L`approccio del neonato nell`acqua come ricordo della vita prenatale

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L`approccio del neonato nell`acqua come ricordo della vita prenatale
L'approccio del neonato nell'acqua come ricordo della vita prenatale
Scritto da Lilli Francesca
Venerdì 25 Novembre 2011 11:49 - Ultimo aggiornamento Venerdì 25 Novembre 2011 11:56
“Ecco dunque il feto che si muove, che gode delle sue membra. E della sua libertà.
E’ veramente l’”età dell’oro”.
Galleggiando sulle acque è senza peso. Leggero come un uccello, agile e vivo come un pesce.
La sua felicità, la sua libertà sono senza limiti. Come il suo regno, di cui sfiora ogni tanto i confini.”
Frédérick Leboyer, “Per una nascita senza violenza”
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L’acqua è un ambiente che piace a tutti, grandi e piccoli, nonostante non faccia parte del
habitat abitudinario e naturale dell’essere umano.
Infatti nel nostro immaginario collettivo, immergersi in acqua soprattutto se calda, equivale a
rilassarsi e lasciar al di fuori lo stress della quotidianità.
Ma sul motivo per cui questo accade si deve chiedere risposta a quello che Freud (1) definì
“inconscio” che in questo caso appartiene a quella parte di esistenza che nessuno riesce a
ricordare ma che appartiene ad ogni uomo e che inconsapevolmente farà sempre parte del suo
codice genetico e della sua struttura caratteriale: la vita intrauterina.
Per nove mesi, infatti, l’embrione prima e il feto poi, vive, si nutre e cresce in un ambiente
chiamato “liquido amniotico” che ha la funzione di proteggerlo, nutrirlo, idratarlo e riscaldarlo
con una temperatura costante di 37°.
Al momento della nascita, invece, il neonato deve far fronte a diversi ostacoli e disagi: il
passaggio da un ambiente liquido, quindi privo di forza di gravità, ad uno aereo dove ogni
movimento risulta più difficoltoso e instabile.
A conferma di questo basti pensare che il neonato impiega molti mesi per coordinare i suoi
movimenti e a relazionarsi con gli oggetti che lo circondano nel nuovo ambiente
“extra-acquatico” e che movimenti semplici per un adulto possono risultare alquanto complicati
e faticosi per lui.
Oltre a questo, risulta traumatico il passaggio dal silenzio del grembo materno, scandito solo
dal battito cardiaco materno e dalla sua voce al caos delle sale parto; dal caldo dell’utero ad un
abbassamento repentino della temperatura; da una nudità “protetta” dal liquido amniotico
all’essere oggetto di manipolazioni da parte di molte persone prima di arrivare al contatto
materno.
Inoltre, non è da sottovalutare, lo shock nel passare da un’atmosfera semi-buia della cavità
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uterina alle luci della lampada scialitica; ma soprattutto l’allontanamento dal corpo materno che
per molti mesi lo ha coccolato e nutrito.
Tornare in acqua, quindi, diventa per il neonato fonte di piacere per la rievocazione che essa
induce della prima sensazione della sua esistenza.
Molti genitori, probabilmente per una forte insicurezza nelle loro capacità e in quelle del
bambino, non si rendono conto di come l’acqua possa essere un ambiente familiare per lui e
attraverso l’ansia e la paura fanno si che dai primissimi mesi il neonato non si senta più a suo
agio nel fare il bagnetto.
La sua esistenza, invece, è iniziata e si è sviluppata in un contesto di immersione e
galleggiamento e riproponendolo al bambino fin dai primi giorni di vita non può essere altro che
fonte di piacere e rilassamento per lui, sviluppando in questo anche una forte capacità di
adattamento.
Prima di affrontare il discorso dell’acquamotricità è indispensabile chiarire il concetto di
“ricordo” del neonato.
Dal momento della formazione del cervello, la corteccia cerebrale è povera di neuroni ovvero
delle cellule nervose che costituiscono il cervello.
Nella corteccia cerebrale i neuroni attivano delle interconnessioni che conducono delle
informazioni al cervello primitivo, permettendo all’essere umano di stabilire legami con il mondo
esterno e di conseguenza anche di memorizzare il proprio passato.
E’ da chiarire che le interconnessioni tra neuroni si attivano durante un esperienza sensoriale
ed emozionale.
I neuroni che fanno parte della corteccia cerebrale cominciano ad essere il giusto numero più
o meno intorno al terzo anno di vita del bambino ma già dalla vita prenatale, se pur in minor
misura, i neuroni sviluppano delle interconnessioni cerebrali attraverso le esperienze del
nascituro, ovvero quelle inerenti la nascita e i nove mesi precedenti.
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L’argomento riguardo le capacità di ricordo del neonato ha affascinato per decenni molti
studiosi e grazie a questi si è giunti a risposte stupefacenti.
Primo fra tutti fu, negli anni ’70, Frédérick Leboyer (2) nel suo libro “Per una Nascita Senza
Violenza” aveva posto l’attenzione sulla sensibilità del neonato e sull’importanza per il bene del
suo sviluppo neuropsicologico futuro di una nascita caratterizzata dal rispetto delle sue
necessità e dal rendere minimo il trauma del distacco dal grembo materno al mondo esterno.
Molti psicologi e psichiatri, in seguito, si sono occupati del ricordo del neonato, chiarendo
come il fatto che un adulto non ricordi nulla della sua vita neonatale e prenatale sia dovuto
principalmente al fatto che in questo stadio della vita l’essere umano, non avendo ancora
sviluppato il linguaggio, ha un ricordo del tutto inconsapevole ma che sicuramente resta
perennemente nel suo imprinting genomico ma soprattutto caratteriale, andando ad influenzare
la sua vita futura.
Le prove di questo sono raccolte dalla moderna psicanalisi, dove spesso i disturbi della mente
vengono associati a traumi o eventi avversi avvenuti durante il parto o durante la vita
intrauterina, che hanno come principale terapia la “regressione” che non si ferma al momento
della nascita, in cui per la nostra società l’essere umano afferma il suo Io come entità distinta
dalla madre, ma alla vita prenatale in cui c’è la sua prima realizzazione come essere inconscio.
Una volta chiarito il concetto di “ricordo inconsapevole del neonato” è possibile far riferimento
all’esperienza dell’acquamotricità.
I fattori che permettono al neonato il ritorno alla sua vita intrauterina si possono elencare in
quanto segue: RITORNO AL LEGAME MAMMA-BAMBINO
In un contesto di vita come il nostro in cui dopo la gravidanza spesso la mamma è costretta a
tornare alla sua vita lavorativa, l’acquamotricità, in questo senso, favorisce il legame simbiotico
perduto.
Per il neonato e per la madre il trauma maggiore del parto è sicuramente la scissione tra
entità unite e simbiotiche.
Nonostante dopo la nascita il neonato continui ad aver bisogno della madre, per necessità si
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tende a lasciare il proprio figlio con nonne o baby sitter, rendendo ancora più netto il distacco
per entrambi.
Nei corsi di acquamotricità, la madre torna ad essere l’elemento essenziale e indispensabile
per la sopravvivenza del bambino e nello stesso tempo il neonato torna ad essere il centro delle
attenzioni materne.
L’acqua, inoltre, permette l’instaurarsi di una relazione affettiva privilegiata tra bambino e
genitore poiché l’ambiente acquatico viene riconosciuto come eccellente mediatore relazionale:
l’acqua avvolge e contiene, rende necessario il contatto corporeo e favorisce l’evolversi di
nuove esperienze condivise.
ADATTAMENTO
Come già affermato, il neonato, a qualche mese dalla nascita, possiede scarsi ricordi della
vita intrauterina ma nonostante questo è sicuro che di fronte a situazioni simili all’ambiente
intrauterino, il neonato ritrovi una sensazione di calma e di rilassamento come in un ambiente a
lui molto familiare, che ha contraddistinto la vita prenatale.
IL PROFUMO DELLA MADRE
Il sistema olfattivo del neonato è molto sviluppato già dal momento della nascita a differenza
di quello visivo: infatti un neonato non ha altro modo di riconoscere la madre, soprattutto nei
primi giorni di vita, se non attraverso il suo odore.
All’inizio della nostra vita l’olfatto diventa il sistema di riconoscimento delle persone
indispensabili per il bambino.
Non esiste miglior metodo consolatorio quando un neonato piange che avvicinarlo alla sua
mamma e fargli sentire il suo profumo.
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COCCOLAMENTO
E' il momento fondamentale dopo l’adattamento del neonato in acqua; infatti, ad ogni
situazione nuova per il bambino è necessario che la madre faccia sentire la sua vicinanza a
questo nel modo più rassicurante possibile.
La prima cosa, quindi, che la madre può fare per riattivare a pieno il ricordo del grembo
materno al neonato è quello di avvicinarlo al suo cuore e avvolgerlo tra le sue braccia immerse
nell’acqua, coccolato e rassicurato dal suo calore e del suo battito del cuore e massaggiato
dall’acqua.
Al momento del “coccolamento” è facile notare come il neonato mostri tutti i segni di una
ineguagliabile felicità e rilassamento come: succhiarsi il pollice o mettere in bocca il suo piede,
vedere il sorriso sulle loro labbra e lo sguardo fisso nel nulla, spesso addormentato.
Oltre al coccolamento, tutti le attività da effettuare in acqua nei bambini molto piccoli, devono
essere finalizzate a colmare quel ricordo della vita intrauterina a cui brutalmente è stata
strappato ricreando quel legame, fino a qualche mese prima inscindibile, tra madre e figlio.
IL MASSAGGIO DELL’ACQUA
Fin dalla sua forma embrionale e per tutta la durata della vita intrauterina l’essere umano
viene sottoposto ad un dolce e rilassante massaggio dovuto al movimento ondulatorio del
liquido amniotico per i continui movimenti del corpo materno; questo ha permesso al feto di
rilassarsi e addormentarsi facilmente per tutto il periodo intrauterino.
Durante gli ultimi mesi di gravidanza il massaggio non verrà solo prodotto dal liquido
amniotico ma anche dalle pareti uterine che attraverso piccole contrazioni lo continua a
stimolare.
È per questo motivo che fin dalla nascita il bambino necessita di essere cullato continuamente
e di avere un continuo contatto con la madre.
La stessa cosa può essere riproposta nell’acqua della piscina, che attraverso delle piccole
onde prodotte dal movimento, riproduce il massaggio primordiale del liquido amniotico.
Concludendo, posso affermare di aver visto in prima persona, nei corsi di acquamotricità a cui
ho partecipato come tirocinante, questa estrema e sorprendente capacità di adattamento del
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neonato nell’immersione in acqua, molto più spiccata quanto più precoce è l’età in cui il
bambino si immerge per la prima volta.
A tal proposito sono rimasta sorpresa di come più ci si allontana dalla nascita e più il bambino
risulta spaventato dall’acqua, mentre nei primi mesi il bambino si lascia coinvolgere e sembra
essere estremamente a suo agio in acqua.
Inoltre ho sperimentato l’importanza del concetto del “non disturbare” che equivale ad
intervenire con suggerimenti alla madre quando indispensabile senza mai irrompere il legame
creato in acqua tra madre e figlio.
(1) Sigismund Schlomo Freud (Freiberg, 6 Maggio 1856 – Londra, 23 Settembre 1939), è
stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicanalisi. Ha elaborato una
teoria scientifica e filosofica secondo la quale l’inconscio esercita flussi determinanti sul
comportamento e sul pensiero umano e sulle interazioni tra individui.
(2) Frédérick Leboyer (1918), è un ginecologo e ostetrico francese. È considerato il
precursore del cosiddetto parto dolce noto anche come “metodi Leboyer).
BIBLIOGRAFIA: - Anna Ceccherini (2002), Dall’acqua alla vita, Pavia, Bonomi Editore
- Arrigo Broglio (2005), Acquaticità per la prima infanzia, Milano, Franco Angeli Editore
- Frédérick Leboyer (2008), Per una nascita senza violenza, Milano, Tascabili Bonpiani
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- Jacques Mayol (2002), L’uomo delfino, Firenze, Giunti Gruppi Editore
- Paolo Consigli (2005), l’acqua pura e semplice, Milano, Tecniche Nuove
- Rosella Sandri (2001), All’alba della vita psichica, la nascita del pensiero nel bambino,
Roma, Armando Editore
- Tracy Hogg/ Melinda Blau (2011), Il linguaggio segreto dei neonati, Milano, Oscar
Mondadori
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