La biodiversità e i macrodescrittori della

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La biodiversità e i macrodescrittori della
Biol. Mar. Mediterr. (2008), 15 (1): 450-456
F. Boero, A. Rinaldi*
DiSTeBA, Università del Salento - 73100 Lecce, Italia.
[email protected]
*ARPA Emilia – Romagna Struttura Oceanografica Daphne, V.le Vespucci, 2 – 47042 Cesenatico (FC), Italia.
LA BIODIVERSITÀ E I MACRODESCRITTORI
DELLA STORIA DELL’ADRIATICO
BIODIVERSITY AND MACRODESCRIPTORS
OF THE ADRIATIC SEA HISTORY
Abstract – Macrodescriptors such as changes in seasonal patterns modifying temperature trends, presence of key events such as gelatinous plankton blooms, red tides, mucilages and mass mortalities, contribute to define the history of any ecosystem. In the Mediterranean sea, these events, together with many
others, are leading to a drastic change in environmental conditions, probably driven by global warming.
Coastal biota are subjected to the northward spread of species typical of the southern part of the basin
(meridionalization), being also changed by the arrival and establishment of tropical species, entering either
from the Suez Canal or from Gibraltar and being also introduced by human transport. Changes in the
patterns of deep water formation near the surface, leading to the Eastern Mediterranean Transient, affect
also the deep sea. These changes in the biota of a small basin like that of the Mediterranean possibly
reflect what will happen in the world ocean, where changes are slower due to the large scale of the basin.
Monitoring (the regular repetition of a standardized set of measures) and observation (the recording of
any phenomenon that deviates from regular patterns and processes, i.e. monitored ones) are crucial to
describe and understand the world around us.
Key-words: Mediterranean Sea, macrodescriptors, global change, monitoring, biodiversity, history.
Il Mediterraneo: un oceano su piccola scala
In un periodo di riscaldamento globale, i bacini piccoli sono più sensibili alle variazioni e, oltre a rispondere prima degli oceani, manifestano segnali più chiari. Il Mediterraneo è a tale riguardo emblematico, un laboratorio perfetto per testare gli effetti
dei mutamenti climatici in atto. Se a questa condizione si aggiungono le informazioni
provenienti dall’Alto e medio Adriatico, il panorama degli effetti può assumere una
connotazione ancor più definita.
Il ruolo dell’Adriatico rispetto al Mediterraneo Orientale
Se l’Adriatico fosse una specie, le potrebbe essere attribuito un ruolo keystone
rispetto alla comunità rappresentata dal Mediterraneo, rivestendo un ruolo ecologico
molto più importante di quello che la sua dimensione quantitativa lascerebbe presumere.
Come è noto, in Adriatico si forma acqua densa che, affondando, contribuisce al
rinnovamento dell’acqua profonda del Mediterraneo orientale: un ruolo simile viene
giocato dal Golfo del Leone e, in parte, dal Nord Egeo. Se questo contributo dovesse
ridimensionarsi, tutto il Mediterraneo ne risentirebbe. Le nuove acque profonde, originate in Adriatico, fanno risalire le acque residenti in profondità, impedendo una
stratificazione del bacino (Bianchi et al., 2006) (Fig. 1).
La ricostruzione della storia di un bacino è possibile solo attraverso la continua
valutazione dello stato dell’ambiente, un’attività che, pur abbandonata in tempi recenti,
si sta rivelando oggi di vitale importanza per valutare l’entità del cambiamento ormai
innegabile delle condizioni dell’ambiente planetario. La straordinaria quantità di dati
raccolti in oltre 30 anni dalla Struttura Oceanografica Daphne dell’ARPA EmiliaRomagna (ARPA 1982-2006) e dal Centro Ricerche Marine di Cesenatico rappresenta
una eccezione virtuosa a questa tendenza. In tale ottica l’Adriatico può essere conside-
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rato un caso di studio del tutto particolare, soprattutto se lo si considera come unità
ecologica intesa come bacino padano- adriatico.
Fig. 1 - La circolazione termoalina nel Mediterraneo. Una corrente superficiale entra da Gibilterra,
percorre tutto il bacino e torna indietro in profondità. In superficie, nel Golfo del Leone e
nelle parti settentrionali di Adriatico ed Egeo, si formano future acque profonde che affondando, fanno risalire le acque profonde (da Bianchi et al., 2006).
Thermohaline circulation in the Mediterranean Sea. A surface current enters from Gibraltar, crosses
the whole basin and a deep countercurrent outflows from Gibraltar. Deep waters are formed at the
surface both in the Gulf of Lions and in the Northern Adriatic and Aegean Seas, they sink and cause
the surfacing of resident deep waters (after Bianchi et al., 2006).
Il condizionamento dei fiumi
È oramai condivisa l’opinione secondo la quale le condizioni fisico-chimiche, trofiche e biologiche dell’alto Adriatico siano fortemente condizionate, sia negli eventi
estremi che in quelli ricadenti nella norma, dagli apporti fluviali che a corona confluiscono nella parte nord-occidentale del bacino.
Dalla metà degli anni ’80 le portate del Po e degli altri fiumi minori che riversano
le loro acque nell’Alto Adriatico iniziano a diminuire (Fig. 2) con una tendenza che
potremmo definire progressiva.
Fig. 2 - Valori medi delle portate del Po in primavera, dal 1917 al 2007.
Average values of the outflows of the Po river in the spring, from 1917 to 2007.
Conseguentemente i valori di salinità mostrano significativi incrementi rispetto ai
valori medi calcolati sul medio periodo (Fig. 3).
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Fig. 3 - Valori di salinità misurati in Adriatico nel mese di luglio, dal 1984 al 2006.
Salinity values, measured in the Adriatic Sea in July, from 1984 to 2006.
A questo si aggiunga l’incremento delle temperature (Fig. 4) delle acque marine
superficiali che in Adriatico stanno manifestando incrementi generalizzati anche se si
accentuano nel periodo estivo autunnale con circa 2.5 °C rispetto la norma.
Fig. 4 - Anomalia di temperatura massima annuale media sulla regione Emilia-Romagna.
Anomaly of maximum average yearly temperature in the region Emilia-Romagna.
Il cambiamento e l’Eastern Mediterranean Transient
I cambiamenti significativi della fisica nelle acque del bacino si riverberano sulle
condizioni idrologiche strutturali e, conseguentemente, sulle stratificazioni e sulle
correnti. A tal riguardo si stanno notando cambiamenti dei flussi delle correnti nei
periodi invernali e primaverili. In diversi casi si sono registrate correnti di tipo estivo
in pieno inverno con una complessiva riduzione dei flussi e dei processi di ricambio
con le acque mediterranee. Queste condizioni, nel loro insieme, si ripercuotono sulla
biologia del bacino con esaltazione di processi noti e da tempo monitorati quali la
tropicalizzazione e la meridionalizzazione.
Le anomalie climatiche e le loro ripercussioni sul sistema strutturale del bacino
hanno già generato un significativo ridimensionamento dell’apporto di acque adriatiche nelle profondità del Mediterraneo orientale; anomalia nota come “Eastern Mediterranean transient” (CIESM, 2000) (Fig. 5).
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Fig. 5 - Si arresta il ruolo dell’Adriatico Settentrionale come sito superficiale di formazione di acque
profonde (linea tratteggiata). Le acque profonde del Mediterraneo Orientale si formano in
superficie nell’Egeo Settentrionale. Il fenomeno ha avuto luogo dal 1995 al 1999 (da Theocharis et al., 2002).
The role of Northern Adriatic as site of deep water formation near the surface comes to a stop (dotted
line). Eastern Mediterranean Deep Waters are formed at the surface of the Northern Aegean Sea,
during 1995-1999 (after Theocharis et al., 2002).
I biota adriatici
L’aspetto saliente del ruolo chiave del bacino è la temperatura mediamente inferiore rispetto al resto del Mediterraneo. L’Adriatico, di conseguenza, ospita un biota
ad affinità boreale, con molte specie endemiche (Boero e Bonsdorff, 2007). Una per
tutte: Fucus virsoides, l’unico rappresentante di Fucus in Mediterraneo. In tempi di
riscaldamento globale, è facile che queste specie si trovino ad affrontare situazioni
critiche. Tenere “sotto controllo” lo stato dell’Adriatico è quindi di importanza strategica, sia per monitorare effetti diretti del cambiamento (la crisi delle specie boreali ad
affinità fredda), sia per valutare effetti su scala di bacino, come il già citato “transient”.
La storia dei biota dell’Adriatico ci mostra che il bacino ha sempre manifestato
particolari fenomenologie (Vollenweider et al., 1992). Le mucillagini sono avvenute
almeno da quando la memoria umana viene registrata sotto forma scritta. Casi acuti
di eutrofizzazioni (Rinaldi et al., 1988) con crisi anossiche dei fondali hanno manifestato una significativa recrudescenza negli anni ‘70 e ’80 del passato secolo (Rinaldi
et al., 1993) . Nonostante tali crisi, prima degli anni Ottanta, l’Adriatico era il più
pescoso mare italiano. Poi un’eccessiva erosione antropica della risorsa e una serie di
eventi, descrivibili come “macrodescrittori” (Boero, 2007), ne ha segnato la storia. La
sequenza temporale degli eventi riguarda i bloom di meduse, soprattutto Pelagia noctiluca nei primi anni ottanta (oggi da Aurelia aurita), seguiti poi da maree rosse, da crisi
anossiche con mortalità massive, dalla regressione di alcune specie importantissime
come la vongola, dall’introduzione della vongola filippina e, infine, da mucillagini
(Boero, 2001). Un mare dominato da pesci ha subito una graduale “regressione paleontologica” con semplificazioni crescenti, un fenomeno globale (Boero et al., 2008),
ma particolarmente acuto in Adriatico. I pesci sono nettamente diminuiti per essere
sostituiti dai metazoi più antichi tra quelli attuali (le meduse) a loro volta sostituite
da protisti fotosintetici o mixotrofici, a loro volta sostituiti da una predominanza batterica (Fig. 6).
L’ecosistema adriatico è andato indietro nel tempo. Questi eventi, purtroppo studiati in modo scollegato, non sono di solito interpretati come una serie storica bensì
come una sequenza a-storica di accadimenti scollegati tra loro. La situazione attuale,
comunque, risente ancora di queste semplificazioni ecologiche e stenta a stabilizzarsi,
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e forse non si stabilizzerà mai. I macrodescrittori biologici a volte sono il risultato
di macrodescrittori fisici, come l’incremento della temperatura, la diminuzione degli
apporti fluviali. A volte, però, potrebbero innescare processi fisici di enorme importanza.
Fig. 6 - La storia dell’Adriatico, dagli anni settanta ad oggi. Nella prima colonna è raffigurata una
situazione che vede grande pescosità sia nella colonna d’acqua (larva di pesce) sia sul fondo
(bivalve). Nella seconda colonna sono raffigurati i bloom di meduse dei primi anni ottanta,
seguiti poi dalle maree rosse causate da dinoflagellati, e dalle mucillagini causate da batteri.
Tali eventi sono a volte mitigati dai bloom di taliacei. La situazione di oggi (ultima colonna
a destra) vede una coesistenza di tutti i fenomeni, con diminuzione della pescosità (Disegno
di Alberto Gennari e Fabio Tresca).
The history of the Adriatic Sea, from the Seventies to the present. The first column depicts a situation
with high fisheries yields both in the water column (fish larva) and on the bottom (bivalve). Jellyfish
blooms of the early Eighties are figured in the second column, then followed by dinoflagellate red tides,
and by mucilages caused by bacterial activity. These events are sometimes mitigated by thaliacean
blooms. The present situation (last column to the right) is characterized by the coexistence of all phenomena, with lower fisheries yields (drawing by Alberto Gennari and Fabio Tresca).
Accecati dai dettagli e dalle previsioni matematizzate
L’Eastern Mediterranean Transient non è stato predetto da modellizzazioni matematiche tese a “prevedere” il futuro comportamento del Mediterraneo. La scoperta è
stata fatta casualmente, durante una crociera oceanografica, quando si è visto che le
acque profonde dello Ionio non portavano la tipica “marca” nord adriatica ma, bensì,
quella del nord Egeo. Sembrerebbe quasi infantile prevedere che, in un periodo di
riscaldamento globale, la produzione di acque superficiali destinate a diventare profonde a causa delle loro basse temperature possa subire delle alterazioni, e persino un
arresto. Si tratta di un collegamento talmente ovvio che, come la lettera nascosta di
Edgar Allan Poe, sfugge all’osservazione di chi si concentra sui dettagli. Le parole di
Poe descrivono benissimo come l’ovvio sia spesso poco percepibile: “There is a game
of puzzles,” he resumed, “which is played upon a map. One party playing requires another to find a given word --the name of town, river, state or empire --any word, in short,
upon the motley and perplexed surface of the chart. A novice in the game generally seeks
to embarrass his opponents by giving them the most minutely lettered names; but the
adept selects such words as stretch, in large characters, from one end of the chart to the
other. These, like the over-largely lettered signs and placards of the street, escape observation by dint of being excessively obvious; and here the physical oversight is precisely
analogous with the moral inapprehension by which the intellect suffers to pass unnoticed
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those considerations which are too obtrusively and too palpably self-evident. But this is a
point, it appears, somewhat above or beneath the understanding of the Prefect. He never
once thought it probable, or possible, that the Minister had deposited the letter immediately beneath the nose of the whole world, by way of best preventing any portion of
that world from perceiving it.” La precisione e la matematizzazione possono impedire
di apprezzare fenomeni di una banalità disarmante.
L’EMT ha avuto ripercussioni sulla biodiversità del mare profondo (e.g. Danovaro et al., 2004) e, se dovesse ripetersi, potrebbe anche causare un cambiamento
di regime che porterebbe il Mediterraneo Orientale a condizioni di continua stratificazione, soprattutto se venisse a mancare anche la formazione superficiale di acque
profonde nel Nord Egeo.
Se il riscaldamento globale porterà ad un aumento di temperatura nelle acque del
Nord Adriatico, saranno anche i biota locali a risentirne, come rimarcato in precedenza. Un inventario delle specie ad affinità fredda endemiche dell’Adriatico Settentrionale porterebbe automaticamente ad una lista di specie minacciate dal riscaldamento globale. Come notato da Boero e Bonsdorff (2007), tra queste specie ve ne sono
alcune che non sono segnalate da più di un secolo! Forse il riscaldamento globale ha
già fatto delle vittime e non ce ne siamo accorti.
Ecologia storica
L’insieme di questi fatti, di questi accadimenti, di queste tendenze, merita di essere
studiato non solo in modo riduzionista, analizzando con accuratezza “anatomo-fisiologica” ogni singolo evento, ma anche in modo più strettamente ecologico e storico,
cercando possibili nessi causali tra gli eventi (i macrodescrittori). In questo contesto le
serie storiche sono di estrema importanza e sono l’unico mezzo che ci permetterà, in
futuro, di capire l’odierno attraverso la storia.
Il monitoriaggio standardizzato è di importanza basilare, ma si basa su una serie di
osservazioni che derivano da contingenze che, poi, diventano routine. Il cambiamento,
però, è a volte generato da situazioni anomale, che generano anche i cambiamenti di
regime (Boero et al., 2008), come potrebbe essere avvenuto in Adriatico a causa dei
bloom di Pelagia nei primi anni ottanta.
È estremamente importante che al monitoraggio venga affiancata un’attività di
osservazione. Se la routine del monitoraggio non prevede, ad esempio, la raccolta di
taliacei (a causa della loro rarità), l’osservatorio dovrebbe comunque segnalarne la
presenza. Ogni evento macroscopico dovrebbe essere registrato, anche se il protocollo
del monitoraggio non lo prevede.
L’uomo è attirato dalle regolarità e cerca di trovare, in tutti i sistemi che osserva,
dei segnali che permettano di scoprire regole, generali, leggi che, con la loro applicazione, permettano di “prevedere il futuro”: se accade questo… allora accadrà quello.
Queste “leggi” nei sistemi complessi ci permettono solo di dire che le previsioni sono
intrinsecamente impossibili (Benincà, 2008). Il monitoraggio e l’osservazione ci servono per descrivere e per capire, per individuare tendenze e cambiamenti di regime.
La storia si comprende in questo modo: si descrive e si comprende, ma non si prevede.
Anche se conoscerla dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori del passato.
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