Moviplayer 27 marzo 2009 - Johannes Brandrup Official Fan Club

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Lo smemorato di Collegno: arriva in tv un grande enigma italiano
a cura di Massimo Borriello
Domenica e lunedì su RaiUno la storia dell'uomo senza memoria che venne arrestato e internato in manicomio nel 1926 a
Collegno. Due donne se lo contesero. Il regista Maurizio Zaccaro e gli attori Johannes Brandrup, Gabriella Pession e Lucrezia
Lante della Rovere ci parlano del film che porta in tv un grande enigma italiano.
Nel 1926 venne arrestato un barbone che tentava di trafugare un
candelabro dal cimitero israelitico di Torino. Dopo aver dato
segni di squilibrio nella Questura di Torino, fu internato nel
manicomio di Collegno. Era un uomo senza memoria, incapace
di ricostruire la sua identità. In un'Italia segnata dalla Grande
Guerra, in cui le vedove pregavano pazientemente per il ritorno
dei mariti dispersi, due donne si contesero quell'uomo: sia Giulia
Canella che Rosa Bruneri affermavano infatti di essere sua
moglie. L'una sposata a un insigne filosofo cattolico disperso in
Macedonia, l'altra a un pregiudicato che l'aveva abbandonata. Diffusa dalla stampa, la vicenda
appassionò l'Italia che si divise tra "canelliani" e bruniani" e ispirò scrittori come Leonardo Sciascia e
Luigi Pirandello. Oggi, grazie a Rai Fiction, quella storia diventa un film per la tv in due parti, diretto da
Maurizio Zaccaro. A interpretare l'uomo senza identità il tedesco Johannes Brandrup, mentre le due donne
che se lo contendono sono Gabriella Pession e Lucrezia Lante della Rovere. Tra gli altri interpreti anche
Franco Castellano, nel ruolo del direttore del manicomio, e Giuseppe Battiston, in quello del giornalista
della Domenica del Corriere la cui notizia del ritrovamento dell'uomo senza memoria scuoterà l'Italia. A
fornire un valido supporto agli sceneggiatori Andrea Purgatori e Laura Ippoliti l'omonimo romanzo di Lisa
Roscioni che narra proprio la vicenda di questo enigma che andrà in onda su RaiUno domenica 29 e
lunedì 30 marzo in prima serata. Ad aprire la conferenza stampa per la presentazione del film è Fabrizio
Del
Noce,
direttore
di
RaiUno
e
di
Rai
Fiction.
Fabrizio Del Noce, perché portare sul piccolo schermo
la
storia
dello
smemorato
di
Collegno?
Fabrizio Del Noce: Un giorno di un paio di anni fa mi sono
ricordato di quando al liceo un professore ci raccontò la storia di
quest'uomo che aveva diviso l'Italia degli anni '20 e ho pensato
che sarebbe stata perfetta per una fiction. Nel giro di poco tempo
questa idea ha preso corpo e siamo arrivati a realizzare questa
fiction che trovo eccellente sotto ogni profilo. E' una storia
straordinaria che si prestava bene a una riduzione
cinematografica, e che è stata realizzata in modo magnifico, grazie alla bravura di regista e attori e alla
serratezza dei dialoghi. Inoltre, voglio segnalare Giuseppe Battiston come autentica rivelazione di
questo
film.
Sono
convinto
che
sentiremo
ancora
parlare
di
lui.
Maurizio Zaccaro, qual è il mistero che ruota attorno a una mente che dimentica e che
affascina
così
tanto?
Maurizio Zaccaro: La cosa affascinante è che è una vicenda che si ripete sempre. In questi giorni c'è un
programma su Radio 2 chiamato Amnesia che è condotto da Matteo Caccia, un uomo che dice di aver
perso la memoria seduto in un teatro, durante un concerto per pianoforte. Ogni giorno dai microfoni
della radio racconta questa storia per mezz'ora a mezzogiorno e
invita il pubblico a pensare: 'Se succedesse anche a voi di
dimenticare tutto quali sono i resti di memoria che vorreste
mantenere?'. C'è quindi un'analogia della sua storia con quella
dello smemorato di Collegno, la cui vicenda ha vari agganci con
la realtà di oggi. Il furto dell'identità oggi è una pratica che
cresce.
Come hanno affrontato gli attori i propri ruoli?
Johannes Brandrup: Non sapevo nulla di questa persona quando
abbiamo iniziato. Il regista mi ha detto di non leggere nulla per mantenermi innocente e forse mi ha
scelto proprio perché non avevo un'opinione mia sulla vicenda. L'aspetto su cui mi sono concentrato è il
momento dell'arrivo in manicomio di questo smemorato. Lui voleva suicidarsi e questa sofferenza è
stato l'elemento più importante per me. Sono un attore e non uno storico e quindi non mi interessava
prendere posizione, ma lavorare sulle emozioni del protagonista. Ho interpretato entrambe le sue facce,
quella di Canella e quella di Bruneri, avendo tanta compassione per il primo, che ha vissuto per anni
come un barbone e poi ha finalmente ritrovato sua moglie, prima di essere poi arrestato per truffa, forse
ingiustamente. Bruneri ha una furbizia che mi fa paura, ma ammiro la sua forza di volontà.
Lucrezia Lante della Rovere: Il mio ricordo dello smemorato di Collecchio è legato a mia nonna. Siccome
sono sempre stata piuttosto sbadata, da piccola mi ripeteva 'Mi sembri lo smemorato di Collecchio!' e
questa frase ripetuta così tante volte mi è tornata in mente e prendere parte al film mi è sembrata una
bella occasione per approfondire la storia che si celava dietro questo modo dire. Nel film, la bella è
interpretata dalla Pession, mentre io sono quella bruttina! Sono stata però molto contenta di
trasformarmi, anche fisicamente, perché in fondo questo è il gioco dell'attore. Ho fatto un personaggio
pieno di dolore, ma con una grande dignità, perché questa donna non avrebbe mai voluto che si sapesse
la sua storia e in fondo non voleva nemmeno ritrovare un marito che l'ha fatta soffrire e ha abbandonata
lei e suo figlio. E' una donna pudica e con una grande forza, che tenta in tutti i modi di salvaguardare
suo
figlio.
Gabriella Pession: Essendo per metà piemontese, conoscevo bene
la storia dello smemorato di Collecchio. Nel film interpreto il
personaggio di Giulia Canella, una donna che quando viene
ritrovato quest'uomo senza memoria riconoscere in lui suo
marito e se lo porta a casa, credendo fino in fondo sia il suo
uomo anche quando le evidenze sembreranno mostrare il
contrario. Giulia attraversa un percorso psicologico molto
importante: può dubitare di lui per alcuni elementi di
contraddizione e ambiguità, ma va comunque avanti a
difenderlo fino alla fine. Per interpretare questo ruolo, Zaccaria
mi ha detto di essere come un pendolo: un giorno pensi una cosa, un giorno l'altra. Per me che svolgo
questo lavoro in maniera metodica e rigorosa è stata una sfida difficile, ma miscelare queste due tinte di
persona spero abbiano portato a Giulia Canella quell'ambiguità e quel senso di straniamento che
sembravano contraddistinguerla. I suoi chiaroscuri rendono umano il personaggio. Giulia nutre dei
dubbi, eppure va avanti fino alla fine, desiderosa di credere nella sua verità.
Franco Castellano: Nel realizzare questo film abbiamo tenuto conto del periodo storico, della psicanalisi
che faceva all'epoca passi da gigante, dei racconti di Pirandello, Joyce e Svevo, e di una guerra che aveva
devastato il paese. Il mio personaggio, quello del direttore del manicomio dove viene internato il
protagonista, ha vissuto la vicenda senza prendere una posizione. E' un uomo che ama i suoi pazienti,
ma che nello stesso tempo li blandisce, e alla fine forse è proprio lui a mettere in moto tutto il gran
parlare
che
si
è
fatto
attorno
a
questa
storia.
Signor Brandrup alla fine di
un'opinione?
Lo
smemorato
quest'esperienza si è fatto
è
Canella
o
Bruneri?
Johannes Brandrup: Per me questa potrebbe essere benissimo una storia non
vera. Io ho interpretato sia Canella che Bruneri e ho fatto un blog di
quest'esperienza, che è stata molto forte. Un giorno, dopo una scena
particolarmente dura da affrontare, ho scritto sul blog i pensieri di Bruneri e
ho ricevuto una risposta di qualcuno che forse sa qualcosa, che mi diceva che
io non so niente di questa storia, perché sono solo un attore. Ho tempestato il
regista sull'argomento, ma lui mi ha sempre risposto che non dovevo fare una
scelta,
ma
trovare
la
verità
in
ogni
scena
che
giravo.
Gabriella Pession, che idea si è fatta lei invece di questa donna che
a quell'epoca viveva con un uomo che poteva benissimo essere un
impostore?
Gabriella Pession: L'approccio schizofrenico che ho avuto nei confronti di questo personaggio è stato
abbastanza alto. Mi sono voluta concentrare sulla posizione di Giulia, una giovane vedova da dieci anni
che voleva fortemente che quell'uomo fosse suo marito e arriva a convincersene vedendo in lui l'unica
occasione di ricominciare a vivere, di rinascere. All'inizio sembra una vittima, poi si dimostra una donna
molto coraggiosa che con grande forza e tanta dignità lotta per ricreare il suo nucleo familiare. In questo
film, oltre alla storia dell'identità dell'uomo, si racconta però anche una grande storia d'amore. Quando
si scopre che le impronte dell'uomo coincidono con quelle del pregiudicato Mario Bruneri, lei chiede
'Ma come potete mettere in dubbio che quest'uomo sia mio marito e il padre dei miei figli?' Queste due
persone si salvano la vita a vicenda, non è qualcosa di momentaneo, è una storia d'amore molto potente.
Lisa Roscioni, com'è arrivata a scrivere un libro sulla vicenda dello smemorato di
Collegno?
Lisa Roscioni: Mio padre mi regalò a sedici anni il libro di
Sciascia, Il teatro della memoria, che racconta proprio di questa
storia. Mi sono interessata ad essa, sono andata al manicomio di
Collegno, ho trovato la cartella clinica e mi sono appassionata
tanto da scriverci un saggio. E' probabile che lo smemorato fosse
Bruneri fisiologicamente, ma che si fosse autoconvinto di essere
Canella, tanto da scrivere 700 pagine di autobiografia,
raccontando il suo dolore per non essere stato riconosciuto come
tale, e da volere sulla tomba il nome di Giulio Canella. La
dimensione della sofferenza legata all'identità è importante per
lui, ma questa storia è stata soprattutto uno scandalo rosa: per
questo inizialmente piace tanto al regime fascista, perché non da tanto fastidio. Poi questo scandalo
sessuale prende improvvisamente una piega politica, tanto da far sì che Mussolini faccia aprire un
fascicolo alla polizia politica. Quello che interessava loro non era tanto stabilire chi fosse, ma se si
leggono le spiate si capisce che per il governo era una cartina di tornasole per capire da che parte girasse
la bussola in un contesto nel quale si stava per firmare il Concordato. Sia il governo che la Chiesa erano
per Bruneri: scoperto il fatto che le impronte digitali dell'uomo combaciavano con quelle di Bruneri, il
regime credeva che fosse realmente lui per dar credito alla polizia; la Chiesa invece si scaglia contro
questa storia nel momento in cui, durante il processo, nascono due bambini dalla relazione con la
Bruneri che vengono dichiarati 'figli di padre ignoto'. C'era una certa tensione tra il regime e la Chiesa: il
primo proponeva idee, come quella dell'uomo nuovo, che la seconda non riusciva ad accettare. Alla fine
però c'è bisogno del consenso, e Mussolini si adegua perché capisce che famiglia e chiesa sono il
grimaldello
col
quale
conquistare
questo
paese.
Laura
Ippoliti,
lei
è
co-sceneggiatrice
del
film.
Da
che
parte
sta?
Laura Ippoliti: Da autore non è possibile non prendere una posizione sulla vicenda. A prescindere dai
dati storici, egoisticamente da un punto di vista drammaturgico mi intriga l'idea che questa storia possa
avere un'idea alla Sliding Doors, il chiedersi come sarebbe stata la vita di una persona se gli fosse
concessa una seconda possibilità. Quest'uomo era arrivato al grado più basso della scala sociale e ha
avuto la possibilità di reinventarsi, come se avesse vinto la lotteria, grazie a una donna bella e ricca. Non
è un truffatore che prende l'occasione al volo, ma attraversa un percorso interiore in cui impara a essere
un uomo nuovo e poi arriva a prendere davvero l'identità di colui che è andato a interpretare.
Data di pubblicazione: 27.03.2009
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