verso il nuovo puc

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verso il nuovo puc
DOSSIER GENOVA CITTÀ INDUSTRIALE DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER
VERSO IL NUOVO PUC
tabili con quelli di altri territori. Ciò vale ad esempio per i
costi dell’energia o per quelli della logistica ma vale a
maggior ragione per la disponibilità e i costi delle aree necessarie a nuovi insediamenti o a espansioni degli insediamenti esistenti. Per quest’ultimo aspetto l’industria genovese ha già pagato prezzi molto alti cedendo ad altre funzioni molte aree di grande pregio del ponente cittadino
ed emigrando spesso oltreappennino. Il posizionamento
che l’industria genovese ha raggiunto, occupando posizioni di leadership o di eccellenza in molti comparti, dal sideromeccanico alla cantieristica, all’energia, alle alte tecnologie, impone che oggi si compiano, in sede di formulazione del PUC, scelte coerenti con le esigenze di sviluppo delle imprese. In primo luogo non possono essere concessi cambiamenti di destinazione d’uso per le aree e gli
insediamenti industriali esistenti ma anche per quelli dismessi. L’insieme delle disponibilità oggi esistenti ha raggiunto una soglia invalicabile se non si vuole compromettere definitivamente la capacità del territorio di produrre
ricchezza a e sviluppo. Non solo sono necessari ambiti
omogenei e integrati per sviluppare l’hi-tech, come nel caso del progetto Leonardo, non solo occorre assicurare l’agibilità di aree adeguate per attività produttive leggere
esercitabili su stabilimenti multipiano, una tipologia questa molto diffusa a Genova perché assecondata dalle caratteristiche orografiche della città, ma bisogna non rinunciare, come fino a oggi abbiamo fatto, alla possibilità
di realizzare stabilimenti monopiano, tuttora indispensabili per insediamenti produttivi delle filiere presenti sul territorio. A questi fini, poiché le eventuali disponibilità si possono ottenere quasi esclusivamente attraverso la riconversione di fabbricati pluriplano caratterizzati da indici di
fabbricabilità elevati, sarebbe opportuno prevedere l’accesso a meccanismi compensativi o perequativi in modo
da facilitare e incentivare questi processi di trasformazione. Esistono tuttora molti opifici di vecchia configurazione in stato di abbandono non fruibili per impieghi su più
piani e comunque troppo costosi per essere riconvertiti in
strutture monopiano, se non attraverso incentivi, destinati quindi a restare nell’attuale stato, sempre che non si voglia seguire le deprecabili ma semplici strade del passato,
che hanno favorito cambiamenti di destinazione d’uso a
favore della funzione commerciale.
L’industria ligure, che ha mostrato di sapersi adattare alle
mutate condizioni ambientali e di mercato così come ha
saputo corrispondere positivamente alle sollecitazioni innovative derivanti dagli incentivi pubblici o dalle opportunità offerte dall’Unione Europea, reagirà positivamente
alle aperture di un PUC che tenga conto delle sue esigenze di sviluppo, rendendo un buon servizio, prima ancora che a se stessa, al territorio di riferimento. Nel passato, in presenza del modello di sviluppo da cui queste
note hanno preso le mosse, nel processo di scambio tra
città e territorio è certo che la città ha dato molto all’industria, ma successivamente l’industria ha restituito molto alla città. Ora sembra giunto il momento di chiudere
la partita e di trovare un equilibrio a tutto vantaggio della sopravvivenza e dello sviluppo di Genova contro scelte, o ancor peggio mancate scelte, che ne asseconderebbero l’inesorabile declino. I
Do ut des
tra città
e industria
Dopo decenni di
concessioni
reciproche, con
la definizione
del nuovo PUC si
presenta l’occasione
di chiudere la partita
e di trovare un
equilibrio a favore
dello sviluppo
STEFANO ZARA
L’attributo di città industriale è parte della con-
venienti dal mare, indispensabili per le fabbriche ivi collocate. Ruolo insostituibile per i grandi manufatti e i grandi
impianti che non potevano che essere prodotti a fil di costa, fruendo di approdi portuali indispensabili a questi fini. Ruolo rafforzato dalla presenza di insediamenti produttivi di grandi dimensioni e di aggregati operai molto
consistenti, spesso riconosciuti strategici per l’economia
del Paese tanto da richiedere la presenza di capitale pubblico. È dunque nel rapporto da un lato col Nordovest
dall’altro col mare e col porto che si sostanzia la configurazione industriale di Genova e fonda e legittima pienamente la centralità di un modello di sviluppo che assume
appunto questa configurazione. Non vi è dubbio che
questo modello di sviluppo è stato egemone per diversi
lustri nel periodo della ricostruzione postbellica, traendo
origine da radici, tradizioni e assetti socioeconomici anche molto antecedenti. Questa egemonia è stata il frutto
di condizioni di mercato e di scelte congruenti che ne
hanno assecondato il dispiegamento, prima di tutto nell’uso del territorio con le industrie collocate a fil di costa
spesso su aree strappate al mare attraverso tombamenti.
In qualche misura porto e industria non confliggevano in
notazione storica di Genova, tanto che questo suo profilo
è entrato a far parte del patrimonio genetico della città.
Ma a ben guardare, cioè a guardare i dati socioeconomici
che hanno contrassegnato gli anni del periodo postbellico, quelli del maggiore sviluppo industriale del nostro
Paese, città industriale in senso stretto Genova non è mai
stata. Oggi non più del 11,5% del valore aggiunto complessivo è attribuibile al comparto industriale contro valori
superiori anche del doppio per città caratterizzate dall’egemonia del settore. E ciò era vero anche quando il valore aggiunto industriale di Genova raggiungeva percentuali superiori al 20%, nel momento cioè in cui la città, a
giusta ragione, era considerata parte imprescindibile del
triangolo industriale che la legava a Torino e Milano, dove
questo stesso dato viaggiava sopra il 40%. A favorire
questa connotazione della città non era certo una distorsione dell’immaginario collettivo, ma piuttosto il ruolo
che l’industria genovese aveva in rapporto all’economia
del Nordovest italiano, cioè della regione più industrializzata del Paese, ruolo di supporto per la fornitura di produzioni, frutto di prime lavorazioni di materie prime pro28
termini concorrenziali ai fini della conquista del territorio
perché legati allo stesso modello di sviluppo.
Nel proiettarsi verso una nuova fase di pianificazione territoriale, bisogna oggi chiedersi quanto di questo modello
sia sopravissuto e quanto le condizioni al contorno siano
mutate. Grazie alla containerizzazione, di gran lunga la
modalità di trasporto prevalente, il porto si è ampiamente
autonomizzato dall’industria locale e il traffico passeggeri,
in aumento grazie a crociere e traghetti, ha rinforzato
questa indipendenza. Del pari l’industria, uscita da dolorosi processi di ristrutturazione e riconversione, si è, in
gran parte anche se non esclusivamente, consolidata su
assetti autonomi rispetto all’attività portuale, non può più
beneficiare dei vantaggi competitivi che derivavano da
questo legame strategico e si trova a misurarsi nel mercato aperto e globale con una concorrenza sempre più agguerrita. Complessivamente si può dire che sia la grande
che la piccola-media impresa hanno raggiunto buoni livelli di competitività, ma per continuare a svilupparsi richiedono oggi, una volta dimostrata l’elevata capacità imprenditoriale e l’alta qualità delle risorse professionali,
condizioni di sviluppo, in particolare costi esterni, confron29
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Spazio
all’industria
Il sistema delle funzioni
produttive nel nuovo
Piano Urbanistico Comunale
PAOLO TIZZONI E PIER PAOLO TOMIOLO
Individuare le scelte urbanistiche del prossimo de-
L’attività avviata nel 2009 con la stipula di un Protocollo
di Intesa tra Comune, Confindustria Genova, Assedil, Sviluppo Genova e oggi anche Camera di Commercio (con i
quali è stato costituito un Tavolo di Concertazione, si è redatto un primo censimento delle aree produttive industriali immediatamente o potenzialmente disponibili, si
sono definite iniziative comuni da intraprendere per coordinare e facilitare i progetti di insediamento delle imprese
e si è avviata la redazione di un database congiunto delle
aree produttive disponibili) ha rappresentato da questo
punto di vista una fase di impostazione particolarmente
importante anche per la redazione del nuovo Piano Urbanistico, e in futuro questa iniziativa potrà essere estesa
anche ad altre attività economiche per accrescere l’attrattività della città. Nel nuovo progetto di PUC, quindi, il sistema delle funzioni produttive è uno dei capisaldi dell’assetto insediativo della città, avendo contestualmente deciso di assumere il limite del costruito come perimetro di
riferimento e stabilito che le trasformazioni avverranno
sostanzialmente per sostituzione del costruito obsoleto e
nelle aree ferroviarie che potranno essere riconvertite proprio per gli usi produttivi e urbani in ragione della loro
collocazione rispetto alla città.
In questa direzione la principale misura che si ipotizza di
mettere in atto sarà quella di separare le funzioni produt-
cennio è l’obiettivo delle attività avviate per la redazione
del nuovo Piano Urbanistico Comunale, dapprima con
l’approvazione delle Linee Strategiche, poi con la redazione della Descrizione Fondativa, che illustra l’attuale
sistema insediativo della città, nel quale la funzione produttiva, industriale e artigianale è spesso fortemente integrata con il tessuto urbano, e infine con il Documento
degli Obiettivi, redatto partendo dai documenti strategici elaborati da Renzo Piano, da Richard Burdett e dall’Urban Lab.
Molto è il lavoro svolto da questo punto di vista sino a
oggi, avendo ipotizzato di individuare come elementi fondamentali per il futuro della città lo sviluppo socio-economico e delle infrastrutture, l’organizzazione spaziale della
città e la qualificazione dell’immagine urbana, la difesa
del territorio e la qualità ambientale.
L’attuale crisi economica a livello mondiale ha poi inciso e
incide ancora in modo particolarmente significativo sulle
attività produttive e, conseguentemente, sul fronte occupazionale, con riflessi pesanti anche sull’economia reale e
sul piano sociale. Favorire quindi la collocazione di nuove
aziende e il potenziamento di quelle già presenti rappresenta la risposta indispensabile per porre le basi per un
migliore futuro sviluppo socioeconomico della città.
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tive industriali e artigianali di produzione da quelle altre
attività produttive compatibili con il tessuto urbano, riducendo sensibilmente l’attuale possibilità di compresenza
di altre funzioni (direzionali, terziario avanzato, commerciali, connettivo urbano e servizi privati nelle aree a destinazione industriale, ora sottozone DD e DT) ed evitando
che siano altri interessi a stabilire, poi, le effettive destinazioni d’uso del territorio.
Il punto di partenza per tracciare il disegno della città industriale sarà, quindi, il sistema portuale con le sue differenti attività, da ripensare in rapporto sia agli aspetti funzionali, primo tra tutti quello delle infrastrutture, sia a
quelli della mitigazione degli impatti ambientali, riconoscendo le vocazioni storiche delle aree che lo compongono e operando in modo che gli ambiti da individuare con
il Piano urbanistico siano coerenti e ne rappresentino una
armonica prosecuzione. Il baricentro del sistema industriale “porto e città” potrebbe essere collocato nella vasta
area che va dalla parte terminale della sponda destra del
Polcevera a Cornigliano e Sestri Ponente: in questo contesto saranno rafforzate le funzioni per l’industria “pesante”, che ha bisogno di un efficiente sistema di infrastrutture, stradali e ferroviarie, che i nuovi assi viari di sponda,
la strada a mare collegata all’autostrada e il potenziato
nodo ferroviario sono in grado di assicurare.
Attorno a questo nucleo forte si dislocherà progressivamente, a levante, a ponente e nella Valpolcevera, il sistema industriale intermedio, caratterizzato da poli con attività di minore impatto, sia per la tipologia delle produzioni che per le esigenze di funzionalità infrastrutturale, dove, però, le destinazioni d’uso attribuite dal Piano urbanistico si prevede possano essere ancora fortemente selettive e orientate a proteggere la funzione industriale da
quelle altre funzioni, prima tra tutte quella commerciale,
che oggi sono invece ammesse.
Il disegno del sistema si ipotizza possa essere completato
con una tipologia di ambito produttivo di tipo “urbano”,
nel quale ammettere la compresenza, senza particolari limitazioni, di tutte quelle attività industriali, artigianali e
commerciali che non hanno bisogno di particolari requisiti di localizzazione e dove occorre, al contrario, consentire una ampia flessibilità di insediamento e di modificazione delle destinazioni d’uso, stabilendo allo stesso
tempo diversi standard urbanistici in ragione delle destinazioni d’uso stesse. I
Paolo Tizzoni è vice direttore generale Area Territorio,
Sviluppo Urbanistico ed Economico del Comune di Genova
Pier Paolo Tomiolo è direttore di Urban Lab
Sviluppo Urbanistico del Territorio
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vale, il porto con i suoi 30 km di banchine, i quartieri storici o di iniziativa pubblica... Il limite di Genova è essere
composta da parti diverse e chiaramente distinte e con
poche relazioni tra loro. La morfologia sociale e culturale
della città si assomiglia a quella fisica: ancora parti diverse
che non dialogano tra loro. L’urbanista deve lavorare “di
cucitura”, effettuando innesti tra una parte di città e l’altra. Negli ultimi anni a Genova si è tentato di fare questo,
basti pensare all’inserimento della facoltà di architettura
nel centro storico o alla creazione di una grande zona urbana nel porto, piuttosto che al villaggio tecnologico agli
Erzelli. Ecco, questi interventi sono come innesti che, almeno in teoria, possono servire a rendere meno dura
questa suddivisione per parti omogenee.
Genova
a comparti
stagni
Secondo l’architetto
Stefano Boeri
la nostra città si è
sviluppata negli anni
in parti omogenee che
non dialogano tra loro
Al termine di un lungo processo di trasformazione
è pressoché scomparsa l’industria “pesante”, a forte impatto ambientale e bassa intensità d’uso del
territorio. Tuttavia, si è radicata ed è fortemente
competitiva un’industria “pensante”, a forte contenuto tecnologico ed alto rapporto occupati/mq:
non soltanto nei settori delle telecomunicazioni,
dell’automazione, dell’elettronica, ma anche in
quelli della meccanica, dell’impiantistica, dell’aeronautica, della cantieristica di fascia alta, della nautica. Come si può fare per consentire lo sviluppo ordinato della città nel mantenimento di queste irrinunciabili fonti di valore?
L’industria pensante ha un impatto sul territorio molto
leggero, è una rete di luoghi di piccola dimensione abitati
dai professionisti del pensiero e della ricerca, quindi non
necessita né di grandi strutture né di grandi sistemi a fabbrica. In questo senso Genova è perfettamente attrezzata
a svolgere questa funzione, con un indotto legato al
know-how tecnologico, che ha origine dalla sua tradizione meccanica, e al settore portuale, che negli anni Cinquanta e Sessanta hanno reso Genova una delle capitali
industriali del nord. Oggi Genova si propone come capitale della ricerca scientifica, dell’high-tech, dei servizi. È una
trasformazione che non crea grandi problemi sul territorio. Caso mai il problema è come riutilizzare gli spazi e le
strutture lasciati liberi dall’industria pesante. E ce ne sono
ancora molti.
STEFANO BOERI
Stefano Boeri, architetto, è stato direttore della
rivista internazionale “Domus” e da settembre 2007 dirige la rivista internazionale “Abitare”.
È fondatore del gruppo “multiplicity”, agenzia di ricerca
dedicata allo studio delle trasformazioni territoriali e delle
forme, disciplinarmente diverse, di osservazione e rappresentazione della città. Insieme a Richard Burdett, Jacques
Herzog e William MacDonough, Boeri fa parte della Consulta Architettonica incaricata di sviluppare le linee guida
per le trasformazioni urbane che verranno attuate nella
cornice del grande evento internazionale dell’Expo a Milano nel 2015. Con il suo studio ha disegnato il progetto
per il Nuovo Stadio di Genova a Sestri Ponente.
Per la sua esperienza internazionale, ci sono casi di
successo che Genova può prendere a esempio per
costruire una città realmente attrattiva tanto per le
persone quanto per le imprese?
Al di là dei soliti esempi che tutti conosciamo, penso che
Genova sia una di quelle città che ha bisogno di un evento eccezionale in grado di catalizzare tutte quelle energie
oggi spezzettate e suddivise in compartimenti stagni. È
questo “spezzettamento” che spinge giovani, intellettuali
e ricercatori a fuggire da Genova, perché qui non trovano
possibilità di connessione tra le parti. Questo è un tema
che la città deve affrontare. In passato grandi eventi come
le Colombiadi nel 1992 o Genova Capitale europea della
cultura nel 2004 hanno scatenato nella città spinte unitarie molto positive. Forse Genova ha bisogno di altre occasioni di questo tipo. I (P.P.)
Genova è una città atipica da tutti i punti di vista.
Che problemi pone all’urbanista?
A Genova il rapporto con la natura, la morfologia del territorio sono così particolari che molti dei fenomeni che
oggi si affrontano nelle città che non hanno questa conformazione qui vengono posti in modo del tutto diverso.
Per esempio, a Milano, a Roma o a Firenze, c’è il problema di ridurre i consumi di suolo. A Genova, invece, il problema è lavorare sulla linea di costa. Ormai Genova è una
città che va da Camogli fino a Savona, senza soluzione di
continuità. In questo sistema così compresso tra mare e
montagne la città si è sviluppata per parti omogenee ma
diverse l’una dall’altra in modo evidente: il nucleo medie32
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si è occupata della progettazione e della realizzazione del
nuovo Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso di Bolzaneto,
recentemente inaugurato. La società ha inoltre realizzato
un nuovo insediamento produttivo a San Quirico, nelle vicinanze del Mercato dei Fiori, e ha effettuato un intervento di recupero di una ex cartiera a Voltri, riadattando la
pregevole struttura esistente per insediamenti di imprese
artigianali e piccola industria. È attualmente in corso, e
nelle fasi conclusive, un importante intervento di riqualificazione della piana di Isolabuona, per la realizzazione anche in quell’area di insediamenti produttivi, oltre a un
parco fluviale sulle rive dello Scrivia, sviluppato d’intesa
con l’Amministrazione Comunale di Ronco Scrivia.
Questi ultimi interventi porteranno complessivamente a
un incremento dell’occupazione, a regime, stimato in oltre 300 addetti.Gran parte degli interventi di riqualificazione realizzati da Sviluppo Genova, essendo effettuati su
aree industriali dismesse, hanno anche richiesto importanti e complesse attività di bonifica dei terreni e della falda acquifera sotterranea, relativamente alle quali Sviluppo Genova ha maturato un’esperienza e competenze oggi difficilmente riscontrabili in altri soggetti nell’ambito
del territorio genovese.
Su mandato della Società per Cornigliano, Sviluppo Genova sta attualmente completando i lavori di smantellamento e demolizione della ex area a caldo dello stabilimento ILVA di Cornigliano, e si accinge a effettuare nelle
stesse aree un intervento di bonifica che per la sua complessità si colloca fra i più importanti interventi di bonifica
di aree industriali mai realizzati sino a oggi in Italia.
Sviluppo Genova è anche stato individuato dagli Enti
pubblici e da ANAS come riferimento per la realizzazione
delle nuove importantissime infrastrutture del nodo viario
urbano e portuale nell’area di Sampierdarena e Cornigliano. Infatti, dopo averne curato la progettazione, ha avviato la costruzione della strada urbana di scorrimento da
Lungomare Canepa a Piazza Savio a Cornigliano collegando altresì le due sponde del torrente Polcevera, il tutto per complessivi Km 1,700 di strada che in gran parte si
sviluppa in ponti e viadotti. Sviluppo Genova sta anche
contribuendo agli interventi di riqualificazione urbana di
Cornigliano, nell’ambito della quale sta sviluppando la
progettazione del restyling di via Verona, via Vetrano e via
Bertolotti e sta attuando l’intervento di recupero e valorizzazione degli esterni di villa Serra.
Sta realizzando inoltre la viabilità di collegamento fra le
aree portuali e le due sponde del Polcevera e sta sviluppando il progetto del raccordo fra la strada di scorrimento e il casello autostradale di Genova Aeroporto oltre
l’ampliamento di Lungomare Canepa a completamento
dell’asse viario tra il casello autostradale di Genova Ovest
e quello di Genova Aeroporto.
Infine, partecipa, con Comune di Genova, Confindustria
Genova, Assedil e Camera di Commercio, al censimento
delle aree industriali genovesi con l’obiettivo di stabilire
un programma organico di riordino e razionalizzazione
nell’uso delle aree produttive. I
Riqualificare
la città
Dal 1997 a oggi,
Sviluppo Genova
ha progettato e
realizzato importanti
interventi di
trasformazione
teritoriale
TULLIO RUSSO
Sviluppo Genova, sin dalla sua costituzione nel
1997 con il nome di Ponente Sviluppo, società mista pubblico-privata nata con lo scopo di recuperare e riqualificare le aree industriali dismesse del ponente genovese, ha
sempre avuto un ruolo di preminenza nei grandi processi
di riqualificazione e sviluppo che hanno caratterizzato in
questi anni il territorio della Provincia di Genova, sino a
divenire nel tempo un punto di riferimento insostituibile
per soggetti pubblici e privati interessati alla realizzazione
di interventi di trasformazione territoriale complessi.
Gli interventi attuati in questi anni, che hanno visto Sviluppo Genova operare sia nella progettazione degli interventi stessi che nella loro concreta realizzazione, d’intesa
con i soggetti pubblici istituzionali (Regione Liguria, Provincia di Genova, Comune di Genova), hanno permesso
la realizzazione di nuove attività produttive ambientalmente compatibili e in grado di favorire lo sviluppo della
piccola e media impresa e di creare nuova occupazione.
Nei primi anni della sua attività la società, allora Ponente
Sviluppo, ha coordinato l’attuazione di numerosi interventi su aree del ponente genovese, nell’ambito del Programma Comunitario Resider II Azione A. Gli interventi di
trasformazione attuati hanno interessato le aree di Rocca
dei Corvi (Fegino), Deposito Petroliferi ex Colisa (Campi),
Alenia (Sestri Ponente), Normoil A e B e Lo Faro (Bolzaneto), PIP Valpolcevera 2a fase (Bolzaneto), Valpolcevera Tre
(San Quirico).
Tali interventi hanno permesso il recupero di ca. 225.000
mq di superficie per l’insediamento di nuove attività pro-
duttive del settore delle piccole e medie imprese, di un
polo alimentare a Bolzaneto nelle aree ex Normoil e Lo
Faro e di un centro per l’elettronica a Sestri Ponente.
I cantieri avviati per la realizzazione degli interventi sopra
citati hanno occupato circa 300 addetti, mentre l’occupazione generata grazie alle nuove attività produttive insediate è stata di oltre 2000 addetti.
Oltre agli interventi ora descritti vanno ricordate, per la
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loro importanza, anche le ristrutturazioni, attuate tra il
1999 e il 2001, del Teatro Modena a Sampierdarena e del
Mercato dei Fiori a San Quirico.
A partire dal 2001 il mandato della società è stato poi
esteso all’intera provincia, modificando la denominazione
sociale nell’attuale “Sviluppo Genova”.
A partire da tale data Sviluppo Genova ha partecipato alla attuazione di importanti opere pubbliche: in particolare
Tullio Russo è presidente di Sviluppo Genova spa
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Ericsson
Erzelli: per Ericsson un progetto prioritario
«Da Gennaio 2012 - conferma Cesare Avenia, amministratore delegato di Ericsson Telecomunicazioni spa - è
previsto il trasferimento dei laboratori di ricerca e sviluppo e della sede Ericsson sulla collina degli Erzelli, che
crediamo possa diventare uno dei primi villaggi scientifici e tecnologici d’Europa, anche grazie alla presenza
della facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova e di
altre importanti aziende. Quello degli Erzelli è un progetto prioritario sia per Ericsson Italia che per l’intero
Gruppo. Con questa iniziativa infatti cresce ulteriormente l’importanza del nostro Paese, dove vantiamo
diversi centri di ricerca & sviluppo all’avanguardia e che
riveste da sempre un ruolo strategico per Ericsson. Viene inoltre riconfermata Genova quale polo tecnologico
d’eccellenza a livello nazionale e internazionale per la
ricerca sulla banda larga. Grazie a questo nuovo insediamento, costruito secondo criteri di assoluta modernità, flessibilità ed efficienza, viene valorizzato il nostro
centro di ricerca genovese in termini di attività e risorse,
per contribuire allo sviluppo del territorio e al rilancio
della competitività del Sistema Paese».
Chi resta
e chi va
Mentre Ericsson e
Siemens andranno
agli Erzelli ed Ekaf
occupa a Bolzaneto
un’area di 11mila mq,
la mancanza di spazi
adeguati ha costretto
Boero a trasferirsi
oltre Appennino.
Boero
Oltre Appennino spazi per la Boero Bartolomeo
«Nel febbraio 2006 il Gruppo Boero annuncia la realizzazione di un nuovo stabilimento a Rivalta Scrivia, nel
comune di Tortona. Da tempo - precisa Giorgio Rupnik, amministratore delegato della Boero Bartolomeo
spa - il trasferimento dello stabilimento era nei piani
degli amministratori del Gruppo. Le problematiche ambientali, unitamente alle esigenze dell’azienda di
espandere l’attività produttiva, avevano indotto i vertici
della società a cercare un’alternativa allo storico insediamento di Molassana, posizionato al centro di una
zona densamente popolata. La scelta del Basso Piemonte è sembrata molto efficace per non recidere un
legame con il territorio genovese in cui il Gruppo ha
sempre operato, non lontano, tra l’altro, dall’altro insediamento di Pozzolo Formigaro e dal Centro Logistico
Boero di Tortona e con a disposizione uno spazio sufficiente a garantire i necessari margini di sviluppo
(100.000 mq contro i 20.000 di Molassana). Si tratta di
un territorio con aree a costi competitivi, ben collegate
all’autostrada e alla ferrovia, non distanti dalla Lanterna. L’impegno del Gruppo è stato di lasciare la sede a
Genova e trovare nel capoluogo ligure uno spazio adeguato per i propri laboratori. A tale proposito, il 27 novembre 2009, Boero ha inaugurato il suo nuovo Centro di Ricerca & Sviluppo “Riccardo Cavalleroni”, in via
Dino Col a Genova, una struttura di 1.500 mq dove
operano oltre 50 tecnici».
Come ha sottolineato l’architetto Stefano Boeri in
questo dossier, Genova ha tutte le carte in regola per diventare la “capitale” dell’industria pensante, non solo
perché fa di necessità virtù, vista la mancanza di spazi per
grandi strutture, ma soprattutto per la cultura tecnologica che, storicamente, ne caratterizza il tessuto economico. Non stupisce, quindi, la scelta di Ericsson e di Siemens
di consolidare la propria presenza a Genova sulla collina
degli Erzelli, nel nascente parco tecnologico ideato da
Carlo Castellano. Nel nuovo stabilimento di Bolzaneto,
Ekaf (azienda di torrefazione dal 1925 e, con l’unione degli storici marchi “Columbia”, “Filicori” ed “Eureka”, distributore in Italia e nel mondo del caffè Cellini) trova risposta alle sue esigenze logistiche e, aspetto non secondario per l’a.d. Giovanni Pieri, a quelle delle proprie maestranze. Per l’ultracentenario colorificio Boero Bartolomeo, invece, nonostante l’impegno dell’azienda e delle
amministrazioni locali, non è stato possibile trovare a Genova un’area alternativa a Molassana che consentisse
l’ampliamento del sito produttivo, rendendo inevitabile il
trasferimento degli impianti in provincia di Alessandria.
Restano però a Genova gli uffici amministrativi e il Centro
di Ricerca e Sviluppo “Riccardo Cavalleroni”. I
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Ekaf
Siemens
Ekaf promuove Sviluppo Genova
«La scelta di Bolzaneto - spiega Giovanni Pieri, amministratore delegato di Ekaf spa - venne operata
per motivi soggettivi e per motivi oggettivi. Tra i
motivi soggettivi vi era la vicinanza al vecchio stabilimento di Manesseno, la qual cosa facilitò di gran
lunga il trasferimento consentendo uno stop di
produzione di sole due settimane. Vi era inoltre
un’abitudine alla zona da parte di clienti e fornitori,
per cui la nuova ubicazione avrebbe rappresentato
una facilitazione invece che un disagio. Le nostre
maestranze, infine, per la maggior parte con anzianità ultra decennale, non avrebbero avuto difficoltà
a cambiare luogo di lavoro. Questo ultimo motivo è
stato ritenuto di grande importanza ed è stato considerato anche e soprattutto in chiave oggettiva
per le difficoltà, verificate da altri imprenditori, nello spostare la produzione in zone fuori dall’area genovese. Genova è una grande città con una tradizione e una cultura del lavoro molto radicate e ciò
determina grande considerazione per le imprese
che operano in loco ma anche la consapevolezza di
una preparazione e di una dedizione al lavoro da
parte delle maestranze, a qualunque livello, che impone un rispetto e una considerazione di tali qualità. Tra gli altri motivi oggettivi che determinarono
la scelta di Bolzaneto vi fu la rara opportunità di
edificare uno stabilimento mono piano di ampia superficie (almeno per il nostro settore) usufruendo
della capacità organizzativa e di assetto territoriale
di Sviluppo Genova. Merita ricordare che, all’epoca,
il progetto venne seguito con grande capacità ed
entusiasmo dall’ing. Giorgio De Maestri, prematuramente scomparso poco tempo prima che il progetto fosse completato, il quale dimostrò lungimiranza e una non comune cultura di impresa».
L’innovazione Siemens passa da Genova
L’innovazione è nel DNA di Siemens (presente in oltre
190 paesi con circa 405.000 collaboratori e un fatturato
2008/09 di 76,7 miliardi di Euro), che ha fatto di Genova
uno dei centri di eccellenza mondiali per le tecnologie
MES (Manufacturing Execution Systems), favorendo così
lo sviluppo nel nostro Paese di parti importanti della catena del valore, nonché mantenendo e anzi sviluppando un
know-how in grado di rafforzare l’intero territorio. Un
approccio, questo, particolarmente significativo in momenti di forte delocalizzazione come quelli attuali, nei
quali è invece importante saper valorizzare competenze e
specificità. «L’attenzione di Siemens Italia per competenze, processi e posizionamenti distintivi, che consentano di
portare o mantenere nel nostro Paese know-how di valore non si esaurisce mai - commenta Federico Golla, amministratore delegato della multinazionale tedesca, in occasione della visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli Erzelli a Genova -. Determinante, nella nostra prospettiva, è la collaborazione con le istituzioni, locali e nazionali, nonché la disponibilità di infrastrutture capaci di sostenere i progetti di sviluppo. Per questo
è in fase di definizione il trasferimento e il potenziamento
delle attività genovesi di Siemens nel Parco Scientifico e
Tecnologico degli Erzelli: vediamo infatti con interesse la
possibilità di far parte di un incubatore tecnologico che
aggreghi realtà fortemente radicate sul territorio e con
expertise distintive».
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«Noi a Genova staremmo benissimo - spiega Calcagno -,
se non fosse quasi impossibile recuperare gli 8-10.000
mq. necessari per le nostre esigenze. Per aziende del nostro tipo in città le aree industriali disponibili o anche potenzialmente disponibili sono pochissime, prevalentemente occupate da manufatti che devono essere ristrutturati
e per questo comportanti un investimento che è circa il
doppio di quanto è richiesto per stabilimenti progettati su
misura nell’entroterra piemontese. Il ciclo produttivo della
Ruths è sostanzialmente senza impatti ambientali, perfettamente compatibile con il tessuto urbano, ad alta intensità di occupazione, eppure il problema sta tutto nell’inconsistenza dell’offerta insediativa per stabilimenti monopiano, dotati di carroponte, con volumi e infrastrutture
idonee alla lavorazione di manufatti di grande dimensione. Nel nostro piccolo scontiamo un po’ la stessa situazione di Ansaldo Energia, che da anni chiede un’area dove
poter assemblare i grandi impianti da spedire a destinazione via mare. Ma di certo non siamo gli unici casi».
Da studi di Confindustria Genova risulta che il trasferimento oltre Appennino provoca un’accelerazione del
turnover e il rischio di perdere le maestranze più qualificate, tanto da giustificare il consistente processo di rilocalizzazione nelle aree dell’hinterland genovese, tra le valli interne e il Tigullio. «È un rischio che abbiamo ben presente e che condiziona le nostre scelte future, ma che comunque dovremo prendere in considerazione a breve
poiché abbiamo esigenze impellenti di crescita della capacità produttiva anche in fasi di lavorazione che vogliamo
sviluppare internamente».
Come ogni imprenditore, almeno a fasi alterne Calcagno
si è dovuto occupare non soltanto del suo core business,
ma anche dei luoghi fisici in cui quello stesso business
poteva essere realmente esercitato per non rimanere allo
stato virtuale di un semplice piano d’impresa. Negli anni
’90, durante i quali ha anche ricoperto la carica di presidente del Gruppo Piccola Industria di Confindustria Genova, è stato promotore del consorzio CIGEC per la reindustrializzazione dell’area di Campi: «È stata una brillante operazione associativa, necessaria poiché i lotti che risultavano dalla bonifica erano troppo estesi rispetto alle
esigenze di molte piccole imprese che, al contempo, erano premiate da una maggiore intensificazione nell’uso
degli spazi. Abbiamo così costituito un consorzio per
l’acquisto, la progettazione e la costruzione di alcuni edifici a uso industriale e direzionale, con piena soddisfazione per i tempi e gli esiti funzionali dell’operazione. Per
quanto ci riguarda è stato un ottimo investimento. Non
altrettanto mi sentirei di dire per la città o almeno per la
sua componente industriale.
Al di là di qualche impresa manifatturiera, Campi è un’area fortemente caratterizzata dalla funzione commerciale e terziaria in genere: bene per questo, meno bene per
tutte quelle imprese produttive che potevano trovare
l’occasione per radicarsi in città. L’esperienza ci dice che
è molto difficile attirare aziende da fuori; è molto più
concreto il processo per cui sono le imprese esistenti a richiedere spazi per crescere e razionalizzarsi. Rispetto a
queste necessità una città deve chiedersi: che fare? E soprattutto: come fare?». I
Caro
spazio
Aree industriali ridotte GIANNI CALCAGNO
al minimo o con alti
costi di recupero.
Ne parliamo con Gianni
Calcagno, presidente della
Ruths, impresa del settore
metalmeccanico
GUIDO CONFORTI
La Ruths è una storica azienda genovese, specializzata nella costruzione di caldaie e rilevata nel 1987 dall’ingegner Gianni Calcagno, che nel tempo ne ha fatto uno
dei maggiori player italiani nel campo degli impianti di
combustione per il trattamento dei rifiuti. In questa veste
a oggi la Ruths ha installato undici generatori di vapore in
Italia e due all’estero, con oltre 40.000 ore di funzionamento alle spalle, che costituiscono un bel biglietto da visita per l’acquisizione di ulteriori commesse, quali le due
nuove linee dell’inceneritore di Parma per conto del gruppo Enia/Iride.
Si tratta di una nicchia di mercato interessante, in forte
crescita soprattutto in quei paesi (come l’Italia, l’Inghilterra o i paesi dell’Est Europa) che scontano un ritardo strutturale negli impianti per la gestione integrale del ciclo dei
rifiuti. Un settore che richiede un grado di specializzazione spinto e quindi una formazione delle risorse umane
molto “mirata” sui profili professionali richiesti.
Anche per questo motivo finora la Ruths ha sempre mantenuto direzione e officina nel comune di Genova, da
qualche anno riunificati nell’unica sede di Rivarolo.
Tuttavia, mentre gli stabilimenti produttivi all’intorno in
quella parte della Val Polcevera sono progressivamente
scomparsi per lasciare spazio a centri commerciali, residenze o nei casi peggiori a ingombranti volumi dismessi,
la Ruths è sempre più costretta in spazi esigue e inadatti a
garantire la crescita della capacità produttiva dell’azienda.
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DOSSIER GENOVA CITTÀ INDUSTRIALE DOSSIER
VERSO IL NUOVO PUC
Il Green
Building
di ABB
Un edificio ad alta efficienza energetica
e a basso impatto ambientale
ospita la nuova sede della società
che scommette sul futuro
industriale di Genova
La nuova sede di ABB è un Green Building. Così
chiamato per il colore della porzione di edificio destinata a
uffici che spicca dal basamento dedicato a laboratori e sale prova e per l’elevata compatibilità ambientale, l’edificio
di nuova costruzione sorge sulla sponda sinistra del torrente Chiaravagna, a Sestri Ponente, e ha una superficie
coperta di circa 15.000 metri quadri. Ospita attività d’ingegneria, produzione, ricerca e sviluppo, vendita e service
- per un totale di oltre 350 persone altamente specializzate - che generano anche un importante indotto.
«Festeggiando questo risultato, diamo un segnale alla città e al territorio: ormai da molti anni ABB opera a Genova, qui come nel porto, e oggi rinnoviamo la scommessa»
ha dichiarato Giovanni Battista Ferrari, direttore generale
di ABB spa - Power Systems division. «Contribuiamo al rilancio industriale e tecnologico di questa area, che pare
ormai positivamente avviato, e al tempo stesso contiamo
di trarne vantaggio, in un circolo virtuoso che sempre più
coinvolgerà le industrie, le amministrazioni pubbliche, le
istituzioni accademiche e tutte le forze sociali ed economiche presenti sul territorio».
«L’Italia è importante per ABB sia come mercato, che come polo generatore di valore aggiunto in termini di produzione, ricerca e sviluppo» ha sottolineato Hanspeter
Faessler, country manager di ABB Italia e Responsabile
della Regione Mediterranea.
«Vi operano infatti unità che, grazie all’elevata competenza e know-how delle persone, rappresentano un riferimento tecnologico che non solo soddisfa la domanda locale, ma che contribuisce a rispondere con efficacia
e soluzioni innovative alle esigenze dei nostri clienti in
tutto il mondo».
Gli specialisti di stanza a Genova della divisione Power
Systems si occupano di progettazione, produzione e fornitura “chiavi in mano” di sistemi e servizi di supervisione, telecomunicazione, controllo, misura e protezione per
gli impianti di produzione dell’energia e per le reti di trasmissione e distribuzione. L’unità della divisione Process
Automation è invece focalizzata sulle soluzioni. impiantistiche per l’Oil & gas e il petrolchimico e sviluppa inoltre
sistemi e servizi di automazione, controllo avanzato e ottimizzazione dei processi. Nella sede è anche presente un
team di vendita di apparecchiature in bassa tensione.
«La domanda globale di energia e in particolare di energia elettrica continua a crescere: progettare e diffondere
tecnologie che garantiscano produttività, efficienza e tutela dell’ambiente diventa perciò sempre più urgente» ha
affermato Peter Leupp, membro del Comitato esecutivo
del Gruppo ABB e responsabile mondiale della divisione
Power Systems. «Molti degli ingegneri che lavorano qui
sono impegnati proprio su questi fronti. Con il nostro ineguagliato portafoglio di soluzioni per l’automazione e l’energia siamo convinti di poter dare un contributo per garantire un futuro migliore al pianeta».
Il palazzo di ABB è stato realizzato da Coopsette, che ha
operato in qualità di sviluppatore e realizzatore del progetto, nell’ambito del vasto piano di riqualificazione dell’area di Sestri Ponente. L’edificio interpreta con assoluta
coerenza i concetti ABB di efficienza energetica e ridotto
impatto ambientale. I
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DOSSIER GENOVA CITTÀ INDUSTRIALE DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER
VERSO IL NUOVO PUC
sentabili, senza finestre, con efficienza energetica neppure considerata, nessun pensiero alla qualità, agli impianti e all’efficienza dell’ambiente tanto lavorativo
quanto esterno, e tutto ciò a un rapporto qualità/prezzo
inaccettabile. Così abbiamo cercato un terreno edificabile. Casualmente abbiamo scoperto una vallata vicino alla
nostra sede, usata come discarica per i materiali di risulta di molti degli scavi operati nel centro di Genova negli
anni 70. La presenza di un corso d’acqua abbandonato
sotto il riempimento aveva impedito alla società allora
proprietaria di ottenere il permesso di costruire, conducendola al fallimento».
E qui entra in gioco Phase, che acquista il terreno dalle
banche che lo avevano ereditato dal fallimento, assumendosi un grosso rischio per inseguire un’idea. In questo sito, infatti, dovrà nascere Proxima, il parco scientifico dell’innovazione energetica e cibernetica, immaginato dai ricercatori Phase. Il progetto di Phase Motion Control prevede il risanamento dell’intera area verde (20 ettari di superficie, in gran parte boschiva e degradata), riportando
alla superficie il Rio Brumà, e bonificando le piccole frane
e risorgive che costellano un’area abbandonata da mezzo
secolo. In basso, la superficie delle vecchie discariche sarà
destinata alla costruzione della nuova sede dell’azienda,
nonché a spazi riservati a ospitare altre imprese del settore cibernetico ed energetico, e un auditorium centrale a
disposizione di tutte le attività scientifiche del parco.
Il rimanente 90% del terreno, che comprende vallette e
due laghetti, verrà riqualificato come campus per lo studio e la sperimentazione di attività sostenibili nel campo
ambientale, spazianti dai cammini naturalistici alla coltivazione sperimentale di erbe officinali e arbusti per bioarchitettura, in un insieme aperto alla fruizione di tutti nel
fine settimana, realizzando quella serena fusione tra attività lavorativa e vita quotidiana che è spesso trascurata.
Nel progetto non manca, nel punto più alto, una piccola
specola destinata ad attività astronomica amatoriale.
Nel progetto del parco scientifico, opera dell’architetto
Roberto Pellino (che ha al suo attivo anche la progettazione dell’ultramoderno “Hangzou Sapphires”, il complesso industriale di Phase Motion Control a Cixi, in Cina), la disposizione di officine, uffici e servizi è studiata
per consentire un flusso efficace di informazioni da un
comparto all’altro, in un ambente lavorativo che stimoli
la creatività. L’illuminazione fa ampio uso di tubi solari, e
tutta la struttura è realizzata secondo la classificazione
energetica “A”, forse il primo insediamento industriale
in Italia a raggiungere questo traguardo. La vetrata completa verso la vallata è bilanciata dai tetti verdi, così che
la copertura dell’edificio, realizzata a collinette e coperta
di vegetazione, si raccorda con le valle circostante senza
soluzione di continuità. Le officine sono progettate per
assemblare i nuovi grandi generatori per energia eolica e
marina fino a 6m di diametro. L’iter di approvazione definitiva del progetto, tra Demanio, Regione, Provincia e
Comune è lungo e complesso, ed è in corso. Nell’attesa
che il percorso amministrativo e burocratico arrivi - ne
siamo certi - felicemente a conclusione, con l’immaginazione si può cominciare a passeggiare nel verde del parco visitando il sito www.progettoproxima.org. I
Campus
meccatronico
Un parco scientifico per la
cibernetica e una grande
avventura in Val Bisagno: il
progetto Proxima di Phase
Motion Control. Ne parliamo
con l’amministratore delegato.
Phase Motion Control spa, azienda specializzata
in sviluppo e produzione di componenti e sistemi meccatronici per il controllo dell’energia e l’automazione, nasce una quindicina di anni fa a Genova da un gruppo di
appassionati ricercatori e progettisti di esperienza internazionale. Cresciuta progressivamente da un nucleo di
pochissime persone senza risorse finanziarie, l’azienda è
ora alla soglia di un investimento di grande respiro, e anche ad alto rischio. «Siamo un’azienda di tecnici e ricercatori e sviluppiamo, in modo interdisciplinare, tecnologie elettroniche ed elettromeccaniche per realizzare prodotti che collegano l’informatica con l’energia e il mondo della meccanica. - spiega l’amministratore delegato di
Phase. - Dopo il periodo d’oro dell’elettromeccanica tradizionale, che è durato per tutta la prima metà del secolo scorso, con la fine degli anni Cinquanta, l’interesse
nell’elettromeccanica sembrava essersi spento e il periodo creativo terminato. L’avvento dell’elettronica di alta
potenza e dei nuovi materiali magnetici, invece, ci ha
aperto la possibilità di reinventare tutto. Quando abbiamo cominciato, in Phase, sparuto gruppo di progettisti
senza risorse economiche, sviluppavamo applicazioni
estremamente specializzate per progetti avanzati, e ne
delegavamo la parte di fabbricazione ad imprese terze.
All’aumentare della complessità e delle dimensioni dei
progetti, abbiamo un po’ alla volta devirtualizzato la nostra attività e cominciato a produrre in azienda i componenti che prima ci limitavamo a progettare». Dagli inizi,
nel soppalco di un magazzino preso a prestito, dove non
si stava neanche in piedi, Phase ha poi traslocato al un
fondo di palazzo stretto tra viuzze tortuosissime e intasa-
te dai parcheggi, e già allora la società, ricordano i fondatori, che lavorava per l’ente spaziale europeo sviluppando motorizzazioni per satelliti, viveva i prevedibili
problemi, talvolta anche comici, di logistica e di immagine connessi all’operare in uno spazio così inadatto. «Con
lo sviluppo dell’azienda - prosegue l’a.d. di Phase - il problema dello spazio che poi, insieme a quello nelle persone, è per le aziende tecnologiche l’investimento più importante, ci ha costantemente assediato e limitato, con
un cambio di sede ogni 4-5 anni».
Oggi Phase ha sede in vari lotti, scollegati, di un fabbricato industriale preesistente in Val Bisagno, per circa 3mila
mq, ma la necessità di ambienti più razionali e più ampi
ha costretto la società a guardarsi intorno ancora una
volta per cogliere l’opportunità offerta dalla crescente
domanda nel settore delle energie rinnovabili, e dei sistemi di trazione ibrida, entrambi frutto delle ricerche della
Società nel settore del controllo dell’energia.
«Un paio di anni fa, racconta l’a.d., ci siamo rimessi alla
ricerca di una nuova sede, per non vanificare il frutti della
professionalità dell’azienda, che si confronta sul mercato
mondiale con entità che operano in ambienti ben più efficienti e razionali. Noi sviluppiamo soluzioni dedicate,
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che controllano il movimento e il flusso dell’energia in
stretta collaborazione con clienti che utilizzano questi nostri prodotti sviluppando a loro volta macchine o impianti
innovativi. Di conseguenza, la reciproca dipendenza è totale. Ai clienti quindi dobbiamo dimostrare che siamo efficienti ed affidabili anche nella produzione e non solo
nella progettazione: per questo motivo il luogo dove si
lavora è così importante. La fiducia dei nostri clienti nelle
nostre capacità di realizzazione di un progetto o di un
prodotto è certamente in funzione della qualità e razionalità del luogo dove si produce. In termini semplici, ma
drammaticamente autentici, non possiamo proporci come realtà industriale che fabbrica grandi macchine se le
stesse non sono in grado di passare dalle porte o se non
si dispone di un accesso adeguato; se il Cliente si avvede
di questo limite, al meglio compra il progetto, e si rivolge
ad altri per la costruzione, continuando il processo di
deindustrializzazione del territorio».
Ma a Genova le aree libere per insediamenti industriali si
contano sulla punta delle dita e comunque, sottolinea
l’a.d. di Phase, quelle poche vengono edificate da speculatori con criteri vecchi di cent’anni. «Abbiamo visto vari
capannoni - racconta - ma tutti offrivano oggetti impre45