Divinis® è lieto di proporvi

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Divinis® è lieto di proporvi
Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi
“DI...VINO, MA NON SOLO…”
Martedì 11/2/2014
Il Barolo comune per comune:
Serralunga d’Alba
Barolo Cascina Francia 2007
Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° ~ Euro 120,00
Barolo Riserva Vigna Rionda X Anni 2001
Massolino ~ Serralunga d’Alba (CN)
Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14°
Barolo Otin-Fiorin Piè Rupestris-Nebioli 2006
Cappellano ~ Serralunga d’Alba (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° ~ Euro 50,00
Barolo Boscareto 2007
Ferdinando Principiano ~ Monforte d’Alba (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 15° ~ Euro 77,50
Barolo Cerretta 2005
Luigi Baudana ~ Serralunga d’Alba (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° ~ Euro 60,00
Barolo Serralunga 2008
Luigi Pira ~ Serralunga d’Alba (CN)
Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 36,00
Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%.
Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità.
Terreni
I terreni delle zone del Barolo e del Barbaresco, che si sono formati in Età Serravalliana (o
Elveziana) e Tortoniana, sono composti da marne argillocalcaree sedimentarie, intercalate da
arenarie più o meno importanti, di colore grigio-azzurro (Marne di Sant'Agata, conosciute
localmente con il termine di tov e costituite da 30% di sabbia, 55% di argilla, 15% di
calcare), da strati di sabbia più o meno compatta e da arenarie di colore grigio-bruno e
giallastro (Arenarie di Diano), da strati di sabbia o di arenaria grigio-rossastri alternati a
marne grigie (Formazione di Lequio). Le Marne di Sant'Agata che troviamo a La Morra e
Barolo danno dei vini eleganti e profumati, di maturazione un po' più veloce, mentre le
Arenarie di Diano (Castiglione Falletto e parte di Monforte d'Alba) e la Formazione di
Lequio (parte di Monforte d'Alba e Serralunga d'Alba) danno origine a vini più alcolici, più
robusti e più longevi. Nella zona del Barbaresco predominano le Marne di Sant'Agata di
origine tortoniana.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Serralunga d’Alba
Un colle fasciato da magnifici vigneti, già dei marchesi Falletti, che vi ricavarono splendidi vini per la corte di
Torino. Si raggiunge da Alba, imboccando la provinciale per Barolo e, dopo Gallo, svoltando in direzione di
Serralunga, dove si arriva percorrendo una panoramica strada a mezza costa. Primo impatto con la storia del
paese sono, sulla sinistra, i vigneti e le cantine di Fontanafredda, volute nel 1878 da Emanuele di Mirafiori.
Sapientemente restaurata, si conserva, all'interno della tenuta, la Casa di Caccia della Bela Rosin, talamo della
nota tresca tra Vittorio Emanuele II e la bella popolana Rosa, diventata poi contessa di Mirafiori e moglie
morganatica del re. Da qui, in una manciata di minuti, si raggiunge Serralunga, passando per la frazione
Baudana. In alto svettano i tre cioché, biglietto da visita – in lingua locale – del castello più bello della
Langa: nient'altro che le tre torri campanarie, una diversa dall'altra, che donano al maniero l'originale sviluppo
ultra-verticale. In mezzo, spartiacque tra il cotto del castello e il verde dei ben 29 cru di Barolo, il borgo
medioevale, pressoché intatto e dalla caratteristica disposizione a raggiera.
Costruita in laterizio tra il 1340 e il 1357 da Pie-trino e Goffredo Falletti, la fortezza fu concepita con criteri di
solidità e sicurezza adatti alla tecnica bellica del tempo antecedente alle armi da fuoco. La verticalità
dell'edificio, oltre a mantenere la funzione dell'avvistamento, doveva scoraggiare gli eventuali assedianti, come
del resto il fossato che un tempo circondava la costruzione, accessibile solo attraverso un ponte levatoio.
Inoltre, la disposizione radiale delle abitazioni intorno permetteva ai civili di potersi ritirare al sicuro in tempo
utile. Allineato con gli altri castelli dei Falletti, utilizzava, in epoca antica, il semplice ma efficace sistema della
telegrafia ottica: per comunicare con gli altri feudatari si usavano fiaccole notturne e drappi colorati di giorno.
La semplice pianta quadrilatera è stretta agli angoli dalla torre cilindrica e dal mastio quadrato, mentre una
terza torretta pensile, ispirata all'architettura medievale francese, sorge dall'affilato spigolo di nord-ovest. Il
piano residenziale è segnalato dalle finestre bifore che, con tracce di merli ghibellini e fasce di archetti pensili,
sono le sole decorazioni concesse al severo edificio. Nel 1950, su iniziativa dell'allora presidente della
Repubblica Luigi Einaudi, fu oggetto di un restauro conservativo ed è oggi di proprietà dello Stato. Vi si sale
dalla parte bassa del paese, attraverso una porta tagliata nella cinta muraria e varrà la pena fare una
passeggiata per il borgo, per le stradine rampanti, sotto il campanile cuspidato d'impostazione romanica
dell'ex-parrocchiale.
Infine, non rimane che accomodarsi a bere un bicchiere e magari brindare alla salute dei Cappellano, brillanti
vinificatoci di fine secolo in quel di Serralunga. Giovanni, proprietario di un albergo albese, lanciò in paese la
moda dell'uva dolcetto quale toccasana contro l'anemia, mentre il fratello farmacista, Giuseppe, confezionava
(e vendeva nella sua bottega torinese) il celebre Barolo Chinato, realizzato con l'ausilio di 13 droghe orientali:
digestivo e panacea contro ogni male.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Le Vigne
Vigna Rionda
Se chiedete agli abitanti di Serralunga di elencarvi i tre migliori vigneti del paese, state pur
certi che tra questi non mancherà mai la Vigna Rionda. È questo un cru storico convalidato
da una plurisecolare qualità delle uva e della ricerca che di queste è stata fatta per molti
anni dai migliori nomi dell’enologia langarola. I buoni vinificatori, infatti, hanno sempre
cercato di acquistare le uve delle grandi vigne, come testimonia il monfortese Giovanni
Gagna in una relazione sulla fabbricazione del vino nelle Langhe redatta per l’Inchiesta
Agraria del 1879. Scrive Gagna: “Facendosi la fabbricazione del vino ogni anno più per
oggetto di speciale industria, parecchi industriali reconsi nelle campagne ad impegnare le
uve delle migliori posizioni ed esposizioni, ed altrimenti invitano i proprietari a portarsi loro
per trattarne l’acquisto”. Dall’uva nebbiolo della Vigna Rionda si ottengono Baroli di grande
struttura, piuttosto tannici e votati al lungo invecchiamento. “Il Barolo di Serralunga, di
Vigna Rionda, Parafada, Lazzarito e altre vigne, ha bisogno di tempo per maturare. Con la
pazienza si ottiene un vino che non teme rivali” (Giaculin Anselma).
I dati anagrafici di Vigna Rionda sono i seguenti: altitudine tra 300 e 350 metri, esposizione
prevalente mezzogiorno, estensione di quasi 30 giornate piemontesi (oltre 10 ettari). Questo
cru è stato portato alla notorietà mondiale dall’azienda Bruno Giacosa di Neive, che con il
suo Barolo Collina Rionda — prodotto sino al 1993 — ha deliziato generazioni di amanti del
buon vino.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Francia
Dalle Ginestre di Monforte si può ammirare il grande, regolare e compatto vigneto Francia
che, sul versante ovest di Serralunga, è posto tra l’Arione e il Bosco Areto. L’altitudine tra i
420 e i 370 metri fa capire che ci stiamo avvicinando al comune di Rodino, ai limiti della
zona del Barolo. In effetti, in questa zona un tempo si coltivavano prevalentemente dolcetti,
freise e barbere; solo più recentemente sono strati piantati i nebbioli. I risultati sono stati e
sono, a nostro avviso, eccellenti, poiché la composizione del terreno e la buona esposizione
delle vigne (sud-ovest) consentono di produrre ottima materia prima. Ovviamente non
avremo qui i Baroli eleganti e relativamente morbidi di Barolo, Castoglione Falletto e La
Morra ma, viceversa, Barolo ricco di tannino, in grado di esprimere le sue potenzialità dopo
almeno sette o otto anni di affinamento. In fondo, le presenza sullo stesso territorio
comunale di cru come Francia e Gallaretto aiuta a cogliere la varietà di caratteristiche delle
uve di cui è ricca Serralunga. Francia supera i 10 ettari di estensione.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Gabutti
Non crediamo di sbilanciarci troppo nell’affermare che con i Gabutti inizia una teoria di
vigneti, sul fianco di una collina che può definirsi la più interessante e la più prestigiosa del
comune di Serralunga, ai massimi livelli dell’intera zona del Barolo. Il vigneto Gabutti e i
limitrofi Parafada e Lazzarito vennero classificati da Ratti come sottozone di prima categoria
dalle elevate caratteristiche qualitative. Nel fare questa scelta Ratti fu, senza alcun dubbio,
confortato dalla diffusa convinzione dei viticoltori della zona, da antiche e consolidate
gerarchie nel senso comune della gente, ma anche dai rapporti commerciali: “quando
portavamo le uve a Fontanafredda, le pagavano sempre due lire in più che le uve di altri
comuni”. Affermazioni come questa sono state fatte da diversi vignaioli della zona e sarebbe
interessante poterle documentare attraverso i documenti contabili delle aziende storiche.
Purtroppo, molta documentazione di questa natura è andata distrutta ed è difficile ricostruire
un’attendibile storia commerciale del Barolo.
Tornando al vigneto Gabutti, la zona vitata è situata sotto la borgata ed è raggiungibile
tramite la strada vicinale di Parafada, delimitata ad ovest per un tratto dalla stessa strada e
poi dal netto cambiamento di direzione della collina; a est è confinante con Parafada tramite
una lunga capezzagna. L’esposizione (mezzogiorno pieno) e la pendenza dei vigneti, oltre
al riparo dal vento, fanno sì che esista in questa zona un microclima favorevolissimo alla
coltivazione del nebbiolo. Altri dati anagrafici dei Gabutti sono: altitudine attorno ai 320
metri, estensione su una ventina di giornate piemontesi (meno di 8 ettari). Dalla borgata
Gabutti si ha una bella visione non solo del borgo di Serralunga e del suo meraviglioso
castello, ma anche del maniero di Castiglione Falletto e palazzotto di Perno.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Cerretta
Questa zona, che ha al proprio centro la borgata omonima da cui si dipartono alcune strade
vicinali con orientamenti differenti, contiene vigne con diverse esposizioni. Il versante che
guarda la frazione Baudana, con le vigne volte a sud-ovest, confina con la strada provinciale
Alba-Serralunga; la parte che si affaccia sulla valle Talloria presenta, invece, un'esposizione
est/sud-est, con due vigneti ben distinti: il primo – a nord del dirupo – arriva sin quasi
alla cascina Teodoro, mentre il secondo – che ha per limite la strada vicinale del Teodoro
– giunge quasi sino alla cascina Sordo. Il piccolo borgo di case dalla caratteristica
conformazione degli agglomerati di campagna, con un cortile che si affaccia sull'altro, porta
a un'altezza di 380 metri su un piccolo altopiano. Di qui si può ammirare il vigneto Sorano
e i sorì del comune di Diano d'Alba sul versante della vallé Talloria. Buona parte di queste
vigne apparteneva all'inizio del secolo a Tota Virginia Ferrero, che le affidava a mezzadria ai
contadini della zona. Prima ancora, la Cerretta, come buona parte del comune di Serralunga,
era di proprietà dell'Opera Pia Barolo, come testimonia un minuzioso registro redatto nel
1859. L'intera area vocata si estende su una ventina di giornate piemontesi (meno di 8
ettari).
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Bosco Areto o Boscareto
Un tempo, la cascina Areto era immersa in un folto bosco e fino all'inizio degli anni Venti
molta parte dell'attuale Langa viticola si presentava coperta da macchie di alberi nelle
posizioni meno vocate, da prati per il pascolo al fondo delle vallette e da altre coltivazioni,
come voleva l'economia mista dei contadini d'allora. Anno dopo anno, con la valorizzazione
del vino e l'imporsi della monocoltura viticola, molto terreno venne conquistato dalle vigne,
sino a cambiare decisamente il paesaggio. Oggi, quella cascina immersa nel bosco domina
una grande estensione di viti; ma la parte della collina ben esposta a mezzogiorno, dove già
allora si trovavano nebbioli e barbere, continua a rimanere una zona dalle grandi
caratteristiche qualitative e noi come tale la segnaliamo. Sono circa 32 giornate piemontesi
(12 ettari), che si sviluppano in direzione sud e ovest rispetto alla cascina e che confinano
con il vigneto Francia e la strada provinciale che porta a Roddino. Di fronte al Bosco Areto,
sul versante monfortese, si trova la zona delle Ginestre; ma, più in generale, da questo
punto di osservazione si possono ammirare i migliori cru di Monforte. Storicamente, la
lunga striscia vitata posta sotto la zona Francia appartiene ancora al Boscareto; ed è proprio
in questa zona che Ferdinando Principiano di Monforte raccoglie le sue uve.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Cappellano
La storia della cantina può essere raccontata prendendo come inizio il notaio Filippo
Cappellano, mio bis-bisnonno, ricco possidente con la passione per la terra. Questi a 48
anni fonda l’azienda, accorpando nella proprietà ben 150 giornate piemontesi (circa 60
ettari) di terreno coltivabile. Alla sua morte il figlio Giovanni, enologo, proseguì nella
conduzione dell’azienda, ristrutturando la cantina in quel di Alba, e realizzando due impianti
alberghieri (ad Alba ed a Serralunga), muniti dei migliori servizi per soddisfare il turismo
ligure-piemontese. A Serralunga inventò la famosa “cura dell’uva”, istituendo un servizio di
carrozze per il collegamento con la stazione ferroviaria di Alba.Nel 1889 all’Esposizione
universale di Parigi, quella in cui fu eretta la Tour Eiffel per commemorare il centenario
della Rivoluzione, la cantina Cappellano si conquistò la medaglia di bronzo. Probabilmente
l’attento bisnonno si era recato in Francia onde conquistare quel mercato, giacché le viti
francesi erano già colpite della fillossera e si stava formando una apertura verso l’estero.
Oltre quella medaglia, Giovanni partecipò e vinse molti altri diplomi, medaglie e
benemerenze. Il fratello Giuseppe si laureò in farmacia, e scelse la strada industriale
vinicolo-farmaceutico. Produsse in quel periodo le prime gelatine d’uva, guadagnandosi una
medaglia d’oro alla mostra internazionale, mosti concentrati curativi e inventò quel
monumento della nostra enologia che è il Barolo Chinato. Ma l’avventura industriale di
Giuseppe durò poco: nel 1912 il fratello Giovanni morì, colpito da una febbre tropicale
contratta in Tunisia (ove si era recato per cercare un vitigno resistente alla fillossera), e lui
decise di prendere in mano l’azienda di famiglia. La storia di Giuseppe veniva raccontata
dagli anziani del paese che ricordavano il burbero galantuomo, padre padrone della
maggior parte delle uve di questo territorio. L’accordo stipulato con la casa Gancia di
Canelli, che gli aveva affidato l’incarico di vinificare con il marchio Mirafiori, i “Vini Fini”
dell’Albese, rese mio pro-prozio il più grande acquirente di uve della zona. E non solo
Gancia, ma così fecero anche altre famose cantine piemontesi. Era tanta la quantità di uve
acquistate, che durante il periodo vendemmiale non era cosa rara vedere interminabili file di
carri davanti alla cantina. Nel 1955 Giuseppe morì, lasciando ai posteri un capitale che a
causa di alterne e complesse vicende ereditarie venne frammentano. Sul finire degli anni ‘60
mio papà, Teobaldo Cappellano, che era nato e cresciuto in Eritrea, arrivò a Serralunga, e
dopo aver riconquistato il marchio Cappellano, ripartì da zero. Non più in centro al paese,
con non poche fatiche, ricostruì l’azienda, nella struttura e nell’immagine. Dimensioni ben
più piccole, grandissima qualità. E, ovviamente, il Barolo Chinato. Anarchico, sognatore,
testone e anticonformista. La sua lotta non fu solo per la cantina, ma anche per la zona del
Barolo, impegnandosi attivamente nel Comune di Serralunga, all’interno del Consorzio, e
come presidente dell’Enoteca Regionale del Barolo (solo per dirne alcune). Ed ora è il mio
turno, quinta generazione.
Tratto dal Sito dell’Associazione Vini Veri
Luigi Pira
Nel nome del Barolo. La famiglia Pira è legata alle colline di Serralunga d’Alba, terra di
grandi vini, dalla fine dell'800. Dagli anni ’50, Luigi Pira trasforma l’azienda verso un
indirizzo vitivinicolo e, nei decenni successivi, vende uva e vino sfuso alle grandi cantine
dell’Albese che ricercavano il pregiato prodotto del territorio di Serralunga d’Alba. Un primo
passo che segna un’impronta indelebile scolpita in questa terra che sa regalare al viticoltore
vini rossi di grande qualità, tra i quali regna il Barolo. Nei primi anni ’90, con l’entrata di
Gianpaolo e Romolo, figli di Luigi, l’identità con questo grande vino di Langa prende
sempre più corpo, e l’alta qualità è la vera protagonista. Oggi Gianpaolo è stato affiancato
nel suo lavoro anche dai fratelli Romolo e Claudio. Il vino prodotto dalle uve delle vigne
storiche di famiglia, viene imbottigliato tutto, i crü del Nebbiolo da Barolo vengono vinificati
singolarmente e nascono le etichette corrispondenti: Barolo Vigna Marenca, Barolo Vigna
Margheria, Barolo Vignarionda. Senza dimenticare il Barolo Serralunga. I due aspetti
fondamentali degli ultimi anni sono stati quello di puntare da subito su un vino che
rispecchiasse la qualità dell’uva, grazie alle caratteristiche uniche delle colline di Serralunga
d’Alba, che sono collocate nel cuore della zona di produzione del Barolo. Accanto a questo
il lavoro mirato svolto con Marc De Grazia, in nome della qualità, anche in chiave
commerciale. Ed il mercato premia questa filosofia, soprattutto in Europa ed in America del
Nord. Legame con il territorio, qualità e selezione: il Barolo racconta così la Cantina Pira
Luigi di Serralunga d’Alba. Dagli anni ’90 la cantina è stata modernizzata pensando
soprattutto alla produzione del Barolo di alta qualità. I locali sono stati restaurati ed ampiati,
le attrezzature rinnovate, unendo la tradizione e la tecnologia. Nella cantina della Pira Luigi
si fa qualità, data dall’equilibrio degli elementi che il territorio di Serralunga d’Alba dona
all’uva. Nei locali vinificazione, affinamento e stoccaggio bottiglie, si respira il profumo di
grandi vini rossi: Barolo, Langhe Nebbiolo, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba. Ma il re è senza
dubbio il Barolo e, nelle fasi di crescita che permettono la maturazione del vino, Gianpaolo
è molto attento.
Le fermentazioni avvengono in fermentini meccanizzati a temperatura controllata, e per
l’affinamento vengono usate, a seconda dei vini, sia piccole botti francesi da 225 e 500 litri,
sia botti grandi di rovere di Slavonia da 2500 litri. Un uso del legno ben preciso: il Barolo
può trovare in questo strumento un mezzo per essere valorizzato, ma solo se si ottiene il
giusto equilibrio tra il vino, il territorio, la tradizione e l’innovazione. La cantina accoglie il
vino: qui il territorio del Barolo si deve esprimere al meglio, secondo la filosofia della
Cantina Pira Luigi.
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
Ferdinando Principiano
Essere langaroli significa avere un rapporto indissolubile con la terra, le viti ed il vino,
pertanto è stato naturale attingere le nostre radici nella viticoltura già dai primi del '900 con
l'acquisto di vigne e terreni. Una passione, un lavoro che di generazione in generazione è
giunto nelle mie mani, con la speranza di saperlo conservare e migliorare nel pieno rispetto
della natura. Assecondare le viti con gesti ed attenzioni, complicità e trasporto, è una
necessità che coinvolge tutta la mia famiglia per restituire il carattere della nostra terra alla
barbera, al barolo, al dolcetto e al nebbiolo, che sono il frutto spontaneo delle nostre azioni
e della nostra istintiva inclinazione. Il mio accento piemontese, quello spagnolo di mia
moglie, quello macedone dei ragazzi, gli schiamazzi dei miei figli, si mescolano e liberano
nel cielo con impeto e speranza ad ogni raccolto, accolti dagli alberi e resi a chi vorrà
conoscerci.
Le uve nebbiolo di mia proprietà maturano su due ettari di terreno con vigne di oltre
quarant'anni. L'enorme cura della pianta con tecniche naturali, importanti diradamenti, ed
ottime esposizioni sul versante sud-ovest del Boscareto, a Serralunga d'Alba permettono di
raggiungere la piena maturazione e di vendemmiare solitamente ad inizio ottobre.
Senza essere diraspate le uve vengono pigiate con i piedi a cui segue una fermentazione
alcolica senza inoculo di lieviti e senza solforosa, che varia dai 40 ai 90 giorni a seconda
delle annate. L'affinamento di trentasei mesi avviene in botti di rovere da 30 ettolitri e
successivamente nelle circa 4.000 bottiglie prodotte.
Boscareto si divide esclusivamente tra due aziende. Battasiolo, le cui vigne occupano la
parte superiore a ridosso del Resort Deluxe (di loro proprietà) e, appunto, Principiano. Le
vigne di Ferdinando sviluppano una larga banda nella parte inferiore, compresa tra 300 e i
350 metri di altitudine. Con il Boscareto Principiano si fa in tre, perché da queste vigne
ottiene tre vini di carattere totalmente diverso. Dai filari più bassi, quelli che soffrono
maggiormente il caldo, l’umidità e la mancata ventilazione, sono raccolte uve nebbiolo che
concorrono, con quelle provenienti dalla zona di Le Coste, alla produzione dell’omonimo
Langhe Nebbiolo. Un vino per nulla banale, di piacevoli complessità e che piace per la sua
grande bevibilità. Le vigne più giovani del cru si riflettono nel Barolo Serralunga, un
declassamento che gioca a favore di questo vino. Un Barolo che, bicchiere dopo bicchiere,
sa svestire quella rigidità tradizionale e che sfata quell’immagine d’austerità riconosciuta a
questa denominazione. I 2 ettari più elevati, quelli che confinano con Cascina Francia di
Conterno sono destinati al Boscareto. Qui le vigne, impiantate nel 1970, sono rivolte verso
sud-ovest e si avvantaggiano dai terreni argillo-calcarei di Serralunga e dei metodi di
coltivazione scelti da Ferdinando. Il risultato è un vino di tipo “borgognone” dove l’austerità
del nebbiolo vira verso l’energia e l’eleganza del pinot noir, esprimendo tutto il carattere
minerale del territorio.
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
Giacomo Conterno (1895-1971)
Nel raccontare la vita di Giacomo Conterno non si può non rimanere affascinati dalla saga
di questa famiglia langarola e dal ruolo che essa ha avuto nell'enologia monfortese.
Giacomo Conterno nasce nel 1895 a Tucuman in Argentina, dove il padre Giovanni era
emigrato. Nei primi anni del Novecento la famiglia rientra in Italia e si stabilisce nella
cascina della nonna paterna in regione Le Coste. Nel 1908 Giovanni Conterno, coadiuvato
dalla seconda moglie Marietta Vivaldo, apre un'osteria nei pressi della frazione San
Giuseppe e inizia a produrre vino. Giacomo, assieme al fratello Franco e alla sorella
Annetta, si adopera in questa piccola azienda familiare sino al momento della chiamata alle
armi, con la Grande Guerra del '15-'18 che lo vede artigliere di montagna sul Carso. Con il
suo ritorno a casa, la cantina Conterno inizia a produrre una buona quantità di vino che
viene venduto in fusti non solo in Piemonte e in Liguria ma anche nelle lontane Americhe.
Tramite la Compagnia di spedizione "Oreste Benvenuto" di Genova, partono per l'Argentina
i vini di Langa per i nostri emigrati, grazie ai buoni auspici dello zio Ernesto che là
risiedeva. Sono anni duri per l'economia agricola della zona, anni in cui si andava sempre
più affermando una netta separazione tra il contadino viticoltore e l'industria vinicola, non
esistendo ancora la figura del piccolo produttore.
La discussione in quegli anni tra padre e figlio verteva principalmente sul contenitore per il
trasporto, in quanto al fusto di legno il giovane Giacomo preferiva la damigiana di vetro; i
Conterno concordavano però sull'esigenza di rispondere alla richiesta di un mercato che era
ormai pronto per un grande Barolo. Un Barolo da produrre solo nelle grandi annate, con
lunghe fermentazioni, in grado di reggere negli anni: fu così che si incominciò a
imbottigliare la riserva 1920, fu così che nacque il Monfortino.
Ormai Giacomo Conterno è entrato pienamente nella categoria dei produttori, visita
personalmente la clientela e consolida la sua presenza sulle piazze di Torino e Genova. La
maggior parte del vino è ancora venduta sfusa, ma incomincia ad affermarsi anche la
bottiglia. Una pubblicità del 1938 in occasione della decima Fiera del Tartufo recita:
"Conterno Giacomo - Produttori Vini - Specialità Super - Barolo - Monfortino". Quando nel
'40 l'Italia entra in guerra, sono già passati sei anni dalla morte del padre e Giacomo
continua a condurre la sua cantina e la piccola Osteria del Ponte dove da diverso tempo la
moglie Antonia ha affiancato l'ormai leggendaria Manetta del Pont. Molti partigiani ricordano
ancora oggi questi personaggi, la loro generosità e anche il notevole coraggio nell'affrontare
il rischio di pesanti rappresaglie. E, forse, proprio in questa disponibilità verso gli altri, nel
suo carattere socievole, vi è da cogliere uno degli elementi principali del personaggio
Giacomo Conterno. Condivideva stima e amicizia con tutti, da Cappellano a Borgogno, da
Giulio Mascarello a Bressano della Fontanafredda, da Scarzello dell'Opera Pia ai molti
vignaioli conferitori di uve. Ai contadini egli consigliava sempre di comperare le vasche di
cemento per poter vinificare in proprio e non trovarsi nella spiacevole situazione di essere
costretti a svendere le uve: «Le uve devi venderle in dieci giorni, il vino c'è tempo un anno»,
soleva dire sostenendo gli sforzi di chi voleva iniziare a vinificare. Nel dopoguerra la spinta
all'imbottigliamento fu decisiva per la cantina Conterno, anche grazie al prestigio che il vino
Barolo andava assumendo. Da non sottovalutare, in quel periodo, il notevole ruolo che
giocavano le forniture natalizie nella vendita del Barolo. Prima che si diffondesse l'uso dello
Champagne come status symbol, la famiglia e le aziende italiane regalavano il Barolo come
prodotto di prestigio. Anche Conterno, come molte aziende dell'Albese, godette di questa
situazione, con notevoli ordinazioni da parte di industrie come la Fiat, la Riv e la Pirelli.
Quando nel 1961 Giacomo Conterno cede l'azienda ai figli, la Cantina è ormai una
prestigiosa realtà. Fino all'anno della sua morte, il 1971, manterrà saldo il suo concetto sul
Barolo: «Un vino sarà riconosciuto e rispettato quando tutti lo faranno bene». Non c'è che
dire, un bel messaggio in una terra caratterizzata da forte individualismo e spesso divisa da
stupidi egoismi, un anticipo del miglior marketing moderno: solo una diffusa produzione di
qualità darà prestigio alla Langa e ai suoi vini. Questo era Giacomo Conterno.
Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food
Luigi Baudana
Quattro ettari di vigneti, diciottomila storie di radici, di innesti e di suoli. Centottantamila
tralci. Tre milioni e seicentomila germogli che si innalzano ogni primavera verso il cielo.
(Fruscio di foglie). Serralunga é confine orientale del Barolo; sorge alla confluenza delle
valli dell’Elveziano e del Tortoniano e si snoda verso sud fino a sposare l’alta Langa. Il
versante del mattino é bianco di marna e calcare. Magro. Spoglio di erba estiva. Qui sta
Cerretta, precaria stabilitá di particelle finissime aggregate dall’acqua e da pressioni
preistoriche. Si frantuma. Si ricompatta. Si sfratuma di nuovo. Lascia [come] tracce di talco
sui polpastrelli di te che provi a conoscerlo. Posi lo sguardo a ovest e riconosci vigna
Baudana, prima nel palmarés degli sbalzi successivi di Lazzarito, Parafada, Rionda, Falletto e
Francia. Suoli piú gialli; sposalizio di marne fossili di Sant’Agata e arenarie di Lequio, ferro
che dalle radici passa ai grappoli e infine ai vini. Baudana e Cerretta sono vigne antiche,
citate da manuali redatti a mano e da anziani contadini. Vigne di assemblaggi famosi di
decenni passati. Graal e isole del tesoro, méte. Ammantate di oblío.
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
Massolino
La storia dei Massolino e del loro vino si lega alla storia di Serralunga d’Alba nel 1896,
quando Giovanni fonda la sua ditta vinicola. Giovanni è il primo a portare corrente elettrica
in paese. Un uomo intraprendente, TENACE e CREATIVO, capostipite di una famiglia che
ha fatto del connubio tra estro e tradizione una ragione d’ORGOGLIO. La prima cantina
viene costruita da Giuseppe, figlio del fondatore Giovanni, che insieme alla sorella Angela
estende le proprietà nei terreni migliori e nel 1934 è tra i fondatori del Consorzio di tutela
Barolo e Barbaresco. All’epoca, la famiglia di Giuseppe conta sei figli. Tre di loro, Giovanni,
Camilla e Renato, seguiranno le orme del padre, dando una svolta all’azienda con l’acquisto
di cru che sono veri e propri gioielli: Margheria, Parafada e Vigna Rionda.
A partire dagli anni novanta lavorano in azienda anche Franco e Roberto, entrambi
ENOLOGI. Nel loro lavoro si condensa l’esperienza di un’intera famiglia e l’AMBIZIONE di
una generazione nuova, determinata a dare un contributo importante all’INNOVAZIONE
delle tecniche enologiche, agronomiche e all’immagine dell’azienda in Italia e all’ESTERO
Fare il vino con passione, nel suo territorio d’origine, conservando la TIPICITÀ del vitigno
autoctono nella convinzione che tra le viti, le colline e i vignaioli esista un legame
profondo e palpabile, fatto di affinità cementate dalla consuetudine agli stessi luoghi. Dal
1896, la famiglia Massolino il vino lo produce così, FEDELE a questa filosofia e alla capacità
di innovare nel segno della TRADIZIONE. Situata nel centro storico di Serralunga d’Alba, in
passato, la nostra, era una piccola cantina costruita nella marna, sotto a quella che è la casa
natale di buona parte della nostra Famiglia. A quei tempi, la complessa situazione sociale e
le difficoltà economiche imponevano una realtà articolata, rivolta anche
all’autosostentamento alimentare per cui le coltivazioni erano diversificate, si producevano
cereali, nocciole e si allevavano bovini di razza piemontese. Nella metà degli anni 30 ci
siamo “trasferiti”, se così si può dire, dall’altra parte dell’unica strada che attraversa il
paesino di Serralunga, situato in cima ad una delle colline più belle delle Langhe, in
Piemonte. Sotto la casa patronale abbiamo organizzato il primo reparto di vinificazione e
invecchiamento! Gli anni passano, i tempi cambiano e poco alla volta abbiamo avuto la
fortuna di poter seguire esclusivamente la nostra passione, dedicando tutte le nostre energie
alla produzione dell’uva e del vino. Tutti gli ampliamenti dei reparti di produzione, sono
sempre stati effettuati nel rispetto della fantastica armoniosità del borgo medioevale di
Serralunga d’Alba, definito uno dei più bei borghi d’Italia. Con tenace ostinazione, non
abbiamo voluto lasciare il centro storico ed ogni ulteriore ingrandimento è stato effettuato
sottoterra, dove i nostri vini possano “nascere” ed affinare nelle condizioni ottimali. Oggi,
grazie al completamento dell’ambizioso progetto di ristrutturazione, che mantiene
comunque inalterata la struttura storica della casa patronale, realizziamo un altro dei nostri
sogni: avere gli spazi conviviali necessari ad accogliere e far sentire “a casa” gli appassionati
del vino di ogni parte del mondo.
Prodotto con uve Nebbiolo provenienti dalla “Vigna Rionda” in Serralunga d’Alba.
Altitudine: 330 m s.l.m.
Superficie totale: 2,3 ettari.
Tipologia del terreno: calcareo marnoso.
Sistema di allevamento e densità di impianto:
Guyot tradizionale; variabile tra 6.000 viti per ettaro nella parte più vecchia del vigneto e
5.000 in quella più giovane.
Resa per ettaro: 45 quintali.
Età media delle viti: da 30 a 50 anni.
Vendemmia: manuale, effettuata nella seconda metà di ottobre.
Prima annata di produzione: 1982.
Totale bottiglie prodotte: 8.400 da 0,75 lt, 300 da 1,5 lt, 100 da 3 lt e 50 da 5 lt.
Gradazione alcolica: 13,5-14,5% Vol., in relazione all’annata.
Vinificazione e invecchiamento: Barolo tradizionale per eccellenza con fermentazione e
macerazione di 25-30 giorni ad una temperatura variabile tra i 31 e i 33° C. Invecchiato per
6 anni complessivi, di cui 3,5 in botti da 30 hl circa in rovere di Slavonia e 2,5 in bottiglia.
Note: il terreno e il microclima di questa collina permettono di ottenere vini con una
struttura e una potenza eccezionali. La vinificazione tradizionale esalta al meglio le doti di
questo cru, rispettandone la naturale predisposizione al lungo invecchiamento. Il Barolo
Vigna Rionda esprime infatti le sue migliori caratteristiche proprio con il passare del tempo.
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
I commenti di Maurizio Landi
Finalmente una degustazione in cui faccio pace con i Barolo di Serralunga. Può non
interessare a nessuno, ma è sempre stato un po' il mio cruccio. Questo comune è molto
considerato tra i comuni della denominazione, viceversa, io ho sempre faticato a trovarmi in
sintonia. In questa occasione ho trovato quella freschezza e quella dinamica che mi piace di
questo grande vino. Ovviamente il problema è mio, ma mi sembra che in questa occasione,
a parte i classici, abbiamo assaggiato vini di altra stoffa.
Cominciamo con l'unica nota un po' deludente, il Serralunga di Luigi Pira. Si tratta di un
vino meno pretenzioso rispetto agli altri, ma soprattutto, di un vino con una progressione
un po' banale e prevedibile. A una struttura interessante e ad una buona precisione
aromatica, coniuga un finale dolciastro e poco persistente. Peccato...
Godiamoci i Barolo di Baudana in queste ultime annate, prima del cambio di proprietà.
L'assaggio delle ultime annate, vinificate da Aldo Vajra, purtroppo, hanno preso un percorso
diverso, che è quello degli altri vini targati Vajra. Questo Barolo Cerretta, viceversa, ha una
bella struttura e un bell'allungo. Forse non possiede la classe dell'altro cru aziendale, il
Baudana, ma si tratta di un vino di otttima fattura.
Difficile mettere d'accordo tutti quando si parla dei Barolo di Cappellano. Un po' perché lo
stile è molto personale, un po' perché si tende a prendere sempre come riferimento la
versione a Piede Franco. Ma anche questo vino si fa rispettare. Anzi, al momento è chiuso,
quasi serrato, ma mostra sullo sfondo una struttura di tutto rispetto, coniugata con una
freschezza piacevolissima. Un tocco di dinamica in più... ma l'annata importante necessita,
forse, di un po' di tempo!
Un piccola delusione anche per il Vigna Rionda 2001. Da un vino come questo, in
un'annata come questa, e a questo prezzo, mi aspetto di più! Molto di più! È pur vero che i
Barolo del 2001 non hanno un corpo da peso massimo, ma qui siamo di fronte a qualcosa
che sfiora l'etereo. Un po' poco...
Tutt'altra cosa il Cascina Francio di Giacomo Conterno. Certo, si tratta di un'annata diversa,
ma siamo di fronte a un vino veramente granitico e monumentale. Questo non significa che
l'abbia apprezzato molto. Il vino è veramente ancora serrato in una materia quasi
impenetrabile che fatica a esprimersi anche dopo una lunga ossigenazione, ma almeno
promette veramente tanto per chi ha voglia di aspettarlo.
Infine, il vino che è piaciuto di più anche a me, così come ai partecipanti alla serata. Il
Boscareto di Principiano. Un vino giovane, fresco, dinamico, che regala grandi sensazioni
già in questo momento, ma prometto molto anche per il futuro. Speriamo che lo mantenga!
Indice di Gradimento dei Partecipanti alla Degustazione
1
3
2
4
5
6
Vino
Barolo Serralunga 2008
Barolo Otin-Fiorin Piè Rupestris-Nebioli 2006
Barolo Cerretta 2005
Barolo Riserva Vigna Rionda X Anni 2001
Barolo Cascina Francia 2007
Barolo Boscareto 2007
Produttore
Luigi Pira
Cappellano
Luigi Baudana
Massolino
Giacomo Conterno
Principiano
4
1
5
3
2
6
2
1
5
3
4
6
3
1
6
2
4
5
3
6
2
4
1
5
3
1
4
6
5
2
1
6
2
3
4
5
3
2
4
6
5
1
2
1
3
4
6
5
2
1
3
6
5
4
2
1
3
4
5
6
2
1
4
3
6
5
1
5
2
3
4
6
1
4
3
5
2
6
1
2
4
5
3
6
1
6
2
4
5
3
2
1
5
4
6
3
2
5
3
1
4
6
Totale
35
45
60
66
71
80
Il Barolo Comune per Comune:
Serralunga d'Alba
Cerretta
Gabutti
Vigna Rionda
Boscareto
Francia
Immagine tratta da: “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food