La mia seconda vita
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La mia seconda vita
Traccia: la responsabilità di una scelta LA MIA SECONDA VITA Quando scoprii che non sarei arrivata al mio quindicesimo compleanno per colpa di quella maledetta malattia, non riuscii ad accettarlo. Non avevo mai riflettuto sulla morte, prima, ma improvvisamente mi sembrava terribile pensare che, mentre le mie amiche sarebbero cresciute e avrebbero potuto realizzare i loro sogni, io non ne avrei avuto la possibilità. Così mi informai sui vari modi per evitare questo destino e alla fine ne trovai uno. Esiste un sistema per conservare il corpo una volta morto nella speranza che un giorno la scienza possa risvegliarlo e guarire le sue malattie, cioè ibernarlo nell’azoto liquido. I miei genitori non furono subito d’accordo, anche perché costava molto e non era sicuro che un giorno mi sarei risvegliata e sarei guarita. Ma alla fine andò proprio così, altrimenti adesso non sarei qui, appena uscita dalla clinica. Come credevo, in circa 300 anni la scienza ha trovato un modo per “scongelarmi” e curare la mia malattia. Dopo avermi tolto dal liquido, hanno riportato la mia temperatura alla normalità e poi hanno fatto funzionare di nuovo i miei organi con una scarica elettrica. In seguito mi hanno operata con la cura adeguata che ai miei tempi non esisteva. Ora devo raggiungere la casa che i miei genitori avevano comprato per quando mi sarei risvegliata. Non è molto distante dal centro in cui sono rimasta per tutto questo tempo. Mentre passeggio, noto che per le strade non c’è nessuno. Si vedono solo dei robot e dei droni che volano e portano oggetti ai vari palazzi. Non ci sono aiuole o parchi ben curati, né alberi per le vie. È davvero triste. Finalmente arrivo all’indirizzo indicato sul cartellino, che avevano lasciato i miei agli scienziati del centro. Mi hanno detto che devo impostare una password vocale utilizzando un piccolo schermo a fianco della porta. Dopo vari tentativi riesco a entrare e la porta mi si chiude alle spalle. La casa è stata arredata alla moda di questi tempi quando hanno cominciato le procedure per risvegliarmi perché i miei genitori avevano lasciato scritto così. Ci sono solo tre stanze: una camera con un bel letto, un bagno e un salotto con un grande schermo su una scrivania, che credo sia un computer ad altissima tecnologia. Non c’è la cucina. Sulla scrivania trovo una lettera in una busta con il mio nome sopra. Comincio a leggere Cara Judy, non sappiamo quando ti sveglierai né quale nuovo mondo dovrai affrontare, ma sappiamo che troverai qualcuno che ti aiuterà. Ti abbiamo comprato questa casa e abbiamo lasciato un conto in banca, ma i servizi sociali ti supporteranno finché ne avrai bisogno. Se stai leggendo questa lettera significa che la scienza ti ha offerto una nuova possibilità di vivere, come avevi sperato. Sfruttala fino in fondo anche se ora non c’è più nessuno delle persone che conoscevi. Non sentirti abbandonata o triste ma comincia una nuova vita come se fossi una normale ragazza del secolo in cui ti trovi e fai tutto quello che nel 2000 non hai fatto. Noi saremo sempre accanto a te, ricordatelo. La tua famiglia Pensando ai miei genitori e a mia sorella mi viene da piangere, perché ovviamente sono morti da più di due secoli e ora sto iniziando una nuova vita senza il loro aiuto e la loro presenza. Ma devo andare avanti e sfruttare fino in fondo questa nuova possibilità che la scienza mi ha dato. Ma da dove devo partire? Non so dove procurarmi il cibo né quali sono i luoghi in cui potrei incontrare dei ragazzi della mia età. Per fortuna un dottore mi ha lasciato la sua e-mail prima di farmi tornare a casa, così accendo il computer e gli chiedo tutto quello di cui ho bisogno. Il pc funziona in modo un po’diverso da quello che mi ricordavo e così, mentre aspetto la risposta, navigo su internet alla ricerca di novità e di informazioni. Scopro che è il 7 novembre 2321 e che molte cose sono cambiate nel mondo. È interessante vedere come l’umanità si è evoluta in questo tempo e il fatto di poter confrontare due civiltà così distanti è, per ora, la prima conseguenza positiva dell’ibernazione che percepisco. Dopo non molto tempo, il dottore mi risponde. La sua e-mail mi sconvolge. Dice che per avere del cibo devo ordinarlo su alcuni siti e così i robot me lo porteranno entro mezz’ora. Poi devo iscrivermi ad una scuola, ma ora le lezioni si seguono da casa attraverso le videochiamate e gli esercizi vengono inviati via posta elettronica. Sembra che ora tutti stiano davanti ai computer per la maggior parte del tempo. Il dottore mi ha detto anche che quasi tutti i mestieri vengono svolti da alcune macchine guidate e progettate dagli umani che le seguono dal computer. Per incontrarsi o parlare con gli altri ora ci sono tecnologie molto avanzate le quali creano degli ologrammi che fanno sembrare la persona con cui si sta parlando nella propria stanza. Inoltre, ci sono sempre le chat individuali o di gruppo. È davvero tutto molto diverso e, a mio parere, sbagliato ma mi devo adeguare perché non ho alternative. Per prima cosa mi iscrivo a una scuola e mi dicono che dovrò sostenere un esame per poter riprendere la seconda superiore a metà novembre. Nel 2016 l’avevo iniziata e mi sembra di ricordare tutto anche se sono passati 300 anni. Il mio cervello funziona bene come tre secoli fa ed è rimasto apparentemente immutato. Nei giorni seguenti faccio pratica con il nuovo stile di vita: sto imparando velocemente, anche se dopo alcune ore di computer senza interruzioni, sento il bisogno di distogliere gli occhi e di guardare fuori. Non ho il coraggio di uscire e passeggiare, perché ho sempre avuto paura di comportarmi in modo diverso rispetto alla massa. Mi sono sempre adeguata ad essere come tutti per paura di venire esclusa. Nei mesi seguenti la scuola occupa quasi tutto il mio tempo. Questo nuovo modo mi piace abbastanza, ma non riesco ad avere buoni rapporti con i professori o i miei compagni. Con qualche ragazza cerco di rimanere in contatto con le videochiamate, ma le amicizie a distanza non sono come quelle a cui ero abituata io e sento la mancanza di qualcuno vicino a me. Anche di qualcuno che cucini. Il cibo che a ogni pasto ordino è abbastanza buono, ma è cucinato da robot, di certo non è sano come quello fatto in casa, ha un gusto uguale ogni volta ed è completamente diverso da quello che mangiavo prima di essere ibernata. L’umanità ha cercato di semplificarsi la vita al massimo ma, secondo me, ha esagerato. Addirittura i viaggi, che mi piacevano tanto, ora sono passati di moda: adesso c’è la possibilità di visitare qualsiasi luogo con un percorso virtuale restando comodamente seduti a casa. Dopo qualche mese il mio corpo, che è abituato a un altro stile di vita, non riesce più a sopportare queste abitudini troppo sedentarie. È possibile che nessuno nel mondo sia contrario a queste regole e che nessuno senta il bisogno di uscire di casa? I miei genitori mi dicevano sempre che siamo tutti diversi e che niente avrebbe messo d’accordo tutte le persone del mondo. Quindi, a meno che questa regola adesso sia cambiata, ci deve essere qualcuno che si oppone. Per forza. Guidata da questo ragionamento, mi metto a cercare giorno e notte una chat di gruppo, un sito o qualsiasi cosa in cui si riuniscano persone che non vogliono vivere come tutti gli altri. Dopo qualche ricerca trovo un gruppo chiamato “I Ribelli della California”. Sento che è quello giusto. I membri, che abitano tutti in questo stato, mi accolgono nella chat e mi spiegano che di solito si mettono d’accordo per incontrarsi e fare un po’ di sport o comunque qualcosa insieme. È proprio ciò che stavo cercando. Ci mettiamo d’accordo per incontrarci tutti a casa mia, così li conosco meglio. C’è un ragazzo alto e simpatico che si chiama Brandon, le gemelle Shelby e Kelly che hanno la mia età, Robert, timido ma molto astuto e la sua fidanzata Allison. Con loro passo gran parte del mio tempo libero e imparo molto sulle nuove tecnologie. Per esempio, scopro che esiste una specie di robot volante che ti può portare dove vuoi e comincio ad usarlo per andare ai nostri incontri. Di loro mi fido e infatti sono le uniche persone a cui ho raccontato la mia storia. Probabilmente le mie compagne di classe li troverebbero strani e riderebbero di loro, perciò cerco di non parlare con nessuno dei miei nuovi amici. Molto spesso mi chiedono di raccontare loro com’era la vita ai miei tempi, così parlo delle differenze tra le nostre epoche. “Ma non esistevano i computer e i cellulari nel 2000?” mi chiede un giorno Kelly. “Certo che esistevano” le rispondo “e già allora la gente cominciava a passare tanto tempo con questi strumenti piuttosto che uscire. Ma mai quanto adesso”. Penso a cosa direbbe mia madre della nuova società, lei che ogni volta che mi vedeva al cellulare per un po’ di tempo mi chiedeva di spegnerlo. “Sarebbe fantastico se si potesse vivere come tre secoli fa, uscire con gli amici, viaggiare, andare al mare…” dice Shelby sospirando. “Magari potremmo fare qualcosa” propone Brandon “ad esempio, mostrare a tutti come si viveva ai tuoi tempi”. “Fare propaganda” aggiunge Allison “del resto, grazie a Internet non sarà difficile far arrivare i nostri messaggi in tutte le case”. “Giusto! E potremmo diffondere la notizia a tutti quelli che conosciamo, forse anche ad altri gruppi come noi in altre parti del mondo” conclude Kelly. Subito la trovo una pessima idea. Non ho intenzione di dire esplicitamente ai miei compagni, anzi a tutto il mondo, che non mi piace questo modo di vivere. Perciò saluto i miei amici e torno a casa. Durante i giorni seguenti non riesco a smettere di pensare a questo. Mentre Robert e gli altri parlano eccitati di questa nuova idea, Allison si avvicina a me e mi sussurra: ”Ti vedo pensierosa. Non ti piace l’idea che abbiamo avuto?”. Io le rispondo spiegando tutti i miei dubbi e lei mi dice: “Non devi vergognarti di avere idee diverse. Devi agire pensando a quello in cui credi tu. E poi, non ti sei fatta ibernare per passare una vita davanti al computer, giusto?”. Detesto ammetterlo, ma mi rendo conto che ha ragione. Ma non credo di essere abbastanza coraggiosa da riuscire a far trionfare le mie idee. Il giorno dopo sto per dire a tutti che non posso aiutarli nel loro progetto, ma Allison continua ad insistere: “Avanti Judy, senza il tuo aiuto non ci riusciremo mai. Abbiamo bisogno di te. Il mondo ha bisogno di te. Cerca di pensare a cosa la Terra potrebbe diventare se nessuno agisce. Gli uomini la trascureranno”. Devo dimenticare le mie paure per aiutare il pianeta e le future generazioni. “Ma se poi non servirà a niente?” chiedo. “Almeno ci avremo provato” risponde Kelly. “E non rimpiangeremo di essere rimasti indifferenti. Almeno non ci sentiremo in colpa per essere solo rimasti fermi a guardare.” Ok, mi hanno convinto. Subito cominciamo a ricercare film e libri che mostrano come era la vita nel 2000 e li mettiamo in rete. Poi cerchiamo sui social vecchie foto in cui si vede come si divertivano le persone ai miei tempi. Intanto stiamo facendo pubblicità alla nostra “campagna” parlandone con tutte le persone che conosciamo. Brandon ha addirittura coinvolto un suo cugino tedesco che, con dei suoi amici, condivide le nostre idee e ci sta aiutando. Ben presto anche alcune associazioni promettono di aiutarci. È strano, ma tutti si erano dimenticati come potesse essere bella la vita. Ora sono felice e non mi interessa se i miei compagni mi troveranno strana o mi escluderanno. Sento che il mondo aveva dimenticato il vero senso della vita e aveva bisogno di qualcuno che glielo ricordasse. E quel qualcuno non potevo che essere io.