linee guida geotermico_27_03

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linee guida geotermico_27_03
L’utilizzo della risorsa idrica
sotterranea a fini geotermici nella
Provincia di Varese:
linee guida
per impianti a circuito aperto
a bassa entalpia
SETTORE ECOLOGIA ED ENERGIA
SETTORE ECOLOGIA ED ENERGIA
L’utilizzo della risorsa idrica
sotterranea a fini geotermici nella
Provincia di Varese:
linee guida
per impianti a circuito aperto
a bassa entalpia
Marzo 2014
A cura di : Silvio Landonio, Norberto Ramazzi, Francesca Binda, Roberta Peroni
Sommario
Premessa ........................................................................................................................................................... 2
L’esigenza di regolamentare.............................................................................................................................. 5
Gli approfondimenti conoscitivi sviluppati ........................................................................................................ 7
Cenni alla regolamentazione nel contesto internazionale e nazionale........................................................... 10
Il contesto geologico della Provincia di Varese ............................................................................................... 14
1.
Geologia ............................................................................................................................................... 14
2.
Stato qualitativo delle acque sotterranee ........................................................................................... 16
L’approccio metodologico della Provincia di Varese: i criteri di valutazione .................................................. 19
1.
La localizzazione degli impianti ........................................................................................................... 19
2. Distanze minime da osservare tra un pozzo di reiniezione di acque utilizzate in impianti geotermici e
il più vicino pozzo di reiniezione che interessi il medesimo acquifero ....................................................... 20
3.
Ordine preferenziale di recapito (scarico) ........................................................................................... 21
4.
Incremento e decremento massimo (± ∆T) di temperatura consentiti............................................... 22
5.
La valutazione delle caratteristiche qualitative delle acque utilizzate ................................................ 22
Criteri per la redazione di studi e di progetti relativi alla derivazione e restituzione di acqua di falda
mediante pozzo a scopo di refrigerazione o di riscaldamento ....................................................................... 23
1.
Generalità ............................................................................................................................................ 23
2.
Progetto delle opere di presa e di restituzione ................................................................................... 23
3.
Indagine idrogeologica preliminare..................................................................................................... 24
Prescrizioni per la fase di esercizio .................................................................................................................. 26
Fonti bibliografiche .......................................................................................................................................... 27
Premessa
La risorsa geotermica è una fonte di energia rinnovabile di grande interesse.
Nell’epoca delle energie rinnovabili frutto dell’impegno preso dalla maggior parte delle nazioni
mondiali all’interno del protocollo di Kyoto è sicuramente importante promuovere lo sviluppo
sostenibile del sistema energetico regionale, anche favorendo l’avvalimento di una risorsa quale il
calore del sottosuolo terrestre, strategicamente sostenibile sia dal punto di vista energetico che
ambientale.
Il calore terrestre è un’energia non solo rinnovabile ma anche praticamente inesauribile in quanto
prodotta dall'energia termica rilasciata in processi di decadimento radioattivo di elementi contenuti
naturalmente nelle profondità della terra.
In superficie lo sfruttamento geotermico solitamente si concentra presso i cosiddetti punti caldi
(Hotspot) come aree vulcaniche, geyser, sorgenti termali, tutti luoghi associati a condizioni
geologiche particolari, tali da permettere la risalita spontanea di fluidi e vapori caldi direttamente
dalle profondità della terra sino alla superficie, rendendo così disponibile un calore praticamente
inesauribile.
Il potenziale geotermico di questi siti può anche essere notevole tanto da indurre scambi termici ad
elevate entalpie.
Questi luoghi presentano tuttavia una distribuzione isolata e territorialmente limitata, però in
aggiunta, meno interessante come potenziale energetico ma molto di più per l’accessibilità e
fruibilità nello sfruttamento, essendo diffusa in ogni parte della superficie terrestre, c’è la stabilità
termica del primo sottosuolo. Questo sfruttamento geotermico, già da tempo attuato in Giappone,
Stati Uniti e nei Paesi del centro e nord Europa, è conosciuto col nome di geotermia a bassa
entalpia e può essere utilizzato per il funzionamento di pompe di calore per la climatizzazione di
ambienti civili e produttivi.
Il suo utilizzo si basa sul principio che, fissato un determinato punto, la temperatura del sottosuolo,
già a partire da pochi metri di profondità, si mantiene pressoché costante in quanto non è
influenzata dalle variazioni quotidiane e stagionali che si verificano nell’ambiente esterno. La
temperatura del sottosuolo può essere sfruttata in due modi: mediante sonde geotermiche, tubi
fissi nel terreno nei quali viene fatto circolare un fluido che col terreno scambia calore (impianti a
circuito chiuso- close loop), oppure estraendo acqua dalle falde sotterranee.
Gli impianti che utilizzano l’acqua come scambio termico in modo diretto, prelevando l'acqua dalla
falda idrica, da un lago, da un fiume e la reimmettono nella falda, nel lago o nel fiume delle acque
utilizzate ai fini geotermici, sono detti impianti a circuito aperto (Open loop).
In entrambi i casi l’energia termica viene recuperata da una pompa di calore, motori simili a quelli
dei frigoriferi, che la invia direttamente ad un circuito idraulico per assicurare la produzione di
acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento estivo.
2
Entrambi i sistemi possono funzionare in estate ed in inverno in modo da non alterare
sensibilmente in un senso, o solo raffreddamento o solo riscaldamento, la zolla di terreno ed i
rispettivi acquiferi interessati. Nei mesi invernali il calore
viene
trasferito
in
superficie
(riscaldamento), viceversa in estate il calore in eccesso, presente negli edifici, viene ceduto al
terreno (raffrescamento).
Nel circuito chiuso, Close loop, la fonte geotermica
proviene essenzialmente dallo scambio termico col
sottosuolo, attraverso tubazioni chiuse di polietilene a
forma di “U” o ad anello, saldate all’interno di perforazioni
verticali di basso diametro in cemento. All’interno dei tubi
viene
fatto
circolare
con
delle
pompe
un
fluido
termoconduttore, solitamente soluzioni di acqua con
antigelo (glicole propilenico o etilenico) o fluidi frigorigeni.
Il
fluido
mentre
circola
nel
sottosuolo
recupera
temperatura dal terreno e fornisce energia geotermica alla
pompa di calore dopo di ché ridiscende cedendo od
assorbendo calore al sottosuolo a seconda della stagione.
Se si vogliono ottenere rese importanti con questo tipo di
Figura 1
Schema di impianto geotermico a circuito
chiuso con sonda geotermica;
tecnica, le profondità e/o il numero di sonde geotermiche
da perforare è spesso considerevole (la profondità si
attesta solitamente sul centinaio di metri, mentre il numero di sonde dipende dalla superficie da
alimentare).
Durante l’esercizio di queste sonde bisogna studiare bene gli effetti prodotti sul riscaldamento e
raffreddamento delle falde presenti nel sottosuolo interessato; per ora controlli eseguiti sul lungo
periodo da Arpa Lombardia ed altre Agenzie ambientali europee, non hanno rilevato alcun effetto
particolare ne dal punto di vista biochimico ne dal punto di vista fisico, come ad esempio un
eventuale alterazione termica delle falde attraversate.
Altro tema da considerare nell’applicazione delle sonde geotermiche è l’uso di fluidi
termoconvettori preferibilmente a bassa tossicità, per quelle zone sottoposte a particolari vincoli di
tutela fluviale o tutela idrogeologica, e/o a luoghi di particolare interesse paesaggistico/ambientale
(parchi, SIC, ecc..). Questo ha lo scopo di tutelare l’ambiente da eventuali dispersioni dei fluidi
termoconduttori utilizzati dalle sonde geotermiche e relativo impianto scambiatore. A tal fine
sarebbe opportuno un piano di sicurezza che intervenga sia sulla prevenzione (manutenzione) che
sulla limitazione di eventuali improvvise rotture del sistema circolatorio (blocchi automatici di
sicurezza), soprattutto per quelle sonde che adottano fluidi con un potenziale inquinante maggiore.
Nel caso di un sistema Open loop, il cosiddetto pozzo geotermico, si sfrutta la presenza nel
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sottosuolo di una falda adeguatamente capacitiva dalla quale “estrarre” l’energia termica
necessaria.
Per il territorio varesino tali potenzialità vengono offerte dalle aree di pianura, dove oltre ad una
morfologia favorevole si può usufruire di un’elevata conoscenza del sottosuolo, molto meno
complicata dal punto di vista geologico-stratigrafico, rispetto a quanto riscontrabile nell’ambito
collinare-montano.
Figura 2
Schema di impianto geotermico a circuito aperto
Lo scambio di energia avviene in superficie all’interno di un impianto in cui l’acqua di falda è fatta
circolare perennemente in uno scambiatore di calore, grazie ad un sistema di pozzi di prelievo ed
immissione (scarico). In questo caso sono pertanto almeno due le perforazioni necessarie (pozzi)
la cui profondità è funzione della quota dell’acquifero, spesso rinvenibile nella nostra pianura solo a
qualche decina di metri.
Anche per questo caso il diametro delle perforazioni è spesso ridotto, assimilabile a quello di
semplici micropali (180-250 mm) Per questi pozzi geotermici che sfruttano direttamente la
temperatura dalla falda sotterranea, si dovranno adottare maggiori accortezze e precauzioni
ambientali poiché il processo preleva le acque dal sottosuolo, le utilizza in superficie all’interno
dell’impianto scambiatore e le reimmette di nuovo nel sottosuolo.
Quest’ultima tecnica, potendo usufruire di una risorsa solitamente raggiungibile con un numero
limitato di perforazioni, solitamente due, ed a profondità contenute (falde superficiali), è la più
conveniente e nel contempo offre una prestazione termodinamica più efficiente.
Il contesto rispetto al quale si riferiscono le presenti linee guida è compreso nella definizione di
“risorse geotermiche a bassa entalpia” (definite dal D. Lgs. 22/2010 come quelle caratterizzate da
una temperatura inferiore a 90°C), in particolare, il presente documento riguarda impianti a circuito
aperto che utilizzano acqua di falda e che effettuano la restituzione delle acque nella medesima
falda utilizzata per il prelievo.
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L’esigenza di regolamentare
La scelta di puntare su una risorsa rinnovabile quale la geotermia è certamente un proposito che
va a favore della sostenibilità ambientale, per il contributo alla riduzione dell’emissione di anidride
carbonica e di polveri sottili derivanti dalla climatizzazione ordinaria, alimentata per lo più da
combustibili fossili.
Anche la Regione Lombardia, attraverso la Legge Regionale 11 dicembre 2006 n. 24, art.10
"incentiva l'utilizzo delle risorse geotermiche a bassa entalpia e delle pompe di calore, anche per il
teleriscaldamento ed il teleraffrescamento degli edifici...".
In considerazione dell’importanza nel poter utilizzare una tale risorsa, diviene fondamentale
affrontare e studiare come il suo sfruttamento interagisca con gli ecosistemi interessati durante le
proprie fasi evolutive, dalla nascita dell’impianto (fase di perforazione), al periodo di attività
(esercizio), all’arresto (dismissione) con una attenzione particolare per la tutela quantitativa della
falda e per la sostenibilità del sistema.
Uno degli aspetti ambientali da affrontare in prima battuta è dunque verificare gli acquiferi
interessati dai pozzi di prelievo ed immissione. In particolare si dovrà operare in un unico acquifero
e per questo accurata attenzione dovrà essere posta al posizionamento dei filtri sempre
opportunamente isolati dal punto di vista idraulico all’interno delle colonne dei pozzi.
Un altro aspetto importanti da tenere in considerazione nella realizzazione di questi impianti è che i
materiali adottati nei processi di sfruttamento geotermico, dal prelievo sino allo scarico, non
generino alterazioni chimiche e biochimiche alle acque di falda.
Esperienze avute in altri paesi e Regioni su questa tipologia di impianti non hanno evidenziato
particolari problematiche ambientali, se non un raffreddamento e riscaldamento della falda in
corrispondenza del punto di immissione, che sfuma riequilibrandosi col sistema acquifero dopo
qualche metro di distanza (pennacchio termico).
Nonostante tali confortanti risultati, a prevenzione e verifica affinché non avvengano deterioramenti
alla falda interessata, è sempre opportuno adottare una serie di attenzioni e precauzioni sul
funzionamento e sulla tipologia dei materiali utilizzati nei processi di scambio (in particolar modo
tubazioni), da valutare di volta in volta a seconda delle caratteristiche chimiche e chimico-fisiche
della falda utilizzata.
Per gli aspetti riguardanti il corretto funzionamento ed efficienza dell’impianto dovranno inoltre
essere determinati alcuni fondamenti idrogeologici dell’acquifero interessato (permeabilità,
trasmissività, ecc…) finalizzati a verificare la giusta portata di prelievo ed immissione e ad evitare
la formazione di cortocircuitazioni termiche così da garantire una adeguata sostenibilità del
sistema.
5
In particolare, dato che gli impianti di scambio termico a circuito aperto prevedono il rilascio delle
acque utilizzate nel circuito, un tema rilevante da valutare con attenzione è la destinazione finale di
tali acque.
La normativa nazionale, naturale riferimento di queste linee guida, sul punto è estremamente
stringata: l’art. 104 del D.Lgs. 152/2006 nel vietare tutti gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee (comma1) prevede, in deroga a tale divieto, che l’autorità competente può autorizzare,
dopo indagine preventiva, alcuni scarichi, tra cui (al comma 2) quelli delle acque utilizzate per
scopi geotermici, purché siano scaricate nella stessa falda utilizzata per il prelievo.
Per tali tipologie di acque reflue il citato Decreto non prevede specifici limiti allo scarico, e
soprattutto non fornisce alcuna definizione dell’indagine preventiva, ovvero non vengono date
indicazioni su cosa dovrebbe essere incluso e valutato nell'indagine preventiva citata all'art.104, c.
2 del D.Lgs. 152/2006, rimandando (art 144 comma 5 del decreto stesso) a norme specifiche, da
emanarsi nel "rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato".
Queste carenze della normativa nazionale hanno portato le varie Province (Autorità competenti in
materia di scarichi) ad avviare percorsi diversi di interpretazione della normativa ed a predisporre
delle linee guida, come le presenti.
E' inoltre importante sottolineare come questa carenza normativa abbia contribuito a scoraggiare
la pratica della reimmissione in falda. Di conseguenza, sempre maggiori quantità d’acqua vengono
prelevate e non restituite nelle falde, portando ad uno squilibrio del bilancio idrico sotterraneo; si
ritiene che, almeno in determinate situazioni, tali impatti sull’equilibrio del bilancio idrico potrebbero
essere risparmiati agendo con opportuni criteri utili a salvaguardare la quantità e, contestualmente,
la qualità delle acque sotterranee.
La volontà di predisporre le presenti linee guida nasce inoltre dalla necessità di contenere i
consumi di energia da fonti non rinnovabili e di operare una transizione verso fonti energetiche
rinnovabili ed a bassa emissione di gas serra. La climatizzazione degli edifici rappresenta la parte
più importante dei consumi energetici mondiali, ed è quindi fondamentale implementare in questo
campo soluzioni tecniche di risparmio energetico e impianti che utilizzano fonti di energia
rinnovabile, come la geotermia a bassa entalpia. Le pompe di calore geotermiche, che scambiano
calore con il terreno o con l’acqua di falda, non producono emissioni inquinanti sul posto e se
correttamente dimensionate, permettono consistenti risparmi economici, di energia primaria e di
emissioni di gas serra.
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Gli approfondimenti conoscitivi sviluppati
La risorsa geotermica a bassa entalpia è una risorsa di energia rinnovabile che sta diventando
sempre più importante. Tuttavia le conoscenze scientifiche di possibili impatti sulle caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche delle acque sotterranee sono ancora piuttosto limitate.
Le caratteristiche tecniche degli impianti sono tali da garantire che l'acqua in uscita si presenti
chimicamente inalterata e presenti esclusivamente un’alterazione termica la quale, qualora l’acqua
venga restituita in falda, determina, nel medio e lungo termine, un’anomalia locale.
A seconda della modalità di utilizzo dell’impianto (riscaldamento o raffrescamento) l’energia
termica in forma di calore immagazzinata nell’acqua prelevata dal sottosuolo può essere estratta
(funzionamento invernale) o ceduta (funzionamento estivo). Pertanto a valle della pompa di calore
la temperatura dell’acqua è differente da quella prelevata (più fredda in inverno e più calda in
estate). La reimmissione in acquifero produce una perturbazione termica rispetto alle condizioni
termiche indisturbate con la formazione del cosiddetto pennacchio termico.
Le incertezze riguardo all’eventualità che anche la sola alterazione termica possa comportare il
peggioramento delle condizioni di qualità delle acque, è uno dei motivi per cui in molte regioni
italiane è disincentivata o non consentita la reimmissione in falda.
Come già accennato, gli studi scientifici riguardanti gli impatti di natura chimica e biologica che le
anomalie termiche locali possono determinare sugli acquiferi sono pochi, tuttavia, da quanto
emerso dalle fonti bibliografiche raccolte, i potenziali rischi ambientali legati alla geotermia a bassa
entalpia possono essere:
•
di natura chimica, per esempio, il raffreddamento o il riscaldamento delle acque sotterranee
può influenzare i tempi delle reazioni chimiche, l'aumento della temperatura delle acque
sotterranee di 10°C comporta una reazione chimica 2-4 volte più veloce (Balke, 1978), inoltre,
le variazioni di temperatura influenzano anche i processi di miscelazione in falda (Bonte et al.,
2011b). Queste variazioni cambiano gli equilibri geochimici dei minerali, quali la precipitazione
di carbonato (Griffioen e Appelo, 1993), che controlla la solubilità dei sali (Balke, 1978;
Willibald, 1979) e la dissoluzione di minerali silicati (Arning et al, 2006.), così come la
saturazione di ossigeno e la solubilità del gas (Balke, 1978; Danielopol et al, 2003.). Quindi
risulta plausibile dal punto di vista teorico l'instaurarsi di liscivazione di sostanze naturalmente
presenti (Fe, Mn, As, ecc.) con conseguente rischio di contaminazione, tuttavia non sono noti
in letteratura casi significativi di contaminazione chimica indotta da variazioni termiche di pochi
gradi.
•
di natura biologica, è possibile una proliferazione batterica o algale connessa alla
restituzione di acque a maggior contenuto termico in falda o una diminuzione della flora
7
batterica, fondamentale nei processi di autodepurazione dell'acqua. Di conseguenza la
diminuzione di alcune specie e la proliferazione di altre genera alterazioni nel funzionamento
dell’ecosistema, che sono facilmente intuibili.
Uno studio che ha analizzato l'influenza delle variazioni di temperatura causate dai sistemi
geotermici poco profondi sulle comunità microbiche sotterranee, ha ipotizzato che, per le falde
acquifere indisturbate una temperatura massima di 20 °C e una differenza di temperatura di ±
6 °C, è accettabile e non deve essere superata (Brielmann et al. 2009, 2011).
Pertanto, per proteggere lo stato naturale e la funzionalità degli ecosistemi, è necessario
mantenere anomalie di temperatura entro un intervallo di pochi gradi.
•
di natura fisica, le proprietà fisiche delle acque sotterranee, come la viscosità, la densità, la
comprimibilità e la pressione di vapore, dipendono dalla temperatura. Tuttavia le variazioni dei
parametri
geochimici
dell’acquifero
risultano
pressoché
trascurabili
nell’intervallo
di
temperatura abituale delle pompe di calore geotermiche. Hecht-Méndez et al. (2010) ha
dimostrato che all'interno di un ridotto intervallo di temperatura, la dipendenza delle proprietà
termiche influenza solo marginalmente le simulazioni di trasporto di calore di sistemi
geotermici a ciclo chiuso, tuttavia, con differenze di temperatura superiori a 10°C, tali effetti
termici devono essere considerati.
Altro effetto rilevato nell'utilizzo di impianti geotermici a ciclo aperto è la possibilità di variazioni
RedOx dell'acqua nel passaggio attraverso la pompa di calore.
Oltre alle possibili conseguenze chimiche fisiche e biologiche dovute alle variazioni di temperatura
nelle acque sotterranee è da considerare anche il potenziale rischio di interferenze che il
pennacchio termico può comportare, ovvero un rischio “esterno” per le interferenze con altri
impianti posti a valle e/o un rischio “interno” per fenomeni di circuitazione termica, che devono
essere evitati per non compromettere l'efficienza del sistema.
Ciò premesso risulta evidente l'importanza di conoscere l'estensione areale dell'alterazione
termica, che oltre a dipendere dall'energia fornita o sottratta al sistema, dipende dalla portata di
flusso e dalle condizioni idrogeologiche dell'acquifero, per questo motivo la valutazione degli effetti
ambientali non può prescindere da un’accurata caratterizzazione geologica e idrogeologica del
sito.
Altre possibili conseguenze ambientali arrecate dagli impianti geotermici a bassa entalpia possono
essere correlate alla perforazione dei pozzi, quali:
•
il trasporto in falda di sostanze inquinanti già presenti nel sottosuolo o provenienti dall'esterno
attraverso la creazione di vie preferenziali di infiltrazione dei contaminanti;
8
•
le eventuali contaminazioni dovute ai fanghi di perforazione od ai difetti di cementazione;
•
la messa in comunicazione tra acquiferi differenti (miscelazione falda superficiale e profonda);
•
il rilascio del fluido termovettore, per rottura della tubazione o per sversamento accidentale. Si
tratta comunque di un’eventualità piuttosto remota, il volume sversabile è di poche decine di
litri, e la biodegradazione dei composti abitualmente usati è piuttosto rapida (Klotzbücher et
al., 2007) ed è limitato agli impianti close loop.
Va comunque sottolineato il fatto che questi ultimi effetti sono propri di tutti i pozzi,
indipendentemente dall'uso delle acque concesso, e possono essere tenuti sotto controllo
utilizzando idonei materiali ed impiegando nei metodi di perforazione idonei accorgimenti.
9
Cenni alla regolamentazione nel contesto internazionale e nazionale
Nei paesi del Nord Europa l’uso della geotermia a bassa entalpia come fonte di energia è già da
tempo piuttosto diffuso. A tale diffusione è associato, nella maggior parte dei casi, anche un certo
grado di regolamentazione.
In particolare, con riferimento ai sistemi aperti, le normative internazionali si basano sulla
definizione dei seguenti criteri:
•
soglie di T o variazioni massime di T: soltanto in poche Nazioni i valori di temperatura
massimi e minimi sono vincolati per legge (Austria, Danimarca, Francia, Liechtenstein, Olanda
e Svizzera) o solo raccomandati (Germania e Gran Bretagna). Nella maggior parte dei casi,
invece, sono accettate delle variazioni massime di temperatura ∆T (tra il valore della
temperatura di prelievo e quello della temperatura di restituzione in falda); i valori di ∆T
ammissibili sono sensibilmente diversi a seconda del Paese.
•
distanza minima: tra impianti di scambio termico e pozzi per acqua potabile, limiti di
proprietà, altre reti di pubblica utilità esistenti nelle vicinanze (es. linea elettrica);
Le tabelle che seguono (da Haehnlein et al. 2010) riportano schematicamente i criteri, vincolati per
legge o solo raccomandati, stabiliti per la regolamentazione nei paesi europei. Si evince,
comunque, che nella gran parte dei paesi questa materia non è regolamentata a livello centrale.
NAZIONE
∆T (°C)
Austria
6
20
Danimarca
/
Francia
11
a
a
b
Germania
6
Gran Bretagna
10
T massima (°C)
a
5
25
a
2
/
a
a
/
a
b
5
25
b
/
/
20
b
T minima (°C)
b
Liechtenstein
-3/+1.5
/
Olanda
/
25
5
Svizzera
3
/
/
a
a
a
Tabella 1 – Soglie e differenze di temperatura raccomandati (b) o vincolati per legge (a) nel panorama internazionale per
sistemi di scambio termico a circuito aperto.
10
Stato
Legale
NAZIONE
Sistemi a circuito chiuso
Sistemi a circuito aperto
Austria
2.5 m dal limite di proprietà
3-6 m dalla sonda geotermica più
vicina
5 m dal limite di proprietà
300 m dal pozzo di acqua potabile
30 m per tutte le acque reflue
20 m dal sistema di trattamento delle
acque reflue in situ
5 m da fognature ed acquedotti
20 m da un pozzo scavato o di
energia
40 m da un pozzo interrato
3 m dall'edificio più vicino
10 m dal limite di proprietà
5 m dal limite di proprietà
10 m dall'istallazione più vicina
/
R
/
R
Cina
Repubblica Ceca
Danimarca
Findandia
Germania
Grecia
Liechtenstein
Svezia
Svizzera
/
3 m dal limite di proprietà
6 m dall'installazione più vicina
10 m dal limite di proprietà
20 m dall'installazione più vicina
30 m dal pozzo di acqua potabile più
vicino
3-4 m dal limite di proprietà
5-8 m dall'installazione più vicina
5 m dal limite di proprietà
/
GV
GV
/
R
/
R
5 m dagli edifici vicini
20 m dalla linea elettrica più vicina
GV
/
R
10 m dal limite di proprietà
20 m dall'installazione più vicina
30 m dal pozzo di acqua potabile più
vicino
R
/
R/GV
Tabella 2 – Valori di distanza minima, per sistemi geotermici a circuito aperto e chiuso.
(R) valore raccomandato (GV) valore giuridicamente vincolante.
Anche in Italia esistono esempi di regolamentazione basata, per lo più sul criterio della
temperatura. In aggiunta al criterio della temperatura, un'indagine fatta tra le Provincie lombarde,
ha evidenziato, anche l'istaurarsi dei criteri "dell'ordine preferenziale di recapito" e "dell'invarianza
tra valori misurati sull'acqua prelevata e scaricata", la tabella seguente sintetizza gli esiti ottenuti.
11
T MAX
Milano
20° C
∆T
/
ORDINE PREFERENZIALE DI RECAPITO
SI
Bergamo
25° C
3° C
SI
Brescia
/
5° C
/
Como
18° C (con
tolleranza
di 2° C)
Lodi
/
NO
SI
/
SI
Mantova
25° C
/
SI
Pavia
/
/
SI
1) riuso
2) corso d'acqua sup.
3) fognatura
4) falda
1) falda
2) corso d'acqua sup.
3) suolo e strati superficiali
(fognatura non ammesso)
/
1) riuso
2) fognatura bianca
3) corso d'acqua sup.
4) suolo e strati superficiali
5) falda
6) fognatura mista o nera
1) corso d'acqua sup. o fognatura
2) falda
1) corso d'acqua sup.
2) fognatura (con priorità in
fognatura bianca)
3) falda
1) corso d'acqua sup.
2) fognatura
3) falda
CRITERIO DELL'INVARIANZA
TRA VALORI MISURATI
SULL'ACQUA PRELEVATA E
SCARICATA
SI
SI
(in caso di variazioni superiori al
5% vengono richiesti ulteriori
approfondimenti)
SI
SI
/
SI
SI
Tabella 3 – La regolamentazione nelle Province lombarde per sistemi geotermici a circuito aperto.
La Regione Campania ha disciplinato la reimmissione in falda con Regolamento Regionale n. 12
del 12 novembre 2012 "regolamento per la disciplina delle procedure relative a concessioni per
piccole derivazioni, attingimenti ed uso domestico di acque pubbliche", in particolare l'art. 36
"disposizioni relative all'uso dell'acqua per scambio termico", comma 4, recita:
"4. L'autorizzazione allo scarico in falda e' rilasciata, a seguito dell'indagine preventiva sul progetto
di scarico prevista dall'art. 104, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzata ad
accertare almeno le seguenti condizioni:
a) non sono presenti zone di contaminazione della falda;
b) se presenti zone di contaminazione della falda, viene dimostrato che la reimmissione non
provoca variazioni nella circolazione idrica tali da estendere l'inquinamento a zone
precedentemente non interessate;
c) non sono presenti nello scarico sostanze pericolose;
d) le acque reimesse in falda hanno caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate
con un limitato incremento di temperatura, tale da non alterare le caratteristiche del corpo idrico
interessato".
In Emilia Romagna è considerata ammissibile una variazione massima di temperatura di 6°C.
12
La Provincia Autonoma di Bolzano impone che le acque utilizzate nei circuiti di scambio termico
siano reimmesse in falda ed ha stabilito una variazione massima di temperatura pari a 5°C,
impone inoltre che tra gli studi idrogeologici allegati alle istanze di derivazione d’acqua per uso
scambio termico, sia prodotto il calcolo del pennacchio termico (quello previsto nella fase
preliminare va poi verificato ed eventualmente corretto nello studio idrogeologico conclusivo che si
effettua dopo la terebrazione del pozzo). Viene quindi implementata una banca dati dei pennacchi
termici sulla base della quale la Provincia gestisce ed autorizza le distanze minime tra impianti.
Il criterio adottato dalla Provincia di Bolzano è senz’altro rigoroso, ma è eccessivamente oneroso
per impianti che utilizzano piccole portate allo scopo di climatizzare ambienti non particolarmente
grandi.
La Provincia di Torino ritiene che possa essere consentita una reimmissione in falda con una
temperatura che si attesti, nelle condizioni di massimo esercizio, tra i 20°C e 22°C nella stagione
estiva e tra i 7°C e 8°C, nella stagione invernale.
13
Il contesto geologico della Provincia di Varese
In questo capitolo si accennerà brevemente agli aspetti salienti della geologia e dell'idrogeologia
del territorio della Provincia di Varese. Le informazioni sono desunte e rielaborate dallo "Studio
idrogeologico ed idrochimico della Provincia di Varese a supporto delle scelte di gestione delle
risorse idropotabili" condotto dal Polo Scientifico Tecnologico Lombardo su mandato dell'Autorità
d'Ambito Territoriale Ottimale di Varese (Maggio 2007) e dal documento "Stato delle acque
sotterranee della Provincia di Varese - Rapporto annuale 2012", elaborato dal Dipartimento ARPA
di Varese (Settembre 2013).
1. Geologia
Dal punto di vista fisiografico nel territorio varesino sono riconoscibili tre settori:
1. regione montuosa (rilevi prealpini): dal limite settentrionale della provincia fino
all'allineamento dei gruppi montuosi Sasso del Ferro - Campo dei Fiori - M. Monarco - M.
Orsa;
2. regione collinare (piedi delle Prealpi): parte mediana della provincia, costituita da dossi
rocciosi con abbondanti coperture di sedimenti glaciali nel settore centro occidentale e da
altopiani ferrettizzati ad est;
3. regione di pianura terrazzata: restante parte del territorio provinciale.
Dal punto di vista idrogeologico invece il territorio varesino è così classificabile:
1. settore montano (parte settentrionale occupata dai rilievi montuosi): struttura
idrogeologica costituita da acquiferi in roccia permeabile per fessurazione e carsismo, con
caratteristiche proprie di circolazione idrica profonda e restituzione in superficie attraverso
sorgenti naturali. Le risorse idriche sotterranee sono immagazzinate principalmente negli
acquiferi carbonatici ed in quelli alluvionali di fondovalle a geometria nastriforme. Le
captazioni sono normalmente caratterizzate da portate modeste (0,1 - 10 l/s);
2. settore pedemontano (tra settore montana a nord e di pianura a sud, indicativamente tra
Lago di Varese e Gallarate): struttura idrogeologica caratterizzata da acquiferi in terreni
porosi di limitata estensione areale e di ridotta potenzialità, normalmente captati da pozzi.
Gli acquiferi più produttivi sono quelli di tipo nastriforme all'interno delle valli (Olona, Arno,
ecc.);
3. settore di pianura (piane fluvioglaciali): caratterizzato da acquiferi in terreni porosi
contenenti falde sovrapposte arealmente continue, di elevata potenzialità, normalmente
captate da pozzi. Nella zona più meridionale sono presenti acquiferi sovrapposti, dove
14
quello inferiore risulta più protetto dagli inquinamenti mentre quello superiore è oggetto di
contaminazioni sia puntuali che diffuse.
In buona sostanza, si può affermare che il settore montano ed il settore pedemontano sono
caratterizzati da strutture idrogeologiche molto frammentate che costituiscono sistemi molto locali.
Diversamente il settore di pianura è caratterizzato dalla presenza di acquiferi multistrato dove lo
spessore dell'acquifero può arrivare fino a 250 metri. Solitamente si evidenzia un acquifero
superiore di tipo libero e/o localmente semiconfinato caratterizzato da buona produttività ed
elevata vulnerabilità. Gli acquiferi profondi protetti presentano una variabilità e vengono
solitamente distinti in tre ambiti:
1. ambito Est (area compresa fra Caronno Pertusella, Tradate sud, Fagnano Olona e
Castellanza). Si ha la presenza di acquiferi confinati contenuti nei livelli ghiaiosi profondi
intercalati alle successioni argillose. La presenza di livelli argillosi profondi con spessore e
continuità laterale significativa determina, in condizioni naturali, un basso grado di
vulnerabilità degli acquiferi da essi delimitati. La produttività di questi acquiferi è
solitamente buona ed compresa tra 10 e 35 l/s e mediamente di ottima qualità.
2. ambito Centro (area compresa tra la parte est della Valle Olona, Busto Arsizio e
Gallarate). Acquiferi profondi caratterizzati da produttività non elevate, stimabili attorno ai
15 l/s. Inoltre, a causa del diffuso inquinamento della falda superficiale e dell'elevata
pressione antropica tipica di queste aree, gli acquiferi profondi sono intensamente sfruttati
a scopo idropotabile.
3. ambito Ovest (area compresa tra Sesto Calende, Somma Lombardo, Lonate Pozzolo e
Cardano al Campo). L'acquifero più produttivo di quest'ambito si sviluppa lungo l'asse
vallivo del Ticino dove la produttività si attesta attorno ai 20 l/s. Procedendo verso est
(Ferno, Samarate) si ha una progressiva riduzione dello spessore e della produttività
dell'acquifero.
Per quanto sopra esposto risulta evidente che nelle zone di pianura lo sfruttamento geotermico
può disporre di condizioni più favorevoli ed economicamente più vantaggiose rispetto alle aree
collinari e montane. Nella pianura infatti si ha la possibilità di rinvenire diffusamente falde a
profondità non troppo elevate, di buona potenzialità e di minor pregio ambientale (spesso utilizzate
per destinazioni secondarie quali usi domestici, artigianali, agricoli, ecc) e pertanto idonee al
funzionamento di pompe di calore a bassa entalpia nel ramo civile e produttivo, dove nonostante le
modeste temperature in gioco (falde oscillanti stagionalmente dai 13 ai 16°C) è possibile usufruire
con costi ragionevoli e ridotte pressioni ambientali, di un’energia termica praticamente costante.
15
Per le aree montane e collinari della nostra Provincia la riflessione sulla geotermia è collegata alla
elevata complessità stratigrafica che comporta una certa imprecisione sulla conoscenza
idrogeolica locale quindi ad una maggiore difficoltà nello sfruttamento e gestione della risorsa
idrica sotterranea. Inoltre la maggior parte delle falde e sorgenti montane non hanno un elevato
potenziale idrico (portate ridotte) e spesso sono già ampiamente sfruttate a scopo potabile.
2. Stato qualitativo delle acque sotterranee
Si ritiene opportuno a questo punto fornire, molto schematicamente,
un quadro relativo alle
principali contaminazioni diffuse ed ai "valori anomali" storicamente noti negli acquiferi della
Provincia di Varese.
Infatti, come verrà meglio specificato nei capitoli successivi, soprattutto nella zona di pianura, le
falde protette sono da preservare per l'utilizzo idropotabile. Pertanto i prelievi utilizzati a scopo
geotermico dovranno avvenire, salvo eccezioni legate a casistiche particolari, esclusivamente dalla
prima falda. Ne consegue che le acque prelevate potranno avere caratteristiche qualitative
scadenti ed in taluni casi addirittura vedranno la presenza di inquinanti e sostanze “indesiderate”,
che però in generale non dovrebbero pregiudicare la realizzazione e la resa di detti impianti.
Sarà quindi indispensabile, al fine di una corretta valutazione di tutte le variabili in gioco, in fase di
progettazione dell'impianto già tenere in conto delle caratteristiche delle acque che si andranno a
captare e delle eventuali problematiche di carattere ambientale che potrebbero generarsi in caso di
acque contaminate. Si sottolinea che, dal punto di vista tecnico, qualora sia dimostrato che
l'impianto non causi un peggioramento della qualità delle acque, è ammissibile la reimmissione
delle acque utilizzate a scopo geotermico nella stessa falda da cui sono state prelevate.
Di seguito, viene esaminata la situazione della qualità delle acque sotterranee.
Settore Montano:
•
presenza di Arsenico nelle idrostrutture della Veddasca e in parte dei Sette Termini;
•
eccesso di Ferro e Manganese nell'acquifero del Palone (Luino). Saltuariamente sono stati
riscontrati valori elevati anche a Germignaga e Lavena Ponte Tresa;
•
contaminazione da Solventi Organo- alogenati nelle acque emunte dai pozzi di Arcisate;
•
Nitrati e Fitofarmaci presenti in maniera puntuale e limitata negli acquiferi di fondovalle.
Settore Collinare:
•
Nitrati e Fitofarmaci presenti negli acquiferi vulnerabili dell'area occidentale;
16
•
contaminazione da Solventi Organo-alogenati localizzata in due pozzi industriali in Comune
di Ternate;
•
presenza di Nitrati e Fitofarmaci negli acquiferi superficiali nell'ambito dei dossi morenici, in
particolare nel Comune di Besnate;
•
presenza di Cromo VI nella falda captata dai pozzi comunali di Ternate (rilevata anche in
pozzi privati industriali nel 2003-2004);
•
contaminazione da Solventi Organo-alogenati nell'ambito del Lago di Varese, in particolare
nei Comuni di Bardello e Biandronno;
•
nella valle dell'Arno si rileva la presenza di Solventi Organo-alogenati in pozzi privati in
Comune di Brunello e di Fitofarmaci a Castronno;
•
nell'ambito della Valle Olona presenza diffusa di Nitrati e di Fitofarmaci. Inoltre si rilevano
superamenti dei limiti di potabilità per Ferro e Manganese nelle aree del Rio Ranza e di
Gornate Olona.
Settore di Pianura:
•
l'ambito occidentale ha un acquifero superficiale di discrete qualità e quello profondo di
ottima qualità. In quello superficiale si segnalano criticità legate alla presenza di Nitrati e
Fitofarmaci e, relativamente all'area compresa nei Comuni di Golasecca, Somma
Lombardo e Sesto Calende, alla presenza di Arsenico;
•
l'ambito centrale è caratterizzato da un acquifero superficiale piuttosto alterato per la
presenza diffusa di Nitrati e Fitofarmaci e di Solventi Organo-alogenati, questi ultimi
localizzati maggiormente nel settore tra Busto Arsizio e Gallarate.
Si segnala la presenza di Arsenico sopra i limiti in due pozzi pubblici del Comune di
Somma Lombardo.
L'acquifero profondo presenta episodi locali di contaminazione: valori di attenzione per il
parametro Nitrati a Busto Arsizio e a Fagnano Olona e superamenti legati a Fitofarmaci in 3
pozzi a Busto Arsizio.
Inoltre è stata riscontrata presenza di Cromo nel periodo 2003-2004 in corrispondenza dei
Comuni di Cassano Magnago e Samarate e di Ferro nelle acque in rete dei Comuni di
Cavaria e Oggiona con Santo Stefano ed in un pozzo di Gallarate.
La presenza di Cromo VI è stata rilevata anche in due pozzi industriali in Comune di Busto
Arsizio negli anni 2010 e 2011.
Infine, nei piezometri di moniotraggio a valle della discarica di Vergiate - Somma
Lombardo, si evidenzia la presenza di Ammoniaca, Arsenico, Ferro, Fitofarmaci,
Manganese, Nichel, Nitriti;
17
•
l'ambito orientale presenta problematiche molto simili a quelle del punto precedente.
L'acquifero superficiale è caratterizzato da alterazioni legate alla presenza diffusa di Nitrati,
Solventi e Fitofarmaci.
In particolare, nei Comuni di Origgio e Saronno si evidenziano fenomeni di inquinamento
molto acuti da Solventi Organo-alogenati. ed in Comune di Fagnano Olona la presenza di
Atrazina nei campioni prelevati negli anni 2009 - 2012.
L'acquifero profondo presenta episodi locali di compromissione: Nitrati a Gorla Maggiore,
Gorla Minore, Origgio, Saronno, Uboldo, Solventi Organo-alogenati a Gorla Maggiore,
Gorla Minore e Marnate, Fitofarmaci a Cislago, Gerenzano, Gorla Minore, Gorla Maggiore,
Olgiate Olona, Solbiate Olona e Uboldo.
Inoltre è stata riscontrata presenza di Cromo VI nell'anno 2003 in corrispondenza dei
Comuni Caronno Pertusella, Fagnano Olona, Gorla Maggiore, Gorla Minore, Origgio,
Saronno.
Infine, a valle della discarica di Gorla Maggiore - Mozzate (dati 2003), si evidenzia la
presenza diffusa di Nitrati, Cadmio, Mercurio, Nichel e Zinco. Le analisi delle acque dei
pozzi barriera a valle della ex discarica di Gerenzano denunciano la presenza di Ferro,
Manganese, Nichel, Ammoniaca, Arsenico e Cloruri.
Oltre a quanto sommariamente esemplificato sopra, nel momento in cui si vorrà proporre
l'escavazione di pozzi di presa/resa a scopo geotermico, si dovranno valutare eventuali situazioni
locali e/o contaminazioni puntuali dell'area interessata dall'installazione della sonda geotermica
(plume specifici, aree soggette a bonifica dei terreni o della falda, sversamenti accidentali, …).
Tutte queste informazioni dovranno essere riportate nella relazione presentata a supporto
dell'istanza e saranno indispensabili alla valutazione del caso specifico, come meglio verrà meglio
esplicitato nel capitolo successivo.
18
L’approccio metodologico della Provincia di Varese: i criteri di
valutazione
Da quanto si evince dal panorama normativo nazionale ed internazionale e sulla base degli
elementi sopra richiamati desunti dalla letteratura scientifica, appare chiara l'esigenza di sviluppare
dei criteri di verifica finalizzati, da un lato alla salvaguardia quali/quantitativa della risorsa idrica
sotterranea e, dall'altro, al raggiungimento dell’efficienza energetica ed alla valutazione del corretto
dimensionamento dell’impianto in relazione allo sfruttamento della risorsa.
In attesa di ulteriori dati sperimentali o, comunque, di approfondimenti successivi, alcuni criteri
sono stati elaborati sulla base delle conoscenze finora acquisite in considerazione, oltre alle vigenti
leggi e normative, anche dei concetti specifici dei sistemi geotermici, inerenti l'esecuzione degli
scambiatori con il terreno, la loro influenza nel tempo, la loro interazione (termica, fisico/chimica,
ecc.) con l'ambiente.
1. La localizzazione degli impianti
Per un corretto funzionamento ed evitare un raffreddamento / riscaldamento continuo dell'acqua
sotterranea, i pozzi di prelievo e di restituzione devono assolutamente situarsi a monte e
rispettivamente a valle del flusso sotterraneo.
Possono essere previste limitazioni per lo scavo del pozzo di emungimento nel caso in cui lo
stesso ricada in:
•
aree vulnerabili (D.Lgs. 152/06);
•
aree di ricarica / di riserva della falda (P.T.U.A., D.Lgs. 152/06, R.R. n. 2/06);
•
aree sovrasfruttate (P.T.U.A., R.R. n. 2/06).
Non è consentita la perforazione di pozzi di ogni genere, sia per l'emungimento che per lo scarico,
ricadenti entro la fascia di rispetto di pozzi pubblici ad uso idropotabile, come definita dall'art. 94
del D.Lgs. 152/ 2006.
Per quanto riguarda le problematiche afferenti all’alterazione termica delle acque, anche il
pennacchio termico generato da un impianto di reiniezione non potrà interessare le aree di rispetto
pertinenza di pozzi pubblici ad uso idropotabile, se le acque emunte ad uso idropotabile riguardano
la stessa stratificazione acquifera utilizzata per la reimmissione.
19
In linea generale, il prelievo e la reiniezione devono essere esercitati con assoluta priorità alla
prima falda, questo per non movimentare e preservare le acque appartenenti alla cosiddetta
"seconda falda” (pregiata) e creare connessioni tra le stesse.
Si ritiene inoltre di dover considerare con attenzione la perforazione di pozzi di ogni genere, sia per
l'emungimento che per lo scarico, in merito alle seguenti situazioni:
•
aree contaminate o potenzialmente contaminate come definite dall'art. 240 del D.Lgs.
152/06 dove siano attivate le procedure di bonifica o di messa in sicurezza;
•
aree bonificate a CSR a seguito di Analisi di Rischio Sito-specifica;
•
aree adiacenti a siti nei quali sono in corso procedure di bonifica della matrice acque
sotterranee.
In tutti questi casi dovrà essere effettuata un'indagine al fine di garantire che la realizzazione e
l'attivazione dell'impianto non crei pregiudizio o non comprometta le attività di caratterizzazione,
bonifica e monitoraggio realizzate, in corso o da realizzarsi.
Nel caso in cui dovessero emergere nell'ambito degli studi propedeutici alla realizzazione
dell'impianto o durante la realizzazione stessa delle opere, situazioni di superamenti delle CSC
nella matrici terreno e/o acque sotterranee, dovranno essere attivate le procedure di legge previste
e la realizzazione dell'impianto sarà subordinata al positivo espletamento delle procedure di cui
sopra.
Si fa presente che l'accertamento dell'inquinamento delle acque sotterranee, fatte salve le
procedure di cui alla parte IV del D.Lgs. 152/06, non pregiudica necessariamente l'utilizzo a scopo
geotermico della risorsa. Dovrà tuttavia essere dimostrato che tale utilizzo:
•
non peggiori ulteriormente la qualità delle acque;
•
non acceleri la diffusione degli inquinanti in falda;
•
non comprometta l'eventuale bonifica o messa in sicurezza;
•
non trasferisca l'inquinamento ad altri corpi idrici (altre falde o corpi idrici superficiali).
2. Distanze minime da osservare tra un pozzo di reiniezione di acque utilizzate
in impianti geotermici e il più vicino pozzo di reiniezione che interessi il
medesimo acquifero
Allo scopo di evitare che possa prodursi un aumento generalizzato della temperatura della falda, si
ritiene necessario individuare un metodo per il controllo della densità degli impianti che operano
sfruttando il medesimo acquifero.
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A tal fine si dovrà determinare la distanza minima da osservare tra pozzi che interessano il
medesimo acquifero, che consenta di evitare l’interferenza dei pennacchi termici generati dai
singoli pozzi di reiniezione.
Pertanto nel caso di nuovi impianti
•
con portate medie di esercizio pari o superiori a 10 l/s
•
con portate medie di esercizio inferiori a 10 l/s e distanti meno di 200 metri da impianti già
esistenti
dovrà essere dimostrato, con studi dettagliati e mediante modellazione, che l’impianto in progetto
non interferisce (pennacchi termici non sovrapposti) e non pregiudica il corretto funzionamento
degli impianti preesistenti.
Il risultato di tale modellazione determinerà l'effettiva ubicazione del pozzo di resa in modo tale da
evitare l’intersezione dei pennacchi termici nonché il coinvolgimento delle aree dell’acquifero
tutelate a scopo potabile.
3. Ordine preferenziale di recapito (scarico)
Lo scarico, dedotto l’eventuale riutilizzo dell'acqua prelevata (scarico water, irrigazione aree verdi,
fontane e laghetti), deve essere recapitato in falda con reiniezione nella stessa falda da cui sono
state prelevate.
A fronte di dimostrata impossibilità della reimmissione in falda, potrà essere valutato lo scarico
delle acque:
•
in prima istanza in corpo d'acqua superficiale (nel rispetto dei valori limite di emissione
della Tabella 3 dell'allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/2006);
•
in subordine negli strati superficiali del sottosuolo (solo nel caso in cui i pozzi per
l’alimentazione degli impianti a circuito aperto attingano alla prima falda freatica) nel
rispetto dei valori limite di emissione di legge.
In linea generale non è ammesso lo scarico in fognatura per problemi sia quantitativi che qualitativi
delle acque scaricate che causano eccessiva diluizione delle acque recapitate agli impianti di
depurazione con riflessi negativi sulle capacità di depurazione; eventuali deroghe potranno essere
ammesse qualora venga ottenuto l'assenso delle autorità competenti a fronte della dimostrata
impossibilità di utilizzare le soluzioni sopra prospettate.
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4. Incremento e decremento massimo (± ∆T) di temperatura consentiti
Per quanto attiene all’esigenza di controllo della temperatura delle acque in uscita, le acque
dovranno essere restituite con un ∆T, quale valore massimo di incremento e decremento di
temperatura tra le acque di prelievo e quelle in uscita dagli impianti di scambio termico, di ±5°C.
In tutti i casi, la temperatura massima di restituzione ammissibile è fissata in 20°C.
La scelta di quest’ultimo valore è basta su due evidenze:
1) Le sperimentazioni condotte dal IGO di Monaco di Baviera indicano che le soglie di temperatura
raccomandate in Germania (5°C < Tu < 20°C) appaiono accettabili in quanto non sembrano
produrre effetti significativi né in relazione alle caratteristiche geochimiche degli acquiferi, né per il
funzionamento degli ecosistemi (almeno per ambienti oligotrofici).
2) Negli acquiferi della pianura padana utilizzati a fini idropotabili, sono largamente diffuse
temperature che arrivano fino a 15°C; pertanto consentire che il massimo valore di ∆T sia pari a
+5°C, determina che nei suddetti acquiferi la temperatura locale possa arrivare al massimo al
valore di 20°C.
5. La valutazione delle caratteristiche qualitative delle acque utilizzate
In fase di indagine preliminare dovrà essere fornita un'analisi dello stato qualitativo dell’acqua
sotterranea ante operam che comprenda i principali parametri chimici, anche allo scopo di
accertare l’esistenza di contaminazioni diffuse o comunque di livelli di contaminazione pregressa.
Se presenti plume di contaminazione della falda, l'indagine preventiva dovrà dimostrare che lo
scarico non provoca variazioni nella circolazione idrica tali da estendere l'inquinamento a zone
precedentemente non interessate.
Lo stato qualitativo dell’acqua sotterranea potrà essere indagato avvalendosi di analisi recenti
effettuate su acque prelevate dalla stessa falda in pozzi prossimi al sito oggetto d'istanza. Qualora
i dati presentati non risultassero idonei alla valutazione dell’istanza la Provincia si riserva la facoltà
di richiedere l’esecuzione di un piezometro al fine di acquisire tutti gli elementi utili.
Indicativamente dovranno essere forniti almeno i seguenti parametri:
pH
temperatura
Solidi sospesi totali
Azoto nitroso
Durezza
Ossidabilità (Kubel)
Ferro
Rame
Zinco
Mercurio
Cadmio
Solfati
Cloruri
Azoto ammoniacale
Azoto nitrico
Conducibilità elettrica misurata in µS/cm
Carica batterica a 22°C e 37°C
Composti organo-alogenati
Oli minerali persistenti e Idrocarburi
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Criteri per la redazione di studi e di progetti relativi alla derivazione e
restituzione di acqua di falda mediante pozzo a scopo di refrigerazione
o di riscaldamento
1. Generalità
I presenti criteri forniscono la traccia per la redazione del progetto e della relazione idrogeologica a
corredo dell’istanza di autorizzazione alla derivazione di acque sotterranee da pozzo per scambio
termico e successivo scarico diretto in falda.
Si specifica che l’istanza di autorizzazione allo scarico dovrà essere presentata contestualmente
alla domanda di concessione dei pozzi di presa.
La relazione idrogeologica dovrà contenere l’analisi dei dati storici reperiti dai pozzi limitrofi all’area
d’interesse con particolare riguardo alle caratteristiche idrogeologiche e chimiche dell’acquifero
interessato dal prelievo e dallo scarico, nonché l’individuazione di eventuali vincoli, quali, ad
esempio, le aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano e la posizione di altri
impianti geotermici già in esercizio.
Le opere in progetto non devono essere ubicate all’interno delle aree di salvaguardia di punti di
approvvigionamento idropotabile, così come le modificazioni idrodinamiche e idrogeochimiche
indotte dall’opera in esercizio non dovranno interessare tali zone di tutela.
In fase di progetto delle opere deve essere già prevista l’installazione di misuratori di portata e di
idonei strumenti fissi di rilevazione della temperatura di prelievo e di restituzione.
In situazioni idrogeologiche particolari ed in aree con importante prelievo di acqua di falda la
Provincia si riserva di prescrivere ulteriori indagini di approfondimento.
Allo stesso modo, qualora i dati presentati non risultassero idonei alla valutazione dell’istanza, la
Provincia potrà chiedere l’esecuzione di un piezometro o di indagini sito-specifiche al fine di
acquisire tutti gli elementi utili.
2. Progetto delle opere di presa e di restituzione
Il progetto dovrà fornire i seguenti dati tecnici:
•
localizzazione planimetrica dell’insediamento e dei pozzi in progetto;
•
caratteristiche progettuali dei pozzi di prelievo e di restituzione (profondità del pozzo, quota e
spessori dei tratti finestrati, descrizione delle modalità costruttive di ciascun pozzo, ecc.);
•
potenza e caratteristiche tecniche dell’impianto con indicazione delle portate medie e massime
estratte e reimmesse in regime sia estivo che invernale ed i relativi tempi di prelievo;
23
•
delta termico (∆T) previsto per l’acqua di falda utilizzata;
•
indicazione delle modalità di funzionamento, dei materiale dei condotti utilizzati per il prelievo
e lo scarico, del tipo di fluido utilizzato dall’impianto, accompagnato dalla relativa scheda di
sicurezza;
•
eventuali piani o programmi di gestione dell’impianto con particolare riferimento alle operazioni
di manutenzione del circuito aperto di prelievo e scarico, con relative schede di sicurezza dei
prodotti impiegati (antincrostanti, battericidi, etc.).
3. Indagine idrogeologica preliminare
L’indagine deve illustrare gli aspetti idrogeologici relativi alla presunta area d’influenza dell’opera.
La relazione, redatta da un tecnico abilitato, deve fare riferimento alla cartografia ufficiale e
contenere:
- la verifica dell'idoneità della falda al prelievo, mediante l’analisi dei dati di piezometria, gradiente
idraulico, permeabilità, trasmissività, temperatura, portata.
- la valutazione della capacità ricettiva della falda, mediante l’analisi di eventuali dati di prove di
immissione.
- la valutazione dell'interferenza tra prelievo e reimmissione (ampiezza della bolla di calore e
verifica del fenomeno circuitazione termica, verifica del fenomeno di inversione del gradiente
idraulico) nonché dell’interferenza con altri punti di captazione e/o restituzione esistenti.
- la definizione delle problematiche di tipo ambientale (interferenza con zone di protezione della
risorsa idrica, problemi di contaminazione dell’acquifero, interconnessione tra falde diverse,
influenza sulla subsidenza, compatibilità idrogeochimica e fisica delle acque).
In particolare:
Idrogeologia
•
assetto stratigrafico dettagliato del sito, descritto anche con un numero significativo di sezioni
idrogeologiche atte a definire con buona precisione lo spessore e le geometrie del corpo
acquifero interessato dallo sfruttamento;
•
caratterizzazione e parametrizzazione idrogeologica dei livelli acquiferi interessati, stima della
permeabilità idraulica e della temperatura dell’acquifero, della direzione di deflusso della falda
e del gradiente idraulico;
•
valutazione di possibili conseguenze del prelievo e scarico di acqua di falda;
•
rilievo di tutti i pozzi esistenti entro un raggio di almeno 1 km dall’insediamento di progetto ed
indicazione del loro utilizzo, con specifico riferimento a quelli utilizzati a scopo idropotabile e
quelli per refrigerazione o riscaldamento.
24
Per impianti caratterizzati portate medie di esercizio maggiori o uguali a 10 l/s la relazione
tecnica andrà integrata con quanto di seguito riportato:
•
valutazione delle modificazioni indotte dall’opera in esercizio sulla circolazione idrica
sotterranea in termini idrodinamici (abbassamento della superficie piezometrica, eventuali coni
di richiamo ecc);
•
modellizzazione del presunto pennacchio termico, a valle del pozzo di restituzione sulla base
dei parametri idrodinamici dell’acquifero, con riferimento alla situazione estiva ed invernale; al
fine dell’implementazione di una banca dati, il pennacchio termico stimato dovrà essere
restituito anche in forma georeferenziata;
•
stima della capacità ricettiva della falda;
•
valutazione di eventuali effetti di sovrapposizione degli impatti con altri punti di prelievo e
scarico di acque per uso di scambio termico.
Idrogeochimica
•
stato qualitativo dell’acqua sotterranea ante operam che comprenda i principali parametri
chimici, anche allo scopo di accertare l’esistenza di contaminazioni diffuse o comunque di
livelli di contaminazione pregressa. Nel caso che da detta verifica emergesse la presenza di
tali contaminazioni, dovrà essere dimostrato che lo scarico non propaghi l'inquinamento a
zone precedentemente non interessate;
•
schematizzazione delle modificazioni introdotte dall’opera in esercizio sul chimismo delle
acque sotterranee e valutazione di eventuali possibili richiami di contaminanti da monte e
laterali, finalizzata a caratterizzare la risorsa idrica oggetto dello sfruttamento per evitare che
l’impianto possa causare, seppur indirettamente, fenomeni di contaminazione della stessa.
In casi particolari potrà essere richiesta la predisposizione di un vero e proprio sistema di
monitoraggio qualitativo monte/valle, mediante l’esecuzione di piezometri ad hoc, che consenta di
verificare le variazioni indotte dall’impianto di scambio termico sui livelli piezometrici, sull
temperatura e sulla conducibilità delle acque sotterranee.
In tutti i casi, dopo la realizzazione dell'opera e prima della messa in esercizio del sistema,
dovrà essere trasmessa alla Provincia una relazione contenente tutti i dati rilevati in campo
(stratigrafie, piezometria, eventuali parametri rilevati quali permeabilità, trasmissività, velocità di
flusso dell'acquifero, abbassamenti delle prove di portata, ecc...) nonché i referti delle analisi
eseguite sulle acque captate.
25
Prescrizioni per la fase di esercizio
Brevemente si riportano, a titolo non esaustivo, le principali prescrizioni che saranno inserite negli
atti autorizzativi degli impianti geotermici:
•
I pozzi di prelievo e restituzione in falda dovranno essere destinati ad uso esclusivo del ciclo
previsto per l’impianto termico e pertanto tutta l’acqua restituita in falda dovrà derivare
unicamente dall’utilizzo autorizzato;
•
Le eventuali acque prodotte dalla condensa sulle pareti degli scambiatori andranno raccolte e
smaltite secondo la normativa vigente in materia; in ogni caso non dovranno essere scaricate
in falda;
•
Le acque dovranno essere restituite senza maggiorazioni di volume al medesimo corpo idrico
dal quale sono state prelevate e con le medesime caratteristiche geochimiche di qualità
rispetto a quelle prelevate, eccezion fatta per il parametro temperatura. A tale scopo
l’autorizzazione conterrà indicazioni (parametri e tempistiche) in merito alle analisi da eseguire
sulle acque prelevate e restituite;
•
Non saranno ammessi trattamenti chimici delle acque prelevate (utilizzo di additivi);
•
I pozzi di prelievo e di scarico delle acque dovranno essere identificabili e mantenuti sempre
efficienti; gli stessi dovranno essere sempre accessibili per l’eventuale campionamento da
parte dell'autorità competente per il controllo;
•
Dovranno essere installati idonei strumenti fissi di rilevazione della temperatura di prelievo e di
restituzione.
In ogni caso la Provincia si riserva di richiedere l’analisi di ulteriori parametri, sulla base di
situazioni particolari che si dovessero riscontrare nella falda acquifera interessata.
Inoltre, al fine di stabilire l’effettiva invarianza qualitativa delle acque restituite, in caso di differenze
dei valori rilevati in ingresso ed in uscita superiori al 5% potranno essere richiesti ulteriori
approfondimenti.
26
Fonti bibliografiche
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