aveva già
cercato di bruciarlo vivo). Sia nel bene, come il meraviglioso Dragan Armanskij, mezzo croato e mezzo ebreo
ma con passaporto serbo che possiede e dirige la Milton Security, un'azienda specializzata in sicurezza. Ed è
Armanskij l'unico a dare fducia e lavoro a Lisbeth. Lisbeth Salander è senza dubbio la maggiore invenzione e
la maggiore creazione di Larsson. Innanzitutto perché, pur essendo una giovanissima donna, è la
protagonista e il deus ex machina della trilogia. Poi perché è concepita come una creatura strutturalmente
ambigua sempre sul flo non del rasoio ma di tutti i rasoi. Da un punto di vista psicologico, se non psichiatrico,
è una squilibrata, una borderline, però con straordinarie capacità analitiche e matematiche. Ed è insieme la
persona più sensata, effciente e dotata di capacità pratiche che si conosca. È una bisessuale, vigorosamente
praticante, ma insieme innamorata come una collegiale. È una hacker, legata a una rete clandestina di
hacker, sul confne e ben oltre il confne della legalità. Nel nome però di una giustizia non formale ma
sostanziale. Lisbeth è la fgura della nuova indipendenza femminile, insieme una dannata della terra e la
vendicatrice di tutti i torti. Una fragilità estrema congiunta a una forza devastante. Il successo della trilogia è
quasi per intero nella verità profonda di questa fgura, uno specchio segreto in cui milioni di lettori, e
soprattutto di lettrici, si sono riconosciuti. 9 - continua
Anche se le efferatezze sono sempre più efferate e i sadismi più sadici, il tono è ricco di umanità e
mai cupo
Foto: Alla scoperta della Svezia guidati dai romanzi da sinistra, in senso orario: stieg Larsson, scomparso nel
2004 a 50 anni, autore della trilogia Millennium; noomi rapace nei panni di Lisbeth salander nel flm La
ragazza che giocava con il fuoco, tratto dal secondo libro della trilogia; noomi rapace in Uomini che odiano le
donne; cartina alla mano, una guida accompagna il "pellegrinaggio" dei fan a stoccolma nei luoghi descritti
nella trilogia; due locandine della versione francese e inglese dei flm; Michael nyqvist in Uomini che odiano le
donne; le copertine dei tre romanzi pubblicati in italia da Marsilio.