Arena y Estera
Transcript
Arena y Estera
Viaggio nei progetti di solidarietà dell'associazione Harambee di Trento Bambini della Tablada nella biblioteca del Ceprof. L “La differenza tra l’Italia e il Perù è che in Italia con uno stipendio vivi, in Perù ce ne vogliono due per sopravvivere”. Norberto è il primo peruviano che incontriamo arrivati in Perù. È il nostro “uomo a Lima”, fa il tassista e come tutti i tassisti sa spiegarti in una battuta dove sei arrivato. Vista dall’alto Lima appare avvolta dalla garùa, la tipica nebbia costiera che per dieci mesi all’anno avvolge con una coltre gelatinosa e malinconica la città e i suoi nove milioni di abitanti. Vorrei chiedere a Norberto come fa a sopravvivere in Perù chi di stipendi, in famiglia, non ne vede nemmeno uno. La risposta è là, lun- il Trentino di Corrado Zanetti Arena y Estera Lima: una speranza per le bambine maltrattate e abbandonate dei quartieri poveri go la Via Expresa, anche chiamata Paseo de la Repùblica. La risposta la vedi, soprattutto, lungo le strade d’asfalto disseminate di buche o in terra battuta e coperte di rifiuti che intersecano con un immenso reticolo le baracche di stuoie e le basse case in mattoni, con una sola parete intonacata, quella che si affaccia sulla strada, dei circa cinquanta quartieri di Lima. Una distesa polverosa che si allunga per decine di chilometri, fino ad incontrare il deserto, dove sono spontaneamente cresciuti i distretti più lontani e poveri, come la Tablada de Lurin, la meta del nostro viaggio. Basta guardare dal finestrino del taxi di Norberto per farsi un’idea di cosa sono quelle che nelle analisi economiche sono considerate “imprese di sopravvivenza”: ognuno vende qualcosa, marmitte, sedie di legno o papaja, ma c’è anche chi cerca di farsi dare qualche “soles”, la moneta locale, dagli automobilisti di passaggio per aver tappato qualche buca nell’asfalto. Ci facciamo portare da Norberto nel centro di Lima, vogliamo visitare la mostra fotografica permanente sui vent’anni di guerra civile vissuti in Perù, dal 1980 al 2000, allestita dalla Commissione per la Verità e Riconciliazione. La commissione è stata istituita nel 2001 dal gover57 Tablada de Lurin. Un comedor. no di Valentìn Panagua per indagare sui fatti di violenza che hanno insanguinato questo paese durante gli anni della lotta armata, gli anni di Sendero Luminoso e dell’MRTA, il Movimento rivoluzionario Tùpac Amaru. Al pari di quanto accaduto in altri paesi dell’America Latina, Sendero Luminoso e MRTA si presentarono sulla scena come risposta sovversiva, armata e rivoluzionaria alle condizioni di miseria ed esclusione sociale nelle quali decenni di dittatura militare avevano gettato il Perù, ma con il tempo le azioni militari promosse “in nome del popolo” diventarono folli massacri, in una spirale di feroce violenza che ha investito le zone più depresse e povere del paese così come le città, portando lo stato di emergenza in molte province. Tra le vittime anche bambini: molti persero il padre, altri morirono vittime dei massacri indiscriminati, molti altri rimasero traumatizzati per aver visto la mor58 te violenta o aver assistito alla tortura dei loro padri o fratelli. Oggi, che al potere c’è Alejiandro Toledo, il paese permane attraversato da profondi squilibri economici e disuguaglianze sociali: larghi strati di popolazione – un terzo di quella complessiva del Perù – vivono in condizioni di povertà, privi di acqua, servizi igienici, assistenza medica e istruzione, costretti a rivolgersi ai Comedòr – le cucine private e pubbliche che distribuiscono pasti ai più indigenti – per mangiare. Ma è l’apatia e l’abbandono al fatalismo di molti peruviani, specie tra i giovani, la vera e più pesante ipoteca che grava sul futuro di questo paese. Anche questo è un prodotto degli anni del terrorismo. Negli “asientamentos humanos”, le baraccopoli dei nuovi immigrati che circondano la capitale Lima, si respira il disincanto di una generazione alla quale la quotidiana fatica di vivere toglie il respiro di un futuro diverso e migliore. Una fatica che si legge sui volti delle donne di Lima. Nella capitale le manifestazioni di protesta sono un fatto quotidiano, tanto che i giornali non ne parlano quasi più. Protestano, chiedendo stipendi più adeguati, gli insegnanti, e protestano le madri delle baraccopoli, scese dai cerros – le colline di sabbia e sassi che fanno da corona a questa enorme metropoli – e dai distretti periferici fino alle vie centrali dell’antica Città dei Re per sollecitare il governo ad attuare il programma del “Vaso de leche”, un bicchiere di latte al giorno per ogni bambino. Latte, beninteso, in polvere. Quello di una delle tante multinazionali che si sono comprate questo paese un pezzo alla volta, dall’energia elettrica alle ferrovie, dal pesce del Pacifico al legname della foresta amazzonica. Abbandoniamo il centro della capitale e ci dirigiamo a sud, verso il distretto di Villa Maria del Triunfo, alla scoperta dell’altra Lima. Ci facil Trentino Maruca, un’educatrice del centro Ceprof. ciamo guidare da Sandra Chucàn, una ragazza di 24 anni che, armata di una piccola telecamera digitale, ha deciso di dare voce e immagini all’emarginazione sociale dei “pueblos jovenes”, gli abitanti delle baraccopoli. Sandra lavora in proprio, in particolare per le Organizzazioni non governative, per le quali realizza documentari e film. Quella raccontata da Sandra è una storia di arena y estera, sabbia e stuoie, perché è proprio qui, tra le povere case cresciute al limitare del deserto che si apre alla periferia di Lima che emerge la disperazione ma anche la speranza di un altro Perù. La stessa speranza che hanno le bambine e le ragazze che vivono nella grande casa (hogar) del Ceprof, il Centro di promozione familiare “adottato” dal Trentino con un progetto di solidarietà internazionale, grazie al quale Sandra ha potuto studiare e diplomarsi in comunicazione audiovisuale. A fondare il centro sono state, nel 1989, una il Trentino donna italiana, Daniela Pronio, ed una peruviana, Maruja Villaizan. “Sono arrivata al Ceprof nel 1982 per fare lavoro sociale – racconta Sandra – ed ho visto il lavoro che svolgono Maruja e Daniela. È stata un’esperienza che mi ha riempito molto ed ha stimolato la mia voglia di impegnarmi socialmente. Quando ho dovuto decidere se intraprendere una professione sono stata divisa tra due scelte, continuare nel mio impegno sociale o dedicarmi alla produzione video. Mi sono resa conto che qui, soprattutto nel campo dell’assistenza sociale, c’è molta corruzione, perciò ho deciso di studiare comunicazione. A quel tempo non avevo la possibilità economica per studiare, mi ha aiutato il Ceprof ed io, per contraccambiare quanto hanno fatto per me, ho realizzato un video sull’hogar”. Tablada de Lurin ha una popolazione di circa 70.000 abitanti, qui l’immigrazione è iniziata già sessant’anni fa. Il quaranta percento delle case è in materiale precario, stuoie e cartone, per tetto un pezzo di lamiera ondulata. Gli ultimi arrivati costruiscono la propria baracca sempre più in alto, dove c’è posto libero, arrampicandosi sulle colline, strappando un palmo di sabbia al deserto. Per avere un’idea dell’estensione della Tablada de Lurin occorre salire sul “Calvario”, la collinetta che domina questa “città” di povere case in mattoni e baracche grande quanto la città di Trento. Cumuli di rifiuti, latrine a cielo aperto e cani randagi ci accompagnano mentre saliamo al Calvario, dov’è piantata una croce di cemento. Da quassù si scorge in basso la casa del Ceprof. Il centro ha vari progetti in corso, uno di questi è la Casa di accoglienza Padre Umberto Pasina, che ospita bambine in situazione di rischio fisico e morale. Le bambine rimangono nella Casa fino a quando si è trovata una soluzione ai loro problemi attraverso il reinserimento 59 Un lenzuolo tante storie Si chiama “Un lenzuolo, tante storie”, ed è un progetto realizzato dall’Assessorato alla solidarietà internazionale, dall’Ufficio stampa della Provincia autonoma di Trento e dalla società di produzione trentina Real View di Alessio Osele. Cinque documentari in altrettanti paesi dove operano alcune delle tante organizzazioni di volontariato trentine, ovvero in Russia, in Somalia, in Kenya, in Nepal e in Perù. Ad accompagnare la troupe, ogni volta, un lenzuolo, su cui i bambini del posto (assieme a volte ad artisti locali) hanno lasciato il loro segno. Un modo nuovo per parlare di solidarietà, insomma, mescolando il linguaggio “moderno” del video a quello più “antico” del disegno, della pittura. L’approdo sarà al Mart, dove lenzuolo e video saranno presentati nel corso di una manifestazione. In seguito, i cinque documentari saranno a disposizione delle scuole e delle associazioni, per sensibilizzare la popolazione, specie i più giovani, sui temi dello “sviluppo diseguale”, e sulle difficoltà che soprattutto le donne e i bambini dei paesi poveri si trovano a dover affrontare quotidianamente. Una parte del materiale girato è stato utilizzato nei mesi scorsi anche per una coproduzione Provincia autonoma di Trento e Mediaset, all’interno del programma “2000” di Rete 4. “Il Trentino”, infine, ha ospitato i reportages e le foto realizzati nei diversi luoghi: in questo numero quello centrato su Lima, la capitale del Perù, nei mesi scorsi quelli relativi ai progetti sostenuti dalla Provincia autonoma a Khatmandu (Nepal), Merka (Somalia), Nyahururu (Kenya), e Mosca (Russia). nella famiglia d’origine o, se questo non è possibile, in un’altra. Un altro progetto è quello denominato “Studiare per vivere”, è lo stesso di cui ha beneficiato anche Sandra. “Gli aiuti sono diretti a giovani che vorrebbero studiare ma che non possono farlo perché non ne hanno le possibilità economiche. Questo aiu60 ta moltissimo i giovani, in questo paese ciò che manca di più è la formazione dei giovani”. C’è poi un’altra iniziativa, riguarda la biblioteca, ospitata in quella che all’hogar hanno voluto chiamare la “Casa della cultura”, anch’essa realizzata grazie agli aiuti arrivati dal Trentino. È uno spazio aperto dove i bambini della Tablada che non hanno i soldi per acquistare i libri scolastici possono venire a studiare ed essere aiutati a svolgere i compiti. Molti bambini e ragazzi della Tablada non hanno, a casa loro, nemmeno un luogo ed uno spazio fisico per giocare e studiare, uno spazio che trovano qui. La biblioteca ha naturalmente anche un servizio di prestito libri, ma quelli prestati, per non più di tre giorni, sono solo le opere letterarie, non i libri scolastici, che devono rimanere in biblioteca perché servono a tutti. Qui i bambini della Tablada possono partecipare anche a laboratori di danza, teatro e arte, esternando la propria creatività. La biblioteca svolge però anche un’altra funzione: uno dei problemi di questa zona, infatti, è la denutrizione e la biblioteca è diventata così un “osservatorio” delle condizioni sanitarie dei bambini che la frequentano. “Questi bambini sono totalmente dimenticati dal governo – spiega Sandra – e con i genitori senza lavoro non hanno la possibilità di crescere come bambini normali”. Daniela, Maruja, Sandra: una storia di donne coraggiose, aiutate da altre donne, che stanno dedicando la propria vita e le proprie energie alle bambine e bambini perduti di quest’angolo di Perù. Donne come Rosina Pajares, una figura nota nella Tablada. Rosina lavora da molti anni come volontaria per l’associazione, cura in particolare i rapporti con le famiglie del quartiere. È lei che segnala i casi più bisognosi di bambini da assistere. A vederla salire sui ripidi e sabbiosi sentieri della Tablada, fino alle baracche che stanno più in alto, quelle più povere, non penseresti che è malata di cuore, con un rene non funzioil Trentino nante e che è sopravvissuta ad un tumore e ad un aneurisma. Donne che qui – grazie a un progetto di cooperazione allo sviluppo promosso dall’associazione Harambee di Trento, finanziato, tra gli altri, dalla Provincia autonoma di Trento – stanno costruendo, giorno dopo giorno, un Perù migliore. In quindici anni di attività la casa di accoglienza del Ceprof ha offerto ospitalità, sia in forma temporanea sia permanente, a oltre cento bambine in situazioni di forte rischio sociale, garantendo loro un clima familiare in cui crescere secondo una nuova visione e prospettiva di vita. Molte di loro, vittime di traumi e violenze sessuali, hanno trovato all’hogar chi ha saputo aiutarle sul piano psicologico e del recupero dell’autostima. Per tutte il Ceprof ha provveduto alla scolarizzazione di base ed anche alla formazione professionale e seguito e assistito molte famiglie con situazioni di rischio. In questi anni il Ceprof è diventato un punto di riferimento per l’intero quartiere della Tablada. Alla sua il Trentino porta bussano spesso ragazze madri o donne picchiate o cacciate di casa da mariti violenti, donne rimaste senza lavoro e senza il necessario per sfamare i propri figli, mentre fanno tesoro dei consigli del Centro donne vittime di violenze sessuali o schiavizzate. Ma il Ceprof non rappresenta solo un’oasi sicura per molte donne del quartiere; anche i bambini e i ragazzi della Tablada, la cui vera casa è solo la strada, vedono nel centro un modello di vita diverso da quello nel quale sono costretti a vivere. “Vengo qui in biblioteca perché a casa mia non ho libri, qui mi sento bene” dice Elvira, che a dodici anni frequenta solo la seconda elementare e che spera che i suoi genitori non si separino mai. La madre di Renzo, anch’egli dodicenne, lavora in un comedòr, il padre fa il tassista: “In biblioteca imparo a comportarmi bene, quando sarò grande farò il musicista di bambo”. Accanto a lui c’è Jaoquin, che vuole invece diventare calciatore, mentre il sogno di Lidia, dieci anni e due fratelli, una mamma che lavora in una fabbrica di pannolini e un padre che è sparito, è quello di diventare insegnante. Sono bambini di un altro mondo quelli di cui Sandra raccoglie le storie, ma è lo stesso nostro mondo, un mondo che i bambini della Tablada – unendo un altro disegno al colorato lenzuolo che, dopo aver raccolto i disegni dei bambini russi, tibetani, somali e kenioti abbiamo portato anche qui a Lima – hanno dipinto chiamandolo “Perù”. Disegnano felici, i bambini della Tablada, nel piccolo giardino tropicale della biblioteca. “I bambini che arrivano qui hanno problemi di natura diversa – spiega Gabriela Villaizan, psicologa – e per alcune delle ragazze che seguiamo è necessario anche un supporto di tipo psichiatrico”. È qui, nella biblioteca della Casa della cultura che il Ceprof cerca di costruire per questi bambini un’alternativa alla strada. Nella strada, infatti, non c’è futuro, e molti giovani cercano rifugio nelle bande di quartiere, nelle Pandillas. È in questa realtà che il Ceprof è ora impegnato a portare avanti un’altra scommessa: utilizzare la Casa della cultura come base d’appoggio per sviluppare un progetto di turismo responsabile, solidale e alternativo. Per i turisti, come Marina e Gianni, una giovane coppia di liguri appena sbarcata all’aeroporto internazionale Jorge Chàvez di Lima e che incontriamo alla Tablada de Lurin, il centro organizza tours per conoscere le realtà sociali e associative dei “Pueblos Jòvenes”, le città giovani della Tablada de Lurin e del vicino quartiere di Villa El Salvador. A chi vuole conoscere l’altra faccia della capitale peruviana il Ceprof offre accoglienza al primo piano dell’edificio che ospita la biblioteca, una struttura di recente costruzione, pulita e accogliente, con sei stanze doppie o multiple, alcune con bagno privato e tutte dotate di acqua calda. Le entrate derivanti da un’attività turistica su piccola scala servono a finanziare i progetti che, da anni, il centro porta avanti in questa realtà periferica di Lima. Per noi è quasi l’ora di lasciare il Perù, Sandra continuerà a seguire le ragazze e a dar voce alle loro storie. Salutiamo l’hogar e facciamo un’ultima salita al cerro calvario. Da qui, sopra la Tablada de Lurin, si scorge, confusa nel grigio della foschia, come una lontana speranza, anche la linea del mare. Ma il riscatto dei “Pueblos Jovenes” è qui ed ora, in mezzo alla sabbia e alle stuoie, perché il grande arenal, il deserto, può diventare una terra fertile, grazie alla vitalità, alla fantasia e al sorriso di questi bambini e bambine. Un sorriso che non possiamo spegnere. 61